13 aprile 2008

UN MONDO NUOVO E PERICOLOSO


Ciò che l’uomo ha unito, la natura non è capace di disunireAldous Huxley, “Brave New World”, Capitolo 2


I miei amici sono dei giocattoli. J.F. Sebastian (William Sanderson), “Blade runner”, 1982

Un agghiacciante articolo circa l’ingegneria genetica e la moralità

Chiamatemi strano ma uno dei momenti salienti del mio 2007 è stata una notte di dicembre quando alla fine riuscii nell’intento di vedere uno dei miei film preferiti sullo schermo argentato al più grande e migliore cinema di cui ero a conoscenza, lo storico Senator Theatre di Baltimora…

Film in questione: “Final Cut” di Ridley Scott del classico film fantascienza/noir del 1982 Blade Runner

Blade Runner è uno dei miei favoriti per una serie di motivi. A differenza di molti altri del genere fantascientifico, gli effetti speciali – sebbene incredibili per l’epoca e per il budget con cui furono creati – non sopraffanno la storia, ma la completano in una sublime sinfonia di eccellenza nella narrazione. La primaria ragione di ciò non è la rinomata eccezionale bravura di Ridley Scott nell’arte di fare cinema, la quale ci ha donato dei classici talmente indelebili quali Alien, Gladiator e ciò che è pressocchè universalmente riconosciuto come uno dei messaggi pubblicitari di tutti i tempi – il popolare spot Apple “1984” durante il Super Bowl dell’allora nuovo computer Macintosh …

A mio parere, è causata dall’ispirata ed ingegnosa capacità di rinnovata immaginazione dell’altrettanto ingegnosa fonte di materiali da parte degli sceneggiatori collaboratori Hampton Fancher e David People: il romanzo fantascientifico del maestro Philip K. Dick del 1968, Ma Gli Androidi Sognano Pecore Elettriche? Oltre ad essere un intenso, sfumato, singolare a livello visivo, all’incirca perfettamente realizzato esercizio dell’arte cinematografica (io credo sia la realizzazione di Scott di più alto livello come regista finora), ciò che in verità rende grande Blade Runner è la sua storia profetica fuori dal comune.

Una storia che diviene sempre più attuale con il passare del tempo.

Le Profezie di Blade Runner

Blade Runner è ambientato nell’anno 2019, a Los Angeles. Per coloro che non conoscono la storia, si tratta essenzialmente di un dramma poliziesco circa un poliziotto assassino il cui lavoro è rintracciare ed uccidere i superumani (chiamati replicanti), progettati geneticamente ed organicamente costruiti, presenti sulla Terra. I replicanti sono superiori alla gente comune per quanto riguarda la forza e perlomeno pari in intelligenza – e sono indistinguibili dagli esseri nati naturalmente senza l’esecuzione di dettagliati test di risposte emozionali. Educati al lavoro da schiavi, al combattimento e ai lavori pericolosi nelle “colonie extra-mondo”, i replicanti sono illegali sulla Terra, a rischio di pena di morte…

Questo non arresta alcuni di loro dall’arrivare sulla Terra in incognito. Entra in scena Rick Deckard (Harrison Ford all’apice della sua fama iniziale). I variabili tabelloni all’aperto alternano dei linguaggi con cui attirano la gente e generalmente dei volti con delle caratteristiche asiatiche. La maggior parte delle persone che si vedono per strada sono dei non bianchi. Chiaramente, gli USA (e presumibilmente, il mondo) è ancora dipendente dai carburanti fossili per molta parte della sua energia e come conseguenza il clima globale è cambiato …

Se le dimensioni, l’importanza e la stravaganza delle loro sedi aziendali non danno alcuna indicazione, una delle più influenti e redditizie imprese di Los Angeles è la Tyrell Corporation – produttori di replicanti al 100% organici, geneticamente progettati (e altri organismi duplicati fatti dall’uomo, accenna la sceneggiatura). Il loro motto è “More Human than Human”. Sembrerebbe che una quantità considerevole di persone siano impiegate in tale industria, oppure subappaltate da parte della Tyrell Corporation…



Ovviamente, le menti direttive di Blade Runner impiegarono tempo e sforzi considerevoli per immaginare come sarebbero stati gli Stati Uniti quattro decenni più tardi. E a giudicare dallo stato in cui siamo nel 2008, essi non si discostano molto dalla linea su numerose cose: la globalizzazione, l’immigrazione, il cambiamento in corso dell’identità culturale dell’America, la teoria circa i cambiamenti climatici e la nascita dell’ingegneria genetica.

È dell’ultimo elemento, l’ingegneria genetica, che vorrei parlare un po’ di più oggi…


Bambini di un “Dio” Trasgressore

In Blade Runner, i replicanti individuano e obbligano uno degli ingegneri genetici della Tyrell Corporation, J. F. Sebastian, ad organizzare un incontro con lo specialista designer e veterano dell’impresa, il Dr. Eldon Tyrell. Di ciò che trapela da quel colloquio non lo vanificherò in questa sede. Ma ciò che menzionerò è ciò di cui Sebastian si è circondato in casa sua. Essendo un designer genetico, Sebastian ha creato uno spazioso appartamento pregno di geneticamente aberranti pseudo umani il cui unico scopo nella vita è divertirsi e assisterlo…

Essi sono come animali domestici e sono progettati non per essere senza difetti – ma più divertenti o affettuosi rispetto ai tipici umani in virtù dei loro difetti. Essi sono di taglie anormali, hanno delle voci e dei vezzi anormali e sono chiaramente meno intelligenti e coordinati dei caratteristici umani. Sebastian li abbiglia con dei graziosi piccoli abiti, insegna loro a pronunciare delle banali frasi tipiche che lo ringrazino nel momento in cui egli ritorna a casa dal lavoro ogni giorno e li mette in posa in giro per la casa come dei peluche.

Questo, a mio parere, è l’aspetto profetico più terrificante di Blade Runner.
Pensate questo non possa accadere? Pensate che l’unico scopo dell’ingegneria genetica umana sia accelerare l’evoluzione, evitare le imperfezioni cromosomiche, assicurare una salute migliore ed eliminare le malattie? Pensate che noi umani siamo talmente virtuosi e d’animo elevato al punto da non creare intenzionalmente bambini imperfetti?

Pensateci ancora.

In questo momento, in Gran Bretagna, un paio di organizzazioni a favore dei diritti dei non udenti – il Royal National Institute for Deaf and Hard of Hearing People e la British Deaf Association – stanno facendo pressioni affinché venga concesso ai genitori non udenti (e presumibilmente, ai genitori dotati di udito) il diritto alla creazione genetica di bambini non udenti. I loro sforzi sono incentrati sull’emendamento di un disegno di legge che al momento è al vaglio nella House of Lords, la proposta di legge sui tessuti umani e sugli embrioni, che attualmente proibirebbero lo screening degli embrioni allo scopo di sceglierne uno con una anomalia. A detta dell’inglese Sunday Times, una più ampia coalizione tra organizzazioni che rappresentano persone disabili contribuirà anche alla campagna per tale emendamento della proposta di legge, a partire da questo mese.
Secondo un articolo dell’ Associated Press del 21 dicembre 2006, il 3% delle 137 cliniche americane sottoposte a sondaggio che offrono lo screening di embrioni hanno fornito il servizio alle famiglie che intendono creare un handicap nei loro bambini…

Le argomentazioni su entrambi i fronti della questione sono, nei loro aspetti, persuasivi. Ed essi aspramente illustrano semplicemente quanto sarà scivoloso l’argomento dell’ingegneria genetica umana in futuro. I gruppi che sostengono il diritto dei genitori nello scegliere un handicap nei loro bambini sono preoccupati che l’eliminazione genetica di condizioni come il nanismo e la sordità potrebbero essere equivalenti all’eliminazione di identità culturali di valore -- e indebolirebbe i genitori e i bambini costretti a convivere con tali parziali invalidità. E loro hanno ragione, per così dire…

Coloro che si oppongono nel dare ai genitori la capacità di scegliere bambini disabili dichiarano che essa sovverte il ruolo fondamentale della medicina – guarire, non fare male. Essi mettono sullo stesso piano la pratica e la intenzionale malattia invalidante dei bambini. E anche loro hanno ragione…

Si consideri anche questo: Se l’ingegneria delle invalidità divenisse accettabile a livello genetico prima della nascita, come potrebbe essere in qualche modo differente dall’inflizione delle stesse invalidità dopo la nascita? Se, per così dire, diventa in qualche modo un diritto dei genitori progettare la sordità o la cecità per i loro bambini a livello embrionale, non sarebbe anche un loro diritto attendere semplicemente sino alla nascita dell’infante, successivamente assordarlo con dei ripetuti colpi d’arma da fuoco vicino alle orecchie – o accecarlo cavandogli gli occhi? Solo una lieve sofferenza, qual è la differenza? I bambini vivono grazie alla circoncisione, vero?

Probabilmente, la gran parte delle forme di invalidità dopo la nascita sarebbero migliori rispetto alla stessa cosa fatta dall’ingegneria genetica. A differenza dello screening embrionico, la sordità post nascita o la cecità di un infante, sarebbe al 100% affidabile – e sarebbe di sicuro molto più economico rispetto a 15000 $ e oltre da pagare per procedure di ingegneria genetica…

Il che significherebbe più denaro che avanza per costruire una casa per i bambini adatti ai sordi – o ai non vedenti !

Inoltre, quando si porrà fine al “Statute of Limitations” sui bambini disabili? Se un padre single, per sempio, dovesse divenire sordo a causa di un’esplosione sul luogo di lavoro, allora potrebbe tornare a casa e far divenire sorda sua figlia di nove anni per sostenere la propria identità culturale o/e rafforzare la sua unità familiare?

A prescindere da questo, se il diritto di progettare dei bambini geneticamente risiedesse totalmente nelle mani dei genitori, chi arresterebbe tali genitori sregolati (si veda anche Spears, Britney) dal progettare creature totalmente dipendenti da loro? Se i genitori con una bassa stima di sé stessi vedessero l’educazione dei loro figli come un modo per rendere valide le loro vite o per ristorare il loro proprio senso di validità, cosa ci sarebbe di meglio per assicurare una vita del genere che creare un bambino con difficoltà mentali o motorie che non potrebbe mai abbandonare il nido?

Estrapolazioni e supposizioni (assurde o di altro genere) a parte, qualcuno qui sta per interpretare Dio, in ogni modo si ponga la questione. Sia il Governo che l’azienda ospedaliera lo faranno determinando dove esistono i confini nei termini di ciò che è in nostro potere “progettare” e in nostro potere costruire nei nostri bambini – oppure i genitori disabili creeranno figli a loro immagine imperfetta, o per la convalida della loro infermità…

In conclusione: sarebbe giusto verso i bambini il progettare la loro sordità, la loro cecità, il loro nanismo o altre inabilità per assicurare la sopravvivenza dell’identità culturale dei loro genitori? Sarebbe giusto verso i bambini se fossero intenzionalmente procreati inferiori, oppure incapaci, come da terapia, per le nevrosi dei loro genitori?

Ma questo è l’aspetto più disturbante di questa equazione: Tanto spaventoso e promettente potrebbe essere il potere dell’ingegneria genetica per i genitori, ma potrebbe divenire persino più rischioso fornire al governo tale autorità…

Un nuovo mondo pericoloso

Nel classico di Aldous Huxley del 1932 Brave New World [letteralmente “un nuovo mondo coraggioso”, tradotto in Italia col titolo “Il Mondo Nuovo” n.d.t.], la stragrande maggioranza delle persone (coloro che fanno parte dello Stato Mondiale) sono sterili, il matrimonio, l’essere genitori e la famiglia sono obsoleti tra di loro, e i bimbi sono procreati e allevati in laboratorio da parte del governo per rispondere alle esigenze della società.


Ecco qui il motivo per cui ho menzionato questo: Non importa quanto noi qui in America facciamo del moralismo, l’ingegneria genetica umana sta giungendo su questo mondo. È già presente sotto forma di “screening prenatale” – e non passerà molto tempo ancora prima che si possano decidere sempre più i tratti di un bambino al posto suo. Una coppia potrà fornire la materia prima, il proprio DNA, e la scienza potrà aggiungere dei tratti positivi, sottrarre quelli negativi, misurare l’intelligenza, incorporare l’immunità e unire il colore dei capelli, il colore degli occhi, l’altezza, il tasso metabolico, la preferenza sessuale, ecc. ora, quante persone in questa impavida Utopia, opterebbero per bambini naturali al posto di bambini superintelligenti prodotti dall’ingegneria genetica, “super-bambini” a prova di malattia?

Non molti, scommetto.

