07 ottobre 2007

Gli universi paralleli: le prove!


La notizia apparsa sul New Scientist Magazine a fine settembre attesta che non c'è più alcun dubbio, nuove prove matematiche spazzano via le ultime obiezioni in merito alla realtà di molti universi o mondi paralleli definita da alcuni: ripugnante per il senso comune. Il Dr Deutch, sempre di Oxford, aveva già dimostrato matematicamente che la struttura simile ad un cespuglio dagli innumerovoli rami creata dall'universo che si separa in altrettante versioni parallele di se stesso può spiegare al meglio la natura probabilistica del risultato quantistico. Questa dimostrazione finora attaccata ha trovato conferma rigorosa grazie a David Wallace e Simon Saunders che hanno dichiarato: "Abbiamo chiarito gli ultimi punti oscuri e siamo giunti ad un ben chiaro verdetto che ci porta ad affermare con autorevolezza che il lavoro di Everett funziona". Secondo l'audace osservazione di Everett infatti l'universo è in costante ed eterna divisione, quindi non c'è nessun collasso d'onda (o di realtà) bensì ogni possibile risultato a seguito di una misurazione sperimentale accade in un diverso universo parallelo.
Ogni volta che c'è un evento a livello quantistico - il decadimento di un atomo radioattivo - per esempio, o una particella di luce che avvolge la retina - si suppone che l'universo si divida in tanti universi o mondi differenti. A questo proposito Scienza e Conoscenza N° 18 ha intervistato l'estate scorsa Lev Vaidman, una delle autorità mondiali del settore. Da allora, le ultime scoperte sembrano sottrarre completamente la teoria dei "molti mondi" dalla sfera metafisica per farla entrare a tutti gli effetti tra i più importanti sviluppi del mondo della scienza.
Per il linguaggio, anche per il più poetico, è difficile spiegare un paradosso, per un’equazione matematica no. Chi si ricorda il film Sliding doors? Un rompicapo fantasioso? Non si direbbe. Secondo la matematica quantistica sembra facilmente inscrivibile in un’equazione, tra le più scientifiche.
Questa intervista ci permette candidamente di scivolare nella sobrietà e eleganza matematiche dei molti mondi, verso un’interpretazione della meccanica dei quanti degna di una pellicola hollywoodiana. E, di una scuola scientifica, tra le più ortodosse.
Provate ad immaginare: vi trovate di fronte a una scelta da compiere e qualcosa, magari una telefonata o un ingorgo stradale, interviene a farvi intraprendere una strada piuttosto che un’altra. Immaginate che in quel preciso momento il vostro mondo si divida in due, uno stesso passato e due futuri, chissà anche molto diversi. Immaginate che questo capiti molte e molte volte e che una miriade di mondi popolino il nostro Universo. Ricorda molto la trama di un film, ma questa è la conseguenza esperienziale di una rigorosa teoria matematica, la Teoria dei Molti Mondi, appunto. Si tratta di un’interpretazione della meccanica quantistica di cui il fisico israeliano di fama internazionale Lev Vaidman, che abbiamo intervistato durante un suo soggiorno in Italia, è uno dei più importanti sostenitori. Con lui abbiamo parlato dell’origine e degli sviluppi, della forza e delle debolezze di una teoria che riesce a conservare il formalismo originario della fisica dei quanti eliminando il più problematico dei suoi postulati: il collasso d’onda.
SeC: La Teoria dei Molti Mondi non è nuova, il primo a introdurla fu Hugh Everett nel 1957. Ma la sua popolarità tra i fisici sta crescendo solo di recente. Forse è bene ricordare ai lettori di cosa parliamo. Cosa si intende con Many-Worlds Interpretation (MWI)?
Lev Vaidman: Si intende una teoria fisica, in grado di dare spiegazione della nostra esperienza con un formalismo matematico molto “economico” ed elegante, che non cambia le leggi di base della meccanica quantistica. L’idea che sta alla base è quella dell’esistenza di miriadi di mondi nell’Universo in aggiunta al mondo che percepiamo. Questi mondi prendono inizio ogni volta che avviene un esperimento quantistico, in un laboratorio di fisica come nella vita di tutti i giorni. L’esperimento, ad esempio lo sfarfallio incerto di una luce al neon, ha diversi risultati possibili, la cui probabilità si dice non-zero. Noi ci accorgiamo unicamente del verificarsi di uno dei risultati possibili, quello che si avvera nel mondo che osserviamo (la luce si accende in un determinato momento), ma secondo la MWI tutti i risultati possibili si realizzano, ognuno in un mondo differente. In tal senso questa interpretazione della meccanica quantistica si può dividere in due parti: una teoria matematica rigorosa e una spiegazione delle nostre esperienze alla luce di questa teoria e in correlazione con il concetto di stato quantico dell’Universo, ossia della funzione d’onda che lo descrive.
Perciò è dalla teoria matematica che prende le mosse l’interpretazione dei Molti Mondi. Lei la definisce una teoria estremamente economica ed elegante. Da che cosa è nata l’esigenza di un nuovo formalismo matematico?

Lev Vaidman: E’ importante comprendere il fatto che il formalismo della meccanica quantistica, le equazioni quantistiche, danno una rappresentazione della realtà che corrisponde a quella dei molti mondi. Una realtà nella quale in un esperimento quantistico tutti i risultati possibili si avverano. Questo è stato chiaro fin dagli inizi della fisica dei quanti, ma l’idea è sempre stata considerata tanto assurda e in palese contraddizione con l’osservazione sperimentale da pretendere l’introduzione del postulato del collasso: l'esito di un esperimento quantistico non è determinato dalle condizioni iniziali dell'Universo prima dell'esperimento, ma solo le probabilità sono governate dallo stato iniziale. Ecco “spiegato” il perché osserviamo l’avverarsi di uno solo dei risultati possibili.
Nel corso degli anni i fisici sono stati, però, molto scontenti di questo postulato e hanno provato a risolvere il problema modificando oppure aggiungendo qualcosa alla meccanica quantistica (definendo il collasso come un effetto casuale genuino, o introducendo l’ontologia delle traiettorie della particella bohmiana). Dal mio punto di vista questi tentativi non hanno avuto molto successo. Al contrario la teoria dei Molti Mondi si presenta come una proposta per rimanere fedeli alla meccanica quantistica, così come è nata originariamente senza bisogno del postulato del collasso, e quindi consente di ammettere le conseguenze filosofiche di questa teoria, ossia che ci siano mondi paralleli in ognuno dei quali si avvera uno e uno solo dei possibili risultati di un esperimento quantistico. Non ci sono evidenze sperimentali in favore della teoria del collasso e contro la teoria dei Molti Mondi. La MWI è una teoria deterministica per un universo fisico e spiega perché il (o, meglio, un) mondo appare non deterministico agli osservatori umani.
In base a che cosa si crea un nuovo mondo? Ossia, qualsiasi possibilità si trasforma in un mondo e quindi si realizza?

Lev Vaidman: Non tutti i mondi che si possono immaginare esistono. Quando si costruisce un esperimento quantistico c’è una probabilità non-zero che ci sia un insieme di risultati. Quello che sappiamo è che ci sarà una separazione in un numero di mondi pari al numero di possibili esiti che vengono associati a questo esperimento. Per proseguire nell’esempio di prima, potrà accadere che io sia condizionato da una luce al neon rotta che si accende e si spegne, e questo evento potrà cambiare o ritardare una mia scelta. Questo è un evento quantistico e provocherà una separazione e la nascita di mondi distinti. Perché avvenga questa separazione abbiamo bisogno di una situazione fisica particolare che ne sia causa.
La meccanica quantistica ci assicura che ci sono un certo numero di esiti per un esperimento, ma non ci assicura del fatto che io sia sufficientemente forte o sufficientemente convinto di dare atto a qualcosa, pur se nell’esperimento i diversi esiti sono previsti. Se non sono sicuro di poter dividere il mio mondo in due strade distinte, probabilmente io non darò seguito all’esistenza di entrambe queste strade. Quello che io non posso fare è fermare questo dispositivo quantistico e gli esiti che può dare.
Si tratta senz’altro di comprendere un nuovo significato dei termini fondamentali utilizzati per descrivere l’Universo dal punto di vista della MWI. Cerchiamo di capire più a fondo: che cos’è Un Mondo e dove si collocano i Molti Mondi?

