27 giugno 2008

La truffa dell'Oro nero

Dopo il recente terremoto che ha colpito il Giappone, cominciavo a preoccuparmi per gli strani pensieri e collegamenti che inevitabilmente mi balzavano alla mente: per essere più chiaro, non ho potuto fare a meno di notare la singolare coincidenza di questo sisma, giunto praticamente in concomitanza con gli annunci ufficiali relativi ad un riuscito esperimento di fusione fredda e ai primi test su strada di una vera e propria automobile alimentata ad acqua. Rammentando i singolari fenomeni iridescenti che hanno preceduto il ben più devastante terremoto cinese (anche se in Giappone si è verificata persino un’emergenza presso una centrale nucleare), non riesco proprio ad evitare di domandarmi quanto ci sia di naturale in questi eventi, pur tenendo ben presente il fatto che le isole giapponesi sono notoriamente aree critiche dal punto di vista sismico.

Su YouTube proliferano servizi e documentari (alcuni decisamente ben fatti) sull’ipotesi che il sistema HAARP sia responsabile di questi recenti sconvolgimenti: in uno di questi si fa addirittura appello all’US Air Force affinché bombardi a tappeto le installazioni in Alaska… il che potrebbe anche essere una buona idea, se non fosse che proprio l’USAF è uno dei principali finanziatori del progetto!

Comunque sia, per la gloriosa arma statunitense sono tempi duri: sia il capo di stato maggiore che il segretario sono stati recentemente destituiti dopo un’indagine relativa alla spedizione accidentale (?) di parti di missile nucleare a Taiwan, mentre centinaia di componenti nucleari sensibili, stando a un comunicato del Pentagono rilanciato dal Financial Times, risultano scomparse dall’arsenale atomico statunitense. Secondo un funzionario, si tratterebbe di più di mille elementi mancanti. Ricordando il recente episodio del B-52 a spasso per i cieli con sei testate nucleari agganciate sotto le ali, questa ennesima “gaffe” è ben più che imbarazzante, malgrado i commenti rassicuranti delle parti interessate.

Mentre l’Iran continua ad essere al centro di attenzioni ben poco amichevoli, il suo presidente ha recentemente dichiarato che l’offerta petrolifera globale è assolutamente in linea con la domanda, e che gli altissimi prezzi al barile sono determinati da vergognose speculazioni finanziarie. Se a questo si aggiunge che sempre più voci si levano a denunciare che il cosiddetto “picco petrolifero” è pura invenzione e che il petrolio stesso non è affatto di origine fossile, il quadro di manipolazione politico-finanziaria che ne emerge è semplicemente spaventoso. In effetti, se ci fosse davvero scarsità di petrolio sul mercato, ci sarebbero le file di auto alle pompe, come durante la crisi del 1973; al contrario, quasi non passa giorno senza che si venga a sapere della scoperta di nuovi giacimenti, come quelli al largo della Louisiana, stimati in circa 184 miliardi di tonnellate fra petrolio e gas, equivalenti a circa 1.000 miliardi di barili. Secondo il rapporto, “si tratta del 30% in più di tutti gli idrocarburi consumati sino ad oggi, e stiamo parlando di un’area di estensione relativamente limitata”.

Comunque sia, la prova migliore che la questione petrolifera è uno dei più grandiosi inganni architettati a discapito delle popolazioni proviene, tanto per cambiare, dalla Russia. Un eccellente articolo di Joe Vialls la riassume in questi termini: la disponibilità di petrolio a livello mondiale è virtualmente illimitata, e i russi ne sono a conoscenza sin dal 1970, quando realizzarono il pozzo Kola SG-3 trivellando sino alla sbalorditiva profondità di 12.262 metri per attingere alle sacche sotterranee dove il petrolio viene letteralmente spinto in alto da profondi recessi nel mantello, là dove si produce, e replicando poi più di 300 volte queste prospezioni ultra-profonde.