E ciò significa che oltre il lasso di tempo di una singola generazione, la naturale Yin e Yang darwinistica tra chiaro e oscuro, forte e debole, audace e vulnerabile, la gente bella e schietta sarebbe innaturalmente incline al lato “perfetto” dello spettro. Al contrario di un america in cui la gente copre la gamma di tutte le forme, le taglie, le attrattive e la serie di abilità che soddisfano ogni lavoro ed esigenza all’interno della nostra società – dal fisico allo scavatore – si avrà un eccesso di belle persone intelligenti, appropriate, audaci, perfettamente adatte alle posizioni più intellettuali, e una carenza di coloro adatti a incarichi più umili, seppure non meno necessari.

Lo sporco piccolo segreto della società americana è che, al di là di quanta retorica sulle opportunità e sulle conquiste ci gettano addosso le nostre scuole, i genitori, i tutori del dopo scuola, i film, i terapisti e i guru fai da te, la realtà brutale è che non necessitiamo di così tanti supermodelli, professori, avvocati, medici, artisti e giudici della Corte Suprema. Per ognuno di questi, noi avremmo bisogno di 100 scavatori, idraulici, saldatori, muratori, meccanici di auto, braccianti agricoli, tassisti, trasportatori e venditori porta a porta. La grande maggioranza dei lavori e dei compiti in America (e in ogni paese, se è per questo) cade nel novero di quelli meno desiderabili, meno affascinanti e poco remunerativi...

In definitiva: se non saremo saggi nel modo di applicare questa tecnologia di ingegneria genetica inevitabilmente umana, finiremo per fornire al governo il potere di dire negli Usa quali figli potremo avere in base ai bisogni della società. Diventare genitori--ed essere felici e grati allo stato per qualunque tipo di figlio ci permetta di avere--potrebbe semplicemente diventare un dovere in più del Buon Cittadino, proprio come pagare le tasse.

Fonte: http://carolynbaker.net/

12 aprile 2008

Un'altra Casta: i Sindacati


Dopo la casta dei politici e dei giornalisti, trattiamo la casta dei sindacalisti. Il triumvirato dell'informazione detiene un primato che appartiene a loro. Sarà per questo che Grillo lancia il Vday 2 contro l'informazione e i detentori senza contradditorio. Tanto è inutile, se non lo dice la Tv o i giornali non esistono. "Una bugia ripetuta tante volte diventa vera della verità", Goebbels

- Alitalia, a chi si dovrebbe vendere?

*Piloti e hostess lavorano molto meno* dei loro colleghi di altre compagnie.Però costano tanto di più. Grazie a una giungla di benefit, difesi con le
unghie e con i denti e puntigliosamente elencati in un contratto degno di Harry Potter, dove tutti i mesi durano quanto febbraio e il giorno di riposo
comprende due notti.

Un giorno è un giorno. Dal Circolo polare artico fino alle isole di Tonga, è uguale per tutti. Ma non per i piloti dell'Alitalia. È scritto nero su
bianco a pagina 2 del Regolamento sui limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti di riposo per il personale navigante approvato, con la delibera
n. 67 del 19 dicembre 2006, dal consiglio di amministrazione dell'Enac,l'Ente nazionale per l'aviazione civile. Il terzo comma dell'articolo 2
disciplina il «giorno singolo libero dal servizio».

*Che viene così descritto: «Periodo libero da qualunque impiego* che comprende due notti locali consecutive o, in alternativa, un periodo libero
da qualunque impiego di durata non inferiore a 33 ore che comprende almeno una notte locale». Un giorno di 33 ore o con due notti? Quando si tratta del
personale di volo della ex compagnia di bandiera italiana, e dei relativi regolamenti di lavoro, bisogna abbandonare ogni convenzione, dal sistema
metrico decimale all'ora di Greenwich: per loro non valgono.

*Vivono in un mondo a parte, dove tutto è dorato*. Da sempre veri padroni dell'azienda, piloti e assistenti di volo si sono dati delle norme di lavoro
consone al loro status (a proposito: i capintesta dei sindacati degli autisti dei cieli hanno una speciale indennità economica che percepiscono
anche se se ne stanno incollati a terra tutto l'anno). Secondo il regolamento dell'Enac, dove è specificato che hanno diritto a riposare su
poltrone con una reclinabilità superiore al 45% e munite di poggiapiedi regolabile in altezza, non devono volare più di cento ore nel corso del
mese.

*Anzi nei 28 giorni consecutivi, come hanno preferito scrivere*: e si vede che per loro è sempre febbraio. Nell'intero anno, cioè nei dodici mesi (se
non hanno modificato a loro uso e consumo pure il calendario) il tetto non è, come da calcolatrice, mille e 200 ore (100 per 12) ma 900, e vai a sapere
perché. Nel contratto, che l'azienda si rifiuta di fornire ai giornalisti,come del resto qualunque altro dato sulla produttività dei dipendenti,
l'orario però si riduce. Nel medio raggio, la barriera scende a 85 ore al mese. Che nel trimestre non diventano 255, ma 240. E nell'anno non arrivano,
come l'aritmetica sembrerebbe suggerire, a mille e 20, ma a 900.

*Ma non è neanche questo il punto: fosse vero* che volano così tanto (tra gli assistenti di volo l'assenteismo è all'11%). I numeri tracciano un quadro un po' diverso e dicono che nel medio-corto raggio gli steward e le hostess (alla fine del 2007, 480 di queste ultime su 4300, cioè l'11%, erano praticamente fuori gioco perché in maternità o in permesso in base alla legge che consente di assistere familiari gravemente malati) restano tra le nuvole per non più di 595 ore l'anno. Vuol dire 98 minuti al giorno, il
tempo che molti Cipputi impiegano per fare su e giù tra casa e fabbrica. A titolo di raffronto, un assistente di volo della Lufthansa vola 900 ore, uno
della Iberia 850 e uno della portoghese Tap 810. Restando in Italia, una hostess di AirOne si fa le sue belle 680 ore.

*I piloti, poi, alla cloche sembrano quasi allergici:* la loro performance non va oltre le 566 ore, che significano 93 minuti al giorno. I loro pari
grado riescono a pilotare per 720 ore all'Iberia, per 700 alla Lufthansa e all'AirOne, per 680 alla Tap e per 650 all'Air France. I nostri, insomma,
non sono esattamente degli stakanovisti: in media fanno, tra nazionale e internazionale, 1,8 tratte al giorno, contro le 2,4-2,75 dei colleghi di
AirOne. In compenso, sono molto più cari di tutti gli altri. Un assistente di volo con una certa anzianità può arrivare a costare ad Alitalia 86 mila e
533 euro, contro i 33 mila che deve mettere nel conto la compagnia di Toto (AirOne, ndr ).

*Il comandante di un Md80 dell'azienda della Magliana* ha un costo del lavoro annuo pari a 198 mila e 538 euro. Per la stessa figura professionale
i concorrenti italiani non sborsano più di 145 mila euro. Sempre restando allo stesso tipo di aereo, per pagare il pilota Alitalia ha bisogno di 108
mila e 374 euro, tra i 28 e i 33 mila in più di AirOne o di un'altra azienda italiana. Il mix di orari da impiegati del catasto e stipendi da
superprofessionisti crea un cocktail che risulterebbe micidiale per qualunque azienda: facendo due conti viene infatti fuori che alla fine
dell'anno Alitalia spende per ogni ora volata da un suo comandante qualcosa come 350,8 euro. Contro i 207,1 di AirOne. Una differenza del 69,4% che
manderebbe fuori mercato chiunque. Soprattutto se si considera anche che un aereo della ex compagnia di bandiera viaggia con un equipaggio superiore di
un buon 30% rispetto alla media dei concorrenti.

*Il risultato finale è che in Alitalia il tasso di efficienza* per dipendente è pari, secondo i calcoli dell'Association of European Airlines,
a poco più della metà di quello che può vantare la Lufthansa. Che i passeggeri trasportati sono 1.090 per dipendente, contro i 10 mila e 350 di
Ryanair. E che nel 2004 il ricavo medio per ogni lavoratore impiegato non andava oltre i 199 mila euro, poco più di un terzo rispetto a quanto
registrava ad esempio Ryanair (513 mila euro).

*In Alitalia comandano i sindacati* (che nel solo primo semestre del 2005 hanno proclamato scioperi per 496 ore: quasi 3 ore ogni 24). E si vede. Il
contratto in vigore dal 1° gennaio 2004 dice che, nel medio raggio, una hostess o un pilota non possono essere utilizzati per più di 210 ore al mese
(che, con il solito giochino, diventano 600 nel trimestre e 1.800 nell'anno). Ebbene, se uno di loro parte da Roma per andare a prendere
servizio a Milano la metà della durata del viaggio che lo vedrà impegnato nelle parole crociate viene considerata servizio.

*La tabella dell'Enac che stabilisce*, a seconda dell'orario di inizio del turno, su quante tratte continuative può essere impiegato il personale
navigante prevede cinque diverse ipotesi. Che salgono a diciassette nell'accordo sottoscritto da azienda e sindacato. Dove è stabilito per il
personale navigante il diritto a 33 giorni di riposo a trimestre (ad AirOne sono 30), che aumentano fino a 35 per chi è impegnato nel lungo raggio. In
base al contratto, al termine di ogni volo deve essere garantito un riposo fisiologico di 13 ore, che sul lungo raggio deve risultare invece pari al
numero dei fusi geografici attraversati moltiplicato per otto, con un minimo però di 24 ore. Boh.

*Semplicemente geniale è poi il nuovo sistema retributivo*, in vigore dal 1°gennaio 2005. Sono rimasti, ovviamente, lo stipendio base (quattordici
mensilità) e l'indennità di volo minimo garantito: quaranta ore, che uno le faccia o meno. Le dieci voci che componevano la parte variabile della
retribuzione di un pilota (compreso il cosiddetto «premio Bin Laden» corrisposto, dopo l'attentato alle Torri gemelle di New York, a tutti quelli
che viaggiano in Medio Oriente e dintorni) sono state tutte sostituite da un'unica indennità di volo giornaliera (per un comandante è pari a 177 euro
se è impegnato sul lungo raggio e a 164 se vola sul medio, cifre alle quali va sommata la diaria, che sono altri 42 euro, per un totale che può quindi
arrivare a 219 euro). Indennità che scatta tutta intera anche se il pilota sta alla cloche solo per mezz'ora o semplicemente si trasferisce
all'aeroporto da dove prenderà servizio. E perfino se il suo volo viene cancellato dopo che lui ha già raggiunto quello che doveva essere lo scalo
d'imbarco. Per di più, aumenta se c'è uno spostamento dei turni rispetto al calendario originale.

*Siccome poi lavorare stanca, il contratto prevede* l'istituzione di una Banca dei riposi individuali dove confluiscono i crediti che si ottengono
per esempio quando l'aereo viaggia con personale ridotto (un riposo ogni due giorni) e dalla quale hostess e piloti possono attingere pure degli
anticipi. Non è invece dato sapere se le parti hanno raggiunto un accordo su una nuova indennità graziosamente prevista nell'ultima intesa: il premio di
puntualità, che per i passeggeri assume davvero il sapore della beffa. Mentre è alla direttiva dell'Enac che bisogna tornare se si vuole conoscere
la dettagliatissima disciplina della cosiddetta «riserva», i periodi di tempo nei quali il personale navigante deve essere pronto a rispondere a
un'improvvisa chiamata.

*Premesso che si può essere messi in riserva* solo dopo aver goduto di un riposo, si stabilisce che la metà del tempo trascorso a casa con le
pantofole ai piedi va considerata come servizio. Bingo. Di più: che se l'attesa si consuma inutilmente perché il telefono non trilla, e dev'essere
proprio per lo stress, scatta un successivo periodo di riposo di almeno otto ore, che in alcuni casi salgono a dodici. Ed è sempre il premuroso Enac a
stabilire che a piloti e hostess, una volta a bordo, deve essere dato da mangiare una volta ogni sei ore, come ai pupi, e adeguatamente, «in modo da
evitare decrementi nelle prestazioni».

*Di alcuni privilegi o istituti incomprensibili nessuno ricorda* neanche l'esatta origine. Ci sono e basta. Così, le hostess continuano ad avere una
franchigia di ventiquattr'ore al mese, che in pura teoria dovrebbe coincidere con l'inizio del ciclo mestruale, ma si racconta del caso di una
di loro che ha chiesto la giornata del 31 come permesso per il mese di dicembre e quella del 1° per il mese di gennaio: misteri del corpo
femminile. Sempre le assistenti di volo, quando vanno in maternità vengono retribuite per tutto il tempo con lo stesso stipendio guadagnato nell'ultimo
mese di servizio, che, guarda un po', svolgono regolarmente sul lungo raggio, per far salire l'importo della busta paga. I piloti, invece, non
possono atterrare due volte nello stesso scalo in un solo giorno. La logica della regola, che pare non sia neanche scritta ma frutto della consuetudine,
è imperscrutabile.

