22 settembre 2007

Cosa abbiamo fatto di male per meritarci Mastella?


di Voltaire

Incontro un’amica: “ecco, mi dice, per fortuna che c’e’ Annozero. Ieri la trasmissione ha permesso a chi non era come me a Bologna di ascoltare le parole di Grillo senza filtri e senza deformazioni. Che vergogna pero’ per giornali e telegiornali, e per tutta la classe politica. Beh, gli piaccia o no, lo sappiamo tutti che Grillo dipinge il Paese reale… Io per esempio incontro ogni giorno per lavoro gente che non ne puo’ piu’, che denuncia ingiustizie, imbrogli, prevaricazioni, reati frutto di strapoteri consolidati, e non sa piu’ a cosa votarsi per avere giustizia… La Giustizia?! Ha ragione Grillo: quello che ci impongono da anni e’ piuttosto il principio dell’Impunita’, madre di tutte le disgrazie attuali. Ma le persone sono stufe di doversi assoggettare alla corruzione totale imposta da questo sistema politico-affaristico, impermeabile a qualsiasi riforma reale… e’ per questo che la trasmissione di Santoro ha avuto milioni di telespettatori, questa classe politica ormai non fa piu’ presa. Cosa credono che pensi la gente quando sente dire al ministro di Grazia e Giustizia, nel giorno del suo insediamento, che si sente “piu’ vicino ai detenuti che ai magistrati”? Sara’ per questo che e’ ancora all’oscuro di quanto avviene per esempio intorno a certi uffici giudiziari di cui l’informazione non parla mai, su cui la tv non fa mai un’inchiesta: le cancellerie dei Tribunali e delle Procure, per esempio, oppure le sezioni fallimentari, oppure ancora quelle delle esecuzioni immobiliari.”.
E mi racconta a questo proposito la storia surreale occorsa ad una signora di Catania che coinvolta dieci anni fa suo malgrado in un fallimento societario dagli oscuri risvolti, convinta di ottenere giustizia fece le sue denunce a carabinieri, polizia e magistratura, e si e’ poi ritrovata a combattere contro un sistema organizzato di personaggi corrotti e avidi, insediati in tutti i gangli dell’iter giudiziario. Una rete di illegalita’ e di sistemico malaffare, nella palude gia’ melmosa del distretto giudiziario di Catania, con una mission unica: l’affare degli espropri immobiliari; una torta che non si molla per “consulenti” di specie varia e periti, bancari, ragionieri e avvocati, spesso in ottimi rapporti con circoli e segreterie politiche, sempre sottomessi agli amici degli amici….”Cambialari”li chiamano, una parola che anche i bambini sanno cosa indica. E nel caso si pari di mezzo qualche giovane legale perbene, intenzionato al suo dovere, ecco arrivare, alla prima udienza buona, anche l’opaca presenza in aula del solito Ignoto. Basta una comparsata mafiosa, per lanciare l’avvertimento.
Da dieci anni, continua la mia amica, la signora in questione combatte contro ogni sorta di cambialari (mentre le sue denunce finiscono regolarmente in fondo ai cassetti); nel frattempo, ha visto montare intorno a se’ l’onda muta delle storie come la sua, testimonianze che lasciano allibiti sui meccanismi, sulle connivenze insospettabili, sulle compromissioni spicciole, sul silenzio di tanti, stampa in testa. Sulla vastita’ del fenomeno, sul sentimento di impunita’ sbandierato dai corrotti come un vessillo di garanzia. Allora, possiamo chiedere al Ministro di Grazia e Giustizia di dedicare un po’ del suo tempo, magari dopo che ha risposto a Grillo blog su blog, al sistema dei “cambialari” nel distretto giudiziario di Catania (e se occorre negli altri )?
Possiamo chiedergli di stare piu’ vicino ai magistrati onesti, tanto piu’ che ai detenuti ci ha gia’ pensato con l’indulto?
Possiamo chiedergli di fare il suo dovere di ministro, dando finalmente corpo alla pratica della democrazia che e’ soprattutto rispetto delle regole, uguali per tutti e tutte?
E se non ne e’ capace, possiamo almeno chiedergli di andarsene a casa, a fare altro che il ministro come avviene in qualsiasi Paese normale, e senza che qualcuno ci accusi di antipolitica?
Di sicuro, avra’ tutto il tempo che vuole per scrivere a Grillo, magari per trarne addirittura beneficio. Noi grillini crediamo sempre nella redenzione dal peccato.

