22 ottobre 2009

Un sistema economico strutturalmente irrecuperabile


Coloro che credono ancora nei benefici della mano invisibile del mercato, dovrebbero rendersi conto che quest'ultima ci sta ripulendo le tasche a vantaggio di pochi. L'attualità ce lo mostra ogni giorno.

Sì, sì, la recessione è finita. Comincia ora la depressione e la disoccupazione di massa ne è l'indizio rivelatore. Non è il 1929, è molto peggio. Non tornerò sulle mie diverse analisi, perché ben presto gli eventi si susseguiranno (guerre, fallimenti, crack borsistici...)

Per capire perché la borsa continui a funzionare, basta leggere ciò che Pierre Jovanovic scrive sul suo blog.

Spiega così che il «40% dell' NYSE è generato da cinque titoli» cosa confermata dall'analista finanziario Olivier Crottaz che ne ha anche pubblicato il grafico relativo.

Insomma, si rifilano pacchetti d'azioni facendo montare la maionese e tutto questo sconnesso da qualsiasi realtà economica. Grottesco!

Ho quindi deciso di scrivere une serie di articoli per dimostrare che ciò che molti chiamano capitalismo, non solo è una mostruosità, ma inoltre è completamente irrecuperabile.

Ho spesso usato il termine crisi sistemica per analizzare il crack attuale, ma dovremmo piuttosto parlare di crisi strutturale.

Infatti, ci sono stati molti studi sul fallimento del comunismo e le sue derive dittatoriali (Stalin, Mao), ma ci sono poche analisi di fondo riguardanti il nostro sistema economico attuale che, anch'esso, non può far altro che portarci al disastro e alla dittatura.

Innanzitutto, bisogna notare che Karl Marx ha fatto due errori fondamentali.

In primo luogo, la sua analisi si basa sull'idea che è “il calo tendenziale del tasso di profitto che è all'origine delle crisi che costellano la storia del capitalismo”.

L'economista Philippe Simmonnot ha confutato in modo chairo questa teoria. Per chi vuole approfondire, la spiegazione de L'errore di Marx è sul mio blog.

Inoltre, Marx ha “dimenticato” Freud (che è arrivato dopo) e i suoi lavori sull'inconscio, che Bernard Stiegler riassume affermando che “il capitalismo del XX secolo ha catturato la nostra libido e l'ha sviata dagli investimenti sociali”. Posso aggiungere che ha finito col resettarci tramite il feticismo dell'oggetto.

Poiché l'insieme dei media appartiene al gruppetto dominante, la realtà ha finito col scapparci e non vediamo più il mondo com'è. Questo “psico-potere” che permette di fabbricare la nostra coscienza collettiva, è il solo da distruggere veramente, perché “solo la verità è rivoluzionaria”.

Del resto, secondo Hannah Arendt, il totalitarismo è innanzitutto una dinamica di distruzione della realtà e delle strutture sociali.

Per capire meglio, bisogna rileggere «Il mondo nuovo» di Aldous Huxley, che non è un romanzo, ma un programma politico ben riassunto nella prefazione del 1946: «Uno stato totalitario davvero “efficiente” sarebbe quello in cui l'onnipotente comitato esecutivo dei capi politici e il loro esercito di direttori governerebbero su una popolazione di schiavi che sarebbe inutile forzare, perché avrebbero l'amore per la loro servitù».

Tra l'altro l'opera fa una sintesi della nostra epoca: «Man mano che diminuisce la libertà economica e politica, in cambio la libertà sessuale tende a crescere». Anche Claude Lévi-Strauss ne aveva parlato: «La funzione primaria della comunicazione scritta è di facilitare l'asservimento».

Siamo quindi una popolazione di schiavi, un'idea che il film di Jean-François Brient «De la servitude moderne» [NdT: Sulla servitù moderna] mostra in maniera esplicita [De la servitude moderne n°1, De la servitude moderne n°2, De la servitude moderne n° 3 (sul mio blog)].

Nonostante ciò, è importante analizzare perché alla fin fine il capitalismo ci porta alla dittatura. Infatti, gli economisti diventati matematici, han dimenticato che ciò che caratterizza il nostro sistema economico è quel suo lato mafioso retto da una sola legge, quella del più forte.

Mazzette, minacce e assassinii sono parte integrante del processo di conquista dei mercati. Gomorra di Roberto Saviano è il riflesso perfetto della nostra società.

Questo viene rappresentato sul piano matematico (dato che il mondo è scritto in linguaggio matematico) dalla legge di Pareto che mostra come le entrate si dividono sempre secondo una legge matematica decrescente a legge di potenza. L'economista Moshe Levy spiega che “la legge di Pareto, lungi dall'essere universale e ineluttabile, sarebbe solo il modoo di funzionamento particolare di una società egocentrica” e che “sono gli effetti stocastici (e non l'indigenza e il lavoro) della concorrenza ad arricchire pochi a scapito della maggioranza, portando alla ripartizione di Pareto”.

Per rimanere nell'ambito della matematica, è importante capire cos'è un frattale. Gli oggetti frattali sono imparentati a strutture a rete, e sono sottoposti alla legge di Pareto. Per fare un esempio, il 20% dei più ricchi detiene l'80% del capitale, ma all'interno di questo 20% si applica ancora la legge di Pareto, e così via... Del resto, le 20 persone più ricche del mondo hanno un capitale personale stimato nel 2009 a 415 miliardi di dollari, ossia poco meno del PIL svizzero (500 miliardi di dollari)! (Lista dei miliardari del mondo nel 2009)

L'1% dei più ricchi rappresentava il 10% del PIL nel 1979 e il 23% oggi. Saranno il 53% nel 2039?

Bisogna quindi capire che la pecca fondamentale del nostro sistema economico risiede nell'accumulo del capitale. Infatti, il capitalismo porta strutturalmente alla dittatura attraverso un accumulo colossale di ricchezze da parte di pochi.

Il capitalismo è quindi per natura non redistributivo. Infatti, per via della sua struttura basata sul debito, favorisce il capitale e mette la banca e la finanza al centro del sistema. Bene, la maggior parte degli interessi alla fine è riscosso da un piccolo numero di persone che finiscono con l'impadronirsi del sistema. Io lo chiamo effetto Monopoli (Famoso gioco in cui, dopo aver rovinato gli altri, sopravvive un solo giocatore).

Coloro che credono ancora nei benefici della mano invisibile del mercato, dovrebbero rendersi conto che quest'ultima ci sta ripulendo le tasche a vantaggio di pochi. L'attualità ce lo mostra ogni giorno.

Inoltre, sul piano matematico un investimento di denaro è un esponenziale. Potete del resto constatarlo cliccando su Esponenziale e capitale.

Ma questo accumulo di capitali ha una contropartita: l'accumulo di debiti, perché alla fin fine il denaro non viene creato ex nihilo, al contrario di quello che cercano di farvi credere (solo le banche centrali possono creare la moneta). Il nostro sistema economico è quindi diventato un grande schema di Ponzi, e questo è confermato anche dallo stesso Nouriel-Roubini: “Americani, guardiamoci allo specchio: Madoff, siamo noi, e il Signor Ponzi, siamo noi!”.

Avevo già indicato questo problema nell'articolo Crise systémique – Les solutions (n°5 : une constitution pour l'économie) [NdT: Crisi sistemica – Le soluzioni (n°5: una costituzione per l'economia)] e affermavo che questo sistema, che funziona sul debito e l'appropriamento della maggior parte degli interessi da parte di pochi, col passare degli anni impone l'allargamento della base di credito. E, quando si cominciano a fare prestiti a persone che non possono rimborsarli (i poveri), il sistema sprofonda.

E sì che tutte le religioni hanno condannato (a volte con diverse sfumature) il prestito con interessi, perché lo consideravano amorale, cosa che troviamo nel versetto 275 della seconda sura del Corano: “Dio ha reso lecito il commercio e illecito l'interesse”.

Non dimentichiamo che il sistema attuale si basa sulla formula: debito = consumo = lavoro. Quindi, senza debito, nessun lavoro! Del resto è per questa ragione che gli stati sostengono a fondo perso le banche.

Robert H. Hemphill, responsabile di crediti alla Fed di Atlanta, aveva dichiarato: “Se le banche creano abbastanza denaro, prosperiamo; in caso contrario, sprofondiamo nella miseria”

Di fronte a un esponenziale del capitale accumulato, ci ritroviamo con un esponenziale del debito. Per esempio, per gli Stati Uniti, abbiamo un debito totale (pubblico e privato) di 52.859 miliardi di dollari, ossia 375% del PIL statunitense e più del PIL mondiale.

Bisogna inoltre ricordare che il debito porta alla schiavitù, come riassume Jean Baudrillard: “Con il credito torniamo a una situazione propriamente feudale (una frazione del lavoro dovuta in anticipo al signore), al lavoro asservito”.

Il sociologo Immanuel Wallerstein ha ragione quando afferma che: «Da trent'anni siamo entrati nella fase terminale del sistema capitalistico».

Ivan Illich uno dei primi pensatori dell'ecologia politica ha sviluppato la nozione (chiamata illichiana) di contro-produitività, che mostra che le imprese che raggiungono una grandezza critica instaurando una situazione di monopolio, finiscono col nuocere al funzionamento normale dell'economia.. Possiamo anche aggiungere che finiscono con l'appropriarsi del potere. Il 4 giugno 1943, il senatore Homer T. Bone dichiarava al Comitato del Senato americano per gli Affari Militari: «Farben era Hitler e Hitler era Farben»

Albert Einstein, nel maggio 1949, in un articolo comparso nella Monthly Review, riprendeva la stessa idea: «Il capitale privato tende a concentrarsi nelle mani di pochi, in parte a causa della competizione tra capitalisti e in parte perché lo sviluppo tecnologico e la divisione crescente del lavoro incoraggiano la formazione di unità di produzione più grandi a scapito di quelle più piccole. Il risultato di questi sviluppi è un'oligarchia di capitale privato, il cui potere esorbitante non può effettivamente essere controllato neanche da una società il cui sistema politico è democratico»

Oggi, 500 imprese transnazionali controllano il 52% del PIL mondiale e questo fa dire a Jean Ziegler (membro del Comitato consultivo del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite) che andiamo verso «una rifeudalizzazione del mondo»

Eppure J. K. Galbraith, economista e consigliere dei presidenti Roosevelt e Kennedy ci aveva avvertiti: «L'economia di mercato è spesso descritta come un'antica eredità. All'occorrenza, è una truffa, o più esattamente, un errore comunemente ammesso. Troppe persone studiano ancora l'economia su manuali che mantengono ancora i dogmi della produzione concorrenziale dei beni e dei servizi e della capacità di acquistare senza impedimenti. In realtà, possono esserci solo uno o pochi venditori abbastanza potenti e persuasivi a determinare ciò che le persone comprano, mangiano, bevono» (« Les nouveaux mensonges du capitalisme » (Le nuove menzogne del capitalismo » Pubblicato ne Le Nouvel Observateur (4/11/05), intervista di John Kenneth Galbraith a cura di François Armanet)

Quali sono le soluzioni? Non preoccupatevi, i nostri padroni han già previsto tutto. Per capire, bisogna sapere che la dialettica hegeliana è padroneggiata magistralmente. Abbiamo così la tesi, il capitalismo, l'antitesi, il comunismo, e infine la sintesi: un socialismo corporativo o social-fascismo (mondiale).

Voglio ricordare qui che Mussolini aveva dato la sua definizione del fascismo: “Il fascismo dovrebbe piuttosto essere chiamato corporativismo, poiché si tratta dell'integrazione dei poteri dello stato e dei poteri del mercato”. Ora, il corporativismo può essere assimilato a un'impresa criminale dato che, come afferma Howard Scott: “un criminale è una persona dagli istinti predatori che non ha abbastanza capitale per formare una corporazione” (Une constitution pour l'économie, pourquoi ?)

Può sembrare strano associare due principi opposti come socialismo e fascismo, ma Edgar Morin ci spiega ciò che egli chiama il principio dialettico: “Esso unisce due principi o nozioni antagoniste, che in apparenza dovrebbero respingersi l'un l'altra, ma che sono indissociabili e indispensabili per capire una stessa realtà”. Pensate sia impossibile? Ecco la mia analisi.

Conviene innanzitutto notare che tutti sparano sui cattivi banchieri (la tesi) e sostengono la nazionalizzazione delle banche (l'antitesi). Avremo quindi un FMI, una BRI e una banca mondiali (la sintesi) che controlleranno la futura moneta mondiale (i DSP che sostituiranno il dollaro: Crise systémique – Les solutions (n°5 : une constitution pour l'économie)) e regoleranno il sistema. Ora, questi organismi sono controllati da una manciata di persone.

La crisi attuale avrà come conseguenza diretta la distruzione delle nazioni, perché le somme perse superano le capacità degli stati e i tassi di indebitamento vanno alle stelle. Si svilupperanno dappertutto dei poli continentali con strutture regionali: il glocale. Su questa questione ho tra l'altro condotto uno studio preciso: Crise systémique – Les solutions (n°4 : régions et monnaies complémentaires) (Crisi sistemica – Le soluzioni. N°4: regioni e monete complementari)

Il futuro è al « socialismo » disse Schumpeter, un socialismo senza schaivitù, ma con una libertà limitata. Si dovrebbe usare allora il termine esatto: socialfascismo e precisare che la libertà scomparirà se non ne facciamo nulla. In ogni caso, una dittatura fallirà. Non dimentichiamo il principio « ologrammatico » di Edgar Morin: la parte è nel tutto, ma il tutto è nella parte, poiché tutte le forme di esistenza sono legate le une alle altre. Questa è tra l'altro la definizione esatta di ciò che Buddha, Jeschuth-notzerith (il vero nome di Gesù, ancora una bugia!) e Maometto hanno definito con la parola amore.

Fascismo e socialismo alla fin fine non sono altro che il riflesso della nostra dualità che ci spinge o verso gli altri, o verso il ripiegamento su sé stessi, l'egoismo e la violenza. È necessario quindi che cambiamo noi, se vogliamo cambiare il mondo; è quello che l'Islam chiama djihad, la cabala ebrea la lotta per lo zain (la lotta interiore) e che Bakunin riassume in poche parole: “Per rivoltarsi contro questa influenza che la società esercita su di lui, l'uomo deve, almeno in parte, rivoltarsi contro sé stesso”.
di Gilles Bonafi

14 ottobre 2009

Tutti i poteri forti contro la politica estera italiana



Berlusconi, secondo il giudice milanese Raimondo Mesiano, dovrebbe scucire 1500 miliardi delle vecchie lire (750 mln di euro) per risarcire Carlo De Benedetti dopo la faccenda del famigerato “lodo Mondadori”. L’affaire del gruppo editoriale fondato da Arnaldo Mondadori nel 1907 ha alle spalle una sentenza, a quanto pare pilotata, emessa dalla Corte d’appello di Roma la quale, nel 1991, aveva dato ragione al Cavaliere (e torto a De Benedetti) circa il passaggio delle azioni dalla famiglia Formenton (erede dei Mondadori) al gruppo Fininvest, ribaltando un precedente verdetto di un collegio arbitrale, consentendo così a Berlusconi di prendere il controllo del gruppo nato ad Ostiglia.
Qualcuno potrebbe dire che si tratta della solita battaglia, senza esclusione di colpi, tra capitalisti e uomini d’affari, ma i due sunnominati personaggi non sono normali imprenditori che si prendono a calci in faccia per il denaro e per il potere economico. Berlusconi è, attualmente, Presidente del Consiglio, De Benedetti è la tessera n.1 del principale partito d’opposizione. Inevitabilmente lo scontro si sposta sul piano politico e tira in ballo tutto il paese.
Noi che siamo gente di mondo non ci facciamo illusioni e sappiamo perfettamente di che pasta sono fatti l’uno e l’altro in quanto tycoons e businessman, tuttavia non si può trascurare il fatto che De Benedetti rappresenta la parte più retriva, reazionaria e golpista dell’Italia, quella che ha appoggiato e contribuito a realizzare il colpo di mano giudiziario del 1992 (dal quale lo stesso Ingegnere è stato sfiorato e poi, chissà perché, subito lasciato in pace), favorendo il repulisti del precedente regime politico-parlamentare non più gradito a Washington, mentre Berlusconi è il bastone tra le ruote di quel progetto infame fondato su indagini dei magistrati a senso unico.
Da una parte, dunque, uno dei protagonisti del salotto buono, dei sempiterni poteri costituiti italiani che non decadono mai e dall’altra un parvenu guardato con sospetto ed alterigia dalla casta banco-industriale al comando nella nostra nazione. La colpa di Berlusconi è dunque quella di essere entrato in politica, ragionevolmente, per non fare la fine del suo mentore politico Bettino Craxi, andando a scompaginare i disegni divini degli Dei del capitalismo italiano i quali avevano già deciso il destino della nostra terra all’indomani della fine della Guerra Fredda e della dissoluzione dell’URSS.
Questo a Berlusconi non è mai stato perdonato, ma, soprattutto, non gli hanno condonato di non essersi piegato, come dice Vittorio Feltri nel suo editoriale di ieri, ai diktat delle banche, dei grandi enti privati, della finanza disinvolta e di alcune megaindustrie che da decenni stracomandano nel Bel Paese.
Purtroppo, Feltri dimentica di nominare la potenza straniera che ha intessuto le trame del complotto contro Berlusconi che poi è la stessa che aveva decretato la fine del regime DC-PSI per allargare le maglie del suo potere mondiale. E adesso siamo ripiombati in quel clima cospirativo perché Berlusconi ha peggiorato la sua situazione mettendosi in affari con Putin e con Gheddafi. Anche questo non gli sarà facilmente scusato. Il problema è che, come al solito, ci va di mezzo quel piccolo barlume di indipendenza che stava finalmente accendendo la politica estera italiana.

di Giovanni Petrosillo -

13 ottobre 2009

Il Dollaro deve essere svalutato della metà?




«Un anno fa» ha detto il professor Ross Buckley all’Abc News australiana «nessuno voleva saperne del Fondo Monetario Internazionale. Ora è l’Fmi che coordina il pacchetto internazionale di stimolo economico che è stato venduto come stimolo per i paesi poveri».

L’Fmi può aver ricevuto ben altri compiti. Secondo Jim Rickards, direttore della market intelligence per il gruppo di consulenza scientifica Omnis, il proposito non annunciato del Summit G20 di Pittsburgh (24 settembre) era che «l’Fmi venisse consacrato come ‘banca centrale globale’». Rickards ha detto in un’intervista alla Cnbc (25 settembre) che il piano è di far sì che l’Fmi emetta una moneta di riserva globale che rimpiazzi il dollaro.

«Hanno emesso debito per la prima volta nella storia» ha detto Rickards «stanno emettendo diritti speciali di prelievo (SDR). I primi SDR sono venuti fuori nel 1980 o nel 1981, per un valore di 30 miliardi di dollari. Ora si parla di 300 miliardi. E quando dico emettere, intendo stampare moneta; non c’è niente dietro questi diritti».

I diritti speciali di prelievo sono una moneta sintetica creata originariamente dall’Fmi per rimpiazzare oro e argento nelle grandi transazioni internazionali. Ma sono stati utilizzati poco finora. Come mai all’improvviso il mondo ha bisogno di una nuova divisa e di una banca centrale globale? Rickards dice che questo accade per il “dilemma di Triffin”, un problema notato per la prima volta dall’economista Robert Triffin negli anni Sessanta. Quando il mondo abbandonò il gold standard, una moneta di riserva dovette essere fornita da qualche Paese con una divisa forte in grado di sostenere il commercio internazionale. Ma lasciarla in questa funzione voleva dire, per il Paese di riferimento, comprare continuamente più di quanto vendesse, creando enormi deficit nella bilancia dei pagamenti, fino al collasso. Gli Usa hanno alimentato l’economia mondiale negli ultimi 50 anni, ma ora il meccanismo è saltato. Possono aggiustare il loro debito e mettere a posto la loro economia, ma ciò comporterebbe la contrazione degli scambi mondiali. Una moneta globale sostitutiva è necessaria mentre gli Usa risolvono i loro problemi debitori, e quella moneta deve essere l’SDR emessa dal Fondo. Questa è la soluzione al dilemma di Triffin, dice Rickards, ma lascia gli Usa in una posizione vulnerabile. Se dovessimo affrontare una guerra o un’altra catastrofe globale, non avremmo più il privilegio di stampare moneta. Dovremmo chiedere in prestito la moneta di riserva globale come tutti gli altri, mettendoci alla mercé dei creditori globali.

Per impedire questo sviluppo, la Federal Reserve ha lasciato intendere che è pronta ad alzare i tassi, anche se ciò creerebbe un nuovo problema all’economia reale. Rickards parla di un editoriale del governatore della Fed Kevin Warsh, pubblicato sul Wall Street Journal lo stesso giorno della riunione del G20. Warsh scriveva che la Fed dovrebbe alzare i tassi di interesse se salgono i prezzi degli asset – secondo Rickards, un’allusione all’oro, il tradizionale investimento rifugio di chi fugge dal dollaro. «Le banche centrali odiano l’oro perché limita la loro libertà di stampare moneta», ha aggiunto Rickards. Se l’oro andasse improvvisamente a 1.500 dollari l’oncia, sarebbe il collasso del dollaro. Warsh stava quindi dando al mercato un’indicazione che la Fed non avrebbe lasciato accadere una cosa del genere. La Fed avrebbe alzato i tassi per attrarre investimenti in dollari verso l’America. Secondo Rickards, «Warsh sta dicendo “Dobbiamo buttare il dollaro nella spazzatura, ma lo faremo gradualmente…” Warsh sta cercando di prevenire un declino instabile del dollaro. Quello che vogliono, ovviamente, è un declino stabile e costante».

Cosa dire del tradizionale compito della Fed, ovvero il mantenimento della stabilità dei prezzi? E’ un non-senso, secondo Rickards «Ciò che stanno facendo è inflazionare il dollaro per puntellare le banche». Il dollaro deve essere alzato perché c’è più debito insoluto che denaro per ripagarlo. Il governo ha sopravvenienze passive per 60 trilioni di dollari. «Non c’è una combinazione fattibile di crescita e tasse che possa finanziare quelle passività», secondo Rickards. Il governo può finanziarne circa la metà nei prossimi 14 anni, il che vuol dire che il dollaro deve essere svalutato della metà.

Il dollaro deve essere svalutato della metà?

Ridurre il valore del dollaro significa che i nostri sudati guadagni cominceranno a valere solo la metà, che non è una buona notizia per l’economia reale. In realtà la manovra non è fatta per noi, ma per le banche. Il dollaro deve essere svalutato come compensazione al dilemma del sistema monetario attuale, un dilemma più complicato di quello di Triffin, e che può ben essere chiamato una frode. Non c’è mai sufficiente denaro per pagare il debito insoluto, perché tutto il denaro oggi, con l’eccezione delle monete fisiche, è creato dalle banche nella forma di crediti, e sempre più danaro è dovuto indietro alle banche di quanto esse ne dispongano quando originano nuovi crediti. Le banche creano lo strumento principale ma non gli interessi necessari a ripagare i loro finanziamenti.