*La conseguenza, però, è chiara: la crescita delle spese* per le trasferte.A partire da quelle per gli alberghi, che in Alitalia vengono scelti da
un'apposita commissione dopo attento esame dei loro requisiti: con il risultato che l'importo medio è superiore del 45% a quello sostenuto dagli
altri vettori. Solo per le 300 stanze prenotate tutto l'anno per i dipendenti che, anziché essere trasferiti a Malpensa, vanno su e giù da
Roma, la compagnia ha in bilancio 45 milioni. Nella babele dei benefit, per un certo periodo tutto il personale viaggiante ha poi goduto di una speciale
indennità per l'assenza del lettino a bordo di alcuni 767-300: alcune centinaia di euro che venivano corrisposte anche a chi volava su aerei
dotati delle cuccette in questione.

*I lavoratori più coccolati d'Italia quando viaggiano* per piacere godono di
una politica di sconti davvero generosa. Argomento sul quale l'azienda ha di
nuovo una tale coda di paglia da rifiutarsi di fornire chiarimenti. Ma è il
segreto di Pulcinella: i dipendenti (e con loro i pensionati) hanno diritto
ad acquistare (anche per i loro cari: figli e coniugi o conviventi) i
biglietti con una riduzione del 90% sulla tariffa piena, se rinunciano al
diritto alla prenotazione. Il taglio scende invece al 50% se vogliono il
posto garantito, magari perché vanno a festeggiare l'ultima promozione, che
in Alitalia non si nega davvero a nessuno. Nel 2007 la direzione per la
finanza dell'azienda della Magliana poteva contare su 152 persone: 20
dirigenti, 52 quadri e 80 impiegati. In quella per il personale i soldati
semplici (61) prevalevano di una sola unità sui graduati (60: 25 dirigenti e
35 quadri).

*Dev'essere anche per questo che il consiglio di
amministrazione*dell'azienda ha sentito la necessità di garantirsi
l'ombrello di una polizza
assicurativa a copertura di possibili azioni di responsabilità nei confronti
di chi ha guidato la baracca. E si è reso così complice dei sindacati. Ai
quali invece nessuno potrà mai presentare il conto.

Cgil, Cisl e Uil: l’esercito di intoccabili di Cinzia Romani

Roma - Una casta all’ombra dei suoi consolidati privilegi s’aggira per l’Italia, aprendo e chiudendo trattative sulla pelle ormai lisa dei lavoratori, oltre che dei contribuenti. E nel paese bollito in sacche di spreco, gonfie di fatturati miliardari e bilanci segreti, mentre lo Stato paga i settecentomila delegati (sei volte di più dei Carabinieri), che a noi costano 1 miliardo e 845mila euro l’anno, esce un libro, ustionante come acido muriatico negli occhi della Triplice. S’intitola «L’altra casta. Privilegi. Carriere. Stipendi. Fatturati da Multinazionale. L’inchiesta sul sindacato» (da domani in libreria, con lancio da strenna natalizia) il documentato volume Bompiani di Stefano Livadiotti, firma del settimanale «L’Espresso», che in 236 pagine (prezzo 15 euro) mette il dito su una piaga purulenta quanto quella dei partiti. Contrordine, compagni, dopo che Diliberto ha ceduto il proprio posto in lista a un operaio della Thyssen, intanto che il suo vecchio sodale Cossutta lo accusa di «plebeismo demagogico»? Ma sì, è ora, è ora: potere a chi lavora. Sul serio, però, non come i membri dell’altra casta, quella sindacale, i cui permessi equivalgono a un milione di giorni lavorativi al mese, costando al nostro sistema 1 miliardo e 854 milioni di euro l’anno. E c’è da giurarci che il trio di sigle si arrabbierà parecchio leggendo l’impressionante dossier, proprio mentre cerca di sopravvivere a se stesso, magari sulle carcasse di Alitalia. Lo strapotere delle tre grandi centrali confederali, Cgil, Cisl e Uil, è nell’occhio del ciclone da un ventennio, tanto che, in base ai sondaggi, un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. Difficile affidarsi ai sindacati, che promettono bilanci consolidati, salvo poi evitare di trasferirli nero su bianco. Ma in che modo l’altra casta è diventata intoccabile, quando anche i sassi sanno che se c’è un problema di costi della politica, esso riguarda pure il sindacato, teso a intimidire la collettività con la propria capacità di mobilitazione? «Il giro d’affari di Cgil, Cisl e Uil ammonta a 3.500 miliardi di vecchie lire e il nostro è un calcolo al ribasso», avvertiva nel 2002 il radicale Capezzone.

Se del Quirinale si sa che spende il quadruplo di Buckingham Palace, fare i conti in tasca all’altra casta, lardellata di un organico di 20mila dipendenti, è questione controversa, tanto diversificate risultano le sue fonti di guadagno. La slot machine più veloce coincide con le quote versate dagli iscritti: l’1 per cento della paga-base. E i pensionati? Fruttano circa 40 euro l’anno, che però fanno brodo, nel sostituto d’incasso complessivo: 1 miliardo l’anno.

All’erogazione di liquidità, poi, pensano le aziende, con le trattenute in busta paga ed ecco bypassato il costo dell’esazione. E i soliti pensionati, visto che anche la miseria è un’eredità? Provvedono gli enti di previdenza: nel 2006 l’Inps ha girato 110 milioni alla Cgil, 70 alla Cisl e 18 alla Uil. Eppure, nel 1995 Marco Pannella promosse un referendum per abolire l’automatismo della trattenuta in busta paga, regalino vintage (del 1970) dello Statuto dei lavoratori. Nonostante gli italiani abbiano votato a favore, il meccanismo fu salvato comunque dai contratti collettivi. Quanto al rinnovo periodico della delega, per il cui tramite il pensionato autorizza l’ente previdenziale a trattenersi una quota sulla sua pensione, si è fatto in modo d’insabbiare l’emendamento al decreto Bersani (presentato da Fi), che rompeva le uova nel paniere sindacale. E siccome i pensionati sono poveri, ma tanti, è nei loro gruzzoli che si ficcano i Caf, quei centri di assistenza fiscale, trasformati in business per il sindacato. Gli enti previdenziali, infatti, pagano per le dichiarazioni dei redditi dei pensionati: nel 2006 l’Inps ha travasato ai 74 Caf convenzionati 120 milioni. Così Cgil, Cisl e Uil, unite, hanno incassato 90 milioni circa. Invano la Corte di giustizia europea, persuasa che il monopolio dei Caf violasse i trattati comunitari, tre anni fa mise in mora l’Italia, con qualche lettera di richiamo. Ma se i bramini dei Caf vanno sotto schiaffo, quelli dei patronati, le strutture d’assistenza ai cittadini per le pratiche previdenziali, la cassa-integrazione e i sussidi di disoccupazione, non si toccano. E si estendono dall’Africa al Nordamerica, per tacere dell’Australia, con conseguente sospetto che svolgano un ruolo attivo nel pilotare il voto degli italiani all’estero. Nel 2006, l’Inps ha speso 248 milioni, 914mila e 211 euro tra Inca-Cgil, Inas-Cisl e Ital-Uil. Altro business in cui affondare le mani, è quello della formazione. Ogni anno, l’Europa manda in Italia 1 miliardo e mezzo di euro, per la formazione professionale. E 10 dei 14 enti, che annualmente si spartiscono metà dei finanziamenti nazionali, sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil. Ma la vera forza dell’altra casta viene dai beni immobili, patrimonio sterminato, tutto da dissotterrare, mentre la Cgil conta 3mila sedi in Italia, di proprietà delle strutture territoriali; la Cisl, 5mila e la Uil concentra gli investimenti sul mattone in una società per azioni, controllata al cento per cento dalla Labour Uil, con 35 milioni e 25mila euro di immobili in bilancio. Va da sé che gli inquilini Vip di tanto bendiddio abitativo sono loro, i vecchi mandarini con un piede nella jacuzzi ai Parioli a un altro sulla pista di Fiumicino.

*Tratto dal libro di Stefano Livadiotti "L'altra casta". L'inchiesta sul
sindacato, (Bompiani)

11 aprile 2008

Il momento del non voto UTILE


Proseguendo con la carrellata elettorale


Amore per la politica? No! Solo per gli sghei! di kiriosomega

Povera Italia, paese crocevia di disparati interessi sopranazionali che la tormentano. Povera Italia, di cui gli –amati- invasori, che ci liberarono dai nostri padri o nonni, hanno paura perché rimasta fucina d’idea Fascista nonostante Hollywood ed i suoi film. Povera Italia, paese squassato da sovrabbondanti interessi di casta che tale è, e si mantiene, per il regime clientelare che governi e partitocrazia hanno imposto dal dopo guerra ad oggi. Povera Italia, paese in cui i politicanti sono contro ogni amor patrio, almeno quello che loro tocca per nascita. Ma viva l’Italia, secondo gli italyoti, l’Italia ladrona e becera, bigotta e tignosa, crapulona e povera in canna, utile solo a loro che purtroppo la infestano rendendola simile a se stessi!

Gli italiani hanno di che urlare disperati, ed invece chi lamenta i propri lai, come vergine cuccia dissacrata, sono proprio gli italyioti partiti politici, specie quelli che otterranno, purtroppo, il massimo suffragio. Così il Berlusconi, l’ometto dai mille processi a suo carico mai svolti, strepita per paura di brogli elettorali che il suo (W)alter ego politico potrebbe porre in opera coadiuvato dall’aborrita Sinistra. Ma l’abominevole e infida Sinistra altrettanto s’agita, chiassando, contro l’anziano neocon antagonista, e proprio per gli stessi timori.

Anche per questo gli italiani hanno da disperarsi, infatti, a giorni alterni, l’un partito si scaglia contro l’altro sostenendo che i sondaggi lo indicano vincente anche d’oltre dieci punti percentuali, che sono un gran numero di voti, ma poi asserisce cha ha paura che brogli lo affossino. E con questa farsa da stolido avanspettacolo, invece di reale e leale propaganda elettorale verso la nazione, il Veltrusconi sposta a piacimento il suo dire di misere idee che, in ogni caso, mai nasceranno perché solo promesse elettorali.

Ma la gravità della situazione trascende i miseri starnazzamenti di PD e PDL, perché una miriade di “partitini”, senza storia e speranze, si sono affacciati alle votazioni. Partitini simili a nanerottoli per la loro esiguità, ma anche ad informi associazioni forse senza nemmeno velleità di superare gli sbarramenti elettorali per accedere ai palazzacci della politica. Perciò, la domanda che sorge spontanea è: “Perché”.

Ritengo che ci sia poco d’arzigogolare alla ricerca di risposte oggettivamente valide sulla proliferazione di carrozzoni e carrozzine politiche, infatti, in un’epoca dove il dio trino è solo quattrino, anche per la chiesa gerarchica, la risposta che investe la realtà di partiti e partitini è unicamente quella del “business is business”!

Dimostriamo la tesi, e ci renderemo conto che abbiamo colto il segno.

Torniamo con il pensiero al referendum del 18 aprile 1993, e ripensiamone il risultato. Ricorderemo che il 90,3% dell’italica popolazione ambiva la soppressione del finanziamento pubblico dei partiti, e il solo apparentemente innocuo TopolinAmato, allora primo ministro, dovette prendere atto della situazione con parole inequivocabili: “Cerchiamo d’essere consapevoli, l’abolizione del finanziamento statale non è fine a se stesso, esprime qualcosa di più. Il ripudio del partito parificato agli organi pubblici e collocato tra essi…”.

Ma cosa resta di quei propositi e dell’italica volontà dopo quindici anni di politica volutamente pasticciona ed infingarda? Politica, ahimé, sempre più italyota anche per la continua e machiavellica suddivisone delle responsabilità sociali, giuridiche ed amministrative. Nulla, non resta nulla, tranne la casta sempre più casta, perché gli italyoti, proclivi agli inchini, abbassandosi, fanno apparire e vedono grandi gli arroganti che stanno in piedi.

Da allora i nostri questuanti, intesi come “quae vir tuus petet”, della politica cercarono provvedimenti sino a sentenziare: “Il voto degli italiani deve essere interpretato e non apprezzato, perciò bla…bla…bla… trasformarono il finanziamento pubblico cui erano tacitamente assuefatti in rimborsi elettorali, perché la politica costa. Così, i maneggioni dei partiti, dunque, in primis i loro maggiori dirigenti, quelli dell’oligarchia da primi della “lista” in ogni occasione, s’arricchiscono anche attraverso questo meccanismo.

E’ ormai da molti risaputo che, pur una legislatura terminando prematuramente, i partiti continuano a ricevere i rimborsi elettorali come se la stessa continuasse per tutta la sua durata giuridica. In altre parole lo Stato regala molti milioni d’euro ad associazioni politiche che “pubbliche non sono”, e che lucrano anche sulle nuove elezioni che sono ripagate nuovamente per intero.

