08 maggio 2011

11 settembre : Risposta a Vittorio Zucconi





Egregio dott. Zucconi, chi le scrive è un privato cittadino, membro del Movimento per la Verità sull'Undici Settembre e studioso di comunicazione, in special modo di propaganda e tecniche di soppressione dell'informazione. Trovo che il suo recente articolo, ”Il processo impossibile”, ben coniughi i più grossolani trucchi della propaganda applicata al tema che mi è caro, e vorrei quindi commentare le domande che lei pone. Cito dal suo articolo:

Leggo che anche Massimo D’Alema, già premier italiano quando bombardammo la Jugoslavia ammazzando senza processi e sentenze, avrebbe preferito un Osama catturato e processato. Tesi che molti, e alcuni anche in buona fede, sostengono, trasversalmente ai partiti e alle opinioni. Proviamo a guardarla un po’ più a fondo con alcune domande:

Interessante come inizio, non c'è che dire. Un velato uso della "colpa per associazione": chi la pensa come D'Alema su questo argomento in fin dei conti o giustifica anche il bombardamento della Jugoslavia oppure è ipocrita quanto lui. Però c'è anche chi sbaglia in buona fede, bontà sua. Grazie. Da pacifista le posso dire che due torti non fanno una ragione, si può essere contrari al bombardamento prima e alle esecuzioni sommarie adesso. E grazie ancora, preferisco eventualmente sbagliare in libertà che dovermi allineare al pensiero di un partito o dell'opinione dominante, perché la mia opinione nasce dai fatti, che come vedremo nel prosieguo sono il grande assente dal suo articolo. Opinioni, giudizi, di quelli invece ce ne sono tanti, mancano proprio solo i fatti.

1) Processo dove? Quale tribunale in quale nazione avrebbe avuto giurisdizione su di lui, visto che i crimini dei quali è imputata al Quaeda hanno colpito dozzine di Paesi in ogni continente? Forse che i morti a New York avrebbero dovuto avere precedenza sui morti in Kenya, in Marocco, in Tanzania, in Inghilterra, a Madrid ecc ecc? Non avremmo subito gridato ai “morti americani” che contano più degli altri? O avremmo portato in giro per il mondo, come un orrendo “Osama’s Traveling Circus” Osama e i suoi avvocati?

Partiamo con un argomento collaterale e poco interessante: davvero Osama andava ucciso perchè non avremmo saputo dove processarlo?...

Mi sembra davvero una baggianata, ma allora perchè ha introdotto questo argomento? Ah, si legge dopo: siccome la scelta più logica resta comunque quella degli Stati Uniti ha voluto tentare un "processo alle intenzioni", cioè sottintendere che chi contesta la sua personale posizione sarebbe comunque emerso con un becero anti-americanismo. Vabbè, la risposta rimane comunque "negli USA".

2) Quale governo, o governatore di stato nel caso degli Usa (l’11 settembre colpì New York, la Virgina e la Pennsylvania) avrebbe accettato l’incubo di un processo e di una detenzione che avrebbe molto probabilmente prodotto azioni terroristiche per chiedere la liberazione del “profeta”? Come avremmo reagito se qualche gruppo jihadista avesse catturato un autobus pieno di scolaretti minacciando di sgozzarli tutti uno per volta con web cam per Internet se Osama non fosse stato liberato? Ci siamo già dimenticati gli anni delle BR, dei ricatti con lettere e comunicati ai giornali, che pure al confronto di al Quaeda erano boy scout?

Temo che qui abbia calcato un pò troppo la mano: va bene il riferimento all'età dell'innocente infanzia, e che struggevoli le immagini di questi scolaretti vittime della malasorte e di questo mondo crudele, però così esagera e rischia di perdere il punto. Anzi, i due punti, perchè l'argomento le serve sia per riaffermare implicitamente che Osama Bin Laden è comunque colpevole di tutto quanto gli viene ascritto, e solo secondariamente per parlare di rappresaglie.

Ma stiamo al gioco, immaginiamo Al-Qaeda come l'organizzazione spietata ed efficente che lei ci descrive, roba che al confronto le BR erano boy scout: perchè allora questo genere di attacchi non è mai avvenuto durante questi anni di imprigionamento (e di tortura!) di colui che le autorità ci indicano come il VERO ideatore dell'11 settembre, cioè Khalid Shaykh Muhammad? Si ricorda, è l'indiziato prigioniero a Guantanamo che presto dovrà andare a processo, quello che la CIA ha sottoposto a waterboarding e che ha confessato praticamente tutti i crimini dell'ultimo ventennio. L'ideatore dell'11 settembre, dicono le autorità, ce l'avevamo già, e grazie al cielo niente di quanto lei descrive è mai successo.

3) Con quale procedura? Militare (corti marziali) o civile? Se militare, avremmo parlato di processo sommario, di “kangaroo court”, di giustizia da Far West, trovate un ramo alto e una corda. Se civile, l’imputato avrebbe avuto diritto, come qualsiasi uxoricida, rapinatore, serial killer, alle piene e totali garanzie offerte alla difesa. Non ci sarebbe stata scarsità di avvocati disposti a rappresentarlo affermando – come è giusto – che ogni imputato deve essere difeso nella pienezza del codice. Altrimenti perchè fargli un processo, se è soltanto una farsa come quella contro Saddam Hussein in Iraq?

Di nuovo, delle due opzioni la prima è introdotta unicamente per fare un nuovo "processo alle intenzioni": malfidati noi che avremmo parlato di processo sommario, non chiediamoci se la cosa sarebbe stata vera oppure no, l'importante è insinuare che chi non la pensa come lei si sarebbe lamentato; ma se la prima opzione è volutamente scorretta, la seconda è addirittura risibile: "perchè fargli un processo" quando Zucconi dice che è colpevole? Beh, la stupirò, forse perchè salterebbe fuori che ci sono più cose in cielo e in terra di quanta ne contempli la sua filosofia, compresa la possibilità che lei si sbagli e che lui fosse innocente. Ma vedo che il processo c'è già stato, nello schermo del televisore e di rimando nella sua mente, l'imputato è colpevole e questo è quanto.

4) Per quali reati specifici? Come sappiamo da Norimberga in poi, dimostrare “oltre ogni ragionevole dubbio” il reato di crimini contro l’umanità è difficilissimo e gli esiti sono spesso contraddittori. il Feldmaresciallo Keitel, un militare che sosteneva di avere fatto soltanto il proprio dovere agli ordini del capo dello stato, fu impiccato. Albert Speer, architetto e civile, senza il quale la macchina bellica del Reich si sarebbe inceppata e i Keitel non avrebbe avuto gli strumenti per compiere i loro crimini, se la cavò.

Non mi dilungherò, stiamo comunque parlando del comandante in capo, quindi anche la sua ulteriore obiezione va a cadere: non si può certo invocare l'ignoranza se si è l'Hitler della situazione. Ma tant'è, la logica oggi era in vacanza.

5) Avremmo dovuto usare testimonianze estorte con la tortura? No, perchè ogni tribunale civile vero le avrebbe considerate inammissibili. Pentiti? Ma non ci stanno disperatamente spiegando che i pentiti sono inattendibili? Saremmo ricaduti nella comoda trappola del “mandante morale” che tanti guasti ha fatto anche in Italia?

Ecco, è questo il punto più abietto dell'intero articolo: "Avremmo dovuto usare testimonianze estorte con la tortura? No, perchè ogni tribunale civile vero le avrebbe considerate inammissibili." Ma pensa un po', quanta stupida ostilità proviene da questi tribunali civili. E qui finisce il suo ragionamento: la tortura, il punto più basso raggiunto dalla civiltà umana, viene sdoganata con una tale leggerezza che mi vergogno di avere un dialogo con lei. Mi creda, sul serio: mi vergogno io per lei.