La Fed, che è controllata da un consorzio di banche e serve i loro interessi, ha il compito di controllare che le banche siano ripagate; e l’unico modo perché questo avvenga è attraverso un’offerta inflattiva di moneta, per creare i dollari necessari a coprire gli interessi mancanti. Ma questo vuol dire diluire il valore del dollaro, imponendo una tassa-ombra sui cittadini; e l’offerta monetaria è inflazionata attraverso maggiori finanziamenti, il che aumenta il carico di debiti più interessi che l’offerta abbondante di moneta avrebbe dovuto ridurre. Il sistema bancario è essenzialmente uno schema piramidale, che continua a funzionare semplicemente creando nuovo debito.

Il pacchetto di stimolo del Fondo (500 miliardi di dollari): serve ai paesi in via di sviluppo o alle banche?

E questo ci riporta al pacchetto di stimolo del Fmi discusso dal professor Buckley. È stato presentato come un aiuto ai paesi emergenti colpiti dalla crisi finanziaria globale, ma Buckley dubita che le cose stiano veramente così. Piuttosto, nota, i 500 miliardi di dollari impegnati dalle nazioni del G20 sono «un pacchetto di stimolo per le banche dei Paesi ricchi». Generalmente questi stimoli sono sotto forma di investimenti; il denaro proveniente dal Fmi sarà prestato sotto forma di finanziamento.

«Questi sono prestiti fatti dai Paesi del G20 ai Paesi poveri attraverso l’Fmi. Dovranno essere ripagati e saranno utilizzati per rifondere le banche internazionali adesso… Il denaro in realtà non arriverà mai nei Paesi poveri. Passerà attraverso di loro per ripagare i loro creditori… Ma i Paesi poveri ci metteranno 30 anni per rientrare da questo debito».

Fondamentalmente, dice Buckley, i prestiti Fmi comportano un aumento della seniority del debito. In pratica, i Paesi in via di sviluppo finiranno con l’essere ancora più incatenati al debito di quanto lo siano ora.

«Al momento il debito è dovuto dai Paesi poveri alle banche, e se i Paesi poveri dovessero farlo, potrebbero andare in default. Il debito bancario sarebbe sostituito da debito dovuto al Fondo, che per motivi strategici molto validi i Paesi poveri serviranno sempre… I Paesi ricchi hanno reso disponibili questi 500 miliardi di dollari per stimolare le loro stesse banche, e il Fmi è un ottimo intermediario tra quei Paesi, i debitori e le banche…».

Non molto tempo fa, il Fmi era stato chiamato obsoleto. Ora è di nuovo in auge e si è vendicato dei suoi detrattori; ma è il vecchio sporco gioco di servire da collettore per il sistema bancario internazionale. Fin quando i Paesi del Terzo Mondo possono pagare, attraverso gli interessi passivi, il servizio del debito, le banche possono segnare i crediti tra le partite attive dei loro libri contabili, e continuare ad alimentare lo schema piramidale e l’offerta inflazionata di moneta globale attraverso sempre nuovi crediti. È tutto per la maggior gloria delle banche e delle loro affiliate multinazionali; ma i 500 miliardi di dollari verranno dai contribuenti delle nazioni G20, e il risultato prevedibile sarà che gli Usa entreranno nel club delle nazioni indebitate al servizio dell’impero globale dei banchieri centrali.

Ellen Brown

11 ottobre 2009

Competere con tutti lascia soli


Dietro ai tanti malesseri di oggi; dietro alle ragazzette vittime o delinquenti date in forte crescita dai servizi sociali, ai padri che abbandonano o vengono abbandonati, alle madri prese da raptus omicidi; dietro a gruppi sociali scollati tra loro e preda dell’odio reciproco; dietro alle depressioni coperte dalle droghe, sta una sola parola, che descrive una condizione precisa e concreta: solitudine. Quella di chi è in famiglia, ma non sente su di sé uno sguardo che sia attento e amoroso.
Ma anche la solitudine di chi abita un territorio dove i legami sociali si sono allentati, e la gente non ti guarda, non ti vede se non per misurare il tuo successo sociale, la tua capacità di spesa.
Infine la solitudine di chi non sente più la solidarietà e l’affetto dei pari, la compagnia di quelli che fanno il tuo stesso lavoro, sui campi, in azienda, o nelle professioni e nei servizi, perché questa vicinanza è stata sopraffatta dalla competizione, dal lasciarsi dietro il pari grado per avvicinarsi a chi ha uno stato superiore, e dall’ansiosa presa di distanza da chi rimane indietro.

Queste dinamiche, lo sappiamo bene, sono sempre esistite, e sono legate in parte all’istinto di sopravvivenza, in parte a quella che Nietzsche ha chiamato «volontà di potenza». Quella spinta naturale per la quale un ciuffo d’erba tende ad allargarsi occupando lo spazio dei fili vicini.
Tuttavia nella storia e nell’indole umana è presente una forza particolare, che non ha la stessa evidenza nel mondo puramente naturale: quella dell’amore. È solo l’amore, quello cui si riferivano i fondatori della psicoanalisi col nome di Eros, a contrastare il vissuto inappagato e inquieto della solitudine (quella cui si ribella anche il primo uomo, Adamo, chiedendo al Signore una compagnia, uno sguardo, una voce).
Fu l’amore, oltre che la ricerca di alleanza, ad ispirare lungo la storia umana la solidarietà, il rispecchiarsi nell’altro, l’appartenenza. Sentimento complesso, l’appartenere ad altri, ad una patria, una classe, una comunità, una professione, arte o mestiere. Tuttavia è proprio lì che nasce l’identità, che non si costituisce certamente solo con quattro dati anagrafici. Ed è proprio l’identità, che rende meno forte, o più accettabile, il morso della solitudine. Come raccontano tante poesie, o lettere di emigranti, anche italiani: non sei veramente solo quando hai una Patria, una terra di origine, un popolo cui appartieni.
La famiglia, lo sguardo attento e amoroso della donna, dell’uomo, dei figli, è l’ultimo, importantissimo tratto di questo filo affettivo che ci lega al resto dell’umanità, indebolendo la solitudine e le sue patologie. Così, almeno è stato, con alterne vicende, nel corso del tempo.
Nell’epoca in cui viviamo la competizione economica ha però assunto un’importanza particolarmente vistosa, assicurando contemporaneamente un grande sviluppo della ricchezza (non altrettanto, pare, della felicità). La spinta a prevalere, a vincere e distaccarsi dall’altro ha così indebolito quella a legarsi, a cercare la solidarietà, l’essere insieme, l’amore appunto. L’interesse alla contrapposizione delle classi ha prevalso su quello della solidarietà tra tutto il popolo, quello della competizione tra i generi ha prevalso sull’amore tra uomo e donna, quello dei singoli territori su quello del benessere di tutta una Nazione.
Questa competizione universale non poteva restare esterna alla famiglia, oggi teatro di conflitti plurimi: padre-madre, genitori-figli, e quindi di nuove, profonde solitudini. Che diventano rapidamente terreno di crescita di ogni malessere e devianza.

di Claudio Risé

07 ottobre 2009

Sta per arrivare la morte del dollaro




Quasi a simboleggiare il nuovo ordine mondiale, gli Stati arabi hanno avviato trattative segrete con Cina, Russia e Francia per smettere di usare la valuta americana per le transazioni petrolifere.

Mettendo in atto la piu’ radicale trasformazione finanziaria della recente storia del Medio Oriente gli Stati arabi stanno pensando – insieme a Cina, Russia, Giappone e Francia – di abbandonare il dollaro come valuta per il pagamento del petrolio adottando al suo posto un paniere di valute tra cui lo yen giapponese, lo yuan cinese, l’euro, l’oro e una nuova moneta unica prevista per i Paesi aderenti al Consiglio per la cooperazione del Golfo, tra cui Arabia Saudita, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar.



Incontri segreti hanno gia’ avuto luogo tra i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali della Russia, della Cina, del Giappone e del Brasile per mettere a punto il progetto che avra’ come conseguenza il fatto che il prezzo del greggio non sara’ piu’ espresso in dollari.

Il progetto, confermato al nostro giornale da fonti bancarie arabe dei Paesi del Golfo Persico e cinesi di Hong Kong, potrebbe contribuire a spiegare l’improvviso rincaro del prezzo dell’oro, ma preannuncia anche nei prossimi nove anni un esodo senza precedenti dai mercati del dollaro.

Gli americani, che sono al corrente degli incontri – pur non conoscendone i dettagli – sono certi di poter sventare questo intrigo internazionale di cui fanno parte leali alleati come il Giappone e i Paesi del Golfo. Sullo sfondo di questi incontri valutari, Sun Bigan, ex inviato speciale della Cina in Medio Oriente, ha sottolineato il rischio di approfondire le divisioni tra Cina e Stati Uniti in ordine alla loro influenza politica e petrolifera in Medio Oriente. “Le dispute e gli scontri bilaterali sono inevitabili”, ha detto all’Africa and Asia Review. “Non possiamo abbassare la guardia in merito all’ostilita’ che fronteggiamo in Medio Oriente sugli interessi energetici e la sicurezza”.

Questa frase ha tutta l’aria di una previsione pericolosa su una futura guerra economica tra Stati Uniti e Cina per il petrolio mediorientale – con il pericolo di trasformare i conflitti della regione in una lotta di supremazia delle grandi potenze. L’incremento della domanda di petrolio e’ piu’ marcato in Cina che negli Stati Uniti in quanto la crescita cinese e’ meno efficiente sotto il profilo energetico. Abbandonando il dollaro i pagamenti, stando a fonti bancarie cinesi, potrebbero essere effettuati in via transitoria in oro. Una indicazione della gigantesca quantita’ di denaro di cui si parla puo’ essere desunta dalla ricchezza di Abu Dhabi, Arabia Saudita, Kuwait e Qatar che insieme hanno, stando alle stime, riserve in dollari per 2.100 miliardi.

Il declino della potenza economica americana strettamente connesso all’attuale recessione globale e’ stato riconosciuto dal presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick. “Una delle conseguenze di questa crisi potrebbe essere l’accettazione del fatto che sono cambiati i rapporti di forza economici”, ha detto a Istanbul prima delle riunioni di questa settimana del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Ma e’ stato il nuovo straordinario potere finanziario della Cina – non disgiunto dalla rabbia sia dei Paesi produttori che dei Paesi consumatori di petrolio nei confronti del potere di interferenza degli Stati Uniti nel sistema finanziario internazionale – a stimolare i recenti colloqui con i Paesi del Golfo.

Brasile e India si sono mostrati interessati a far parte di un sistema di pagamenti non piu’ basato sul dollaro. Allo stato la Cina appare la piu’ entusiasta tra le potenze finanziarie, non fosse altro che per il suo gigantesco interscambio commerciale con il Medio Oriente.

La Cina importa il 60% del petrolio che consuma, per lo piu’ dal Medio Oriente e dalla Russia. I cinesi hanno concessioni petrolifere in Iraq – bloccate fino a quest’anno dagli Stati Uniti – e dal 2008 hanno un accordo da 8 miliardi di dollari con l’Iran per lo sviluppo delle capacita’ di raffinazione e delle risorse di gas. La Cina ha contratti petroliferi in Sudan (dove ha sostituito gli Stati Uniti) e da tempo sta negoziando concessioni petrolifere in Libia dove tradizionalmente questo genere di accordi e’ del tipo joint venture.

Inoltre le esportazioni cinesi verso la regione ammontano ora a non meno del 10% delle importazioni di tutti i Paesi del Medio Oriente e includono una vasta gamma di prodotti che vanno dalle automobili agli armamenti, ai generi alimentari, al vestiario e persino alle bambole. Riconoscendo esplicitamente il crescente peso finanziario della Cina, il presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet, ha chiesto l’altro ieri a Pechino di consentire alla yuan di apprezzarsi sul dollaro e, di conseguenza, di diminuire la dipendenza della Cina dalla politica monetaria americana contribuendo cosi’ a riequilibrare l’economia mondiale e ad alleggerire la pressione al rialzo sull’euro.

Dagli accordi di Bretton Woods – gli accordi conclusi dopo la seconda guerra mondiale che ci hanno tramandato l’architettura del moderno sistema finanziario internazionale – i partner commerciali degli Stati Uniti hanno dovuto affrontare le conseguenze della posizione di controllo di Washington e, negli anni piu’ recenti, dell’egemonia del dollaro in quanto principale valuta di riserva.

I cinesi credono, ad esempio, che siano stati gli americani a convincere la Gran Bretagna a non entrare nell’euro per impedire una fuga dal dollaro. Ma secondo le fonti bancarie cinesi i colloqui sono andati troppo avanti per poter essere bloccati. “Non e’ da escludere che nel paniere delle monete entri anche il rublo”, ha detto un importante broker di Hong Kong all’Indipendent. “La Gran Bretagna e’ presa in mezzo e finira’ per entrare nell’euro. Non ha scelta in quanto non potra’ piu’ usare il dollaro americano”.

Le fonti finanziarie cinesi sono convinte che il presidente Barack Obama sia troppo occupato a rimettere in piedi l’economia americana per concentrarsi sulle straordinarie implicazioni della transizione dal dollaro ad altre valute nel volgere di nove anni. Al momento la data fissata per l’abbandono del dollaro e’ il 2018.

Gli Stati Uniti hanno fatto appena cenno a questo problema in occasione del G20 di Pittsburgh. Il governatore della Banca centrale cinese e altri funzionari da anni sono preoccupati per la situazione del dollaro e non ne fanno mistero. Il loro problema e’ che gran parte della ricchezza nazionale e’ in dollari.

“Questi progetti cambieranno il volto delle transazioni finanziarie internazionali”, ha detto un banchiere cinese. “Stati Uniti e Gran Bretagna debbono essere molto preoccupati. Vi accorgerete di quanto sono preoccupati dalla pioggia di smentite che questa notizia scatenera’”.

Alla fine del mese scorso l’Iran ha annunciato che le sue riserve in valuta estera saranno in futuro in euro e non in dollari. I banchieri ricordano, naturalmente, quanto e’ capitato all’ultimo Paese produttore di petrolio del Medio Oriente che ha tentato di vendere il petrolio in euro e non in dollari. Pochi mesi dopo che Saddam Hussein aveva comunicato la sua decisione ai quattro venti, gli americani e gli inglesi hanno invaso l’Iraq.

di Robert Fisk

Fonte: www.independent.co.uk

06 ottobre 2009

Quando la recessione fa bene alla salute



La correlazione fra salute pubblica e cicli economici potrebbe essere molto più complessa di quanto finora supposto, secondo uno studio condotto da ricercatori dell'Università del Michigan che hanno analizzato i rapporti fra crescita economica e salute della popolazione degli Stati Uniti nel ventennio compreso fra il 1920 e il 1940, durante il quale si verificò la Grande depressione (1930-1933).

Secondo quanto osservano nell'articolo pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" (PNAS) in cui José A. Tapia Granados e Ana V. Diez Roux riferiscono gli esiti della ricerca, andrebbero attentamente distinti gli effetti a lungo termine dell'aumento del PIL (che andrebbero correlati a un insieme di più o meno lenti cambiamenti sociali di ampio respiro, come il miglioramento dell'alimentazione e la diminuzione delle dimensioni dei nuclei familiari) da quelli a breve termine indotti dai cicli economici espansivi.

Se infatti diverse ricerche hanno indicato la presenza di possibili effetti negativi a lunga scadenza dei periodi di recessione sulla salute (effetti misurati prendendo come parametri gli accessi nelle strutture ospedaliere e la morbilità), i risultati di questo studio, che ha preso un orizzonte temporale di follow-up di tre anni, sembrano infatti supportare l'ipotesi controintuitiva che, almeno sul breve periodo, la salute pubblica tende a migliorare più durante i periodi di recessione che durante quelli di espansione.

Da quanto rilevato dai ricercatori, per la maggior parte dei gruppi di età la mortalità ha toccato i suoi picchi negli anni di forte espansione economica (1923, 1926, 1929 e 1936-1937), mentre i momenti di recessione (1921, 1930-1933 e 1938) hanno coinciso con il declino della mortalità e l'aumento dell'aspettativa di vita.

L'unica eccezione, osservano i ricercatori, riguardava la mortalità per suicidio, che, pur cresciuta in discreta misura, ha pesato complessivamente per meno del due per cento di tutte le morti. Anche le analisi di correlazione e di regressione hanno confermato un significativo effetto negativo dell'espansione economica sul miglioramento della salute.

Secondo i ricercatori questo effetto paradossale sarebbe legato al fatto che nei periodi di espansione si avrebbe un aumento del consumo di tabacco e di alcol, una riduzione delle ore di sonno e un aumento dello stress fisico e psichico che potrebbero avere un'influenza negativa particolarmente marcata su quanti soffrono di patologie croniche. A ciò si sommerebbero l'aumento degli incidenti stradali e di quelli sul lavoro, e il peggioramento dell'inquinamento atmosferico, i cui effetti negativi a breve termine sulla mortalità da patologie respiratorie e cardiovascolari è ben documentata. A questo fenomeno contribuirebbe inoltre il fatto che nei periodi di espansione si è assistito a una crescita dell'isolamento sociale e all'allentamento delle misure sociali a sostegno delle fasce di popolazione più disagiata. (gg)

05 ottobre 2009

Lotta al signoraggio: quale rotta ?

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Ormai è chiaro, la battaglia per la sovranità monetaria è la causa più importante tra tutte le lotte politiche che ci è dato sostenere. Il meccanismo del signoraggio bancario, primario e secondario, affama i popoli più poveri e schiavizza quelli più ricchi, sia in senso letterale che metaforico.
Senza risolvere questo dramma, è perfettamente inutile spendersi in distinguo politici e partitici, in dibattiti su questa o quella legge particolare. Così come è oggi inutile votare o candidarsi, in questa plutocrazia mascherata che si finge democrazia e fa del voto l’alibi del proprio eternarsi.

La portata del fenomeno è tale che, risolto questo, ogni piano della nostra vita di cittadini e individui verrebbe innalzato su livelli che è difficile anche solo immaginare. Avremmo benefici non solo economici, conosceremmo cioè un benessere diverso da quello promulgato dal consumismo materialista; fatto di più tempo per noi e più spazio per la vita associata, senza l’assillo dell’insolvenza; i meccanismi finanziari che fomentano le guerre verrebbero ridimensionati, così come l’economia speculativa ridiverrebbe produttiva. Può darsi che il torbido dell’animo umano troverebbe presto un altro strumento per manifestarsi, è certo però che difficilmente sarebbe così ben congegnato come quello dell’appropriazione indebita della moneta.
Non starò qui a ricordare cosa sia il signoraggio. Vorrei invece riflettere sulla situazione odierna della lotta per sconfiggerlo, sui pericoli che incombono su di essa, così che sia possibile correre ai ripari e correggere la rotta.

A questo proposito viviamo un momento di stallo: il tema non riesce a raggiungere il grosso della popolazione. Della questione si parla già da diversi anni. Sono usciti autorevoli libri, se ne occupano vari siti internet e si tengono già da tempo delle conferenze. Ma, se da anni c’è gente che ci lavora, come mai non si è raccolto ancora nulla? Il coinvolgimento emotivo, lo sdegno viscerale che la questione suscita in chi la conosce a fondo per la prima volta, può scomparire, affievolirsi ed annacquarsi con tanta facilità? No. Sta semplicemente succedendo quello che spesso succede con il pensiero: da scoperta, da forza esterna alla coscienza, capace di scuoterla e colpirla, si è trasformato in parte di essa. E’ stato hegelianamente introiettato e ora fa parte del tranquillo bagaglio culturale dell’individuo che lo possiede. Girando per l’Italia, ho constatato che si interessano del tema, i gruppi più eterogenei: fascisti nostalgici, naziskin inacculturati, comunisti no global, ipertradizionalisti cattolici, grillini virtuali e con loro pochi cani sciolti dai più svariati interessi e orientamenti, Al di là della validità e della preparazione sul tema dei singoli individui, nella maggior parte dei casi si tende a ricreare una appartenenza ad un’elite. Negli incontri infatti i “veterani” fanno a gara con quelli che reputano nuovi arrivati, per dimostrare che loro ne sanno di più di tutti sull’ultimo bilancio della Banca d’Italia, su Gesell, sullo Scec o sul Simec, sull’omicidio Kennedy o sulle lobby massoniche.

Per l’individuo, tutto si trasforma in pezzi di identità da mantenere, da sbandierare, con cui distinguersi. Ciò impedisce il dialogo costruttivo e, intrappolando la questione signoraggio ora in un’aura miracolistica e misticheggiante, ora in un semplice fatto di appartenenza partitica, ora in un’esperienza qualsiasi ma diversificante, si allontanano quelli che in tali vesti non si riconoscono.
Solo per fare un esempio, in occasione del terzo anniversario della morte di Giacinto Auriti, mi è capitato di partecipare ad una riunione di “Auritiani”, come loro si sono definiti, e di fare con loro il giro delle chiese e delle chiesette di un’intera provincia abruzzese, nonché di sentir raccontare un’infinità di aneddoti religiosi su “Don Giacinto” e di sentir dire che non può capire a fondo il tema del signoraggio chi non comprende “la realtà delle due eucaristie, quella divina e quella demonica”.
Quello che mi chiedo è se un motivo di lotta può essere frustrato tanto da diventare solo un irrinunciabile segno di identità o in rari casi piccola fonte di sostentamento.

Insomma, ritengo che bisogna sgomberare il campo da personalismi, appartenenze a conventicole e gruppuscoli, abbandonare, per lo meno all’inizio, approcci dogmatici e parziali. Non perché in essi non vi sia verità, anzi. Ad esempio nell’approccio cristiano-tradizionale c’è molto di vero e di sano e la lotta cattolica all’usura, come ho scritto in articoli precedenti parlando di San Bernardino, è un esempio importante da seguire. E’ solo che si rischia di allontanare chi in essa non si riconosce pur condividendo la sostanza della critica al signoraggio, che può avvenire per mille motivi: da quello puramente economico (maggior benessere per sé) a quello morale, da quello estetico (bruttezza di ogni mascheramento del potere) a quello storico-politico (revanscismo post-bellico) e via dicendo.
Non è il momento di fare a gara sulla paternità della lotta, piuttosto occorre concentrarsi su pochi concetti da diffondere, la cui comprensibilità è sì ostica ma non così tanto come si crede.