21 settembre 2007

Usigrai: Sul caso Grillo "teniamo famiglia"


In risposta alle accuse di Grillo e della Guzzanti.

di Usigrai
Il “ciclone Grillo” è il fenomeno del momento. Dal blog alla piazza, dalla piazza a televisioni e giornali è tutto un rincorrersi di insulti e analisi, espressioni di malessere e “vaffa” collettivi, critiche più o meno argomentate e repliche ormai scontate. Tv e giornali si accorgono del blog, il blog mette sotto accusa politica e informazione; i politici si chiedono dove sta Grillo, Grillo rovescia la sua oratoria sul che fa e non fa la politica e sui silenzi di un’informazione giudicata servile. Che ogni tanto siano utili gli scossoni può essere, ma che tutto e tutti siano degni di un “vaffa” rischia di diventare soltanto la brutta replica dello spettacolo del giorno prima. Si può giudicare discutibile l’opinione del direttore del Tg2, Mauro Mazza, su possibili derive violente di un’oratoria troppo accesa, ma certo le parole e il tono minaccioso e volgare della replica non aiutano a dimostrare il contrario.

In “Anno Zero” che ha offerto un quadro ampio e completo del fenomeno, Sabina Guzzanti ha “affondato” sull’informazione del Tg1, passata, presente e futura come se tutto fosse sempre uguale e pessimo, e sui giornalisti della Rai che dovrebbero lasciare il posto a “giornalisti veri”. Quali? In Rai ci sono giornalisti che tutti i giorni informano i cittadini sui grandi fatti del mondo, come sulla cronaca locale, al Tg1 come nella più piccola sede regionale. Gli stessi giornalisti e il loro sindacato si battono da anni per una Rai autonoma dalla “partitocrazia”, concentrata sull’informazione da “Servizio Pubblico”, libera dai citati e giustamente criticati “pastoncini” politici. Gli stessi giornalisti e il loro sindacato lavorano per la stabilizzazione dei colleghi precari… Cosa sono, giornalisti finti? Cosa dovrebbero fare, darsi un “vaffa” da soli per alimentare una catarsi collettiva e accontentare la Guzzanti? Lavorare quotidianamente per il futuro può essere meno popolare e coinvolgente di un “ciclone” che avvolge una piazza in una serata di Settembre, ma è una strada, un percorso da seguire con qualche “vaffa” in meno e qualche risultato in più.

I giornalisti, quelli televisivi, si giustificano, "teniamo famiglia", sono gli editori o direttori di rete che gestiscono le informazioni, noi solo manodopera di basso livello. Non c'è che dire ... se, cambiasse registro noi come "giullari" canteremo la vera gloria. La forza del quarto potere dov'è?
Nel paese delle menzogne di stato, ogni coraggioso è un eroe da sacrificare. Mentre Giovanbattista Vico e Benedetto XV ricordano la storia, noi dimentichiamo facilmente chi costruisce menzogne per scopi personali. Fino a quando?

Se non è possibile cambiare la realtà esistente cambia il metodo che rende la realtà obsoleta.

20 settembre 2007

Giudici militari: i nuovi fannulloni?


Stavo leggendo il corriere.it quando mi imbatto in una notizia che mi colpisce.
Non tutti i giornalisti sono servi dei poteri forti, poi quando ho letto la firma ho pensato subito a DonChischiotte. Una persona che stimo ed apprezzo quindi un nuovo capitolo della Casta. Il titolo forse è eccessivo ma possiamo permetterci di tenere distinte con la stessa professionalità (1378/28 = 50 volte) e utilizzati in modo tanto diverso?