6) Con quale durata? Nessuno, nelle civiltà giuridiche serie, può fissare limiti temporali per un processo, che si svolge secondo i propri ritmi non in base a scadenze arbitrarie fissate con maggioranza parlamentari, come si vuol fare in Italia. Sarebbero stati necessari anni, sicuramente. Istruire e condurre un processo a un personaggio accusato di avere creato e diretto una struttura che ha patrocinato, ideato, organizzato, finanziato atti criminali per decenni in tutto il mondo non è il processo Bunga Bunga e neppure il caso Framzoni. Con quanti testimoni, per l’accusa e la difesa? Migliaia? Diecine di migliaia? A quali costi?

Capisco. Visti i tempi e i costi meglio derogare in toto la macchina della giustizia, come fecero ad esempio con Galileo. Erano in tanti, la pensavano diversamente, Galileo aveva dalla sua i fatti e la ragione, ma a quell'epoca non c'era bisogno di inventarsi scuse becere come tempi e costi per giustiziare un indiziato, si faceva e basta.

Mi perdoni se lo sottolineo: tra i motivi per cui è stato meglio uccidere Osama Bin Laden piuttosto che catturarlo lei ha messo i tempi e i costi del processo.

6) Come avrebbe usato quel pulpito l’accusato? Avrebbe sputtanato l’America, dicono i complottisti, ricordando a tutti di essere stato anche una creatura dei servizi Usa in funzione anti Urss negli anni 70 e 80 e i rapporti che la sua famiglia (non lui, come si blatera in rete) ebbe con i Bush e con altri pezzi da 90 euroamericani. Certamente lo avrebbe fatto, arricchendo la narrazione di prediche, profezie, balle, citazioni sacre, sceneggiate diretti a quel mondo mussulmano che lo stava già abbandonando da tempo, per rinfocolare il proselitismo. Ah ha, molti diranno, ecco la coda di paglia dell’Occidente. Piccolo pro memoria: in guerra, fredda o calda che sia, si formano sempre strane e sordide alleanze per sconfiggere il nemico comune (i nemici dei miei nemici sono i miei amici). Abbiamo già dimenticato che per abbattare Hitler e Mussolini, le democrazie occidentali si allearono con, e rifornirono di armi e soldi, uno dei peggiori criminali di massa della storia, tale Stalin, senza il quale sconfiggere i nazifascisti sarebbe stato molto più duro, se non impossibile?

"Come avrebbe usato quel pulpito l’accusato?" Grazie per le opzioni, ma magari, cosa ben più rischiosa, l'imputato avrebbe utilizzato il tempo a sua disposizione per difendersi! Ad esempio per spiegare che i grattacieli in fiamme non crollano su se stessi in caduta libera sbriciolandosi in polvere finissima, o che non è credibile che quattro aerei di linea possano eludere la più sofisticata difesa aerea del pianeta per più di due ore, oppure per portare a conoscenza della gente comune una qualsiasi delle dozzine di argomentazioni con le quali noi del 9/11 Truth Movement abbiamo dimostrato che la versione ufficiale è falsa.

Il rischio, quando fai parlare una persona, è che non dica quello che ti aspetti tu. Un morto invece non ti disturba più.

7) Con quale pena? La forca? La siringa? La fucilazione? Certamente, ma soltanto se fosse stata dimostrata la sua colpevolezza perchè la colpa, nella nostra civiltà giuridica che non è quella tagliata con l’accetta del fallacismo islamofobo, il “siete tutti assassini”, è sempre individuale. Vi immaginate che cosa sarebbe accaduto se fra cinque, dieci, quindici anni, esauriti tutti gli appelli e i ricorsi ai quali avrebbe avuto pieno diritto, Osama bin Laden fosse stato condotto in un penitenziario (di nuovo: dove?) per l’esecuzione? Riuscite a concepire il circo tele-inter-giornalistico che – lo so per esperienza di casi ben più piccoli – sarebbe scoppiato nel mondo intero?

E vi immaginate che cosa sarebbe accaduto se in cinque, dieci, o quindici giorni di dibattimento, posti di fronte al mare di prove che lo scagionano, fosse stato dichiarato non colpevole e la folla inferocita avesse capito quale menzogna ci è stata spacciata a proposito dell'undici settembre?

Comunque mi fido del suo ulteriore argomento: Bin Laden è stato ucciso anche per evitarci il circo mediatico. Davvero gentili, questi Navy Seals.

8) Vi pare che la dirigenza politica degli Usa, da Obama in giù, non abbia considerato e valutato la possibilità di catturarlo vivo, riflettuto se sarebbe stato meglio, anche propagandisticamente (quella del terrorismo è una guerra ideologica, prima che armata) esibirlo in catene come il King Kong del Barnum?

Quindi, ci dice lei, se ancora a questo punto non vi ho convinto con i miei argomenti, derogate la vostra capacità di giudizio a quello delle autorità rappresentate dalla dirigenza USA da Obama in giù. Loro sanno cos'è meglio, fidatevi, a dispetto della vostra visione limitata.

La mia personale conclusione è, avendo assistito ad abbastanza “processi del secolo”, purtroppo, dico purtroppo perchè aborro la legge del taglione, che non esistevano alternative reali all’esecuzione sommaria sul posto. Una volta individuato il covo di Osama e avuta la certezza che lui era nascosto lì, il solo finale possibile era il colpo in testa.

Sì, capisco, lo condanna non l'insieme delle prove ma il numero di persone che lo ritengono colpevole. Si figuri Zucconi, se io per ipotesi la ritenessi responsabile della Strage di Bologna, in quanti dobbiamo essere a pensarla così per poter “saltare” il processo? In quanti per poterla venire a prelevare a casa sua, per poterla torturare a norma di legge fino alla sua spontanea confessione? In quanti infine per poter saltare tutta questa inutile "burocrazia" e mandare direttamente i sicari dello stato a casa sua?

Si figuri, è solo una provocazione ovviamente, sono un obiettore non violento e pacifista. Però non credo che una condanna emessa dai mass media si possa anche solo lontanamente equiparare a quella di un tribunale.

Se poi un giorno volesse confrontarsi sui fatti concreti, e non sulle parole vuote, qui c’è un intero sito che rimane naturalmente a sua disposizione.

di Riccardo Pizzirani (Sertes)

07 maggio 2011

Il doppio gioco: il Giornale

Non è divertente, ma solo ridicolo. I bizzarri attacchi all'irriducibile Primo ministro Silvio Berlusconi sono sconfinati in un attacco ancora più bizzarro alla mia persona tramite il quotidiano Il Giornale . Prima, c'è stato l'attacco del quotidiano di Berlusconi al ministro Giulio Tremonti, condotto per mezzo dell'intervista a Giancarlo Galan; questo è proseguito con un blocco di quattro foto di eguale dimensione di Jean-Baptist Colbert, Alexander Hamilton, John Maynard Keynes e me stesso quali ispiratori del ministro Tremonti; ovviamente, io sono l'unico membro vivente del quartetto, che quindi si presta come bersaglio politico contemporaneo.

Questi fatti riguardanti le recenti vicende della politica italiana non hanno in sé un significato storico rilevante. Però, il comportamento scandaloso de Il Giornale nella faccenda è importante in quanto indica il rischio di una reazione a catena, un collasso del sistema dell'"Euro" e di altre importanti economie nazionali esterne al Regno Unito, orchestrato dai britannici. L'attenzione speciale che Il Giornale mi ha dedicato la scorsa settimana ci dice più sullo stato d'animo a Londra che alcunché sulle nazioni dell'Europa continentale stessa.