Ci si deve chiedere piuttosto come mai, pur avendo raggiunto partiti politici, il signoraggio non abbia fatto breccia nel cuore e nel cervello della gente. Ne hanno parlato Storace, Buontempo, Tremonti, Ferrando, ne ha accennato Di Pietro e alcuni suoi uomini, e persino la Lega lo ha fatto proprio ma, è un dato di fatto, l’argomento non è “passato”.
E’ un problema strategico: impossibile raccogliere consensi intorno ad un partito del due per cento, solo perché questo propugna la lotta al signoraggio. Esso rimane un partito con una sua identità e la gente che le è estranea, pur essendo contro l’usura delle banche centrali, non andrà nemmeno ad informarsi su che cosa pensa quel partito in tema monetario. Occorre creare un partito apposito, con un unico punto programmatico: rinunciamo all’euro e lo Stato (non Bankitalia) stampi una sua moneta con su scritto “proprietà del portatore”, senza alcuna creazione di debito.
In realtà tale progetto lodevole sembrava essere partito ma sono passati già alcuni mesi dalla sua comparsa senza che ne sia sortito alcun fatto concreto.
Certo, si tratta di una battaglia difficilissima, disperata quasi, ma è l’unica soluzione. Lancio un’idea, senza preoccuparmi troppo delle strategie di realizzazione pratica: si faccia un’associazione con un rappresentante per provincia e si organizzino conferenze nei comuni, appoggiandosi alle altre associazioni culturali. Una volta conclusa l’opera d’informazione nei paesi si tirino le fila e si trasformi l’associazione in un movimento politico. Raccogliendo il sei-sette per cento si sarebbe forse in grado di entrare in una coalizione e di “forzare la mano” imponendo dal primo giorno la realizzazione dell’unico punto di programma.
di Matteo Simonetti

04 ottobre 2009

Santoro, Vespa e il sistema



Sono d'accordo anch'io che l'intervento del governo contro Annozero, oltre che illegittimo, è un'intimidazione inaudita, aggravata dal fatto di avvenire all'interno di un panorama televisivo nazionale occupato per i quattro quinti dal centro destra. Ma mi rifiuto di considerare Michele Santoro una vittima di regime. È piuttosto un prodotto, insieme a Bruno Vespa e ad altri conduttori, della distorsione oligopolista, e in alcuni periodi quasi monopolista, del sistema.
Supponiamo, per un attimo, di vivere in un Paese "normale", per usare un'espressione cara a D'Alema, dove c'è una Rete di Stato e altri quattro o cinque network indipendenti della stessa potenza. In quest'ipotetica Italia un ipotetico Santoro conduce sulla Rete di Stato un programma che, per vari motivi, non piace al suo Direttore. Può costui cancellare il programma ed eventualmente licenziare il conduttore che non lo convince? Certo che può è lui il responsabile di fronte all'Editore, altrimenti che ci sta a fare? In quest'ipotetica Italia l'ipotetico Santoro verrà ingaggiato da un altro network e, se davvero è così bravo, farà grandi ascolti e il Direttore che lo ha cacciato risponderà al proprio Editore per aver danneggiato l'azienda a vantaggio della concorrenza.
Ma nell'Italia reale le cose non stanno così. Se Santoro venisse licenziato non avrebbe alternative all'altezza (essendo per lui impensabile un passaggio a Mediaset). Questa che apparentemente è la sua debolezza è invece la sua forza. Perché diventa inamovibile, dato che qualsiasi intervento contro di lui o il suo programma si configura oggettivamente come un attentato alla libertà d'informazione. Tanto è vero che furoreggia da decenni, sui canali nazionali, come, dall'altro versante, Bruno Vespa, con i suoi modi più melliflui e subdoli. Tra l'altro non possiamo nemmeno sapere se i Vespa e i Santoro sono davvero così bravi, perché come non c'è una reale concorrenza a livello di Reti, non c'è neanche una reale concorrenza fra conduttori. Non hanno rivali. Anch'essi sfruttano l'oligopolio e fanno da tappo all'ingresso di forze più fresche, nuove, diverse ed eventualmente più capaci e meno ideologicamente schierate.
Come si esce da questa situazione aberrante? Concettualmente è chiaro. Si chiama "disarmo bilaterale", di cui qualche volta si è parlato: una Rete alla Rai che dipenda direttamente dal governo, come la Bbc inglese, perché anche il governo, che rappresenta tutti i cittadini, ha il diritto di dare un suo indirizzo latu sensu culturale al Paese, una Rete a Mediaset, e le restanti quattro messe sul mercato e vendute a editori indipendenti dalle prime due e indipendenti fra loro.
Ma a questa soluzione non si arriverà mai (se non, forse, nel Quarto Millennio) perché conviene a tutti. A Berlusconi perché consente al cosiddetto campione del liberismo di mantenere, con le sue tre Reti, una posizione totalmente illiberista col pressoché totale dominio dell'intero comparto televisivo privato nazionale. Ai partiti nel loro complesso, di sinistra e di destra, perché così possono continuare ad occupare arbitrariamente e illegittimamente la Rai, contro la Costituzione (che in nessun passaggio a ciò li autorizza) perché come Ente di Stato dovrebbe appartenere a tutti i cittadini e non ad alcune organizzazioni private quali i partiti sono. E conviene agli inamovibili Vespa e Santoro.
Conviene a tutti tranne che a noi cittadini. Che continueremo ad assistere in eterno a dibattiti impossibili, fasulli, grotteschi e truffaldini sull' "imparzialità" dell'informazione pubblica, come se ci fosse qualcuno che possa valutare oggettivamente un concetto così soggettivo, tanto più in un sistema in cui i vertici Rai, il Consiglio di Amministrazione, la Commissione di Vigilanza, i direttori, i vicedirettori, i capi struttura, oltre ai fattorini, sono tutti di nomina partitica, per cui ciò che è "imparziale" per l'uno diventa, automaticamente, "fazioso" per l'altro. Che barba, che noia, che stufida. Che voglia, nella nostra totale impotenza di sudditi, di spaccare tutto.

di Massimo Fini

03 ottobre 2009

Brunetta ci azzecca sul Britannia




- Nel corso della sua sfuriata al convegno del PdL di Cortina d'Ampezzo, il ministro Brunetta ad un certo punto ha interrogato il suo pubblico: "Ve lo ricordate il Britannia?".

"Ve lo ricordate il Britannia? Se non ve lo ricordate", dice Brunetta, "ve lo ricordo io. Il Britannia è una nave, appartenuta già alla casa reale inglese, che navigò davanti alle coste italiane [...], ospitando dentro banchieri, grand commis dello Stato, esponenti vari della burocrazia... in cui si svolse un lungo seminario, durato un paio di giorni, in cui si trassero le linee della svendita delle aziende di stato italiane".

Benché imperfetta, l'evocazione di quel complotto, denunciato dall'EIR nel 1993 (vedi la documentazione riepilogativa), riapre il sipario sul secolare tentativo di Londra di "scrivere il destino" dell'Italia (come di tanti altri Paesi).

In questa strategia imperiale, secolare e globale, trovano posto tutte le azioni che possano rivelarsi utili a ricondurre l'Italia ad uno stato di molto precedente quello del boom economico postbellico, di fatto preda del sistema imperiale della globalizzazione.

A questo riguardo, è più interessante guardare al timoniere, piuttosto che agli ospiti del Britannia. Se vogliamo dirla tutta, si tratta della stessa cricca che arma la mano degli "insorti" che hanno trucidato i sei soldati italiani in Afghanistan. Non vogliamo certamente dire che Draghi ordina ai Talebani di bombardare i nostri soldati ma, come abbiamo scritto, che "il tritolo che ha ucciso i soldati italiani è stato pagato con i soldi di Soros".

In altre parole, il pasticcio afghano in cui si è cacciata l'Italia a seguito degli Stati Uniti, è stato orchestrato dalle stesse forze del "nuovo impero britannico" che partorirono l'operazione Britannia. L'assalto contro l'Italia, che ebbe il culmine nell'anno del Britannia e che prosegue nella misura in cui dall'Italia si manifestano resistenze al nuovo impero della globalizzazione, al salvataggio delle banche ecc., va inquadrato nella strategia globale con cui si tenta di demolire gli stati nazionali per far posto alla Nuova Torre di Babele, come dice LaRouche. La guerra in Afghanistan fu escogitata per coinvolgere gli Stati Uniti in un disastro strategico e subire la stessa sorte che subì Atene con la Guerra del Peloponneso. A livello regionale, è la riedizione della strategia ottocentesca dell'Impero Britannico per il controllo dell'Asia meridionale.

Abbiamo più volte, in questo sito, documentato il ruolo degli inglesi nel "combattere e proteggere" i talebani, tanto da aver ottenuto per loro tramite un aumento della produzione dell'oppio. Dalle montagne afghane ai mercati della droga occidentali, riecheggia il nome di George Soros, paladino delle campagne per la liberalizzazione. Quel George Soros che l'Italia conobbe nella vicenda del Britannia e del successivo attacco alla lira che ci tramortì e ci fece accettare l'Euro senza batter ciglio.

Tuttavia – è bene ricordarlo - l'ossessione dei "Britannia Boys" non è l'Italia. Nel contesto della crisi globale, del collasso economico più grave della storia umana da noi conosciuta, l'oligarchia punta a rimuovere ogni paletto con cui la cospirazione repubblicana, che in America lottò in favore della "comunità di nazioni perfettamente sovrane" da contrapporre all'Impero Britannico, ha assestato i suoi successi storici.

Aver trascinato gli Stati Uniti, l'Italia e altri Paesi in Afghanistan, ovvero negli stessi luoghi in cui l'Impero Britannico sin dall'Ottocento non ebbe mai la meglio contro i "fanatici ribelli", è l'estremo tentativo (forse il più palese, oltre quello del salvataggio degli speculatori con emissioni di credito nazionale americano) di far affossare il sistema americano e ogni altra sua influenza nelle istituzioni di altre nazioni.

Chi dovrebbe sostituire gli Stati Uniti nella loro egemonia globale (non priva di macchie) è, nella mente dell'oligarchia, il governo mondiale attraverso "quel che è di Cesare", declinato nelle forme del "Financial Stability Board", o del Fondo Monetario Internazionale.

L'Italia, grazie all'azione di Tremonti che si oppone ai salvataggi indiscriminati delle banche, è un ostacolo da rimuovere su questa strada, specialmente in vista della prossima grave fase della crisi, in cui si chiederà agli Stati di dissanguarsi ulteriormente per gli speculatori. Non pretendiamo che Brunetta afferri tutto ciò, ma constatiamo che denunciando i "Britannia Boys", egli esprime un pensiero condiviso nel governo. Non basta per conquistare la fiducia del popolo italiano e di chi egli vorrebbe sganciare dalle "elites parassitarie". Occorre abbandonare il liberismo e sposare quelle tesi rooseveltiane e quella Nuova Bretton Woods di LaRouche che Brunetta ha finora osteggiato .

(MoviSol)

02 ottobre 2009

Tg1, la realtà deformata




Qualche numero essenziale, per capirci meglio. Nella campagna elettorale per le elezioni europee, secondo uno studio del Censis (9 giugno 2009), il 69,3 per cento degli elettori si è informato e ha scelto chi votare attraverso le notizie e i commenti dei telegiornali.

I tiggì sono il principale mezzo per orientare il voto soprattutto tra i meno istruiti (in questo caso, siamo al 76 per cento), i pensionati (78,7 per cento) e le casalinghe (74,1 per cento).

È necessario cominciare allora da questa scena. Più o meno sette italiani su dieci - che diventano otto su dieci tra chi è avanti con gli anni, è meno istruito o è donna che lavora in casa e per la famiglia - scrutano la vita, la realtà e il mondo dalla finestra aperta dai telegiornali - tra cui il Tg1 e il Tg5 - da soli - raccolgono e concentrano oltre il 60 per cento del pubblico. Nella cornice di questa finestra buona parte degli italiani matura emozioni, percezioni, paure, insicurezza, fiducia, ottimismo, consapevolezze, orienta o rafforza le sue opinioni. Che cosa vedono, o meglio che cosa gli mostra quella finestra? Nello spazio stretto, quasi indefinito, tra la realtà e la sua rappresentazione mediatica si possono fare molti giochetti sporchi. Per esempio, spaventare tutti con il fantasma di un'inarrestabile criminalità che ci minaccia sulla soglia di casa o eliminare ogni incubo cancellando ogni traccia di sangue e di crimine. Nel secondo semestre del 2007 (governa Romano Prodi), i sei tiggì maggiori dedicano a fatti criminali 3.500 cronache. Nel primo semestre di quest'anno (Berlusconi regnante) 2.000 (fonte, Osservatorio di Pavia, report "Sicurezza e Media", curato da Antonio Nozzoli). Stupefacente il tracollo di storie nere nel Tg5. Con Prodi a Palazzo Chigi, le cronache criminali sono 900 (secondo semestre 2007). Diventano con Berlusconi 400 (primo semestre 2009). Il Tg1 Rai non giunge a tanto. Le dimezza: da 600 a 300.

È un gioco sporco, facile anche da fare: ometti, sopprimi, trucchi la scena secondo le istruzioni politiche del momento. Più o meno, un gioco delle tre carte. Carta vince, carta perde. Il crimine c'è e ora non c'è più perché il governo lo ha sconfitto o ridimensionato. Se fosse necessaria una nuova stagione di paura e di odio, riapparirebbe nelle mani del sapiente cartaro. In questa tecnica di governo non è necessaria l'azione, l'agire, mettere in campo politiche pubbliche contro il crimine, di sostegno alle imprese e alla famiglie, di protezione sociale per chi perde il lavoro, per fare qualche esempio. È sufficiente comunicare che lo si sta facendo, che lo si è fatto, e magari gridare al "miracolo". Come per il terremoto dell'Aquila. Ogni settimana, il capo del governo si autocompiace per l'evento incredibile, prodigioso che ha realizzato. Ma è autentico "il miracolo di efficienza"? Se si stila una classifica dei tempi di assegnazione di "moduli abitativi provvisori" si scopre che a San Giuliano di Puglia, i primi 30 moduli furono consegnati a 82 giorni dal sisma, in Umbria a 98 giorni, finanche in Irpinia (dove ci furono 3000 morti e 300 mila sfollati) in 105 giorni mentre in Abruzzo i primi moduli sono stati attribuiti a Onna dopo 116 giorni. Non basta dunque il racconto di un fatto in sé per comprenderlo. Il fatto in sé diventa trasparente soltanto se si rendono accessibili e trasparenti i nessi, le relazioni, i conflitti che vi sono contenuti. Privato della sua trama, delle sue relazioni con il passato e con il futuro, il fatto deteriora a immagine, a spettacolo e dunque è vero perché il fatto è lì sotto i nostri occhi; al contempo, è falso perché è stato manipolato, ma in realtà è finto perché l'immaginazione vi gioca un ruolo essenziale e parlare di "miracolo" - non c'è dubbio - aiuta la fantasia.

Il capolavoro di questa tecnica di comunicazione che diventa disinformazione lo raggiunge, come si racconta a pagina 13, il Tg1 di Augusto Minzolini quando dà conto delle disavventure di Silvio Berlusconi alle prese con gli esiti di una vita disordinata che gli consiglia di candidare a responsabilità pubbliche le falene che ne allietano le notti. Il caso nasce politico: così si rinnovano le élites? Se ne accentua la politicità con l'intervento di Veronica Lario che rivela le debolezze e la vulnerabilità del premier. Berlusconi avverte che in ballo c'è la sua credibilità di presidente del Consiglio. Va in televisione a Porta a porta per spiegarsi. Gioca male la partita. Mente, si contraddice. Gliene si chiede conto. Farfuglia. Tace. Decide di rivolgersi a un giudice per vietare che gli si facciano anche delle domande. È l'ordito di un "caso" che diventa (a ragione) internazionale. Il Tg1 lo spoglia di ogni riferimento. Dà conto soltanto degli strepiti del Capo: "complotto", "trama eversiva". Si lascia galleggiare quest'accusa. Contro chi? Perché? Che cosa è accaduto? Non lo si dice. Appare la D'Addario. Ha trascorso una notte con il capo del governo, è stata candidata alle elezioni. È la conferma dell'interesse pubblico dell'affare, è la prova della ricattabilità di Berlusconi. Minzolini fa finta di niente. Cancella i rilievi dei vescovi; della figlia di Berlusconi, Barbara; l'attenzione della stampa internazionale. Spinge in un altro segmento del notiziario il destino del direttore dell'Avvenire, accoppato per vendetta dal giornale del Capo; i traffici di Gianpaolo Tarantini, il ruffiano di Palazzo Grazioli. Senza contesto e riferimenti, che cosa può comprendere quel 69,3 per cento di italiani che si informa soltanto attraverso le notizie del Tg? Nulla. Non comprenderà nulla e potrà bere come acqua di fonte che si tratta soltanto, come dice il direttore del Tg1, "dell'ultimo gossip". (I sondaggisti non sembrano curarsi di che cosa sappiano davvero dell'affare gli spettatori disinformati che interrogano).

Non siamo soltanto alle prese con una cattiva informazione o con un giornalismo di burocrati obbedienti. Abbiamo dinanzi un dispositivo di potere con una sua funzione psicologica determinante. Siamo assediati dal crimine o no? Devo avere paura o fiducia? All'Aquila c'è davvero un "miracolo" che presto toglierà dai guai tutti coloro che ne hanno bisogno? C'è "un complotto" che minaccia il premier o il premier ha combinato qualcosa che dovremmo sapere e che lui dovrebbe spiegare? Se - tra soppressioni, omissioni, menzogne - si abituano le persone a questa confusione inducendole a credere che nulla sia vero in se stesso e che ogni cosa può diventare vera o falsa per decisione dell'autorità e con l'obbedienza dei tiggì, si nientifica la realtà; si distrugge l'opinione pubblica; si sterilizza la coscienza delle cose; va a ramengo ogni spirito critico. È quel che accade oggi in Italia dove un unico soggetto pretende di detenere - con il potere - la verità, il diritto all'autocelebrazione, al racconto unidimensionale, ogni leva delle nostre emozioni e delle nostre esperienze. Oggi che si discute di che cosa deve essere il servizio pubblico, vale la pena ricordare che la libertà dell'informazione non è fine a se stessa, ma è solo un mezzo per proteggere un bene ancora più prezioso della libertà del giornalista: il diritto dei cittadini a essere informati.

di GIUSEPPE D'AVANZO


30 settembre 2009

Se Cina e Giappone non acquistano il debito: l'Armageddon



Gli Stati Uniti sono troppo dipendenti dall’acquisto da parte di Cina e Giappone del debito nazionale e potrebbero dover affrontare seri problemi economici se questo cessasse, ha detto al CNBC il fondatore e presidente della Tiger Management Julian Robertson.

“È quasi un Armageddon se i Giapponesi e i Cinesi non acquistano il nostro debito”, ha detto Robertson in un’intervista. “Non so dove potremmo trovare il denaro. Credo che ci siamo messi in una situazione terribile e credo che dovremmo provare ad uscirne”.

Robertson ha detto che l’inflazione è un grosso rischio se i paesi esteri dovessero smettere di acquistare le obbligazioni.



“Se i Cinesi e i Giapponesi smettessero di acquistare le nostre obbligazioni, potremmo facilmente vedere [l’inflazione] andare dal 15 al 20 per cento” ha detto. “La questione non è l’economia. La questione è chi ci presterà il denaro se non lo faranno loro. Immaginatevi se ci trovassimo nella situazione di essere totalmente dipendenti da questi due paesi. È pazzesco”.

[Julian Robertson, fondatore della Tiger Management]

Robertson ha detto che anche se non crede che i Cinesi smetteranno di acquistare le obbligazioni degli USA, i Giapponesi potrebbero essere eventualmente costretti a vendere parte delle loro obbligazioni a lungo termine.

“Questo è molto peggio che non acquistare”, ha detto. “L’altra questione è che stanno acquistando quasi esclusivamente il debito a breve scadenza. Ed è quello che stiamo offrendo, perché non possiamo vendere il debito a lungo termine. E si sa, la storia insegna che chi contrae prestiti a breve termine si scotta sul serio”.

L’unico modo di evitare il problema, ha detto, è di “crescere e lasciarci una vita d’uscita”.

“Gli Stati Uniti devono smettere di spendere, incominciare a risparmiare, ridurre e ridimensionare” ha detto Robertson “finché non succederà questo, non credo che saremo affatto fuori dai guai”.

Robertson non è ottimista per il breve termine.

“Ci aspetta una slittata piuttosto violenta” ha detto. “penso realmente che la recessione sia finita, almeno temporaneamente. Ma non abbiamo preso in considerazione così tanti dei nostri problemi e stiamo prendendo in prestito così tanto denaro che non potremo possibilmente ripagarlo se i Cinesi e i Giapponesi non acquisteranno le nostre obbligazioni.”
Fonte: http://cnbc.com/

28 settembre 2009

Come la FED comprò gli economisti di professione



Stando all'indagine pubblicata sull'Huffington Post, la Riserva Federale ha esercitato così sistematicamente il suo controllo sui principali quotidiani economici della nazione americana che tiene in pugno quasi completamente gli economisti accademici. Benché l'articolo non lo dica, la Riserva Federale ha copiato quel che i britannici hanno fatto in altri campi del sapere, tra i quali spicca il campo delle scienze fisiche, nelle quali è impossibile pubblicare un proprio lavoro e dunque avanzare nella propria carriera, senza omaggiare quelle anti-scientifiche figure di culto come Sir Isaac Newton.

L'articolo intitolato "Senza prezzo: come la Riserva Federale comprò gli economisti di professione" dimostra in modo conclusivo che essa controlla gli economisti accademici attraverso le relazioni intrattenute con i guardiani dell’editoria. L'esempio emblematico è dato dal Journal of Monetary Economics, la cui redazione è per oltre la metà composta da membri sul libro paga della Riserva Federale, mentre il resto lo fu in passato.

La rassegna condotta da un gruppo di sette emimenti giornalisti presso l'Huffington Post ha trovato che 84 dei 190 membri di quella redazione erano affiliati, in un modo o nell'altro, alla Riserva Federale. "Provate a pubblicare un articolo critico della Riserva Federale con un direttore che lavora per essa", scrive James Galbraith. Periodici e pubblicazioni simili determinano, a turno, quali economisti debbano essere sostenuti e quali idee siano da considerarsi degne di rispetto.

L'articolo riferisce come Galbraith, un critico della "Fed", abbia sperimentato direttamente l'influenza dell'istituzione sull'accademia. Insieme a Olivier Giovannoni e Ann Russo, ha trovato che nell'anno precedente ogni elezione presidenziale si assiste ad un inasprimento della politica monetaria da parte della Riserva Federale se il presidente del momento è un democratico, mentre si assiste ad un addolcimento della stessa politica se si tratta di un repubblicano. Gli effetti sono entrambi significativi. Nel 2008 essi proposero alla Review of Economics and Statistics un articolo contenenti i loro risultati, che fu rifiutato.

Galbraith aggiunge: "Il redattore assegnato ad esso [l'articolo] si rivelò essere stipendiato dalla Fed e ciò accadde dopo che io ebbi richiesto che esso [l'articolo] non fosse assegnato a qualcuno affiliato con la Fed".