Stremati da dieci settimane di pausa estiva, che per consuetudine comincia intorno al 10 luglio e si trascina fino all'ultima decade di settembre, i magistrati militari hanno deciso di tuffarsi di nuovo nel lavoro con un convegno internazionale. Nella bellissima Toledo. Dove, per attrezzarsi ad affrontare al meglio i mesi finali dell'anno quando sono attesi a volte perfino da tre udienze al mese (tre al mese!), sbarcano oggi in trentadue: un terzo di tutti i giudici con le stellette italiani. Perché mandare una delegazione di due o tre persone se tanto paga lo Stato?
Va da sé che, con questi precedenti, i giudici con le stellette hanno deciso che non era proprio il caso di fare gli sparagnini. E appena hanno saputo che nell'antica capitale della Castiglia organizzavano un congresso internazionale, si sono dati da fare. Certo, il tema del simposio («La legge criminale tra guerra e pace: giustizia e cooperazione in materie criminali negli interventi internazionali militari») non è una leccornia. Ma Toledo è Toledo. L'Alcazar! Il fondaco dell'Alhóndiga! Il Castillo de San Servando! La Plaza de Zocodover! La casa e i quadri del Greco tra cui la celebre «sepoltura del conte di Orgaz»! Fatto sta che la delibera del 5 giugno scorso era assai invitante: le spese del convegno (350 euro a testa, compresi il materiale didattico e i pasti all'Accademia di Fanteria), più le spese di viaggio e pernottamento, più il «trattamento di missione internazionale», più una indennità forfettaria giornaliera di un'ottantina di euro erano infatti a carico del ministero.
Un salasso? Ma no, avrebbe risposto la successiva delibera del 3 luglio.

Nonostante Padoa Schioppa stia sempre lì a pianger miseria, diceva il documento, «sono state individuate disponibilità finanziarie che consentono di coprire la spesa per la partecipazione al predetto congresso di tutti i magistrati richiedenti». Tutti? Crepi l'avarizia: tutti. Cioè 32. Tra i quali l'unico (unico) invitato come relatore, Antonino Intelisano. Vi chiederete: costi a parte, come farà la Giustizia militare a reggere per ben tre giorni senza un terzo dei suoi pilastri, dato che i giudici, da Vipiteno a Lampedusa, sono 103? Rassicuratevi: reggerà. Anche quando presidiano il loro posto di lavoro, infatti, non è che i nostri siano sommersi da cataste di fascicoli come i colleghi della magistratura ordinaria. Anzi.

