06 agosto 2008

Bilanci tagliati, privilegi tenuti: bicameralismo prefetto



Di solito le Camere approvano i loro bilanci con sveltezza e anche con destrezza. Si tratta di conti insindacabili. Con gravità e senza che gli scappi da ridere i Soloni che li hanno elaborati spiegano a noi comuni mortali come dovremmo fregarci le mani dalla contentezza: perché gli eletti dal popolo - più precisamente, dalle segreterie dei partiti - ce l’hanno messa tutta per limitare le spese. Se poi, alla fine delle fini, risulta che Montecitorio e Palazzo Madama costeranno qualche decina di milioni d’euro in più rispetto all’anno scorso dobbiamo astenerci da commenti qualunquistici e irriguardosi. Il rincaro va attribuito ad automatismi devastanti e invincibili, come i flagelli biblici. Che poi gli automatismi mangiasoldi siano stati creati da Parlamenti passati e che i Parlamenti attuali dimostrino una eccellente attitudine a insistere nell’andazzo è questione di poco conto. Dando prova di stoica rassegnazione i deputati e i senatori spendono di più per se stessi, e nel contempo esortano virtuosamente il Paese a spendere meno. Mai che abbiano un’idea semplice: per esempio quella di dimezzarsi le indennità.



Qualcuno in verità ha avanzato, discutendosi di gran carriera il bilancio, ipotesi del genere. Si è trattato dei soliti radicali rompiscatole. Una di loro, Rita Bernardini, ha avanzato la proposta che fosse tolta agli onorevoli la gratuità dei biglietti ferroviari e dei pedaggi autostradali, che fosse reso trasparente l’uso dei quattromila euro mensili concessi per i portaborse, che fossero aboliti altri privilegi. «Va’ a spacciare» l’ha cortesemente esortata un collega, poi identificato secondo le cronache in Gianluca Buonanno, leghista. La temeraria autolesionista ha così avuto il fatto suo.




Ben altra tempra quella del deputato Emerenzio Barbieri che s’è battuto perché fosse sanata un’atroce ingiustizia. Pensate: sugli aerei i senatori viaggiano in business class, i deputati invece in economica. «Secondo voi non è abbastanza umiliante - ha detto in aula con accenti di strazio l’onorevole Barbieri - che noi siamo discriminati rispetto ai senatori?». Sui forti volti dei presenti erano stampati, mentre risuonava questo grido di dolore, sdegno e tormento insieme. Emerenzio - appartenente alla maggioranza - non ha parlato a casaccio. Fossi in Schifani, prescriverei la classe economica, da subito, per i senatori. O magari prescriverei che sia i senatori sia i deputati non viaggino mai più a spese del contribuente. Se proprio li punge la voglia di terre lontane - ma è meglio che non si muovano - le raggiungano a loro spese. Sanno pochissimo dell’Italia, non complichiamogli le idee.

di Mario cervi

02 agosto 2008

Il Trattato di Lisbona come i nazisti nel 1933



Il Trattato contiene una clausola per i pieni poteri. Riportiamo un estratto del ricorso presentato alla Corte Costituzionale tedesca dal Prof. Karl-Albrecht Schachtschneider, il 25 maggio 2008.
III. Procedura di revisione semplificata
Art. 48 Par. 6 TUE



La "procedura di revisione semplificata" secondo l'Art. 48, 6 TUE stabilisce una legge per i pieni poteri. Secondo l'Art. 48 Par. 6 TUE il Consiglio Europeo può per decisione Europea "modificare in tutto o in parte le disposizioni della parte terza del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea relative alle politiche e azioni interne dell'Unione" su iniziativa del governo di qualsiasi stato membro, del Parlamento Europeo o della Commissione, previa (semplice) consultazione del Parlamento Europeo e della Commissione come pure, nel caso di modifiche nel campo della politica monetaria, della Banca Centrale Europea. La terza parte del TFUE abbraccia tutte le politiche importanti dell'Unione, e cioè la libera circolazione di merci con l'unione doganale, l'agricoltura, il divieto di restrizioni, la libera circolazione dei capitali e dei servizi (dunque, il mercato interno e le libertà fondamentali), lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, i trasporti, le norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul riavvicinamento delle legislazioni, la politica economica e monetaria, l'occupazione, la politica commerciale comune, la cooperazione doganale, la politica sociale, l'istruzione, la formazione professionale, la gioventù, la cultura, la sanità pubblica, la protezione dei consumatori, le reti transeuropee, l'industria, la coesione economica, sociale e territoriale, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, l'ambiente, la cooperazione allo sviluppo, la cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi.