L'Huffington Post ha passato in rassegna le testate American Journal of Economics, Journal of Economic Perspectives, Journal of Economic Literature, American Economic Journal: Applied Economics, American Economic Journal: Economic Policy, Journal of Political Economy e Journal of Monetary Economics. Il gruppo di giornalisti ha anche verificato i legami con la Riserva Federale delle 190 persone impiegate da queste riviste. Delle 84 anzidette affiliate con la Riserva Federale in un certo momento della loro carriera, 21 erano sul libro paga mentre fungevano da gatekeeper di quelle riviste. Della redazione del Journal of Monetary Economics ogni singolo membro è o è stato affiliato con la Riserva Federale, mentre 14 dei 36 membri della redazione sono al momento nel suo libro paga.

by movisol

27 settembre 2009

In-formazione


Che cos'è l'informazione? L'informazione, pur essendo trasmessa attraverso un medium materiale, tende a sconfinare in una dimensione quasi immateriale. Moltissimi testi spiegano che il segno è composto da due parti inscindibili, ossia il significato ed il significante. Quest'ultimo è definito generalmente come la parte materiale del segno, ma tale interpretazione è, a mio parere, errata poiché sebbene il significante (la forma del segno) sia veicolato da un substrato materiale, esso è, però, un'immagine acustica, grafica, olfattiva del segno, una sorta di eco della materia.

Si aggiunga che il significato è immateriale, coincidendo con il concetto, con l'idea e si capirà per quale motivo il messaggio all'interno di un sistema comunicativo sia qualcosa di quasi-incorporeo. A rendere l'informazione una realtà molto labile, contribuiscono fattori spaziali e temporali: si pensi ai segnali luminosi cosmici che percepiamo o con gli occhi o con strumenti tecnologici. Sono segnali che, viaggiando alla velocità della luce, ci raggiungono dopo un tempo lunghissimo in relazione alle distanze siderali: talora sono "informazioni" di astri che non esistono più. E' quindi un messaggio inattuale. Si aggiunga all'interno del sistema della comunicazione il ruolo del rumore, ossia il disturbo sulla trasmissione del messaggio. Si consideri pure la difficoltà di connettere il pensiero alle leggi di natura, giacché l'attività ideativa è manifestata per mezzo di mezzi fisici, ma non può essere spiegata in toto in termini di reazioni chimiche e di dinamiche biologiche. Ancora una volta, siamo in presenza di uno iato tra sfera noetica (pensiero, idee, coscienza) e sfera materiale.

In un interessante articolo intitolato Il tempo, l'infinito, l'anima, Alex Torinesi congettura che l'anima sia il principio generatore dello spazio-tempo: l'autore concepisce l'anima come "pura informazione", nel senso, però, non tanto di trasmissione di un messaggio, ma di formazione delle coordinate spazio-temporali e della materia che ad esse soggiace. L'informazione è quindi, quasi aristotelicamente, forma. Tale forma genera la materia per evolvere nello spazio-tempo. La tesi dello studioso si può condividere o rifiutare in parte o del tutto, ma è degno di nota che l'autore colga il lato produttivo dell'informazione, non semplice segnale diffuso nello spazio-tempo, grazie ad un medium energetico (onde elettromagnetiche in primis). Forse potremmo accostare, consapevoli che è una metafora, ma la metafora non è solo una figura retorica, piuttosto il cuore del linguaggio, il concetto all'anima ed il significante (suono, lettere del segno) alla mente che, per esprimere idee, ha bisogno di un quid energetico (segnali bio-chimici). Tale modello interpretativo rispecchia la teoria di Torinesi sulla genesi della dimensione cronotopica per opera dell'anima.

La psicologia, le neuroscienze, la filosofia, la fisica quantistica... nei prossimi anni potranno forse riempire il vuoto concettuale che divide mente e materia, se si supereranno banali e riduttivi approcci scientisti.
by Zret

21 settembre 2009

Influenza suina: Garattini, su vaccino pressione delle aziende

Influenza A
Garattini: la vaccinazione al momento non è necessaria
ROMA - Lo dice senza mezzi termini il farmacologo Silvio Garattini: se il virus A/H1N1 della nuova influenza non muterà, acquisendo dunque una maggiore virulenza rispetto allo stato attuale, la vaccinazione di massa annunciata dal governo italiano e da quelli di molti altri paesi "non è necessaria". Una corsa al vaccino, quella determinatasi nelle ultime settimane - mentre i vari colossi farmaceutici impegnati nella produzione si preparano ad avviare la sperimentazione clinica sull'uomo da agosto - che Garattini considera quanto meno eccessiva. Tutto si basa, dice in una intervista all'ANSA, su "ipotesi, di cui non si sa se siano vere o meno".

Perplessità, dunque, sulla reale opportunità ed efficacia dei piani di vaccinazione di massa. Ma non solo. Dietro quella che l'esperto definisce, appunto, una "corsa", si cela altro. Si celano, afferma, enormi interessi economici. Ed anche questo Garattini lo dice in modo chiaro: "Al momento c'é, certamente, una grande pressione da parte delle industrie, che da tale corsa trarranno molte risorse economiche". Un'opinione fuori dal coro, quella del direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, che invita anche a un'ulteriore riflessione: l'attenzione è tutta sulla nuova influenza e "si dimenticano - denuncia - le altre tragedie sanitarie in atto" come l'Aids e la malaria.

- C'E' ALLARMISMO, QUESTO E' UN VIRUS MITE - Il virus A/H1N1, ha spiegato Garattini già nelle scorse settimane, "ha una virulenza mite. Bisogna informare, ma il pericolo - sostiene - é per quelli che vengono dalle zone colpite". Quanto ai farmaci antivirali da utilizzarsi in caso di contagio, come il Tamiflu, Garattini rileva che "in realtà l'attività del farmaco è poca. Nell'influenza normale si risparmia un giorno di malattia su cinque o sei. Però - avverte - ci sono effetti collaterali. Non è che si faccia un grande affare a prenderlo".

- SE VIRUS NON MUTA VACCINAZIONE DI MASSA NON SERVE - Se il virus A/H1N1 manterrà il livello di virulenza attuale con la bassa aggressività clinica sinora registrata, "non c'é la necessità di vaccinare tutta la popolazione" ma, afferma l'esperto, "sarebbe piuttosto opportuno valutare l'ipotesi di vaccinare solo gli operatori sanitari".

- L'OMBRA DEGLI INTERESSI DELLE AZIENDE - "Certamente - ha detto Garattini - c'é una grande pressione da parte dell'industria, che ne trarrà molte risorse economiche". Infatti, "solo fra alcuni mesi si potrà vedere se è veramente necessario questo quantitativo di vaccino in produzione oppure no. Ma se il virus rimane quello che è al momento, allora non ci sarà bisogno di vaccinazioni di massa".

- ANCHE SE VIRUS MUTASSE NON E' DETTO VACCINO FUNZIONI - Se invece il virus dovesse mutare, ha avvertito Garattini, "non è detto che il vaccino in produzione sia in grado di proteggere". Dunque, "realisticamente - ha commentato - quello che andrebbe fatto in questo momento è cercare di diminuire le possibilità di infezione, controllando le frontiere e invitando la gente ad evitare luoghi a rischio e affollati e ad adottare strette misure igieniche".

- SI DIMENTICANO TRAGEDIE VERE - Il punto, avverte, "é che si sta focalizzando l'attenzione solo sulla nuova influenza, dimenticando le altre emergenze sanitarie in atto, a partire dall'Aids". Al momento, ha concluso Garattini, "non siamo di fronte a un reale pericolo e il numero di contagio da virus A/H1N1 nel mondo, sebbene in crescita, resta comunque inferiore a quello relativo a una normale influenza stagionale".

by Terranauta

20 settembre 2009

Alchimia

Nel mondo profano, quando si parla di Alchimia, spesso si va con il pensiero ad evocare personaggi illustri di epoche passate che operavano segretamente in luoghi bui e nascosti, pieni di fumo, di fuochi ed alambicchi, personaggi che, per la loro dedizione alla Magia e spesso alla stesura di indecifrabili testi alchemici, sono stati avvolti in un aura di mistero che spesso sconfinava nella leggenda o addirittura nel mito.

Laboratorio alchemico

E’ l’esempio di alchimisti della caratura di Nicolas Flamel, Paracelso, Basilio Valentino, Raimondo Lullo, Cornelio Agrippa, Giordano Bruno, John Dee, William Blake, Cagliostro, Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Fulcanelli, di donne alchimiste come Maria la profetessa, Ipazia d'Alessandria, Maria Cristina di Svezia e tantissimi altri ancora.

Moltissimi, per secoli, come la stessa Chiesa, hanno creduto che tali personaggi avessero, per certi versi, trovato la “formula magica” del potere sulla Natura e dell’eterna giovinezza, attraverso un patto col diavolo, credendo che l’Alchimia fosse legata a qualcosa di estremamente oscuro, arcano e di dubbia provenienza.

Quanti furono, infatti, gli alchimisti, uomini e donne, bruciati sui roghi dell’Inquisizione!

Ma ,ancora oggi, sono pochi quelli che sanno realmente di cosa realmente si tratti.

Quasi tutti credono che quest’Arte sia solamente legata alla “metallurgia”, al mito della trasformazione dei metalli vili in oro.

Alla scoperta di una pietra magica, la pietra filosofale, attraverso la quale tutto è possibile.

Credono che il fine di tutto questo si riduca all’esercizio di un potere magico destinato all’arricchimento materiale.

Testo alchemico del 1649

Ma in effetti è tutto il contrario.

L’Alchimia parte dalla Materia per arrivare allo Spirito, parte dall’Oscurità per arrivare alla Luce, parte dall’Uomo per arrivare a Dio.

L’Alchimia è la Via dell’Uomo che percorre e ripercorre il sentiero di se stesso, attraversando il proprio sangue e la propria anima, rettificandola attraverso il sacrificio del proprio principio vitale, liberandola dal giogo del “drago” attraverso la lancia della volontà e l’amore del ritmo.

L’Alchimia è la conoscenza diretta dell’Essere Uomo, la riscoperta del proprio corpo come laboratorio di vita, la consapevolezza di riconoscere in se stessi la chiave attraverso cui si aprono le porte del Cielo, il ponte attraverso il quale l’Uno abbraccia il molteplice e si rispecchia in esso.

L’Alchimia è la Riconciliazione con il proprio corpo, con la propria origine divina, con la Natura che lo compone, che da Matrigna torna ad essere Madre e Matrice di ogni cosa.

E’ difficile pensare a quanto grande sia il potere racchiuso all’interno del nostro corpo, a quante possibilità possa esso esprimere per la realizzazione della “Grande Opera”, la manifestazione del Cristo Trasfigurato nel corpo di Luce e di Gloria.

Eppure tutto questo è possibile. Possibile grazie alla profonda conoscenza di ciò che siamo.

Uomo conosci te stesso, e conoscerai l'universo e gli Dei”: così citava il motto inciso sopra l’ingresso dell’oracolo di Delfi.

E questa è tutta la Verità.

Abbiamo parlato in precedenza di laboratori, di alambicchi e di fuochi, ebbene, dove si trovano tutti questi elementi?

Nel nostro corpo, microcosmo del Creato.

E’ da qui che dobbiamo partire: da ciò che ci è più vicino, da ciò che noi siamo, dall’unico elemento con cui possiamo intimamente confrontarci: la nostra natura umana. Fisica, psichica e spirituale.

Ci si può chiedere: “Come può un essere così “limitato”, pieno di fragilità, di condizionamenti e contraddizioni divenire ed essere la “chiave di volta” del cambiamento?"

Può esserlo nel momento in cui è collegato alla Sorgente Universale e fruisce da questa la Forza e la Potenza per esprimerne il progetto.

Ma perché tutto ciò si realizzi è necessario creare il luogo perché questa stessa Forza sia in grado di abitarvi.

Per questo il “Tempio” va preparato, per accogliere lo Spirito.

Uomo microcosmo misura del macrocosmo

La Natura volgare e rozza della materia che ci compone perirebbe al solo contatto con questa Forza se non venisse sublimata e “purificata” dalle basse vibrazioni in cui è immersa.

Tutto ciò è possibile attraverso un lungo e lento processo di trasformazione e di elevazione vibratoria che comporta un adeguata modifica delle informazioni genetiche riposte nel nostro DNA.

L’elevazione spirituale passa quindi attraverso un “adeguamento” materiale alle alte frequenze della Luce che il corpo fisico dovrà ospitare.

Dobbiamo renderci conto che l’Uomo è un essere in evoluzione e che quello che ora siamo è soltanto una fase transitoria di ciò che diventeremo.

E’ interessante scoprire quanta bellezza vi sia all’interno del nostro “laboratorio” fisico.

Una macchina che rasenta la perfezione. Un sistema talmente sofisticato da non poter fare a meno di credere all’origine di una “Mente Eterna” matrice di tale perfezione.

A volte basta soltanto adottare la legge ermetica per eccellenza: “come è in alto così è in basso…” per scoprire i segreti inimmaginabili che abbiamo sempre dinanzi ai nostri occhi.

Ultimamente sono stato attratto da qualcosa che fino ad oggi non avevo mai considerato. Qualcosa che, approfondendo l’argomento, ha suscitato in me tanta meraviglia e stupore: le ghiandole endocrine.!

Le ghiandole endocrine

Mai avrei creduto all’importanza esoterica di queste ghiandole.

Ma andiamo a guardarle più da vicino.

Le ghiandole endocrine nell’essere umano sono fondamentalmente sette.

Sette come i Chakra , sette come i sigilli del libro dell’Apocalisse, sette come le Chiese e sette come colori dell’iride, effetto della scomposizione della Luce.

Ma tornando all’Alchimia sono sette anche i metalli, i pianeti, i vizi e le virtù!

E tutto ciò non è un caso.

Queste ghiandole sono, in effetti, importantissime poiché sono quelle che regolano la nostra vita dalla nascita alla morte attraverso la produzione di ormoni.

Ed è qui che il velo si squarcia!

Cosa sono gli ormoni?

Questa è la loro classificazione scientifica:”…Un ormone (dalla lingua greca όρμάω - "mettere in movimento") è un messaggero chimico che trasmette segnali da una cellula(o un gruppo di cellule) ad un'altra cellula (o altro gruppo di cellule). Tale sostanza è prodotta da un organismo con il compito di modularne il metabolismo. Gli ormoni sono prodotti da ghiandole endocrine, che li riversano nei liquidi corporei.Ogni ormone raggiunge attraverso il sangue tutti i punti dell'organismo, ma ha poi azione solo sulle cellule dotate di opportuni ricettori”.

Cosa ancora più interessante è l’accostamento di ogni ghiandola al flusso energetico delle “ruote” Chakras, che, come sappiamo, svolgono un’azione di regolazione in entrata e in uscita dal corpo del flusso energetico, dal micro al macrocosmo e viceversa.

Questi centri, in poche parole, sono le stesse “porte” o sigilli di cui si parla nel libro dell’Apocalisse di san Giovanni e sono delle autentiche ruote che, a seconda del loro movimento, centrifugo o centripeto, regolano le comunicazioni sottili tra la Sorgente e la Manifestazione.

E’ quindi fondamentale conoscerne il funzionamento e agire con metodo affinché se ne possano sfruttare le qualità.
Le sette ghiandole si classificano in:

  • Gonadi divise in testicoli (maschili) e ovaie (femminili), corrispondenti al Chakra basale detto “Muladhara”, colore rosso.
  • Ghiandole Surrenali corrispondenti al Chakra sacrale detto “Svadhisthana”, colore arancione.
  • Pancreas (isole di Lanngherans) corrispondente al Chakra del plesso solare detto “Manipura”, colore giallo.
  • Timo corrispondente al Chakra del plesso cardiaco detto “Anahata”, colore verde.
  • Tiroide e Paratiroidi corrispondenti al Chakra del plesso faringeo detto “Visuddha”, colore blu.
  • Pituitaria (Ipofisi) corrispondente al Chakra frontale detto “Ajna”, colore viola.
  • Pineale (Epifisi) corrispondente al Chakra coronale detto “Sahasrara”, colore indaco.

Ognuno di questi centri secernano ormoni differenti che, come abbiamo detto, vengono liberati nel sangue e, attraversando tutto il corpo, raggiungono la destinazione aderendo alle cellule “ricettori”.

Corrispondenze tra ghiandole, influenze planetarie e chakras

E’ affascinante il compito di questi “Messaggeri” che portano informazioni continue a tutto il corpo rendendo possibile la vita stessa dell’intero organismo.

Il sistema ormonale, a differenza di quello neurovegetativo, agisce con velocità e modalità diverse.

Mentre il secondo agisce in maniera diretta sulle cellule, in modo ravvicinato e ad alta velocità, il primo agisce a distanza e molto più lentamente e, a seconda della qualità della cellula “ricettore”, può provocare effetti diversi, a volte anche di tipo opposto.

Ma non voglio dilungarmi sul carattere scientifico della questione, ma addentrarmi nell’aspetto esoterico ed alchemico.

Quando mi addentrai nel mondo dei “centri ormonali” fui colpito subito dall’etimologia del nome “ormone” che come abbiamo detto significa “mettere in movimento”.

Ebbene mi colpì anche il termine scientifico con cui era descritto: “….messaggero chimico”!

Immediato fu il richiamo a qualcosa che è nell’anima dell’Apocalisse di Giovanni: la realizzazione del progetto e l’apertura del Libro della Vita attraverso lo scioglimento dei sette sigilli per mano di sette Angeli attraverso il suono di sette trombe!

Il libro dei Sette Sigilli

Ma gli angeli cosa sono se non Messaggeri? Come ci dice l'etimologia del nome.

A questo punto è naturale la trasposizione tra la visione macrocosmica a quella microcosmica come ci insegna Ermete Trismegisto nella Tavola Smeraldina.

Abbiamo anche detto che a queste sette ghiandole corrispondono anche le sette porte, Chakras, attraverso cui avviene la fruizione in entrata dell’energia cosmica dalla Sorgente all’uomo.

E’ chiaro, quindi, per conseguenza, che l’informazione vitale portata dagli ormoni all’interno di tutto il corpo proviene direttamente dalla Sorgente e attraverso il sangue è destinata alle cellule che gli competono.

Attraverso la Scienza sappiamo anche che gli ormoni sono composti da atomi di carbonio e che questi variano nel numero a seconda del tipo ormonale , tra i più noti il testosterone, 19 atomi di carbonio, prodotto in maggior parte dal testicolo, e il progesterone, 21 atomi di carbonio, prodotto dalle ovaie e dalla placenta.

Quello che stimola il mio pensiero è che il carbonio è anche il componente atomico del diamante, prodotto “trasmutato”del carbone o grafite.

E’ affascinante a questo punto credere che dal nero e oscuro carbone possa crearsi il più splendido, cristallino e luminoso diamante!

Come dalla Terra più Nera, in Alchimia, si ricava la Luce!

Non a caso il “Corpo di Luce “è anche chiamato “Corpo di Diamante”!

Ma andando oltre, altra differenza tra il carbone/grafite e il diamante risiede nella struttura atomico molecolare.

Carbone/grafite e diamante

Infatti, mentre il carbone ha una struttura a reticolo esagonale, che gli conferisce la qualità di minerale più fragile in Natura, il diamante è dotato di una struttura atomica “tetraedrica” che, in poche parole, corrisponde alla forma piramidale, forma che gli conferisce la durezza e resistenza maggiore rispetto a qualsiasi minerale!

Da qui la spiegazione della forma della Grande Piramide, luogo dedicato alla Trasformazione dell’uomo in Dio!

Tutto ciò è straordinario se si pensa che il passaggio da carbone a diamante avviene proprio grazie a condizioni estreme di pressione e di calore.

Non a caso l’Alchimia si fonda sul lavoro del Fuoco, o meglio dei Fuochi Sacri.

Ma il lavoro del Fuoco è accompagnato da quello sul ritmo che, lavorando in attrito con le Forze planetarie, genera “pressione”.

In breve, abbiamo tutti gli ingredienti per trasformare il “Carbone” in “Diamante”.

La velocità di azione dell’ormone, messaggero chimico, abbiamo costatato che è piuttosto lenta, rispetto all’azione neurovegetativa.

Tale azione a volte può impiegare anche più di 24 ore perché si realizzi.

L'azione ritmata del lavoro alchemico rappresentato nella XIV lama dei Tarocchi

Questa modalità temporale è un altro richiamo al sistema operativo alchemico che, nella maggior parte dei casi, si serve della modulazione del ritmo e del tempo per regolare le “tempeste ormonali”.

Gli ormoni, nel momento in cui entrano in circolo, soprattutto tra le donne, sono spesso motivo di alterazioni emotive, che a seconda dei casi sono causa di ricettività estrema, fungendo da veri e propri potenziatori di “antenne”.

E’ chiaro che appropriarsi di tale qualità, gestendone il potere, può soltanto che far evolvere bio-tecnologicamente il proprio corpo, avendo la possibilità di captare appieno e in maniera più sensibile, tutte le informazioni provenienti dalla Sorgente Universale, accelerando così il processo evolutivo.

Tutto ciò fa supporre che attraverso un lavoro adeguato sul fisico, legato agli ormoni, Messaggeri della Sorgente, è possibile trasformare la Materia su cui essi vanno ad aderire.

E’ chiaro che il lavoro è piuttosto arduo, ma non impossibile!

Come detto, ormone viene dal verbo greco “όρμάω” e significa mettere in movimento.

Non è un caso, trasposto sul piano esoterico, che l’azione di un “Messaggero” è quasi sempre all’origine di un grande cambiamento.

La Bibbia è piena di episodi che lo testimoniano.

Basti pensare all’Annunciazione di Maria ad opera del’Arcangelo Gabriele.

L'annunciazione dell'arcangelo Gabriele a Maria

Da quel fatto si mise in moto tutto il processo epocale che porterà alla nascita di Gesù, colui che ha manifestato il Cristo.

Come anche nell’Apocalisse, ogni volta che uno dei sette Angeli scioglie uno dei sette sigilli innesca un processo che porterà, alla fine, al compimento dell’Opera.

Così, nel corpo umano, l’ormone prodotto dalla ghiandola, stimolata dalla vibrazione cosmica attraverso il Chakra corrispondente, si getta nel flusso sanguigno e attraverso di esso arriva a destinazione “annunciando” la nuova “nascita” e produzione di elementi finalizzati alla Vita del corpo.

Quello che però comporta il vero cambiamento, come sopra citato, è l’azione di sintesi dello stesso ormone attraverso il convogliamento di questo all’interno dell’Athanor.

Questo è il luogo vero e proprio della trasformazione, dove, attraverso l’azione del fuoco sacro e del ritmo, il messaggero chimico diventa alchemico, sublimando l’informazione ormonale, portandola ad un livello e frequenza più alti, modificandone l’informazione che nel tempo andrà a riprogrammare il DNA, accelerando la frequenza vibratoria degli atomi che, aumentando in pressione e calore, genereranno, dal corpo materiale denso, un corpo materiale di Luce che permetterà all’Uomo di fare il salto quantico per “abitare” nuove dimensioni, diventando lui stesso “Messaggero” della Sorgente.

by Eleazar

22 ottobre 2009

Un sistema economico strutturalmente irrecuperabile


Coloro che credono ancora nei benefici della mano invisibile del mercato, dovrebbero rendersi conto che quest'ultima ci sta ripulendo le tasche a vantaggio di pochi. L'attualità ce lo mostra ogni giorno.