I giudici della Procura Generale Militare presso la Cassazione, per dire, hanno dovuto sobbarcarsi nel 2006 (assistiti da 35 dipendenti vari, per circa metà militari e circa metà civili) sei udienze: una ogni due mesi, da spartire in quattro. I tre del Tribunale di Sorveglianza militare, che contano su 32 assistenti a vario titolo e hanno competenza sull'unico carcere militare rimasto aperto, quello casertano di Santa Maria Capua a Vetere do ve sono recluse solo persone in divisa condannate dalla giustizia ordinaria per reati ordinari, hanno un solo detenuto militare per reati militari: Erich Priebke, condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine.
Quanto ai dati complessivi, lasciano di sasso: i 79 magistrati «con le stellette» (in realtà non le portano per niente: sono giudici come gli altri solo che hanno scelto una carriera parallela) addetti ai nove tribunali sparsi per la penisola (Roma, La Spezia, Torino, Verona, Padova, Napoli, Bari, Cagliari e Palermo) e i loro 17 colleghi delle tre corti d'Appello (Roma, Napoli e Verona) sono chiamati infatti a lavorare sempre di meno. Al punto che nel 2006 hanno emesso, tutti insieme, un migliaio di sentenze su temi spesso irrilevanti se non ridicoli: circa 300 in meno dei verdetti penali (poi ci sono i civili) di un tribunale ordinario minore come quello di Bassano del Grappa.
Un esempio di carico di lavoro? Il presidente della Corte Militare d'Appello di Roma, Vito Nicolò Diana, quando dirigeva la sezione distaccata di Verona (dal 1992 a poco fa) aveva ottenuto non solo un alloggio di servizio nel cuore del centro storico della città scaligera (aiuto concesso solo ai militari che guadagnano stipendi assai minori) ma perfino il permesso di abitare nella capitale, in riva non all'Adige ma al Tevere. Insomma, una situazione assurda. Tanto che, dopo la prima denuncia del Corriere, i ministri della Difesa e della Giustizia, Clemente Mastella e Arturo Parisi, avevano scritto al giornale convenendo che si trattava d'un quadro «inaccettabile» e assicurando che «nel quadro del disegno di legge relativo alla riforma dell'Ordinamento Giudiziario» già approvato dal Consiglio dei ministri, erano stati decisi tagli drastici, «riducendo il numero complessivo degli Uffici Giudiziari Militari, giudicanti e requirenti, di ben due terzi: cioè da 12 a 4 (3 Tribunali e un'unica Corte d'Appello, senza Sezioni distaccate)». Bastarono tre giorni, però, perché il progetto venisse stralciato e quei buoni propositi fossero abbattuti come birilli dal vento delle proteste corporative.
Adesso, «per capire », vorrebbero fare una commissione di studio. La terza, dopo quella del 1992 varata dal ministro della Difesa Salvo Andò e quella del 2003/2004 presieduta dal procuratore generale Giuseppe Scandina. Nel frattempo la quota dei magistrati con le stellette che hanno tempo in abbondanza per gli incarichi extragiudiziari è salita al 36%, contro il 3% dei giudici ordinari. E il lavoro degli uffici, grazie a tutte le cose che sono cambiate a partire dall'abolizione del servizio di leva obbligatorio, ha continuato a calare, calare, calare. Fino a dimezzarsi quest'anno rispetto perfino al 2006. Benedetto Roberti, uno dei giudici che con Sergio Dini e pochi altri invoca da anni una riforma, ricorda che nel 1997, quando faceva il Gup a Torino, arrivò da solo a 1.375 sentenze. Sapete quante ne ha emesse quest'anno il giudice che fa quello stesso lavoro? Tenetevi forte: 28.
Gian Antonio Stella

22 settembre 2007

Cosa abbiamo fatto di male per meritarci Mastella?


