27 gennaio 2007

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26 gennaio 2007

La mafia dei baroni



Mafia. Il guaio è che non sono solo i magistrati a usare questo termine. Adesso anche i docenti più disillusi citano il modello di Cosa nostra come unico riferimento per descrivere la gestione dei concorsi nelle università italiane. Proprio nei luoghi dove si dovrebbe costruire il futuro, prospera una figura medievale capace di resistere a ogni riforma: il barone. Un tempo i suoi feudi erano piccoli, poteva controllare direttamente vassalli e valvassori, mentre doveva piegarsi davanti a un solo re, lo Stato. Ora invece il numero dei docenti e degli atenei è esploso. C'è da corteggiare aziende e fondazioni, mentre spesso bisogna anche fare i conti con le Regioni. Così l'ultima generazione di baroni per mantenere intatto il potere ha rinunciato a ogni parvenza di nobiltà accademica e si è organizzata secondo gli schemi dell'onorata società. Questo raccontano gli investigatori di tre procure che hanno radiografato l'assegnazione di decine e decine di poltrone negli atenei di tutta Italia, dalle Alpi alla Sicilia. Un terremoto con epicentro a Bari, Firenze e Bologna che vede indagati un centinaio di professori. E che ha messo alla luce gli stessi giochi di potere in tutti gli atenei scandagliati. Scrive il giudice Giuseppe De Benectis: "I concorsi universitari erano dunque celebrati, discussi e decisi molto prima di quanto la loro effettuazione facesse pensare, a cura di commissari che sembravano simili a pochi 'associati' a una 'cosca' di sapore mafioso". Rincarano la dose i professori Mariano Giaquinta e Angelo Guerraggio: "'Sistema mafioso' vuole dire 'cupole di gestione' delle carriere e degli affari universitari, spesso camuffate come gruppi democratici di rappresentanza o gruppi di ricerca".

Se i giovani più promettenti emigrano non è solo questione di risorse; se la ricerca langue e i policlinici sono sotto accusa, la colpa è anche del 'sistema'. Che fa persino rimpiangere il passato: "Una volta si parlava di 'baroni'. Adesso i numeri (anche dei docenti) sono cresciuti. Al posto del singolo barone ci sono i clan e i loro leader, che non necessariamente sono i migliori dal punto di vista della ricerca...", scrivono sempre Giaquinta e Guerraggio, docenti di matematica che hanno appena pubblicato un saggio coraggioso intitolato 'Ipotesi per l'università'. E continuano: "La situazione non sembra migliorata: baroni per baroni, sistema mafioso per sistema mafioso, forse i vecchi 'mandarini' sapevano maggiormente conciliare il loro interesse con quello generale. La difesa delle posizioni conquistate dal 'gruppo' riusciva, in parte, a diventare anche fattore di progresso. Sicuramente più di quanto accada adesso".



Cattedre immortali
Come nelle cronache del basso impero, i nuovi baroni non si limitano a spadroneggiare nei loro castelli, ma creano alleanze con altri signorotti, in modo da proteggersi l'un l'altro e dilagare nell'immunità. Eppure ci sono state prese di posizione dirompenti, come quella di Gino Giugni, che nell'estate del 2005 denunciò in una lettera aperta ai professori di diritto del lavoro "la gestione combinata nella selezione dei giovani studiosi". Il padre dello Statuto dei lavoratori chiedeva che "tutti i colleghi di buona volontà" unissero il loro impegno "per riportare serenità, trasparenza, e ancor più equità nelle scelte accademiche". Raccolse un plauso tanto ampio quanto generico. Insomma, nessuno ebbe il coraggio di fare un nome o denunciare un concorso specifico. Oggi Giugni spiega a 'L'espresso' di non essere pentito di quella sortita. Da vecchio socialista si sforza di mantenere un ottimismo di principio, ma ammette: "Da quello che mi raccontano, temo che non sia cambiato proprio nulla". La razza barona infatti gode di un privilegio tra i privilegi: quello dell'immortalità accademica. Gli effetti concreti dell'intervento della magistratura sono limitati. Se non totalmente inutili: le sentenze non riescono a scalfire le poltrone. Ai tempi biblici della giustizia penale si sommano le controversie civili e amministrative, con ragnatele di ricorsi incrociati. Alla fine, persino il baronetto riesce quasi sempre a conservare il feudo ereditato dal padre in violazione d'ogni legge. Il caso più assurdo è quello del concorso di otorinolaringoiatria bandito nel 1988: ci sono state dieci sentenze, confermate pure dalla Suprema corte, centinaia di articoli di giornali, almeno quattro libri e una decina di interrogazioni parlamentari. Il professor Motta senior è stato condannato, eppure il professor Motta junior continua a detenere legalmente quel posto da 18 anni. Se l'immortalità è garantita anche nell'immoralità in caso di giudizi definitivi, facile immaginare il colpo di spugna che calerà con l'indulto sugli ultimi scandali universitari. Tutte le accuse di abuso in atti d'ufficio, il reato classico delle selezioni addomesticate, verranno spazzate via: resteranno solo le più gravi, quelle per le quali viene contestata anche l'associazione per delinquere, la corruzione o la concussione.