Diversi giornalisti, secondo me ben pagati dal potere che li alleva, hanno ultimamente scritto ed asserito che “in fin dei conti non sono le spese della politica a svenare l’Italia, e che è giusto che i disonorevoli percepiscano le somme che incamerano”. Poche volte ho ascoltato simili grossolane idiozie in tema d’avvenimenti economici, ma si sa, sempre il potere della casta sibillinamente si difende attaccando in maniera ovattata al bisogno.

Così, dopo diverse riforme della legge sulla retribuzione elettorale ai partiti, incluso il decreto Bersani del 04/Agosto/2007, scopriamo che l’appannaggio ad essi erogato è talmente solido da riuscire a scatenare gli appetiti di chiunque è detentore di qualsiasi associazione che vuole immettere nell’arengo politico. Però, per i peones, realizzare il sogno d’arricchimento non è facile!

Personalmente, a questo proposito ho voluto condurre, nella presente tornata elettorale, una personale ricerca sulle difficoltà che incontra il “disgraziato” di periferia con il pallino di fondare un partito.

Intanto, punto primo, si deve scoprire, ma questo avviene abbastanza in fretta, che l’iter per la fondazione è diverso secondo che si tratta di “partito-lista” comunale, regionale, nazionale mentre l’ancora ignaro speranzoso e presuntuoso signor nessuno è grottescamente rimpallato per più giorni, e per più viaggi, dalla sezione elettorale comunale alla Prefettura, e da questa alla Procura della Repubblica perché certe disposizioni legali … Morale della favola, il cittadino peones si ritrae dal suo proposito dopo cinque sei giorni per: “Non ne posso più d’essere preso per il culo da gentaglia che sorridendo ti dice sempre che sei nell’ufficio sbagliato mentre ti commisera come ebete”!

Provai la ricerca per la fondazione di un partito regionale. Ciò fu ancor peggiore e brutale, perché alle spese telefoniche e di spostamento in loco si aggiunsero le spese per lo spostamento “fuori loco” con pranzi, cene e costi alberghieri. Morale della favola, il cittadino peones si ritrae dalla suo proposito idea dopo cinque sei giorni per: “Non ne posso più d’essere preso per il culo da gentaglia che sorridendo ti dice sempre che sei nell’ufficio sbagliato, mentre ti commisera come ebete”!

Nella ricerca per la fondazione di un partito con presenza su tutto il territorio nazionale, i costi che sostenni non lievitarono, ma solo perché le “ricerche” delle vie giuste per l’ottenimento del risultato le svolsi telefonicamente, e ridotte a solo tre giorni di depistamenti da parte d’impiegati romani giusto per non dare anche a loro il piacere del: “Non ne posso più d’essere preso per il culo da gentaglia che sorridendo ti dice sempre che sei nell’ufficio sbagliato mentre ti commisera come ebete”!

Già dal breve veritiero racconto s’apprende che, per iniziare l’avventura, ci si deve prostituire con almeno due disonorevoli uscenti che avallino la tua richiesta. A questo punto incominci ad ottenere informazioni con costi ancora virtuali, ma che diverranno presto reali a favore dei “politicanti” trombati che t’aiutano.

Chi riuscirà a superare le disavventure che ho “sperimentalmente” patito, quando la sua lista si troverà “in campo” d’elezioni nazionali avrà il suo tornaconto qualunque sia il proprio esito elettorale. Infatti, questo è in Italia il miglior sistema per investire denari, e ciò avviene con l’attribuzione di un utile altissimo che lo Stato dona al signor nessuno che già fece il salto di qualità non appena i due politicanti trombati lo aiutarono. Già al raggiungimento dell’1% elettorale, con l’attuale legge, l’appannaggio del signor nessuno è di ben oltre 2milioni d’euro, a fronte di una spesa di qualche centinaio di migliaia d’euro. Si calcola che lo Stato italiano spenderà, per i rimborsi elettorali, oltre 450milioni d’euro che cadranno a pioggia anche su partiti e politicanti che in queste elezioni non potranno “classificarsi”, ma che con il peculio arraffato si presenteranno alle “europee” con determinazione a vincere anche per mancanza di concorrenti più agguerriti di loro. Insomma, tra parlamentari italiani ed eurodeputati, anche i trombati tra i primi si sistemeranno con ottimi redditi da ozio! E c’è di più, perché per i disgraziati cui ogni cosa sarà fatale, per un avverso destino, ci saranno due possibilità non indifferenti. La prima, d’essere immessi d’ufficio in una “partecipata regionale o comunale”; la seconda, se la iella li accompagnerà insistente, si mostrerà con l’assegno di “di solidarietà di fine mandato”.

Ovviamente, al dilagare di questo malcostume le cui spese sono addossate al lavoratore si potrebbe porre rimedio, ma la casta che s’auto legittima con il clientelismo, e con leggi sempre a favore, non ha interesse a cambiare. Anzi, da noi, anche i compagni ormai vanno in vacanza con il “Grand Soleil da 40 piedi”! Intanto, un altro compagno dal colle recita che il voto deve essere espresso perché diritto del cittadino, e che non esistono voti inutili (deve guadagnarsi la pagnotta anche lui!). Insomma, logicamente parafrasando possiamo affermare: “cornuti e mazziati” perché ormai non ci fanno più nemmeno votare il nome del candidato che si propone ma che è imposto, ma ciò è proprio quello che si vuole da parte della casta, ossia, lasciare il diritto di voto solo a pochi eletti “per portafogli”. Alla faccia della democrazia strombazzata ad ogni piè sospinto.

Ma allora cosa succederà, beh, certamente saranno i Bertroni a vincere, largamente o di misura, e, in questo caso si accorderanno per usare il coitus interruptus in modo da sciogliersi a convenienza. Il giochetto elettorale, assai costoso, darà, in ogni caso, al nanetto di statura, ma secondo me anche mentalmente, la possibilità di tessere le sue ultime trame per morire da Presidente, sempre che “un fato benigno…”.

Ahi serva Italia


Zero Voto: l'ora dei Ribelli di Andrea Marcon

Non siamo quindi soli nel praticare e predicare l’astensione. Forse qualcosa comincia a muoversi, forse i ribelli si moltiplicano, come potete leggere qui sotto nelle prime di una serie di testimonianze sulla sempre più diffusa coscienza della truffa elettorale. O forse a moltiplicarsi sono solo coloro che vogliono facce nuove, che si indignano leggendo “La Casta” e credono che essere contrari sia a Berlusconi che a Veltroni significhi essere contro il Sistema.
Noi non ci accontentiamo di così poco: non puntiamo solo ai picciotti, puntiamo ai boss. Questa classe politica di inetti parassiti non merita neppure attenzione, preferiamo scagliarci contro i veri poteri forti e per farlo sappiamo che non basta cambiare gli attori ma lo spettacolo.
Zero Voto è prima di tutto un no alla democrazia rappresentativa, un no a questa farsa che vorrebbe regalare al popolo l’illusione di contare davvero qualcosa. E’ l’unica scelta logica e coerente, ma non può rimanere la sola. Non votare non basta, anzi di per sé può addirittura risultare funzionale al Sistema quanto il voto. E’ora di agire, di accompagnare il rifiuto alla legittimazione dell’esistente con la ricerca di un’alternativa. Basta rappresentanti, basta deleghe: è venuto il momento di agire in prima persona, di riappropriarsi della dignità politica perduta, di tornare protagonisti. E’ l’ora dei Ribelli.

Grillo e il non voto utile

Vocabolario Garzanti:
Voto [vó-to]:
1. espressione della volontà, quando si deve eleggere qualcuno o si deve decidere qualcosa collettivamente.
Utile [ù-ti-le]:
1. che può essere usato, che può appagare un bisogno
2. che apporta un vantaggio, un profitto; che è di giovamento efficace.
Il voto del 13 aprile non è contemplato dal vocabolario, non possiamo infatti eleggere qualcuno, ma solo fare una croce su un simbolo di un partito. Anche la decisione collettiva è esclusa dalle elezioni politiche. Non è infatti un referendum e neppure una proposta di legge popolare.
Per un utilizzo aggiornato della parola “voto” va quindi introdotto un nuovo significato:
1. manifestazione di carattere rituale con cui i cittadini ratificano le scelte dei partiti.
Passiamo all’aggettivo “utile”. Qui andiamo senz’altro meglio.
L’aggettivo “utile” insieme alla parola “voto” risignificata è perfetto: “voto utile”.
Il voto utile può “essere usato, può appagare un bisogno”. E’ facile dimostrarlo. Sottrae ai processi i condannati, riabilita i pregiudicati, sistema le mogli, stimola le amanti e piazza i figli di. Il voto utile “apporta un vantaggio, un profitto ed è di giovamento efficace”. Il ritorno economico è indubbio 25.000 euro al mese, la pensione dopo due anni e mezzo, le auto blu e, solo per i trasgressivi, coca e puttane e gli elicotteri dell’Aeronautica Militare.
La campagna per il voto utile è senza confini. Morfeo Napolitano lo ha ricordato in suo raro momento di veglia dal lontano Cile. Ha difeso i partiti, espressione della democrazia, e attaccato i facili populismi. Poi ha ripreso a dormire.
Lo psiconano e Topo Gigio sono da sempre in prima fila per il voto utile. Se li voti sei utile, altrimenti no. Testa d’Asfalto senza il vostro voto non avrebbe più Rete 4, i suoi amici pregiudicati, i conflitti di interessi. Il sindaco de Roma sarebbe costretto a andare in Ruanda o in Madagascar a scrivere libri e a salvare l’umanità in pericolo. Fatelo per loro. Fatelo per voi. Mandateli a fanculo il 13 aprile con un “non voto utile” alle elezioni politiche.
[nón] [vó-to] [ù-ti-le]:
1. riconquista dello Stato da parte dei cittadini
2. delegittimazione del parassitismo dei partiti.
V-day 25 aprile. Informazione libera in libero Stato.
Beppe Grillo

Cardini e l'astensione civica

I firmatari del presente documento confermano anzitutto di ritenere il voto un diritto e un dovere inalienabile del cittadino. Ciò premesso, è con profondo dolore, ma in piena coscienza, ch’essi ritengono di dovere, nelle prossime elezioni politiche del 13-14 aprile del 2008, esercitare eccezionalmente il loro diritto-dovere astenendosi dal voto.
Tale astensione non ha affatto carattere di rinunzia e tantomeno di qualunquistico disinteresse. Al contrario, essa nasce da una piena e profonda assunzione della responsabilità di un così grave gesto, nel nome e al servizio di una più alta coscienza civica.
Molti, e tutti fondamentali, sono i motivi che hanno condotto i firmatari a questa necessaria scelta, il fine ultimo della quale è la denunzia non solo dell’inadeguatezza, ma anche della sostanziale illegittimità della classe politica e parlamentare che uscirà dalle urne del 13-14 aprile, e pertanto della sostanziale illegittimità della maggioranza e del governo che sulla base di tale responso elettorale saranno espressi.
Pregiudiziale motivo, che rende obiettivamente impossibile il partecipare come parte dell’elettorato attivo alle prossime elezioni, è il fatto che le liste presentate sono frutto dell’insindacato arbitrio delle singole segreterie di partito le quali – attraverso lo strumento della negata possibilità di esprimere preferenze – hanno già fin d’ora disegnato la composizione delle due Camere e designato coloro che come senatori o deputati dovranno sedervi. Ciò riduce il ruolo dell’elettorato attivo a quello di semplice sanzionatore di decisioni prese senza il suo minimo contributo, sulla sua testa e in sua assenza. Si tratta nella pratica – come hanno già notato i componenti della Commissione Episcopale Italiana – di un colpo di mano di natura oligarchica, già messo in atto nelle precedenti elezioni. Ad esso si sarebbe potuto rimediare con un’opportuna riforma elettorale, che avrebbe dovuto precedere le prossime elezioni. Le segreterie dei vari partiti hanno concordemente scelto di perseverare nella pessima e forse addirittuta incostituzionale legge elettorale ancora vigente. Ora, poiché errare humanum est, sed perseverare diabolicum, anche quelli di noi che alle precedenti elezioni scelsero di votare nel nome del principio del “male minore” sono costretti ad arrendersi all’evidenza che esso è nell’attuale fattispecie inapplicabile. Da un Parlamento nominato dall’attuale vertice politico, espresso dalle segreterie, non può uscire che sempre e comunque un male di cui noi non vogliamo comunque e in alcun modo renderci complici. (continua...)
Franco Cardini
Alessandro Bedini

e, dulcis in fundo la lista pubblicata da Beppe Grillo per gli eletti alla Camera dei Deputati