Per quanto riguarda il caso del ministro Giulio Tremonti, egli è per me una conoscenza con cui mi capita di condividere alcuni significativi interessi intellettuali, come dimostra il suo collaudato ruolo di autorevole figura intellettuale di rara e considerevole competenza nello stato di panico quasi terminale che avvinghia le nazioni dell'Europa continentale in questo momento.

Non posso considerare gli sforzi patetici di chi mi attacca un affare interno italiano, quanto piuttosto il riflesso degli sforzi disperati da parte della monarchia britannica di difendere il loro burattino appassito, il Presidente Barack Obama, contro di me.

Per quanto riguarda il Primo ministro Berlusconi, presumo che ciò che lo mantiene in carica, nonostante gli scandali, sia il timore ampiamente diffuso che la sua caduta ora porterebbe a qualcosa che si teme sia molto, molto peggio delle vere o presunte follie dell'attuale governo Berlusconi. Potrebbe essere qualcosa di peggio, qualcosa che, come indica il caso di Giancarlo Galan ad un anziano con qualche esperienza come me, provenga dal passato di quel Benedetto Croce che era ben noto ai funzionari dell'OSS che operavano in Italia durante gli ultimi giorni dell'ex "amico del cuore" di Winston Churchill, Benito Mussolini.

Una delle più grandi follie dell'opinione politica contemporanea è l'errore fatale di presupporre che il significato della vita umana cominci alla nascita e finisca alla morte, con enfasi sulla morte. Questa opinione tristemente errata è radicata in un errore abituale di presumere che il ruolo dell'individuo umano mortale debba necessariamente terminare con la morte di quella persona. L'intera storia conosciuta dell'umanità, specialmente per noi nella regione transatlantica, i lunghi secoli della civiltà europea così come la conosciamo ci insegnano che, come nelle grandi scoperte di principii universali della fisica o nei grandi capolavori d'arte da cui dipende uno spirito scientifico per la sua ispirazione, le conseguenze della vita individuale precedono di gran lunga, sia nel peggio che nel meglio, l'incarnazione mortale e ad essa di gran lunga sopravvivono.

Similmente, il lavoro dei miei collaboratori in importanti campi scientifici ho mostrato che, se possiamo far risalire l'esistenza della vita sulla terra a mezzo miliardo di anni fa, e della vita umana a solo alcuni milioni, questo prova anche che la vita sulla terra, e la vita umana in particolare, ha spianato la strada a ciò che finora è stato un sentiero verso forme di vita superiori, e verso poteri creativi inerenti nell'umanità, che sfidano la becera menzogna della cosiddetta "Seconda legge della Termodinamica".

Detto ciò come background, la funzione dell'umanità è di sfidare il male del cosiddetto "principio oligarchico" incorporato negli antichi imperi, compresi i quattro stadi dell'Impero Romano attraverso Bisanzio, il sistema medievale di usura e cavalleria controllato da Venezia e l'attuale Impero Britannico dei successori dei malvagi portabandiera del Nuovo Partito Veneziano, Guglielmo d'Orange e il suo noto successore Lord Shelburne, fino alla monarchia britannica dei nostri giorni.

Il partito oligarchico esemplificato autorevolmente ancor oggi dalla tradizione della successione imperiale romana di Ottaviano e dei sacerdoti del culto di Mitra sull'isola di Capri, è caratterizzato dall'odio verso il mitico amore che Prometeo nutriva per l'umanità contro la tirannia oligarchica in accordo con l'evidenza della scienza rispetto alla storia nota del nostro sistema solare nella sua galassia, del progresso di sviluppo delle specie viventi sulla terra e delle capacità creative intellettuali dell'umanità. L'espressione di tali capacità è la verità presentata, così, per mano del Creatore, come la difese Filone Alessandrino contro gli ideologi riduzionisti alla Friedrich Nietzsche e i bestiali seguaci dell'eredità di Nietzsche all'epoca di Hitler, come Werner Sombart, e i seguaci di Nietzsche e Sombart in questo campo, come Joseph Schumpeter e il suo seguace il Primo ministro britannico Harold Wilson.

Il frutto onorevole dell'umanità è il progresso creativo, in un universo di progresso di coloro che scelgono di ammirare e promuovere l'opera del Creatore, invece che quella dell'Impero Romano e mali successivi come la dottrina della "crescita zero" e quel principio oligarchico del Giove olimpico, che è di fatto adorato dall'Impero Britannico. O dovremmo dire, "Impero Brutannico" del World Wildlife Fund e il suo complemento, quella propaggine in stile Bertrand Russell dell'Analisi dei Sistemi di Cambridge, l'odierno International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA)?

Alcuni decenni fa, un presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, sfidò i tentativi dell'Impero Britannico di distruggere gli Stati Uniti ad esempio trascinandoli nella propria rovina con il lancio di un massacro inutile e ispirato a bassi fini chiamato la Guerra di Indocina. Quando Kennedy resistette a quel tentativo, egli fu assassinato, e il progetto britannico di rovinare gli USA con una lunga e inutile guerra in Indocina ebbe successo. Quando il fratello del Presidente, Robert Kennedy, aveva in tasca la nomina presidenziale democratica, fu anch'egli assassinato "misteriosamente". In seguito, gli Stati Uniti hanno svolto quasi esclusivamente il ruolo della preda di Londra.

Il passaggio di una nuova legge Glass-Steagall negli USA ora porrebbe fine a tutto ciò. I britannici sarebbero ridotti sul lastrico; ma qual è il problema, dato che il loro sistema è già senza valore? Presto, essi saranno contenti di godere della sicurezza fornita dalle loro circostanze ridimensionate, con una buona probabilità di fare meglio nel futuro se si comporteranno meglio di quanto hanno fatto recentemente, dall'ascesa di Guglielmo d'Orange e, pensandoci bene, di Enrico VIII.

Questo è il significato del trambusto in Italia.

di Lyndon LaRouche


Nota:

[*] - Nell'originale: Doppio Croce (in italiano). Qui LaRouche fa un gioco di parole sul significato di "Doublecross", che vuol dire fare il doppio gioco, e la sua traduzione letterale in italiano (double=doppio e cross=croce), alludendo al famoso filosofo filobritannico Benedetto Croce, fondatore del moderno liberalismo italiano, di cui si parla nello scritto.

06 maggio 2011

Finanzcapitalismo: ultima chiamata









Definirei il libro di Luciano Gallino Finanzcapitalismo (Einaudi, 19 euro) decisivo, per comprendere il mutamento radicale di paradigma avvenuto negli ultimi trent’anni. Siamo in un altro mondo, e conviene capirlo più in fretta possibile. Perché il tempo è davvero agli sgoccioli. Ho intervistato l’autore per l’Unità, qui pubblico l’intervista in versione integrale.

Sappiamo che l’alternanza tra fasi espansive e produttive e fasi speculative sono sempre state una costante nella storia del capitalismo (ce lo ha spiegato ad esempio Giovanni Arrighi). Ma lei ci fa capire che oggi siamo in presenza di una sorta di salto quantico: ci dice con molta chiarezza che siamo in una fase del tutto nuova, non più nel classico capitalismo industriale, ma nel finanzcapitalismo. E ci dice che questo salto quantico è un salto con esiti potenzialmente tragici.