Sì, sì, la recessione è finita. Comincia ora la depressione e la disoccupazione di massa ne è l'indizio rivelatore. Non è il 1929, è molto peggio. Non tornerò sulle mie diverse analisi, perché ben presto gli eventi si susseguiranno (guerre, fallimenti, crack borsistici...)

Per capire perché la borsa continui a funzionare, basta leggere ciò che Pierre Jovanovic scrive sul suo blog.

Spiega così che il «40% dell' NYSE è generato da cinque titoli» cosa confermata dall'analista finanziario Olivier Crottaz che ne ha anche pubblicato il grafico relativo.

Insomma, si rifilano pacchetti d'azioni facendo montare la maionese e tutto questo sconnesso da qualsiasi realtà economica. Grottesco!

Ho quindi deciso di scrivere une serie di articoli per dimostrare che ciò che molti chiamano capitalismo, non solo è una mostruosità, ma inoltre è completamente irrecuperabile.

Ho spesso usato il termine crisi sistemica per analizzare il crack attuale, ma dovremmo piuttosto parlare di crisi strutturale.

Infatti, ci sono stati molti studi sul fallimento del comunismo e le sue derive dittatoriali (Stalin, Mao), ma ci sono poche analisi di fondo riguardanti il nostro sistema economico attuale che, anch'esso, non può far altro che portarci al disastro e alla dittatura.

Innanzitutto, bisogna notare che Karl Marx ha fatto due errori fondamentali.

In primo luogo, la sua analisi si basa sull'idea che è “il calo tendenziale del tasso di profitto che è all'origine delle crisi che costellano la storia del capitalismo”.

L'economista Philippe Simmonnot ha confutato in modo chairo questa teoria. Per chi vuole approfondire, la spiegazione de L'errore di Marx è sul mio blog.

Inoltre, Marx ha “dimenticato” Freud (che è arrivato dopo) e i suoi lavori sull'inconscio, che Bernard Stiegler riassume affermando che “il capitalismo del XX secolo ha catturato la nostra libido e l'ha sviata dagli investimenti sociali”. Posso aggiungere che ha finito col resettarci tramite il feticismo dell'oggetto.

Poiché l'insieme dei media appartiene al gruppetto dominante, la realtà ha finito col scapparci e non vediamo più il mondo com'è. Questo “psico-potere” che permette di fabbricare la nostra coscienza collettiva, è il solo da distruggere veramente, perché “solo la verità è rivoluzionaria”.

Del resto, secondo Hannah Arendt, il totalitarismo è innanzitutto una dinamica di distruzione della realtà e delle strutture sociali.

Per capire meglio, bisogna rileggere «Il mondo nuovo» di Aldous Huxley, che non è un romanzo, ma un programma politico ben riassunto nella prefazione del 1946: «Uno stato totalitario davvero “efficiente” sarebbe quello in cui l'onnipotente comitato esecutivo dei capi politici e il loro esercito di direttori governerebbero su una popolazione di schiavi che sarebbe inutile forzare, perché avrebbero l'amore per la loro servitù».

Tra l'altro l'opera fa una sintesi della nostra epoca: «Man mano che diminuisce la libertà economica e politica, in cambio la libertà sessuale tende a crescere». Anche Claude Lévi-Strauss ne aveva parlato: «La funzione primaria della comunicazione scritta è di facilitare l'asservimento».

Siamo quindi una popolazione di schiavi, un'idea che il film di Jean-François Brient «De la servitude moderne» [NdT: Sulla servitù moderna] mostra in maniera esplicita [De la servitude moderne n°1, De la servitude moderne n°2, De la servitude moderne n° 3 (sul mio blog)].

Nonostante ciò, è importante analizzare perché alla fin fine il capitalismo ci porta alla dittatura. Infatti, gli economisti diventati matematici, han dimenticato che ciò che caratterizza il nostro sistema economico è quel suo lato mafioso retto da una sola legge, quella del più forte.

Mazzette, minacce e assassinii sono parte integrante del processo di conquista dei mercati. Gomorra di Roberto Saviano è il riflesso perfetto della nostra società.

Questo viene rappresentato sul piano matematico (dato che il mondo è scritto in linguaggio matematico) dalla legge di Pareto che mostra come le entrate si dividono sempre secondo una legge matematica decrescente a legge di potenza. L'economista Moshe Levy spiega che “la legge di Pareto, lungi dall'essere universale e ineluttabile, sarebbe solo il modoo di funzionamento particolare di una società egocentrica” e che “sono gli effetti stocastici (e non l'indigenza e il lavoro) della concorrenza ad arricchire pochi a scapito della maggioranza, portando alla ripartizione di Pareto”.

Per rimanere nell'ambito della matematica, è importante capire cos'è un frattale. Gli oggetti frattali sono imparentati a strutture a rete, e sono sottoposti alla legge di Pareto. Per fare un esempio, il 20% dei più ricchi detiene l'80% del capitale, ma all'interno di questo 20% si applica ancora la legge di Pareto, e così via... Del resto, le 20 persone più ricche del mondo hanno un capitale personale stimato nel 2009 a 415 miliardi di dollari, ossia poco meno del PIL svizzero (500 miliardi di dollari)! (Lista dei miliardari del mondo nel 2009)

L'1% dei più ricchi rappresentava il 10% del PIL nel 1979 e il 23% oggi. Saranno il 53% nel 2039?

Bisogna quindi capire che la pecca fondamentale del nostro sistema economico risiede nell'accumulo del capitale. Infatti, il capitalismo porta strutturalmente alla dittatura attraverso un accumulo colossale di ricchezze da parte di pochi.

Il capitalismo è quindi per natura non redistributivo. Infatti, per via della sua struttura basata sul debito, favorisce il capitale e mette la banca e la finanza al centro del sistema. Bene, la maggior parte degli interessi alla fine è riscosso da un piccolo numero di persone che finiscono con l'impadronirsi del sistema. Io lo chiamo effetto Monopoli (Famoso gioco in cui, dopo aver rovinato gli altri, sopravvive un solo giocatore).

Coloro che credono ancora nei benefici della mano invisibile del mercato, dovrebbero rendersi conto che quest'ultima ci sta ripulendo le tasche a vantaggio di pochi. L'attualità ce lo mostra ogni giorno.

Inoltre, sul piano matematico un investimento di denaro è un esponenziale. Potete del resto constatarlo cliccando su Esponenziale e capitale.

Ma questo accumulo di capitali ha una contropartita: l'accumulo di debiti, perché alla fin fine il denaro non viene creato ex nihilo, al contrario di quello che cercano di farvi credere (solo le banche centrali possono creare la moneta). Il nostro sistema economico è quindi diventato un grande schema di Ponzi, e questo è confermato anche dallo stesso Nouriel-Roubini: “Americani, guardiamoci allo specchio: Madoff, siamo noi, e il Signor Ponzi, siamo noi!”.

Avevo già indicato questo problema nell'articolo Crise systémique – Les solutions (n°5 : une constitution pour l'économie) [NdT: Crisi sistemica – Le soluzioni (n°5: una costituzione per l'economia)] e affermavo che questo sistema, che funziona sul debito e l'appropriamento della maggior parte degli interessi da parte di pochi, col passare degli anni impone l'allargamento della base di credito. E, quando si cominciano a fare prestiti a persone che non possono rimborsarli (i poveri), il sistema sprofonda.

E sì che tutte le religioni hanno condannato (a volte con diverse sfumature) il prestito con interessi, perché lo consideravano amorale, cosa che troviamo nel versetto 275 della seconda sura del Corano: “Dio ha reso lecito il commercio e illecito l'interesse”.

Non dimentichiamo che il sistema attuale si basa sulla formula: debito = consumo = lavoro. Quindi, senza debito, nessun lavoro! Del resto è per questa ragione che gli stati sostengono a fondo perso le banche.

Robert H. Hemphill, responsabile di crediti alla Fed di Atlanta, aveva dichiarato: “Se le banche creano abbastanza denaro, prosperiamo; in caso contrario, sprofondiamo nella miseria”

Di fronte a un esponenziale del capitale accumulato, ci ritroviamo con un esponenziale del debito. Per esempio, per gli Stati Uniti, abbiamo un debito totale (pubblico e privato) di 52.859 miliardi di dollari, ossia 375% del PIL statunitense e più del PIL mondiale.

Bisogna inoltre ricordare che il debito porta alla schiavitù, come riassume Jean Baudrillard: “Con il credito torniamo a una situazione propriamente feudale (una frazione del lavoro dovuta in anticipo al signore), al lavoro asservito”.

Il sociologo Immanuel Wallerstein ha ragione quando afferma che: «Da trent'anni siamo entrati nella fase terminale del sistema capitalistico».

Ivan Illich uno dei primi pensatori dell'ecologia politica ha sviluppato la nozione (chiamata illichiana) di contro-produitività, che mostra che le imprese che raggiungono una grandezza critica instaurando una situazione di monopolio, finiscono col nuocere al funzionamento normale dell'economia.. Possiamo anche aggiungere che finiscono con l'appropriarsi del potere. Il 4 giugno 1943, il senatore Homer T. Bone dichiarava al Comitato del Senato americano per gli Affari Militari: «Farben era Hitler e Hitler era Farben»

Albert Einstein, nel maggio 1949, in un articolo comparso nella Monthly Review, riprendeva la stessa idea: «Il capitale privato tende a concentrarsi nelle mani di pochi, in parte a causa della competizione tra capitalisti e in parte perché lo sviluppo tecnologico e la divisione crescente del lavoro incoraggiano la formazione di unità di produzione più grandi a scapito di quelle più piccole. Il risultato di questi sviluppi è un'oligarchia di capitale privato, il cui potere esorbitante non può effettivamente essere controllato neanche da una società il cui sistema politico è democratico»

Oggi, 500 imprese transnazionali controllano il 52% del PIL mondiale e questo fa dire a Jean Ziegler (membro del Comitato consultivo del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite) che andiamo verso «una rifeudalizzazione del mondo»

Eppure J. K. Galbraith, economista e consigliere dei presidenti Roosevelt e Kennedy ci aveva avvertiti: «L'economia di mercato è spesso descritta come un'antica eredità. All'occorrenza, è una truffa, o più esattamente, un errore comunemente ammesso. Troppe persone studiano ancora l'economia su manuali che mantengono ancora i dogmi della produzione concorrenziale dei beni e dei servizi e della capacità di acquistare senza impedimenti. In realtà, possono esserci solo uno o pochi venditori abbastanza potenti e persuasivi a determinare ciò che le persone comprano, mangiano, bevono» (« Les nouveaux mensonges du capitalisme » (Le nuove menzogne del capitalismo » Pubblicato ne Le Nouvel Observateur (4/11/05), intervista di John Kenneth Galbraith a cura di François Armanet)

Quali sono le soluzioni? Non preoccupatevi, i nostri padroni han già previsto tutto. Per capire, bisogna sapere che la dialettica hegeliana è padroneggiata magistralmente. Abbiamo così la tesi, il capitalismo, l'antitesi, il comunismo, e infine la sintesi: un socialismo corporativo o social-fascismo (mondiale).

Voglio ricordare qui che Mussolini aveva dato la sua definizione del fascismo: “Il fascismo dovrebbe piuttosto essere chiamato corporativismo, poiché si tratta dell'integrazione dei poteri dello stato e dei poteri del mercato”. Ora, il corporativismo può essere assimilato a un'impresa criminale dato che, come afferma Howard Scott: “un criminale è una persona dagli istinti predatori che non ha abbastanza capitale per formare una corporazione” (Une constitution pour l'économie, pourquoi ?)

Può sembrare strano associare due principi opposti come socialismo e fascismo, ma Edgar Morin ci spiega ciò che egli chiama il principio dialettico: “Esso unisce due principi o nozioni antagoniste, che in apparenza dovrebbero respingersi l'un l'altra, ma che sono indissociabili e indispensabili per capire una stessa realtà”. Pensate sia impossibile? Ecco la mia analisi.

Conviene innanzitutto notare che tutti sparano sui cattivi banchieri (la tesi) e sostengono la nazionalizzazione delle banche (l'antitesi). Avremo quindi un FMI, una BRI e una banca mondiali (la sintesi) che controlleranno la futura moneta mondiale (i DSP che sostituiranno il dollaro: Crise systémique – Les solutions (n°5 : une constitution pour l'économie)) e regoleranno il sistema. Ora, questi organismi sono controllati da una manciata di persone.

La crisi attuale avrà come conseguenza diretta la distruzione delle nazioni, perché le somme perse superano le capacità degli stati e i tassi di indebitamento vanno alle stelle. Si svilupperanno dappertutto dei poli continentali con strutture regionali: il glocale. Su questa questione ho tra l'altro condotto uno studio preciso: Crise systémique – Les solutions (n°4 : régions et monnaies complémentaires) (Crisi sistemica – Le soluzioni. N°4: regioni e monete complementari)

Il futuro è al « socialismo » disse Schumpeter, un socialismo senza schaivitù, ma con una libertà limitata. Si dovrebbe usare allora il termine esatto: socialfascismo e precisare che la libertà scomparirà se non ne facciamo nulla. In ogni caso, una dittatura fallirà. Non dimentichiamo il principio « ologrammatico » di Edgar Morin: la parte è nel tutto, ma il tutto è nella parte, poiché tutte le forme di esistenza sono legate le une alle altre. Questa è tra l'altro la definizione esatta di ciò che Buddha, Jeschuth-notzerith (il vero nome di Gesù, ancora una bugia!) e Maometto hanno definito con la parola amore.

Fascismo e socialismo alla fin fine non sono altro che il riflesso della nostra dualità che ci spinge o verso gli altri, o verso il ripiegamento su sé stessi, l'egoismo e la violenza. È necessario quindi che cambiamo noi, se vogliamo cambiare il mondo; è quello che l'Islam chiama djihad, la cabala ebrea la lotta per lo zain (la lotta interiore) e che Bakunin riassume in poche parole: “Per rivoltarsi contro questa influenza che la società esercita su di lui, l'uomo deve, almeno in parte, rivoltarsi contro sé stesso”.
di Gilles Bonafi

14 ottobre 2009

Tutti i poteri forti contro la politica estera italiana



Berlusconi, secondo il giudice milanese Raimondo Mesiano, dovrebbe scucire 1500 miliardi delle vecchie lire (750 mln di euro) per risarcire Carlo De Benedetti dopo la faccenda del famigerato “lodo Mondadori”. L’affaire del gruppo editoriale fondato da Arnaldo Mondadori nel 1907 ha alle spalle una sentenza, a quanto pare pilotata, emessa dalla Corte d’appello di Roma la quale, nel 1991, aveva dato ragione al Cavaliere (e torto a De Benedetti) circa il passaggio delle azioni dalla famiglia Formenton (erede dei Mondadori) al gruppo Fininvest, ribaltando un precedente verdetto di un collegio arbitrale, consentendo così a Berlusconi di prendere il controllo del gruppo nato ad Ostiglia.
Qualcuno potrebbe dire che si tratta della solita battaglia, senza esclusione di colpi, tra capitalisti e uomini d’affari, ma i due sunnominati personaggi non sono normali imprenditori che si prendono a calci in faccia per il denaro e per il potere economico. Berlusconi è, attualmente, Presidente del Consiglio, De Benedetti è la tessera n.1 del principale partito d’opposizione. Inevitabilmente lo scontro si sposta sul piano politico e tira in ballo tutto il paese.
Noi che siamo gente di mondo non ci facciamo illusioni e sappiamo perfettamente di che pasta sono fatti l’uno e l’altro in quanto tycoons e businessman, tuttavia non si può trascurare il fatto che De Benedetti rappresenta la parte più retriva, reazionaria e golpista dell’Italia, quella che ha appoggiato e contribuito a realizzare il colpo di mano giudiziario del 1992 (dal quale lo stesso Ingegnere è stato sfiorato e poi, chissà perché, subito lasciato in pace), favorendo il repulisti del precedente regime politico-parlamentare non più gradito a Washington, mentre Berlusconi è il bastone tra le ruote di quel progetto infame fondato su indagini dei magistrati a senso unico.
Da una parte, dunque, uno dei protagonisti del salotto buono, dei sempiterni poteri costituiti italiani che non decadono mai e dall’altra un parvenu guardato con sospetto ed alterigia dalla casta banco-industriale al comando nella nostra nazione. La colpa di Berlusconi è dunque quella di essere entrato in politica, ragionevolmente, per non fare la fine del suo mentore politico Bettino Craxi, andando a scompaginare i disegni divini degli Dei del capitalismo italiano i quali avevano già deciso il destino della nostra terra all’indomani della fine della Guerra Fredda e della dissoluzione dell’URSS.
Questo a Berlusconi non è mai stato perdonato, ma, soprattutto, non gli hanno condonato di non essersi piegato, come dice Vittorio Feltri nel suo editoriale di ieri, ai diktat delle banche, dei grandi enti privati, della finanza disinvolta e di alcune megaindustrie che da decenni stracomandano nel Bel Paese.
Purtroppo, Feltri dimentica di nominare la potenza straniera che ha intessuto le trame del complotto contro Berlusconi che poi è la stessa che aveva decretato la fine del regime DC-PSI per allargare le maglie del suo potere mondiale. E adesso siamo ripiombati in quel clima cospirativo perché Berlusconi ha peggiorato la sua situazione mettendosi in affari con Putin e con Gheddafi. Anche questo non gli sarà facilmente scusato. Il problema è che, come al solito, ci va di mezzo quel piccolo barlume di indipendenza che stava finalmente accendendo la politica estera italiana.

di Giovanni Petrosillo -

13 ottobre 2009

Il Dollaro deve essere svalutato della metà?




«Un anno fa» ha detto il professor Ross Buckley all’Abc News australiana «nessuno voleva saperne del Fondo Monetario Internazionale. Ora è l’Fmi che coordina il pacchetto internazionale di stimolo economico che è stato venduto come stimolo per i paesi poveri».

L’Fmi può aver ricevuto ben altri compiti. Secondo Jim Rickards, direttore della market intelligence per il gruppo di consulenza scientifica Omnis, il proposito non annunciato del Summit G20 di Pittsburgh (24 settembre) era che «l’Fmi venisse consacrato come ‘banca centrale globale’». Rickards ha detto in un’intervista alla Cnbc (25 settembre) che il piano è di far sì che l’Fmi emetta una moneta di riserva globale che rimpiazzi il dollaro.

«Hanno emesso debito per la prima volta nella storia» ha detto Rickards «stanno emettendo diritti speciali di prelievo (SDR). I primi SDR sono venuti fuori nel 1980 o nel 1981, per un valore di 30 miliardi di dollari. Ora si parla di 300 miliardi. E quando dico emettere, intendo stampare moneta; non c’è niente dietro questi diritti».

I diritti speciali di prelievo sono una moneta sintetica creata originariamente dall’Fmi per rimpiazzare oro e argento nelle grandi transazioni internazionali. Ma sono stati utilizzati poco finora. Come mai all’improvviso il mondo ha bisogno di una nuova divisa e di una banca centrale globale? Rickards dice che questo accade per il “dilemma di Triffin”, un problema notato per la prima volta dall’economista Robert Triffin negli anni Sessanta. Quando il mondo abbandonò il gold standard, una moneta di riserva dovette essere fornita da qualche Paese con una divisa forte in grado di sostenere il commercio internazionale. Ma lasciarla in questa funzione voleva dire, per il Paese di riferimento, comprare continuamente più di quanto vendesse, creando enormi deficit nella bilancia dei pagamenti, fino al collasso. Gli Usa hanno alimentato l’economia mondiale negli ultimi 50 anni, ma ora il meccanismo è saltato. Possono aggiustare il loro debito e mettere a posto la loro economia, ma ciò comporterebbe la contrazione degli scambi mondiali. Una moneta globale sostitutiva è necessaria mentre gli Usa risolvono i loro problemi debitori, e quella moneta deve essere l’SDR emessa dal Fondo. Questa è la soluzione al dilemma di Triffin, dice Rickards, ma lascia gli Usa in una posizione vulnerabile. Se dovessimo affrontare una guerra o un’altra catastrofe globale, non avremmo più il privilegio di stampare moneta. Dovremmo chiedere in prestito la moneta di riserva globale come tutti gli altri, mettendoci alla mercé dei creditori globali.

Per impedire questo sviluppo, la Federal Reserve ha lasciato intendere che è pronta ad alzare i tassi, anche se ciò creerebbe un nuovo problema all’economia reale. Rickards parla di un editoriale del governatore della Fed Kevin Warsh, pubblicato sul Wall Street Journal lo stesso giorno della riunione del G20. Warsh scriveva che la Fed dovrebbe alzare i tassi di interesse se salgono i prezzi degli asset – secondo Rickards, un’allusione all’oro, il tradizionale investimento rifugio di chi fugge dal dollaro. «Le banche centrali odiano l’oro perché limita la loro libertà di stampare moneta», ha aggiunto Rickards. Se l’oro andasse improvvisamente a 1.500 dollari l’oncia, sarebbe il collasso del dollaro. Warsh stava quindi dando al mercato un’indicazione che la Fed non avrebbe lasciato accadere una cosa del genere. La Fed avrebbe alzato i tassi per attrarre investimenti in dollari verso l’America. Secondo Rickards, «Warsh sta dicendo “Dobbiamo buttare il dollaro nella spazzatura, ma lo faremo gradualmente…” Warsh sta cercando di prevenire un declino instabile del dollaro. Quello che vogliono, ovviamente, è un declino stabile e costante».

Cosa dire del tradizionale compito della Fed, ovvero il mantenimento della stabilità dei prezzi? E’ un non-senso, secondo Rickards «Ciò che stanno facendo è inflazionare il dollaro per puntellare le banche». Il dollaro deve essere alzato perché c’è più debito insoluto che denaro per ripagarlo. Il governo ha sopravvenienze passive per 60 trilioni di dollari. «Non c’è una combinazione fattibile di crescita e tasse che possa finanziare quelle passività», secondo Rickards. Il governo può finanziarne circa la metà nei prossimi 14 anni, il che vuol dire che il dollaro deve essere svalutato della metà.

Il dollaro deve essere svalutato della metà?

Ridurre il valore del dollaro significa che i nostri sudati guadagni cominceranno a valere solo la metà, che non è una buona notizia per l’economia reale. In realtà la manovra non è fatta per noi, ma per le banche. Il dollaro deve essere svalutato come compensazione al dilemma del sistema monetario attuale, un dilemma più complicato di quello di Triffin, e che può ben essere chiamato una frode. Non c’è mai sufficiente denaro per pagare il debito insoluto, perché tutto il denaro oggi, con l’eccezione delle monete fisiche, è creato dalle banche nella forma di crediti, e sempre più danaro è dovuto indietro alle banche di quanto esse ne dispongano quando originano nuovi crediti. Le banche creano lo strumento principale ma non gli interessi necessari a ripagare i loro finanziamenti.