Lev Vaidman: La fisica descritta dall’equazione di Schrödinger, che riassume il formalismo dei Molti Mondi, dovrebbe mettere in connessione l’interpretazione matematica con la nostra esperienza. Ma, in effetti, non esiste un linguaggio adeguato ed è perciò necessario aggiungere delle spiegazioni. Per definire Un Mondo nella MWI si può far ricorso alla definizione basata sul comune punto di vista condiviso dagli esseri umani: Un Mondo è la totalità degli oggetti macroscopici in uno stato definito, descritto classicamente. Ciò, però, non implica che Un Mondo possa essere descritto come “tutto ciò che esiste”, perché “tutto ciò che esiste” è l’Universo tridimensionale, il solo Universo fisico che esiste. L’ontologia di questo Universo in termini di meccanica quantistica è uno stato quantistico.
Viene frequentemente chiamato come funzione d’onda quantistica e questa funzione d’onda quantistica è lo spazio delle configurazioni. Lo spazio delle configurazioni è la moltiplicazione dello spazio usuale per molte variabili, molte particelle. Quindi c’è ancora un significato per il nostro spazio normale tridimensionale, possiamo chiederci che cosa sta succedendo in una particolare area, in un particolare spazio. Ma siccome ugualmente le particelle che ci sono in questa zona possono essere intrecciate, entangled, con le particelle di un’altra zona, dunque non ci potrà essere una descrizione di una particolare area in termini di stato puro quantistico. Per la fisica la località è molto importante. Se tu fai qualcosa in un posto, niente potrà cambiare in un altro. Questo è a livello dell’universo fisico.
Questi mondi di fatto sono una particolare decomposizione della funzione d’onda dell’Universo. Non sono locali perché sono presenti dappertutto. Dove si collocano i Molti Mondi? Stanno tutti nel nostro spazio tridimensionale e vivono in parallelo. Ogni parte della funzione d’onda sente tutto lo spazio. E ce ne sono alcuni che tra loro sono davvero molto differenti.
Quanto differenti? Non posso trattenermi dal domandare se in uno degli altri mondi io potrei essere completamente diversa da quella che sono in questo mondo.

Lev Vaidman: Ognuno di noi può esistere in un mondo e non esistere in un altro e quindi presentarsi o meno come osservatore di questo mondo. Ci può essere un particolare evento quantistico per il quale questo osservatore viene creato mentre in un altro mondo non lo sarà. Potrebbe essere un evento quantistico che cambia il mio percorso da un punto a un altro. In uno di questi mondi incontro una donna e metto al mondo dei figli, mentre in un altro non lo faccio o lo faccio in un momento molto posteriore. Quando, un osservatore compie una qualsiasi misura abbiamo una divisione in due storie diverse. Se possiamo inserire queste storie diverse nella funzione d’onda più generale abbiamo, allora, più mondi diversi. Di fatto un mondo è una particolare storia.
Mondi differenti corrispondono a storie differenti. Tutti gli oggetti possono trovarsi in posti differenti e se sono nello stesso posto appartengono anche alla stessa storia. Non posso avere esperienza di questo, ma posso crederlo. Se ricordo di aver fatto un particolare esperimento quantistico, con la convinzione di fare un esperimento con un certo esito ed un altro con un esito diverso, io sono abbastanza sicuro che c’è un altro me in un mondo parallelo. Questo mondo che osservo non è più reale di un altro.
Che cosa vuole dire IO nell’ambito della MWI? Come posso ancora parlare della mia identità?
Lev Vaidman: Nel linguaggio usuale io sono definito in maniera molto precisa: io sono un oggetto macroscopico, definito in un particolare momento di tempo, attraverso una descrizione completa e classica dello stato del mio corpo e del mio cervello. Ma nell’interpretazione dei Molti Mondi quello che io sono ora, tra qualche minuto, quando farò l’esperimento quantistico, si dividerà in due IO, che avranno in comune solo il ricordo di quel momento e del prima, non il futuro. Ora che senso ha dire che ci sarà un altro IO o chiedersi quale dei due IO mi apparterrà di più? Già in questo momento ci sono molti Lev in molti mondi diversi e neppure la loro somma rappresenta il concetto di IO, benché io corrisponda a tutti quei Lev. E’ chiaro che in quest’ottica si deve abbracciare la critica al concetto di identità personale.
Qual è in questa teoria il ruolo della dimensione temporale?

Lev Vaidman: Nella meccanica quantistica, il tempo è un parametro, e si comporta senza proprietà particolari. E’ lo stesso tempo per questo grande Universo fisico e per ciascuna parte di questo Universo rappresentato dai Molti Mondi. Se voglio andare a una teoria fisica più generale che tenga conto ad esempio della gravità quantistica e comunque voglia rispondere anche ad altre domande, in questo caso dovrei cambiare il mio atteggiamento nei confronti del tempo. Ma nel quadro della meccanica quantistica e dell’interpretazione dei Molti Mondi il tempo non è un problema. Nella meccanica quantistica c’è un tempo che va da meno infinito a più infinito, ed è rilevante per la funzione d’onda associata a tutto l’Universo. La funzione d’onda è decomposta, secondo un certo criterio, in tanti rami che corrispondono ai diversi mondi. E quindi quello che succede col tempo è che alcuni di questi rami si dividono ulteriormente. Ci saranno pertanto alcuni mondi che nascono in un particolare momento e che non esistono in un altro momento. Il collasso è una separazione di mondi. Nel momento del collasso ciascuno di questi mondi inizia la sua evoluzione a partire da quel momento.
Risulta difficile capire il peso delle nostre scelte in un Universo in cui tutti i risultati possibili (o quasi) accadono. Quale metro di valutazione resta per indirizzare i nostri comportamenti?

Lev Vaidman: In effetti ci si può domandare come dovrebbe agire chi crede nella teoria dei Molti Mondi. Di fatto in questa teoria il concetto di probabilità non ha significato perché tutte le possibilità avvengono: si tratta di una teoria deterministica, non c’è casualità né ignoranza (i due elementi che definiscono la probabilità). Questo potrebbe portare ad un comportamento del tutto irrazionale o all’incapacità di compiere delle scelte. A mio parere la questione va risolta introducendo il concetto di misura di esistenza. In un qualsivoglia esperimento quantistico, pur nella convinzione che tutti i risultati si verificheranno, si può definire l’incidenza di un risultato rispetto a quella di un altro.
Un risultato con una maggiore incidenza corrisponderà ad un mondo con una maggiore misura di esistenza. Abbiamo già detto che io sono strettamente legato a tutti i miei “successori” che si divideranno a seguito di un esperimento quantistico. Questo vuol dire che dovrò preoccuparmi della sorte che toccherà a tutti i Lev dei mondi che si creeranno proporzionalmente alla loro misura di esistenza. Cercherò di favorire il mondo con misura di esistenza più grande, senza però dimenticarmi dei mondi meno importanti.
Non si torna così a reintrodurre di fatto il concetto di probabilità?

Lev Vaidman: C’è una seria difficoltà con il concetto di probabilità nel contesto della MWI. In una teoria deterministica, quale è la MWI, il solo possibile significato di probabilità è una probabilità di ignoranza, ma non ci sono informazioni rilevanti delle quali un osservatore che si sta accingendo a fare un esperimento quantistico sia ignorante. Non ha senso domandare quale probabilità ci sia che il risultato sia A o B, perché io corrisponderò ad entrambi i Lev: quello che osserva il risultato A e quello che osserva il risultato B. Ho tentato di risolvere il problema costruendo una probabilità di ignoranza nel quadro della MWI. I mondi che si creano a seguito di un esperimento quantistico, si formano prima che l’osservatore si accorga del risultato. Ciò diventa più comprensibile nel caso in cui all’osservatore venga dato un sonnifero immediatamente prima dell’esperimento.
Quando si sveglia certamente l’osservatore si troverà di fronte al risultato A o al risultato B, ma prima di aprire gli occhi sarà ignorante riguardo a questo fatto nel momento in cui gli viene posta la domanda. Ora la “probabilità” di un risultato di un esperimento quantistico è proporzionale al totale delle misure di esistenza di tutti i mondi che si realizzano. Così posso definire la probabilità di un risultato di un esperimento quantistico, che deve essere ancora fatto, come la probabilità di ignoranza del successore di Lev riguardo all’essere in un mondo con un particolare risultato. L’argomento del sonnifero non riduce la probabilità di un risultato di un esperimento quantistico al concetto usuale di probabilità del contesto classico. La situazione quantistica è fondamentalmente differente.
L’argomento semplicemente spiega il principio di comportamento al quale uno sperimentatore si deve affidare: agire come se ci fosse una certa probabilità per risultati diversi. Dal momento che, come si è detto, lo sperimentatore è strettamente legato a tutti i suoi successori e, tutti loro vivranno come rilevante ogni risultato della scelta dello sperimentatore.
Esiste la possibilità di un collegamento tra i Molti Mondi? E qualora fosse possibile si tratterebbe di una connessione locale o non-locale?

