08 febbraio 2012

L’assalto al potere dei narcisisti disturbati


http://www.tuttasalute.net/wp-content/uploads/2011/03/narcisismo.jpg

Quando la TV annuncia che qualcuno ha rubato milioni alla collettività, la maggior parte degli spettatori pensa che è un mascalzone, e un furbo. Quando un paziente lascia capire in terapia che ha preso illegalmente del denaro, al terapeuta si apre una pista significativa per capire che egli è davvero malato, e come si configuri il suo malessere.
Se la psicologia del profondo ha ragione, l’attuale classe politica non sta dunque molto bene. Di cosa soffrono, però, i truffatori politici?
Il primo disturbo, lo sanno anche molti penalisti, è una profonda (anche se spesso inconsapevole), disistima di sé. Come mi raccontava il professor Alberto Dall’Ora, uno dei principi del Foro penale, ladri e truffatori sono molto spesso persone piuttosto intelligenti, che avrebbero risultati importanti anche comportandosi correttamente. Ma, come sa l’analista, non ci credono. Per varie ragioni biografiche e ambientali non si credono capaci di veri successi. Quindi scelgono, spiega lo psicoanalista Alfred Adler, “la menzogna…vie traverse..dolo e astuzie”.
Questa stessa frustrazione, di non ritenersi ”bravi”, come vorrebbero, li spinge a mete sempre più alte. Raggiungibili però (ma pericolosamente) solo col furto, e la truffa.
Il secondo disturbo di cui soffrono è la difficoltà ad amare e rispettare davvero gli altri. La rottura con la società, e le sue leggi, nasce da lì: una forte incapacità a rispettare gli altri come persone, e un’insopprimibile tendenza a vederli solo come strumenti per la realizzazione delle proprie personali ambizioni.
Ladri e truffatori sono (soprattutto quando non incalzati dal bisogno, ma di estrazione sociale borghese), persone disturbate nelle loro relazioni con gli altri e la società, che accumulano denaro calpestando diritti altrui per affermare la propria brama di un potere di cui non si sentono degni, o capaci.
In questa modalità c’è naturalmente un forte aspetto autodistruttivo: anche se consciamente pensano di farla franca, non sono così stupidi da non intuire che il rischio di venire prima o poi scoperti è molto elevato. Ma mentono anche a sé stessi, come agli altri. Arrivando così a una sorta di “suicidio sociale”. Così come altri, che soffrono degli stessi disturbi e sociopatie, arrivano a volte al suicidio.
Se è vero quanto l’osservazione della psicoanalisi e delle psicologie sociali sostiene, c’è da chiedersi cosa significhi la vigorosa presenza, al vertice della società italiana, di persone che rubano e violano le leggi (e non da oggi: Mani Pulite è di vent’anni fa, e uno dei suoi esponenti, Piercamillo Davigo, ritiene che il debito pubblico italiano sia nato dalle pratiche denunciate in quell’esperienza).
Come mai dunque, persone disturbate hanno potuto scalare in gran numero il potere politico dei partiti italiani (la cui credibilità è scesa nei sondaggi a meno del 10% degli intervistati)?
Il vecchio Freud, fondatore della psicoanalisi ma anche acuto osservatore del suo tempo, sosteneva che i “narcisisti che si espongono alla frustrazione del mondo esterno presentano le condizioni per fare esplodere la delinquenza” che è in loro.
La visibilità, il potere, anche i guadagni legittimi assicurati dalla vita pubblica hanno attirato in gran numero personalità fortemente narcisistiche, gratificate nella propria immagine. Ma le hanno anche frustrate nelle loro aspettative, sempre sproporzionate rispetto alla realtà. Si è creato così un gruppo molto consistente di persone dotate di notevole potere, ma prive sia di reale empatia per l’interesse collettivo, sia di equilibrio nel perseguire il proprio. Come ci mostrano le notizie.

di Claudio Risé

05 febbraio 2012

Posto fisso? Imitate Monti, lui se ne intende

Ma perchè Monti è così noioso? Forse perché ha sempre avuto il posto fisso? Il nostro presidente del Consiglio, che dà sapienti lezioni ai giovani sulle virtù dell’instabilità occupazionale, non è propriamente un modello di coerenza. Già perchè se scorri il suo curriculum che lui rischi non ne ha mai corsi. Notevole carriera, la sua. Non proprio trasparente ma bellissima. E soprattutto percorsa sapendo che sotto la passerella su cui camminava c’era sempre una rete di salvataggio; talvolta addirittura due.

