20 luglio 2011

Una guida alla speculazione sul cibo: come discutere con un banchiere



La speculazione finanziaria nei paesi ricchi e industrializzati come il Regno Unito e gli Stati Uniti ha spinto in alto i prezzi delle fibre come il mais nelle nazioni a basso reddito.

Le banche come Goldman Sachs e Barclays hanno creato fondi che permettono agli investitori di speculare sul prezzo delle coltivazioni più importanti. Tutto ciò ha generato enormi profitti e si stima che Goldman Sachs ha ottenuto più di 1 miliardo di dollari nel solo 2009 e Barclays nello stesso anno circa 340 milioni di sterline grazie agli scambi delle commodity sul cibo.

Un report delle Nazioni Unite ha recentemente stimato che il totale investito negli strumenti relativi al settore alimentare è passato dai miliardi di dollari del 2003 a più di 55 miliardi nel 2008.

Comunque, scommettere sui prezzi degli alimenti ha un costo. Gli elevati volumi delle contrattazioni di questi fondi portano a una maggiore volatilità dei prezzi, come riferiscono gli attivisti, che va a colpire le famiglie povere dei paesi meno industrializzati, tanto da non potergli permettere il consumo di alimenti basilari e rendere così sempre più difficile la pianificazione e gli investimenti da parte degli agricoltori.

Le organizzazioni di beneficenza come Christian Aid e persino alcuni rappresentanti delle Nazioni Unite stanno chiedendo regole più rigide per tenere a freno la volatilità dei prezzi, un qualcosa a cui l’industria bancaria si oppone con decisione.

Per aiutarvi a farvi un’idea degli argomenti proposti dalle due parti, l’ex broker Brett Scott ci fornisce questa guida per capire le speculazioni sugli alimenti

Cibo vero Vs. derivati

È importante capire la distinzione tra il mercato reale degli alimenti e il mercato dei derivati sull’agricoltura che si riferisce al vero mercato del settore agricolo. Un agricoltore ucraino che esporta la farina in Nord Africa si impegna a promettere a qualcuno che entra in un contratto di futures basati sul grano. Il primo è una transazione fisica spot e il secondo consiste in una transazione basata sui derivati.

I derivati sono contratti tra due contraenti. Ci sono opzioni e futures sul settore agricolo e ci sono swap e forward over-the-counter che vengono affidati dai venditori alle banche d’investimento. Questi contratti derivati sono, più o meno, analoghi alle scommesse sul mercato reale alimentare, così come le scommesse sportive si riferiscono a un evento sportivo. Prendere una “posizione” nei futures del grano, ad esempio, vuol dire mettersi nella posizione di vincere o di perdere a causa di un cambiamento del prezzo del grano. È concettualmente simile, anche se non è proprio la stessa cosa, al comprare fisicamente il grano fisico. È proprio come se uno lo stesse davvero comprando.

Lo scopo originario dei derivati sul settore agricolo era quello di permettere ai produttori di beni materiali di usare questa scommessa per proteggersi dai cali delle quotazioni (short hedging) e agli utilizzatori di questi beni di usare una scommessa per proteggersi da un incremento di prezzo (long hedging). Se non sei un produttore o un utilizzatore di commodities reali e tutto quello che realizzi è una scommessa, in questo caso sei considerato uno speculatore. La controversia sulla “speculazione sul cibo” si riferisce alla speculazione del mercato dei derivati del settore agricolo, non tanto alle transazioni fisiche di questi beni.

La controversia può essere separata in due differenti istanze. Prima domanda: sono i players finanziari del mercato dei derivati sulle commodity che provocano la dissociazione da quello che “dovrebbe essere” il suo prezzo se esso riflettesse il bilanciamento tra la domanda e l’offerta del bene sottostante? Secondariamente, una tale dissociazione nei prezzi dei futures si può trasmettere al prezzo vero degli alimenti?

Sembrano domande semplici, ma non lo sono. Si può attribuire, ad esempio, una casualità tra un’attività speculativa sul cambio dei derivati americani e il vero cambio di valore del costo di una borsa di grano in Sud Africa? È quest’area grigia che fa sì che il dibattito si dirami in modo confusionario.

Cosa è che determina il prezzo?

La maggior parte delle teorie finanziarie ritiene che i prezzi dei futures siano determinati dalla cosa su cui scommette il future stesso, in modo molto simile al modo in cui una corsa di cavalli determina il valore delle scommesse sulla stessa corsa. In pratica, nella teoria finanziaria i prezzi dei derivati sono strutturalmente legati al valore del bene su cui sono basati e si suppone che seguano lo stesso andamento attraverso un processo chiamato arbitraggio per assicurarsi che, nel caso il prezzo del derivato si discosti troppo dal prezzo spot dell’asset sottostante, venga così riportato verso questo stesso prezzo.

Ecco un esempio del mondo reale dai mercati del petrolio: all’inizio del 2009 i prezzi dei futures sul petrolio si sono alzati “troppo in alto” rispetto al prezzo spot del petrolio che poteva essere comprato in quel momento. I traders d’arbitraggio acquistano petrolio fisico, lo immagazzinano nelle petroliere e simultaneamente vendono i futures. Lo scopo della transazione è quello di comprare petrolio al prezzo odierno e poi trattenerlo per venderlo in futuro a un prezzo più alto. Questo tipo di scambio teoricamente consente ai traders di assicurarsi un profitto privo di rischio, a patto che il costo del “trasporto” del petrolio (ad es. l’immagazzinamento, l’assicurazione e i costi finanziari) non sia superiore alla differenza tra il prezzo spot e quello dei futures. Teoricamente, con questo processo, il prezzo spot e quello dei futures dovrebbero allinearsi per rimuovere l’opportunità di un profitto privo di rischio.

Sembra complicato? È abbastanza complicato. Ad esempio, chi ha in effetti la possibilità di noleggiare navi per immagazzinare petrolio? Ha importanza la qualità del petrolio stivato? Tutto ciò comporta un abbassamento dei prezzi dei future o fa innalzare il prezzo spot del petrolio? Ho l’impressione che nessuno lo sappia con certezza, perché la cosa importante, nel mercato delle commodities, è che i processi di arbitraggio sono complicati perché accedere alle commodities fisiche per mettere in pratica le relazioni di arbitraggio è difficoltoso.

La saggezza convenzionale delle relazioni matematiche tra prezzi spot e quelli dei derivati è stata comunque messa in discussione dal fatto che questa relazione può interrompersi, fino ad invertirsi, così che i prezzi spot sottostanti cominciano a muoversi verso i prezzi dissociati dei derivati, e non all’opposto. È analogo all’idea che scommettere sui cavalli possa determinare il risultato della corsa, un classico caso di “un cane che si morde la coda”.

Perché le banche hanno iniziato a scommettere sul cibo

Il fatto che le commodity fisiche siano sporche e ingombranti ha comportato che la speculazione su questi tipo di beni è generalmente dominata da agenzie specializzate negli acquisti fisici, come Glencore e Cargill. Ci sono delle indicazioni che suggeriscono come le banche siano sempre più coinvolte nel trading fisico così come, ma solo in uno stato iniziale, l’attività speculativa degli investitori si è sempre più sviluppata nel mercato dei future sulle commodity. I classici della finanza, come “Market Wizards” pubblicato nel 1988, contengono interviste interessanti con speculatori che descrivono i loro successi negli anni ’70 nei mercati dei future della soia, del frumento e del grano, quando operavano a fianco di quelli che erano in questi mercati per scopi non speculativi. Molti di questi traders si troverebbero a loro agio nel mondo degli hedge funds o nei rami “proprietary trading” delle banche d’investimento.

Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine. I futures, comunque, devono essere gestiti giorno per giorno. Questo va bene per un hedge fund specializzato, ma non per gli investitori istituzionali come i fondi pensione. Se gli hedge funds sono dei predatori scaltri, i fondi pensione sono come degli immobili brontosauri, spesso all’oscuro degli andamenti al rialzo o al ribasso del day-to-day. La maggior parte dei fondi pensione che investono in azioni, obbligazioni e beni di proprietà non ha il tempo o la capacità di entrare e uscire dai futures. Vogliono comprare qualcosa che possa essere tenuto per anni, non contratti con una data di scadenza di sei mesi.

L’idea di “investire” in commodities si è potuta realizzare solo grazie all’avvento dei prodotti d’investimento collegati agli indici che sono stati progettati dalle banche d’investimento negli anni ’90. Tra questi ci sono gli exchange-traded fund (ETF) e gli equity-linked note basati sulle commodities. Questi strumenti sono molto interessanti per gli investitori: l’investitore mette semplicemente il proprio danaro nel prodotto e la banca d’investimenti che lo gestisce adotta una strategia commerciale per dare agli investitori un ritorno direttamente collegato all’indice di quella commodity, come se essi avessero davvero acquistato fisicamente il bene, ma senza la scocciatura di doverlo fare. Col tempo, questi prodotti hanno consentito un incremento sbalorditivo del numero delle persone che hanno investito in questo settore.

I prodotti basati sugli indici delle commodity, comunque, si basano essenzialmente sui futures. Qui c’è la parte tecnica: per creare prodotto finanziario basato su un indice, le persone che vendono alle banche entrano in transazioni swap con gli investitori, per mezzo delle quali passano i profitti dal mercato dei futures agli stessi investitori. Questi non ne sono necessariamente a conoscenza e la transazione swap potrebbe essere inserita tacitamente o all’interno di un prodotto d’investimento complesso, ma l’effetto pratico rimane lo stesso: il compratore sta tenendo posizioni futures per conto degli investitori e l’attività nel mercato degli swap crea così un’ombra nei mercati dei futures. Per coloro che sono interessati, questa ombra può essere osservata nei “Commitment of Traders Reports” del CFTC che illustra le posizioni del trading sui futures che sono state tenute dai partecipanti al mercato. La categoria chiamata degli swap dealers indica sempre posizioni “lunghe”, ossia significa che stanno comprando futures, probabilmente per conto degli investitori.

La speculazione va condannata?