Lev Vaidman: Per le situazioni pratiche i mondi, dal punto di vista macroscopico, sono mondi diversi e quindi evolveranno separatamente. Solo teoricamente è possibile costruire un esperimento gedanken in cui riunire i mondi. Per farlo sarebbe necessario causare un’ulteriore divisione tra questi mondi. Poniamo di avere i mondi A e B. Dovremmo dividere il mondo A in C e D e dividere il mondo B in C e in un qualsiasi altro mondo. Almeno un mondo dovrebbe essere comune. Allora i due mondi separati potrebbero fare interferenza. Il problema è che, però, nel caso degli oggetti macroscopici separati è estremamente difficile, per non dire attualmente impossibile, farli interferire. Se abbiamo avuto successo fino ad oggi a stabilire interferenza, ciò è stato possibile solo con molecole che sono composte al massimo da 70 atomi.
Un corpo macroscopico ha 1020 atomi. Comunque ipotizzando di poter fare interferire due oggetti macroscopici, bisogna ricordare che il singolo mondo è un concetto non locale, mentre l’Universo è locale. Avremmo bisogno di portare un oggetto macroscopico in un punto comune in ciascuno dei due mondi. Proprio qui dovrebbe avvenire l’ulteriore separazione. Ciascun atomo, e molecola, dei due oggetti macroscopici dei due mondi dovrebbe mantenere la stessa posizione. Questo processo avverrebbe in tutta la zona in cui l’oggetto esiste e quindi anche localmente tutti i punti dovrebbero essere uguali. Quando si dividono due mondi dal punto di vista dell’Universo c’è un forte effetto entanglement, perché tutte le particelle che erano presenti nello stesso punto, sono ora separate.
Tutte le particelle del corpo sono “intrecciate” (entangled) alle loro corrispondenti e noi abbiamo bisogno di separarle nuovamente. Questo entanglement deve essere distrutto almeno in un ramo per tornare allo stesso mondo, per creare interferenza tra i mondi. Se voglio tornare ad un solo mondo devo ripercorrere il processo al contrario, attuando una evoluzione che riporti i due mondi al punto iniziale.
Il suo approccio è senz’altro molto ortodosso e legato alla forza del formalismo matematico, ma ugualmente si spinge in regioni in cui il limite tra scienza e filosofia è molto labile. Quale la relazione tra fisica e metafisica?

Lev Vaidman: In effetti ci muoviamo lungo questo limite. La mia ricerca ha a che fare con la metafisica, che non considero una brutta parola. Quando ragioniamo in termini di MWI, se pur descrivendo una realtà apparentemente lontana dal nostro modo di vedere il mondo, riusciamo a spiegare esperienze e paradossi che altrimenti restano inspiegabili. E riusciamo a farlo attraverso un formalismo matematico, il più economico ed elegante possibile.

05 ottobre 2007

Il nuovo signoraggio virtuale


Mentre la guerra tra i poteri della disinformazione e informazione continua, tenendo così occupati i complottisti e i globalizzati, un nuovo sistema di controllo delle menti sta entrando nel tessuto della società. È il mondo della cybernetica, che, schedando le nostre identità all’interno di elaboratori per immetterli in un sistema elettronico per controllarli, è la base dell’attuale struttura governativa degli organismi sovranazionali, come il FMI, OMC e la UE, ossia delle entità che detengono il potere politico-economico del mondo intero.
La catalogazione, la classificazione, le schedature, servono a creare i database, dopodichè il crimine e il segreto, che rappresentano così i presupposti per accerchiare il potere e manipolarlo in funzione degli interesse economici delle lobbies. I media, in tale contesto, fungono da strumento per accreditare dei personaggi e delle strutture, fare opera di convincimento sulle masse, e creare intorno a loro un mondo fatto di usura, di terrore e di problemi, mentre tutta la nostra storia va a disintegrarsi nei circuiti informatici gestiti da multinazionali e da centri misteriosi nascosti sotto la voce Statistica.

Oggi è in atto un’ immensa trasformazione, le carte costituzionali vengono riscritte per far posto alla nuova bibbia, che si presenta come “la legge delle nuove tecnologie” , ossia il codice di una generazione non più basata sull’essere, bensì sul non essere, perchè saremo virtuali e trasportati sulla rete. La rete sarà descritta come un sistema rivoluzionario, all’avanguardia, ma al suo interno di nasconderà uno specchio, dietro al quale qualcuno maneggerà i fili per dirci ciò che vogliamo sentirci dire. È questa la politica della rete e delle strategie internettistiche. Ci diranno che sarà meno costoso, che sarà tutto più sicuro, garantito dalle certificazioni virtuali e dalle licenze; avremo così un nuovo vocabolario in cui i nostri dialetti scompariranno sotto l’effetto della disumanizzazione, avremo nel mondo intero un unico pensiero.

In questo nuovo mondo continuerà ad esistere l’ usura, quello che noi oggi definiamo come signoraggio, in quanto vi sarà sempre uno strumento che consentirà di assumere il controllo delle masse, sia dal punto di vista economico che politico. Il suo significato tuttavia cambierà e si tradurrà nel valore che tutti dovremo pagare per accesso alla rete, per cui sarà quantificato in termini di dati che riusciremo a trasmettere o ad acquisire. Non vi sarà più bisogno di stampare la moneta, perchè la banca e il sistema delle telecomunicazione diventeranno una cyberbank dove sarà la massa a garantire il controvalore: tutti i meccanismi e le operazioni saranno chiusi e ben determinati in un modo che noi saremo obbligati a pagare tutto tramite un sistema cybernetico, come già è stato stabilito per le utenze e le tasse. Le prove tecniche sono state già effettuate, e il mondo quotidiano virtuale che noi viviamo, attraverso i forum, le community e i primi esperimenti di rete all’interno del web, rappresentano delle simulazioni sulle quali un giorno saranno creati le strutture sociali. Dunque, i blog saranno centri di discussione di una legge o di un provvedimento per poi trasformarsi in vere piazze virtuali per fare propaganda o comizi politici, i forum saranno luoghi virtuali per scrivere delle leggi, i portali di e-commerce saranno i nostri punti di e-business: l’intero sistema sociale e economico sarà innestato su sistemi informatici.
Si pensi, a titolo d’esempio a Wikipedia, o meglio al progetto che sta portando avanti la Nuova Zelanda di redigere un testo di legge mediante una “pagina wiki” per realizzare la cosiddetta democrazia partecipativa. In realtà è bene sapersi che queste strutture informatiche verticali creano degli utenti sintetici, ossia identità virtuali manipolate dal gestore del sistema o da veri e propri software che hanno il ruolo di dirigere la discussione dove la si vuole portare, magari ridicolarizzando soggetti che possono turbare il forum oppure accreditando teorie assurde e inverosimili. Esistono attualmente dei programmi in grado di creare i cd. utenti sintetici, in uso già da molto tempo - come su Ebay - che devono deviare l’attenzione o creare delle distorsioni, simulando l’esistenza di veri utenti dietro quel computer. Tuttavia la rete non è Skype o l’internet, la rete siamo noi, ossia essere umani che potranno cambiare il loro sistema sul quale far viaggiare informazioni e servizi, ma restano pur sempre simboli di diritti inalienabili.

Questa evoluzione ci porterà inevitabilmente in un mondo in cui i nostri sentimenti scompariranno, e dove avverrà una completa disumanizzazione, diventeremo dei codici a barre o degli indirizzi ID, a cui corrisponderanno delle coordinate all’interno dei grandi database. Per avere una vaga idea di cosa ci stia aspettando, si pensi a quanto accaduto nel Michigan, dove 35.000 impiegati statali restano a casa per la chiusura degli uffici governativi che non erano più in grado di far fronte ai deficit. Gli uffici amministrativi e di servizi, pubblici o privati, si trasformeranno ben presto in uffici virtuali, e ogni impiegato in un operatore. Invitiamo dunque tutti a riflettere solo un momento su questo, cercando di non guardare il problema, bensì la soluzione: Etleboro è costruita in modo tale da far rimanere tutti uniti, per non avere paura di nessuno, delle insidie del nuovo mondo cybernetico, della diffamazione gratuita e per proteggersi dagli “invisibili”, ossia i nemici che tutti cercano di combattere. Etleboro è solo una parte di quella che è la Tela, è il frutto di tale universo, pensato come un sistema distributivo di informazione e come base della nostra conoscenza.

Oggi si discute sulla creazione di una carta dei diritti di internet, garantita da “un altro garante Onu per internet” , ossia un documento che dovrà sancire sopra ogni altra cosa come diritto inalienabile “l’accesso alla rete, alle informazioni sul web, alla partecipazione virtuale, ma anche alla privacy e alla sicurezza” . Questo è quanto è emerso durante il Dialogue Forum on Internet Rights organizzato dal Governo italiano, che ha, sopra di ogni altra cosa, sottolineato l’importanza dell’accesso alla rete, come lo stesso Walter Veltroni dichiara: “internet è un bene comune come l’acqua, l’aria e il mare, ma senza confini territoriale“. Sono tante belle parole, che ricordano molto l’enfasi delle carte costituzionali, e come le costituzioni, sono fatte per essere disattese o ignorate, sono i principi “giusti” che non vengono rispettati perché contrari alle leggi di mercato che vuole utili e guadagno.
La Costituzione recita che “tutti gli uomini sono liberi”, ma di fatto non lo sono perché schiavizzati da un sistema che ti usura per poter sopravvivere: in realtà avrebbero dovuto scrivere che “tutti gli uomini hanno il diritto di mangiare”, per impedire che muoiano o che siano schiavizzati. Potranno anche scrivere la loro Magna Carta dell’Internet dell’ONU, ma lo faranno ben sapendo che non tutti potranno avere accesso alla rete, se non ne hanno la possibilità. L’accesso alla rete sarà come l’accesso all’acqua, chi non l’avrà morirà, a questo si ridurrà la nostra umanità, combattuta tra l’essere nella rete e l’esserne fuori.