Dal suo curriculum scopriamo che dal 1970 al 1985 ha insegnato economia all’Università di Torino. Esperienza traumatizzante e piena di incognite. Nel 1985 è passato alla Bocconi, dove è rimasto per ben 26 anni ricoprendo le cariche di professore, rettore e poi presidente. Nel frattempo (immagino beneficiando dell’aspettativa) anche commissario europeo e consigliere di Coca Cola, Moody’s, Goldman Sachs. E ha intrapreso attività pericolosissime e trasparenti assumendo la presidenza della Trilaterale, diventando membro del comitato direttivo di Bilderberg, uno dei presidenti del “Business and Economics Advisors Group” dell’Atlantic Council e fondando il think tank Breugel.

Un percorso esemplare, di un uomo che ha sempre saputo affrontare i rischi, soprattutto imprenditoriali, e che ora orgogliosamente può affermare: mi sono fatto da me. Ragazzi, accettate i suoi sermoncini e imitatelo. Se ne intende…

di Marcello Foa

04 febbraio 2012

Giulio Sapelli: "Le riforme fatte da Monti sono superficiali, le strade per ripartire sono altre"

http://www.cmc.milano.it/Archivio/2010/Foto/Giulio%20Sapelli%20(Custom).JPG

Il governo Monti ha ottenuto la fiducia del Parlamento il 18 novembre dell’anno scorso. In poco più di due mesi ha messo a posto i conti pubblici (decreto Salva Italia), ha varato le liberalizzazioni (decreto Cresci Italia) e dato il via libera al provvedimento sulle semplificazioni. Adesso è la volta della riforma del mercato del lavoro che si annuncia profonda e radicale. Dopo anni e anni di stallo politico e amministrativo il nostro Paese ha finalmente cambiato registro? Siamo davvero di fronte alla rivoluzione che ci farà uscire dalla crisi economica? Lo abbiamo chiesto ad uno degli storici dell’economia più autorevoli in Italia, Giulio Sapelli, torinese di nascita ma docente alla Statale di Milano.

Professore, le riforme dell’attuale Esecutivo quanto profondamente stanno cambiando l’Italia?

“Si tratta di cambiamenti superficiali, di profondi non ne ha fatto. Prendiamo per esempio il decreto sulle semplificazioni. E’ vero che sono state abolite tante farraginose pratiche burocratiche per le imprese ma l’abolizione del valore legale della laurea non è arrivato e ci sono diverse ingenuità spaventose come l’accentramento informatico presso authorities e agenzie che denota una povertà di cultura economica da parte di Monti”.

In che senso “povertà di cultura economica”? Monti è considerato uno dei più importanti economisti italiani.

“E’ diventato rapidamente ordinario di economia, ha fatto il commissario europeo ma a livello scientifico non è un grande economista. Non ha dato contributi importanti alla teoria economica, le sue pubblicazioni, tranne piccole eccezioni, sono raccolte della sua attività pubblicistica sui quotidiani. Monti è salito al governo solamente perché il vecchio gruppo di potere raccolto attorno a Berlusconi ormai non aveva più credito a livello internazionale. L’oligopolio finanziario mondiale non tollerava più i comportamenti in Europa dell’ex premier, la spaccatura con Giulio Tremonti e l’incertezza che tutto questo generava. Il rischio ora è che anche attorno a questo nuovo esecutivo si crei un clima populistico. Già si sente parlare di tassi di crescita del Pil nei prossimi anni del 10% e queste sono cose assurde, è una forma di peronismo”.