Vi è stato in questi ultimi trent’anni un enorme sviluppo del sistema finanziario a paragone dello sviluppo del sistema dell’“economia reale”: se all’inizio degli anni ottanta il volume degli attivi finanziari corrispondeva al Pil mondiale, al momento della crisi ammontava a oltre quattro volte il Pil. Il mondo è stato radicalmente trasformato da un processo patologico.
E’ enormemente e patologicamente cresciuta, in particolare nell’ultimo decennio, l’attività bancaria, che si continua a chiamare così anche se si tratta di attività finanziarie estremamente diversificate, non trattandosi più delle banche classiche depositi e prestiti, ma di conglomerati giganteschi che operano in ogni possibile settore. E” enormemente e patologicamente cresciuta la finanza ombra, un sistema senza nome né indirizzo né identità, formata da una grande quantità di società di scopo (i cosiddetti “veicoli”), e da centinaia di trilioni di dollari di derivati scambiati tra privati (otc) che sono stati un elemento decisivo di destabilizzazione. In questo processo i bilanci delle banche sono diventati incomprensibili e ingestibili, perché molte attività sono state trasmesse ai “veicoli”, in particolare i titoli derivanti dalla cartolarizzazione, ovvero la trasformazione in crediti di debiti derivanti da prestiti alle famiglie o alle imprese (la crisi è iniziata da lì, negli Stati Uniti, dai derivati composti da mutui che le famiglie non erano più in grado di pagare).
E’ enormemente e patologicamente cresciuto il ruolo degli investitori istituzionali (compagnie di assicurazione, fondi pensione e fondi comuni di investimento): essi sono i “nuovi proprietari universali”, possedendo oltre la metà del capitale delle imprese di ogni genere.
E’ infine enormemente e patologicamente cresciuto il peso che le istituzioni finanziarie hanno assunto nel governo delle imprese. Dal 1980 in avanti si è affermato il criterio che un’impresa funziona unicamente per massimizzare il valore delle azioni, e questo ha modificato il criterio di governo e di gestione quotidiana delle imprese, con conseguenze ben visibili, drammaticamente, ogni giorno.
A causa di questo sviluppo abnorme, l’insieme del sistema finanziario non è controllabile da alcuna autorità, non solo per le sue dimensioni, ma anche per la sua composizione: chi parla di costruire “trasparenza del mercato finanziario” davvero non ha compreso i fondamenti della questione. Questo mercato finanziario non può essere trasparente. Siamo su un aereo senza pilota in cabina di pilotaggio. Bisogna riformare il sistema dalle fondamenta, mentre invece dopo la crisi non è stata intrapresa alcuna riforma.

Guardando la copertina del suo libro, dove vi è un grattacielo visto dal basso che ricorda la torre di Babele, viene naturale pensare che siamo di fronte a una sorta di hybris degli umani, alla smisuratezza di un processo totalmente sfuggito di mano, che ha preso vita propria, fuori da qualsiasi controllo.

Sì, è così. E lo vediamo ogni giorno come l’intera economia sia totalmente a rimorchio del sistema finanziario. Lo vediamo anche da un punto di vista simbolico, ché il linguaggio della finanza ha permeato ogni ambito della civiltà, del discorso quotidiano. Ma se questo sistema tende all’assolutezza, ed è radicalmente incontrollabile, ciò equivale a uno svuotamento di fatto del concetto stesso di democrazia.

Peraltro questo processo, lei lo mette in chiaro molto bene nel libro, è stato determinato dalle scelte della politica, contrariamente alla vulgata proposta e introiettata dalla politica stessa che si è dipinta come passiva e impotente di fronte ad esso.

Non è stato per nulla un processo naturale. E’ stato invece un grande progetto ideologico, culturale e politico avviato dagli anni cinquanta e che ha preso piede a partire dagli anni ottanta. Non è vero che la politica è stata sopraffatta dalla finanza: l’assoluta libertà di agire che ha acquisito la finanza è stata un’operazione politica, iniziata peraltro in Europa. Si parla, a questo di proposito, di un “consenso di Parigi” che ha preceduto il “consenso di Washington”. La crisi ha dimostrato l’assoluta falsità della tesi ideologica dell’autoregolazione del mercato, eppure essa continua a presentarsi come l’unica possibile. E questo lo verifichiamo anche nella continuità delle persone: il consiglio economico di Obama, ad esempio, è composto da banchieri che hanno avuto parte importante nella deregulation fatta sotto Reagan e Bush.

Europa degli anni ottanta, Obama: lei sta dicendo che anche il “centrosinistra” globale è caduto nella trappola?

Sì, le cosiddette “sinistre” hanno fatto proprio lo scenario secondo cui la globalizzazione è un fatto economico, laddove esso è stato un fatto eminentemente politico. E’ stato un progetto agevolato da organizzazioni internazionali che di democratico non hanno nulla, dal Fondo Monetario Internazionale alla Banca Mondiale alla Commissione Europea. Le sinistre socialdemocratiche hanno adottato il paradigma della signora Thatcher, credendo al fatto che “non ci sono alternative”: perciò le sinistre si sono distinte solo per “aiutare i più deboli”, e tamponare i disastri. Il mio timore è che ancora oggi non abbiano capito che cosa è successo: sono caduti nella scena del teatro, recitando la parte che la commedia (o meglio, la tragedia) gli ha assegnato, senza rendersi conto che stanno seguendo i dettami di in un immenso sistema industrial-finanziario, agevolato nella sua crescita dalla politica e che alla politica adesso spetterebbe incivilire.

Il successo di questo sistema è appunto anche ideologico: esso si presente come il trionfo della ragione (o forse di una coincidenza perfetta di razionale e reale), dove invece esso è, nella sua essenza, pura irrazionalità.

Il finanzcapitalismo ha in questo senso radicalizzato un’istanza propria del capitalismo industriale, che ha sempre pensato la crescita come una pietra filosofale. Crescita a ogni costo, a scapito del resto. Ma questa furente irrazionalità la vediamo al lavoro nei suoi esiti tragici, sia nella distruzione dell’ambiente e di qualunque tipo di ecosistema (e qui siamo giunti a un punto limite, davvero di non ritorno), sia nella quotidiana svalorizzazione delle persone. E le persone svalorizzate, infantilizzate come consumatori, non saranno mai in grado di salvare il pianeta.

Lei pensa che al punto in cui siamo è possibile un “contromovimento”, un’alternativa al disastro?

Un contromovimento è un’incognita grossa, nella presente situazione. Credo che una reazione ai danni globali di questo sistema che ci sta dominando possa prendere due direzioni. Una che potremmo definire socialdemocratica, una autoritaria, e in Europa quest’onda è certamente montante. E’ questo il grande dilemma è questo: e su questo il dado non è tratto.

Lei ha segnalato qualche passo possibile da fare.