Oggi nessuno ha il diritto di eleggersi profeta m perché colui che lo fa vuole essere dietro lo specchio e manovrare i destini dei propri “utenti”, le loro menti per avere un proprio ritorno. I nostri politici non possono più rappresentarci, sono solo dei semplici attori, e forse è questo il motivo per cui la California ha deciso di avere Arnold Schwarzenegger , come allora fu con Ronald Regan; così in Italia avremo almeno un comico. Molti di loro parlano di Internet, profetizzano teorie e promuovono un sistema politico basato sulla rete, ma in realtà non sanno di cosa parlano. Questo perché dovrebbero cominciare ad aprire i libri e studiare, per capire chi è il nostro Signor Internet, e qual è la società a cui noi andiamo incontro.

M. Altamura

04 ottobre 2007

BANCA CENTRALE EUROPEA e i suoi legami con la MASSONERIA


Ovvero: "Paperinik e il sospetto di Ciccio"

L’editoriale del numero scorso sulle anomalie giuridiche della Banca d’Italia [La Banca d'Italia, ovvero il secondo tragico Fantozzi e la corazzata Potemkin] ha riscosso vari commenti e per questo motivo anche in questo numero ci occupiamo di anomalie del sistema bancario, in particolare della BCE.

Prima però parliamo di fumetti.

Questa estate mi sono dedicato a letture molto produttive e ho riletto un fumetto cult della mia infanzia. In una delle storie più divertenti, Zio Paperone, Paperino e le Giovani marmotte vanno sull’Isola di Pasqua per cercare di svelare un mistero che è rimasto insoluto da secoli: quello della misteriosa iscrizione sui giganti di pietra dell’Isola di Pasqua, ove compare un’incisione “ESSOF IK EGGEL” che da secoli scienziati di tutte le categorie non riescono a svelare. Sennonché la Giovani marmotte riescono finalmente a svelare il mistero grazie al manuale della giovani marmotte. (NdA: Il significato della frase è: Fesso chi legge).

Un’altra storia molto carina è quella che si intitola “Paperinik e il sospetto di Ciccio”, ove Ciccio, il nipote di Nonna Papera, aveva il “leggerissimo” sospetto che Paperinik fosse in realtà Paperino e quindi quest’ultimo faceva di tutto per sviare questi assurdi sospetti.

La cosa che mi faceva ridere è che Paperino e Paperinik avevano la stessa faccia, un po’ come Superman e Clark Kent, però nessuno mai aveva pensato a questo scambio di identità.

Negli stessi mesi, quando passavo a lettura più serie, i settimanali e le cronache sono state occupate anche da due vicende giudiziarie inerenti la massoneria.

Queste inchieste hanno fatto poi partire la consueta polemica, che ciclicamente si presenta alla stampa, cioè quella sulla legittimità o meno di questa istituzione, cosa su cui non mi voglio soffermare perché il problema è complesso, e non è questo il luogo e la sede.

Mi è però venuto da sorridere quando ho letto su un giornale di “misteriosi legami tra banche e massoneria”. Non riesco a capire cosa ci sia di misterioso, infatti, e questo enigma mi ha fatto fare un parallelo con quello dell’Isola di Pasqua, o della vera identità di Paperinik.

Nello scorso editoriale abbiamo parlato della Banca D’Italia. Parliamo oggi della Banca Centrale Europea. Chi è esperto di diritto bancario, o di diritto europeo, sa che la BCE è l’organo della UE formato dalle banche centrali degli stati europei.

Tuttavia tra i partecipanti al capitale figura anche la Banca d’Inghilterra. E tale banca ha una partecipazione di non poco conto: il 16 per cento, cioè una percentuale addirittura più alta di quella della Banca d’Italia o della banca centrale spagnola. A questo punto uno si domanda perché la Banca d’Inghilterra debba avere partecipazioni in una Banca che teoricamente dovrebbe essere partecipata solo dai paesi dell’area euro. E soprattutto: come è possibile che essa abbia addirittura più potere di altre banche centrali dell’area euro?

Dal momento che la BCE determina la politica monetaria europea, e quindi dalle sue decisioni dipendono fondamentali rapporti di forza economica con gli altri stati del mondo, è assai strano che la Banca centrale di un paese estraneo possa influenzare le sorti dei paesi dell’area Euro.

Andando sul sito ufficiale della Banca d’Inghilterra si apprende che i dirigenti della Banca d’Inghilterra sono nominati dalla Corona.

Conclusioni: la corona inglese ha il potere di influenzare la politica economica europea.

Per cercare di risolvere il mistero, vado a vedere cosa dicono i manuali istituzionali per vedere se sono spiegate le ragioni giuridiche di questa stranezza.

Digesto delle discipline pubblicistiche UTET. Questo dovrebbe essere un testo istituzionale, una specie di Bibbia del diritto pubblico. Risultato: niente. Non esiste una voce Banca centrale europea, in compenso nel volume che contiene la lettera B trovo delle voci senz’altro di grandissimo interesse per il giurista come Barbiere e Parrucchiere, nonché Banca Islamica. La BCE è contenuta all’interno della voce “Istituzioni comunitarie”, al paragrafo 29, per un totale di una colonna e qualche riga. Evidentemente si è ritenuto che per il giurista non sia importante sapere come funziona l’organo che detiene il potere di emettere moneta e quindi nessun cenno ai partecipanti al capitale di questo organo. In compenso mi domando il motivo per cui dovrebbe essere interessante per un giurista consultare le seguenti singole voci dello stesso volume A-C: Cacao e cioccolata; Burro strutto e margarina; “Caffè” e finanche “Chierici”.

Passo allora al Trattato di diritto amministrativo diretto da Sabino Cassese. Niente.

Passo alle riviste. Vediamo una delle più autorevoli, Foroeuropa, edita dal Poligrafico dello stato con il patrocinio del parlamento Europeo. Ricerca per estremi: Nulla.

Vado alla ricerca della soluzione del problema sulle altre enciclopedie giuridiche.

E così via.

Insomma, la ragione dell’interferenza della banca d’Inghilterra nella Banca Centrale Europea, che in fondo si sostanzia in una vera e propria cessione di sovranità ad uno stato estero, non giustificata da alcuna norma costituzionale o di altro tipo, ce la dobbiamo cercare da soli.

Chi fosse esperto di massoneria, intendendo con tale aggettivo non un investigatore o un magistrato al corrente di chissà quali oscuri segreti, ma semplicemente una persona che si informa di ciò che della massoneria è ufficiale, nei siti e/o nei dizionari ufficiali massonici, saprebbe che per tradizione storica la corona inglese è anche al vertice della Loggia Madre d’inghilterra. Nei secoli quindi il Re d’Inghilterra è sempre stato anche al vertice della massoneria mondiale. Come dire, il vertice della massoneria mondiale controlla la Banca più potente del mondo, che controlla a cascata tutte le altre banche mondiali, BCE e Federal Reserve compresa.

Quindi viene da sorridere quando magistrati e/o politici parlano di “misteriosi” rapporti tra banche e massoneria.

La cosa è talmente nota che ultimamente all’università di Napoli è stata addirittura presentata una tesi di laurea su questi problemi. ( La tesi si trova on line su www.tesionline.it)

Dove sia questo “mistero” francamente io non lo vedo; mi pare, appunto, il sospetto di Ciccio.

Credo invece che il vero mistero sia un altro, questo sì, inquietante e irrisolvibile: perché sulle enciclopedie del diritto non hanno ritenuto di dedicare una voce alla BCE, ma hanno ritenuto degne di interesse la voce Burro, strutto e margarina? Quali oscure trame si nascondono dietro la scelta di inserire “Cacao e cioccolata” in un Digesto? E la voce “Aceto”?

Inoltre altre domande inquietanti si profilano all’orizzonte. Perché non esiste una voce sulla Nutella?

Questi sono i veri misteri d’Italia.

Per capire il problema del regime giuridico delle banche centrali, invece, non è necessaria una voce del Digesto, e probabilmente è per questo che non è stata inserita, ma la lettura attenta degli albi di Topolino sopra citati, o della tesi di laurea citata.

P.S. Lo so. Gli editoriali dei numeri scorsi erano più divertenti e questo non fa proprio ridere. Il punto è che con questi argomenti c’è poco da scherzare ma questo editoriale contiene un messaggio in codice, come nelle statue dell’isola di Pasqua. E prometto che dal prossimo editoriale torno a parlare di danno esistenziale, causa del contratto, ecc…

Fonte: http://www.altalex.com/

07 ottobre 2007

Gli universi paralleli: le prove!