Ma perché sono importanti tutte queste cose? Il dibattito acceso è centrato sullo stabilire se l’aumento del numero di questi investitori finanziari ha portato a sconvolgimenti nei prezzi dei futures delle commodity. La discussione si è infiammata dopo che un report stilato nel 2010 da due accademici, scritto per conto dell’OCSE, ha messo in discussione la connessione tra la finanziarizzazione del mercato delle commodities e l’enorme incremento dei prezzi di quest’ultime nel 2008.

Le sfumature di questo dibattito sono troppo per essere qui elencate, ma è bene buttare a terra qualche specchietto per le allodole. Qui non si discute se gli speculatori abbiano, in linea di principio, una funzione positiva per il mercato. I testi della finanza ci suggeriscono che gli speculatori sono utili perché forniscono liquidità, perché aumentano il numero degli ordinativi nel mercato, che a sua volta migliora l’abilità di tutti gli attori nel commerciare. Facendo questo, si pensa che rafforzino un processo razionale di “scoperta del giusto prezzo”, consentendo un bilanciamento della domanda e dell’offerta che esprima effettivamente prezzi che siano basati sui fondamentali.

Non c’è dubbio che gli speculatori possano ricoprire un ruolo importante nel funzionamento dei mercati. Io, ad esempio, ha passato due anni lavorando in alcuni dei mercati meno illiquidi nel mondo finanziario, sviluppando nuovi tipi di curiosi derivati. Desideravo con tutte le forze che gli speculatori entrassero, solo per far partire la cosa. Ma quello che determinante è il grado della presenza speculativa nel mercato.

Può darsi che un mercato che ha il 30 per cento di attività speculativa possa funzionare bene, ma cosa può succedere in un mercato che ne ha il 60 per cento? E con l’85 per cento? Queste non sono relazioni lineari; un mercato non diventa automaticamente più efficiente se vi entra un gran numero di speculatori ed è facile immaginare che c’è un punto di equilibrio in cui troppi speculatori destabilizzano i prezzi invece che aiutare a contenerli. La maggior parte della speculazione è costituita da transazioni a breve termine per profitti a breve termine e funziona se è svolta nell’ambito di un mercato che tiene di conto i fondamentali di lungo periodo. Ma cosa succede se tutto questo avviene in un mercato che è per larga parte formato da speculatori? Si tratta di speculazione sulla speculazione, ed è così si formano le bolle.

Un qualsiasi trader ve lo potrebbe confermare, ma il dibattito tecnico presente sulle riviste accademiche ripete con monotonia le solite cose, che mancano totalmente delle sfumature di colore che vengono da coloro che effettivamente operano in questi mercati. Comunque il substrato informale di questo dibattito proviene dal mondo delle speculazioni finanziarie e viene rielaborato nei termini della distinzione tra i traders fondamentali e tecnici.

Un trader che si basa su un’analisi fondamentale è uno speculatore che si occupa di speculare sulla domanda e sull’offerta di commodities. Un trader che opera seguendo un’analisi tecnica si occupa di una speculazione basata sui modelli del mercato che si forma con le attività degli altri traders. I traders fondamentali sono preoccupati del fatto che l’aumento del numero dei trader tecnici aumenta la casualità e il rumore di fondo dei mercati. Se i traders tecnici basano le loro decisioni sugli altri traders e il loro numero aumenta, il mercato diventa circolare e autoreferenziale e corre il rischio di scollegarsi dalle connessioni tra domanda e offerta.

La chiave per operare in questo ambiente diventa una variante dello schema piramidale, ossia andare avanti seguendo il trend, cercando di uscire prima che tutti riescano a capire l’andazzo. Questo non è un segreto.

Perché non tutti gli investimenti sugli alimenti sono un male

Focalizzarsi sull’argomento della speculazione a breve termine può oscurare un fattore più importante nei mercati. La pura speculazione dalla parte dei traders proprietari e degli hedge funds sembra alimentare i movimenti del mercato verso l’altro e verso il basso, creando volatilità, ma come questo si relaziona alle attività dei player a lungo termine come i fondi pensione? Non è cosa nota il fatto che gli investitori istituzionali “speculano” in modo aperto sulle commodities. Un fondo pensione non mette i soldi in un ETF sulle commodity per toglierlo una settimana dopo. Pensano alle tendenze di lungo termine, non alle oscillazioni nel breve. Stanno “investendo”.

Una differenza ulteriore è che, differentemente dagli hedge funds che possono shortare i mercati con le scommesse su un calo delle quotazioni, le organizzazioni più grandi tendono a stare solo sul lungo, dato che investono solo in cose che credono possano salire di valore. Quindi, in pratica, se un forte numero di investitori istituzionali decide di investire nei mercati delle commodities con i prodotti basati sugli indici, il risultato indiretto è quello di un calo nella domanda dei futures. Il mercato dei derivati, di conseguenza, è a somma zero, e se esiste un contratto, ci deve essere un compratore e un venditore che prendono decisioni opposte. Se gli investitori istituzionali formano solamente una domanda, ma non l’offerta relativa, sorge la domanda su chi venda questi contratti future, e se gli investitori sugli indici rappresentino una forza strutturale di pressione verso l’alto dei prezzi dei derivati.

C’è un argomento curioso trovato in un report dell’OCSE che ha causato qualche controversia. È l’idea che, siccome il mercato dei derivati è a somma zero, questi nuovi investitori devono corrispondere ad altri venditori, e quindi per definizione non possono rappresentare una fonte di eccesso di domanda nel mercato dei futures, e quindi hanno un piccolo effetto sui prezzi. È un modo strano di vedere la cosa, perché chiunque operi nel mercato dei derivati sa che i partecipanti in genere sono più interessati negli acquisti, il prezzo dei derivati si deve alzare per indurre altri a vendere.

Il grado di quell’incremento può essere una funzione della profondità di un mercato: un mercato più piccolo ha meno possibilità di assorbire grandi ordinativi. Immaginatevi l’arrivo di Sainsbury in un piccolo mercato di frutta di un villaggio in cerca di merce per i propri scaffali. Non è affatto vero che i venditori possano comparire naturalmente senza uno sconvolgimento dei prezzi, e sembra plausibile che un forte incremento nella quantità di danaro a senso unico nel mercato dei futures possa aver avuto un impatto verso l’alto.

Ci sono molti aspetti tecnici nel dibattito, tra cui le dinamiche fisiche delle commodities, parole strane come contango e backwardation, convenience yields e il rolling dei contratti future. C’è una possibile circolarità dei prodotti basati sugli indici, ossia il fatto che questi cercano di seguire il mercato delle commodities investendo in questo stesso mercato, ma quando si ingrandiscono una parte sempre maggiore del mercato delle commodities è collocato sulle loro posizioni, cosa che può portare quindi a seguirsi da soli. C’è anche la possibilità per un incremento della correlazione tra i prezzi dei derivativi sulle commodity.

Investire sugli indici spesso si basa su un paniere di beni, ossia significa che un investitore compra un prodotto che contiene una vasta gamma di commodities tutte insieme. Questo comporta un simultaneo acquisto di diversi futures sulle commodity, che può portare una gamma di futures sulle commodity a muoversi in tandem. Questo pone un problema per la diversificazione: se i soldi escono dai prodotti basati sugli indici, allora tutto il mercato dei futures sulle commodity può andare in crash, e non solo i futures su una sola commodity.

Non è mai possibile predire esattamente come i mercati rispondano a queste nuove pressioni. Le decisioni del trading non sono determinate da astratti modelli economici messi in essere dal comportamento razionale. Gli accademici possono usare la matematica per provare che i mercati sono efficienti, ma nessuno sembra darci grande importanza e certamente pochi sprecano il tempo a confermare che i mercati si affidano a teorie statiche. I mercati lavorano su strategie umane dinamiche e sulle emozioni, come testimoniano i tanti crash spettacolari che abbiamo visto negli ultimi decenni.

Come salgono i prezzi

La ragione per cui questi dibattiti sono importanti va oltre l’efficienza della determinazione del prezzo nei mercati dei derivati. Sta nel fatto che le quotazioni dei derivati possono avere un impatto sul prezzo vero degli alimenti, specialmente nei paesi meno industrializzati che dipendono dalle importazioni. Gli studi statistici hanno evidenziato un’interruzione della causalità tra prezzi spot delle derrate e prezzi dei futures, illustrando che i prezzi dei futures determinano i prezzi spot. Qual è il meccanismo che provoca tutto questo?

Intanto il benchmarking. Non c’è una risposta semplice alla domanda “qual è il prezzo mondiale del grano”. Cresce in modi differenti in paesi differenti, ma quando si un compratore e un venditore si accordano per effettuare una transazione in grano fisico, come decidono il prezzo? Possono essere aiutati se c’è un benchmark esterno e indipendente da cui possono ricavare il prezzo. Questo è il motivo per cui il prezzo dei derivati li può aiutare. I prezzi dei futures servono di fatto come prezzi benchmark, l’unica indicazione visibile da tutti di un’apparente sguardo d’insieme su domanda e offerta. Se, per esempio, i contratti d’importazione si riferiscono al prezzo dei futures CBOT, ciò provoca una diretta trasmissione dai prezzi dei futures a quelli degli alimenti beni reali.

In secondo luogo, i prezzi degli alimenti possono alzarsi a causa dell’accaparramento. Questa è una situazione del mondo reale. Se i prezzi dei futures si alzano, tutto questo può incentivare quelli che hanno la possibilità di immagazzinare gli alimenti, ad esempio, grandi venditori all’ingrosso di grano, di farlo mentre vendono i futures. Raccogliere nei magazzini le merci in anticipo per consegne future può creare una carenza dell’offerta, spingendo in alto i prezzi.

Alcuni scettici argomentano come anche le derrate alimentari che non hanno un mercato dei derivati hanno mostrato allo stesso modo un rialzo di prezzo, attribuendo così tutti gli aumenti del cibo agli aspetti fondamentali, come la domanda sempre più forte che proviene dall’Asia orientale. È un punto importante, ma è anche un argomento che sorvola sul concetto di sostituzione. Se il prezzo globale delle qualità più diffuse di grano aumenta, allora i consumatori sono incentivati a cercare delle alternative, cosa che porterà poi a una convergenza di prezzi.