Sì, per esempio la gestione dei fondi pensione, potrebbe essere un passo piccolo ma significativo. La gestione dei fondi pensione è affidata alle banche depositarie che fanno investimenti i quali assicurino un futuro ai fondi stessi, prescindendo del tutto da un investimento sostenibile, responsabile. I sindacati su questo dovrebbero essere più consapevoli e presenti.
Ci sono poi riforme che si possono avviare solo in ambito internazionale, ma bisognerebbe cominciare a parlarne: e invece quando se ne parla lo si fa tirando fuori i documenti dell’UE, che però non fa altro che invocare trasparenza e sorveglianza, ciò che equivale a mettere telecamere intorno a un edificio pieno di buchi e con le fondamenta che crollano e buio all’interno. E’ di questo buio che invece occorre discutere.
di Luciano Gallino - Marco Rovelli

08 maggio 2011

11 settembre : Risposta a Vittorio Zucconi





Egregio dott. Zucconi, chi le scrive è un privato cittadino, membro del Movimento per la Verità sull'Undici Settembre e studioso di comunicazione, in special modo di propaganda e tecniche di soppressione dell'informazione. Trovo che il suo recente articolo, ”Il processo impossibile”, ben coniughi i più grossolani trucchi della propaganda applicata al tema che mi è caro, e vorrei quindi commentare le domande che lei pone. Cito dal suo articolo:

Leggo che anche Massimo D’Alema, già premier italiano quando bombardammo la Jugoslavia ammazzando senza processi e sentenze, avrebbe preferito un Osama catturato e processato. Tesi che molti, e alcuni anche in buona fede, sostengono, trasversalmente ai partiti e alle opinioni. Proviamo a guardarla un po’ più a fondo con alcune domande:

Interessante come inizio, non c'è che dire. Un velato uso della "colpa per associazione": chi la pensa come D'Alema su questo argomento in fin dei conti o giustifica anche il bombardamento della Jugoslavia oppure è ipocrita quanto lui. Però c'è anche chi sbaglia in buona fede, bontà sua. Grazie. Da pacifista le posso dire che due torti non fanno una ragione, si può essere contrari al bombardamento prima e alle esecuzioni sommarie adesso. E grazie ancora, preferisco eventualmente sbagliare in libertà che dovermi allineare al pensiero di un partito o dell'opinione dominante, perché la mia opinione nasce dai fatti, che come vedremo nel prosieguo sono il grande assente dal suo articolo. Opinioni, giudizi, di quelli invece ce ne sono tanti, mancano proprio solo i fatti.

1) Processo dove? Quale tribunale in quale nazione avrebbe avuto giurisdizione su di lui, visto che i crimini dei quali è imputata al Quaeda hanno colpito dozzine di Paesi in ogni continente? Forse che i morti a New York avrebbero dovuto avere precedenza sui morti in Kenya, in Marocco, in Tanzania, in Inghilterra, a Madrid ecc ecc? Non avremmo subito gridato ai “morti americani” che contano più degli altri? O avremmo portato in giro per il mondo, come un orrendo “Osama’s Traveling Circus” Osama e i suoi avvocati?

Partiamo con un argomento collaterale e poco interessante: davvero Osama andava ucciso perchè non avremmo saputo dove processarlo?...

Mi sembra davvero una baggianata, ma allora perchè ha introdotto questo argomento? Ah, si legge dopo: siccome la scelta più logica resta comunque quella degli Stati Uniti ha voluto tentare un "processo alle intenzioni", cioè sottintendere che chi contesta la sua personale posizione sarebbe comunque emerso con un becero anti-americanismo. Vabbè, la risposta rimane comunque "negli USA".

2) Quale governo, o governatore di stato nel caso degli Usa (l’11 settembre colpì New York, la Virgina e la Pennsylvania) avrebbe accettato l’incubo di un processo e di una detenzione che avrebbe molto probabilmente prodotto azioni terroristiche per chiedere la liberazione del “profeta”? Come avremmo reagito se qualche gruppo jihadista avesse catturato un autobus pieno di scolaretti minacciando di sgozzarli tutti uno per volta con web cam per Internet se Osama non fosse stato liberato? Ci siamo già dimenticati gli anni delle BR, dei ricatti con lettere e comunicati ai giornali, che pure al confronto di al Quaeda erano boy scout?

Temo che qui abbia calcato un pò troppo la mano: va bene il riferimento all'età dell'innocente infanzia, e che struggevoli le immagini di questi scolaretti vittime della malasorte e di questo mondo crudele, però così esagera e rischia di perdere il punto. Anzi, i due punti, perchè l'argomento le serve sia per riaffermare implicitamente che Osama Bin Laden è comunque colpevole di tutto quanto gli viene ascritto, e solo secondariamente per parlare di rappresaglie.

Ma stiamo al gioco, immaginiamo Al-Qaeda come l'organizzazione spietata ed efficente che lei ci descrive, roba che al confronto le BR erano boy scout: perchè allora questo genere di attacchi non è mai avvenuto durante questi anni di imprigionamento (e di tortura!) di colui che le autorità ci indicano come il VERO ideatore dell'11 settembre, cioè Khalid Shaykh Muhammad? Si ricorda, è l'indiziato prigioniero a Guantanamo che presto dovrà andare a processo, quello che la CIA ha sottoposto a waterboarding e che ha confessato praticamente tutti i crimini dell'ultimo ventennio. L'ideatore dell'11 settembre, dicono le autorità, ce l'avevamo già, e grazie al cielo niente di quanto lei descrive è mai successo.

3) Con quale procedura? Militare (corti marziali) o civile? Se militare, avremmo parlato di processo sommario, di “kangaroo court”, di giustizia da Far West, trovate un ramo alto e una corda. Se civile, l’imputato avrebbe avuto diritto, come qualsiasi uxoricida, rapinatore, serial killer, alle piene e totali garanzie offerte alla difesa. Non ci sarebbe stata scarsità di avvocati disposti a rappresentarlo affermando – come è giusto – che ogni imputato deve essere difeso nella pienezza del codice. Altrimenti perchè fargli un processo, se è soltanto una farsa come quella contro Saddam Hussein in Iraq?

Di nuovo, delle due opzioni la prima è introdotta unicamente per fare un nuovo "processo alle intenzioni": malfidati noi che avremmo parlato di processo sommario, non chiediamoci se la cosa sarebbe stata vera oppure no, l'importante è insinuare che chi non la pensa come lei si sarebbe lamentato; ma se la prima opzione è volutamente scorretta, la seconda è addirittura risibile: "perchè fargli un processo" quando Zucconi dice che è colpevole? Beh, la stupirò, forse perchè salterebbe fuori che ci sono più cose in cielo e in terra di quanta ne contempli la sua filosofia, compresa la possibilità che lei si sbagli e che lui fosse innocente. Ma vedo che il processo c'è già stato, nello schermo del televisore e di rimando nella sua mente, l'imputato è colpevole e questo è quanto.

4) Per quali reati specifici? Come sappiamo da Norimberga in poi, dimostrare “oltre ogni ragionevole dubbio” il reato di crimini contro l’umanità è difficilissimo e gli esiti sono spesso contraddittori. il Feldmaresciallo Keitel, un militare che sosteneva di avere fatto soltanto il proprio dovere agli ordini del capo dello stato, fu impiccato. Albert Speer, architetto e civile, senza il quale la macchina bellica del Reich si sarebbe inceppata e i Keitel non avrebbe avuto gli strumenti per compiere i loro crimini, se la cavò.

Non mi dilungherò, stiamo comunque parlando del comandante in capo, quindi anche la sua ulteriore obiezione va a cadere: non si può certo invocare l'ignoranza se si è l'Hitler della situazione. Ma tant'è, la logica oggi era in vacanza.

5) Avremmo dovuto usare testimonianze estorte con la tortura? No, perchè ogni tribunale civile vero le avrebbe considerate inammissibili. Pentiti? Ma non ci stanno disperatamente spiegando che i pentiti sono inattendibili? Saremmo ricaduti nella comoda trappola del “mandante morale” che tanti guasti ha fatto anche in Italia?

Ecco, è questo il punto più abietto dell'intero articolo: "Avremmo dovuto usare testimonianze estorte con la tortura? No, perchè ogni tribunale civile vero le avrebbe considerate inammissibili." Ma pensa un po', quanta stupida ostilità proviene da questi tribunali civili. E qui finisce il suo ragionamento: la tortura, il punto più basso raggiunto dalla civiltà umana, viene sdoganata con una tale leggerezza che mi vergogno di avere un dialogo con lei. Mi creda, sul serio: mi vergogno io per lei.