di Voltaire

Incontro un’amica: “ecco, mi dice, per fortuna che c’e’ Annozero. Ieri la trasmissione ha permesso a chi non era come me a Bologna di ascoltare le parole di Grillo senza filtri e senza deformazioni. Che vergogna pero’ per giornali e telegiornali, e per tutta la classe politica. Beh, gli piaccia o no, lo sappiamo tutti che Grillo dipinge il Paese reale… Io per esempio incontro ogni giorno per lavoro gente che non ne puo’ piu’, che denuncia ingiustizie, imbrogli, prevaricazioni, reati frutto di strapoteri consolidati, e non sa piu’ a cosa votarsi per avere giustizia… La Giustizia?! Ha ragione Grillo: quello che ci impongono da anni e’ piuttosto il principio dell’Impunita’, madre di tutte le disgrazie attuali. Ma le persone sono stufe di doversi assoggettare alla corruzione totale imposta da questo sistema politico-affaristico, impermeabile a qualsiasi riforma reale… e’ per questo che la trasmissione di Santoro ha avuto milioni di telespettatori, questa classe politica ormai non fa piu’ presa. Cosa credono che pensi la gente quando sente dire al ministro di Grazia e Giustizia, nel giorno del suo insediamento, che si sente “piu’ vicino ai detenuti che ai magistrati”? Sara’ per questo che e’ ancora all’oscuro di quanto avviene per esempio intorno a certi uffici giudiziari di cui l’informazione non parla mai, su cui la tv non fa mai un’inchiesta: le cancellerie dei Tribunali e delle Procure, per esempio, oppure le sezioni fallimentari, oppure ancora quelle delle esecuzioni immobiliari.”.
E mi racconta a questo proposito la storia surreale occorsa ad una signora di Catania che coinvolta dieci anni fa suo malgrado in un fallimento societario dagli oscuri risvolti, convinta di ottenere giustizia fece le sue denunce a carabinieri, polizia e magistratura, e si e’ poi ritrovata a combattere contro un sistema organizzato di personaggi corrotti e avidi, insediati in tutti i gangli dell’iter giudiziario. Una rete di illegalita’ e di sistemico malaffare, nella palude gia’ melmosa del distretto giudiziario di Catania, con una mission unica: l’affare degli espropri immobiliari; una torta che non si molla per “consulenti” di specie varia e periti, bancari, ragionieri e avvocati, spesso in ottimi rapporti con circoli e segreterie politiche, sempre sottomessi agli amici degli amici….”Cambialari”li chiamano, una parola che anche i bambini sanno cosa indica. E nel caso si pari di mezzo qualche giovane legale perbene, intenzionato al suo dovere, ecco arrivare, alla prima udienza buona, anche l’opaca presenza in aula del solito Ignoto. Basta una comparsata mafiosa, per lanciare l’avvertimento.
Da dieci anni, continua la mia amica, la signora in questione combatte contro ogni sorta di cambialari (mentre le sue denunce finiscono regolarmente in fondo ai cassetti); nel frattempo, ha visto montare intorno a se’ l’onda muta delle storie come la sua, testimonianze che lasciano allibiti sui meccanismi, sulle connivenze insospettabili, sulle compromissioni spicciole, sul silenzio di tanti, stampa in testa. Sulla vastita’ del fenomeno, sul sentimento di impunita’ sbandierato dai corrotti come un vessillo di garanzia. Allora, possiamo chiedere al Ministro di Grazia e Giustizia di dedicare un po’ del suo tempo, magari dopo che ha risposto a Grillo blog su blog, al sistema dei “cambialari” nel distretto giudiziario di Catania (e se occorre negli altri )?
Possiamo chiedergli di stare piu’ vicino ai magistrati onesti, tanto piu’ che ai detenuti ci ha gia’ pensato con l’indulto?
Possiamo chiedergli di fare il suo dovere di ministro, dando finalmente corpo alla pratica della democrazia che e’ soprattutto rispetto delle regole, uguali per tutti e tutte?
E se non ne e’ capace, possiamo almeno chiedergli di andarsene a casa, a fare altro che il ministro come avviene in qualsiasi Paese normale, e senza che qualcuno ci accusi di antipolitica?
Di sicuro, avra’ tutto il tempo che vuole per scrivere a Grillo, magari per trarne addirittura beneficio. Noi grillini crediamo sempre nella redenzione dal peccato.

21 settembre 2007

Usigrai: Sul caso Grillo "teniamo famiglia"


In risposta alle accuse di Grillo e della Guzzanti.

di Usigrai
Il “ciclone Grillo” è il fenomeno del momento. Dal blog alla piazza, dalla piazza a televisioni e giornali è tutto un rincorrersi di insulti e analisi, espressioni di malessere e “vaffa” collettivi, critiche più o meno argomentate e repliche ormai scontate. Tv e giornali si accorgono del blog, il blog mette sotto accusa politica e informazione; i politici si chiedono dove sta Grillo, Grillo rovescia la sua oratoria sul che fa e non fa la politica e sui silenzi di un’informazione giudicata servile. Che ogni tanto siano utili gli scossoni può essere, ma che tutto e tutti siano degni di un “vaffa” rischia di diventare soltanto la brutta replica dello spettacolo del giorno prima. Si può giudicare discutibile l’opinione del direttore del Tg2, Mauro Mazza, su possibili derive violente di un’oratoria troppo accesa, ma certo le parole e il tono minaccioso e volgare della replica non aiutano a dimostrare il contrario.