Il concetto della sostituzione solleva un altro argomento dibattuto: la connessione tra i prezzi dell’energia e i prezzi degli alimenti. Il rialzo del prezzo del petrolio crea incentivi per spostarsi sui biocarburanti, che vengono ottenuti dal granturco e dallo zucchero, e questa è una delle ragioni per cui la speculazione sul petrolio ha avuto effetto sui prezzi degli alimenti. L’energia è anche il più grosso input nell’agricoltura commerciale attraverso la meccanizzazione, il trasporto e i fertilizzanti creati con processi produttivi che hanno un’alta intensità energivora.

È probabile che questi problemi non vengano risolti molto presto. Nel frattempo, i prezzi degli alimenti mostrano un rialzo record molto preoccupante. Quando si cominciano a sentire chiacchiere nei pub della City sulle commodities, accadono poi cose strane. È l’ora di prendere la cosa sul serio.

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Fonte: http://www.theecologist.org/News/news_analysis/931513/a_guide_to_food_speculation_how_to_argue_with_a_banker.html

di Brett Scott

19 luglio 2011

La casta paghi





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No, non possono chiedere ai cittadini di fidarsi ancora. Se Gianfranco Fini si dice «certo» , in una lettera a «il Fatto quotidiano» , che «entrambe le Camere faranno la loro parte» e che i tagli ai costi della politica saranno «votati in Aula prima della pausa estiva» non può pretendere che gli italiani gli credano sulla parola. Sono stati già scottati troppe volte. Carta canta. Le promesse, le rassicurazioni e gli impegni non bastano più. Il presidente della Camera, nella sua prima intervista dopo l’insediamento, convenne che «il primo dei buoni esempi che devono dare i parlamentari è quello della presenza» perché «il vero costo che produce la “ casta” è quello della improduttività» . E ammonì: «I parlamentari devono essere presenti e lavorare da lunedì a venerdì, non tre giorni a settimana» . Risultato? Prendiamo quest’anno: dal 1 ° gennaio a oggi, su 28 venerdì in calendario, quelli con sedute in Aula sono stati 2. Non sarà colpa sua, ma è così. Quanto a palazzo Madama, Renato Schifani si prese mesi fa lo sfizio, nel corso della seduta imposta per varare la riforma universitaria voluta dal governo, di bacchettare i soliti criticoni: «Oggi, 23 dicembre, antivigilia di Natale, siamo qui a lavorare» . Ciò detto, diede appuntamento a tutti al 12 gennaio 2011: 20 giorni dopo. Da allora, l’Aula è stata convocata 68 giorni su 198 e mai (mai!) di venerdì. Come del resto era successo in tutto il 2010: mai. C'è il lavoro in commissione? Anche a Washington. Eppure lì, dice uno studio di Antonio Merlo della Pennsylvania University, il Senato lavora in media 180 giorni l’anno: il 54%in più. Con un assenteismo 10 volte più basso. Quanto ai costi, la Camera e il Senato Usa nel 2011 pesano insieme sulle pubbliche casse circa cento milioni meno dei nostri. Ma in rapporto alla popolazione, ogni americano spende per il suo Parlamento 5,10 euro l’anno, ogni italiano 27,40: cinque volte e mezzo di più. Diranno: ma poi lì ci sono i parlamenti statali. Vero: ma in California c’è un parlamentare locale ogni 299mila abitanti, in Lombardia ogni 124mila. Nel Molise ogni 10.659. Questo è il quadro. C’è poi da stupirsi se una pagina di Facebook aperta ieri mattina da un anonimo ex dipendente della Camera deciso a vuotare il sacco sotto il titolo «I segreti della casta di Montecitorio» , alle otto di sera aveva 135mila «amici» ? L’impressione netta è che, mentre chiedono ai cittadini di mettersi «una mano sul cuore e una sul portafoglio» , per usare un antico appello di Giuliano Amato riproposto da chi aveva seminato l’illusione di non mettere mai le mani nelle tasche degli italiani, quelli che Giulio Einaudi chiamava «i Padreterni» , non si rendano conto che il rifiuto di associarsi a questi sacrifici rischia di dar fuoco a una polveriera.
Come possono imporre «subito» i ticket sanitari fino a 45,5 euro a operai e impiegati rinviando a «domani» (quando?) l’inasprimento del costo a carico dei parlamentari dell’assistenza sanitaria integrativa? Come possono imporre «subito» un taglio alla rivalutazione delle pensioni oltre i 1.400 euro rinviando a «domani» (quando?) quello dei vitalizi loro, che nel 2009 hanno pesato per 198 milioni di euro e pochi mesi fa sono stati salvati con voto plebiscitario dalla proposta che voleva trasformarli in pensioni «normali» soggette alle regole comuni? Come possono imporre «subito» il raddoppio della tassa sul deposito titoli che colpirà i piccoli risparmiatori rinviando a «domani» (quando?) l’abolizione di quell’infame leggina che consente a chi regala denaro ai partiti di avere sconti fiscali 51 volte più alti di quelli concessi a chi dona soldi alla ricerca sulle leucemie infantili? Nessuno contesta la necessità di provvedimenti anche duri. È irritante subirli dopo aver sentito e risentito che «la crisi è già alle spalle» (Renato Brunetta, agosto 2008), che occorreva «finirla con i corvi del malaugurio» (Claudio Scajola, febbraio 2009) e che chi diffidava dell’ottimismo era un «catastrofista» che alimentava, come tuonò Silvio Berlusconi nel maggio di due anni fa, «una crisi che ha origini soprattutto psicologiche». Ma è così: quando la casa brucia, va spento l’incendio. Costi quel che costi. Ma il golpe notturno che, con un paio di emendamenti pidiellini, ha stravolto all’ultimo istante la manovra di Tremonti che prevedeva l’adeguamento delle indennità dei parlamentari italiani a quelle dei colleghi europei, non è solo un insulto ai cittadini chiamati a farsi carico della crisi. È una scelta che rischia di delegittimare la stessa manovra delegittimando insieme la classe dirigente che la propone al Paese. Non è più una questione solo economica: è una questione che riguarda il decoro delle istituzioni. La rappresentanza. La democrazia stessa. Il governo, la maggioranza e la stessa opposizione sono certi di essere nel giusto e che quanto prima metteranno mano sul serio ai costi della politica? Mettano da subito tutti i costi in piazza, su Internet. Tutto pubblico: stipendi, prebende, assunzioni, distribuzione delle cariche, consulenze, curriculum dei prescelti, voli blu, passeggeri a bordo, tutto. Barack Obama, pochi giorni fa, ha rivelato che i suoi più stretti collaboratori alla Casa Bianca prendono al massimo 172.200 dollari lordi: 118.500 euro. Cioè 15 mila in meno di quanto poteva guadagnare quattro anni fa un barbiere del Senato. Hanno o non hanno diritto, anche i cittadini italiani, a essere informati? È stupefacente, oltre che offensivo, che in un momento di difficoltà qual è questo, una classe politica obbligata a farsi «capire» da un Paese scosso, impoverito, spaventato, non capisca la drammatica urgenza di una svolta. Ed è sconcertante che ancora una volta, a chi chiede conto dell’arroccamento in difesa delle province o dei rimborsi elettorali cresciuti fra il 1999 e 2008 addirittura 26 volte di più del parallelo aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici (per non dire di quelli privati…) risponda rinviando tutto a una riforma complessiva ormai entrata nel mito come l’ «Isola che non c’è» di Peter Pan. Una riforma che, in un futuro rosa pastello, vedrà finalmente ricomporsi in un magico e perfetto equilibrio la Camera e il Senato, il Quirinale e le città metropolitane, le province e le circoscrizioni e i bacini imbriferi montani. Un mondo meraviglioso dove tutti vivremo finalmente felici e contenti. Con Biancaneve, Pocahontas, Cip e Ciop.

di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella -

18 luglio 2011

ATTACCO USA ALL'EUROPA




ATTACCO USA ALL'EUROPA
Stefania Limiti Abbiamo di nuovo scelto Webster G. Tarpley per approfondire uno dei più temi urgenti di questi giorni, l'attacco speculativo all'euro e i suoi effetti su alcuni paesi, tra cui l'Italia. Tarpley, infatti, oltre ad essere un profondo conoscitore del sistema finanziario internazionale è, soprattutto, un osservatore di assoluta indipendenza e paladino delle battaglie contro tutte le oligarchie, come è possibile constatare dalle sue opere (tra le quali segnaliamo, per l'attinenza al tema, il recentissimo Obama dietro la maschera: golpismo mondiale sotto un fantoccio di Wall Street). Le sue sono caratteristiche essenziali, dunque, se si vuole scoprire dove siano le verità nascoste: per questo la prima domanda è diretta al cuore del problema:

1. Esiste un'intelligence che ha pensato e attuato il piano speculativo nei confronti dei paesi europei? - Sì, questo era già chiaro dal febbraio 2010, quando il Wall Street Journal pubblicò un servizio su una cena cospiratoria (8 febbraio) tenuta nella sede di una piccola banca d'affari specializzata, la Monness Crespi and Hardt, alla quale parteciparono persone di grande influenza. In quell'occasione si cercavano strategie per evitare un'ondata di vendite di dollari da parte delle banche centrali ed il conseguente crollo del dollaro. L'unica maniera per rafforzare il biglietto verde passava attraverso un attacco all'euro le cui compravendite ammontavano circa a mille miliardi (one trillion) al ogni giorno: impossibile pensare ad un attacco frontale contro una moneta così forte. Quindi, gli sciacalli degli hedge funds di New York - fra cui anche certi protagonisti della distruzione di Lehman Brothers - hanno cercato i fianchi più deboli del sistema europeo e li hanno individuati nei mercati dei titoli di stato (government bonds) dei piccoli paesi del meridione europeo e comunque della periferia - Grecia e Portogallo - dove era possibile contare sulla complicità di politici dell'Internazionale Socialista al servizio della CIA e di Soros. Il mercato dei titoli di stato della Grecia è relativamente ristretto e poco liquido rispetto al Bund tedesco o al Gilt britannico (i loro bonds): una condizione ideale per una serie di vendite al ribasso, accompagnate da articoli negativi ispirati da veline di Wall Street e della City e magari a qualche valutazione pessimista delle agenzie di rating (notoriamente corrottissime come abbiamo visto nel 2007-8). Un mix che può determinare tracolli dei prezzi e un vero e proprio panico. Per aumentare il potere distruttivo di questi attacchi speculativi, si usa una forma di derivati che si chiamano Credit Default Swaps (Cds) - detti talvolta derivati di assicurazione. Con pochi soldi si può scatenare un effetto notevole al ribasso.