E' vero che la decisione entra in vigore, Art. 48, 6, secondo paragrafo, "solo previa approvazione degli stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali", ma la decisione non è alcun trattato internazionale che richieda una ratifica. L'Art. 59, 2 della Costituzione tedesca (GG) non è pertinente. Il Bundestag (Camera dei deputati) e il Bundesrat (Camera dei Länder) non sono chiamati a partecipare alla procedura. A causa della potestà sulla politica estera, l'approvazione può essere concessa solo dal governo federale. Anche l'art. 23, 1, 3 GG non porta alla procedura prescritta per la modifica della Costituzione (Art. 79, 2 GG), perché la decisione non modifica le "basi contrattuali" dell'Unione Europea né promulga "norme comparabili, per mezzo delle quali questa Costituzione viene modificata o integrata rispetto al suo contenuto o tali modifiche o integrazioni vengono permesse". Già il Trattato di Lisbona permette queste modifiche o integrazioni, nel caso che davvero la Costituzione venga modificata o integrata nel suo contenuto. Questo, ad ogni modo, è il caso eccezionale, perché le politiche riguardano prevalentemente materie di diritto semplice. E' vero che la decisione, secondo l'Art. 48, 6, 3 TUE "non può estendere le competenze attribuite all'Unione nei trattati", ma queste competenze sono disciplinate nell'Art. 2b (3) TFUE come competenze esclusive e nell'Art. 2c (4) come competenze condivise. A ciò vanno aggiunte le ampie competenze sul coordinamento della politica economica e di occupazione, ma anche della politica sociale nell'Art. 2d (5) TFUE, come pure le competenze sulle misure di sostegno, coordinamento e completamento nei settori Tutela e miglioramento della salute umana, industria, cultura, turismo, istruzione, formazione professionale, gioventù e sport, protezione civile, cooperazione amministrativa secondo l'Art. 2e (6) TFUE. Tutte le competenze sono formulate nel modo possibilmente più ampio, come mostra lo stesso elenco qui sopra. Le politiche della terza parte del Trattato di Lisbona non sono indicate come competenze. Esse disciplinano i limiti dei poteri che per conseguenza possono essere ampliati senza modifica delle competenze. Inoltre disciplinano le procedure che possono essere modificate senza modifica delle competenze, in quanto, tra l'altro, possono essere integrati o disintegrati organi nelle o dalle procedure. La procedura di modifica semplificata trasferisce il potere costituzionale al Consiglio Europeo, i dirigenti dell'Unione. Ciò conferisce loro la sovranità per effettuare modifiche della Costituzione che non necessitano nemmeno dell'approvazione del Parlamento Europeo, per non parlare dei parlamenti nazionali. Questa clausola generale è una parte essenziale della statualità dell'Unione Europea così come ampliata dal Trattato di Lisbona, che tramite detta clausola acquista ampia sovranità costituzionale (Verfassungshoheit). La "procedura di revisione semplificata" ha ben poco a che vedere con la democrazia. Essa facilita la totale revisione dei settori di politica interni e una ampia revisione di quelli esterni (in particolare la politica commerciale) dell'Unione e rende tali revisioni (conformemente alle rispettive norme costituzionali) non solo indipendenti dall'approvazione dei parlamenti nazionali, ma anche e soprattutto dall'approvazione popolare prescritta in tal casi, cioè da plebisciti in cui le modifiche costituzionali tendono in genere ad essere bocciate, specialmente quando riguardano la politica economica, monetaria o ancor meglio quella sociale. Si noti che la competenza condivisa secondo Art. 2c (4) TFUE sulla coesione economica, sociale e territoriale comprende anche il riavvicinamento delle politiche fiscali e sociali degli stati membri (considerato urgente nella politica di integrazione). Già oggi l'Art. 90 (93) TFUE contiene disposizioni fiscali che sono indirizzate alla realizzazione e al funzionamento del mercato interno e ad impedire le distorsioni della concorrenza. A questo scopo è ipotizzabile, forse addirittura utile una ulteriore politica fiscale. Attualmente il Consiglio prende decisioni secondo l'Art. 93 TUE su proposta della Commissione, ma all'unanimità previa consultazione del Parlamento Europeo e delle commissioni economiche e sociali. Ciò potrebbe comportare interessi alla modifica, ai quali l'Art. 48, 6 TFUE offre una procedura soccorrevole.