6) Con quale durata? Nessuno, nelle civiltà giuridiche serie, può fissare limiti temporali per un processo, che si svolge secondo i propri ritmi non in base a scadenze arbitrarie fissate con maggioranza parlamentari, come si vuol fare in Italia. Sarebbero stati necessari anni, sicuramente. Istruire e condurre un processo a un personaggio accusato di avere creato e diretto una struttura che ha patrocinato, ideato, organizzato, finanziato atti criminali per decenni in tutto il mondo non è il processo Bunga Bunga e neppure il caso Framzoni. Con quanti testimoni, per l’accusa e la difesa? Migliaia? Diecine di migliaia? A quali costi?

Capisco. Visti i tempi e i costi meglio derogare in toto la macchina della giustizia, come fecero ad esempio con Galileo. Erano in tanti, la pensavano diversamente, Galileo aveva dalla sua i fatti e la ragione, ma a quell'epoca non c'era bisogno di inventarsi scuse becere come tempi e costi per giustiziare un indiziato, si faceva e basta.

Mi perdoni se lo sottolineo: tra i motivi per cui è stato meglio uccidere Osama Bin Laden piuttosto che catturarlo lei ha messo i tempi e i costi del processo.

6) Come avrebbe usato quel pulpito l’accusato? Avrebbe sputtanato l’America, dicono i complottisti, ricordando a tutti di essere stato anche una creatura dei servizi Usa in funzione anti Urss negli anni 70 e 80 e i rapporti che la sua famiglia (non lui, come si blatera in rete) ebbe con i Bush e con altri pezzi da 90 euroamericani. Certamente lo avrebbe fatto, arricchendo la narrazione di prediche, profezie, balle, citazioni sacre, sceneggiate diretti a quel mondo mussulmano che lo stava già abbandonando da tempo, per rinfocolare il proselitismo. Ah ha, molti diranno, ecco la coda di paglia dell’Occidente. Piccolo pro memoria: in guerra, fredda o calda che sia, si formano sempre strane e sordide alleanze per sconfiggere il nemico comune (i nemici dei miei nemici sono i miei amici). Abbiamo già dimenticato che per abbattare Hitler e Mussolini, le democrazie occidentali si allearono con, e rifornirono di armi e soldi, uno dei peggiori criminali di massa della storia, tale Stalin, senza il quale sconfiggere i nazifascisti sarebbe stato molto più duro, se non impossibile?

"Come avrebbe usato quel pulpito l’accusato?" Grazie per le opzioni, ma magari, cosa ben più rischiosa, l'imputato avrebbe utilizzato il tempo a sua disposizione per difendersi! Ad esempio per spiegare che i grattacieli in fiamme non crollano su se stessi in caduta libera sbriciolandosi in polvere finissima, o che non è credibile che quattro aerei di linea possano eludere la più sofisticata difesa aerea del pianeta per più di due ore, oppure per portare a conoscenza della gente comune una qualsiasi delle dozzine di argomentazioni con le quali noi del 9/11 Truth Movement abbiamo dimostrato che la versione ufficiale è falsa.

Il rischio, quando fai parlare una persona, è che non dica quello che ti aspetti tu. Un morto invece non ti disturba più.

7) Con quale pena? La forca? La siringa? La fucilazione? Certamente, ma soltanto se fosse stata dimostrata la sua colpevolezza perchè la colpa, nella nostra civiltà giuridica che non è quella tagliata con l’accetta del fallacismo islamofobo, il “siete tutti assassini”, è sempre individuale. Vi immaginate che cosa sarebbe accaduto se fra cinque, dieci, quindici anni, esauriti tutti gli appelli e i ricorsi ai quali avrebbe avuto pieno diritto, Osama bin Laden fosse stato condotto in un penitenziario (di nuovo: dove?) per l’esecuzione? Riuscite a concepire il circo tele-inter-giornalistico che – lo so per esperienza di casi ben più piccoli – sarebbe scoppiato nel mondo intero?

E vi immaginate che cosa sarebbe accaduto se in cinque, dieci, o quindici giorni di dibattimento, posti di fronte al mare di prove che lo scagionano, fosse stato dichiarato non colpevole e la folla inferocita avesse capito quale menzogna ci è stata spacciata a proposito dell'undici settembre?

Comunque mi fido del suo ulteriore argomento: Bin Laden è stato ucciso anche per evitarci il circo mediatico. Davvero gentili, questi Navy Seals.

8) Vi pare che la dirigenza politica degli Usa, da Obama in giù, non abbia considerato e valutato la possibilità di catturarlo vivo, riflettuto se sarebbe stato meglio, anche propagandisticamente (quella del terrorismo è una guerra ideologica, prima che armata) esibirlo in catene come il King Kong del Barnum?

Quindi, ci dice lei, se ancora a questo punto non vi ho convinto con i miei argomenti, derogate la vostra capacità di giudizio a quello delle autorità rappresentate dalla dirigenza USA da Obama in giù. Loro sanno cos'è meglio, fidatevi, a dispetto della vostra visione limitata.

La mia personale conclusione è, avendo assistito ad abbastanza “processi del secolo”, purtroppo, dico purtroppo perchè aborro la legge del taglione, che non esistevano alternative reali all’esecuzione sommaria sul posto. Una volta individuato il covo di Osama e avuta la certezza che lui era nascosto lì, il solo finale possibile era il colpo in testa.

Sì, capisco, lo condanna non l'insieme delle prove ma il numero di persone che lo ritengono colpevole. Si figuri Zucconi, se io per ipotesi la ritenessi responsabile della Strage di Bologna, in quanti dobbiamo essere a pensarla così per poter “saltare” il processo? In quanti per poterla venire a prelevare a casa sua, per poterla torturare a norma di legge fino alla sua spontanea confessione? In quanti infine per poter saltare tutta questa inutile "burocrazia" e mandare direttamente i sicari dello stato a casa sua?

Si figuri, è solo una provocazione ovviamente, sono un obiettore non violento e pacifista. Però non credo che una condanna emessa dai mass media si possa anche solo lontanamente equiparare a quella di un tribunale.

Se poi un giorno volesse confrontarsi sui fatti concreti, e non sulle parole vuote, qui c’è un intero sito che rimane naturalmente a sua disposizione.

di Riccardo Pizzirani (Sertes)

07 maggio 2011

Il doppio gioco: il Giornale

Non è divertente, ma solo ridicolo. I bizzarri attacchi all'irriducibile Primo ministro Silvio Berlusconi sono sconfinati in un attacco ancora più bizzarro alla mia persona tramite il quotidiano Il Giornale . Prima, c'è stato l'attacco del quotidiano di Berlusconi al ministro Giulio Tremonti, condotto per mezzo dell'intervista a Giancarlo Galan; questo è proseguito con un blocco di quattro foto di eguale dimensione di Jean-Baptist Colbert, Alexander Hamilton, John Maynard Keynes e me stesso quali ispiratori del ministro Tremonti; ovviamente, io sono l'unico membro vivente del quartetto, che quindi si presta come bersaglio politico contemporaneo.

Questi fatti riguardanti le recenti vicende della politica italiana non hanno in sé un significato storico rilevante. Però, il comportamento scandaloso de Il Giornale nella faccenda è importante in quanto indica il rischio di una reazione a catena, un collasso del sistema dell'"Euro" e di altre importanti economie nazionali esterne al Regno Unito, orchestrato dai britannici. L'attenzione speciale che Il Giornale mi ha dedicato la scorsa settimana ci dice più sullo stato d'animo a Londra che alcunché sulle nazioni dell'Europa continentale stessa.