La notizia apparsa sul New Scientist Magazine a fine settembre attesta che non c'è più alcun dubbio, nuove prove matematiche spazzano via le ultime obiezioni in merito alla realtà di molti universi o mondi paralleli definita da alcuni: ripugnante per il senso comune. Il Dr Deutch, sempre di Oxford, aveva già dimostrato matematicamente che la struttura simile ad un cespuglio dagli innumerovoli rami creata dall'universo che si separa in altrettante versioni parallele di se stesso può spiegare al meglio la natura probabilistica del risultato quantistico. Questa dimostrazione finora attaccata ha trovato conferma rigorosa grazie a David Wallace e Simon Saunders che hanno dichiarato: "Abbiamo chiarito gli ultimi punti oscuri e siamo giunti ad un ben chiaro verdetto che ci porta ad affermare con autorevolezza che il lavoro di Everett funziona". Secondo l'audace osservazione di Everett infatti l'universo è in costante ed eterna divisione, quindi non c'è nessun collasso d'onda (o di realtà) bensì ogni possibile risultato a seguito di una misurazione sperimentale accade in un diverso universo parallelo.
Ogni volta che c'è un evento a livello quantistico - il decadimento di un atomo radioattivo - per esempio, o una particella di luce che avvolge la retina - si suppone che l'universo si divida in tanti universi o mondi differenti. A questo proposito Scienza e Conoscenza N° 18 ha intervistato l'estate scorsa Lev Vaidman, una delle autorità mondiali del settore. Da allora, le ultime scoperte sembrano sottrarre completamente la teoria dei "molti mondi" dalla sfera metafisica per farla entrare a tutti gli effetti tra i più importanti sviluppi del mondo della scienza.
Per il linguaggio, anche per il più poetico, è difficile spiegare un paradosso, per un’equazione matematica no. Chi si ricorda il film Sliding doors? Un rompicapo fantasioso? Non si direbbe. Secondo la matematica quantistica sembra facilmente inscrivibile in un’equazione, tra le più scientifiche.
Questa intervista ci permette candidamente di scivolare nella sobrietà e eleganza matematiche dei molti mondi, verso un’interpretazione della meccanica dei quanti degna di una pellicola hollywoodiana. E, di una scuola scientifica, tra le più ortodosse.
Provate ad immaginare: vi trovate di fronte a una scelta da compiere e qualcosa, magari una telefonata o un ingorgo stradale, interviene a farvi intraprendere una strada piuttosto che un’altra. Immaginate che in quel preciso momento il vostro mondo si divida in due, uno stesso passato e due futuri, chissà anche molto diversi. Immaginate che questo capiti molte e molte volte e che una miriade di mondi popolino il nostro Universo. Ricorda molto la trama di un film, ma questa è la conseguenza esperienziale di una rigorosa teoria matematica, la Teoria dei Molti Mondi, appunto. Si tratta di un’interpretazione della meccanica quantistica di cui il fisico israeliano di fama internazionale Lev Vaidman, che abbiamo intervistato durante un suo soggiorno in Italia, è uno dei più importanti sostenitori. Con lui abbiamo parlato dell’origine e degli sviluppi, della forza e delle debolezze di una teoria che riesce a conservare il formalismo originario della fisica dei quanti eliminando il più problematico dei suoi postulati: il collasso d’onda.
SeC: La Teoria dei Molti Mondi non è nuova, il primo a introdurla fu Hugh Everett nel 1957. Ma la sua popolarità tra i fisici sta crescendo solo di recente. Forse è bene ricordare ai lettori di cosa parliamo. Cosa si intende con Many-Worlds Interpretation (MWI)?
Lev Vaidman: Si intende una teoria fisica, in grado di dare spiegazione della nostra esperienza con un formalismo matematico molto “economico” ed elegante, che non cambia le leggi di base della meccanica quantistica. L’idea che sta alla base è quella dell’esistenza di miriadi di mondi nell’Universo in aggiunta al mondo che percepiamo. Questi mondi prendono inizio ogni volta che avviene un esperimento quantistico, in un laboratorio di fisica come nella vita di tutti i giorni. L’esperimento, ad esempio lo sfarfallio incerto di una luce al neon, ha diversi risultati possibili, la cui probabilità si dice non-zero. Noi ci accorgiamo unicamente del verificarsi di uno dei risultati possibili, quello che si avvera nel mondo che osserviamo (la luce si accende in un determinato momento), ma secondo la MWI tutti i risultati possibili si realizzano, ognuno in un mondo differente. In tal senso questa interpretazione della meccanica quantistica si può dividere in due parti: una teoria matematica rigorosa e una spiegazione delle nostre esperienze alla luce di questa teoria e in correlazione con il concetto di stato quantico dell’Universo, ossia della funzione d’onda che lo descrive.
Perciò è dalla teoria matematica che prende le mosse l’interpretazione dei Molti Mondi. Lei la definisce una teoria estremamente economica ed elegante. Da che cosa è nata l’esigenza di un nuovo formalismo matematico?

Lev Vaidman: E’ importante comprendere il fatto che il formalismo della meccanica quantistica, le equazioni quantistiche, danno una rappresentazione della realtà che corrisponde a quella dei molti mondi. Una realtà nella quale in un esperimento quantistico tutti i risultati possibili si avverano. Questo è stato chiaro fin dagli inizi della fisica dei quanti, ma l’idea è sempre stata considerata tanto assurda e in palese contraddizione con l’osservazione sperimentale da pretendere l’introduzione del postulato del collasso: l'esito di un esperimento quantistico non è determinato dalle condizioni iniziali dell'Universo prima dell'esperimento, ma solo le probabilità sono governate dallo stato iniziale. Ecco “spiegato” il perché osserviamo l’avverarsi di uno solo dei risultati possibili.
Nel corso degli anni i fisici sono stati, però, molto scontenti di questo postulato e hanno provato a risolvere il problema modificando oppure aggiungendo qualcosa alla meccanica quantistica (definendo il collasso come un effetto casuale genuino, o introducendo l’ontologia delle traiettorie della particella bohmiana). Dal mio punto di vista questi tentativi non hanno avuto molto successo. Al contrario la teoria dei Molti Mondi si presenta come una proposta per rimanere fedeli alla meccanica quantistica, così come è nata originariamente senza bisogno del postulato del collasso, e quindi consente di ammettere le conseguenze filosofiche di questa teoria, ossia che ci siano mondi paralleli in ognuno dei quali si avvera uno e uno solo dei possibili risultati di un esperimento quantistico. Non ci sono evidenze sperimentali in favore della teoria del collasso e contro la teoria dei Molti Mondi. La MWI è una teoria deterministica per un universo fisico e spiega perché il (o, meglio, un) mondo appare non deterministico agli osservatori umani.
In base a che cosa si crea un nuovo mondo? Ossia, qualsiasi possibilità si trasforma in un mondo e quindi si realizza?

Lev Vaidman: Non tutti i mondi che si possono immaginare esistono. Quando si costruisce un esperimento quantistico c’è una probabilità non-zero che ci sia un insieme di risultati. Quello che sappiamo è che ci sarà una separazione in un numero di mondi pari al numero di possibili esiti che vengono associati a questo esperimento. Per proseguire nell’esempio di prima, potrà accadere che io sia condizionato da una luce al neon rotta che si accende e si spegne, e questo evento potrà cambiare o ritardare una mia scelta. Questo è un evento quantistico e provocherà una separazione e la nascita di mondi distinti. Perché avvenga questa separazione abbiamo bisogno di una situazione fisica particolare che ne sia causa.
La meccanica quantistica ci assicura che ci sono un certo numero di esiti per un esperimento, ma non ci assicura del fatto che io sia sufficientemente forte o sufficientemente convinto di dare atto a qualcosa, pur se nell’esperimento i diversi esiti sono previsti. Se non sono sicuro di poter dividere il mio mondo in due strade distinte, probabilmente io non darò seguito all’esistenza di entrambe queste strade. Quello che io non posso fare è fermare questo dispositivo quantistico e gli esiti che può dare.
Si tratta senz’altro di comprendere un nuovo significato dei termini fondamentali utilizzati per descrivere l’Universo dal punto di vista della MWI. Cerchiamo di capire più a fondo: che cos’è Un Mondo e dove si collocano i Molti Mondi?