2. Può spiegarci meglio cosa sono questi famigerati Cds?

- Sono quelli che hanno distrutto la più grande ditta assicuratrice del mondo, l'AIG, nel settembre 2008. L'ufficio di Londra di AIG aveva emesso Cds per 3 mila miliardi di dollaro ($3 trillion), più del prodotto nazionale lordo della Francia. C'è stato un tentativo qui negli Usa di proibire o almeno limitare i CDS ma alcuni esponenti Democratici al servizio di Wall Street, Dodd e Frank , hanno bloccato il provvedimento l'anno scorso con l'aiuto dei Repubblicani reazionari....

3. Sì, ricordiamo questo passaggio, può spiegarci in termine chiari di cosa di trattò?

- Durante l'iter parlamentare dell'abbozzo di legge per la riforma del sistema finanziario, il senatore Christopher Dodd del Connecticut e il deputato Barney Frank del Massachusetts, i presidenti delle commissioni competenti, entrambi Democratici e entrambi pagati da Wall Street, fingendo di volere la riforma radicale, hanno silurato quasi ogni tentativo di proibire o limitare i derivatives. Lo hanno fatto coll'aiuto dei Repubblicani, apertamente ostili ad ogni riforma. Il risultato e' che il cancro dei derivatives continua a crescere.

4. Chiarissimo, tornando ai CDS...

- Un CDS è una scommessa (side bet) fatta da un terzo rispetto alla bancarotta o meno di un altro titolo, spesso fatta a distanza - nel caso in cui colui che fa la scommessa non e' il proprietario del titolo di cui si tratta (naked CDS). E' come scommettere su un cavallo che appartiene ad un altro. I CDS sono intrinsecamente illegali: se fossero polizze di assicurazione, bisognerebbe incriminare i venditori perché non hanno fatto le formalità legali per registrarsi come società assicuratrici, ne' hanno le riserve di capitale - chiunque può vendere CDS anche se non ha risorse ne' fondi speciali per esiti imprevisti. Se i CDS fossero giochi di azzardo, allora bisognerebbe incriminare i venditori come operatori di una bisca fuorilegge. Si potrebbe quindi colpire i CDS senza nuove leggi, solo con quelle già esistenti. Nella primavera scorsa, il ministro tedesco delle finanze Schauble ha introdotto una serie di misure contro i CDS allo scoperto (naked credit default swaps): si tratta di misure che hanno avuto un effetto positivo per la stabilità dell'euro e delle obbligazioni dell'eurolandia.

5. E le agenzie di rating?

- Per quanto riguarda le credit ratings agencies andiamo a vedere il loro ruolo nella crisi mondiale di settembre 2008, quando hanno mantenuto note di AAA per ditte come AIG, Merrill Lynch,e Lehman fino a 5 minuti prima del crollo di queste aziende. La loro corruzione era evidentissima. Adesso loro vorrebbero giudicare la solvibilità dell'Italia, e questo e' uno scandalo. I funzionari di queste agenzie dovrebbero tremare davanti al giudice togato, invece di poter mandare siluri contro grandi nazioni. Bisogna mettere queste agenzie fuorilegge per non permettere loro di fare pubblicità agli speculatori al ribasso e spargere panico fra i piccoli risparmiatori che forse credono tutt'ora nella buona fede di queste agenzie screditatissime.

6. Ci spiega che cosa significa in termini politici l'attacco all'Euro?

- Si tratta di un tentativo di esportare la depressione economica mondiale verso l'Europa, creando un caos di piccole monete che saranno facile preda alla speculazione, a differenza dell'euro che è abbastanza forte per potersi difendere. Si tratta di scaricare la crisi sull'Europa, sempre con l'idea di indebolire a tal punto l'euro da impedire a questa moneta di fungere da riserva mondiale accanto al dollaro o al posto del dollaro. Negli anni trenta la strategia inglese era quella delle svalutazioni concorrenziali (competitive devaluations) della sterlina, per esportare la crisi verso gli altri. Un approccio noto come "beggar my neighbor" - ridurre il vicino alla miseria. Oggi è la stessa strategia con i mezzi più sofisticati - fra cui, appunto, i famigerati derivati, definiti da Warren Buffet come "financial weapons of mass destruction."

7. In Italia molti ritengono che l'attacco speculativo al debito pubblico coincida con la fine della stagione di Berlusconi, c'è un legame tra le due cose?

- La grande questione che riguarda l'attacco sferrato all'Italia lunedi' 11 luglio e': perche' adesso? Veramente non ci sono spiegazioni solo inerenti alla specifica situazione italiana. Una ipotesi: le zombie banks e hedge funds di Wall Street volevano seminare panico in Italia per avere più opzioni nell'eventualità di una bancarotta nazionale USA alla vigilia di Ferragosto che potrebbe scaturire dal rifiuto dei Repubblicani reazionari del Tea Party di aumentare il limite massimo dell'indebitamento dello Stato americano. In quel caso, l'unico aiuto per il dollaro sarebbe un tracollo contemporaneo dell'euro, che potrebbe benissimo cominciare dall'Italia. Bisogna tuttavia riconoscere che la cacciata di Berlusconi rappresenta da un paio di anni uno dei primi obiettivi angloamericani in Europa. Berlusconi è troppo vicino a Putin, troppo coinvolto nel Southstream pipeline, troppo indipendente da tanti punti di vista. Si vede questo nei documenti pubblicati da Wikileaks, un'operazione della CIA mirata a colpire i bersagli degli angloamericani, da Gheddafi a Ben Ali a Mubarak a Putin e la signora Rodriguez de Kirchner in Argentina. Qui da noi leggiamo che Berlusconi è il più grande amico della Russia all'interno della UE - cosa positiva per la pace mondiale a mio parere, ma intollerabile per l'impero angloamericano in fase di crollo. Gli stessi impulsi nazionalistici italiani e lo stesso mestiere dell'Italia come ponte fra l'Europa da una parte e il Nord Africa, il Medio Oriente e la sfera russa dall'altra sono presenti, sebbene in forma debole, nell'azione di Berlusconi. Purtroppo molti in Italia sono accecati dall'odio appena si tratta di Berlusconi. Io ho visto che quelli che erano accecati dal loro odio di Bush sono caduti nella trappola di Obama - vale a dire di Soros e di Rockefeller - e quelli che erano accecati dal loro odio nei confronti di Obama sono caduti nella trappola del Tea Party - vale a dire dei fratelli Koch ultrareazionari. In Italia quelli che sono accecati dal loro odio nei confronti di Berlusconi cadono fatalmente nella trappola di De Benedetti, Soros e compagnia bella.

8. Per noi Berlusconi rappresenta un ostacolo per qualsiasi forma di democrazia

- Sì, ma è meglio evitare l'odio e lavorare su un progetto positivo come una riforma economica e le misure urgenti per difendere l'economa italiana contro l'attuale attacco coordinato degli speculatori internazionali. Berlusconi è imbevuto di ideologia neoliberale. La sua è una politica ostile alla classe lavoratrice. Il suo appoggio a progetti come la privatizzazione dell'acqua è pura follia. Berlusconi appare quindi incapace di difendere l'Italia dall'ondata di rivoluzioni a colori che incombe sull'Europa. Ma prima di cacciarlo gli italiani dovrebbero essere ben sicuri di non andare dalla padella alla brace.

9. Appunto, il governo di Berlusconi-Tremonti e Bossi in questo momento impedisce passi avanti ma quali sarebbero queste misure urgenti secondo lei?

- Secondo me il governo italiano deve agire quanto prima per dichiarare lo stato di emergenza; vietare in maniera permanente i titoli derivati di assicurazione (credit default swaps), lo strumento preferito per l'assalto alle obbligazioni dello Stato Italiano e disporre serie pene criminali per i trasgressori di tale divieto. Ripeto: se questi titoli sono considerati assicurazioni, i venditori non hanno adempito alle precondizioni legali per poter funzionare come ditta assicuratrice, se sono giochi di azzardo, la loro vendita rappresenta una bisca abusiva. In ogni caso sono illegali e devono essere colpiti dalla legge. Neutralizzare le agenzie di rating. Durante la crisi del 2008, le agenzie di rating hanno mantenuto una valutazione di AAA per molte obbligazioni fino alla vigilia del crollo, dando luogo ad accuse di corruzione. Oggi esiste il fondato sospetto della partecipazione di queste agenzie ad una operazione congiunta di attacco all'Italia da parte di banche e hedge funds esteri nell'ambito di una speculazione al ribasso su vasta scala. È quindi opportuno far intervenire la magistratura e la Guardia di Finanza per eseguire perquisizioni nelle sedi di tali agenzie allo scopo di accertare in maniera preventiva se questi delitti sono in fase di preparazione. Eventuali attività criminali contro l'Italia da parte di queste agenzie di rating devono essere colpite attraverso proteste diplomatiche, mandati dell'Interpol e altri mezzi. Questi provvedimenti sono urgenti sopratutto per rompere lo slancio dell'attuale attacco speculativo e per garantire la stabilità necessaria per sviluppare una azione a più lunga scadenza. Ogni sforzo deve essere fatto per ottenere l'applicazione di tali provvedimenti in tutti i paesi dell'Unione Europea.