Fonte: l'espresso

23 gennaio 2007

Le leggi "Mastella"


Tristemente famoso per le sue leggi, vedi indulto, adesso ci riprova con la legge che "potrebbe modificare la Storia".

Il ministro della «giustizia» Clemente Mastella
Inevitabile: il negazionismo sarà reato punito penalmente.
Inevitabile che a varare questa norma in Italia sia Clemente Mastella, il
fondatore del solo partito che, in un mondo dove la giustizia avesse un
senso, andrebbe disciolto per legge, avendo come uno scopo quello -
criminale - del clientelismo e dell'accaparrento di denaro pubblico.
Ma non è un mondo dove la giustizia ha un senso, e infatti Mastella è ministro della «giustizia», mentre dovrebbe essere reato essere Mastella.
Ciò tuttavia è inevitabile, dati i tempi che corrono.
Tempi ultimi, anticristici, dove il Padre della Menzogna impone la sua legge.
I telegiornali hanno intervistato Alessandro Ruben, definito «promotore
della legge» di Mastella.
Il lobbista.
Questo Reuben è presidente italiano (con accento spiccatamente israeliano)
della Anti-Defamation League (ADL), l'organismo creato dal B'nai Bh'rith, la
massoneria riservata agli ebrei.
Ad insediare Ruben in Italia è stato Abraham Foxman, il capo dell'ADL
americano.
Lo stesso che nel gennaio 2005 ingiunse al Vaticano di bloccare il processo
di beatificazione di Pio XII; e ciò sulla base di un «documento» datato 1946
in cui apparentemente Pio XII ordinava di non consegnare alle famiglie i
bambini ebrei, rifugiati presso cattolici, se fossero stati battezzati.
Il documento era stato rivelato da Il Corriere pochi giorni prima.
Era scritto a macchina e non era firmato: palesemente un falso preparato ad
hoc, una specialità della ADL - la quale avrebbe molto da insegnare a
qualunque negazionista in fatto di menzogne.
Il Vaticano ha ceduto, e anche questo è inevitabile.
Il B'nai B'hrit aveva mandato al Concilio osservatori che riuscirono a far
abolire la preghiera per la conversione degli ebrei.
Nasceva la «sola religione rimasta», quella a cui ormai tutti siamo
obbligati a credere. E a prestare culto con atti esterni.
Ruben, con lo spiccato accento israeliano, ha detto che la «libertà di
pensiero è sacrosanta» ma che il negazionismo va vietato «perché chi nega
l'olocausto ha in realtà altri scopi».
Con ciò, ha dichiarato il vero scopo.
La legge-Mastella sarà usata per soffocare le voci critiche sui crimini
d'Israele; e via via, l'attacco alla libertà di pensare sarà esteso ad
libitum, secondo il volere del potere.
Inevitabile: Mastella non sa che farsene della libertà di pensiero e di
ricerca, essendo il pensiero a lui estraneo, e i suoi delitti tutti volti al
concreto.
Non può nemmeno sapere che così ha sancito la nascita del primo
«psico-reato», profetizzato da Orwell.
Ora seguirà la psico-polizia, su indicazione di Ruben.
Tutto ciò è inevitabile, e protestare è inutile.
La sola difesa, per il momento, è tacere sull'olocausto.
Non parlarne mai, né per affermarlo né per negarlo.
Non c'è difesa possibile per chi lo nega - la legge è stata fatta appunto
per impedire di portare prove eventualmente contrarie alla versione
ufficiale - e il silenzio è la sola difesa.
La psico-polizia farà domande: credi all'olocausto?
Non si deve rispondere né sì né no.
La psicopolizia vuole spiare i nostri pensieri, nemmeno l'agnosticismo sarà
ammesso.
Tutto ciò è inevitabile.
Tale è il dominio di un popolo che ogni anno, allo Yom Kippur, ripete la
cosiddetta preghiera detta «Kol Nidrè».
Essa suona così: «Tutti i voti, gli impegni, i giuramenti e gli anatemi che
siano chiamati 'konam', 'konas', o con qualsiasi altro nome, che potremmo
aver pronunziato o per i quali potremmo esserci impegnati siano cancellati,
da questo giorno di pentimento sino al prossimo».
Con questa «preghiera», questo popolo si libera in anticipo da ogni impegno
e voto, si dà il diritto di violare ogni giuramento che pronuncerà nel corso
dell'anno prossimo.
Dunque, si dà il diritto di mentire e tradire; si consente e si assolve da
ogni slealtà e falsità, si scioglie da ogni promessa fatta a non-ebrei, e
dal tener fede ad ogni contratto.
In anticipo.
Mastella può recitare il Kol Nidrè con gusto e profitto: sembra fatto
apposta per lui, talmudista sans le savoir, e per il suo partitino della
disonestà come fine unico e proclamato.
E' questa la nuova legge sotto cui dobbiamo vivere.
Loro possono mentire anche sull'olocausto.
Mentire su tutto.