13 aprile 2008

UN MONDO NUOVO E PERICOLOSO


Ciò che l’uomo ha unito, la natura non è capace di disunireAldous Huxley, “Brave New World”, Capitolo 2


I miei amici sono dei giocattoli. J.F. Sebastian (William Sanderson), “Blade runner”, 1982

Un agghiacciante articolo circa l’ingegneria genetica e la moralità

Chiamatemi strano ma uno dei momenti salienti del mio 2007 è stata una notte di dicembre quando alla fine riuscii nell’intento di vedere uno dei miei film preferiti sullo schermo argentato al più grande e migliore cinema di cui ero a conoscenza, lo storico Senator Theatre di Baltimora…

Film in questione: “Final Cut” di Ridley Scott del classico film fantascienza/noir del 1982 Blade Runner

Blade Runner è uno dei miei favoriti per una serie di motivi. A differenza di molti altri del genere fantascientifico, gli effetti speciali – sebbene incredibili per l’epoca e per il budget con cui furono creati – non sopraffanno la storia, ma la completano in una sublime sinfonia di eccellenza nella narrazione. La primaria ragione di ciò non è la rinomata eccezionale bravura di Ridley Scott nell’arte di fare cinema, la quale ci ha donato dei classici talmente indelebili quali Alien, Gladiator e ciò che è pressocchè universalmente riconosciuto come uno dei messaggi pubblicitari di tutti i tempi – il popolare spot Apple “1984” durante il Super Bowl dell’allora nuovo computer Macintosh …

A mio parere, è causata dall’ispirata ed ingegnosa capacità di rinnovata immaginazione dell’altrettanto ingegnosa fonte di materiali da parte degli sceneggiatori collaboratori Hampton Fancher e David People: il romanzo fantascientifico del maestro Philip K. Dick del 1968, Ma Gli Androidi Sognano Pecore Elettriche? Oltre ad essere un intenso, sfumato, singolare a livello visivo, all’incirca perfettamente realizzato esercizio dell’arte cinematografica (io credo sia la realizzazione di Scott di più alto livello come regista finora), ciò che in verità rende grande Blade Runner è la sua storia profetica fuori dal comune.

Una storia che diviene sempre più attuale con il passare del tempo.

Le Profezie di Blade Runner

Blade Runner è ambientato nell’anno 2019, a Los Angeles. Per coloro che non conoscono la storia, si tratta essenzialmente di un dramma poliziesco circa un poliziotto assassino il cui lavoro è rintracciare ed uccidere i superumani (chiamati replicanti), progettati geneticamente ed organicamente costruiti, presenti sulla Terra. I replicanti sono superiori alla gente comune per quanto riguarda la forza e perlomeno pari in intelligenza – e sono indistinguibili dagli esseri nati naturalmente senza l’esecuzione di dettagliati test di risposte emozionali. Educati al lavoro da schiavi, al combattimento e ai lavori pericolosi nelle “colonie extra-mondo”, i replicanti sono illegali sulla Terra, a rischio di pena di morte…

Questo non arresta alcuni di loro dall’arrivare sulla Terra in incognito. Entra in scena Rick Deckard (Harrison Ford all’apice della sua fama iniziale). I variabili tabelloni all’aperto alternano dei linguaggi con cui attirano la gente e generalmente dei volti con delle caratteristiche asiatiche. La maggior parte delle persone che si vedono per strada sono dei non bianchi. Chiaramente, gli USA (e presumibilmente, il mondo) è ancora dipendente dai carburanti fossili per molta parte della sua energia e come conseguenza il clima globale è cambiato …

Se le dimensioni, l’importanza e la stravaganza delle loro sedi aziendali non danno alcuna indicazione, una delle più influenti e redditizie imprese di Los Angeles è la Tyrell Corporation – produttori di replicanti al 100% organici, geneticamente progettati (e altri organismi duplicati fatti dall’uomo, accenna la sceneggiatura). Il loro motto è “More Human than Human”. Sembrerebbe che una quantità considerevole di persone siano impiegate in tale industria, oppure subappaltate da parte della Tyrell Corporation…



Ovviamente, le menti direttive di Blade Runner impiegarono tempo e sforzi considerevoli per immaginare come sarebbero stati gli Stati Uniti quattro decenni più tardi. E a giudicare dallo stato in cui siamo nel 2008, essi non si discostano molto dalla linea su numerose cose: la globalizzazione, l’immigrazione, il cambiamento in corso dell’identità culturale dell’America, la teoria circa i cambiamenti climatici e la nascita dell’ingegneria genetica.

È dell’ultimo elemento, l’ingegneria genetica, che vorrei parlare un po’ di più oggi…


Bambini di un “Dio” Trasgressore

In Blade Runner, i replicanti individuano e obbligano uno degli ingegneri genetici della Tyrell Corporation, J. F. Sebastian, ad organizzare un incontro con lo specialista designer e veterano dell’impresa, il Dr. Eldon Tyrell. Di ciò che trapela da quel colloquio non lo vanificherò in questa sede. Ma ciò che menzionerò è ciò di cui Sebastian si è circondato in casa sua. Essendo un designer genetico, Sebastian ha creato uno spazioso appartamento pregno di geneticamente aberranti pseudo umani il cui unico scopo nella vita è divertirsi e assisterlo…

Essi sono come animali domestici e sono progettati non per essere senza difetti – ma più divertenti o affettuosi rispetto ai tipici umani in virtù dei loro difetti. Essi sono di taglie anormali, hanno delle voci e dei vezzi anormali e sono chiaramente meno intelligenti e coordinati dei caratteristici umani. Sebastian li abbiglia con dei graziosi piccoli abiti, insegna loro a pronunciare delle banali frasi tipiche che lo ringrazino nel momento in cui egli ritorna a casa dal lavoro ogni giorno e li mette in posa in giro per la casa come dei peluche.

Questo, a mio parere, è l’aspetto profetico più terrificante di Blade Runner.
Pensate questo non possa accadere? Pensate che l’unico scopo dell’ingegneria genetica umana sia accelerare l’evoluzione, evitare le imperfezioni cromosomiche, assicurare una salute migliore ed eliminare le malattie? Pensate che noi umani siamo talmente virtuosi e d’animo elevato al punto da non creare intenzionalmente bambini imperfetti?

Pensateci ancora.

In questo momento, in Gran Bretagna, un paio di organizzazioni a favore dei diritti dei non udenti – il Royal National Institute for Deaf and Hard of Hearing People e la British Deaf Association – stanno facendo pressioni affinché venga concesso ai genitori non udenti (e presumibilmente, ai genitori dotati di udito) il diritto alla creazione genetica di bambini non udenti. I loro sforzi sono incentrati sull’emendamento di un disegno di legge che al momento è al vaglio nella House of Lords, la proposta di legge sui tessuti umani e sugli embrioni, che attualmente proibirebbero lo screening degli embrioni allo scopo di sceglierne uno con una anomalia. A detta dell’inglese Sunday Times, una più ampia coalizione tra organizzazioni che rappresentano persone disabili contribuirà anche alla campagna per tale emendamento della proposta di legge, a partire da questo mese.
Secondo un articolo dell’ Associated Press del 21 dicembre 2006, il 3% delle 137 cliniche americane sottoposte a sondaggio che offrono lo screening di embrioni hanno fornito il servizio alle famiglie che intendono creare un handicap nei loro bambini…

Le argomentazioni su entrambi i fronti della questione sono, nei loro aspetti, persuasivi. Ed essi aspramente illustrano semplicemente quanto sarà scivoloso l’argomento dell’ingegneria genetica umana in futuro. I gruppi che sostengono il diritto dei genitori nello scegliere un handicap nei loro bambini sono preoccupati che l’eliminazione genetica di condizioni come il nanismo e la sordità potrebbero essere equivalenti all’eliminazione di identità culturali di valore -- e indebolirebbe i genitori e i bambini costretti a convivere con tali parziali invalidità. E loro hanno ragione, per così dire…

Coloro che si oppongono nel dare ai genitori la capacità di scegliere bambini disabili dichiarano che essa sovverte il ruolo fondamentale della medicina – guarire, non fare male. Essi mettono sullo stesso piano la pratica e la intenzionale malattia invalidante dei bambini. E anche loro hanno ragione…

Si consideri anche questo: Se l’ingegneria delle invalidità divenisse accettabile a livello genetico prima della nascita, come potrebbe essere in qualche modo differente dall’inflizione delle stesse invalidità dopo la nascita? Se, per così dire, diventa in qualche modo un diritto dei genitori progettare la sordità o la cecità per i loro bambini a livello embrionale, non sarebbe anche un loro diritto attendere semplicemente sino alla nascita dell’infante, successivamente assordarlo con dei ripetuti colpi d’arma da fuoco vicino alle orecchie – o accecarlo cavandogli gli occhi? Solo una lieve sofferenza, qual è la differenza? I bambini vivono grazie alla circoncisione, vero?

Probabilmente, la gran parte delle forme di invalidità dopo la nascita sarebbero migliori rispetto alla stessa cosa fatta dall’ingegneria genetica. A differenza dello screening embrionico, la sordità post nascita o la cecità di un infante, sarebbe al 100% affidabile – e sarebbe di sicuro molto più economico rispetto a 15000 $ e oltre da pagare per procedure di ingegneria genetica…

Il che significherebbe più denaro che avanza per costruire una casa per i bambini adatti ai sordi – o ai non vedenti !

Inoltre, quando si porrà fine al “Statute of Limitations” sui bambini disabili? Se un padre single, per sempio, dovesse divenire sordo a causa di un’esplosione sul luogo di lavoro, allora potrebbe tornare a casa e far divenire sorda sua figlia di nove anni per sostenere la propria identità culturale o/e rafforzare la sua unità familiare?

A prescindere da questo, se il diritto di progettare dei bambini geneticamente risiedesse totalmente nelle mani dei genitori, chi arresterebbe tali genitori sregolati (si veda anche Spears, Britney) dal progettare creature totalmente dipendenti da loro? Se i genitori con una bassa stima di sé stessi vedessero l’educazione dei loro figli come un modo per rendere valide le loro vite o per ristorare il loro proprio senso di validità, cosa ci sarebbe di meglio per assicurare una vita del genere che creare un bambino con difficoltà mentali o motorie che non potrebbe mai abbandonare il nido?

Estrapolazioni e supposizioni (assurde o di altro genere) a parte, qualcuno qui sta per interpretare Dio, in ogni modo si ponga la questione. Sia il Governo che l’azienda ospedaliera lo faranno determinando dove esistono i confini nei termini di ciò che è in nostro potere “progettare” e in nostro potere costruire nei nostri bambini – oppure i genitori disabili creeranno figli a loro immagine imperfetta, o per la convalida della loro infermità…

In conclusione: sarebbe giusto verso i bambini il progettare la loro sordità, la loro cecità, il loro nanismo o altre inabilità per assicurare la sopravvivenza dell’identità culturale dei loro genitori? Sarebbe giusto verso i bambini se fossero intenzionalmente procreati inferiori, oppure incapaci, come da terapia, per le nevrosi dei loro genitori?

Ma questo è l’aspetto più disturbante di questa equazione: Tanto spaventoso e promettente potrebbe essere il potere dell’ingegneria genetica per i genitori, ma potrebbe divenire persino più rischioso fornire al governo tale autorità…

Un nuovo mondo pericoloso

Nel classico di Aldous Huxley del 1932 Brave New World [letteralmente “un nuovo mondo coraggioso”, tradotto in Italia col titolo “Il Mondo Nuovo” n.d.t.], la stragrande maggioranza delle persone (coloro che fanno parte dello Stato Mondiale) sono sterili, il matrimonio, l’essere genitori e la famiglia sono obsoleti tra di loro, e i bimbi sono procreati e allevati in laboratorio da parte del governo per rispondere alle esigenze della società.


Ecco qui il motivo per cui ho menzionato questo: Non importa quanto noi qui in America facciamo del moralismo, l’ingegneria genetica umana sta giungendo su questo mondo. È già presente sotto forma di “screening prenatale” – e non passerà molto tempo ancora prima che si possano decidere sempre più i tratti di un bambino al posto suo. Una coppia potrà fornire la materia prima, il proprio DNA, e la scienza potrà aggiungere dei tratti positivi, sottrarre quelli negativi, misurare l’intelligenza, incorporare l’immunità e unire il colore dei capelli, il colore degli occhi, l’altezza, il tasso metabolico, la preferenza sessuale, ecc. ora, quante persone in questa impavida Utopia, opterebbero per bambini naturali al posto di bambini superintelligenti prodotti dall’ingegneria genetica, “super-bambini” a prova di malattia?

Non molti, scommetto.