Una delle conseguenze di tale impostazione è che il petrolio è reperibile pressoché ovunque: la compagnia petrolifera statale russa Yukos, all’avanguardia nel campo di queste trivellazioni ultra-profonde, lo ha dimostrato realizzando un impianto estrattivo da 6.000 barili giornalieri là dove i maggiori esperti internazionali (leggi statunitensi) avevano assolutamente negato la possibilità della presenza di risorse petrolifere di qualche tipo: in Vietnam. E così, grazie ai giacimenti di White Tiger coi loro pozzi profondi 5.000 metri, ora questo paese è entrato a far parte del ristretto club dei produttori di petrolio…


Sembra che per questa tecnologia si stiano aprendo importanti prospettive in Cina e soprattutto in Corea del Nord, un paese che avrebbe davvero molto da guadagnare da una maggiore indipendenza energetica.
Un progetto analogo a quello vietnamita era stato avviato nel 1983 in India con esiti assai promettenti, ma fu apparentemente abortito a causa di interessi statunitensi sia mediante pressioni politiche che tramite veri e propri sabotaggi agli impianti.

Un’importante osservazione è che, secondo i russi, il fatto che i noti “giacimenti” petroliferi (come quelli in Medio Oriente) sembrano “svuotarsi” è dovuto in realtà al tasso di estrazione adottato, superiore del 30% a quello tramite il quale il petrolio viene pompato in queste sacche superficiali dalle profondità del mantello. In altre parole, se la produzione petrolifera venisse ridotta nella medesima percentuale, questi giacimenti fornirebbero petrolio con continuità per un periodo di tempo virtualmente illimitato.


Altro aspetto cruciale, il tasso di produzione di un pozzo apparentemente in “declino” potrebbe essere ripristinato semplicemente “ripulendo” il pozzo dalle impurità inevitabilmente accumulate col passare del tempo, le quali tendono ad ostruire il passaggio del petrolio attraverso l’impianto (un po’ come cambiare il filtro dell’olio ormai intasato di un’autovettura). Il tutto, naturalmente, a costi assolutamente concorrenziali.

Ora si può comprendere meglio qual era la posta in gioco, allorquando l’oligarca Mikhail Khodorkovsky comprò la Yukos per un tozzo di pane e stava per rivenderla alle multinazionali statunitensi sicché intervenne Vladimir Putin a sistemare la faccenda, riportando la compagnia sotto il controllo diretto dello stato. Pensate cosa sarebbe accaduto se un tale know-how fosse finito sotto il controllo dei rapaci speculatori di Wall Street…




Passando a tutt’altro, mi fa piacere che il fenomeno dei cerchi nel grano torni a far parlare di sé: è accaduto con la comparsa di questa stupenda formazione presso Barbury Castle. Larga circa 50 metri, ha sconcertato gli scienziati ed entusiasmato i ricercatori in quanto rappresenta un’immagine codificata delle prime dieci cifre (3.141592654) del pi greco.