Lev Vaidman: La fisica descritta dall’equazione di Schrödinger, che riassume il formalismo dei Molti Mondi, dovrebbe mettere in connessione l’interpretazione matematica con la nostra esperienza. Ma, in effetti, non esiste un linguaggio adeguato ed è perciò necessario aggiungere delle spiegazioni. Per definire Un Mondo nella MWI si può far ricorso alla definizione basata sul comune punto di vista condiviso dagli esseri umani: Un Mondo è la totalità degli oggetti macroscopici in uno stato definito, descritto classicamente. Ciò, però, non implica che Un Mondo possa essere descritto come “tutto ciò che esiste”, perché “tutto ciò che esiste” è l’Universo tridimensionale, il solo Universo fisico che esiste. L’ontologia di questo Universo in termini di meccanica quantistica è uno stato quantistico.
Viene frequentemente chiamato come funzione d’onda quantistica e questa funzione d’onda quantistica è lo spazio delle configurazioni. Lo spazio delle configurazioni è la moltiplicazione dello spazio usuale per molte variabili, molte particelle. Quindi c’è ancora un significato per il nostro spazio normale tridimensionale, possiamo chiederci che cosa sta succedendo in una particolare area, in un particolare spazio. Ma siccome ugualmente le particelle che ci sono in questa zona possono essere intrecciate, entangled, con le particelle di un’altra zona, dunque non ci potrà essere una descrizione di una particolare area in termini di stato puro quantistico. Per la fisica la località è molto importante. Se tu fai qualcosa in un posto, niente potrà cambiare in un altro. Questo è a livello dell’universo fisico.
Questi mondi di fatto sono una particolare decomposizione della funzione d’onda dell’Universo. Non sono locali perché sono presenti dappertutto. Dove si collocano i Molti Mondi? Stanno tutti nel nostro spazio tridimensionale e vivono in parallelo. Ogni parte della funzione d’onda sente tutto lo spazio. E ce ne sono alcuni che tra loro sono davvero molto differenti.
Quanto differenti? Non posso trattenermi dal domandare se in uno degli altri mondi io potrei essere completamente diversa da quella che sono in questo mondo.

Lev Vaidman: Ognuno di noi può esistere in un mondo e non esistere in un altro e quindi presentarsi o meno come osservatore di questo mondo. Ci può essere un particolare evento quantistico per il quale questo osservatore viene creato mentre in un altro mondo non lo sarà. Potrebbe essere un evento quantistico che cambia il mio percorso da un punto a un altro. In uno di questi mondi incontro una donna e metto al mondo dei figli, mentre in un altro non lo faccio o lo faccio in un momento molto posteriore. Quando, un osservatore compie una qualsiasi misura abbiamo una divisione in due storie diverse. Se possiamo inserire queste storie diverse nella funzione d’onda più generale abbiamo, allora, più mondi diversi. Di fatto un mondo è una particolare storia.
Mondi differenti corrispondono a storie differenti. Tutti gli oggetti possono trovarsi in posti differenti e se sono nello stesso posto appartengono anche alla stessa storia. Non posso avere esperienza di questo, ma posso crederlo. Se ricordo di aver fatto un particolare esperimento quantistico, con la convinzione di fare un esperimento con un certo esito ed un altro con un esito diverso, io sono abbastanza sicuro che c’è un altro me in un mondo parallelo. Questo mondo che osservo non è più reale di un altro.
Che cosa vuole dire IO nell’ambito della MWI? Come posso ancora parlare della mia identità?
Lev Vaidman: Nel linguaggio usuale io sono definito in maniera molto precisa: io sono un oggetto macroscopico, definito in un particolare momento di tempo, attraverso una descrizione completa e classica dello stato del mio corpo e del mio cervello. Ma nell’interpretazione dei Molti Mondi quello che io sono ora, tra qualche minuto, quando farò l’esperimento quantistico, si dividerà in due IO, che avranno in comune solo il ricordo di quel momento e del prima, non il futuro. Ora che senso ha dire che ci sarà un altro IO o chiedersi quale dei due IO mi apparterrà di più? Già in questo momento ci sono molti Lev in molti mondi diversi e neppure la loro somma rappresenta il concetto di IO, benché io corrisponda a tutti quei Lev. E’ chiaro che in quest’ottica si deve abbracciare la critica al concetto di identità personale.
Qual è in questa teoria il ruolo della dimensione temporale?

Lev Vaidman: Nella meccanica quantistica, il tempo è un parametro, e si comporta senza proprietà particolari. E’ lo stesso tempo per questo grande Universo fisico e per ciascuna parte di questo Universo rappresentato dai Molti Mondi. Se voglio andare a una teoria fisica più generale che tenga conto ad esempio della gravità quantistica e comunque voglia rispondere anche ad altre domande, in questo caso dovrei cambiare il mio atteggiamento nei confronti del tempo. Ma nel quadro della meccanica quantistica e dell’interpretazione dei Molti Mondi il tempo non è un problema. Nella meccanica quantistica c’è un tempo che va da meno infinito a più infinito, ed è rilevante per la funzione d’onda associata a tutto l’Universo. La funzione d’onda è decomposta, secondo un certo criterio, in tanti rami che corrispondono ai diversi mondi. E quindi quello che succede col tempo è che alcuni di questi rami si dividono ulteriormente. Ci saranno pertanto alcuni mondi che nascono in un particolare momento e che non esistono in un altro momento. Il collasso è una separazione di mondi. Nel momento del collasso ciascuno di questi mondi inizia la sua evoluzione a partire da quel momento.
Risulta difficile capire il peso delle nostre scelte in un Universo in cui tutti i risultati possibili (o quasi) accadono. Quale metro di valutazione resta per indirizzare i nostri comportamenti?

Lev Vaidman: In effetti ci si può domandare come dovrebbe agire chi crede nella teoria dei Molti Mondi. Di fatto in questa teoria il concetto di probabilità non ha significato perché tutte le possibilità avvengono: si tratta di una teoria deterministica, non c’è casualità né ignoranza (i due elementi che definiscono la probabilità). Questo potrebbe portare ad un comportamento del tutto irrazionale o all’incapacità di compiere delle scelte. A mio parere la questione va risolta introducendo il concetto di misura di esistenza. In un qualsivoglia esperimento quantistico, pur nella convinzione che tutti i risultati si verificheranno, si può definire l’incidenza di un risultato rispetto a quella di un altro.
Un risultato con una maggiore incidenza corrisponderà ad un mondo con una maggiore misura di esistenza. Abbiamo già detto che io sono strettamente legato a tutti i miei “successori” che si divideranno a seguito di un esperimento quantistico. Questo vuol dire che dovrò preoccuparmi della sorte che toccherà a tutti i Lev dei mondi che si creeranno proporzionalmente alla loro misura di esistenza. Cercherò di favorire il mondo con misura di esistenza più grande, senza però dimenticarmi dei mondi meno importanti.
Non si torna così a reintrodurre di fatto il concetto di probabilità?

Lev Vaidman: C’è una seria difficoltà con il concetto di probabilità nel contesto della MWI. In una teoria deterministica, quale è la MWI, il solo possibile significato di probabilità è una probabilità di ignoranza, ma non ci sono informazioni rilevanti delle quali un osservatore che si sta accingendo a fare un esperimento quantistico sia ignorante. Non ha senso domandare quale probabilità ci sia che il risultato sia A o B, perché io corrisponderò ad entrambi i Lev: quello che osserva il risultato A e quello che osserva il risultato B. Ho tentato di risolvere il problema costruendo una probabilità di ignoranza nel quadro della MWI. I mondi che si creano a seguito di un esperimento quantistico, si formano prima che l’osservatore si accorga del risultato. Ciò diventa più comprensibile nel caso in cui all’osservatore venga dato un sonnifero immediatamente prima dell’esperimento.
Quando si sveglia certamente l’osservatore si troverà di fronte al risultato A o al risultato B, ma prima di aprire gli occhi sarà ignorante riguardo a questo fatto nel momento in cui gli viene posta la domanda. Ora la “probabilità” di un risultato di un esperimento quantistico è proporzionale al totale delle misure di esistenza di tutti i mondi che si realizzano. Così posso definire la probabilità di un risultato di un esperimento quantistico, che deve essere ancora fatto, come la probabilità di ignoranza del successore di Lev riguardo all’essere in un mondo con un particolare risultato. L’argomento del sonnifero non riduce la probabilità di un risultato di un esperimento quantistico al concetto usuale di probabilità del contesto classico. La situazione quantistica è fondamentalmente differente.
L’argomento semplicemente spiega il principio di comportamento al quale uno sperimentatore si deve affidare: agire come se ci fosse una certa probabilità per risultati diversi. Dal momento che, come si è detto, lo sperimentatore è strettamente legato a tutti i suoi successori e, tutti loro vivranno come rilevante ogni risultato della scelta dello sperimentatore.
Esiste la possibilità di un collegamento tra i Molti Mondi? E qualora fosse possibile si tratterebbe di una connessione locale o non-locale?