E ciò significa che oltre il lasso di tempo di una singola generazione, la naturale Yin e Yang darwinistica tra chiaro e oscuro, forte e debole, audace e vulnerabile, la gente bella e schietta sarebbe innaturalmente incline al lato “perfetto” dello spettro. Al contrario di un america in cui la gente copre la gamma di tutte le forme, le taglie, le attrattive e la serie di abilità che soddisfano ogni lavoro ed esigenza all’interno della nostra società – dal fisico allo scavatore – si avrà un eccesso di belle persone intelligenti, appropriate, audaci, perfettamente adatte alle posizioni più intellettuali, e una carenza di coloro adatti a incarichi più umili, seppure non meno necessari.

Lo sporco piccolo segreto della società americana è che, al di là di quanta retorica sulle opportunità e sulle conquiste ci gettano addosso le nostre scuole, i genitori, i tutori del dopo scuola, i film, i terapisti e i guru fai da te, la realtà brutale è che non necessitiamo di così tanti supermodelli, professori, avvocati, medici, artisti e giudici della Corte Suprema. Per ognuno di questi, noi avremmo bisogno di 100 scavatori, idraulici, saldatori, muratori, meccanici di auto, braccianti agricoli, tassisti, trasportatori e venditori porta a porta. La grande maggioranza dei lavori e dei compiti in America (e in ogni paese, se è per questo) cade nel novero di quelli meno desiderabili, meno affascinanti e poco remunerativi...

In definitiva: se non saremo saggi nel modo di applicare questa tecnologia di ingegneria genetica inevitabilmente umana, finiremo per fornire al governo il potere di dire negli Usa quali figli potremo avere in base ai bisogni della società. Diventare genitori--ed essere felici e grati allo stato per qualunque tipo di figlio ci permetta di avere--potrebbe semplicemente diventare un dovere in più del Buon Cittadino, proprio come pagare le tasse.

Fonte: http://carolynbaker.net/

12 aprile 2008

Un'altra Casta: i Sindacati


Dopo la casta dei politici e dei giornalisti, trattiamo la casta dei sindacalisti. Il triumvirato dell'informazione detiene un primato che appartiene a loro. Sarà per questo che Grillo lancia il Vday 2 contro l'informazione e i detentori senza contradditorio. Tanto è inutile, se non lo dice la Tv o i giornali non esistono. "Una bugia ripetuta tante volte diventa vera della verità", Goebbels

- Alitalia, a chi si dovrebbe vendere?

*Piloti e hostess lavorano molto meno* dei loro colleghi di altre compagnie.Però costano tanto di più. Grazie a una giungla di benefit, difesi con le
unghie e con i denti e puntigliosamente elencati in un contratto degno di Harry Potter, dove tutti i mesi durano quanto febbraio e il giorno di riposo
comprende due notti.

Un giorno è un giorno. Dal Circolo polare artico fino alle isole di Tonga, è uguale per tutti. Ma non per i piloti dell'Alitalia. È scritto nero su
bianco a pagina 2 del Regolamento sui limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti di riposo per il personale navigante approvato, con la delibera
n. 67 del 19 dicembre 2006, dal consiglio di amministrazione dell'Enac,l'Ente nazionale per l'aviazione civile. Il terzo comma dell'articolo 2
disciplina il «giorno singolo libero dal servizio».

*Che viene così descritto: «Periodo libero da qualunque impiego* che comprende due notti locali consecutive o, in alternativa, un periodo libero
da qualunque impiego di durata non inferiore a 33 ore che comprende almeno una notte locale». Un giorno di 33 ore o con due notti? Quando si tratta del
personale di volo della ex compagnia di bandiera italiana, e dei relativi regolamenti di lavoro, bisogna abbandonare ogni convenzione, dal sistema
metrico decimale all'ora di Greenwich: per loro non valgono.

*Vivono in un mondo a parte, dove tutto è dorato*. Da sempre veri padroni dell'azienda, piloti e assistenti di volo si sono dati delle norme di lavoro
consone al loro status (a proposito: i capintesta dei sindacati degli autisti dei cieli hanno una speciale indennità economica che percepiscono
anche se se ne stanno incollati a terra tutto l'anno). Secondo il regolamento dell'Enac, dove è specificato che hanno diritto a riposare su
poltrone con una reclinabilità superiore al 45% e munite di poggiapiedi regolabile in altezza, non devono volare più di cento ore nel corso del
mese.

*Anzi nei 28 giorni consecutivi, come hanno preferito scrivere*: e si vede che per loro è sempre febbraio. Nell'intero anno, cioè nei dodici mesi (se
non hanno modificato a loro uso e consumo pure il calendario) il tetto non è, come da calcolatrice, mille e 200 ore (100 per 12) ma 900, e vai a sapere
perché. Nel contratto, che l'azienda si rifiuta di fornire ai giornalisti,come del resto qualunque altro dato sulla produttività dei dipendenti,
l'orario però si riduce. Nel medio raggio, la barriera scende a 85 ore al mese. Che nel trimestre non diventano 255, ma 240. E nell'anno non arrivano,
come l'aritmetica sembrerebbe suggerire, a mille e 20, ma a 900.

*Ma non è neanche questo il punto: fosse vero* che volano così tanto (tra gli assistenti di volo l'assenteismo è all'11%). I numeri tracciano un quadro un po' diverso e dicono che nel medio-corto raggio gli steward e le hostess (alla fine del 2007, 480 di queste ultime su 4300, cioè l'11%, erano praticamente fuori gioco perché in maternità o in permesso in base alla legge che consente di assistere familiari gravemente malati) restano tra le nuvole per non più di 595 ore l'anno. Vuol dire 98 minuti al giorno, il
tempo che molti Cipputi impiegano per fare su e giù tra casa e fabbrica. A titolo di raffronto, un assistente di volo della Lufthansa vola 900 ore, uno
della Iberia 850 e uno della portoghese Tap 810. Restando in Italia, una hostess di AirOne si fa le sue belle 680 ore.

*I piloti, poi, alla cloche sembrano quasi allergici:* la loro performance non va oltre le 566 ore, che significano 93 minuti al giorno. I loro pari
grado riescono a pilotare per 720 ore all'Iberia, per 700 alla Lufthansa e all'AirOne, per 680 alla Tap e per 650 all'Air France. I nostri, insomma,
non sono esattamente degli stakanovisti: in media fanno, tra nazionale e internazionale, 1,8 tratte al giorno, contro le 2,4-2,75 dei colleghi di
AirOne. In compenso, sono molto più cari di tutti gli altri. Un assistente di volo con una certa anzianità può arrivare a costare ad Alitalia 86 mila e
533 euro, contro i 33 mila che deve mettere nel conto la compagnia di Toto (AirOne, ndr ).

*Il comandante di un Md80 dell'azienda della Magliana* ha un costo del lavoro annuo pari a 198 mila e 538 euro. Per la stessa figura professionale
i concorrenti italiani non sborsano più di 145 mila euro. Sempre restando allo stesso tipo di aereo, per pagare il pilota Alitalia ha bisogno di 108
mila e 374 euro, tra i 28 e i 33 mila in più di AirOne o di un'altra azienda italiana. Il mix di orari da impiegati del catasto e stipendi da
superprofessionisti crea un cocktail che risulterebbe micidiale per qualunque azienda: facendo due conti viene infatti fuori che alla fine
dell'anno Alitalia spende per ogni ora volata da un suo comandante qualcosa come 350,8 euro. Contro i 207,1 di AirOne. Una differenza del 69,4% che
manderebbe fuori mercato chiunque. Soprattutto se si considera anche che un aereo della ex compagnia di bandiera viaggia con un equipaggio superiore di
un buon 30% rispetto alla media dei concorrenti.

*Il risultato finale è che in Alitalia il tasso di efficienza* per dipendente è pari, secondo i calcoli dell'Association of European Airlines,
a poco più della metà di quello che può vantare la Lufthansa. Che i passeggeri trasportati sono 1.090 per dipendente, contro i 10 mila e 350 di
Ryanair. E che nel 2004 il ricavo medio per ogni lavoratore impiegato non andava oltre i 199 mila euro, poco più di un terzo rispetto a quanto
registrava ad esempio Ryanair (513 mila euro).

*In Alitalia comandano i sindacati* (che nel solo primo semestre del 2005 hanno proclamato scioperi per 496 ore: quasi 3 ore ogni 24). E si vede. Il
contratto in vigore dal 1° gennaio 2004 dice che, nel medio raggio, una hostess o un pilota non possono essere utilizzati per più di 210 ore al mese
(che, con il solito giochino, diventano 600 nel trimestre e 1.800 nell'anno). Ebbene, se uno di loro parte da Roma per andare a prendere
servizio a Milano la metà della durata del viaggio che lo vedrà impegnato nelle parole crociate viene considerata servizio.

*La tabella dell'Enac che stabilisce*, a seconda dell'orario di inizio del turno, su quante tratte continuative può essere impiegato il personale
navigante prevede cinque diverse ipotesi. Che salgono a diciassette nell'accordo sottoscritto da azienda e sindacato. Dove è stabilito per il
personale navigante il diritto a 33 giorni di riposo a trimestre (ad AirOne sono 30), che aumentano fino a 35 per chi è impegnato nel lungo raggio. In
base al contratto, al termine di ogni volo deve essere garantito un riposo fisiologico di 13 ore, che sul lungo raggio deve risultare invece pari al
numero dei fusi geografici attraversati moltiplicato per otto, con un minimo però di 24 ore. Boh.

*Semplicemente geniale è poi il nuovo sistema retributivo*, in vigore dal 1°gennaio 2005. Sono rimasti, ovviamente, lo stipendio base (quattordici
mensilità) e l'indennità di volo minimo garantito: quaranta ore, che uno le faccia o meno. Le dieci voci che componevano la parte variabile della
retribuzione di un pilota (compreso il cosiddetto «premio Bin Laden» corrisposto, dopo l'attentato alle Torri gemelle di New York, a tutti quelli
che viaggiano in Medio Oriente e dintorni) sono state tutte sostituite da un'unica indennità di volo giornaliera (per un comandante è pari a 177 euro
se è impegnato sul lungo raggio e a 164 se vola sul medio, cifre alle quali va sommata la diaria, che sono altri 42 euro, per un totale che può quindi
arrivare a 219 euro). Indennità che scatta tutta intera anche se il pilota sta alla cloche solo per mezz'ora o semplicemente si trasferisce
all'aeroporto da dove prenderà servizio. E perfino se il suo volo viene cancellato dopo che lui ha già raggiunto quello che doveva essere lo scalo
d'imbarco. Per di più, aumenta se c'è uno spostamento dei turni rispetto al calendario originale.

*Siccome poi lavorare stanca, il contratto prevede* l'istituzione di una Banca dei riposi individuali dove confluiscono i crediti che si ottengono
per esempio quando l'aereo viaggia con personale ridotto (un riposo ogni due giorni) e dalla quale hostess e piloti possono attingere pure degli
anticipi. Non è invece dato sapere se le parti hanno raggiunto un accordo su una nuova indennità graziosamente prevista nell'ultima intesa: il premio di
puntualità, che per i passeggeri assume davvero il sapore della beffa. Mentre è alla direttiva dell'Enac che bisogna tornare se si vuole conoscere
la dettagliatissima disciplina della cosiddetta «riserva», i periodi di tempo nei quali il personale navigante deve essere pronto a rispondere a
un'improvvisa chiamata.

*Premesso che si può essere messi in riserva* solo dopo aver goduto di un riposo, si stabilisce che la metà del tempo trascorso a casa con le
pantofole ai piedi va considerata come servizio. Bingo. Di più: che se l'attesa si consuma inutilmente perché il telefono non trilla, e dev'essere
proprio per lo stress, scatta un successivo periodo di riposo di almeno otto ore, che in alcuni casi salgono a dodici. Ed è sempre il premuroso Enac a
stabilire che a piloti e hostess, una volta a bordo, deve essere dato da mangiare una volta ogni sei ore, come ai pupi, e adeguatamente, «in modo da
evitare decrementi nelle prestazioni».

*Di alcuni privilegi o istituti incomprensibili nessuno ricorda* neanche l'esatta origine. Ci sono e basta. Così, le hostess continuano ad avere una
franchigia di ventiquattr'ore al mese, che in pura teoria dovrebbe coincidere con l'inizio del ciclo mestruale, ma si racconta del caso di una
di loro che ha chiesto la giornata del 31 come permesso per il mese di dicembre e quella del 1° per il mese di gennaio: misteri del corpo
femminile. Sempre le assistenti di volo, quando vanno in maternità vengono retribuite per tutto il tempo con lo stesso stipendio guadagnato nell'ultimo
mese di servizio, che, guarda un po', svolgono regolarmente sul lungo raggio, per far salire l'importo della busta paga. I piloti, invece, non
possono atterrare due volte nello stesso scalo in un solo giorno. La logica della regola, che pare non sia neanche scritta ma frutto della consuetudine,
è imperscrutabile.