Tom Bosco
Fonte: Nexusedizioni.it

L'Italia è piena di bombe atomiche, a stelle e strisce








Potrebbe avere nuovi e pericolosi risvolti la sudditanza italiana all’invasore a stelle e strisce. Dato ormai per assodato, ed ammesso da chi di dovere, che nelle basi militari statunitensi, e cioè di una nazione straniera, di Aviano e Ghedi Torre sono custodite armi nucleari made in Usa, nuovi pericolosi retroscena continuano ad emergere.
Secondo un rapporto dell’Usaf, l’aeronautica militare statunitense che ha la responsabilità di tali ordigni, e reso pubblico da Hans Kristensen, ricercatore della Federazione degli scienziati atomici degli Usa - la Fas - tali ordigni sarebbero custoditi in siti militari che non rispetterebbero i necessari standard di sicurezza.
La notizia, che gli organi di informazione embedded si sono ben guardati dal diffondere, ha subito rilanciato le proteste della società civile italiana.
Lisa Clark, coordinatrice della campagna contro le atomiche in Italia, ha prima ricordato come la presenza di questi ordigni sia in violazione del Trattato di non proliferazione, evidenziando subito dopo come il segreto di Pulcinella delle testate nucleari nel BelPaese venga continuamente svelato.
Nel Vecchio Continente sono molte le basi che ospitano queste armi, alcune Usa ed altre Nato; tra quelle dell’Alleanza atlantica rientra proprio Ghedi e stando a quanto riportato nel rapporto della Fas i comandi statunitensi avrebbero intenzione di ritirare lo squadrone di munizionamento Usa, ‘Munss’ in sigla, di stanza nel presidio bresciano; Kristensen azzarda poi l’ipotesi che le quaranta bombe presenti nell’istallazione lombarda possano essere trasferite ad Aviano, base USAF, forse maggiormente in regola con le norme di sicurezza.
La notizia che riguarda un po’ tutta l’Europa ha suscitato forti reazioni soprattutto in Germania dove hanno preso posizione praticamente tutti i principali partiti politici.
Guido Westerwelle, portavoce dei Liberali, afferma che “le armi atomiche in Germania sono un avanzo della Guerra Fredda”. E quindi “devono essere rimosse”.
Il leader dei Verdi, Juergen Trittin, è dello stesso parere, mentre Gregor Gysi, della Linke, la sinistra tedesca, sostiene che la Germania dovrebbe essere abbastanza de-terminata per chiedere che le bombe vengano immediatamente ritirate e smantellate. Ma anche uno dei partiti della coalizione al governo, la Spd, per bocca del responsabile esteri Niels Annen, crede che il ritiro di queste armi è auspicabile, “segnerebbe un grande passo verso il disarmo nucleare”. Parole che i nostri amministratori si sono ben guardati dal pronunciare per non correre il rischio di inimicarsi i gendarmi di Washington.
I nostri politici quando si tratta di rivendicare la sovranità nazionale latitano, mentre è diverso l’atteggiamento degli italiani che hanno già presentato alla commissione Affari esteri della Camera la proposta di legge d’iniziativa popolare per far dichiarare l’Italia “paese libero da armi nucleari”.
Insomma, la nostra dipendenza e sudditanza dai libertiferi governati d’Oltreoceano continua a minare la nostra sicurezza, eppure dalla stanza dei bottoni nessuno alza la voce per provare a tutelare l’incolumità degli elettori. Ma in fondo non ci si può attendere nulla di meglio da una classe politica che ha come sport preferito quello di rendersi grato a Washington. E pensare che già solo calendarizzare la legge per liberare l’Italia almeno dalle atomiche statunitensi sarebbe un grande passo avanti.


di Fabrizio Di Ernesto


26 giugno 2008

Il mitico AL Tappone



Si era pure messo un Panama bianco, modello Al Capone, sul capino bitumato, per impressionare il vescovo e farsi dare la santa comunione anche se è un massone divorziato. “Fate in fretta a cambiare queste regola”, gli ha intimato, non bastandogli quelle che cambia ogni giorno lui per salvarsi dai processi. Ma il vescovo di Tempio-Ampurias, Sebastiano Sanguinetti, che in confessionale ne ha visti sfilare di peggiori, non s’è lasciato intimidire: “Per queste deroghe, lei che può, si rivolga a chi è più in alto di me”. Non si sa se alludesse semplicemente al Papa, che Al Tappone considera comprensibilmente un suo parigrado, o direttamente al Padreterno, col quale potrebbero sorgere alcune incomprensioni.