La Fed, che è controllata da un consorzio di banche e serve i loro interessi, ha il compito di controllare che le banche siano ripagate; e l’unico modo perché questo avvenga è attraverso un’offerta inflattiva di moneta, per creare i dollari necessari a coprire gli interessi mancanti. Ma questo vuol dire diluire il valore del dollaro, imponendo una tassa-ombra sui cittadini; e l’offerta monetaria è inflazionata attraverso maggiori finanziamenti, il che aumenta il carico di debiti più interessi che l’offerta abbondante di moneta avrebbe dovuto ridurre. Il sistema bancario è essenzialmente uno schema piramidale, che continua a funzionare semplicemente creando nuovo debito.

Il pacchetto di stimolo del Fondo (500 miliardi di dollari): serve ai paesi in via di sviluppo o alle banche?

E questo ci riporta al pacchetto di stimolo del Fmi discusso dal professor Buckley. È stato presentato come un aiuto ai paesi emergenti colpiti dalla crisi finanziaria globale, ma Buckley dubita che le cose stiano veramente così. Piuttosto, nota, i 500 miliardi di dollari impegnati dalle nazioni del G20 sono «un pacchetto di stimolo per le banche dei Paesi ricchi». Generalmente questi stimoli sono sotto forma di investimenti; il denaro proveniente dal Fmi sarà prestato sotto forma di finanziamento.

«Questi sono prestiti fatti dai Paesi del G20 ai Paesi poveri attraverso l’Fmi. Dovranno essere ripagati e saranno utilizzati per rifondere le banche internazionali adesso… Il denaro in realtà non arriverà mai nei Paesi poveri. Passerà attraverso di loro per ripagare i loro creditori… Ma i Paesi poveri ci metteranno 30 anni per rientrare da questo debito».

Fondamentalmente, dice Buckley, i prestiti Fmi comportano un aumento della seniority del debito. In pratica, i Paesi in via di sviluppo finiranno con l’essere ancora più incatenati al debito di quanto lo siano ora.

«Al momento il debito è dovuto dai Paesi poveri alle banche, e se i Paesi poveri dovessero farlo, potrebbero andare in default. Il debito bancario sarebbe sostituito da debito dovuto al Fondo, che per motivi strategici molto validi i Paesi poveri serviranno sempre… I Paesi ricchi hanno reso disponibili questi 500 miliardi di dollari per stimolare le loro stesse banche, e il Fmi è un ottimo intermediario tra quei Paesi, i debitori e le banche…».

Non molto tempo fa, il Fmi era stato chiamato obsoleto. Ora è di nuovo in auge e si è vendicato dei suoi detrattori; ma è il vecchio sporco gioco di servire da collettore per il sistema bancario internazionale. Fin quando i Paesi del Terzo Mondo possono pagare, attraverso gli interessi passivi, il servizio del debito, le banche possono segnare i crediti tra le partite attive dei loro libri contabili, e continuare ad alimentare lo schema piramidale e l’offerta inflazionata di moneta globale attraverso sempre nuovi crediti. È tutto per la maggior gloria delle banche e delle loro affiliate multinazionali; ma i 500 miliardi di dollari verranno dai contribuenti delle nazioni G20, e il risultato prevedibile sarà che gli Usa entreranno nel club delle nazioni indebitate al servizio dell’impero globale dei banchieri centrali.

Ellen Brown

11 ottobre 2009

Competere con tutti lascia soli


Dietro ai tanti malesseri di oggi; dietro alle ragazzette vittime o delinquenti date in forte crescita dai servizi sociali, ai padri che abbandonano o vengono abbandonati, alle madri prese da raptus omicidi; dietro a gruppi sociali scollati tra loro e preda dell’odio reciproco; dietro alle depressioni coperte dalle droghe, sta una sola parola, che descrive una condizione precisa e concreta: solitudine. Quella di chi è in famiglia, ma non sente su di sé uno sguardo che sia attento e amoroso.
Ma anche la solitudine di chi abita un territorio dove i legami sociali si sono allentati, e la gente non ti guarda, non ti vede se non per misurare il tuo successo sociale, la tua capacità di spesa.
Infine la solitudine di chi non sente più la solidarietà e l’affetto dei pari, la compagnia di quelli che fanno il tuo stesso lavoro, sui campi, in azienda, o nelle professioni e nei servizi, perché questa vicinanza è stata sopraffatta dalla competizione, dal lasciarsi dietro il pari grado per avvicinarsi a chi ha uno stato superiore, e dall’ansiosa presa di distanza da chi rimane indietro.

Queste dinamiche, lo sappiamo bene, sono sempre esistite, e sono legate in parte all’istinto di sopravvivenza, in parte a quella che Nietzsche ha chiamato «volontà di potenza». Quella spinta naturale per la quale un ciuffo d’erba tende ad allargarsi occupando lo spazio dei fili vicini.
Tuttavia nella storia e nell’indole umana è presente una forza particolare, che non ha la stessa evidenza nel mondo puramente naturale: quella dell’amore. È solo l’amore, quello cui si riferivano i fondatori della psicoanalisi col nome di Eros, a contrastare il vissuto inappagato e inquieto della solitudine (quella cui si ribella anche il primo uomo, Adamo, chiedendo al Signore una compagnia, uno sguardo, una voce).
Fu l’amore, oltre che la ricerca di alleanza, ad ispirare lungo la storia umana la solidarietà, il rispecchiarsi nell’altro, l’appartenenza. Sentimento complesso, l’appartenere ad altri, ad una patria, una classe, una comunità, una professione, arte o mestiere. Tuttavia è proprio lì che nasce l’identità, che non si costituisce certamente solo con quattro dati anagrafici. Ed è proprio l’identità, che rende meno forte, o più accettabile, il morso della solitudine. Come raccontano tante poesie, o lettere di emigranti, anche italiani: non sei veramente solo quando hai una Patria, una terra di origine, un popolo cui appartieni.
La famiglia, lo sguardo attento e amoroso della donna, dell’uomo, dei figli, è l’ultimo, importantissimo tratto di questo filo affettivo che ci lega al resto dell’umanità, indebolendo la solitudine e le sue patologie. Così, almeno è stato, con alterne vicende, nel corso del tempo.
Nell’epoca in cui viviamo la competizione economica ha però assunto un’importanza particolarmente vistosa, assicurando contemporaneamente un grande sviluppo della ricchezza (non altrettanto, pare, della felicità). La spinta a prevalere, a vincere e distaccarsi dall’altro ha così indebolito quella a legarsi, a cercare la solidarietà, l’essere insieme, l’amore appunto. L’interesse alla contrapposizione delle classi ha prevalso su quello della solidarietà tra tutto il popolo, quello della competizione tra i generi ha prevalso sull’amore tra uomo e donna, quello dei singoli territori su quello del benessere di tutta una Nazione.
Questa competizione universale non poteva restare esterna alla famiglia, oggi teatro di conflitti plurimi: padre-madre, genitori-figli, e quindi di nuove, profonde solitudini. Che diventano rapidamente terreno di crescita di ogni malessere e devianza.

di Claudio Risé

07 ottobre 2009

Sta per arrivare la morte del dollaro




Quasi a simboleggiare il nuovo ordine mondiale, gli Stati arabi hanno avviato trattative segrete con Cina, Russia e Francia per smettere di usare la valuta americana per le transazioni petrolifere.

Mettendo in atto la piu’ radicale trasformazione finanziaria della recente storia del Medio Oriente gli Stati arabi stanno pensando – insieme a Cina, Russia, Giappone e Francia – di abbandonare il dollaro come valuta per il pagamento del petrolio adottando al suo posto un paniere di valute tra cui lo yen giapponese, lo yuan cinese, l’euro, l’oro e una nuova moneta unica prevista per i Paesi aderenti al Consiglio per la cooperazione del Golfo, tra cui Arabia Saudita, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar.



Incontri segreti hanno gia’ avuto luogo tra i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali della Russia, della Cina, del Giappone e del Brasile per mettere a punto il progetto che avra’ come conseguenza il fatto che il prezzo del greggio non sara’ piu’ espresso in dollari.

Il progetto, confermato al nostro giornale da fonti bancarie arabe dei Paesi del Golfo Persico e cinesi di Hong Kong, potrebbe contribuire a spiegare l’improvviso rincaro del prezzo dell’oro, ma preannuncia anche nei prossimi nove anni un esodo senza precedenti dai mercati del dollaro.

Gli americani, che sono al corrente degli incontri – pur non conoscendone i dettagli – sono certi di poter sventare questo intrigo internazionale di cui fanno parte leali alleati come il Giappone e i Paesi del Golfo. Sullo sfondo di questi incontri valutari, Sun Bigan, ex inviato speciale della Cina in Medio Oriente, ha sottolineato il rischio di approfondire le divisioni tra Cina e Stati Uniti in ordine alla loro influenza politica e petrolifera in Medio Oriente. “Le dispute e gli scontri bilaterali sono inevitabili”, ha detto all’Africa and Asia Review. “Non possiamo abbassare la guardia in merito all’ostilita’ che fronteggiamo in Medio Oriente sugli interessi energetici e la sicurezza”.

Questa frase ha tutta l’aria di una previsione pericolosa su una futura guerra economica tra Stati Uniti e Cina per il petrolio mediorientale – con il pericolo di trasformare i conflitti della regione in una lotta di supremazia delle grandi potenze. L’incremento della domanda di petrolio e’ piu’ marcato in Cina che negli Stati Uniti in quanto la crescita cinese e’ meno efficiente sotto il profilo energetico. Abbandonando il dollaro i pagamenti, stando a fonti bancarie cinesi, potrebbero essere effettuati in via transitoria in oro. Una indicazione della gigantesca quantita’ di denaro di cui si parla puo’ essere desunta dalla ricchezza di Abu Dhabi, Arabia Saudita, Kuwait e Qatar che insieme hanno, stando alle stime, riserve in dollari per 2.100 miliardi.

Il declino della potenza economica americana strettamente connesso all’attuale recessione globale e’ stato riconosciuto dal presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick. “Una delle conseguenze di questa crisi potrebbe essere l’accettazione del fatto che sono cambiati i rapporti di forza economici”, ha detto a Istanbul prima delle riunioni di questa settimana del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Ma e’ stato il nuovo straordinario potere finanziario della Cina – non disgiunto dalla rabbia sia dei Paesi produttori che dei Paesi consumatori di petrolio nei confronti del potere di interferenza degli Stati Uniti nel sistema finanziario internazionale – a stimolare i recenti colloqui con i Paesi del Golfo.

Brasile e India si sono mostrati interessati a far parte di un sistema di pagamenti non piu’ basato sul dollaro. Allo stato la Cina appare la piu’ entusiasta tra le potenze finanziarie, non fosse altro che per il suo gigantesco interscambio commerciale con il Medio Oriente.

La Cina importa il 60% del petrolio che consuma, per lo piu’ dal Medio Oriente e dalla Russia. I cinesi hanno concessioni petrolifere in Iraq – bloccate fino a quest’anno dagli Stati Uniti – e dal 2008 hanno un accordo da 8 miliardi di dollari con l’Iran per lo sviluppo delle capacita’ di raffinazione e delle risorse di gas. La Cina ha contratti petroliferi in Sudan (dove ha sostituito gli Stati Uniti) e da tempo sta negoziando concessioni petrolifere in Libia dove tradizionalmente questo genere di accordi e’ del tipo joint venture.

Inoltre le esportazioni cinesi verso la regione ammontano ora a non meno del 10% delle importazioni di tutti i Paesi del Medio Oriente e includono una vasta gamma di prodotti che vanno dalle automobili agli armamenti, ai generi alimentari, al vestiario e persino alle bambole. Riconoscendo esplicitamente il crescente peso finanziario della Cina, il presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet, ha chiesto l’altro ieri a Pechino di consentire alla yuan di apprezzarsi sul dollaro e, di conseguenza, di diminuire la dipendenza della Cina dalla politica monetaria americana contribuendo cosi’ a riequilibrare l’economia mondiale e ad alleggerire la pressione al rialzo sull’euro.

Dagli accordi di Bretton Woods – gli accordi conclusi dopo la seconda guerra mondiale che ci hanno tramandato l’architettura del moderno sistema finanziario internazionale – i partner commerciali degli Stati Uniti hanno dovuto affrontare le conseguenze della posizione di controllo di Washington e, negli anni piu’ recenti, dell’egemonia del dollaro in quanto principale valuta di riserva.

I cinesi credono, ad esempio, che siano stati gli americani a convincere la Gran Bretagna a non entrare nell’euro per impedire una fuga dal dollaro. Ma secondo le fonti bancarie cinesi i colloqui sono andati troppo avanti per poter essere bloccati. “Non e’ da escludere che nel paniere delle monete entri anche il rublo”, ha detto un importante broker di Hong Kong all’Indipendent. “La Gran Bretagna e’ presa in mezzo e finira’ per entrare nell’euro. Non ha scelta in quanto non potra’ piu’ usare il dollaro americano”.

Le fonti finanziarie cinesi sono convinte che il presidente Barack Obama sia troppo occupato a rimettere in piedi l’economia americana per concentrarsi sulle straordinarie implicazioni della transizione dal dollaro ad altre valute nel volgere di nove anni. Al momento la data fissata per l’abbandono del dollaro e’ il 2018.

Gli Stati Uniti hanno fatto appena cenno a questo problema in occasione del G20 di Pittsburgh. Il governatore della Banca centrale cinese e altri funzionari da anni sono preoccupati per la situazione del dollaro e non ne fanno mistero. Il loro problema e’ che gran parte della ricchezza nazionale e’ in dollari.

“Questi progetti cambieranno il volto delle transazioni finanziarie internazionali”, ha detto un banchiere cinese. “Stati Uniti e Gran Bretagna debbono essere molto preoccupati. Vi accorgerete di quanto sono preoccupati dalla pioggia di smentite che questa notizia scatenera’”.

Alla fine del mese scorso l’Iran ha annunciato che le sue riserve in valuta estera saranno in futuro in euro e non in dollari. I banchieri ricordano, naturalmente, quanto e’ capitato all’ultimo Paese produttore di petrolio del Medio Oriente che ha tentato di vendere il petrolio in euro e non in dollari. Pochi mesi dopo che Saddam Hussein aveva comunicato la sua decisione ai quattro venti, gli americani e gli inglesi hanno invaso l’Iraq.

di Robert Fisk

Fonte: www.independent.co.uk

06 ottobre 2009

Quando la recessione fa bene alla salute



La correlazione fra salute pubblica e cicli economici potrebbe essere molto più complessa di quanto finora supposto, secondo uno studio condotto da ricercatori dell'Università del Michigan che hanno analizzato i rapporti fra crescita economica e salute della popolazione degli Stati Uniti nel ventennio compreso fra il 1920 e il 1940, durante il quale si verificò la Grande depressione (1930-1933).

Secondo quanto osservano nell'articolo pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" (PNAS) in cui José A. Tapia Granados e Ana V. Diez Roux riferiscono gli esiti della ricerca, andrebbero attentamente distinti gli effetti a lungo termine dell'aumento del PIL (che andrebbero correlati a un insieme di più o meno lenti cambiamenti sociali di ampio respiro, come il miglioramento dell'alimentazione e la diminuzione delle dimensioni dei nuclei familiari) da quelli a breve termine indotti dai cicli economici espansivi.

Se infatti diverse ricerche hanno indicato la presenza di possibili effetti negativi a lunga scadenza dei periodi di recessione sulla salute (effetti misurati prendendo come parametri gli accessi nelle strutture ospedaliere e la morbilità), i risultati di questo studio, che ha preso un orizzonte temporale di follow-up di tre anni, sembrano infatti supportare l'ipotesi controintuitiva che, almeno sul breve periodo, la salute pubblica tende a migliorare più durante i periodi di recessione che durante quelli di espansione.

Da quanto rilevato dai ricercatori, per la maggior parte dei gruppi di età la mortalità ha toccato i suoi picchi negli anni di forte espansione economica (1923, 1926, 1929 e 1936-1937), mentre i momenti di recessione (1921, 1930-1933 e 1938) hanno coinciso con il declino della mortalità e l'aumento dell'aspettativa di vita.

L'unica eccezione, osservano i ricercatori, riguardava la mortalità per suicidio, che, pur cresciuta in discreta misura, ha pesato complessivamente per meno del due per cento di tutte le morti. Anche le analisi di correlazione e di regressione hanno confermato un significativo effetto negativo dell'espansione economica sul miglioramento della salute.

Secondo i ricercatori questo effetto paradossale sarebbe legato al fatto che nei periodi di espansione si avrebbe un aumento del consumo di tabacco e di alcol, una riduzione delle ore di sonno e un aumento dello stress fisico e psichico che potrebbero avere un'influenza negativa particolarmente marcata su quanti soffrono di patologie croniche. A ciò si sommerebbero l'aumento degli incidenti stradali e di quelli sul lavoro, e il peggioramento dell'inquinamento atmosferico, i cui effetti negativi a breve termine sulla mortalità da patologie respiratorie e cardiovascolari è ben documentata. A questo fenomeno contribuirebbe inoltre il fatto che nei periodi di espansione si è assistito a una crescita dell'isolamento sociale e all'allentamento delle misure sociali a sostegno delle fasce di popolazione più disagiata. (gg)

05 ottobre 2009

Lotta al signoraggio: quale rotta ?

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Ormai è chiaro, la battaglia per la sovranità monetaria è la causa più importante tra tutte le lotte politiche che ci è dato sostenere. Il meccanismo del signoraggio bancario, primario e secondario, affama i popoli più poveri e schiavizza quelli più ricchi, sia in senso letterale che metaforico.
Senza risolvere questo dramma, è perfettamente inutile spendersi in distinguo politici e partitici, in dibattiti su questa o quella legge particolare. Così come è oggi inutile votare o candidarsi, in questa plutocrazia mascherata che si finge democrazia e fa del voto l’alibi del proprio eternarsi.

La portata del fenomeno è tale che, risolto questo, ogni piano della nostra vita di cittadini e individui verrebbe innalzato su livelli che è difficile anche solo immaginare. Avremmo benefici non solo economici, conosceremmo cioè un benessere diverso da quello promulgato dal consumismo materialista; fatto di più tempo per noi e più spazio per la vita associata, senza l’assillo dell’insolvenza; i meccanismi finanziari che fomentano le guerre verrebbero ridimensionati, così come l’economia speculativa ridiverrebbe produttiva. Può darsi che il torbido dell’animo umano troverebbe presto un altro strumento per manifestarsi, è certo però che difficilmente sarebbe così ben congegnato come quello dell’appropriazione indebita della moneta.
Non starò qui a ricordare cosa sia il signoraggio. Vorrei invece riflettere sulla situazione odierna della lotta per sconfiggerlo, sui pericoli che incombono su di essa, così che sia possibile correre ai ripari e correggere la rotta.

A questo proposito viviamo un momento di stallo: il tema non riesce a raggiungere il grosso della popolazione. Della questione si parla già da diversi anni. Sono usciti autorevoli libri, se ne occupano vari siti internet e si tengono già da tempo delle conferenze. Ma, se da anni c’è gente che ci lavora, come mai non si è raccolto ancora nulla? Il coinvolgimento emotivo, lo sdegno viscerale che la questione suscita in chi la conosce a fondo per la prima volta, può scomparire, affievolirsi ed annacquarsi con tanta facilità? No. Sta semplicemente succedendo quello che spesso succede con il pensiero: da scoperta, da forza esterna alla coscienza, capace di scuoterla e colpirla, si è trasformato in parte di essa. E’ stato hegelianamente introiettato e ora fa parte del tranquillo bagaglio culturale dell’individuo che lo possiede. Girando per l’Italia, ho constatato che si interessano del tema, i gruppi più eterogenei: fascisti nostalgici, naziskin inacculturati, comunisti no global, ipertradizionalisti cattolici, grillini virtuali e con loro pochi cani sciolti dai più svariati interessi e orientamenti, Al di là della validità e della preparazione sul tema dei singoli individui, nella maggior parte dei casi si tende a ricreare una appartenenza ad un’elite. Negli incontri infatti i “veterani” fanno a gara con quelli che reputano nuovi arrivati, per dimostrare che loro ne sanno di più di tutti sull’ultimo bilancio della Banca d’Italia, su Gesell, sullo Scec o sul Simec, sull’omicidio Kennedy o sulle lobby massoniche.

Per l’individuo, tutto si trasforma in pezzi di identità da mantenere, da sbandierare, con cui distinguersi. Ciò impedisce il dialogo costruttivo e, intrappolando la questione signoraggio ora in un’aura miracolistica e misticheggiante, ora in un semplice fatto di appartenenza partitica, ora in un’esperienza qualsiasi ma diversificante, si allontanano quelli che in tali vesti non si riconoscono.
Solo per fare un esempio, in occasione del terzo anniversario della morte di Giacinto Auriti, mi è capitato di partecipare ad una riunione di “Auritiani”, come loro si sono definiti, e di fare con loro il giro delle chiese e delle chiesette di un’intera provincia abruzzese, nonché di sentir raccontare un’infinità di aneddoti religiosi su “Don Giacinto” e di sentir dire che non può capire a fondo il tema del signoraggio chi non comprende “la realtà delle due eucaristie, quella divina e quella demonica”.
Quello che mi chiedo è se un motivo di lotta può essere frustrato tanto da diventare solo un irrinunciabile segno di identità o in rari casi piccola fonte di sostentamento.

Insomma, ritengo che bisogna sgomberare il campo da personalismi, appartenenze a conventicole e gruppuscoli, abbandonare, per lo meno all’inizio, approcci dogmatici e parziali. Non perché in essi non vi sia verità, anzi. Ad esempio nell’approccio cristiano-tradizionale c’è molto di vero e di sano e la lotta cattolica all’usura, come ho scritto in articoli precedenti parlando di San Bernardino, è un esempio importante da seguire. E’ solo che si rischia di allontanare chi in essa non si riconosce pur condividendo la sostanza della critica al signoraggio, che può avvenire per mille motivi: da quello puramente economico (maggior benessere per sé) a quello morale, da quello estetico (bruttezza di ogni mascheramento del potere) a quello storico-politico (revanscismo post-bellico) e via dicendo.
Non è il momento di fare a gara sulla paternità della lotta, piuttosto occorre concentrarsi su pochi concetti da diffondere, la cui comprensibilità è sì ostica ma non così tanto come si crede.