Vuole dire che il decreto sulle liberalizzazioni ovvero il “Cresci Italia” non l’ha convinta?
“Assolutamente no. Le liberalizzazioni sono inesistenti. Si è creata l’illusione che il destino dell’Italia dipenda dalle farmacie e dai tassisti e questa è una cosa ignobile. Le riforme vere e necessarie non sono state fatte. Non è stato riformato il sistema bancario, non è stata liberalizzata la rete ferroviaria che avrebbe interessato milioni di pendolari. Anche la separazione di Snam da Eni, uno degli aspetti più rilevanti dell’intero provvedimento, è in realtà una cosa inutile. Il prezzo del gas naturale in Italia è già il più basso d’Europa dopo quello dell’Inghilterra. L’elevato costo energetico nel nostro Paese non deriva dal gas ma dal fatto che l’elettricità ha scarsi contenuti di produzione da carbone e dal nucleare. La separazione alla fine favorirà Eni che venderà Snam a prezzi di mercato e incasserà una somma economica importante per fare nuovi investimenti all’estero”.

Sta entrando nel vivo la riforma del mercato del lavoro. Quali rischi vede profilarsi all’orizzonte?

“Le anticipazioni che si sentono fanno rabbrividire. Nel momento in cui ci sono 200 milioni di disoccupati nell’area Ocse in Italia si vuole abolire la cassa integrazione straordinaria e mettere in discussione l’articolo 18. Di queste modifiche si può ovviamente discutere ma solamente dopo la creazione di un welfare davvero efficiente e dopo l’eliminazione delle 40 diverse tipologie di contratto a termine esistenti”.

L’Italia già nel 1993 ebbe un governo tecnico per affrontare un grave crisi economica e finanziaria. Quella di oggi è una cosa diversa o fondamentalmente è il proseguimento della stessa crisi?

“Fondamentalmente è la stessa cosa, però allora c’era il vantaggio di non avere l’euro che oggi purtroppo è una camicia di forza. Bisogna poi aggiungere che la crisi di oggi è certamente mondiale ma noi paghiamo anche gli errori fatti da Ciampi e da Prodi che svendendo il patrimonio industriale italiano di fatto l’hanno distrutto. Sarebbe meglio che almeno questo governo non ripetesse quegli errori”.

Come può uscire l’Italia da questa lunga crisi?

“In primo luogo il nostro Paese deve battersi a livello europeo per cambiare il trattato di Maastricht e per cambiare lo statuto della Bce affinché possa agire da prestatore di ultima istanza esattamente come fa la Federal Reserve. Bisogna sperare che la Merkel e Sarkozy vengano sconfitti nelle rispettive elezioni perché questo faciliterebbe le cose. A livello interno bisogna rafforzare l’industria manifatturiera e i servizi avanzati alle imprese per posizionarci nei settori anticiclici che saranno risparmiati dalla crisi economica mondiale. Per fare questo serve un nuovo intervento pubblico nell’economia capendo però che il problema non è il debito ma l’assenza di crescita economica”.

Nell’attuale schieramento politico vede qualcuno in grado di applicare le riforme da lei suggerite
?
“Ne vedo pochi. Mi piace Fassina che ha capito che le 'stupidità' liberiste alla Giavazzi o all’Alesina ci porteranno verso il disastro ma temo che lo 'faranno fuori' in fretta. Bisogna perciò sperare che riparta un movimento sociale importante. Qualche segnale c’è, gli operai si stanno lentamente svegliando dal torpore in cui sono caduti negli ultimi 20 anni. I lavoratori dovrebbero riprendersi in mano il loro destino".

A livello personale invece cosa si può fare?

“Mettere in moto le nostre straordinarie capacità personali e capire però che la crisi non si affronta da soli ma riscoprendo il senso della comunità. In che modo? Ci sono diverse possibilità, di sicuro una è data dalle cooperative. L’impresa capitalistica non è l’unica strada possibile per la creazione di lavoro”.