Lev Vaidman: Per le situazioni pratiche i mondi, dal punto di vista macroscopico, sono mondi diversi e quindi evolveranno separatamente. Solo teoricamente è possibile costruire un esperimento gedanken in cui riunire i mondi. Per farlo sarebbe necessario causare un’ulteriore divisione tra questi mondi. Poniamo di avere i mondi A e B. Dovremmo dividere il mondo A in C e D e dividere il mondo B in C e in un qualsiasi altro mondo. Almeno un mondo dovrebbe essere comune. Allora i due mondi separati potrebbero fare interferenza. Il problema è che, però, nel caso degli oggetti macroscopici separati è estremamente difficile, per non dire attualmente impossibile, farli interferire. Se abbiamo avuto successo fino ad oggi a stabilire interferenza, ciò è stato possibile solo con molecole che sono composte al massimo da 70 atomi.
Un corpo macroscopico ha 1020 atomi. Comunque ipotizzando di poter fare interferire due oggetti macroscopici, bisogna ricordare che il singolo mondo è un concetto non locale, mentre l’Universo è locale. Avremmo bisogno di portare un oggetto macroscopico in un punto comune in ciascuno dei due mondi. Proprio qui dovrebbe avvenire l’ulteriore separazione. Ciascun atomo, e molecola, dei due oggetti macroscopici dei due mondi dovrebbe mantenere la stessa posizione. Questo processo avverrebbe in tutta la zona in cui l’oggetto esiste e quindi anche localmente tutti i punti dovrebbero essere uguali. Quando si dividono due mondi dal punto di vista dell’Universo c’è un forte effetto entanglement, perché tutte le particelle che erano presenti nello stesso punto, sono ora separate.
Tutte le particelle del corpo sono “intrecciate” (entangled) alle loro corrispondenti e noi abbiamo bisogno di separarle nuovamente. Questo entanglement deve essere distrutto almeno in un ramo per tornare allo stesso mondo, per creare interferenza tra i mondi. Se voglio tornare ad un solo mondo devo ripercorrere il processo al contrario, attuando una evoluzione che riporti i due mondi al punto iniziale.
Il suo approccio è senz’altro molto ortodosso e legato alla forza del formalismo matematico, ma ugualmente si spinge in regioni in cui il limite tra scienza e filosofia è molto labile. Quale la relazione tra fisica e metafisica?

Lev Vaidman: In effetti ci muoviamo lungo questo limite. La mia ricerca ha a che fare con la metafisica, che non considero una brutta parola. Quando ragioniamo in termini di MWI, se pur descrivendo una realtà apparentemente lontana dal nostro modo di vedere il mondo, riusciamo a spiegare esperienze e paradossi che altrimenti restano inspiegabili. E riusciamo a farlo attraverso un formalismo matematico, il più economico ed elegante possibile.

05 ottobre 2007

Il nuovo signoraggio virtuale


Mentre la guerra tra i poteri della disinformazione e informazione continua, tenendo così occupati i complottisti e i globalizzati, un nuovo sistema di controllo delle menti sta entrando nel tessuto della società. È il mondo della cybernetica, che, schedando le nostre identità all’interno di elaboratori per immetterli in un sistema elettronico per controllarli, è la base dell’attuale struttura governativa degli organismi sovranazionali, come il FMI, OMC e la UE, ossia delle entità che detengono il potere politico-economico del mondo intero.
La catalogazione, la classificazione, le schedature, servono a creare i database, dopodichè il crimine e il segreto, che rappresentano così i presupposti per accerchiare il potere e manipolarlo in funzione degli interesse economici delle lobbies. I media, in tale contesto, fungono da strumento per accreditare dei personaggi e delle strutture, fare opera di convincimento sulle masse, e creare intorno a loro un mondo fatto di usura, di terrore e di problemi, mentre tutta la nostra storia va a disintegrarsi nei circuiti informatici gestiti da multinazionali e da centri misteriosi nascosti sotto la voce Statistica.

Oggi è in atto un’ immensa trasformazione, le carte costituzionali vengono riscritte per far posto alla nuova bibbia, che si presenta come “la legge delle nuove tecnologie” , ossia il codice di una generazione non più basata sull’essere, bensì sul non essere, perchè saremo virtuali e trasportati sulla rete. La rete sarà descritta come un sistema rivoluzionario, all’avanguardia, ma al suo interno di nasconderà uno specchio, dietro al quale qualcuno maneggerà i fili per dirci ciò che vogliamo sentirci dire. È questa la politica della rete e delle strategie internettistiche. Ci diranno che sarà meno costoso, che sarà tutto più sicuro, garantito dalle certificazioni virtuali e dalle licenze; avremo così un nuovo vocabolario in cui i nostri dialetti scompariranno sotto l’effetto della disumanizzazione, avremo nel mondo intero un unico pensiero.

In questo nuovo mondo continuerà ad esistere l’ usura, quello che noi oggi definiamo come signoraggio, in quanto vi sarà sempre uno strumento che consentirà di assumere il controllo delle masse, sia dal punto di vista economico che politico. Il suo significato tuttavia cambierà e si tradurrà nel valore che tutti dovremo pagare per accesso alla rete, per cui sarà quantificato in termini di dati che riusciremo a trasmettere o ad acquisire. Non vi sarà più bisogno di stampare la moneta, perchè la banca e il sistema delle telecomunicazione diventeranno una cyberbank dove sarà la massa a garantire il controvalore: tutti i meccanismi e le operazioni saranno chiusi e ben determinati in un modo che noi saremo obbligati a pagare tutto tramite un sistema cybernetico, come già è stato stabilito per le utenze e le tasse. Le prove tecniche sono state già effettuate, e il mondo quotidiano virtuale che noi viviamo, attraverso i forum, le community e i primi esperimenti di rete all’interno del web, rappresentano delle simulazioni sulle quali un giorno saranno creati le strutture sociali. Dunque, i blog saranno centri di discussione di una legge o di un provvedimento per poi trasformarsi in vere piazze virtuali per fare propaganda o comizi politici, i forum saranno luoghi virtuali per scrivere delle leggi, i portali di e-commerce saranno i nostri punti di e-business: l’intero sistema sociale e economico sarà innestato su sistemi informatici.
Si pensi, a titolo d’esempio a Wikipedia, o meglio al progetto che sta portando avanti la Nuova Zelanda di redigere un testo di legge mediante una “pagina wiki” per realizzare la cosiddetta democrazia partecipativa. In realtà è bene sapersi che queste strutture informatiche verticali creano degli utenti sintetici, ossia identità virtuali manipolate dal gestore del sistema o da veri e propri software che hanno il ruolo di dirigere la discussione dove la si vuole portare, magari ridicolarizzando soggetti che possono turbare il forum oppure accreditando teorie assurde e inverosimili. Esistono attualmente dei programmi in grado di creare i cd. utenti sintetici, in uso già da molto tempo - come su Ebay - che devono deviare l’attenzione o creare delle distorsioni, simulando l’esistenza di veri utenti dietro quel computer. Tuttavia la rete non è Skype o l’internet, la rete siamo noi, ossia essere umani che potranno cambiare il loro sistema sul quale far viaggiare informazioni e servizi, ma restano pur sempre simboli di diritti inalienabili.

Questa evoluzione ci porterà inevitabilmente in un mondo in cui i nostri sentimenti scompariranno, e dove avverrà una completa disumanizzazione, diventeremo dei codici a barre o degli indirizzi ID, a cui corrisponderanno delle coordinate all’interno dei grandi database. Per avere una vaga idea di cosa ci stia aspettando, si pensi a quanto accaduto nel Michigan, dove 35.000 impiegati statali restano a casa per la chiusura degli uffici governativi che non erano più in grado di far fronte ai deficit. Gli uffici amministrativi e di servizi, pubblici o privati, si trasformeranno ben presto in uffici virtuali, e ogni impiegato in un operatore. Invitiamo dunque tutti a riflettere solo un momento su questo, cercando di non guardare il problema, bensì la soluzione: Etleboro è costruita in modo tale da far rimanere tutti uniti, per non avere paura di nessuno, delle insidie del nuovo mondo cybernetico, della diffamazione gratuita e per proteggersi dagli “invisibili”, ossia i nemici che tutti cercano di combattere. Etleboro è solo una parte di quella che è la Tela, è il frutto di tale universo, pensato come un sistema distributivo di informazione e come base della nostra conoscenza.

Oggi si discute sulla creazione di una carta dei diritti di internet, garantita da “un altro garante Onu per internet” , ossia un documento che dovrà sancire sopra ogni altra cosa come diritto inalienabile “l’accesso alla rete, alle informazioni sul web, alla partecipazione virtuale, ma anche alla privacy e alla sicurezza” . Questo è quanto è emerso durante il Dialogue Forum on Internet Rights organizzato dal Governo italiano, che ha, sopra di ogni altra cosa, sottolineato l’importanza dell’accesso alla rete, come lo stesso Walter Veltroni dichiara: “internet è un bene comune come l’acqua, l’aria e il mare, ma senza confini territoriale“. Sono tante belle parole, che ricordano molto l’enfasi delle carte costituzionali, e come le costituzioni, sono fatte per essere disattese o ignorate, sono i principi “giusti” che non vengono rispettati perché contrari alle leggi di mercato che vuole utili e guadagno.
La Costituzione recita che “tutti gli uomini sono liberi”, ma di fatto non lo sono perché schiavizzati da un sistema che ti usura per poter sopravvivere: in realtà avrebbero dovuto scrivere che “tutti gli uomini hanno il diritto di mangiare”, per impedire che muoiano o che siano schiavizzati. Potranno anche scrivere la loro Magna Carta dell’Internet dell’ONU, ma lo faranno ben sapendo che non tutti potranno avere accesso alla rete, se non ne hanno la possibilità. L’accesso alla rete sarà come l’accesso all’acqua, chi non l’avrà morirà, a questo si ridurrà la nostra umanità, combattuta tra l’essere nella rete e l’esserne fuori.