Soprattutto a proposito di certe usanze dell’illustre Padre della Chiesa di scuola arcoriana: tipo allungare mazzette per comprare politici (Craxi) o giudici (Mondadori), accumulare fondi neri in paradisi fiscali, magnificare l’evasione fiscale alle feste della Guardia di Finanza, frequentare mafiosi travestiti da stallieri. Usanze non troppo compatibili col VII comandamento, “Non rubare”, che pare non sia ancora depenalizzato. Ieri, su Repubblica, Edmondo Berselli suggeriva opportunamente all’aspirante comunicando di chiedere, “prima della comunione, la confessione”. Ma non vorremmo essere nei panni del confessore (a parte il superlavoro che gli capiterebbe tra capo e collo, nel giro di due minuti il sant’uomo diventerebbe una “tonaca rossa”, verrebbe accusato di fare un “uso politico della confessione” e poi ricusato a vantaggio di qualche collega di Brescia).

Immediatamente le tv e i giornali al seguito, cioè quasi tutti, han cominciato a interpellare altri divorziati e peccatori famosi, ma anche qualche confessore di vip, per lanciare una gara di solidarietà in favore del Cavaliere in astinenza da ostie. Il pover’uomo soffre così tanto che bisogna far qualcosa, profittando delle norme ora in discussione in Parlamento. Si potrebbe sospendere per un anno il divieto di partecipare all’eucarestia a tutti i battezzati nel 1939, sotto il metro e 60 e col cranio asfaltato, che abbiano divorziato nel 1985, risposandosi nel 1990 con donne chiamate Veronica nel corso di cerimonie civili officiate da Paolo Pillitteri, avendo come testimoni Bettino e Anna Craxi, Confalonieri e Letta. Così si darebbe il tempo al Parlamento e al Vaticano di concordare un Lodo Schifani-Bagnasco che modifichi contemporaneamente la Costituzione della Repubblica Italiana e il Codice di Diritto Canonico, con una deroga all’indissolubilità del matrimonio per tutte le alte cariche dello Stato e della Chiesa, divorziate e non, che consenta loro di accostarsi alla santa comunione per tutta la durata del mandato. Il che, si badi bene, non significa una licenza di divorziare sine die: il divieto ricomparirebbe alla scadenza dell’incarico, in ossequio al principio di eguaglianza.

Del resto, già nella legge sulle intercettazioni è previsto qualcosa di simile: per arrestare o indagare un sacerdote, il magistrato è tenuto ad avvertire il suo vescovo; per indagare o arrestare un vescovo, deve avvisare il Segretario di Stato vaticano. Il che lascia supporre che, per indagare eventualmente sul Segretario di Stato, si debba chiedere il permesso al Papa; e per indagare - Dio non voglia - sul Papa, rivolgersi direttamente al Padreterno. Ecco, basterebbe estendere il Lodo a preti, vescovi, segretario di Stato e Papa per risparmiare fatica. Si dirà: ma il Segretario di Stato, il Papa e la stragrande maggioranza dei preti e dei vescovi non commettono reati. Embè? Nemmeno i presidenti delle Camere, della Repubblica e della Consulta hanno processi. Ma li si immunizza lo stesso, perché non si noti troppo che l’unico autoimmune è Al Tappone. Altrimenti, come per la legge bloccaprocessi, lo si costringe al triplo salvo mortale carpiato con avvitamento: farsi le leggi per sé e poi a dichiarare che chiederà di non beneficiarne (ben sapendo, peraltro, che le leggi valgono per tutti, anche per lui).

E dire che negli anni 80, liquidata la prima moglie, il Cainano aveva accarezzato una soluzione che tagliava la testa al toro: come rivela il suo confessore, don Antonio Zuliani da Conegliano Veneto, aveva pensato di “chiedere l’abolizione delle prime nozze alla Sacra Rota. Ma poi non ha voluto”. Si sa com’è questa Sacra Rota: infestata di toghe rosse. Peccato, perché all’epoca era ancora in piena attività l’avvocato Previti, che per vincere le cause perse aveva un sistema infallibile. Senza bisogno di cambiare le leggi.
di M. Travaglio