Per quanto riguarda il caso del ministro Giulio Tremonti, egli è per me una conoscenza con cui mi capita di condividere alcuni significativi interessi intellettuali, come dimostra il suo collaudato ruolo di autorevole figura intellettuale di rara e considerevole competenza nello stato di panico quasi terminale che avvinghia le nazioni dell'Europa continentale in questo momento.

Non posso considerare gli sforzi patetici di chi mi attacca un affare interno italiano, quanto piuttosto il riflesso degli sforzi disperati da parte della monarchia britannica di difendere il loro burattino appassito, il Presidente Barack Obama, contro di me.

Per quanto riguarda il Primo ministro Berlusconi, presumo che ciò che lo mantiene in carica, nonostante gli scandali, sia il timore ampiamente diffuso che la sua caduta ora porterebbe a qualcosa che si teme sia molto, molto peggio delle vere o presunte follie dell'attuale governo Berlusconi. Potrebbe essere qualcosa di peggio, qualcosa che, come indica il caso di Giancarlo Galan ad un anziano con qualche esperienza come me, provenga dal passato di quel Benedetto Croce che era ben noto ai funzionari dell'OSS che operavano in Italia durante gli ultimi giorni dell'ex "amico del cuore" di Winston Churchill, Benito Mussolini.

Una delle più grandi follie dell'opinione politica contemporanea è l'errore fatale di presupporre che il significato della vita umana cominci alla nascita e finisca alla morte, con enfasi sulla morte. Questa opinione tristemente errata è radicata in un errore abituale di presumere che il ruolo dell'individuo umano mortale debba necessariamente terminare con la morte di quella persona. L'intera storia conosciuta dell'umanità, specialmente per noi nella regione transatlantica, i lunghi secoli della civiltà europea così come la conosciamo ci insegnano che, come nelle grandi scoperte di principii universali della fisica o nei grandi capolavori d'arte da cui dipende uno spirito scientifico per la sua ispirazione, le conseguenze della vita individuale precedono di gran lunga, sia nel peggio che nel meglio, l'incarnazione mortale e ad essa di gran lunga sopravvivono.

Similmente, il lavoro dei miei collaboratori in importanti campi scientifici ho mostrato che, se possiamo far risalire l'esistenza della vita sulla terra a mezzo miliardo di anni fa, e della vita umana a solo alcuni milioni, questo prova anche che la vita sulla terra, e la vita umana in particolare, ha spianato la strada a ciò che finora è stato un sentiero verso forme di vita superiori, e verso poteri creativi inerenti nell'umanità, che sfidano la becera menzogna della cosiddetta "Seconda legge della Termodinamica".

Detto ciò come background, la funzione dell'umanità è di sfidare il male del cosiddetto "principio oligarchico" incorporato negli antichi imperi, compresi i quattro stadi dell'Impero Romano attraverso Bisanzio, il sistema medievale di usura e cavalleria controllato da Venezia e l'attuale Impero Britannico dei successori dei malvagi portabandiera del Nuovo Partito Veneziano, Guglielmo d'Orange e il suo noto successore Lord Shelburne, fino alla monarchia britannica dei nostri giorni.

Il partito oligarchico esemplificato autorevolmente ancor oggi dalla tradizione della successione imperiale romana di Ottaviano e dei sacerdoti del culto di Mitra sull'isola di Capri, è caratterizzato dall'odio verso il mitico amore che Prometeo nutriva per l'umanità contro la tirannia oligarchica in accordo con l'evidenza della scienza rispetto alla storia nota del nostro sistema solare nella sua galassia, del progresso di sviluppo delle specie viventi sulla terra e delle capacità creative intellettuali dell'umanità. L'espressione di tali capacità è la verità presentata, così, per mano del Creatore, come la difese Filone Alessandrino contro gli ideologi riduzionisti alla Friedrich Nietzsche e i bestiali seguaci dell'eredità di Nietzsche all'epoca di Hitler, come Werner Sombart, e i seguaci di Nietzsche e Sombart in questo campo, come Joseph Schumpeter e il suo seguace il Primo ministro britannico Harold Wilson.

Il frutto onorevole dell'umanità è il progresso creativo, in un universo di progresso di coloro che scelgono di ammirare e promuovere l'opera del Creatore, invece che quella dell'Impero Romano e mali successivi come la dottrina della "crescita zero" e quel principio oligarchico del Giove olimpico, che è di fatto adorato dall'Impero Britannico. O dovremmo dire, "Impero Brutannico" del World Wildlife Fund e il suo complemento, quella propaggine in stile Bertrand Russell dell'Analisi dei Sistemi di Cambridge, l'odierno International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA)?

Alcuni decenni fa, un presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, sfidò i tentativi dell'Impero Britannico di distruggere gli Stati Uniti ad esempio trascinandoli nella propria rovina con il lancio di un massacro inutile e ispirato a bassi fini chiamato la Guerra di Indocina. Quando Kennedy resistette a quel tentativo, egli fu assassinato, e il progetto britannico di rovinare gli USA con una lunga e inutile guerra in Indocina ebbe successo. Quando il fratello del Presidente, Robert Kennedy, aveva in tasca la nomina presidenziale democratica, fu anch'egli assassinato "misteriosamente". In seguito, gli Stati Uniti hanno svolto quasi esclusivamente il ruolo della preda di Londra.

Il passaggio di una nuova legge Glass-Steagall negli USA ora porrebbe fine a tutto ciò. I britannici sarebbero ridotti sul lastrico; ma qual è il problema, dato che il loro sistema è già senza valore? Presto, essi saranno contenti di godere della sicurezza fornita dalle loro circostanze ridimensionate, con una buona probabilità di fare meglio nel futuro se si comporteranno meglio di quanto hanno fatto recentemente, dall'ascesa di Guglielmo d'Orange e, pensandoci bene, di Enrico VIII.

Questo è il significato del trambusto in Italia.

di Lyndon LaRouche


Nota:

[*] - Nell'originale: Doppio Croce (in italiano). Qui LaRouche fa un gioco di parole sul significato di "Doublecross", che vuol dire fare il doppio gioco, e la sua traduzione letterale in italiano (double=doppio e cross=croce), alludendo al famoso filosofo filobritannico Benedetto Croce, fondatore del moderno liberalismo italiano, di cui si parla nello scritto.

06 maggio 2011

Finanzcapitalismo: ultima chiamata









Definirei il libro di Luciano Gallino Finanzcapitalismo (Einaudi, 19 euro) decisivo, per comprendere il mutamento radicale di paradigma avvenuto negli ultimi trent’anni. Siamo in un altro mondo, e conviene capirlo più in fretta possibile. Perché il tempo è davvero agli sgoccioli. Ho intervistato l’autore per l’Unità, qui pubblico l’intervista in versione integrale.

Sappiamo che l’alternanza tra fasi espansive e produttive e fasi speculative sono sempre state una costante nella storia del capitalismo (ce lo ha spiegato ad esempio Giovanni Arrighi). Ma lei ci fa capire che oggi siamo in presenza di una sorta di salto quantico: ci dice con molta chiarezza che siamo in una fase del tutto nuova, non più nel classico capitalismo industriale, ma nel finanzcapitalismo. E ci dice che questo salto quantico è un salto con esiti potenzialmente tragici.