*La conseguenza, però, è chiara: la crescita delle spese* per le trasferte.A partire da quelle per gli alberghi, che in Alitalia vengono scelti da
un'apposita commissione dopo attento esame dei loro requisiti: con il risultato che l'importo medio è superiore del 45% a quello sostenuto dagli
altri vettori. Solo per le 300 stanze prenotate tutto l'anno per i dipendenti che, anziché essere trasferiti a Malpensa, vanno su e giù da
Roma, la compagnia ha in bilancio 45 milioni. Nella babele dei benefit, per un certo periodo tutto il personale viaggiante ha poi goduto di una speciale
indennità per l'assenza del lettino a bordo di alcuni 767-300: alcune centinaia di euro che venivano corrisposte anche a chi volava su aerei
dotati delle cuccette in questione.

*I lavoratori più coccolati d'Italia quando viaggiano* per piacere godono di
una politica di sconti davvero generosa. Argomento sul quale l'azienda ha di
nuovo una tale coda di paglia da rifiutarsi di fornire chiarimenti. Ma è il
segreto di Pulcinella: i dipendenti (e con loro i pensionati) hanno diritto
ad acquistare (anche per i loro cari: figli e coniugi o conviventi) i
biglietti con una riduzione del 90% sulla tariffa piena, se rinunciano al
diritto alla prenotazione. Il taglio scende invece al 50% se vogliono il
posto garantito, magari perché vanno a festeggiare l'ultima promozione, che
in Alitalia non si nega davvero a nessuno. Nel 2007 la direzione per la
finanza dell'azienda della Magliana poteva contare su 152 persone: 20
dirigenti, 52 quadri e 80 impiegati. In quella per il personale i soldati
semplici (61) prevalevano di una sola unità sui graduati (60: 25 dirigenti e
35 quadri).

*Dev'essere anche per questo che il consiglio di
amministrazione*dell'azienda ha sentito la necessità di garantirsi
l'ombrello di una polizza
assicurativa a copertura di possibili azioni di responsabilità nei confronti
di chi ha guidato la baracca. E si è reso così complice dei sindacati. Ai
quali invece nessuno potrà mai presentare il conto.

Cgil, Cisl e Uil: l’esercito di intoccabili di Cinzia Romani

Roma - Una casta all’ombra dei suoi consolidati privilegi s’aggira per l’Italia, aprendo e chiudendo trattative sulla pelle ormai lisa dei lavoratori, oltre che dei contribuenti. E nel paese bollito in sacche di spreco, gonfie di fatturati miliardari e bilanci segreti, mentre lo Stato paga i settecentomila delegati (sei volte di più dei Carabinieri), che a noi costano 1 miliardo e 845mila euro l’anno, esce un libro, ustionante come acido muriatico negli occhi della Triplice. S’intitola «L’altra casta. Privilegi. Carriere. Stipendi. Fatturati da Multinazionale. L’inchiesta sul sindacato» (da domani in libreria, con lancio da strenna natalizia) il documentato volume Bompiani di Stefano Livadiotti, firma del settimanale «L’Espresso», che in 236 pagine (prezzo 15 euro) mette il dito su una piaga purulenta quanto quella dei partiti. Contrordine, compagni, dopo che Diliberto ha ceduto il proprio posto in lista a un operaio della Thyssen, intanto che il suo vecchio sodale Cossutta lo accusa di «plebeismo demagogico»? Ma sì, è ora, è ora: potere a chi lavora. Sul serio, però, non come i membri dell’altra casta, quella sindacale, i cui permessi equivalgono a un milione di giorni lavorativi al mese, costando al nostro sistema 1 miliardo e 854 milioni di euro l’anno. E c’è da giurarci che il trio di sigle si arrabbierà parecchio leggendo l’impressionante dossier, proprio mentre cerca di sopravvivere a se stesso, magari sulle carcasse di Alitalia. Lo strapotere delle tre grandi centrali confederali, Cgil, Cisl e Uil, è nell’occhio del ciclone da un ventennio, tanto che, in base ai sondaggi, un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. Difficile affidarsi ai sindacati, che promettono bilanci consolidati, salvo poi evitare di trasferirli nero su bianco. Ma in che modo l’altra casta è diventata intoccabile, quando anche i sassi sanno che se c’è un problema di costi della politica, esso riguarda pure il sindacato, teso a intimidire la collettività con la propria capacità di mobilitazione? «Il giro d’affari di Cgil, Cisl e Uil ammonta a 3.500 miliardi di vecchie lire e il nostro è un calcolo al ribasso», avvertiva nel 2002 il radicale Capezzone.

Se del Quirinale si sa che spende il quadruplo di Buckingham Palace, fare i conti in tasca all’altra casta, lardellata di un organico di 20mila dipendenti, è questione controversa, tanto diversificate risultano le sue fonti di guadagno. La slot machine più veloce coincide con le quote versate dagli iscritti: l’1 per cento della paga-base. E i pensionati? Fruttano circa 40 euro l’anno, che però fanno brodo, nel sostituto d’incasso complessivo: 1 miliardo l’anno.

All’erogazione di liquidità, poi, pensano le aziende, con le trattenute in busta paga ed ecco bypassato il costo dell’esazione. E i soliti pensionati, visto che anche la miseria è un’eredità? Provvedono gli enti di previdenza: nel 2006 l’Inps ha girato 110 milioni alla Cgil, 70 alla Cisl e 18 alla Uil. Eppure, nel 1995 Marco Pannella promosse un referendum per abolire l’automatismo della trattenuta in busta paga, regalino vintage (del 1970) dello Statuto dei lavoratori. Nonostante gli italiani abbiano votato a favore, il meccanismo fu salvato comunque dai contratti collettivi. Quanto al rinnovo periodico della delega, per il cui tramite il pensionato autorizza l’ente previdenziale a trattenersi una quota sulla sua pensione, si è fatto in modo d’insabbiare l’emendamento al decreto Bersani (presentato da Fi), che rompeva le uova nel paniere sindacale. E siccome i pensionati sono poveri, ma tanti, è nei loro gruzzoli che si ficcano i Caf, quei centri di assistenza fiscale, trasformati in business per il sindacato. Gli enti previdenziali, infatti, pagano per le dichiarazioni dei redditi dei pensionati: nel 2006 l’Inps ha travasato ai 74 Caf convenzionati 120 milioni. Così Cgil, Cisl e Uil, unite, hanno incassato 90 milioni circa. Invano la Corte di giustizia europea, persuasa che il monopolio dei Caf violasse i trattati comunitari, tre anni fa mise in mora l’Italia, con qualche lettera di richiamo. Ma se i bramini dei Caf vanno sotto schiaffo, quelli dei patronati, le strutture d’assistenza ai cittadini per le pratiche previdenziali, la cassa-integrazione e i sussidi di disoccupazione, non si toccano. E si estendono dall’Africa al Nordamerica, per tacere dell’Australia, con conseguente sospetto che svolgano un ruolo attivo nel pilotare il voto degli italiani all’estero. Nel 2006, l’Inps ha speso 248 milioni, 914mila e 211 euro tra Inca-Cgil, Inas-Cisl e Ital-Uil. Altro business in cui affondare le mani, è quello della formazione. Ogni anno, l’Europa manda in Italia 1 miliardo e mezzo di euro, per la formazione professionale. E 10 dei 14 enti, che annualmente si spartiscono metà dei finanziamenti nazionali, sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil. Ma la vera forza dell’altra casta viene dai beni immobili, patrimonio sterminato, tutto da dissotterrare, mentre la Cgil conta 3mila sedi in Italia, di proprietà delle strutture territoriali; la Cisl, 5mila e la Uil concentra gli investimenti sul mattone in una società per azioni, controllata al cento per cento dalla Labour Uil, con 35 milioni e 25mila euro di immobili in bilancio. Va da sé che gli inquilini Vip di tanto bendiddio abitativo sono loro, i vecchi mandarini con un piede nella jacuzzi ai Parioli a un altro sulla pista di Fiumicino.

*Tratto dal libro di Stefano Livadiotti "L'altra casta". L'inchiesta sul
sindacato, (Bompiani)

11 aprile 2008

Il momento del non voto UTILE


Proseguendo con la carrellata elettorale


Amore per la politica? No! Solo per gli sghei! di kiriosomega

Povera Italia, paese crocevia di disparati interessi sopranazionali che la tormentano. Povera Italia, di cui gli –amati- invasori, che ci liberarono dai nostri padri o nonni, hanno paura perché rimasta fucina d’idea Fascista nonostante Hollywood ed i suoi film. Povera Italia, paese squassato da sovrabbondanti interessi di casta che tale è, e si mantiene, per il regime clientelare che governi e partitocrazia hanno imposto dal dopo guerra ad oggi. Povera Italia, paese in cui i politicanti sono contro ogni amor patrio, almeno quello che loro tocca per nascita. Ma viva l’Italia, secondo gli italyoti, l’Italia ladrona e becera, bigotta e tignosa, crapulona e povera in canna, utile solo a loro che purtroppo la infestano rendendola simile a se stessi!

Gli italiani hanno di che urlare disperati, ed invece chi lamenta i propri lai, come vergine cuccia dissacrata, sono proprio gli italyioti partiti politici, specie quelli che otterranno, purtroppo, il massimo suffragio. Così il Berlusconi, l’ometto dai mille processi a suo carico mai svolti, strepita per paura di brogli elettorali che il suo (W)alter ego politico potrebbe porre in opera coadiuvato dall’aborrita Sinistra. Ma l’abominevole e infida Sinistra altrettanto s’agita, chiassando, contro l’anziano neocon antagonista, e proprio per gli stessi timori.

Anche per questo gli italiani hanno da disperarsi, infatti, a giorni alterni, l’un partito si scaglia contro l’altro sostenendo che i sondaggi lo indicano vincente anche d’oltre dieci punti percentuali, che sono un gran numero di voti, ma poi asserisce cha ha paura che brogli lo affossino. E con questa farsa da stolido avanspettacolo, invece di reale e leale propaganda elettorale verso la nazione, il Veltrusconi sposta a piacimento il suo dire di misere idee che, in ogni caso, mai nasceranno perché solo promesse elettorali.

Ma la gravità della situazione trascende i miseri starnazzamenti di PD e PDL, perché una miriade di “partitini”, senza storia e speranze, si sono affacciati alle votazioni. Partitini simili a nanerottoli per la loro esiguità, ma anche ad informi associazioni forse senza nemmeno velleità di superare gli sbarramenti elettorali per accedere ai palazzacci della politica. Perciò, la domanda che sorge spontanea è: “Perché”.

Ritengo che ci sia poco d’arzigogolare alla ricerca di risposte oggettivamente valide sulla proliferazione di carrozzoni e carrozzine politiche, infatti, in un’epoca dove il dio trino è solo quattrino, anche per la chiesa gerarchica, la risposta che investe la realtà di partiti e partitini è unicamente quella del “business is business”!

Dimostriamo la tesi, e ci renderemo conto che abbiamo colto il segno.

Torniamo con il pensiero al referendum del 18 aprile 1993, e ripensiamone il risultato. Ricorderemo che il 90,3% dell’italica popolazione ambiva la soppressione del finanziamento pubblico dei partiti, e il solo apparentemente innocuo TopolinAmato, allora primo ministro, dovette prendere atto della situazione con parole inequivocabili: “Cerchiamo d’essere consapevoli, l’abolizione del finanziamento statale non è fine a se stesso, esprime qualcosa di più. Il ripudio del partito parificato agli organi pubblici e collocato tra essi…”.

Ma cosa resta di quei propositi e dell’italica volontà dopo quindici anni di politica volutamente pasticciona ed infingarda? Politica, ahimé, sempre più italyota anche per la continua e machiavellica suddivisone delle responsabilità sociali, giuridiche ed amministrative. Nulla, non resta nulla, tranne la casta sempre più casta, perché gli italyoti, proclivi agli inchini, abbassandosi, fanno apparire e vedono grandi gli arroganti che stanno in piedi.

Da allora i nostri questuanti, intesi come “quae vir tuus petet”, della politica cercarono provvedimenti sino a sentenziare: “Il voto degli italiani deve essere interpretato e non apprezzato, perciò bla…bla…bla… trasformarono il finanziamento pubblico cui erano tacitamente assuefatti in rimborsi elettorali, perché la politica costa. Così, i maneggioni dei partiti, dunque, in primis i loro maggiori dirigenti, quelli dell’oligarchia da primi della “lista” in ogni occasione, s’arricchiscono anche attraverso questo meccanismo.

E’ ormai da molti risaputo che, pur una legislatura terminando prematuramente, i partiti continuano a ricevere i rimborsi elettorali come se la stessa continuasse per tutta la sua durata giuridica. In altre parole lo Stato regala molti milioni d’euro ad associazioni politiche che “pubbliche non sono”, e che lucrano anche sulle nuove elezioni che sono ripagate nuovamente per intero.