Grazie Mr Tarpley per le sue spiegazioni, purtroppo siamo certi che tutto ciò che potrebbe fare un governo onesto per togliere dai guai l'Italia questo governo non potrà né vorrà farlo....
di Stefania Limiti

20 luglio 2011

Una guida alla speculazione sul cibo: come discutere con un banchiere



La speculazione finanziaria nei paesi ricchi e industrializzati come il Regno Unito e gli Stati Uniti ha spinto in alto i prezzi delle fibre come il mais nelle nazioni a basso reddito.

Le banche come Goldman Sachs e Barclays hanno creato fondi che permettono agli investitori di speculare sul prezzo delle coltivazioni più importanti. Tutto ciò ha generato enormi profitti e si stima che Goldman Sachs ha ottenuto più di 1 miliardo di dollari nel solo 2009 e Barclays nello stesso anno circa 340 milioni di sterline grazie agli scambi delle commodity sul cibo.

Un report delle Nazioni Unite ha recentemente stimato che il totale investito negli strumenti relativi al settore alimentare è passato dai miliardi di dollari del 2003 a più di 55 miliardi nel 2008.

Comunque, scommettere sui prezzi degli alimenti ha un costo. Gli elevati volumi delle contrattazioni di questi fondi portano a una maggiore volatilità dei prezzi, come riferiscono gli attivisti, che va a colpire le famiglie povere dei paesi meno industrializzati, tanto da non potergli permettere il consumo di alimenti basilari e rendere così sempre più difficile la pianificazione e gli investimenti da parte degli agricoltori.

Le organizzazioni di beneficenza come Christian Aid e persino alcuni rappresentanti delle Nazioni Unite stanno chiedendo regole più rigide per tenere a freno la volatilità dei prezzi, un qualcosa a cui l’industria bancaria si oppone con decisione.

Per aiutarvi a farvi un’idea degli argomenti proposti dalle due parti, l’ex broker Brett Scott ci fornisce questa guida per capire le speculazioni sugli alimenti

Cibo vero Vs. derivati

È importante capire la distinzione tra il mercato reale degli alimenti e il mercato dei derivati sull’agricoltura che si riferisce al vero mercato del settore agricolo. Un agricoltore ucraino che esporta la farina in Nord Africa si impegna a promettere a qualcuno che entra in un contratto di futures basati sul grano. Il primo è una transazione fisica spot e il secondo consiste in una transazione basata sui derivati.

I derivati sono contratti tra due contraenti. Ci sono opzioni e futures sul settore agricolo e ci sono swap e forward over-the-counter che vengono affidati dai venditori alle banche d’investimento. Questi contratti derivati sono, più o meno, analoghi alle scommesse sul mercato reale alimentare, così come le scommesse sportive si riferiscono a un evento sportivo. Prendere una “posizione” nei futures del grano, ad esempio, vuol dire mettersi nella posizione di vincere o di perdere a causa di un cambiamento del prezzo del grano. È concettualmente simile, anche se non è proprio la stessa cosa, al comprare fisicamente il grano fisico. È proprio come se uno lo stesse davvero comprando.

Lo scopo originario dei derivati sul settore agricolo era quello di permettere ai produttori di beni materiali di usare questa scommessa per proteggersi dai cali delle quotazioni (short hedging) e agli utilizzatori di questi beni di usare una scommessa per proteggersi da un incremento di prezzo (long hedging). Se non sei un produttore o un utilizzatore di commodities reali e tutto quello che realizzi è una scommessa, in questo caso sei considerato uno speculatore. La controversia sulla “speculazione sul cibo” si riferisce alla speculazione del mercato dei derivati del settore agricolo, non tanto alle transazioni fisiche di questi beni.

La controversia può essere separata in due differenti istanze. Prima domanda: sono i players finanziari del mercato dei derivati sulle commodity che provocano la dissociazione da quello che “dovrebbe essere” il suo prezzo se esso riflettesse il bilanciamento tra la domanda e l’offerta del bene sottostante? Secondariamente, una tale dissociazione nei prezzi dei futures si può trasmettere al prezzo vero degli alimenti?

Sembrano domande semplici, ma non lo sono. Si può attribuire, ad esempio, una casualità tra un’attività speculativa sul cambio dei derivati americani e il vero cambio di valore del costo di una borsa di grano in Sud Africa? È quest’area grigia che fa sì che il dibattito si dirami in modo confusionario.

Cosa è che determina il prezzo?

La maggior parte delle teorie finanziarie ritiene che i prezzi dei futures siano determinati dalla cosa su cui scommette il future stesso, in modo molto simile al modo in cui una corsa di cavalli determina il valore delle scommesse sulla stessa corsa. In pratica, nella teoria finanziaria i prezzi dei derivati sono strutturalmente legati al valore del bene su cui sono basati e si suppone che seguano lo stesso andamento attraverso un processo chiamato arbitraggio per assicurarsi che, nel caso il prezzo del derivato si discosti troppo dal prezzo spot dell’asset sottostante, venga così riportato verso questo stesso prezzo.

Ecco un esempio del mondo reale dai mercati del petrolio: all’inizio del 2009 i prezzi dei futures sul petrolio si sono alzati “troppo in alto” rispetto al prezzo spot del petrolio che poteva essere comprato in quel momento. I traders d’arbitraggio acquistano petrolio fisico, lo immagazzinano nelle petroliere e simultaneamente vendono i futures. Lo scopo della transazione è quello di comprare petrolio al prezzo odierno e poi trattenerlo per venderlo in futuro a un prezzo più alto. Questo tipo di scambio teoricamente consente ai traders di assicurarsi un profitto privo di rischio, a patto che il costo del “trasporto” del petrolio (ad es. l’immagazzinamento, l’assicurazione e i costi finanziari) non sia superiore alla differenza tra il prezzo spot e quello dei futures. Teoricamente, con questo processo, il prezzo spot e quello dei futures dovrebbero allinearsi per rimuovere l’opportunità di un profitto privo di rischio.

Sembra complicato? È abbastanza complicato. Ad esempio, chi ha in effetti la possibilità di noleggiare navi per immagazzinare petrolio? Ha importanza la qualità del petrolio stivato? Tutto ciò comporta un abbassamento dei prezzi dei future o fa innalzare il prezzo spot del petrolio? Ho l’impressione che nessuno lo sappia con certezza, perché la cosa importante, nel mercato delle commodities, è che i processi di arbitraggio sono complicati perché accedere alle commodities fisiche per mettere in pratica le relazioni di arbitraggio è difficoltoso.

La saggezza convenzionale delle relazioni matematiche tra prezzi spot e quelli dei derivati è stata comunque messa in discussione dal fatto che questa relazione può interrompersi, fino ad invertirsi, così che i prezzi spot sottostanti cominciano a muoversi verso i prezzi dissociati dei derivati, e non all’opposto. È analogo all’idea che scommettere sui cavalli possa determinare il risultato della corsa, un classico caso di “un cane che si morde la coda”.

Perché le banche hanno iniziato a scommettere sul cibo

Il fatto che le commodity fisiche siano sporche e ingombranti ha comportato che la speculazione su questi tipo di beni è generalmente dominata da agenzie specializzate negli acquisti fisici, come Glencore e Cargill. Ci sono delle indicazioni che suggeriscono come le banche siano sempre più coinvolte nel trading fisico così come, ma solo in uno stato iniziale, l’attività speculativa degli investitori si è sempre più sviluppata nel mercato dei future sulle commodity. I classici della finanza, come “Market Wizards” pubblicato nel 1988, contengono interviste interessanti con speculatori che descrivono i loro successi negli anni ’70 nei mercati dei future della soia, del frumento e del grano, quando operavano a fianco di quelli che erano in questi mercati per scopi non speculativi. Molti di questi traders si troverebbero a loro agio nel mondo degli hedge funds o nei rami “proprietary trading” delle banche d’investimento.

Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine. I futures, comunque, devono essere gestiti giorno per giorno. Questo va bene per un hedge fund specializzato, ma non per gli investitori istituzionali come i fondi pensione. Se gli hedge funds sono dei predatori scaltri, i fondi pensione sono come degli immobili brontosauri, spesso all’oscuro degli andamenti al rialzo o al ribasso del day-to-day. La maggior parte dei fondi pensione che investono in azioni, obbligazioni e beni di proprietà non ha il tempo o la capacità di entrare e uscire dai futures. Vogliono comprare qualcosa che possa essere tenuto per anni, non contratti con una data di scadenza di sei mesi.

L’idea di “investire” in commodities si è potuta realizzare solo grazie all’avvento dei prodotti d’investimento collegati agli indici che sono stati progettati dalle banche d’investimento negli anni ’90. Tra questi ci sono gli exchange-traded fund (ETF) e gli equity-linked note basati sulle commodities. Questi strumenti sono molto interessanti per gli investitori: l’investitore mette semplicemente il proprio danaro nel prodotto e la banca d’investimenti che lo gestisce adotta una strategia commerciale per dare agli investitori un ritorno direttamente collegato all’indice di quella commodity, come se essi avessero davvero acquistato fisicamente il bene, ma senza la scocciatura di doverlo fare. Col tempo, questi prodotti hanno consentito un incremento sbalorditivo del numero delle persone che hanno investito in questo settore.

I prodotti basati sugli indici delle commodity, comunque, si basano essenzialmente sui futures. Qui c’è la parte tecnica: per creare prodotto finanziario basato su un indice, le persone che vendono alle banche entrano in transazioni swap con gli investitori, per mezzo delle quali passano i profitti dal mercato dei futures agli stessi investitori. Questi non ne sono necessariamente a conoscenza e la transazione swap potrebbe essere inserita tacitamente o all’interno di un prodotto d’investimento complesso, ma l’effetto pratico rimane lo stesso: il compratore sta tenendo posizioni futures per conto degli investitori e l’attività nel mercato degli swap crea così un’ombra nei mercati dei futures. Per coloro che sono interessati, questa ombra può essere osservata nei “Commitment of Traders Reports” del CFTC che illustra le posizioni del trading sui futures che sono state tenute dai partecipanti al mercato. La categoria chiamata degli swap dealers indica sempre posizioni “lunghe”, ossia significa che stanno comprando futures, probabilmente per conto degli investitori.

La speculazione va condannata?