Ci si deve chiedere piuttosto come mai, pur avendo raggiunto partiti politici, il signoraggio non abbia fatto breccia nel cuore e nel cervello della gente. Ne hanno parlato Storace, Buontempo, Tremonti, Ferrando, ne ha accennato Di Pietro e alcuni suoi uomini, e persino la Lega lo ha fatto proprio ma, è un dato di fatto, l’argomento non è “passato”.
E’ un problema strategico: impossibile raccogliere consensi intorno ad un partito del due per cento, solo perché questo propugna la lotta al signoraggio. Esso rimane un partito con una sua identità e la gente che le è estranea, pur essendo contro l’usura delle banche centrali, non andrà nemmeno ad informarsi su che cosa pensa quel partito in tema monetario. Occorre creare un partito apposito, con un unico punto programmatico: rinunciamo all’euro e lo Stato (non Bankitalia) stampi una sua moneta con su scritto “proprietà del portatore”, senza alcuna creazione di debito.
In realtà tale progetto lodevole sembrava essere partito ma sono passati già alcuni mesi dalla sua comparsa senza che ne sia sortito alcun fatto concreto.
Certo, si tratta di una battaglia difficilissima, disperata quasi, ma è l’unica soluzione. Lancio un’idea, senza preoccuparmi troppo delle strategie di realizzazione pratica: si faccia un’associazione con un rappresentante per provincia e si organizzino conferenze nei comuni, appoggiandosi alle altre associazioni culturali. Una volta conclusa l’opera d’informazione nei paesi si tirino le fila e si trasformi l’associazione in un movimento politico. Raccogliendo il sei-sette per cento si sarebbe forse in grado di entrare in una coalizione e di “forzare la mano” imponendo dal primo giorno la realizzazione dell’unico punto di programma.
di Matteo Simonetti

04 ottobre 2009

Santoro, Vespa e il sistema



Sono d'accordo anch'io che l'intervento del governo contro Annozero, oltre che illegittimo, è un'intimidazione inaudita, aggravata dal fatto di avvenire all'interno di un panorama televisivo nazionale occupato per i quattro quinti dal centro destra. Ma mi rifiuto di considerare Michele Santoro una vittima di regime. È piuttosto un prodotto, insieme a Bruno Vespa e ad altri conduttori, della distorsione oligopolista, e in alcuni periodi quasi monopolista, del sistema.
Supponiamo, per un attimo, di vivere in un Paese "normale", per usare un'espressione cara a D'Alema, dove c'è una Rete di Stato e altri quattro o cinque network indipendenti della stessa potenza. In quest'ipotetica Italia un ipotetico Santoro conduce sulla Rete di Stato un programma che, per vari motivi, non piace al suo Direttore. Può costui cancellare il programma ed eventualmente licenziare il conduttore che non lo convince? Certo che può è lui il responsabile di fronte all'Editore, altrimenti che ci sta a fare? In quest'ipotetica Italia l'ipotetico Santoro verrà ingaggiato da un altro network e, se davvero è così bravo, farà grandi ascolti e il Direttore che lo ha cacciato risponderà al proprio Editore per aver danneggiato l'azienda a vantaggio della concorrenza.
Ma nell'Italia reale le cose non stanno così. Se Santoro venisse licenziato non avrebbe alternative all'altezza (essendo per lui impensabile un passaggio a Mediaset). Questa che apparentemente è la sua debolezza è invece la sua forza. Perché diventa inamovibile, dato che qualsiasi intervento contro di lui o il suo programma si configura oggettivamente come un attentato alla libertà d'informazione. Tanto è vero che furoreggia da decenni, sui canali nazionali, come, dall'altro versante, Bruno Vespa, con i suoi modi più melliflui e subdoli. Tra l'altro non possiamo nemmeno sapere se i Vespa e i Santoro sono davvero così bravi, perché come non c'è una reale concorrenza a livello di Reti, non c'è neanche una reale concorrenza fra conduttori. Non hanno rivali. Anch'essi sfruttano l'oligopolio e fanno da tappo all'ingresso di forze più fresche, nuove, diverse ed eventualmente più capaci e meno ideologicamente schierate.
Come si esce da questa situazione aberrante? Concettualmente è chiaro. Si chiama "disarmo bilaterale", di cui qualche volta si è parlato: una Rete alla Rai che dipenda direttamente dal governo, come la Bbc inglese, perché anche il governo, che rappresenta tutti i cittadini, ha il diritto di dare un suo indirizzo latu sensu culturale al Paese, una Rete a Mediaset, e le restanti quattro messe sul mercato e vendute a editori indipendenti dalle prime due e indipendenti fra loro.
Ma a questa soluzione non si arriverà mai (se non, forse, nel Quarto Millennio) perché conviene a tutti. A Berlusconi perché consente al cosiddetto campione del liberismo di mantenere, con le sue tre Reti, una posizione totalmente illiberista col pressoché totale dominio dell'intero comparto televisivo privato nazionale. Ai partiti nel loro complesso, di sinistra e di destra, perché così possono continuare ad occupare arbitrariamente e illegittimamente la Rai, contro la Costituzione (che in nessun passaggio a ciò li autorizza) perché come Ente di Stato dovrebbe appartenere a tutti i cittadini e non ad alcune organizzazioni private quali i partiti sono. E conviene agli inamovibili Vespa e Santoro.
Conviene a tutti tranne che a noi cittadini. Che continueremo ad assistere in eterno a dibattiti impossibili, fasulli, grotteschi e truffaldini sull' "imparzialità" dell'informazione pubblica, come se ci fosse qualcuno che possa valutare oggettivamente un concetto così soggettivo, tanto più in un sistema in cui i vertici Rai, il Consiglio di Amministrazione, la Commissione di Vigilanza, i direttori, i vicedirettori, i capi struttura, oltre ai fattorini, sono tutti di nomina partitica, per cui ciò che è "imparziale" per l'uno diventa, automaticamente, "fazioso" per l'altro. Che barba, che noia, che stufida. Che voglia, nella nostra totale impotenza di sudditi, di spaccare tutto.

di Massimo Fini

03 ottobre 2009

Brunetta ci azzecca sul Britannia




- Nel corso della sua sfuriata al convegno del PdL di Cortina d'Ampezzo, il ministro Brunetta ad un certo punto ha interrogato il suo pubblico: "Ve lo ricordate il Britannia?".

"Ve lo ricordate il Britannia? Se non ve lo ricordate", dice Brunetta, "ve lo ricordo io. Il Britannia è una nave, appartenuta già alla casa reale inglese, che navigò davanti alle coste italiane [...], ospitando dentro banchieri, grand commis dello Stato, esponenti vari della burocrazia... in cui si svolse un lungo seminario, durato un paio di giorni, in cui si trassero le linee della svendita delle aziende di stato italiane".

Benché imperfetta, l'evocazione di quel complotto, denunciato dall'EIR nel 1993 (vedi la documentazione riepilogativa), riapre il sipario sul secolare tentativo di Londra di "scrivere il destino" dell'Italia (come di tanti altri Paesi).

In questa strategia imperiale, secolare e globale, trovano posto tutte le azioni che possano rivelarsi utili a ricondurre l'Italia ad uno stato di molto precedente quello del boom economico postbellico, di fatto preda del sistema imperiale della globalizzazione.

A questo riguardo, è più interessante guardare al timoniere, piuttosto che agli ospiti del Britannia. Se vogliamo dirla tutta, si tratta della stessa cricca che arma la mano degli "insorti" che hanno trucidato i sei soldati italiani in Afghanistan. Non vogliamo certamente dire che Draghi ordina ai Talebani di bombardare i nostri soldati ma, come abbiamo scritto, che "il tritolo che ha ucciso i soldati italiani è stato pagato con i soldi di Soros".

In altre parole, il pasticcio afghano in cui si è cacciata l'Italia a seguito degli Stati Uniti, è stato orchestrato dalle stesse forze del "nuovo impero britannico" che partorirono l'operazione Britannia. L'assalto contro l'Italia, che ebbe il culmine nell'anno del Britannia e che prosegue nella misura in cui dall'Italia si manifestano resistenze al nuovo impero della globalizzazione, al salvataggio delle banche ecc., va inquadrato nella strategia globale con cui si tenta di demolire gli stati nazionali per far posto alla Nuova Torre di Babele, come dice LaRouche. La guerra in Afghanistan fu escogitata per coinvolgere gli Stati Uniti in un disastro strategico e subire la stessa sorte che subì Atene con la Guerra del Peloponneso. A livello regionale, è la riedizione della strategia ottocentesca dell'Impero Britannico per il controllo dell'Asia meridionale.

Abbiamo più volte, in questo sito, documentato il ruolo degli inglesi nel "combattere e proteggere" i talebani, tanto da aver ottenuto per loro tramite un aumento della produzione dell'oppio. Dalle montagne afghane ai mercati della droga occidentali, riecheggia il nome di George Soros, paladino delle campagne per la liberalizzazione. Quel George Soros che l'Italia conobbe nella vicenda del Britannia e del successivo attacco alla lira che ci tramortì e ci fece accettare l'Euro senza batter ciglio.

Tuttavia – è bene ricordarlo - l'ossessione dei "Britannia Boys" non è l'Italia. Nel contesto della crisi globale, del collasso economico più grave della storia umana da noi conosciuta, l'oligarchia punta a rimuovere ogni paletto con cui la cospirazione repubblicana, che in America lottò in favore della "comunità di nazioni perfettamente sovrane" da contrapporre all'Impero Britannico, ha assestato i suoi successi storici.

Aver trascinato gli Stati Uniti, l'Italia e altri Paesi in Afghanistan, ovvero negli stessi luoghi in cui l'Impero Britannico sin dall'Ottocento non ebbe mai la meglio contro i "fanatici ribelli", è l'estremo tentativo (forse il più palese, oltre quello del salvataggio degli speculatori con emissioni di credito nazionale americano) di far affossare il sistema americano e ogni altra sua influenza nelle istituzioni di altre nazioni.

Chi dovrebbe sostituire gli Stati Uniti nella loro egemonia globale (non priva di macchie) è, nella mente dell'oligarchia, il governo mondiale attraverso "quel che è di Cesare", declinato nelle forme del "Financial Stability Board", o del Fondo Monetario Internazionale.

L'Italia, grazie all'azione di Tremonti che si oppone ai salvataggi indiscriminati delle banche, è un ostacolo da rimuovere su questa strada, specialmente in vista della prossima grave fase della crisi, in cui si chiederà agli Stati di dissanguarsi ulteriormente per gli speculatori. Non pretendiamo che Brunetta afferri tutto ciò, ma constatiamo che denunciando i "Britannia Boys", egli esprime un pensiero condiviso nel governo. Non basta per conquistare la fiducia del popolo italiano e di chi egli vorrebbe sganciare dalle "elites parassitarie". Occorre abbandonare il liberismo e sposare quelle tesi rooseveltiane e quella Nuova Bretton Woods di LaRouche che Brunetta ha finora osteggiato .

(MoviSol)

02 ottobre 2009

Tg1, la realtà deformata




Qualche numero essenziale, per capirci meglio. Nella campagna elettorale per le elezioni europee, secondo uno studio del Censis (9 giugno 2009), il 69,3 per cento degli elettori si è informato e ha scelto chi votare attraverso le notizie e i commenti dei telegiornali.

I tiggì sono il principale mezzo per orientare il voto soprattutto tra i meno istruiti (in questo caso, siamo al 76 per cento), i pensionati (78,7 per cento) e le casalinghe (74,1 per cento).

È necessario cominciare allora da questa scena. Più o meno sette italiani su dieci - che diventano otto su dieci tra chi è avanti con gli anni, è meno istruito o è donna che lavora in casa e per la famiglia - scrutano la vita, la realtà e il mondo dalla finestra aperta dai telegiornali - tra cui il Tg1 e il Tg5 - da soli - raccolgono e concentrano oltre il 60 per cento del pubblico. Nella cornice di questa finestra buona parte degli italiani matura emozioni, percezioni, paure, insicurezza, fiducia, ottimismo, consapevolezze, orienta o rafforza le sue opinioni. Che cosa vedono, o meglio che cosa gli mostra quella finestra? Nello spazio stretto, quasi indefinito, tra la realtà e la sua rappresentazione mediatica si possono fare molti giochetti sporchi. Per esempio, spaventare tutti con il fantasma di un'inarrestabile criminalità che ci minaccia sulla soglia di casa o eliminare ogni incubo cancellando ogni traccia di sangue e di crimine. Nel secondo semestre del 2007 (governa Romano Prodi), i sei tiggì maggiori dedicano a fatti criminali 3.500 cronache. Nel primo semestre di quest'anno (Berlusconi regnante) 2.000 (fonte, Osservatorio di Pavia, report "Sicurezza e Media", curato da Antonio Nozzoli). Stupefacente il tracollo di storie nere nel Tg5. Con Prodi a Palazzo Chigi, le cronache criminali sono 900 (secondo semestre 2007). Diventano con Berlusconi 400 (primo semestre 2009). Il Tg1 Rai non giunge a tanto. Le dimezza: da 600 a 300.

È un gioco sporco, facile anche da fare: ometti, sopprimi, trucchi la scena secondo le istruzioni politiche del momento. Più o meno, un gioco delle tre carte. Carta vince, carta perde. Il crimine c'è e ora non c'è più perché il governo lo ha sconfitto o ridimensionato. Se fosse necessaria una nuova stagione di paura e di odio, riapparirebbe nelle mani del sapiente cartaro. In questa tecnica di governo non è necessaria l'azione, l'agire, mettere in campo politiche pubbliche contro il crimine, di sostegno alle imprese e alla famiglie, di protezione sociale per chi perde il lavoro, per fare qualche esempio. È sufficiente comunicare che lo si sta facendo, che lo si è fatto, e magari gridare al "miracolo". Come per il terremoto dell'Aquila. Ogni settimana, il capo del governo si autocompiace per l'evento incredibile, prodigioso che ha realizzato. Ma è autentico "il miracolo di efficienza"? Se si stila una classifica dei tempi di assegnazione di "moduli abitativi provvisori" si scopre che a San Giuliano di Puglia, i primi 30 moduli furono consegnati a 82 giorni dal sisma, in Umbria a 98 giorni, finanche in Irpinia (dove ci furono 3000 morti e 300 mila sfollati) in 105 giorni mentre in Abruzzo i primi moduli sono stati attribuiti a Onna dopo 116 giorni. Non basta dunque il racconto di un fatto in sé per comprenderlo. Il fatto in sé diventa trasparente soltanto se si rendono accessibili e trasparenti i nessi, le relazioni, i conflitti che vi sono contenuti. Privato della sua trama, delle sue relazioni con il passato e con il futuro, il fatto deteriora a immagine, a spettacolo e dunque è vero perché il fatto è lì sotto i nostri occhi; al contempo, è falso perché è stato manipolato, ma in realtà è finto perché l'immaginazione vi gioca un ruolo essenziale e parlare di "miracolo" - non c'è dubbio - aiuta la fantasia.

Il capolavoro di questa tecnica di comunicazione che diventa disinformazione lo raggiunge, come si racconta a pagina 13, il Tg1 di Augusto Minzolini quando dà conto delle disavventure di Silvio Berlusconi alle prese con gli esiti di una vita disordinata che gli consiglia di candidare a responsabilità pubbliche le falene che ne allietano le notti. Il caso nasce politico: così si rinnovano le élites? Se ne accentua la politicità con l'intervento di Veronica Lario che rivela le debolezze e la vulnerabilità del premier. Berlusconi avverte che in ballo c'è la sua credibilità di presidente del Consiglio. Va in televisione a Porta a porta per spiegarsi. Gioca male la partita. Mente, si contraddice. Gliene si chiede conto. Farfuglia. Tace. Decide di rivolgersi a un giudice per vietare che gli si facciano anche delle domande. È l'ordito di un "caso" che diventa (a ragione) internazionale. Il Tg1 lo spoglia di ogni riferimento. Dà conto soltanto degli strepiti del Capo: "complotto", "trama eversiva". Si lascia galleggiare quest'accusa. Contro chi? Perché? Che cosa è accaduto? Non lo si dice. Appare la D'Addario. Ha trascorso una notte con il capo del governo, è stata candidata alle elezioni. È la conferma dell'interesse pubblico dell'affare, è la prova della ricattabilità di Berlusconi. Minzolini fa finta di niente. Cancella i rilievi dei vescovi; della figlia di Berlusconi, Barbara; l'attenzione della stampa internazionale. Spinge in un altro segmento del notiziario il destino del direttore dell'Avvenire, accoppato per vendetta dal giornale del Capo; i traffici di Gianpaolo Tarantini, il ruffiano di Palazzo Grazioli. Senza contesto e riferimenti, che cosa può comprendere quel 69,3 per cento di italiani che si informa soltanto attraverso le notizie del Tg? Nulla. Non comprenderà nulla e potrà bere come acqua di fonte che si tratta soltanto, come dice il direttore del Tg1, "dell'ultimo gossip". (I sondaggisti non sembrano curarsi di che cosa sappiano davvero dell'affare gli spettatori disinformati che interrogano).

Non siamo soltanto alle prese con una cattiva informazione o con un giornalismo di burocrati obbedienti. Abbiamo dinanzi un dispositivo di potere con una sua funzione psicologica determinante. Siamo assediati dal crimine o no? Devo avere paura o fiducia? All'Aquila c'è davvero un "miracolo" che presto toglierà dai guai tutti coloro che ne hanno bisogno? C'è "un complotto" che minaccia il premier o il premier ha combinato qualcosa che dovremmo sapere e che lui dovrebbe spiegare? Se - tra soppressioni, omissioni, menzogne - si abituano le persone a questa confusione inducendole a credere che nulla sia vero in se stesso e che ogni cosa può diventare vera o falsa per decisione dell'autorità e con l'obbedienza dei tiggì, si nientifica la realtà; si distrugge l'opinione pubblica; si sterilizza la coscienza delle cose; va a ramengo ogni spirito critico. È quel che accade oggi in Italia dove un unico soggetto pretende di detenere - con il potere - la verità, il diritto all'autocelebrazione, al racconto unidimensionale, ogni leva delle nostre emozioni e delle nostre esperienze. Oggi che si discute di che cosa deve essere il servizio pubblico, vale la pena ricordare che la libertà dell'informazione non è fine a se stessa, ma è solo un mezzo per proteggere un bene ancora più prezioso della libertà del giornalista: il diritto dei cittadini a essere informati.

di GIUSEPPE D'AVANZO


30 settembre 2009

Se Cina e Giappone non acquistano il debito: l'Armageddon



Gli Stati Uniti sono troppo dipendenti dall’acquisto da parte di Cina e Giappone del debito nazionale e potrebbero dover affrontare seri problemi economici se questo cessasse, ha detto al CNBC il fondatore e presidente della Tiger Management Julian Robertson.

“È quasi un Armageddon se i Giapponesi e i Cinesi non acquistano il nostro debito”, ha detto Robertson in un’intervista. “Non so dove potremmo trovare il denaro. Credo che ci siamo messi in una situazione terribile e credo che dovremmo provare ad uscirne”.

Robertson ha detto che l’inflazione è un grosso rischio se i paesi esteri dovessero smettere di acquistare le obbligazioni.



“Se i Cinesi e i Giapponesi smettessero di acquistare le nostre obbligazioni, potremmo facilmente vedere [l’inflazione] andare dal 15 al 20 per cento” ha detto. “La questione non è l’economia. La questione è chi ci presterà il denaro se non lo faranno loro. Immaginatevi se ci trovassimo nella situazione di essere totalmente dipendenti da questi due paesi. È pazzesco”.

[Julian Robertson, fondatore della Tiger Management]

Robertson ha detto che anche se non crede che i Cinesi smetteranno di acquistare le obbligazioni degli USA, i Giapponesi potrebbero essere eventualmente costretti a vendere parte delle loro obbligazioni a lungo termine.

“Questo è molto peggio che non acquistare”, ha detto. “L’altra questione è che stanno acquistando quasi esclusivamente il debito a breve scadenza. Ed è quello che stiamo offrendo, perché non possiamo vendere il debito a lungo termine. E si sa, la storia insegna che chi contrae prestiti a breve termine si scotta sul serio”.

L’unico modo di evitare il problema, ha detto, è di “crescere e lasciarci una vita d’uscita”.

“Gli Stati Uniti devono smettere di spendere, incominciare a risparmiare, ridurre e ridimensionare” ha detto Robertson “finché non succederà questo, non credo che saremo affatto fuori dai guai”.

Robertson non è ottimista per il breve termine.

“Ci aspetta una slittata piuttosto violenta” ha detto. “penso realmente che la recessione sia finita, almeno temporaneamente. Ma non abbiamo preso in considerazione così tanti dei nostri problemi e stiamo prendendo in prestito così tanto denaro che non potremo possibilmente ripagarlo se i Cinesi e i Giapponesi non acquisteranno le nostre obbligazioni.”
Fonte: http://cnbc.com/

28 settembre 2009

Come la FED comprò gli economisti di professione



Stando all'indagine pubblicata sull'Huffington Post, la Riserva Federale ha esercitato così sistematicamente il suo controllo sui principali quotidiani economici della nazione americana che tiene in pugno quasi completamente gli economisti accademici. Benché l'articolo non lo dica, la Riserva Federale ha copiato quel che i britannici hanno fatto in altri campi del sapere, tra i quali spicca il campo delle scienze fisiche, nelle quali è impossibile pubblicare un proprio lavoro e dunque avanzare nella propria carriera, senza omaggiare quelle anti-scientifiche figure di culto come Sir Isaac Newton.

L'articolo intitolato "Senza prezzo: come la Riserva Federale comprò gli economisti di professione" dimostra in modo conclusivo che essa controlla gli economisti accademici attraverso le relazioni intrattenute con i guardiani dell’editoria. L'esempio emblematico è dato dal Journal of Monetary Economics, la cui redazione è per oltre la metà composta da membri sul libro paga della Riserva Federale, mentre il resto lo fu in passato.

La rassegna condotta da un gruppo di sette emimenti giornalisti presso l'Huffington Post ha trovato che 84 dei 190 membri di quella redazione erano affiliati, in un modo o nell'altro, alla Riserva Federale. "Provate a pubblicare un articolo critico della Riserva Federale con un direttore che lavora per essa", scrive James Galbraith. Periodici e pubblicazioni simili determinano, a turno, quali economisti debbano essere sostenuti e quali idee siano da considerarsi degne di rispetto.

L'articolo riferisce come Galbraith, un critico della "Fed", abbia sperimentato direttamente l'influenza dell'istituzione sull'accademia. Insieme a Olivier Giovannoni e Ann Russo, ha trovato che nell'anno precedente ogni elezione presidenziale si assiste ad un inasprimento della politica monetaria da parte della Riserva Federale se il presidente del momento è un democratico, mentre si assiste ad un addolcimento della stessa politica se si tratta di un repubblicano. Gli effetti sono entrambi significativi. Nel 2008 essi proposero alla Review of Economics and Statistics un articolo contenenti i loro risultati, che fu rifiutato.

Galbraith aggiunge: "Il redattore assegnato ad esso [l'articolo] si rivelò essere stipendiato dalla Fed e ciò accadde dopo che io ebbi richiesto che esso [l'articolo] non fosse assegnato a qualcuno affiliato con la Fed".