27 giugno 2008

La truffa dell'Oro nero

Dopo il recente terremoto che ha colpito il Giappone, cominciavo a preoccuparmi per gli strani pensieri e collegamenti che inevitabilmente mi balzavano alla mente: per essere più chiaro, non ho potuto fare a meno di notare la singolare coincidenza di questo sisma, giunto praticamente in concomitanza con gli annunci ufficiali relativi ad un riuscito esperimento di fusione fredda e ai primi test su strada di una vera e propria automobile alimentata ad acqua. Rammentando i singolari fenomeni iridescenti che hanno preceduto il ben più devastante terremoto cinese (anche se in Giappone si è verificata persino un’emergenza presso una centrale nucleare), non riesco proprio ad evitare di domandarmi quanto ci sia di naturale in questi eventi, pur tenendo ben presente il fatto che le isole giapponesi sono notoriamente aree critiche dal punto di vista sismico.

Su YouTube proliferano servizi e documentari (alcuni decisamente ben fatti) sull’ipotesi che il sistema HAARP sia responsabile di questi recenti sconvolgimenti: in uno di questi si fa addirittura appello all’US Air Force affinché bombardi a tappeto le installazioni in Alaska… il che potrebbe anche essere una buona idea, se non fosse che proprio l’USAF è uno dei principali finanziatori del progetto!

Comunque sia, per la gloriosa arma statunitense sono tempi duri: sia il capo di stato maggiore che il segretario sono stati recentemente destituiti dopo un’indagine relativa alla spedizione accidentale (?) di parti di missile nucleare a Taiwan, mentre centinaia di componenti nucleari sensibili, stando a un comunicato del Pentagono rilanciato dal Financial Times, risultano scomparse dall’arsenale atomico statunitense. Secondo un funzionario, si tratterebbe di più di mille elementi mancanti. Ricordando il recente episodio del B-52 a spasso per i cieli con sei testate nucleari agganciate sotto le ali, questa ennesima “gaffe” è ben più che imbarazzante, malgrado i commenti rassicuranti delle parti interessate.

Mentre l’Iran continua ad essere al centro di attenzioni ben poco amichevoli, il suo presidente ha recentemente dichiarato che l’offerta petrolifera globale è assolutamente in linea con la domanda, e che gli altissimi prezzi al barile sono determinati da vergognose speculazioni finanziarie. Se a questo si aggiunge che sempre più voci si levano a denunciare che il cosiddetto “picco petrolifero” è pura invenzione e che il petrolio stesso non è affatto di origine fossile, il quadro di manipolazione politico-finanziaria che ne emerge è semplicemente spaventoso. In effetti, se ci fosse davvero scarsità di petrolio sul mercato, ci sarebbero le file di auto alle pompe, come durante la crisi del 1973; al contrario, quasi non passa giorno senza che si venga a sapere della scoperta di nuovi giacimenti, come quelli al largo della Louisiana, stimati in circa 184 miliardi di tonnellate fra petrolio e gas, equivalenti a circa 1.000 miliardi di barili. Secondo il rapporto, “si tratta del 30% in più di tutti gli idrocarburi consumati sino ad oggi, e stiamo parlando di un’area di estensione relativamente limitata”.

Comunque sia, la prova migliore che la questione petrolifera è uno dei più grandiosi inganni architettati a discapito delle popolazioni proviene, tanto per cambiare, dalla Russia. Un eccellente articolo di Joe Vialls la riassume in questi termini: la disponibilità di petrolio a livello mondiale è virtualmente illimitata, e i russi ne sono a conoscenza sin dal 1970, quando realizzarono il pozzo Kola SG-3 trivellando sino alla sbalorditiva profondità di 12.262 metri per attingere alle sacche sotterranee dove il petrolio viene letteralmente spinto in alto da profondi recessi nel mantello, là dove si produce, e replicando poi più di 300 volte queste prospezioni ultra-profonde.