Ma perché sono importanti tutte queste cose? Il dibattito acceso è centrato sullo stabilire se l’aumento del numero di questi investitori finanziari ha portato a sconvolgimenti nei prezzi dei futures delle commodity. La discussione si è infiammata dopo che un report stilato nel 2010 da due accademici, scritto per conto dell’OCSE, ha messo in discussione la connessione tra la finanziarizzazione del mercato delle commodities e l’enorme incremento dei prezzi di quest’ultime nel 2008.

Le sfumature di questo dibattito sono troppo per essere qui elencate, ma è bene buttare a terra qualche specchietto per le allodole. Qui non si discute se gli speculatori abbiano, in linea di principio, una funzione positiva per il mercato. I testi della finanza ci suggeriscono che gli speculatori sono utili perché forniscono liquidità, perché aumentano il numero degli ordinativi nel mercato, che a sua volta migliora l’abilità di tutti gli attori nel commerciare. Facendo questo, si pensa che rafforzino un processo razionale di “scoperta del giusto prezzo”, consentendo un bilanciamento della domanda e dell’offerta che esprima effettivamente prezzi che siano basati sui fondamentali.

Non c’è dubbio che gli speculatori possano ricoprire un ruolo importante nel funzionamento dei mercati. Io, ad esempio, ha passato due anni lavorando in alcuni dei mercati meno illiquidi nel mondo finanziario, sviluppando nuovi tipi di curiosi derivati. Desideravo con tutte le forze che gli speculatori entrassero, solo per far partire la cosa. Ma quello che determinante è il grado della presenza speculativa nel mercato.

Può darsi che un mercato che ha il 30 per cento di attività speculativa possa funzionare bene, ma cosa può succedere in un mercato che ne ha il 60 per cento? E con l’85 per cento? Queste non sono relazioni lineari; un mercato non diventa automaticamente più efficiente se vi entra un gran numero di speculatori ed è facile immaginare che c’è un punto di equilibrio in cui troppi speculatori destabilizzano i prezzi invece che aiutare a contenerli. La maggior parte della speculazione è costituita da transazioni a breve termine per profitti a breve termine e funziona se è svolta nell’ambito di un mercato che tiene di conto i fondamentali di lungo periodo. Ma cosa succede se tutto questo avviene in un mercato che è per larga parte formato da speculatori? Si tratta di speculazione sulla speculazione, ed è così si formano le bolle.

Un qualsiasi trader ve lo potrebbe confermare, ma il dibattito tecnico presente sulle riviste accademiche ripete con monotonia le solite cose, che mancano totalmente delle sfumature di colore che vengono da coloro che effettivamente operano in questi mercati. Comunque il substrato informale di questo dibattito proviene dal mondo delle speculazioni finanziarie e viene rielaborato nei termini della distinzione tra i traders fondamentali e tecnici.

Un trader che si basa su un’analisi fondamentale è uno speculatore che si occupa di speculare sulla domanda e sull’offerta di commodities. Un trader che opera seguendo un’analisi tecnica si occupa di una speculazione basata sui modelli del mercato che si forma con le attività degli altri traders. I traders fondamentali sono preoccupati del fatto che l’aumento del numero dei trader tecnici aumenta la casualità e il rumore di fondo dei mercati. Se i traders tecnici basano le loro decisioni sugli altri traders e il loro numero aumenta, il mercato diventa circolare e autoreferenziale e corre il rischio di scollegarsi dalle connessioni tra domanda e offerta.

La chiave per operare in questo ambiente diventa una variante dello schema piramidale, ossia andare avanti seguendo il trend, cercando di uscire prima che tutti riescano a capire l’andazzo. Questo non è un segreto.

Perché non tutti gli investimenti sugli alimenti sono un male

Focalizzarsi sull’argomento della speculazione a breve termine può oscurare un fattore più importante nei mercati. La pura speculazione dalla parte dei traders proprietari e degli hedge funds sembra alimentare i movimenti del mercato verso l’altro e verso il basso, creando volatilità, ma come questo si relaziona alle attività dei player a lungo termine come i fondi pensione? Non è cosa nota il fatto che gli investitori istituzionali “speculano” in modo aperto sulle commodities. Un fondo pensione non mette i soldi in un ETF sulle commodity per toglierlo una settimana dopo. Pensano alle tendenze di lungo termine, non alle oscillazioni nel breve. Stanno “investendo”.

Una differenza ulteriore è che, differentemente dagli hedge funds che possono shortare i mercati con le scommesse su un calo delle quotazioni, le organizzazioni più grandi tendono a stare solo sul lungo, dato che investono solo in cose che credono possano salire di valore. Quindi, in pratica, se un forte numero di investitori istituzionali decide di investire nei mercati delle commodities con i prodotti basati sugli indici, il risultato indiretto è quello di un calo nella domanda dei futures. Il mercato dei derivati, di conseguenza, è a somma zero, e se esiste un contratto, ci deve essere un compratore e un venditore che prendono decisioni opposte. Se gli investitori istituzionali formano solamente una domanda, ma non l’offerta relativa, sorge la domanda su chi venda questi contratti future, e se gli investitori sugli indici rappresentino una forza strutturale di pressione verso l’alto dei prezzi dei derivati.

C’è un argomento curioso trovato in un report dell’OCSE che ha causato qualche controversia. È l’idea che, siccome il mercato dei derivati è a somma zero, questi nuovi investitori devono corrispondere ad altri venditori, e quindi per definizione non possono rappresentare una fonte di eccesso di domanda nel mercato dei futures, e quindi hanno un piccolo effetto sui prezzi. È un modo strano di vedere la cosa, perché chiunque operi nel mercato dei derivati sa che i partecipanti in genere sono più interessati negli acquisti, il prezzo dei derivati si deve alzare per indurre altri a vendere.

Il grado di quell’incremento può essere una funzione della profondità di un mercato: un mercato più piccolo ha meno possibilità di assorbire grandi ordinativi. Immaginatevi l’arrivo di Sainsbury in un piccolo mercato di frutta di un villaggio in cerca di merce per i propri scaffali. Non è affatto vero che i venditori possano comparire naturalmente senza uno sconvolgimento dei prezzi, e sembra plausibile che un forte incremento nella quantità di danaro a senso unico nel mercato dei futures possa aver avuto un impatto verso l’alto.

Ci sono molti aspetti tecnici nel dibattito, tra cui le dinamiche fisiche delle commodities, parole strane come contango e backwardation, convenience yields e il rolling dei contratti future. C’è una possibile circolarità dei prodotti basati sugli indici, ossia il fatto che questi cercano di seguire il mercato delle commodities investendo in questo stesso mercato, ma quando si ingrandiscono una parte sempre maggiore del mercato delle commodities è collocato sulle loro posizioni, cosa che può portare quindi a seguirsi da soli. C’è anche la possibilità per un incremento della correlazione tra i prezzi dei derivativi sulle commodity.

Investire sugli indici spesso si basa su un paniere di beni, ossia significa che un investitore compra un prodotto che contiene una vasta gamma di commodities tutte insieme. Questo comporta un simultaneo acquisto di diversi futures sulle commodity, che può portare una gamma di futures sulle commodity a muoversi in tandem. Questo pone un problema per la diversificazione: se i soldi escono dai prodotti basati sugli indici, allora tutto il mercato dei futures sulle commodity può andare in crash, e non solo i futures su una sola commodity.

Non è mai possibile predire esattamente come i mercati rispondano a queste nuove pressioni. Le decisioni del trading non sono determinate da astratti modelli economici messi in essere dal comportamento razionale. Gli accademici possono usare la matematica per provare che i mercati sono efficienti, ma nessuno sembra darci grande importanza e certamente pochi sprecano il tempo a confermare che i mercati si affidano a teorie statiche. I mercati lavorano su strategie umane dinamiche e sulle emozioni, come testimoniano i tanti crash spettacolari che abbiamo visto negli ultimi decenni.

Come salgono i prezzi

La ragione per cui questi dibattiti sono importanti va oltre l’efficienza della determinazione del prezzo nei mercati dei derivati. Sta nel fatto che le quotazioni dei derivati possono avere un impatto sul prezzo vero degli alimenti, specialmente nei paesi meno industrializzati che dipendono dalle importazioni. Gli studi statistici hanno evidenziato un’interruzione della causalità tra prezzi spot delle derrate e prezzi dei futures, illustrando che i prezzi dei futures determinano i prezzi spot. Qual è il meccanismo che provoca tutto questo?

Intanto il benchmarking. Non c’è una risposta semplice alla domanda “qual è il prezzo mondiale del grano”. Cresce in modi differenti in paesi differenti, ma quando si un compratore e un venditore si accordano per effettuare una transazione in grano fisico, come decidono il prezzo? Possono essere aiutati se c’è un benchmark esterno e indipendente da cui possono ricavare il prezzo. Questo è il motivo per cui il prezzo dei derivati li può aiutare. I prezzi dei futures servono di fatto come prezzi benchmark, l’unica indicazione visibile da tutti di un’apparente sguardo d’insieme su domanda e offerta. Se, per esempio, i contratti d’importazione si riferiscono al prezzo dei futures CBOT, ciò provoca una diretta trasmissione dai prezzi dei futures a quelli degli alimenti beni reali.

In secondo luogo, i prezzi degli alimenti possono alzarsi a causa dell’accaparramento. Questa è una situazione del mondo reale. Se i prezzi dei futures si alzano, tutto questo può incentivare quelli che hanno la possibilità di immagazzinare gli alimenti, ad esempio, grandi venditori all’ingrosso di grano, di farlo mentre vendono i futures. Raccogliere nei magazzini le merci in anticipo per consegne future può creare una carenza dell’offerta, spingendo in alto i prezzi.

Alcuni scettici argomentano come anche le derrate alimentari che non hanno un mercato dei derivati hanno mostrato allo stesso modo un rialzo di prezzo, attribuendo così tutti gli aumenti del cibo agli aspetti fondamentali, come la domanda sempre più forte che proviene dall’Asia orientale. È un punto importante, ma è anche un argomento che sorvola sul concetto di sostituzione. Se il prezzo globale delle qualità più diffuse di grano aumenta, allora i consumatori sono incentivati a cercare delle alternative, cosa che porterà poi a una convergenza di prezzi.