La procedura di revisione semplificata è una legge per i pieni poteri al Consiglio Europeo, che a questo permette di sovvertire l'ordinamento interno, ma anche ampiamente quello esterno, dell'Unione. Solo la politica estera e di sicurezza sono escluse. Con la ratifica del Trattato di Lisbona, la Germania conferisce all'Unione l'autorità di qualsivoglia modifica materiale dell'ordinamento giudiziario tedesco. Su questa modifica solo il Cancelliere federale ha influsso, perché il Consiglio Europeo deve decidere all'unanimità. La procedura di revisione semplificata presenta scarsi resti di democrazia. Il Trattato di Maastricht non contiene alcuna norma paragonabile. L'Art. F,3 (Ora Art. 6, 4) TUE, secondo cui "L'Unione si dota dei mezzi necessari per perseguire i suoi obiettivi e per realizzare le sue politiche" era, secondo Maastricht, solo una dichiarazione di intenti politici non vincolante. [1] Nessun popolo che vuol rimanere uno stato esistenzialmente indipendente può approvare la legge per i pieni poteri. L'Art. 48, 6 TUE permette al Consiglio Europeo di mettere fuori gioco gli organi legislativi nazionali. Quando una politica minaccia di fallire a causa dei parlamenti nazionali, il Consiglio Europeo può modificare il Trattato sul Funzionamento dell'Unione e in tal modo rendere la politica vincolante.

fonte: Movisol

Gli Svedesi si sono mobilitati contro la legge sul controllo elettronico



Un mese dopo il voto, il 18 giugno, sulla legge del controllo elettronico in Svezia, l'opinione pubblica si è sempre più mobilitata. Dopo la fine di giugno, molte migliaia di persone si sono riunite manifestando in tutto il Paese, per protestare contro la “Lex Orwell”.

Il testo prevede che tutta l'informazione che circola su Internet, includendo anche tutte le comunicazioni che avvengono per cellulare, dovrà passare attraverso dei filtri che dovranno intercettare anche un indirizzo del PC (attraverso il numero di identificazione), un messaggio criptato, una parola ecc.

Ascolto delle masse

I servizi di informazione hanno aperto un inchiesta all'inizio di luglio per sapere chi, nell'ambito della FRA, l'agenzia radiofonica della difesa incaricata di applicare la legge, ha fatto filtrare delle informazioni confidenziali a un giornalista della televisione , sulla capacità reale di stoccaggio delle informazioni filtrate.

A metà luglio, parecchi deputati liberali della maggioranza, hanno annunciato la loro intenzione di votare contro la legge, che dovrà essere emendata in autunno. Non vogliono sopprimere il testo, ma reclamano l'eccezzione in caso di sospetti di crimini o delitti.

“La cosa più importante è che noi rinunciamo agli ascolti di massa dei cittadini svedesi, come potrebbe essere oggi” ha dichiarato Birgittas Ohlsson, deputata del Partito Liberale.

La questione è delicata per le autorità, che sono state visibilmente sopraffatte dalle reazioni. Hakan Jevrell, direttore di Gabinetto del Ministro della Difesa, ha spiegato che la legge era “stata malcompresa”: se FRA spendesse tutto il suo budget annuale per comperare un numero di hard disk sufficienti per captare tutto ciò che passa da un solo cavo, questi sarebbero già pieni in quindici ore. Questo dimostra che, comunque possiamo solo controllare una piccola parte di ciò che avviene in realtà.