Una delle conseguenze di tale impostazione è che il petrolio è reperibile pressoché ovunque: la compagnia petrolifera statale russa Yukos, all’avanguardia nel campo di queste trivellazioni ultra-profonde, lo ha dimostrato realizzando un impianto estrattivo da 6.000 barili giornalieri là dove i maggiori esperti internazionali (leggi statunitensi) avevano assolutamente negato la possibilità della presenza di risorse petrolifere di qualche tipo: in Vietnam. E così, grazie ai giacimenti di White Tiger coi loro pozzi profondi 5.000 metri, ora questo paese è entrato a far parte del ristretto club dei produttori di petrolio…


Sembra che per questa tecnologia si stiano aprendo importanti prospettive in Cina e soprattutto in Corea del Nord, un paese che avrebbe davvero molto da guadagnare da una maggiore indipendenza energetica.
Un progetto analogo a quello vietnamita era stato avviato nel 1983 in India con esiti assai promettenti, ma fu apparentemente abortito a causa di interessi statunitensi sia mediante pressioni politiche che tramite veri e propri sabotaggi agli impianti.

Un’importante osservazione è che, secondo i russi, il fatto che i noti “giacimenti” petroliferi (come quelli in Medio Oriente) sembrano “svuotarsi” è dovuto in realtà al tasso di estrazione adottato, superiore del 30% a quello tramite il quale il petrolio viene pompato in queste sacche superficiali dalle profondità del mantello. In altre parole, se la produzione petrolifera venisse ridotta nella medesima percentuale, questi giacimenti fornirebbero petrolio con continuità per un periodo di tempo virtualmente illimitato.


Altro aspetto cruciale, il tasso di produzione di un pozzo apparentemente in “declino” potrebbe essere ripristinato semplicemente “ripulendo” il pozzo dalle impurità inevitabilmente accumulate col passare del tempo, le quali tendono ad ostruire il passaggio del petrolio attraverso l’impianto (un po’ come cambiare il filtro dell’olio ormai intasato di un’autovettura). Il tutto, naturalmente, a costi assolutamente concorrenziali.

Ora si può comprendere meglio qual era la posta in gioco, allorquando l’oligarca Mikhail Khodorkovsky comprò la Yukos per un tozzo di pane e stava per rivenderla alle multinazionali statunitensi sicché intervenne Vladimir Putin a sistemare la faccenda, riportando la compagnia sotto il controllo diretto dello stato. Pensate cosa sarebbe accaduto se un tale know-how fosse finito sotto il controllo dei rapaci speculatori di Wall Street…




Passando a tutt’altro, mi fa piacere che il fenomeno dei cerchi nel grano torni a far parlare di sé: è accaduto con la comparsa di questa stupenda formazione presso Barbury Castle. Larga circa 50 metri, ha sconcertato gli scienziati ed entusiasmato i ricercatori in quanto rappresenta un’immagine codificata delle prime dieci cifre (3.141592654) del pi greco.