Michael Pontrelli

08 febbraio 2012

L’assalto al potere dei narcisisti disturbati


http://www.tuttasalute.net/wp-content/uploads/2011/03/narcisismo.jpg

Quando la TV annuncia che qualcuno ha rubato milioni alla collettività, la maggior parte degli spettatori pensa che è un mascalzone, e un furbo. Quando un paziente lascia capire in terapia che ha preso illegalmente del denaro, al terapeuta si apre una pista significativa per capire che egli è davvero malato, e come si configuri il suo malessere.
Se la psicologia del profondo ha ragione, l’attuale classe politica non sta dunque molto bene. Di cosa soffrono, però, i truffatori politici?
Il primo disturbo, lo sanno anche molti penalisti, è una profonda (anche se spesso inconsapevole), disistima di sé. Come mi raccontava il professor Alberto Dall’Ora, uno dei principi del Foro penale, ladri e truffatori sono molto spesso persone piuttosto intelligenti, che avrebbero risultati importanti anche comportandosi correttamente. Ma, come sa l’analista, non ci credono. Per varie ragioni biografiche e ambientali non si credono capaci di veri successi. Quindi scelgono, spiega lo psicoanalista Alfred Adler, “la menzogna…vie traverse..dolo e astuzie”.
Questa stessa frustrazione, di non ritenersi ”bravi”, come vorrebbero, li spinge a mete sempre più alte. Raggiungibili però (ma pericolosamente) solo col furto, e la truffa.
Il secondo disturbo di cui soffrono è la difficoltà ad amare e rispettare davvero gli altri. La rottura con la società, e le sue leggi, nasce da lì: una forte incapacità a rispettare gli altri come persone, e un’insopprimibile tendenza a vederli solo come strumenti per la realizzazione delle proprie personali ambizioni.
Ladri e truffatori sono (soprattutto quando non incalzati dal bisogno, ma di estrazione sociale borghese), persone disturbate nelle loro relazioni con gli altri e la società, che accumulano denaro calpestando diritti altrui per affermare la propria brama di un potere di cui non si sentono degni, o capaci.
In questa modalità c’è naturalmente un forte aspetto autodistruttivo: anche se consciamente pensano di farla franca, non sono così stupidi da non intuire che il rischio di venire prima o poi scoperti è molto elevato. Ma mentono anche a sé stessi, come agli altri. Arrivando così a una sorta di “suicidio sociale”. Così come altri, che soffrono degli stessi disturbi e sociopatie, arrivano a volte al suicidio.
Se è vero quanto l’osservazione della psicoanalisi e delle psicologie sociali sostiene, c’è da chiedersi cosa significhi la vigorosa presenza, al vertice della società italiana, di persone che rubano e violano le leggi (e non da oggi: Mani Pulite è di vent’anni fa, e uno dei suoi esponenti, Piercamillo Davigo, ritiene che il debito pubblico italiano sia nato dalle pratiche denunciate in quell’esperienza).
Come mai dunque, persone disturbate hanno potuto scalare in gran numero il potere politico dei partiti italiani (la cui credibilità è scesa nei sondaggi a meno del 10% degli intervistati)?
Il vecchio Freud, fondatore della psicoanalisi ma anche acuto osservatore del suo tempo, sosteneva che i “narcisisti che si espongono alla frustrazione del mondo esterno presentano le condizioni per fare esplodere la delinquenza” che è in loro.
La visibilità, il potere, anche i guadagni legittimi assicurati dalla vita pubblica hanno attirato in gran numero personalità fortemente narcisistiche, gratificate nella propria immagine. Ma le hanno anche frustrate nelle loro aspettative, sempre sproporzionate rispetto alla realtà. Si è creato così un gruppo molto consistente di persone dotate di notevole potere, ma prive sia di reale empatia per l’interesse collettivo, sia di equilibrio nel perseguire il proprio. Come ci mostrano le notizie.

di Claudio Risé

05 febbraio 2012

Posto fisso? Imitate Monti, lui se ne intende

Ma perchè Monti è così noioso? Forse perché ha sempre avuto il posto fisso? Il nostro presidente del Consiglio, che dà sapienti lezioni ai giovani sulle virtù dell’instabilità occupazionale, non è propriamente un modello di coerenza. Già perchè se scorri il suo curriculum che lui rischi non ne ha mai corsi. Notevole carriera, la sua. Non proprio trasparente ma bellissima. E soprattutto percorsa sapendo che sotto la passerella su cui camminava c’era sempre una rete di salvataggio; talvolta addirittura due.