A noi non resta che parlare - finchè si può - del loro «oggi», di quel che
fanno ai bambini palestinesi, dell'oppressione e della morte che danno alla
gente sotto il loro dominio, dell'uranio che hanno sparso in Libano, dei
loro attentati false-flag; non mancano gli argomenti, ce ne offrono molti
ogni giorno, con le loro atrocità, manovre occulte, volontà omicida.
E' l'attualità che deve interessarci, visto che la storia ci è vietata, e la
«memoria» è imposta.
Finchè si può, s'intende.
Il Padre della Menzogna ha esteso il suo potere, e i figli della menzogna
sono all'opera, insonni.

Maurizio Blondet

27 gennaio 2007

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26 gennaio 2007

La mafia dei baroni



Mafia. Il guaio è che non sono solo i magistrati a usare questo termine. Adesso anche i docenti più disillusi citano il modello di Cosa nostra come unico riferimento per descrivere la gestione dei concorsi nelle università italiane. Proprio nei luoghi dove si dovrebbe costruire il futuro, prospera una figura medievale capace di resistere a ogni riforma: il barone. Un tempo i suoi feudi erano piccoli, poteva controllare direttamente vassalli e valvassori, mentre doveva piegarsi davanti a un solo re, lo Stato. Ora invece il numero dei docenti e degli atenei è esploso. C'è da corteggiare aziende e fondazioni, mentre spesso bisogna anche fare i conti con le Regioni. Così l'ultima generazione di baroni per mantenere intatto il potere ha rinunciato a ogni parvenza di nobiltà accademica e si è organizzata secondo gli schemi dell'onorata società. Questo raccontano gli investigatori di tre procure che hanno radiografato l'assegnazione di decine e decine di poltrone negli atenei di tutta Italia, dalle Alpi alla Sicilia. Un terremoto con epicentro a Bari, Firenze e Bologna che vede indagati un centinaio di professori. E che ha messo alla luce gli stessi giochi di potere in tutti gli atenei scandagliati. Scrive il giudice Giuseppe De Benectis: "I concorsi universitari erano dunque celebrati, discussi e decisi molto prima di quanto la loro effettuazione facesse pensare, a cura di commissari che sembravano simili a pochi 'associati' a una 'cosca' di sapore mafioso". Rincarano la dose i professori Mariano Giaquinta e Angelo Guerraggio: "'Sistema mafioso' vuole dire 'cupole di gestione' delle carriere e degli affari universitari, spesso camuffate come gruppi democratici di rappresentanza o gruppi di ricerca".