Jevrell aggiunge:” Non si tratta solo di decifrare dei semplici passaggi che contengono la parola Al Qaida. Ce ne sarebbero talmente tanti, che non avrebbe senso. Non ne abbiamo la capacità, poiché dopo ci sarebbero altri sistemi che lo impedirebbero”.

Le parole chiave o i sistemi di ricerca non possono essere legati a delle persone fisiche, a meno di farne oggetto di domande specifiche. Ci vorrebbero dunque dei sospetti iniziali, per interessarsi alle comunicazioni di un privato. “Ci sono una quantità di sistemi di ricerca, utilizzati per incrociare e affinare le ricerche”, sottolinea Jevrell senza dettagliare.

Sul sito Internet di FRA si precisa , che “la comunicazione disponibile è filtrata in tempi reali, cioè significa che la stragrande maggioranza del traffico non sarà mai immagazzinata. Solo il materiale di ricerca scelto, partendo dai concetti di ricerca, sarà ricuperato e immagazzinato, per il tempo di verificare se l'informazione “ha un valore per il richiedente” ossia qualunque agenzia governamentale o ministeriale.

Altra indicazione: “Il recupero dei segnali nei cavi si fa automaticamente, con l'aiuto dei sistemi di ricerca che saranno controllati a cose fatte da un organo indipendente”, precisa ancora FRA.. “Un ufficio di protezione per l'integrità, avrà una missione di sorveglianza per l'attività”.

Ma la stragrande maggioranza degli svedesi, non ha alcuna fiducia nelle capacità e l'imparzialità degli organi di controllo promessi dal governo. I difensori della libertà, fanno presente che, per scoprire se un informazione è di loro competenza, gli organi di controllo dovranno prima averla letta, ciò che in sé, costituisce una violazione dei principi della protezione dell'integrità.

Anne Ramberg, Segretaria Generale della Federazione degli Avvocati, dichiara, a differenza del governo e della FRA, di non credere che l'autorità sia sempre valida. “E' fondamentale che in uno Stato di diritto anche le autorità possano essere controllate.”

Persino a destra si teme che la legge costi cara al governo attuale.

Olivier Truc

06 agosto 2008

Bilanci tagliati, privilegi tenuti: bicameralismo prefetto



Di solito le Camere approvano i loro bilanci con sveltezza e anche con destrezza. Si tratta di conti insindacabili. Con gravità e senza che gli scappi da ridere i Soloni che li hanno elaborati spiegano a noi comuni mortali come dovremmo fregarci le mani dalla contentezza: perché gli eletti dal popolo - più precisamente, dalle segreterie dei partiti - ce l’hanno messa tutta per limitare le spese. Se poi, alla fine delle fini, risulta che Montecitorio e Palazzo Madama costeranno qualche decina di milioni d’euro in più rispetto all’anno scorso dobbiamo astenerci da commenti qualunquistici e irriguardosi. Il rincaro va attribuito ad automatismi devastanti e invincibili, come i flagelli biblici. Che poi gli automatismi mangiasoldi siano stati creati da Parlamenti passati e che i Parlamenti attuali dimostrino una eccellente attitudine a insistere nell’andazzo è questione di poco conto. Dando prova di stoica rassegnazione i deputati e i senatori spendono di più per se stessi, e nel contempo esortano virtuosamente il Paese a spendere meno. Mai che abbiano un’idea semplice: per esempio quella di dimezzarsi le indennità.



Qualcuno in verità ha avanzato, discutendosi di gran carriera il bilancio, ipotesi del genere. Si è trattato dei soliti radicali rompiscatole. Una di loro, Rita Bernardini, ha avanzato la proposta che fosse tolta agli onorevoli la gratuità dei biglietti ferroviari e dei pedaggi autostradali, che fosse reso trasparente l’uso dei quattromila euro mensili concessi per i portaborse, che fossero aboliti altri privilegi. «Va’ a spacciare» l’ha cortesemente esortata un collega, poi identificato secondo le cronache in Gianluca Buonanno, leghista. La temeraria autolesionista ha così avuto il fatto suo.