Il concetto della sostituzione solleva un altro argomento dibattuto: la connessione tra i prezzi dell’energia e i prezzi degli alimenti. Il rialzo del prezzo del petrolio crea incentivi per spostarsi sui biocarburanti, che vengono ottenuti dal granturco e dallo zucchero, e questa è una delle ragioni per cui la speculazione sul petrolio ha avuto effetto sui prezzi degli alimenti. L’energia è anche il più grosso input nell’agricoltura commerciale attraverso la meccanizzazione, il trasporto e i fertilizzanti creati con processi produttivi che hanno un’alta intensità energivora.

È probabile che questi problemi non vengano risolti molto presto. Nel frattempo, i prezzi degli alimenti mostrano un rialzo record molto preoccupante. Quando si cominciano a sentire chiacchiere nei pub della City sulle commodities, accadono poi cose strane. È l’ora di prendere la cosa sul serio.

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Fonte: http://www.theecologist.org/News/news_analysis/931513/a_guide_to_food_speculation_how_to_argue_with_a_banker.html

di Brett Scott

19 luglio 2011

La casta paghi





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No, non possono chiedere ai cittadini di fidarsi ancora. Se Gianfranco Fini si dice «certo» , in una lettera a «il Fatto quotidiano» , che «entrambe le Camere faranno la loro parte» e che i tagli ai costi della politica saranno «votati in Aula prima della pausa estiva» non può pretendere che gli italiani gli credano sulla parola. Sono stati già scottati troppe volte. Carta canta. Le promesse, le rassicurazioni e gli impegni non bastano più. Il presidente della Camera, nella sua prima intervista dopo l’insediamento, convenne che «il primo dei buoni esempi che devono dare i parlamentari è quello della presenza» perché «il vero costo che produce la “ casta” è quello della improduttività» . E ammonì: «I parlamentari devono essere presenti e lavorare da lunedì a venerdì, non tre giorni a settimana» . Risultato? Prendiamo quest’anno: dal 1 ° gennaio a oggi, su 28 venerdì in calendario, quelli con sedute in Aula sono stati 2. Non sarà colpa sua, ma è così. Quanto a palazzo Madama, Renato Schifani si prese mesi fa lo sfizio, nel corso della seduta imposta per varare la riforma universitaria voluta dal governo, di bacchettare i soliti criticoni: «Oggi, 23 dicembre, antivigilia di Natale, siamo qui a lavorare» . Ciò detto, diede appuntamento a tutti al 12 gennaio 2011: 20 giorni dopo. Da allora, l’Aula è stata convocata 68 giorni su 198 e mai (mai!) di venerdì. Come del resto era successo in tutto il 2010: mai. C'è il lavoro in commissione? Anche a Washington. Eppure lì, dice uno studio di Antonio Merlo della Pennsylvania University, il Senato lavora in media 180 giorni l’anno: il 54%in più. Con un assenteismo 10 volte più basso. Quanto ai costi, la Camera e il Senato Usa nel 2011 pesano insieme sulle pubbliche casse circa cento milioni meno dei nostri. Ma in rapporto alla popolazione, ogni americano spende per il suo Parlamento 5,10 euro l’anno, ogni italiano 27,40: cinque volte e mezzo di più. Diranno: ma poi lì ci sono i parlamenti statali. Vero: ma in California c’è un parlamentare locale ogni 299mila abitanti, in Lombardia ogni 124mila. Nel Molise ogni 10.659. Questo è il quadro. C’è poi da stupirsi se una pagina di Facebook aperta ieri mattina da un anonimo ex dipendente della Camera deciso a vuotare il sacco sotto il titolo «I segreti della casta di Montecitorio» , alle otto di sera aveva 135mila «amici» ? L’impressione netta è che, mentre chiedono ai cittadini di mettersi «una mano sul cuore e una sul portafoglio» , per usare un antico appello di Giuliano Amato riproposto da chi aveva seminato l’illusione di non mettere mai le mani nelle tasche degli italiani, quelli che Giulio Einaudi chiamava «i Padreterni» , non si rendano conto che il rifiuto di associarsi a questi sacrifici rischia di dar fuoco a una polveriera.
Come possono imporre «subito» i ticket sanitari fino a 45,5 euro a operai e impiegati rinviando a «domani» (quando?) l’inasprimento del costo a carico dei parlamentari dell’assistenza sanitaria integrativa? Come possono imporre «subito» un taglio alla rivalutazione delle pensioni oltre i 1.400 euro rinviando a «domani» (quando?) quello dei vitalizi loro, che nel 2009 hanno pesato per 198 milioni di euro e pochi mesi fa sono stati salvati con voto plebiscitario dalla proposta che voleva trasformarli in pensioni «normali» soggette alle regole comuni? Come possono imporre «subito» il raddoppio della tassa sul deposito titoli che colpirà i piccoli risparmiatori rinviando a «domani» (quando?) l’abolizione di quell’infame leggina che consente a chi regala denaro ai partiti di avere sconti fiscali 51 volte più alti di quelli concessi a chi dona soldi alla ricerca sulle leucemie infantili? Nessuno contesta la necessità di provvedimenti anche duri. È irritante subirli dopo aver sentito e risentito che «la crisi è già alle spalle» (Renato Brunetta, agosto 2008), che occorreva «finirla con i corvi del malaugurio» (Claudio Scajola, febbraio 2009) e che chi diffidava dell’ottimismo era un «catastrofista» che alimentava, come tuonò Silvio Berlusconi nel maggio di due anni fa, «una crisi che ha origini soprattutto psicologiche». Ma è così: quando la casa brucia, va spento l’incendio. Costi quel che costi. Ma il golpe notturno che, con un paio di emendamenti pidiellini, ha stravolto all’ultimo istante la manovra di Tremonti che prevedeva l’adeguamento delle indennità dei parlamentari italiani a quelle dei colleghi europei, non è solo un insulto ai cittadini chiamati a farsi carico della crisi. È una scelta che rischia di delegittimare la stessa manovra delegittimando insieme la classe dirigente che la propone al Paese. Non è più una questione solo economica: è una questione che riguarda il decoro delle istituzioni. La rappresentanza. La democrazia stessa. Il governo, la maggioranza e la stessa opposizione sono certi di essere nel giusto e che quanto prima metteranno mano sul serio ai costi della politica? Mettano da subito tutti i costi in piazza, su Internet. Tutto pubblico: stipendi, prebende, assunzioni, distribuzione delle cariche, consulenze, curriculum dei prescelti, voli blu, passeggeri a bordo, tutto. Barack Obama, pochi giorni fa, ha rivelato che i suoi più stretti collaboratori alla Casa Bianca prendono al massimo 172.200 dollari lordi: 118.500 euro. Cioè 15 mila in meno di quanto poteva guadagnare quattro anni fa un barbiere del Senato. Hanno o non hanno diritto, anche i cittadini italiani, a essere informati? È stupefacente, oltre che offensivo, che in un momento di difficoltà qual è questo, una classe politica obbligata a farsi «capire» da un Paese scosso, impoverito, spaventato, non capisca la drammatica urgenza di una svolta. Ed è sconcertante che ancora una volta, a chi chiede conto dell’arroccamento in difesa delle province o dei rimborsi elettorali cresciuti fra il 1999 e 2008 addirittura 26 volte di più del parallelo aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici (per non dire di quelli privati…) risponda rinviando tutto a una riforma complessiva ormai entrata nel mito come l’ «Isola che non c’è» di Peter Pan. Una riforma che, in un futuro rosa pastello, vedrà finalmente ricomporsi in un magico e perfetto equilibrio la Camera e il Senato, il Quirinale e le città metropolitane, le province e le circoscrizioni e i bacini imbriferi montani. Un mondo meraviglioso dove tutti vivremo finalmente felici e contenti. Con Biancaneve, Pocahontas, Cip e Ciop.

di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella -

18 luglio 2011

ATTACCO USA ALL'EUROPA




ATTACCO USA ALL'EUROPA
Stefania Limiti Abbiamo di nuovo scelto Webster G. Tarpley per approfondire uno dei più temi urgenti di questi giorni, l'attacco speculativo all'euro e i suoi effetti su alcuni paesi, tra cui l'Italia. Tarpley, infatti, oltre ad essere un profondo conoscitore del sistema finanziario internazionale è, soprattutto, un osservatore di assoluta indipendenza e paladino delle battaglie contro tutte le oligarchie, come è possibile constatare dalle sue opere (tra le quali segnaliamo, per l'attinenza al tema, il recentissimo Obama dietro la maschera: golpismo mondiale sotto un fantoccio di Wall Street). Le sue sono caratteristiche essenziali, dunque, se si vuole scoprire dove siano le verità nascoste: per questo la prima domanda è diretta al cuore del problema:

1. Esiste un'intelligence che ha pensato e attuato il piano speculativo nei confronti dei paesi europei? - Sì, questo era già chiaro dal febbraio 2010, quando il Wall Street Journal pubblicò un servizio su una cena cospiratoria (8 febbraio) tenuta nella sede di una piccola banca d'affari specializzata, la Monness Crespi and Hardt, alla quale parteciparono persone di grande influenza. In quell'occasione si cercavano strategie per evitare un'ondata di vendite di dollari da parte delle banche centrali ed il conseguente crollo del dollaro. L'unica maniera per rafforzare il biglietto verde passava attraverso un attacco all'euro le cui compravendite ammontavano circa a mille miliardi (one trillion) al ogni giorno: impossibile pensare ad un attacco frontale contro una moneta così forte. Quindi, gli sciacalli degli hedge funds di New York - fra cui anche certi protagonisti della distruzione di Lehman Brothers - hanno cercato i fianchi più deboli del sistema europeo e li hanno individuati nei mercati dei titoli di stato (government bonds) dei piccoli paesi del meridione europeo e comunque della periferia - Grecia e Portogallo - dove era possibile contare sulla complicità di politici dell'Internazionale Socialista al servizio della CIA e di Soros. Il mercato dei titoli di stato della Grecia è relativamente ristretto e poco liquido rispetto al Bund tedesco o al Gilt britannico (i loro bonds): una condizione ideale per una serie di vendite al ribasso, accompagnate da articoli negativi ispirati da veline di Wall Street e della City e magari a qualche valutazione pessimista delle agenzie di rating (notoriamente corrottissime come abbiamo visto nel 2007-8). Un mix che può determinare tracolli dei prezzi e un vero e proprio panico. Per aumentare il potere distruttivo di questi attacchi speculativi, si usa una forma di derivati che si chiamano Credit Default Swaps (Cds) - detti talvolta derivati di assicurazione. Con pochi soldi si può scatenare un effetto notevole al ribasso.