Se i giovani più promettenti emigrano non è solo questione di risorse; se la ricerca langue e i policlinici sono sotto accusa, la colpa è anche del 'sistema'. Che fa persino rimpiangere il passato: "Una volta si parlava di 'baroni'. Adesso i numeri (anche dei docenti) sono cresciuti. Al posto del singolo barone ci sono i clan e i loro leader, che non necessariamente sono i migliori dal punto di vista della ricerca...", scrivono sempre Giaquinta e Guerraggio, docenti di matematica che hanno appena pubblicato un saggio coraggioso intitolato 'Ipotesi per l'università'. E continuano: "La situazione non sembra migliorata: baroni per baroni, sistema mafioso per sistema mafioso, forse i vecchi 'mandarini' sapevano maggiormente conciliare il loro interesse con quello generale. La difesa delle posizioni conquistate dal 'gruppo' riusciva, in parte, a diventare anche fattore di progresso. Sicuramente più di quanto accada adesso".



Cattedre immortali
Come nelle cronache del basso impero, i nuovi baroni non si limitano a spadroneggiare nei loro castelli, ma creano alleanze con altri signorotti, in modo da proteggersi l'un l'altro e dilagare nell'immunità. Eppure ci sono state prese di posizione dirompenti, come quella di Gino Giugni, che nell'estate del 2005 denunciò in una lettera aperta ai professori di diritto del lavoro "la gestione combinata nella selezione dei giovani studiosi". Il padre dello Statuto dei lavoratori chiedeva che "tutti i colleghi di buona volontà" unissero il loro impegno "per riportare serenità, trasparenza, e ancor più equità nelle scelte accademiche". Raccolse un plauso tanto ampio quanto generico. Insomma, nessuno ebbe il coraggio di fare un nome o denunciare un concorso specifico. Oggi Giugni spiega a 'L'espresso' di non essere pentito di quella sortita. Da vecchio socialista si sforza di mantenere un ottimismo di principio, ma ammette: "Da quello che mi raccontano, temo che non sia cambiato proprio nulla". La razza barona infatti gode di un privilegio tra i privilegi: quello dell'immortalità accademica. Gli effetti concreti dell'intervento della magistratura sono limitati. Se non totalmente inutili: le sentenze non riescono a scalfire le poltrone. Ai tempi biblici della giustizia penale si sommano le controversie civili e amministrative, con ragnatele di ricorsi incrociati. Alla fine, persino il baronetto riesce quasi sempre a conservare il feudo ereditato dal padre in violazione d'ogni legge. Il caso più assurdo è quello del concorso di otorinolaringoiatria bandito nel 1988: ci sono state dieci sentenze, confermate pure dalla Suprema corte, centinaia di articoli di giornali, almeno quattro libri e una decina di interrogazioni parlamentari. Il professor Motta senior è stato condannato, eppure il professor Motta junior continua a detenere legalmente quel posto da 18 anni. Se l'immortalità è garantita anche nell'immoralità in caso di giudizi definitivi, facile immaginare il colpo di spugna che calerà con l'indulto sugli ultimi scandali universitari. Tutte le accuse di abuso in atti d'ufficio, il reato classico delle selezioni addomesticate, verranno spazzate via: resteranno solo le più gravi, quelle per le quali viene contestata anche l'associazione per delinquere, la corruzione o la concussione.

Fonte: l'espresso

23 gennaio 2007

Le leggi "Mastella"


Tristemente famoso per le sue leggi, vedi indulto, adesso ci riprova con la legge che "potrebbe modificare la Storia".