Diversi giornalisti, secondo me ben pagati dal potere che li alleva, hanno ultimamente scritto ed asserito che “in fin dei conti non sono le spese della politica a svenare l’Italia, e che è giusto che i disonorevoli percepiscano le somme che incamerano”. Poche volte ho ascoltato simili grossolane idiozie in tema d’avvenimenti economici, ma si sa, sempre il potere della casta sibillinamente si difende attaccando in maniera ovattata al bisogno.

Così, dopo diverse riforme della legge sulla retribuzione elettorale ai partiti, incluso il decreto Bersani del 04/Agosto/2007, scopriamo che l’appannaggio ad essi erogato è talmente solido da riuscire a scatenare gli appetiti di chiunque è detentore di qualsiasi associazione che vuole immettere nell’arengo politico. Però, per i peones, realizzare il sogno d’arricchimento non è facile!

Personalmente, a questo proposito ho voluto condurre, nella presente tornata elettorale, una personale ricerca sulle difficoltà che incontra il “disgraziato” di periferia con il pallino di fondare un partito.

Intanto, punto primo, si deve scoprire, ma questo avviene abbastanza in fretta, che l’iter per la fondazione è diverso secondo che si tratta di “partito-lista” comunale, regionale, nazionale mentre l’ancora ignaro speranzoso e presuntuoso signor nessuno è grottescamente rimpallato per più giorni, e per più viaggi, dalla sezione elettorale comunale alla Prefettura, e da questa alla Procura della Repubblica perché certe disposizioni legali … Morale della favola, il cittadino peones si ritrae dal suo proposito dopo cinque sei giorni per: “Non ne posso più d’essere preso per il culo da gentaglia che sorridendo ti dice sempre che sei nell’ufficio sbagliato mentre ti commisera come ebete”!

Provai la ricerca per la fondazione di un partito regionale. Ciò fu ancor peggiore e brutale, perché alle spese telefoniche e di spostamento in loco si aggiunsero le spese per lo spostamento “fuori loco” con pranzi, cene e costi alberghieri. Morale della favola, il cittadino peones si ritrae dalla suo proposito idea dopo cinque sei giorni per: “Non ne posso più d’essere preso per il culo da gentaglia che sorridendo ti dice sempre che sei nell’ufficio sbagliato, mentre ti commisera come ebete”!

Nella ricerca per la fondazione di un partito con presenza su tutto il territorio nazionale, i costi che sostenni non lievitarono, ma solo perché le “ricerche” delle vie giuste per l’ottenimento del risultato le svolsi telefonicamente, e ridotte a solo tre giorni di depistamenti da parte d’impiegati romani giusto per non dare anche a loro il piacere del: “Non ne posso più d’essere preso per il culo da gentaglia che sorridendo ti dice sempre che sei nell’ufficio sbagliato mentre ti commisera come ebete”!

Già dal breve veritiero racconto s’apprende che, per iniziare l’avventura, ci si deve prostituire con almeno due disonorevoli uscenti che avallino la tua richiesta. A questo punto incominci ad ottenere informazioni con costi ancora virtuali, ma che diverranno presto reali a favore dei “politicanti” trombati che t’aiutano.

Chi riuscirà a superare le disavventure che ho “sperimentalmente” patito, quando la sua lista si troverà “in campo” d’elezioni nazionali avrà il suo tornaconto qualunque sia il proprio esito elettorale. Infatti, questo è in Italia il miglior sistema per investire denari, e ciò avviene con l’attribuzione di un utile altissimo che lo Stato dona al signor nessuno che già fece il salto di qualità non appena i due politicanti trombati lo aiutarono. Già al raggiungimento dell’1% elettorale, con l’attuale legge, l’appannaggio del signor nessuno è di ben oltre 2milioni d’euro, a fronte di una spesa di qualche centinaio di migliaia d’euro. Si calcola che lo Stato italiano spenderà, per i rimborsi elettorali, oltre 450milioni d’euro che cadranno a pioggia anche su partiti e politicanti che in queste elezioni non potranno “classificarsi”, ma che con il peculio arraffato si presenteranno alle “europee” con determinazione a vincere anche per mancanza di concorrenti più agguerriti di loro. Insomma, tra parlamentari italiani ed eurodeputati, anche i trombati tra i primi si sistemeranno con ottimi redditi da ozio! E c’è di più, perché per i disgraziati cui ogni cosa sarà fatale, per un avverso destino, ci saranno due possibilità non indifferenti. La prima, d’essere immessi d’ufficio in una “partecipata regionale o comunale”; la seconda, se la iella li accompagnerà insistente, si mostrerà con l’assegno di “di solidarietà di fine mandato”.

Ovviamente, al dilagare di questo malcostume le cui spese sono addossate al lavoratore si potrebbe porre rimedio, ma la casta che s’auto legittima con il clientelismo, e con leggi sempre a favore, non ha interesse a cambiare. Anzi, da noi, anche i compagni ormai vanno in vacanza con il “Grand Soleil da 40 piedi”! Intanto, un altro compagno dal colle recita che il voto deve essere espresso perché diritto del cittadino, e che non esistono voti inutili (deve guadagnarsi la pagnotta anche lui!). Insomma, logicamente parafrasando possiamo affermare: “cornuti e mazziati” perché ormai non ci fanno più nemmeno votare il nome del candidato che si propone ma che è imposto, ma ciò è proprio quello che si vuole da parte della casta, ossia, lasciare il diritto di voto solo a pochi eletti “per portafogli”. Alla faccia della democrazia strombazzata ad ogni piè sospinto.

Ma allora cosa succederà, beh, certamente saranno i Bertroni a vincere, largamente o di misura, e, in questo caso si accorderanno per usare il coitus interruptus in modo da sciogliersi a convenienza. Il giochetto elettorale, assai costoso, darà, in ogni caso, al nanetto di statura, ma secondo me anche mentalmente, la possibilità di tessere le sue ultime trame per morire da Presidente, sempre che “un fato benigno…”.

Ahi serva Italia


Zero Voto: l'ora dei Ribelli di Andrea Marcon

Non siamo quindi soli nel praticare e predicare l’astensione. Forse qualcosa comincia a muoversi, forse i ribelli si moltiplicano, come potete leggere qui sotto nelle prime di una serie di testimonianze sulla sempre più diffusa coscienza della truffa elettorale. O forse a moltiplicarsi sono solo coloro che vogliono facce nuove, che si indignano leggendo “La Casta” e credono che essere contrari sia a Berlusconi che a Veltroni significhi essere contro il Sistema.
Noi non ci accontentiamo di così poco: non puntiamo solo ai picciotti, puntiamo ai boss. Questa classe politica di inetti parassiti non merita neppure attenzione, preferiamo scagliarci contro i veri poteri forti e per farlo sappiamo che non basta cambiare gli attori ma lo spettacolo.
Zero Voto è prima di tutto un no alla democrazia rappresentativa, un no a questa farsa che vorrebbe regalare al popolo l’illusione di contare davvero qualcosa. E’ l’unica scelta logica e coerente, ma non può rimanere la sola. Non votare non basta, anzi di per sé può addirittura risultare funzionale al Sistema quanto il voto. E’ora di agire, di accompagnare il rifiuto alla legittimazione dell’esistente con la ricerca di un’alternativa. Basta rappresentanti, basta deleghe: è venuto il momento di agire in prima persona, di riappropriarsi della dignità politica perduta, di tornare protagonisti. E’ l’ora dei Ribelli.

Grillo e il non voto utile

Vocabolario Garzanti:
Voto [vó-to]:
1. espressione della volontà, quando si deve eleggere qualcuno o si deve decidere qualcosa collettivamente.
Utile [ù-ti-le]:
1. che può essere usato, che può appagare un bisogno
2. che apporta un vantaggio, un profitto; che è di giovamento efficace.
Il voto del 13 aprile non è contemplato dal vocabolario, non possiamo infatti eleggere qualcuno, ma solo fare una croce su un simbolo di un partito. Anche la decisione collettiva è esclusa dalle elezioni politiche. Non è infatti un referendum e neppure una proposta di legge popolare.
Per un utilizzo aggiornato della parola “voto” va quindi introdotto un nuovo significato:
1. manifestazione di carattere rituale con cui i cittadini ratificano le scelte dei partiti.
Passiamo all’aggettivo “utile”. Qui andiamo senz’altro meglio.
L’aggettivo “utile” insieme alla parola “voto” risignificata è perfetto: “voto utile”.
Il voto utile può “essere usato, può appagare un bisogno”. E’ facile dimostrarlo. Sottrae ai processi i condannati, riabilita i pregiudicati, sistema le mogli, stimola le amanti e piazza i figli di. Il voto utile “apporta un vantaggio, un profitto ed è di giovamento efficace”. Il ritorno economico è indubbio 25.000 euro al mese, la pensione dopo due anni e mezzo, le auto blu e, solo per i trasgressivi, coca e puttane e gli elicotteri dell’Aeronautica Militare.
La campagna per il voto utile è senza confini. Morfeo Napolitano lo ha ricordato in suo raro momento di veglia dal lontano Cile. Ha difeso i partiti, espressione della democrazia, e attaccato i facili populismi. Poi ha ripreso a dormire.
Lo psiconano e Topo Gigio sono da sempre in prima fila per il voto utile. Se li voti sei utile, altrimenti no. Testa d’Asfalto senza il vostro voto non avrebbe più Rete 4, i suoi amici pregiudicati, i conflitti di interessi. Il sindaco de Roma sarebbe costretto a andare in Ruanda o in Madagascar a scrivere libri e a salvare l’umanità in pericolo. Fatelo per loro. Fatelo per voi. Mandateli a fanculo il 13 aprile con un “non voto utile” alle elezioni politiche.
[nón] [vó-to] [ù-ti-le]:
1. riconquista dello Stato da parte dei cittadini
2. delegittimazione del parassitismo dei partiti.
V-day 25 aprile. Informazione libera in libero Stato.
Beppe Grillo

Cardini e l'astensione civica

I firmatari del presente documento confermano anzitutto di ritenere il voto un diritto e un dovere inalienabile del cittadino. Ciò premesso, è con profondo dolore, ma in piena coscienza, ch’essi ritengono di dovere, nelle prossime elezioni politiche del 13-14 aprile del 2008, esercitare eccezionalmente il loro diritto-dovere astenendosi dal voto.
Tale astensione non ha affatto carattere di rinunzia e tantomeno di qualunquistico disinteresse. Al contrario, essa nasce da una piena e profonda assunzione della responsabilità di un così grave gesto, nel nome e al servizio di una più alta coscienza civica.
Molti, e tutti fondamentali, sono i motivi che hanno condotto i firmatari a questa necessaria scelta, il fine ultimo della quale è la denunzia non solo dell’inadeguatezza, ma anche della sostanziale illegittimità della classe politica e parlamentare che uscirà dalle urne del 13-14 aprile, e pertanto della sostanziale illegittimità della maggioranza e del governo che sulla base di tale responso elettorale saranno espressi.
Pregiudiziale motivo, che rende obiettivamente impossibile il partecipare come parte dell’elettorato attivo alle prossime elezioni, è il fatto che le liste presentate sono frutto dell’insindacato arbitrio delle singole segreterie di partito le quali – attraverso lo strumento della negata possibilità di esprimere preferenze – hanno già fin d’ora disegnato la composizione delle due Camere e designato coloro che come senatori o deputati dovranno sedervi. Ciò riduce il ruolo dell’elettorato attivo a quello di semplice sanzionatore di decisioni prese senza il suo minimo contributo, sulla sua testa e in sua assenza. Si tratta nella pratica – come hanno già notato i componenti della Commissione Episcopale Italiana – di un colpo di mano di natura oligarchica, già messo in atto nelle precedenti elezioni. Ad esso si sarebbe potuto rimediare con un’opportuna riforma elettorale, che avrebbe dovuto precedere le prossime elezioni. Le segreterie dei vari partiti hanno concordemente scelto di perseverare nella pessima e forse addirittuta incostituzionale legge elettorale ancora vigente. Ora, poiché errare humanum est, sed perseverare diabolicum, anche quelli di noi che alle precedenti elezioni scelsero di votare nel nome del principio del “male minore” sono costretti ad arrendersi all’evidenza che esso è nell’attuale fattispecie inapplicabile. Da un Parlamento nominato dall’attuale vertice politico, espresso dalle segreterie, non può uscire che sempre e comunque un male di cui noi non vogliamo comunque e in alcun modo renderci complici. (continua...)
Franco Cardini
Alessandro Bedini

e, dulcis in fundo la lista pubblicata da Beppe Grillo per gli eletti alla Camera dei Deputati