L'Huffington Post ha passato in rassegna le testate American Journal of Economics, Journal of Economic Perspectives, Journal of Economic Literature, American Economic Journal: Applied Economics, American Economic Journal: Economic Policy, Journal of Political Economy e Journal of Monetary Economics. Il gruppo di giornalisti ha anche verificato i legami con la Riserva Federale delle 190 persone impiegate da queste riviste. Delle 84 anzidette affiliate con la Riserva Federale in un certo momento della loro carriera, 21 erano sul libro paga mentre fungevano da gatekeeper di quelle riviste. Della redazione del Journal of Monetary Economics ogni singolo membro è o è stato affiliato con la Riserva Federale, mentre 14 dei 36 membri della redazione sono al momento nel suo libro paga.

by movisol

27 settembre 2009

In-formazione


Che cos'è l'informazione? L'informazione, pur essendo trasmessa attraverso un medium materiale, tende a sconfinare in una dimensione quasi immateriale. Moltissimi testi spiegano che il segno è composto da due parti inscindibili, ossia il significato ed il significante. Quest'ultimo è definito generalmente come la parte materiale del segno, ma tale interpretazione è, a mio parere, errata poiché sebbene il significante (la forma del segno) sia veicolato da un substrato materiale, esso è, però, un'immagine acustica, grafica, olfattiva del segno, una sorta di eco della materia.

Si aggiunga che il significato è immateriale, coincidendo con il concetto, con l'idea e si capirà per quale motivo il messaggio all'interno di un sistema comunicativo sia qualcosa di quasi-incorporeo. A rendere l'informazione una realtà molto labile, contribuiscono fattori spaziali e temporali: si pensi ai segnali luminosi cosmici che percepiamo o con gli occhi o con strumenti tecnologici. Sono segnali che, viaggiando alla velocità della luce, ci raggiungono dopo un tempo lunghissimo in relazione alle distanze siderali: talora sono "informazioni" di astri che non esistono più. E' quindi un messaggio inattuale. Si aggiunga all'interno del sistema della comunicazione il ruolo del rumore, ossia il disturbo sulla trasmissione del messaggio. Si consideri pure la difficoltà di connettere il pensiero alle leggi di natura, giacché l'attività ideativa è manifestata per mezzo di mezzi fisici, ma non può essere spiegata in toto in termini di reazioni chimiche e di dinamiche biologiche. Ancora una volta, siamo in presenza di uno iato tra sfera noetica (pensiero, idee, coscienza) e sfera materiale.

In un interessante articolo intitolato Il tempo, l'infinito, l'anima, Alex Torinesi congettura che l'anima sia il principio generatore dello spazio-tempo: l'autore concepisce l'anima come "pura informazione", nel senso, però, non tanto di trasmissione di un messaggio, ma di formazione delle coordinate spazio-temporali e della materia che ad esse soggiace. L'informazione è quindi, quasi aristotelicamente, forma. Tale forma genera la materia per evolvere nello spazio-tempo. La tesi dello studioso si può condividere o rifiutare in parte o del tutto, ma è degno di nota che l'autore colga il lato produttivo dell'informazione, non semplice segnale diffuso nello spazio-tempo, grazie ad un medium energetico (onde elettromagnetiche in primis). Forse potremmo accostare, consapevoli che è una metafora, ma la metafora non è solo una figura retorica, piuttosto il cuore del linguaggio, il concetto all'anima ed il significante (suono, lettere del segno) alla mente che, per esprimere idee, ha bisogno di un quid energetico (segnali bio-chimici). Tale modello interpretativo rispecchia la teoria di Torinesi sulla genesi della dimensione cronotopica per opera dell'anima.

La psicologia, le neuroscienze, la filosofia, la fisica quantistica... nei prossimi anni potranno forse riempire il vuoto concettuale che divide mente e materia, se si supereranno banali e riduttivi approcci scientisti.
by Zret

21 settembre 2009

Influenza suina: Garattini, su vaccino pressione delle aziende

Influenza A
Garattini: la vaccinazione al momento non è necessaria
ROMA - Lo dice senza mezzi termini il farmacologo Silvio Garattini: se il virus A/H1N1 della nuova influenza non muterà, acquisendo dunque una maggiore virulenza rispetto allo stato attuale, la vaccinazione di massa annunciata dal governo italiano e da quelli di molti altri paesi "non è necessaria". Una corsa al vaccino, quella determinatasi nelle ultime settimane - mentre i vari colossi farmaceutici impegnati nella produzione si preparano ad avviare la sperimentazione clinica sull'uomo da agosto - che Garattini considera quanto meno eccessiva. Tutto si basa, dice in una intervista all'ANSA, su "ipotesi, di cui non si sa se siano vere o meno".

Perplessità, dunque, sulla reale opportunità ed efficacia dei piani di vaccinazione di massa. Ma non solo. Dietro quella che l'esperto definisce, appunto, una "corsa", si cela altro. Si celano, afferma, enormi interessi economici. Ed anche questo Garattini lo dice in modo chiaro: "Al momento c'é, certamente, una grande pressione da parte delle industrie, che da tale corsa trarranno molte risorse economiche". Un'opinione fuori dal coro, quella del direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, che invita anche a un'ulteriore riflessione: l'attenzione è tutta sulla nuova influenza e "si dimenticano - denuncia - le altre tragedie sanitarie in atto" come l'Aids e la malaria.

- C'E' ALLARMISMO, QUESTO E' UN VIRUS MITE - Il virus A/H1N1, ha spiegato Garattini già nelle scorse settimane, "ha una virulenza mite. Bisogna informare, ma il pericolo - sostiene - é per quelli che vengono dalle zone colpite". Quanto ai farmaci antivirali da utilizzarsi in caso di contagio, come il Tamiflu, Garattini rileva che "in realtà l'attività del farmaco è poca. Nell'influenza normale si risparmia un giorno di malattia su cinque o sei. Però - avverte - ci sono effetti collaterali. Non è che si faccia un grande affare a prenderlo".

- SE VIRUS NON MUTA VACCINAZIONE DI MASSA NON SERVE - Se il virus A/H1N1 manterrà il livello di virulenza attuale con la bassa aggressività clinica sinora registrata, "non c'é la necessità di vaccinare tutta la popolazione" ma, afferma l'esperto, "sarebbe piuttosto opportuno valutare l'ipotesi di vaccinare solo gli operatori sanitari".

- L'OMBRA DEGLI INTERESSI DELLE AZIENDE - "Certamente - ha detto Garattini - c'é una grande pressione da parte dell'industria, che ne trarrà molte risorse economiche". Infatti, "solo fra alcuni mesi si potrà vedere se è veramente necessario questo quantitativo di vaccino in produzione oppure no. Ma se il virus rimane quello che è al momento, allora non ci sarà bisogno di vaccinazioni di massa".

- ANCHE SE VIRUS MUTASSE NON E' DETTO VACCINO FUNZIONI - Se invece il virus dovesse mutare, ha avvertito Garattini, "non è detto che il vaccino in produzione sia in grado di proteggere". Dunque, "realisticamente - ha commentato - quello che andrebbe fatto in questo momento è cercare di diminuire le possibilità di infezione, controllando le frontiere e invitando la gente ad evitare luoghi a rischio e affollati e ad adottare strette misure igieniche".

- SI DIMENTICANO TRAGEDIE VERE - Il punto, avverte, "é che si sta focalizzando l'attenzione solo sulla nuova influenza, dimenticando le altre emergenze sanitarie in atto, a partire dall'Aids". Al momento, ha concluso Garattini, "non siamo di fronte a un reale pericolo e il numero di contagio da virus A/H1N1 nel mondo, sebbene in crescita, resta comunque inferiore a quello relativo a una normale influenza stagionale".

by Terranauta

20 settembre 2009

Alchimia

Nel mondo profano, quando si parla di Alchimia, spesso si va con il pensiero ad evocare personaggi illustri di epoche passate che operavano segretamente in luoghi bui e nascosti, pieni di fumo, di fuochi ed alambicchi, personaggi che, per la loro dedizione alla Magia e spesso alla stesura di indecifrabili testi alchemici, sono stati avvolti in un aura di mistero che spesso sconfinava nella leggenda o addirittura nel mito.

Laboratorio alchemico

E’ l’esempio di alchimisti della caratura di Nicolas Flamel, Paracelso, Basilio Valentino, Raimondo Lullo, Cornelio Agrippa, Giordano Bruno, John Dee, William Blake, Cagliostro, Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Fulcanelli, di donne alchimiste come Maria la profetessa, Ipazia d'Alessandria, Maria Cristina di Svezia e tantissimi altri ancora.

Moltissimi, per secoli, come la stessa Chiesa, hanno creduto che tali personaggi avessero, per certi versi, trovato la “formula magica” del potere sulla Natura e dell’eterna giovinezza, attraverso un patto col diavolo, credendo che l’Alchimia fosse legata a qualcosa di estremamente oscuro, arcano e di dubbia provenienza.

Quanti furono, infatti, gli alchimisti, uomini e donne, bruciati sui roghi dell’Inquisizione!

Ma ,ancora oggi, sono pochi quelli che sanno realmente di cosa realmente si tratti.

Quasi tutti credono che quest’Arte sia solamente legata alla “metallurgia”, al mito della trasformazione dei metalli vili in oro.

Alla scoperta di una pietra magica, la pietra filosofale, attraverso la quale tutto è possibile.

Credono che il fine di tutto questo si riduca all’esercizio di un potere magico destinato all’arricchimento materiale.

Testo alchemico del 1649

Ma in effetti è tutto il contrario.

L’Alchimia parte dalla Materia per arrivare allo Spirito, parte dall’Oscurità per arrivare alla Luce, parte dall’Uomo per arrivare a Dio.

L’Alchimia è la Via dell’Uomo che percorre e ripercorre il sentiero di se stesso, attraversando il proprio sangue e la propria anima, rettificandola attraverso il sacrificio del proprio principio vitale, liberandola dal giogo del “drago” attraverso la lancia della volontà e l’amore del ritmo.

L’Alchimia è la conoscenza diretta dell’Essere Uomo, la riscoperta del proprio corpo come laboratorio di vita, la consapevolezza di riconoscere in se stessi la chiave attraverso cui si aprono le porte del Cielo, il ponte attraverso il quale l’Uno abbraccia il molteplice e si rispecchia in esso.

L’Alchimia è la Riconciliazione con il proprio corpo, con la propria origine divina, con la Natura che lo compone, che da Matrigna torna ad essere Madre e Matrice di ogni cosa.

E’ difficile pensare a quanto grande sia il potere racchiuso all’interno del nostro corpo, a quante possibilità possa esso esprimere per la realizzazione della “Grande Opera”, la manifestazione del Cristo Trasfigurato nel corpo di Luce e di Gloria.

Eppure tutto questo è possibile. Possibile grazie alla profonda conoscenza di ciò che siamo.

Uomo conosci te stesso, e conoscerai l'universo e gli Dei”: così citava il motto inciso sopra l’ingresso dell’oracolo di Delfi.

E questa è tutta la Verità.

Abbiamo parlato in precedenza di laboratori, di alambicchi e di fuochi, ebbene, dove si trovano tutti questi elementi?

Nel nostro corpo, microcosmo del Creato.

E’ da qui che dobbiamo partire: da ciò che ci è più vicino, da ciò che noi siamo, dall’unico elemento con cui possiamo intimamente confrontarci: la nostra natura umana. Fisica, psichica e spirituale.

Ci si può chiedere: “Come può un essere così “limitato”, pieno di fragilità, di condizionamenti e contraddizioni divenire ed essere la “chiave di volta” del cambiamento?"

Può esserlo nel momento in cui è collegato alla Sorgente Universale e fruisce da questa la Forza e la Potenza per esprimerne il progetto.

Ma perché tutto ciò si realizzi è necessario creare il luogo perché questa stessa Forza sia in grado di abitarvi.

Per questo il “Tempio” va preparato, per accogliere lo Spirito.

Uomo microcosmo misura del macrocosmo

La Natura volgare e rozza della materia che ci compone perirebbe al solo contatto con questa Forza se non venisse sublimata e “purificata” dalle basse vibrazioni in cui è immersa.

Tutto ciò è possibile attraverso un lungo e lento processo di trasformazione e di elevazione vibratoria che comporta un adeguata modifica delle informazioni genetiche riposte nel nostro DNA.

L’elevazione spirituale passa quindi attraverso un “adeguamento” materiale alle alte frequenze della Luce che il corpo fisico dovrà ospitare.

Dobbiamo renderci conto che l’Uomo è un essere in evoluzione e che quello che ora siamo è soltanto una fase transitoria di ciò che diventeremo.

E’ interessante scoprire quanta bellezza vi sia all’interno del nostro “laboratorio” fisico.

Una macchina che rasenta la perfezione. Un sistema talmente sofisticato da non poter fare a meno di credere all’origine di una “Mente Eterna” matrice di tale perfezione.

A volte basta soltanto adottare la legge ermetica per eccellenza: “come è in alto così è in basso…” per scoprire i segreti inimmaginabili che abbiamo sempre dinanzi ai nostri occhi.

Ultimamente sono stato attratto da qualcosa che fino ad oggi non avevo mai considerato. Qualcosa che, approfondendo l’argomento, ha suscitato in me tanta meraviglia e stupore: le ghiandole endocrine.!

Le ghiandole endocrine

Mai avrei creduto all’importanza esoterica di queste ghiandole.

Ma andiamo a guardarle più da vicino.

Le ghiandole endocrine nell’essere umano sono fondamentalmente sette.

Sette come i Chakra , sette come i sigilli del libro dell’Apocalisse, sette come le Chiese e sette come colori dell’iride, effetto della scomposizione della Luce.

Ma tornando all’Alchimia sono sette anche i metalli, i pianeti, i vizi e le virtù!

E tutto ciò non è un caso.

Queste ghiandole sono, in effetti, importantissime poiché sono quelle che regolano la nostra vita dalla nascita alla morte attraverso la produzione di ormoni.

Ed è qui che il velo si squarcia!

Cosa sono gli ormoni?

Questa è la loro classificazione scientifica:”…Un ormone (dalla lingua greca όρμάω - "mettere in movimento") è un messaggero chimico che trasmette segnali da una cellula(o un gruppo di cellule) ad un'altra cellula (o altro gruppo di cellule). Tale sostanza è prodotta da un organismo con il compito di modularne il metabolismo. Gli ormoni sono prodotti da ghiandole endocrine, che li riversano nei liquidi corporei.Ogni ormone raggiunge attraverso il sangue tutti i punti dell'organismo, ma ha poi azione solo sulle cellule dotate di opportuni ricettori”.

Cosa ancora più interessante è l’accostamento di ogni ghiandola al flusso energetico delle “ruote” Chakras, che, come sappiamo, svolgono un’azione di regolazione in entrata e in uscita dal corpo del flusso energetico, dal micro al macrocosmo e viceversa.

Questi centri, in poche parole, sono le stesse “porte” o sigilli di cui si parla nel libro dell’Apocalisse di san Giovanni e sono delle autentiche ruote che, a seconda del loro movimento, centrifugo o centripeto, regolano le comunicazioni sottili tra la Sorgente e la Manifestazione.

E’ quindi fondamentale conoscerne il funzionamento e agire con metodo affinché se ne possano sfruttare le qualità.
Le sette ghiandole si classificano in:

  • Gonadi divise in testicoli (maschili) e ovaie (femminili), corrispondenti al Chakra basale detto “Muladhara”, colore rosso.
  • Ghiandole Surrenali corrispondenti al Chakra sacrale detto “Svadhisthana”, colore arancione.
  • Pancreas (isole di Lanngherans) corrispondente al Chakra del plesso solare detto “Manipura”, colore giallo.
  • Timo corrispondente al Chakra del plesso cardiaco detto “Anahata”, colore verde.
  • Tiroide e Paratiroidi corrispondenti al Chakra del plesso faringeo detto “Visuddha”, colore blu.
  • Pituitaria (Ipofisi) corrispondente al Chakra frontale detto “Ajna”, colore viola.
  • Pineale (Epifisi) corrispondente al Chakra coronale detto “Sahasrara”, colore indaco.

Ognuno di questi centri secernano ormoni differenti che, come abbiamo detto, vengono liberati nel sangue e, attraversando tutto il corpo, raggiungono la destinazione aderendo alle cellule “ricettori”.

Corrispondenze tra ghiandole, influenze planetarie e chakras

E’ affascinante il compito di questi “Messaggeri” che portano informazioni continue a tutto il corpo rendendo possibile la vita stessa dell’intero organismo.

Il sistema ormonale, a differenza di quello neurovegetativo, agisce con velocità e modalità diverse.

Mentre il secondo agisce in maniera diretta sulle cellule, in modo ravvicinato e ad alta velocità, il primo agisce a distanza e molto più lentamente e, a seconda della qualità della cellula “ricettore”, può provocare effetti diversi, a volte anche di tipo opposto.

Ma non voglio dilungarmi sul carattere scientifico della questione, ma addentrarmi nell’aspetto esoterico ed alchemico.

Quando mi addentrai nel mondo dei “centri ormonali” fui colpito subito dall’etimologia del nome “ormone” che come abbiamo detto significa “mettere in movimento”.

Ebbene mi colpì anche il termine scientifico con cui era descritto: “….messaggero chimico”!

Immediato fu il richiamo a qualcosa che è nell’anima dell’Apocalisse di Giovanni: la realizzazione del progetto e l’apertura del Libro della Vita attraverso lo scioglimento dei sette sigilli per mano di sette Angeli attraverso il suono di sette trombe!

Il libro dei Sette Sigilli

Ma gli angeli cosa sono se non Messaggeri? Come ci dice l'etimologia del nome.

A questo punto è naturale la trasposizione tra la visione macrocosmica a quella microcosmica come ci insegna Ermete Trismegisto nella Tavola Smeraldina.

Abbiamo anche detto che a queste sette ghiandole corrispondono anche le sette porte, Chakras, attraverso cui avviene la fruizione in entrata dell’energia cosmica dalla Sorgente all’uomo.

E’ chiaro, quindi, per conseguenza, che l’informazione vitale portata dagli ormoni all’interno di tutto il corpo proviene direttamente dalla Sorgente e attraverso il sangue è destinata alle cellule che gli competono.

Attraverso la Scienza sappiamo anche che gli ormoni sono composti da atomi di carbonio e che questi variano nel numero a seconda del tipo ormonale , tra i più noti il testosterone, 19 atomi di carbonio, prodotto in maggior parte dal testicolo, e il progesterone, 21 atomi di carbonio, prodotto dalle ovaie e dalla placenta.

Quello che stimola il mio pensiero è che il carbonio è anche il componente atomico del diamante, prodotto “trasmutato”del carbone o grafite.

E’ affascinante a questo punto credere che dal nero e oscuro carbone possa crearsi il più splendido, cristallino e luminoso diamante!

Come dalla Terra più Nera, in Alchimia, si ricava la Luce!

Non a caso il “Corpo di Luce “è anche chiamato “Corpo di Diamante”!

Ma andando oltre, altra differenza tra il carbone/grafite e il diamante risiede nella struttura atomico molecolare.

Carbone/grafite e diamante

Infatti, mentre il carbone ha una struttura a reticolo esagonale, che gli conferisce la qualità di minerale più fragile in Natura, il diamante è dotato di una struttura atomica “tetraedrica” che, in poche parole, corrisponde alla forma piramidale, forma che gli conferisce la durezza e resistenza maggiore rispetto a qualsiasi minerale!

Da qui la spiegazione della forma della Grande Piramide, luogo dedicato alla Trasformazione dell’uomo in Dio!

Tutto ciò è straordinario se si pensa che il passaggio da carbone a diamante avviene proprio grazie a condizioni estreme di pressione e di calore.

Non a caso l’Alchimia si fonda sul lavoro del Fuoco, o meglio dei Fuochi Sacri.

Ma il lavoro del Fuoco è accompagnato da quello sul ritmo che, lavorando in attrito con le Forze planetarie, genera “pressione”.

In breve, abbiamo tutti gli ingredienti per trasformare il “Carbone” in “Diamante”.

La velocità di azione dell’ormone, messaggero chimico, abbiamo costatato che è piuttosto lenta, rispetto all’azione neurovegetativa.

Tale azione a volte può impiegare anche più di 24 ore perché si realizzi.

L'azione ritmata del lavoro alchemico rappresentato nella XIV lama dei Tarocchi

Questa modalità temporale è un altro richiamo al sistema operativo alchemico che, nella maggior parte dei casi, si serve della modulazione del ritmo e del tempo per regolare le “tempeste ormonali”.

Gli ormoni, nel momento in cui entrano in circolo, soprattutto tra le donne, sono spesso motivo di alterazioni emotive, che a seconda dei casi sono causa di ricettività estrema, fungendo da veri e propri potenziatori di “antenne”.

E’ chiaro che appropriarsi di tale qualità, gestendone il potere, può soltanto che far evolvere bio-tecnologicamente il proprio corpo, avendo la possibilità di captare appieno e in maniera più sensibile, tutte le informazioni provenienti dalla Sorgente Universale, accelerando così il processo evolutivo.

Tutto ciò fa supporre che attraverso un lavoro adeguato sul fisico, legato agli ormoni, Messaggeri della Sorgente, è possibile trasformare la Materia su cui essi vanno ad aderire.

E’ chiaro che il lavoro è piuttosto arduo, ma non impossibile!

Come detto, ormone viene dal verbo greco “όρμάω” e significa mettere in movimento.

Non è un caso, trasposto sul piano esoterico, che l’azione di un “Messaggero” è quasi sempre all’origine di un grande cambiamento.

La Bibbia è piena di episodi che lo testimoniano.

Basti pensare all’Annunciazione di Maria ad opera del’Arcangelo Gabriele.

L'annunciazione dell'arcangelo Gabriele a Maria

Da quel fatto si mise in moto tutto il processo epocale che porterà alla nascita di Gesù, colui che ha manifestato il Cristo.

Come anche nell’Apocalisse, ogni volta che uno dei sette Angeli scioglie uno dei sette sigilli innesca un processo che porterà, alla fine, al compimento dell’Opera.

Così, nel corpo umano, l’ormone prodotto dalla ghiandola, stimolata dalla vibrazione cosmica attraverso il Chakra corrispondente, si getta nel flusso sanguigno e attraverso di esso arriva a destinazione “annunciando” la nuova “nascita” e produzione di elementi finalizzati alla Vita del corpo.

Quello che però comporta il vero cambiamento, come sopra citato, è l’azione di sintesi dello stesso ormone attraverso il convogliamento di questo all’interno dell’Athanor.

Questo è il luogo vero e proprio della trasformazione, dove, attraverso l’azione del fuoco sacro e del ritmo, il messaggero chimico diventa alchemico, sublimando l’informazione ormonale, portandola ad un livello e frequenza più alti, modificandone l’informazione che nel tempo andrà a riprogrammare il DNA, accelerando la frequenza vibratoria degli atomi che, aumentando in pressione e calore, genereranno, dal corpo materiale denso, un corpo materiale di Luce che permetterà all’Uomo di fare il salto quantico per “abitare” nuove dimensioni, diventando lui stesso “Messaggero” della Sorgente.

by Eleazar