In “Anno Zero” che ha offerto un quadro ampio e completo del fenomeno, Sabina Guzzanti ha “affondato” sull’informazione del Tg1, passata, presente e futura come se tutto fosse sempre uguale e pessimo, e sui giornalisti della Rai che dovrebbero lasciare il posto a “giornalisti veri”. Quali? In Rai ci sono giornalisti che tutti i giorni informano i cittadini sui grandi fatti del mondo, come sulla cronaca locale, al Tg1 come nella più piccola sede regionale. Gli stessi giornalisti e il loro sindacato si battono da anni per una Rai autonoma dalla “partitocrazia”, concentrata sull’informazione da “Servizio Pubblico”, libera dai citati e giustamente criticati “pastoncini” politici. Gli stessi giornalisti e il loro sindacato lavorano per la stabilizzazione dei colleghi precari… Cosa sono, giornalisti finti? Cosa dovrebbero fare, darsi un “vaffa” da soli per alimentare una catarsi collettiva e accontentare la Guzzanti? Lavorare quotidianamente per il futuro può essere meno popolare e coinvolgente di un “ciclone” che avvolge una piazza in una serata di Settembre, ma è una strada, un percorso da seguire con qualche “vaffa” in meno e qualche risultato in più.

I giornalisti, quelli televisivi, si giustificano, "teniamo famiglia", sono gli editori o direttori di rete che gestiscono le informazioni, noi solo manodopera di basso livello. Non c'è che dire ... se, cambiasse registro noi come "giullari" canteremo la vera gloria. La forza del quarto potere dov'è?
Nel paese delle menzogne di stato, ogni coraggioso è un eroe da sacrificare. Mentre Giovanbattista Vico e Benedetto XV ricordano la storia, noi dimentichiamo facilmente chi costruisce menzogne per scopi personali. Fino a quando?

Se non è possibile cambiare la realtà esistente cambia il metodo che rende la realtà obsoleta.

20 settembre 2007

Giudici militari: i nuovi fannulloni?


Stavo leggendo il corriere.it quando mi imbatto in una notizia che mi colpisce.
Non tutti i giornalisti sono servi dei poteri forti, poi quando ho letto la firma ho pensato subito a DonChischiotte. Una persona che stimo ed apprezzo quindi un nuovo capitolo della Casta. Il titolo forse è eccessivo ma possiamo permetterci di tenere distinte con la stessa professionalità (1378/28 = 50 volte) e utilizzati in modo tanto diverso?


Stremati da dieci settimane di pausa estiva, che per consuetudine comincia intorno al 10 luglio e si trascina fino all'ultima decade di settembre, i magistrati militari hanno deciso di tuffarsi di nuovo nel lavoro con un convegno internazionale. Nella bellissima Toledo. Dove, per attrezzarsi ad affrontare al meglio i mesi finali dell'anno quando sono attesi a volte perfino da tre udienze al mese (tre al mese!), sbarcano oggi in trentadue: un terzo di tutti i giudici con le stellette italiani. Perché mandare una delegazione di due o tre persone se tanto paga lo Stato?
Va da sé che, con questi precedenti, i giudici con le stellette hanno deciso che non era proprio il caso di fare gli sparagnini. E appena hanno saputo che nell'antica capitale della Castiglia organizzavano un congresso internazionale, si sono dati da fare. Certo, il tema del simposio («La legge criminale tra guerra e pace: giustizia e cooperazione in materie criminali negli interventi internazionali militari») non è una leccornia. Ma Toledo è Toledo. L'Alcazar! Il fondaco dell'Alhóndiga! Il Castillo de San Servando! La Plaza de Zocodover! La casa e i quadri del Greco tra cui la celebre «sepoltura del conte di Orgaz»! Fatto sta che la delibera del 5 giugno scorso era assai invitante: le spese del convegno (350 euro a testa, compresi il materiale didattico e i pasti all'Accademia di Fanteria), più le spese di viaggio e pernottamento, più il «trattamento di missione internazionale», più una indennità forfettaria giornaliera di un'ottantina di euro erano infatti a carico del ministero.
Un salasso? Ma no, avrebbe risposto la successiva delibera del 3 luglio.

Nonostante Padoa Schioppa stia sempre lì a pianger miseria, diceva il documento, «sono state individuate disponibilità finanziarie che consentono di coprire la spesa per la partecipazione al predetto congresso di tutti i magistrati richiedenti». Tutti? Crepi l'avarizia: tutti. Cioè 32. Tra i quali l'unico (unico) invitato come relatore, Antonino Intelisano. Vi chiederete: costi a parte, come farà la Giustizia militare a reggere per ben tre giorni senza un terzo dei suoi pilastri, dato che i giudici, da Vipiteno a Lampedusa, sono 103? Rassicuratevi: reggerà. Anche quando presidiano il loro posto di lavoro, infatti, non è che i nostri siano sommersi da cataste di fascicoli come i colleghi della magistratura ordinaria. Anzi.