Dal suo curriculum scopriamo che dal 1970 al 1985 ha insegnato economia all’Università di Torino. Esperienza traumatizzante e piena di incognite. Nel 1985 è passato alla Bocconi, dove è rimasto per ben 26 anni ricoprendo le cariche di professore, rettore e poi presidente. Nel frattempo (immagino beneficiando dell’aspettativa) anche commissario europeo e consigliere di Coca Cola, Moody’s, Goldman Sachs. E ha intrapreso attività pericolosissime e trasparenti assumendo la presidenza della Trilaterale, diventando membro del comitato direttivo di Bilderberg, uno dei presidenti del “Business and Economics Advisors Group” dell’Atlantic Council e fondando il think tank Breugel.

Un percorso esemplare, di un uomo che ha sempre saputo affrontare i rischi, soprattutto imprenditoriali, e che ora orgogliosamente può affermare: mi sono fatto da me. Ragazzi, accettate i suoi sermoncini e imitatelo. Se ne intende…

di Marcello Foa

04 febbraio 2012

Giulio Sapelli: "Le riforme fatte da Monti sono superficiali, le strade per ripartire sono altre"

http://www.cmc.milano.it/Archivio/2010/Foto/Giulio%20Sapelli%20(Custom).JPG

Il governo Monti ha ottenuto la fiducia del Parlamento il 18 novembre dell’anno scorso. In poco più di due mesi ha messo a posto i conti pubblici (decreto Salva Italia), ha varato le liberalizzazioni (decreto Cresci Italia) e dato il via libera al provvedimento sulle semplificazioni. Adesso è la volta della riforma del mercato del lavoro che si annuncia profonda e radicale. Dopo anni e anni di stallo politico e amministrativo il nostro Paese ha finalmente cambiato registro? Siamo davvero di fronte alla rivoluzione che ci farà uscire dalla crisi economica? Lo abbiamo chiesto ad uno degli storici dell’economia più autorevoli in Italia, Giulio Sapelli, torinese di nascita ma docente alla Statale di Milano.

Professore, le riforme dell’attuale Esecutivo quanto profondamente stanno cambiando l’Italia?

“Si tratta di cambiamenti superficiali, di profondi non ne ha fatto. Prendiamo per esempio il decreto sulle semplificazioni. E’ vero che sono state abolite tante farraginose pratiche burocratiche per le imprese ma l’abolizione del valore legale della laurea non è arrivato e ci sono diverse ingenuità spaventose come l’accentramento informatico presso authorities e agenzie che denota una povertà di cultura economica da parte di Monti”.

In che senso “povertà di cultura economica”? Monti è considerato uno dei più importanti economisti italiani.

“E’ diventato rapidamente ordinario di economia, ha fatto il commissario europeo ma a livello scientifico non è un grande economista. Non ha dato contributi importanti alla teoria economica, le sue pubblicazioni, tranne piccole eccezioni, sono raccolte della sua attività pubblicistica sui quotidiani. Monti è salito al governo solamente perché il vecchio gruppo di potere raccolto attorno a Berlusconi ormai non aveva più credito a livello internazionale. L’oligopolio finanziario mondiale non tollerava più i comportamenti in Europa dell’ex premier, la spaccatura con Giulio Tremonti e l’incertezza che tutto questo generava. Il rischio ora è che anche attorno a questo nuovo esecutivo si crei un clima populistico. Già si sente parlare di tassi di crescita del Pil nei prossimi anni del 10% e queste sono cose assurde, è una forma di peronismo”.