Il ministro della «giustizia» Clemente Mastella
Inevitabile: il negazionismo sarà reato punito penalmente.
Inevitabile che a varare questa norma in Italia sia Clemente Mastella, il
fondatore del solo partito che, in un mondo dove la giustizia avesse un
senso, andrebbe disciolto per legge, avendo come uno scopo quello -
criminale - del clientelismo e dell'accaparrento di denaro pubblico.
Ma non è un mondo dove la giustizia ha un senso, e infatti Mastella è ministro della «giustizia», mentre dovrebbe essere reato essere Mastella.
Ciò tuttavia è inevitabile, dati i tempi che corrono.
Tempi ultimi, anticristici, dove il Padre della Menzogna impone la sua legge.
I telegiornali hanno intervistato Alessandro Ruben, definito «promotore
della legge» di Mastella.
Il lobbista.
Questo Reuben è presidente italiano (con accento spiccatamente israeliano)
della Anti-Defamation League (ADL), l'organismo creato dal B'nai Bh'rith, la
massoneria riservata agli ebrei.
Ad insediare Ruben in Italia è stato Abraham Foxman, il capo dell'ADL
americano.
Lo stesso che nel gennaio 2005 ingiunse al Vaticano di bloccare il processo
di beatificazione di Pio XII; e ciò sulla base di un «documento» datato 1946
in cui apparentemente Pio XII ordinava di non consegnare alle famiglie i
bambini ebrei, rifugiati presso cattolici, se fossero stati battezzati.
Il documento era stato rivelato da Il Corriere pochi giorni prima.
Era scritto a macchina e non era firmato: palesemente un falso preparato ad
hoc, una specialità della ADL - la quale avrebbe molto da insegnare a
qualunque negazionista in fatto di menzogne.
Il Vaticano ha ceduto, e anche questo è inevitabile.
Il B'nai B'hrit aveva mandato al Concilio osservatori che riuscirono a far
abolire la preghiera per la conversione degli ebrei.
Nasceva la «sola religione rimasta», quella a cui ormai tutti siamo
obbligati a credere. E a prestare culto con atti esterni.
Ruben, con lo spiccato accento israeliano, ha detto che la «libertà di
pensiero è sacrosanta» ma che il negazionismo va vietato «perché chi nega
l'olocausto ha in realtà altri scopi».
Con ciò, ha dichiarato il vero scopo.
La legge-Mastella sarà usata per soffocare le voci critiche sui crimini
d'Israele; e via via, l'attacco alla libertà di pensare sarà esteso ad
libitum, secondo il volere del potere.
Inevitabile: Mastella non sa che farsene della libertà di pensiero e di
ricerca, essendo il pensiero a lui estraneo, e i suoi delitti tutti volti al
concreto.
Non può nemmeno sapere che così ha sancito la nascita del primo
«psico-reato», profetizzato da Orwell.
Ora seguirà la psico-polizia, su indicazione di Ruben.
Tutto ciò è inevitabile, e protestare è inutile.
La sola difesa, per il momento, è tacere sull'olocausto.
Non parlarne mai, né per affermarlo né per negarlo.
Non c'è difesa possibile per chi lo nega - la legge è stata fatta appunto
per impedire di portare prove eventualmente contrarie alla versione
ufficiale - e il silenzio è la sola difesa.
La psico-polizia farà domande: credi all'olocausto?
Non si deve rispondere né sì né no.
La psicopolizia vuole spiare i nostri pensieri, nemmeno l'agnosticismo sarà
ammesso.
Tutto ciò è inevitabile.
Tale è il dominio di un popolo che ogni anno, allo Yom Kippur, ripete la
cosiddetta preghiera detta «Kol Nidrè».
Essa suona così: «Tutti i voti, gli impegni, i giuramenti e gli anatemi che
siano chiamati 'konam', 'konas', o con qualsiasi altro nome, che potremmo
aver pronunziato o per i quali potremmo esserci impegnati siano cancellati,
da questo giorno di pentimento sino al prossimo».
Con questa «preghiera», questo popolo si libera in anticipo da ogni impegno
e voto, si dà il diritto di violare ogni giuramento che pronuncerà nel corso
dell'anno prossimo.
Dunque, si dà il diritto di mentire e tradire; si consente e si assolve da
ogni slealtà e falsità, si scioglie da ogni promessa fatta a non-ebrei, e
dal tener fede ad ogni contratto.
In anticipo.
Mastella può recitare il Kol Nidrè con gusto e profitto: sembra fatto
apposta per lui, talmudista sans le savoir, e per il suo partitino della
disonestà come fine unico e proclamato.
E' questa la nuova legge sotto cui dobbiamo vivere.
Loro possono mentire anche sull'olocausto.
Mentire su tutto.

A noi non resta che parlare - finchè si può - del loro «oggi», di quel che
fanno ai bambini palestinesi, dell'oppressione e della morte che danno alla
gente sotto il loro dominio, dell'uranio che hanno sparso in Libano, dei
loro attentati false-flag; non mancano gli argomenti, ce ne offrono molti
ogni giorno, con le loro atrocità, manovre occulte, volontà omicida.
E' l'attualità che deve interessarci, visto che la storia ci è vietata, e la
«memoria» è imposta.
Finchè si può, s'intende.
Il Padre della Menzogna ha esteso il suo potere, e i figli della menzogna
sono all'opera, insonni.

Maurizio Blondet