Tom Bosco
Fonte: Nexusedizioni.it

L'Italia è piena di bombe atomiche, a stelle e strisce








Potrebbe avere nuovi e pericolosi risvolti la sudditanza italiana all’invasore a stelle e strisce. Dato ormai per assodato, ed ammesso da chi di dovere, che nelle basi militari statunitensi, e cioè di una nazione straniera, di Aviano e Ghedi Torre sono custodite armi nucleari made in Usa, nuovi pericolosi retroscena continuano ad emergere.
Secondo un rapporto dell’Usaf, l’aeronautica militare statunitense che ha la responsabilità di tali ordigni, e reso pubblico da Hans Kristensen, ricercatore della Federazione degli scienziati atomici degli Usa - la Fas - tali ordigni sarebbero custoditi in siti militari che non rispetterebbero i necessari standard di sicurezza.
La notizia, che gli organi di informazione embedded si sono ben guardati dal diffondere, ha subito rilanciato le proteste della società civile italiana.
Lisa Clark, coordinatrice della campagna contro le atomiche in Italia, ha prima ricordato come la presenza di questi ordigni sia in violazione del Trattato di non proliferazione, evidenziando subito dopo come il segreto di Pulcinella delle testate nucleari nel BelPaese venga continuamente svelato.
Nel Vecchio Continente sono molte le basi che ospitano queste armi, alcune Usa ed altre Nato; tra quelle dell’Alleanza atlantica rientra proprio Ghedi e stando a quanto riportato nel rapporto della Fas i comandi statunitensi avrebbero intenzione di ritirare lo squadrone di munizionamento Usa, ‘Munss’ in sigla, di stanza nel presidio bresciano; Kristensen azzarda poi l’ipotesi che le quaranta bombe presenti nell’istallazione lombarda possano essere trasferite ad Aviano, base USAF, forse maggiormente in regola con le norme di sicurezza.
La notizia che riguarda un po’ tutta l’Europa ha suscitato forti reazioni soprattutto in Germania dove hanno preso posizione praticamente tutti i principali partiti politici.
Guido Westerwelle, portavoce dei Liberali, afferma che “le armi atomiche in Germania sono un avanzo della Guerra Fredda”. E quindi “devono essere rimosse”.
Il leader dei Verdi, Juergen Trittin, è dello stesso parere, mentre Gregor Gysi, della Linke, la sinistra tedesca, sostiene che la Germania dovrebbe essere abbastanza de-terminata per chiedere che le bombe vengano immediatamente ritirate e smantellate. Ma anche uno dei partiti della coalizione al governo, la Spd, per bocca del responsabile esteri Niels Annen, crede che il ritiro di queste armi è auspicabile, “segnerebbe un grande passo verso il disarmo nucleare”. Parole che i nostri amministratori si sono ben guardati dal pronunciare per non correre il rischio di inimicarsi i gendarmi di Washington.
I nostri politici quando si tratta di rivendicare la sovranità nazionale latitano, mentre è diverso l’atteggiamento degli italiani che hanno già presentato alla commissione Affari esteri della Camera la proposta di legge d’iniziativa popolare per far dichiarare l’Italia “paese libero da armi nucleari”.
Insomma, la nostra dipendenza e sudditanza dai libertiferi governati d’Oltreoceano continua a minare la nostra sicurezza, eppure dalla stanza dei bottoni nessuno alza la voce per provare a tutelare l’incolumità degli elettori. Ma in fondo non ci si può attendere nulla di meglio da una classe politica che ha come sport preferito quello di rendersi grato a Washington. E pensare che già solo calendarizzare la legge per liberare l’Italia almeno dalle atomiche statunitensi sarebbe un grande passo avanti.


di Fabrizio Di Ernesto


26 giugno 2008

Il mitico AL Tappone



Si era pure messo un Panama bianco, modello Al Capone, sul capino bitumato, per impressionare il vescovo e farsi dare la santa comunione anche se è un massone divorziato. “Fate in fretta a cambiare queste regola”, gli ha intimato, non bastandogli quelle che cambia ogni giorno lui per salvarsi dai processi. Ma il vescovo di Tempio-Ampurias, Sebastiano Sanguinetti, che in confessionale ne ha visti sfilare di peggiori, non s’è lasciato intimidire: “Per queste deroghe, lei che può, si rivolga a chi è più in alto di me”. Non si sa se alludesse semplicemente al Papa, che Al Tappone considera comprensibilmente un suo parigrado, o direttamente al Padreterno, col quale potrebbero sorgere alcune incomprensioni.