Vuole dire che il decreto sulle liberalizzazioni ovvero il “Cresci Italia” non l’ha convinta?
“Assolutamente no. Le liberalizzazioni sono inesistenti. Si è creata l’illusione che il destino dell’Italia dipenda dalle farmacie e dai tassisti e questa è una cosa ignobile. Le riforme vere e necessarie non sono state fatte. Non è stato riformato il sistema bancario, non è stata liberalizzata la rete ferroviaria che avrebbe interessato milioni di pendolari. Anche la separazione di Snam da Eni, uno degli aspetti più rilevanti dell’intero provvedimento, è in realtà una cosa inutile. Il prezzo del gas naturale in Italia è già il più basso d’Europa dopo quello dell’Inghilterra. L’elevato costo energetico nel nostro Paese non deriva dal gas ma dal fatto che l’elettricità ha scarsi contenuti di produzione da carbone e dal nucleare. La separazione alla fine favorirà Eni che venderà Snam a prezzi di mercato e incasserà una somma economica importante per fare nuovi investimenti all’estero”.

Sta entrando nel vivo la riforma del mercato del lavoro. Quali rischi vede profilarsi all’orizzonte?

“Le anticipazioni che si sentono fanno rabbrividire. Nel momento in cui ci sono 200 milioni di disoccupati nell’area Ocse in Italia si vuole abolire la cassa integrazione straordinaria e mettere in discussione l’articolo 18. Di queste modifiche si può ovviamente discutere ma solamente dopo la creazione di un welfare davvero efficiente e dopo l’eliminazione delle 40 diverse tipologie di contratto a termine esistenti”.

L’Italia già nel 1993 ebbe un governo tecnico per affrontare un grave crisi economica e finanziaria. Quella di oggi è una cosa diversa o fondamentalmente è il proseguimento della stessa crisi?

“Fondamentalmente è la stessa cosa, però allora c’era il vantaggio di non avere l’euro che oggi purtroppo è una camicia di forza. Bisogna poi aggiungere che la crisi di oggi è certamente mondiale ma noi paghiamo anche gli errori fatti da Ciampi e da Prodi che svendendo il patrimonio industriale italiano di fatto l’hanno distrutto. Sarebbe meglio che almeno questo governo non ripetesse quegli errori”.

Come può uscire l’Italia da questa lunga crisi?

“In primo luogo il nostro Paese deve battersi a livello europeo per cambiare il trattato di Maastricht e per cambiare lo statuto della Bce affinché possa agire da prestatore di ultima istanza esattamente come fa la Federal Reserve. Bisogna sperare che la Merkel e Sarkozy vengano sconfitti nelle rispettive elezioni perché questo faciliterebbe le cose. A livello interno bisogna rafforzare l’industria manifatturiera e i servizi avanzati alle imprese per posizionarci nei settori anticiclici che saranno risparmiati dalla crisi economica mondiale. Per fare questo serve un nuovo intervento pubblico nell’economia capendo però che il problema non è il debito ma l’assenza di crescita economica”.

Nell’attuale schieramento politico vede qualcuno in grado di applicare le riforme da lei suggerite
?
“Ne vedo pochi. Mi piace Fassina che ha capito che le 'stupidità' liberiste alla Giavazzi o all’Alesina ci porteranno verso il disastro ma temo che lo 'faranno fuori' in fretta. Bisogna perciò sperare che riparta un movimento sociale importante. Qualche segnale c’è, gli operai si stanno lentamente svegliando dal torpore in cui sono caduti negli ultimi 20 anni. I lavoratori dovrebbero riprendersi in mano il loro destino".

A livello personale invece cosa si può fare?

“Mettere in moto le nostre straordinarie capacità personali e capire però che la crisi non si affronta da soli ma riscoprendo il senso della comunità. In che modo? Ci sono diverse possibilità, di sicuro una è data dalle cooperative. L’impresa capitalistica non è l’unica strada possibile per la creazione di lavoro”.

Michael Pontrelli