2. Può spiegarci meglio cosa sono questi famigerati Cds?

- Sono quelli che hanno distrutto la più grande ditta assicuratrice del mondo, l'AIG, nel settembre 2008. L'ufficio di Londra di AIG aveva emesso Cds per 3 mila miliardi di dollaro ($3 trillion), più del prodotto nazionale lordo della Francia. C'è stato un tentativo qui negli Usa di proibire o almeno limitare i CDS ma alcuni esponenti Democratici al servizio di Wall Street, Dodd e Frank , hanno bloccato il provvedimento l'anno scorso con l'aiuto dei Repubblicani reazionari....

3. Sì, ricordiamo questo passaggio, può spiegarci in termine chiari di cosa di trattò?

- Durante l'iter parlamentare dell'abbozzo di legge per la riforma del sistema finanziario, il senatore Christopher Dodd del Connecticut e il deputato Barney Frank del Massachusetts, i presidenti delle commissioni competenti, entrambi Democratici e entrambi pagati da Wall Street, fingendo di volere la riforma radicale, hanno silurato quasi ogni tentativo di proibire o limitare i derivatives. Lo hanno fatto coll'aiuto dei Repubblicani, apertamente ostili ad ogni riforma. Il risultato e' che il cancro dei derivatives continua a crescere.

4. Chiarissimo, tornando ai CDS...

- Un CDS è una scommessa (side bet) fatta da un terzo rispetto alla bancarotta o meno di un altro titolo, spesso fatta a distanza - nel caso in cui colui che fa la scommessa non e' il proprietario del titolo di cui si tratta (naked CDS). E' come scommettere su un cavallo che appartiene ad un altro. I CDS sono intrinsecamente illegali: se fossero polizze di assicurazione, bisognerebbe incriminare i venditori perché non hanno fatto le formalità legali per registrarsi come società assicuratrici, ne' hanno le riserve di capitale - chiunque può vendere CDS anche se non ha risorse ne' fondi speciali per esiti imprevisti. Se i CDS fossero giochi di azzardo, allora bisognerebbe incriminare i venditori come operatori di una bisca fuorilegge. Si potrebbe quindi colpire i CDS senza nuove leggi, solo con quelle già esistenti. Nella primavera scorsa, il ministro tedesco delle finanze Schauble ha introdotto una serie di misure contro i CDS allo scoperto (naked credit default swaps): si tratta di misure che hanno avuto un effetto positivo per la stabilità dell'euro e delle obbligazioni dell'eurolandia.

5. E le agenzie di rating?

- Per quanto riguarda le credit ratings agencies andiamo a vedere il loro ruolo nella crisi mondiale di settembre 2008, quando hanno mantenuto note di AAA per ditte come AIG, Merrill Lynch,e Lehman fino a 5 minuti prima del crollo di queste aziende. La loro corruzione era evidentissima. Adesso loro vorrebbero giudicare la solvibilità dell'Italia, e questo e' uno scandalo. I funzionari di queste agenzie dovrebbero tremare davanti al giudice togato, invece di poter mandare siluri contro grandi nazioni. Bisogna mettere queste agenzie fuorilegge per non permettere loro di fare pubblicità agli speculatori al ribasso e spargere panico fra i piccoli risparmiatori che forse credono tutt'ora nella buona fede di queste agenzie screditatissime.

6. Ci spiega che cosa significa in termini politici l'attacco all'Euro?

- Si tratta di un tentativo di esportare la depressione economica mondiale verso l'Europa, creando un caos di piccole monete che saranno facile preda alla speculazione, a differenza dell'euro che è abbastanza forte per potersi difendere. Si tratta di scaricare la crisi sull'Europa, sempre con l'idea di indebolire a tal punto l'euro da impedire a questa moneta di fungere da riserva mondiale accanto al dollaro o al posto del dollaro. Negli anni trenta la strategia inglese era quella delle svalutazioni concorrenziali (competitive devaluations) della sterlina, per esportare la crisi verso gli altri. Un approccio noto come "beggar my neighbor" - ridurre il vicino alla miseria. Oggi è la stessa strategia con i mezzi più sofisticati - fra cui, appunto, i famigerati derivati, definiti da Warren Buffet come "financial weapons of mass destruction."

7. In Italia molti ritengono che l'attacco speculativo al debito pubblico coincida con la fine della stagione di Berlusconi, c'è un legame tra le due cose?

- La grande questione che riguarda l'attacco sferrato all'Italia lunedi' 11 luglio e': perche' adesso? Veramente non ci sono spiegazioni solo inerenti alla specifica situazione italiana. Una ipotesi: le zombie banks e hedge funds di Wall Street volevano seminare panico in Italia per avere più opzioni nell'eventualità di una bancarotta nazionale USA alla vigilia di Ferragosto che potrebbe scaturire dal rifiuto dei Repubblicani reazionari del Tea Party di aumentare il limite massimo dell'indebitamento dello Stato americano. In quel caso, l'unico aiuto per il dollaro sarebbe un tracollo contemporaneo dell'euro, che potrebbe benissimo cominciare dall'Italia. Bisogna tuttavia riconoscere che la cacciata di Berlusconi rappresenta da un paio di anni uno dei primi obiettivi angloamericani in Europa. Berlusconi è troppo vicino a Putin, troppo coinvolto nel Southstream pipeline, troppo indipendente da tanti punti di vista. Si vede questo nei documenti pubblicati da Wikileaks, un'operazione della CIA mirata a colpire i bersagli degli angloamericani, da Gheddafi a Ben Ali a Mubarak a Putin e la signora Rodriguez de Kirchner in Argentina. Qui da noi leggiamo che Berlusconi è il più grande amico della Russia all'interno della UE - cosa positiva per la pace mondiale a mio parere, ma intollerabile per l'impero angloamericano in fase di crollo. Gli stessi impulsi nazionalistici italiani e lo stesso mestiere dell'Italia come ponte fra l'Europa da una parte e il Nord Africa, il Medio Oriente e la sfera russa dall'altra sono presenti, sebbene in forma debole, nell'azione di Berlusconi. Purtroppo molti in Italia sono accecati dall'odio appena si tratta di Berlusconi. Io ho visto che quelli che erano accecati dal loro odio di Bush sono caduti nella trappola di Obama - vale a dire di Soros e di Rockefeller - e quelli che erano accecati dal loro odio nei confronti di Obama sono caduti nella trappola del Tea Party - vale a dire dei fratelli Koch ultrareazionari. In Italia quelli che sono accecati dal loro odio nei confronti di Berlusconi cadono fatalmente nella trappola di De Benedetti, Soros e compagnia bella.

8. Per noi Berlusconi rappresenta un ostacolo per qualsiasi forma di democrazia

- Sì, ma è meglio evitare l'odio e lavorare su un progetto positivo come una riforma economica e le misure urgenti per difendere l'economa italiana contro l'attuale attacco coordinato degli speculatori internazionali. Berlusconi è imbevuto di ideologia neoliberale. La sua è una politica ostile alla classe lavoratrice. Il suo appoggio a progetti come la privatizzazione dell'acqua è pura follia. Berlusconi appare quindi incapace di difendere l'Italia dall'ondata di rivoluzioni a colori che incombe sull'Europa. Ma prima di cacciarlo gli italiani dovrebbero essere ben sicuri di non andare dalla padella alla brace.

9. Appunto, il governo di Berlusconi-Tremonti e Bossi in questo momento impedisce passi avanti ma quali sarebbero queste misure urgenti secondo lei?

- Secondo me il governo italiano deve agire quanto prima per dichiarare lo stato di emergenza; vietare in maniera permanente i titoli derivati di assicurazione (credit default swaps), lo strumento preferito per l'assalto alle obbligazioni dello Stato Italiano e disporre serie pene criminali per i trasgressori di tale divieto. Ripeto: se questi titoli sono considerati assicurazioni, i venditori non hanno adempito alle precondizioni legali per poter funzionare come ditta assicuratrice, se sono giochi di azzardo, la loro vendita rappresenta una bisca abusiva. In ogni caso sono illegali e devono essere colpiti dalla legge. Neutralizzare le agenzie di rating. Durante la crisi del 2008, le agenzie di rating hanno mantenuto una valutazione di AAA per molte obbligazioni fino alla vigilia del crollo, dando luogo ad accuse di corruzione. Oggi esiste il fondato sospetto della partecipazione di queste agenzie ad una operazione congiunta di attacco all'Italia da parte di banche e hedge funds esteri nell'ambito di una speculazione al ribasso su vasta scala. È quindi opportuno far intervenire la magistratura e la Guardia di Finanza per eseguire perquisizioni nelle sedi di tali agenzie allo scopo di accertare in maniera preventiva se questi delitti sono in fase di preparazione. Eventuali attività criminali contro l'Italia da parte di queste agenzie di rating devono essere colpite attraverso proteste diplomatiche, mandati dell'Interpol e altri mezzi. Questi provvedimenti sono urgenti sopratutto per rompere lo slancio dell'attuale attacco speculativo e per garantire la stabilità necessaria per sviluppare una azione a più lunga scadenza. Ogni sforzo deve essere fatto per ottenere l'applicazione di tali provvedimenti in tutti i paesi dell'Unione Europea.

Grazie Mr Tarpley per le sue spiegazioni, purtroppo siamo certi che tutto ciò che potrebbe fare un governo onesto per togliere dai guai l'Italia questo governo non potrà né vorrà farlo....
di Stefania Limiti