Ben altra tempra quella del deputato Emerenzio Barbieri che s’è battuto perché fosse sanata un’atroce ingiustizia. Pensate: sugli aerei i senatori viaggiano in business class, i deputati invece in economica. «Secondo voi non è abbastanza umiliante - ha detto in aula con accenti di strazio l’onorevole Barbieri - che noi siamo discriminati rispetto ai senatori?». Sui forti volti dei presenti erano stampati, mentre risuonava questo grido di dolore, sdegno e tormento insieme. Emerenzio - appartenente alla maggioranza - non ha parlato a casaccio. Fossi in Schifani, prescriverei la classe economica, da subito, per i senatori. O magari prescriverei che sia i senatori sia i deputati non viaggino mai più a spese del contribuente. Se proprio li punge la voglia di terre lontane - ma è meglio che non si muovano - le raggiungano a loro spese. Sanno pochissimo dell’Italia, non complichiamogli le idee.

di Mario cervi

02 agosto 2008

Il Trattato di Lisbona come i nazisti nel 1933



Il Trattato contiene una clausola per i pieni poteri. Riportiamo un estratto del ricorso presentato alla Corte Costituzionale tedesca dal Prof. Karl-Albrecht Schachtschneider, il 25 maggio 2008.
III. Procedura di revisione semplificata
Art. 48 Par. 6 TUE



La "procedura di revisione semplificata" secondo l'Art. 48, 6 TUE stabilisce una legge per i pieni poteri. Secondo l'Art. 48 Par. 6 TUE il Consiglio Europeo può per decisione Europea "modificare in tutto o in parte le disposizioni della parte terza del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea relative alle politiche e azioni interne dell'Unione" su iniziativa del governo di qualsiasi stato membro, del Parlamento Europeo o della Commissione, previa (semplice) consultazione del Parlamento Europeo e della Commissione come pure, nel caso di modifiche nel campo della politica monetaria, della Banca Centrale Europea. La terza parte del TFUE abbraccia tutte le politiche importanti dell'Unione, e cioè la libera circolazione di merci con l'unione doganale, l'agricoltura, il divieto di restrizioni, la libera circolazione dei capitali e dei servizi (dunque, il mercato interno e le libertà fondamentali), lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, i trasporti, le norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul riavvicinamento delle legislazioni, la politica economica e monetaria, l'occupazione, la politica commerciale comune, la cooperazione doganale, la politica sociale, l'istruzione, la formazione professionale, la gioventù, la cultura, la sanità pubblica, la protezione dei consumatori, le reti transeuropee, l'industria, la coesione economica, sociale e territoriale, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, l'ambiente, la cooperazione allo sviluppo, la cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi.