I giudici della Procura Generale Militare presso la Cassazione, per dire, hanno dovuto sobbarcarsi nel 2006 (assistiti da 35 dipendenti vari, per circa metà militari e circa metà civili) sei udienze: una ogni due mesi, da spartire in quattro. I tre del Tribunale di Sorveglianza militare, che contano su 32 assistenti a vario titolo e hanno competenza sull'unico carcere militare rimasto aperto, quello casertano di Santa Maria Capua a Vetere do ve sono recluse solo persone in divisa condannate dalla giustizia ordinaria per reati ordinari, hanno un solo detenuto militare per reati militari: Erich Priebke, condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine.
Quanto ai dati complessivi, lasciano di sasso: i 79 magistrati «con le stellette» (in realtà non le portano per niente: sono giudici come gli altri solo che hanno scelto una carriera parallela) addetti ai nove tribunali sparsi per la penisola (Roma, La Spezia, Torino, Verona, Padova, Napoli, Bari, Cagliari e Palermo) e i loro 17 colleghi delle tre corti d'Appello (Roma, Napoli e Verona) sono chiamati infatti a lavorare sempre di meno. Al punto che nel 2006 hanno emesso, tutti insieme, un migliaio di sentenze su temi spesso irrilevanti se non ridicoli: circa 300 in meno dei verdetti penali (poi ci sono i civili) di un tribunale ordinario minore come quello di Bassano del Grappa.
Un esempio di carico di lavoro? Il presidente della Corte Militare d'Appello di Roma, Vito Nicolò Diana, quando dirigeva la sezione distaccata di Verona (dal 1992 a poco fa) aveva ottenuto non solo un alloggio di servizio nel cuore del centro storico della città scaligera (aiuto concesso solo ai militari che guadagnano stipendi assai minori) ma perfino il permesso di abitare nella capitale, in riva non all'Adige ma al Tevere. Insomma, una situazione assurda. Tanto che, dopo la prima denuncia del Corriere, i ministri della Difesa e della Giustizia, Clemente Mastella e Arturo Parisi, avevano scritto al giornale convenendo che si trattava d'un quadro «inaccettabile» e assicurando che «nel quadro del disegno di legge relativo alla riforma dell'Ordinamento Giudiziario» già approvato dal Consiglio dei ministri, erano stati decisi tagli drastici, «riducendo il numero complessivo degli Uffici Giudiziari Militari, giudicanti e requirenti, di ben due terzi: cioè da 12 a 4 (3 Tribunali e un'unica Corte d'Appello, senza Sezioni distaccate)». Bastarono tre giorni, però, perché il progetto venisse stralciato e quei buoni propositi fossero abbattuti come birilli dal vento delle proteste corporative.
Adesso, «per capire », vorrebbero fare una commissione di studio. La terza, dopo quella del 1992 varata dal ministro della Difesa Salvo Andò e quella del 2003/2004 presieduta dal procuratore generale Giuseppe Scandina. Nel frattempo la quota dei magistrati con le stellette che hanno tempo in abbondanza per gli incarichi extragiudiziari è salita al 36%, contro il 3% dei giudici ordinari. E il lavoro degli uffici, grazie a tutte le cose che sono cambiate a partire dall'abolizione del servizio di leva obbligatorio, ha continuato a calare, calare, calare. Fino a dimezzarsi quest'anno rispetto perfino al 2006. Benedetto Roberti, uno dei giudici che con Sergio Dini e pochi altri invoca da anni una riforma, ricorda che nel 1997, quando faceva il Gup a Torino, arrivò da solo a 1.375 sentenze. Sapete quante ne ha emesse quest'anno il giudice che fa quello stesso lavoro? Tenetevi forte: 28.
Gian Antonio Stella