Oggi nessuno ha il diritto di eleggersi profeta m perché colui che lo fa vuole essere dietro lo specchio e manovrare i destini dei propri “utenti”, le loro menti per avere un proprio ritorno. I nostri politici non possono più rappresentarci, sono solo dei semplici attori, e forse è questo il motivo per cui la California ha deciso di avere Arnold Schwarzenegger , come allora fu con Ronald Regan; così in Italia avremo almeno un comico. Molti di loro parlano di Internet, profetizzano teorie e promuovono un sistema politico basato sulla rete, ma in realtà non sanno di cosa parlano. Questo perché dovrebbero cominciare ad aprire i libri e studiare, per capire chi è il nostro Signor Internet, e qual è la società a cui noi andiamo incontro.

M. Altamura

04 ottobre 2007

BANCA CENTRALE EUROPEA e i suoi legami con la MASSONERIA


Ovvero: "Paperinik e il sospetto di Ciccio"

L’editoriale del numero scorso sulle anomalie giuridiche della Banca d’Italia [La Banca d'Italia, ovvero il secondo tragico Fantozzi e la corazzata Potemkin] ha riscosso vari commenti e per questo motivo anche in questo numero ci occupiamo di anomalie del sistema bancario, in particolare della BCE.

Prima però parliamo di fumetti.

Questa estate mi sono dedicato a letture molto produttive e ho riletto un fumetto cult della mia infanzia. In una delle storie più divertenti, Zio Paperone, Paperino e le Giovani marmotte vanno sull’Isola di Pasqua per cercare di svelare un mistero che è rimasto insoluto da secoli: quello della misteriosa iscrizione sui giganti di pietra dell’Isola di Pasqua, ove compare un’incisione “ESSOF IK EGGEL” che da secoli scienziati di tutte le categorie non riescono a svelare. Sennonché la Giovani marmotte riescono finalmente a svelare il mistero grazie al manuale della giovani marmotte. (NdA: Il significato della frase è: Fesso chi legge).

Un’altra storia molto carina è quella che si intitola “Paperinik e il sospetto di Ciccio”, ove Ciccio, il nipote di Nonna Papera, aveva il “leggerissimo” sospetto che Paperinik fosse in realtà Paperino e quindi quest’ultimo faceva di tutto per sviare questi assurdi sospetti.

La cosa che mi faceva ridere è che Paperino e Paperinik avevano la stessa faccia, un po’ come Superman e Clark Kent, però nessuno mai aveva pensato a questo scambio di identità.

Negli stessi mesi, quando passavo a lettura più serie, i settimanali e le cronache sono state occupate anche da due vicende giudiziarie inerenti la massoneria.

Queste inchieste hanno fatto poi partire la consueta polemica, che ciclicamente si presenta alla stampa, cioè quella sulla legittimità o meno di questa istituzione, cosa su cui non mi voglio soffermare perché il problema è complesso, e non è questo il luogo e la sede.

Mi è però venuto da sorridere quando ho letto su un giornale di “misteriosi legami tra banche e massoneria”. Non riesco a capire cosa ci sia di misterioso, infatti, e questo enigma mi ha fatto fare un parallelo con quello dell’Isola di Pasqua, o della vera identità di Paperinik.

Nello scorso editoriale abbiamo parlato della Banca D’Italia. Parliamo oggi della Banca Centrale Europea. Chi è esperto di diritto bancario, o di diritto europeo, sa che la BCE è l’organo della UE formato dalle banche centrali degli stati europei.

Tuttavia tra i partecipanti al capitale figura anche la Banca d’Inghilterra. E tale banca ha una partecipazione di non poco conto: il 16 per cento, cioè una percentuale addirittura più alta di quella della Banca d’Italia o della banca centrale spagnola. A questo punto uno si domanda perché la Banca d’Inghilterra debba avere partecipazioni in una Banca che teoricamente dovrebbe essere partecipata solo dai paesi dell’area euro. E soprattutto: come è possibile che essa abbia addirittura più potere di altre banche centrali dell’area euro?

Dal momento che la BCE determina la politica monetaria europea, e quindi dalle sue decisioni dipendono fondamentali rapporti di forza economica con gli altri stati del mondo, è assai strano che la Banca centrale di un paese estraneo possa influenzare le sorti dei paesi dell’area Euro.

Andando sul sito ufficiale della Banca d’Inghilterra si apprende che i dirigenti della Banca d’Inghilterra sono nominati dalla Corona.

Conclusioni: la corona inglese ha il potere di influenzare la politica economica europea.

Per cercare di risolvere il mistero, vado a vedere cosa dicono i manuali istituzionali per vedere se sono spiegate le ragioni giuridiche di questa stranezza.

Digesto delle discipline pubblicistiche UTET. Questo dovrebbe essere un testo istituzionale, una specie di Bibbia del diritto pubblico. Risultato: niente. Non esiste una voce Banca centrale europea, in compenso nel volume che contiene la lettera B trovo delle voci senz’altro di grandissimo interesse per il giurista come Barbiere e Parrucchiere, nonché Banca Islamica. La BCE è contenuta all’interno della voce “Istituzioni comunitarie”, al paragrafo 29, per un totale di una colonna e qualche riga. Evidentemente si è ritenuto che per il giurista non sia importante sapere come funziona l’organo che detiene il potere di emettere moneta e quindi nessun cenno ai partecipanti al capitale di questo organo. In compenso mi domando il motivo per cui dovrebbe essere interessante per un giurista consultare le seguenti singole voci dello stesso volume A-C: Cacao e cioccolata; Burro strutto e margarina; “Caffè” e finanche “Chierici”.

Passo allora al Trattato di diritto amministrativo diretto da Sabino Cassese. Niente.

Passo alle riviste. Vediamo una delle più autorevoli, Foroeuropa, edita dal Poligrafico dello stato con il patrocinio del parlamento Europeo. Ricerca per estremi: Nulla.

Vado alla ricerca della soluzione del problema sulle altre enciclopedie giuridiche.

E così via.

Insomma, la ragione dell’interferenza della banca d’Inghilterra nella Banca Centrale Europea, che in fondo si sostanzia in una vera e propria cessione di sovranità ad uno stato estero, non giustificata da alcuna norma costituzionale o di altro tipo, ce la dobbiamo cercare da soli.

Chi fosse esperto di massoneria, intendendo con tale aggettivo non un investigatore o un magistrato al corrente di chissà quali oscuri segreti, ma semplicemente una persona che si informa di ciò che della massoneria è ufficiale, nei siti e/o nei dizionari ufficiali massonici, saprebbe che per tradizione storica la corona inglese è anche al vertice della Loggia Madre d’inghilterra. Nei secoli quindi il Re d’Inghilterra è sempre stato anche al vertice della massoneria mondiale. Come dire, il vertice della massoneria mondiale controlla la Banca più potente del mondo, che controlla a cascata tutte le altre banche mondiali, BCE e Federal Reserve compresa.

Quindi viene da sorridere quando magistrati e/o politici parlano di “misteriosi” rapporti tra banche e massoneria.

La cosa è talmente nota che ultimamente all’università di Napoli è stata addirittura presentata una tesi di laurea su questi problemi. ( La tesi si trova on line su www.tesionline.it)

Dove sia questo “mistero” francamente io non lo vedo; mi pare, appunto, il sospetto di Ciccio.

Credo invece che il vero mistero sia un altro, questo sì, inquietante e irrisolvibile: perché sulle enciclopedie del diritto non hanno ritenuto di dedicare una voce alla BCE, ma hanno ritenuto degne di interesse la voce Burro, strutto e margarina? Quali oscure trame si nascondono dietro la scelta di inserire “Cacao e cioccolata” in un Digesto? E la voce “Aceto”?

Inoltre altre domande inquietanti si profilano all’orizzonte. Perché non esiste una voce sulla Nutella?

Questi sono i veri misteri d’Italia.

Per capire il problema del regime giuridico delle banche centrali, invece, non è necessaria una voce del Digesto, e probabilmente è per questo che non è stata inserita, ma la lettura attenta degli albi di Topolino sopra citati, o della tesi di laurea citata.

P.S. Lo so. Gli editoriali dei numeri scorsi erano più divertenti e questo non fa proprio ridere. Il punto è che con questi argomenti c’è poco da scherzare ma questo editoriale contiene un messaggio in codice, come nelle statue dell’isola di Pasqua. E prometto che dal prossimo editoriale torno a parlare di danno esistenziale, causa del contratto, ecc…

Fonte: http://www.altalex.com/