E' vero che la decisione entra in vigore, Art. 48, 6, secondo paragrafo, "solo previa approvazione degli stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali", ma la decisione non è alcun trattato internazionale che richieda una ratifica. L'Art. 59, 2 della Costituzione tedesca (GG) non è pertinente. Il Bundestag (Camera dei deputati) e il Bundesrat (Camera dei Länder) non sono chiamati a partecipare alla procedura. A causa della potestà sulla politica estera, l'approvazione può essere concessa solo dal governo federale. Anche l'art. 23, 1, 3 GG non porta alla procedura prescritta per la modifica della Costituzione (Art. 79, 2 GG), perché la decisione non modifica le "basi contrattuali" dell'Unione Europea né promulga "norme comparabili, per mezzo delle quali questa Costituzione viene modificata o integrata rispetto al suo contenuto o tali modifiche o integrazioni vengono permesse". Già il Trattato di Lisbona permette queste modifiche o integrazioni, nel caso che davvero la Costituzione venga modificata o integrata nel suo contenuto. Questo, ad ogni modo, è il caso eccezionale, perché le politiche riguardano prevalentemente materie di diritto semplice. E' vero che la decisione, secondo l'Art. 48, 6, 3 TUE "non può estendere le competenze attribuite all'Unione nei trattati", ma queste competenze sono disciplinate nell'Art. 2b (3) TFUE come competenze esclusive e nell'Art. 2c (4) come competenze condivise. A ciò vanno aggiunte le ampie competenze sul coordinamento della politica economica e di occupazione, ma anche della politica sociale nell'Art. 2d (5) TFUE, come pure le competenze sulle misure di sostegno, coordinamento e completamento nei settori Tutela e miglioramento della salute umana, industria, cultura, turismo, istruzione, formazione professionale, gioventù e sport, protezione civile, cooperazione amministrativa secondo l'Art. 2e (6) TFUE. Tutte le competenze sono formulate nel modo possibilmente più ampio, come mostra lo stesso elenco qui sopra. Le politiche della terza parte del Trattato di Lisbona non sono indicate come competenze. Esse disciplinano i limiti dei poteri che per conseguenza possono essere ampliati senza modifica delle competenze. Inoltre disciplinano le procedure che possono essere modificate senza modifica delle competenze, in quanto, tra l'altro, possono essere integrati o disintegrati organi nelle o dalle procedure. La procedura di modifica semplificata trasferisce il potere costituzionale al Consiglio Europeo, i dirigenti dell'Unione. Ciò conferisce loro la sovranità per effettuare modifiche della Costituzione che non necessitano nemmeno dell'approvazione del Parlamento Europeo, per non parlare dei parlamenti nazionali. Questa clausola generale è una parte essenziale della statualità dell'Unione Europea così come ampliata dal Trattato di Lisbona, che tramite detta clausola acquista ampia sovranità costituzionale (Verfassungshoheit). La "procedura di revisione semplificata" ha ben poco a che vedere con la democrazia. Essa facilita la totale revisione dei settori di politica interni e una ampia revisione di quelli esterni (in particolare la politica commerciale) dell'Unione e rende tali revisioni (conformemente alle rispettive norme costituzionali) non solo indipendenti dall'approvazione dei parlamenti nazionali, ma anche e soprattutto dall'approvazione popolare prescritta in tal casi, cioè da plebisciti in cui le modifiche costituzionali tendono in genere ad essere bocciate, specialmente quando riguardano la politica economica, monetaria o ancor meglio quella sociale. Si noti che la competenza condivisa secondo Art. 2c (4) TFUE sulla coesione economica, sociale e territoriale comprende anche il riavvicinamento delle politiche fiscali e sociali degli stati membri (considerato urgente nella politica di integrazione). Già oggi l'Art. 90 (93) TFUE contiene disposizioni fiscali che sono indirizzate alla realizzazione e al funzionamento del mercato interno e ad impedire le distorsioni della concorrenza. A questo scopo è ipotizzabile, forse addirittura utile una ulteriore politica fiscale. Attualmente il Consiglio prende decisioni secondo l'Art. 93 TUE su proposta della Commissione, ma all'unanimità previa consultazione del Parlamento Europeo e delle commissioni economiche e sociali. Ciò potrebbe comportare interessi alla modifica, ai quali l'Art. 48, 6 TFUE offre una procedura soccorrevole.

La procedura di revisione semplificata è una legge per i pieni poteri al Consiglio Europeo, che a questo permette di sovvertire l'ordinamento interno, ma anche ampiamente quello esterno, dell'Unione. Solo la politica estera e di sicurezza sono escluse. Con la ratifica del Trattato di Lisbona, la Germania conferisce all'Unione l'autorità di qualsivoglia modifica materiale dell'ordinamento giudiziario tedesco. Su questa modifica solo il Cancelliere federale ha influsso, perché il Consiglio Europeo deve decidere all'unanimità. La procedura di revisione semplificata presenta scarsi resti di democrazia. Il Trattato di Maastricht non contiene alcuna norma paragonabile. L'Art. F,3 (Ora Art. 6, 4) TUE, secondo cui "L'Unione si dota dei mezzi necessari per perseguire i suoi obiettivi e per realizzare le sue politiche" era, secondo Maastricht, solo una dichiarazione di intenti politici non vincolante. [1] Nessun popolo che vuol rimanere uno stato esistenzialmente indipendente può approvare la legge per i pieni poteri. L'Art. 48, 6 TUE permette al Consiglio Europeo di mettere fuori gioco gli organi legislativi nazionali. Quando una politica minaccia di fallire a causa dei parlamenti nazionali, il Consiglio Europeo può modificare il Trattato sul Funzionamento dell'Unione e in tal modo rendere la politica vincolante.

fonte: Movisol

Gli Svedesi si sono mobilitati contro la legge sul controllo elettronico



Un mese dopo il voto, il 18 giugno, sulla legge del controllo elettronico in Svezia, l'opinione pubblica si è sempre più mobilitata. Dopo la fine di giugno, molte migliaia di persone si sono riunite manifestando in tutto il Paese, per protestare contro la “Lex Orwell”.