Vi è stato in questi ultimi trent’anni un enorme sviluppo del sistema finanziario a paragone dello sviluppo del sistema dell’“economia reale”: se all’inizio degli anni ottanta il volume degli attivi finanziari corrispondeva al Pil mondiale, al momento della crisi ammontava a oltre quattro volte il Pil. Il mondo è stato radicalmente trasformato da un processo patologico.
E’ enormemente e patologicamente cresciuta, in particolare nell’ultimo decennio, l’attività bancaria, che si continua a chiamare così anche se si tratta di attività finanziarie estremamente diversificate, non trattandosi più delle banche classiche depositi e prestiti, ma di conglomerati giganteschi che operano in ogni possibile settore. E” enormemente e patologicamente cresciuta la finanza ombra, un sistema senza nome né indirizzo né identità, formata da una grande quantità di società di scopo (i cosiddetti “veicoli”), e da centinaia di trilioni di dollari di derivati scambiati tra privati (otc) che sono stati un elemento decisivo di destabilizzazione. In questo processo i bilanci delle banche sono diventati incomprensibili e ingestibili, perché molte attività sono state trasmesse ai “veicoli”, in particolare i titoli derivanti dalla cartolarizzazione, ovvero la trasformazione in crediti di debiti derivanti da prestiti alle famiglie o alle imprese (la crisi è iniziata da lì, negli Stati Uniti, dai derivati composti da mutui che le famiglie non erano più in grado di pagare).
E’ enormemente e patologicamente cresciuto il ruolo degli investitori istituzionali (compagnie di assicurazione, fondi pensione e fondi comuni di investimento): essi sono i “nuovi proprietari universali”, possedendo oltre la metà del capitale delle imprese di ogni genere.
E’ infine enormemente e patologicamente cresciuto il peso che le istituzioni finanziarie hanno assunto nel governo delle imprese. Dal 1980 in avanti si è affermato il criterio che un’impresa funziona unicamente per massimizzare il valore delle azioni, e questo ha modificato il criterio di governo e di gestione quotidiana delle imprese, con conseguenze ben visibili, drammaticamente, ogni giorno.
A causa di questo sviluppo abnorme, l’insieme del sistema finanziario non è controllabile da alcuna autorità, non solo per le sue dimensioni, ma anche per la sua composizione: chi parla di costruire “trasparenza del mercato finanziario” davvero non ha compreso i fondamenti della questione. Questo mercato finanziario non può essere trasparente. Siamo su un aereo senza pilota in cabina di pilotaggio. Bisogna riformare il sistema dalle fondamenta, mentre invece dopo la crisi non è stata intrapresa alcuna riforma.

Guardando la copertina del suo libro, dove vi è un grattacielo visto dal basso che ricorda la torre di Babele, viene naturale pensare che siamo di fronte a una sorta di hybris degli umani, alla smisuratezza di un processo totalmente sfuggito di mano, che ha preso vita propria, fuori da qualsiasi controllo.

Sì, è così. E lo vediamo ogni giorno come l’intera economia sia totalmente a rimorchio del sistema finanziario. Lo vediamo anche da un punto di vista simbolico, ché il linguaggio della finanza ha permeato ogni ambito della civiltà, del discorso quotidiano. Ma se questo sistema tende all’assolutezza, ed è radicalmente incontrollabile, ciò equivale a uno svuotamento di fatto del concetto stesso di democrazia.

Peraltro questo processo, lei lo mette in chiaro molto bene nel libro, è stato determinato dalle scelte della politica, contrariamente alla vulgata proposta e introiettata dalla politica stessa che si è dipinta come passiva e impotente di fronte ad esso.

Non è stato per nulla un processo naturale. E’ stato invece un grande progetto ideologico, culturale e politico avviato dagli anni cinquanta e che ha preso piede a partire dagli anni ottanta. Non è vero che la politica è stata sopraffatta dalla finanza: l’assoluta libertà di agire che ha acquisito la finanza è stata un’operazione politica, iniziata peraltro in Europa. Si parla, a questo di proposito, di un “consenso di Parigi” che ha preceduto il “consenso di Washington”. La crisi ha dimostrato l’assoluta falsità della tesi ideologica dell’autoregolazione del mercato, eppure essa continua a presentarsi come l’unica possibile. E questo lo verifichiamo anche nella continuità delle persone: il consiglio economico di Obama, ad esempio, è composto da banchieri che hanno avuto parte importante nella deregulation fatta sotto Reagan e Bush.

Europa degli anni ottanta, Obama: lei sta dicendo che anche il “centrosinistra” globale è caduto nella trappola?

Sì, le cosiddette “sinistre” hanno fatto proprio lo scenario secondo cui la globalizzazione è un fatto economico, laddove esso è stato un fatto eminentemente politico. E’ stato un progetto agevolato da organizzazioni internazionali che di democratico non hanno nulla, dal Fondo Monetario Internazionale alla Banca Mondiale alla Commissione Europea. Le sinistre socialdemocratiche hanno adottato il paradigma della signora Thatcher, credendo al fatto che “non ci sono alternative”: perciò le sinistre si sono distinte solo per “aiutare i più deboli”, e tamponare i disastri. Il mio timore è che ancora oggi non abbiano capito che cosa è successo: sono caduti nella scena del teatro, recitando la parte che la commedia (o meglio, la tragedia) gli ha assegnato, senza rendersi conto che stanno seguendo i dettami di in un immenso sistema industrial-finanziario, agevolato nella sua crescita dalla politica e che alla politica adesso spetterebbe incivilire.

Il successo di questo sistema è appunto anche ideologico: esso si presente come il trionfo della ragione (o forse di una coincidenza perfetta di razionale e reale), dove invece esso è, nella sua essenza, pura irrazionalità.

Il finanzcapitalismo ha in questo senso radicalizzato un’istanza propria del capitalismo industriale, che ha sempre pensato la crescita come una pietra filosofale. Crescita a ogni costo, a scapito del resto. Ma questa furente irrazionalità la vediamo al lavoro nei suoi esiti tragici, sia nella distruzione dell’ambiente e di qualunque tipo di ecosistema (e qui siamo giunti a un punto limite, davvero di non ritorno), sia nella quotidiana svalorizzazione delle persone. E le persone svalorizzate, infantilizzate come consumatori, non saranno mai in grado di salvare il pianeta.

Lei pensa che al punto in cui siamo è possibile un “contromovimento”, un’alternativa al disastro?

Un contromovimento è un’incognita grossa, nella presente situazione. Credo che una reazione ai danni globali di questo sistema che ci sta dominando possa prendere due direzioni. Una che potremmo definire socialdemocratica, una autoritaria, e in Europa quest’onda è certamente montante. E’ questo il grande dilemma è questo: e su questo il dado non è tratto.

Lei ha segnalato qualche passo possibile da fare.

Sì, per esempio la gestione dei fondi pensione, potrebbe essere un passo piccolo ma significativo. La gestione dei fondi pensione è affidata alle banche depositarie che fanno investimenti i quali assicurino un futuro ai fondi stessi, prescindendo del tutto da un investimento sostenibile, responsabile. I sindacati su questo dovrebbero essere più consapevoli e presenti.
Ci sono poi riforme che si possono avviare solo in ambito internazionale, ma bisognerebbe cominciare a parlarne: e invece quando se ne parla lo si fa tirando fuori i documenti dell’UE, che però non fa altro che invocare trasparenza e sorveglianza, ciò che equivale a mettere telecamere intorno a un edificio pieno di buchi e con le fondamenta che crollano e buio all’interno. E’ di questo buio che invece occorre discutere.
di Luciano Gallino - Marco Rovelli