Soprattutto a proposito di certe usanze dell’illustre Padre della Chiesa di scuola arcoriana: tipo allungare mazzette per comprare politici (Craxi) o giudici (Mondadori), accumulare fondi neri in paradisi fiscali, magnificare l’evasione fiscale alle feste della Guardia di Finanza, frequentare mafiosi travestiti da stallieri. Usanze non troppo compatibili col VII comandamento, “Non rubare”, che pare non sia ancora depenalizzato. Ieri, su Repubblica, Edmondo Berselli suggeriva opportunamente all’aspirante comunicando di chiedere, “prima della comunione, la confessione”. Ma non vorremmo essere nei panni del confessore (a parte il superlavoro che gli capiterebbe tra capo e collo, nel giro di due minuti il sant’uomo diventerebbe una “tonaca rossa”, verrebbe accusato di fare un “uso politico della confessione” e poi ricusato a vantaggio di qualche collega di Brescia).

Immediatamente le tv e i giornali al seguito, cioè quasi tutti, han cominciato a interpellare altri divorziati e peccatori famosi, ma anche qualche confessore di vip, per lanciare una gara di solidarietà in favore del Cavaliere in astinenza da ostie. Il pover’uomo soffre così tanto che bisogna far qualcosa, profittando delle norme ora in discussione in Parlamento. Si potrebbe sospendere per un anno il divieto di partecipare all’eucarestia a tutti i battezzati nel 1939, sotto il metro e 60 e col cranio asfaltato, che abbiano divorziato nel 1985, risposandosi nel 1990 con donne chiamate Veronica nel corso di cerimonie civili officiate da Paolo Pillitteri, avendo come testimoni Bettino e Anna Craxi, Confalonieri e Letta. Così si darebbe il tempo al Parlamento e al Vaticano di concordare un Lodo Schifani-Bagnasco che modifichi contemporaneamente la Costituzione della Repubblica Italiana e il Codice di Diritto Canonico, con una deroga all’indissolubilità del matrimonio per tutte le alte cariche dello Stato e della Chiesa, divorziate e non, che consenta loro di accostarsi alla santa comunione per tutta la durata del mandato. Il che, si badi bene, non significa una licenza di divorziare sine die: il divieto ricomparirebbe alla scadenza dell’incarico, in ossequio al principio di eguaglianza.

Del resto, già nella legge sulle intercettazioni è previsto qualcosa di simile: per arrestare o indagare un sacerdote, il magistrato è tenuto ad avvertire il suo vescovo; per indagare o arrestare un vescovo, deve avvisare il Segretario di Stato vaticano. Il che lascia supporre che, per indagare eventualmente sul Segretario di Stato, si debba chiedere il permesso al Papa; e per indagare - Dio non voglia - sul Papa, rivolgersi direttamente al Padreterno. Ecco, basterebbe estendere il Lodo a preti, vescovi, segretario di Stato e Papa per risparmiare fatica. Si dirà: ma il Segretario di Stato, il Papa e la stragrande maggioranza dei preti e dei vescovi non commettono reati. Embè? Nemmeno i presidenti delle Camere, della Repubblica e della Consulta hanno processi. Ma li si immunizza lo stesso, perché non si noti troppo che l’unico autoimmune è Al Tappone. Altrimenti, come per la legge bloccaprocessi, lo si costringe al triplo salvo mortale carpiato con avvitamento: farsi le leggi per sé e poi a dichiarare che chiederà di non beneficiarne (ben sapendo, peraltro, che le leggi valgono per tutti, anche per lui).

E dire che negli anni 80, liquidata la prima moglie, il Cainano aveva accarezzato una soluzione che tagliava la testa al toro: come rivela il suo confessore, don Antonio Zuliani da Conegliano Veneto, aveva pensato di “chiedere l’abolizione delle prime nozze alla Sacra Rota. Ma poi non ha voluto”. Si sa com’è questa Sacra Rota: infestata di toghe rosse. Peccato, perché all’epoca era ancora in piena attività l’avvocato Previti, che per vincere le cause perse aveva un sistema infallibile. Senza bisogno di cambiare le leggi.
di M. Travaglio