Il testo prevede che tutta l'informazione che circola su Internet, includendo anche tutte le comunicazioni che avvengono per cellulare, dovrà passare attraverso dei filtri che dovranno intercettare anche un indirizzo del PC (attraverso il numero di identificazione), un messaggio criptato, una parola ecc.

Ascolto delle masse

I servizi di informazione hanno aperto un inchiesta all'inizio di luglio per sapere chi, nell'ambito della FRA, l'agenzia radiofonica della difesa incaricata di applicare la legge, ha fatto filtrare delle informazioni confidenziali a un giornalista della televisione , sulla capacità reale di stoccaggio delle informazioni filtrate.

A metà luglio, parecchi deputati liberali della maggioranza, hanno annunciato la loro intenzione di votare contro la legge, che dovrà essere emendata in autunno. Non vogliono sopprimere il testo, ma reclamano l'eccezzione in caso di sospetti di crimini o delitti.

“La cosa più importante è che noi rinunciamo agli ascolti di massa dei cittadini svedesi, come potrebbe essere oggi” ha dichiarato Birgittas Ohlsson, deputata del Partito Liberale.

La questione è delicata per le autorità, che sono state visibilmente sopraffatte dalle reazioni. Hakan Jevrell, direttore di Gabinetto del Ministro della Difesa, ha spiegato che la legge era “stata malcompresa”: se FRA spendesse tutto il suo budget annuale per comperare un numero di hard disk sufficienti per captare tutto ciò che passa da un solo cavo, questi sarebbero già pieni in quindici ore. Questo dimostra che, comunque possiamo solo controllare una piccola parte di ciò che avviene in realtà.

Jevrell aggiunge:” Non si tratta solo di decifrare dei semplici passaggi che contengono la parola Al Qaida. Ce ne sarebbero talmente tanti, che non avrebbe senso. Non ne abbiamo la capacità, poiché dopo ci sarebbero altri sistemi che lo impedirebbero”.

Le parole chiave o i sistemi di ricerca non possono essere legati a delle persone fisiche, a meno di farne oggetto di domande specifiche. Ci vorrebbero dunque dei sospetti iniziali, per interessarsi alle comunicazioni di un privato. “Ci sono una quantità di sistemi di ricerca, utilizzati per incrociare e affinare le ricerche”, sottolinea Jevrell senza dettagliare.

Sul sito Internet di FRA si precisa , che “la comunicazione disponibile è filtrata in tempi reali, cioè significa che la stragrande maggioranza del traffico non sarà mai immagazzinata. Solo il materiale di ricerca scelto, partendo dai concetti di ricerca, sarà ricuperato e immagazzinato, per il tempo di verificare se l'informazione “ha un valore per il richiedente” ossia qualunque agenzia governamentale o ministeriale.

Altra indicazione: “Il recupero dei segnali nei cavi si fa automaticamente, con l'aiuto dei sistemi di ricerca che saranno controllati a cose fatte da un organo indipendente”, precisa ancora FRA.. “Un ufficio di protezione per l'integrità, avrà una missione di sorveglianza per l'attività”.

Ma la stragrande maggioranza degli svedesi, non ha alcuna fiducia nelle capacità e l'imparzialità degli organi di controllo promessi dal governo. I difensori della libertà, fanno presente che, per scoprire se un informazione è di loro competenza, gli organi di controllo dovranno prima averla letta, ciò che in sé, costituisce una violazione dei principi della protezione dell'integrità.

Anne Ramberg, Segretaria Generale della Federazione degli Avvocati, dichiara, a differenza del governo e della FRA, di non credere che l'autorità sia sempre valida. “E' fondamentale che in uno Stato di diritto anche le autorità possano essere controllate.”

Persino a destra si teme che la legge costi cara al governo attuale.

Olivier Truc