11 ottobre 2008

Perchè il salvataggio di Wall Street puzza?



Questo è un disastro in tempo reale e richiede vere soluzioni.[…] Siamo in una situazione di panico generalizzato e siamo ritornati a rischio di crollo sistemico dell’intero sistema finanziario. E le autorità Usa e quelle straniere sembrano non avere capito nulla su cosa ci sia bisogno di fare.

Da quasi un anno ci stiamo chiedendo: perché gli investitori e le banche straniere che hanno comprato centinaia di miliardi di dollari di titoli poggiati sui mutui [mortgage-backed securities, MBS] da banche di investimento Usa non hanno intrapreso alcuna azione legale contro queste stesse banche, o iniziato un boicottaggio dei prodotti finanziari Usa per impedire che altre persone venissero derubate?

Ora sappiamo la risposta. È perché, dietro le scene, Henry Paulson & Co. stavano lavorando ad un accordo per gettare tutto questo casino da miliardi di dollari sui contribuenti Usa. Questa è la vera ragione dietro a questo spreco da $ 700 miliardi; cancellare gli enormi debiti generati dal più grande caso di truffa della storia. Il membro del congresso Brad Sherman la spiegato mercoledì notte a Larry Kudlow:

“Il decreto fornisce centinaia di miliardi di dollari per salvare gli investitori stranieri. Non fornisce alcun reale controllo sui poteri di Paulson. Vi è un comitato di controllo ma non è un vero comitato che può farsi avanti e cambiare quello che lui fa. È un programma da $ 700 miliardi gestito da un impiegato part-time e non vi è limite sui salari da un milione di dollari al mese… Il tutto è molto chiaro. La Bank of Shanghai può trasferire tutti i suoi beni tossici alla sua sede di Los Angeles che poi il giorno dopo li rivende al Tesoro. Ho proposto un emendamento per fare in modo che se questi beni non fossero stati posseduti da un’entità americana, pure una sussidiaria, ma almeno una qualche entità negli Usa, il Tesoro non avrebbe potuto comprarli. È stato rigettato.

A seguire: "Salviamo i proprietari di casa! Perchè il piano Paulson è una truffa", di Paul Craig Roberts (Counterpunch).
Il decreto è molto chiaro. Beni ora detenuti in Cina e a Londra possono essere venduti a società Usa lunedì e poi rivenduti al Tesoro martedì. Paulson ha detto chiaramente che avrebbe chiesto un veto di qualunque legge contenente un chiaro emendamento che affermasse che non possono essere venduti al Tesoro beni non posseduti da cittadini americani al 20 di settembre. Centinaia di miliardi di dollari sono destinati a salvare gli investitori stranieri. Lo sanno, lo hanno chiesto, il decreto è stato accuratamente scritto per far sì che accada ciò”.

Perciò, perché il segretario al Tesoro non ha spiegato al popolo americano il vero scopo del salvataggio? Può essere che egli sappia che il suo salvataggio da $ 700 miliardi finirà come il dirigibile Hindenburg, svanendo coperto dalle fiamme?

Questo è un decreto terribile, e conferisce autorità assoluta ad uno degli attori centrali dello scandalo, Henry Paulson, che e stato presidente della Goldman Sachs al tempo in cui questi titoli MBS spazzatura venivano rifilati in giro per il pianeta ad investitori creduloni. Ora Paulson sarà nella posizione di ricomprare qualunque “bene in difficoltà” egli ritenga porre una minaccia alla “stabilità del mercato finanziario”. E’ chiaro che Paulson utilizzerà i suoi poteri privi di controlli per fare tabula rasa e rimuovere qualunque possibilità che gli investitori stranieri possano intraprendere azioni legali contro i perpetratori della truffa: le giganti banche di investimento di Wall Street.

Dunque, com’è possibile che il popolo americano accetti di pagare per evitare future spese legali a Paulson & Co.? E’ questo il modo in cui le tasse dei contribuenti dovrebbero essere spese, anziché in educazione, sanità e infrastrutture?

Vi è un’altra ragione per cui Paulson ha lavorato così duramente per l’approvazione del decreto Salvataggio per i Tycoons; perché è una manna dal cielo per i giganti del sistema bancario. La Citigroup non ha raccolto la Wachovia per puro caso, né la JP Morgan ha acquistato Washington Mutual perché voleva compiere il suo dovere civico e impedire il totale collasso del sistema. Assolutamente no; sapevano chiaramente dove soffiava il vento. Di fatto, non ce n’è uno di questi casi che non mandi puzza di bruciato.

Questo ha detto Sara Lepro di AP:
“La Citigroup ha acconsentito lunedì ad acquistare le operazioni bancarie della Wachovia per $ 2,1 miliardi in un accordo combinato dai regolatori federali, rendendo la banca di Charlotte l’ultima vittima della sempre più vasta crisi finanziaria globale.

L’accordo espande grandemente i diritti di vendita della Citigroup—fornendole un totale di più di 4300 filiali Usa e 600 miliardi in depositi—e le assicura un posto tra le Tre Grandi dell’industria bancaria Usa, assieme alla Bank of America Corp. e alla JP Morgan Chase & Co.

Ma tutto ciò avviene ad un costo: Citigroup Inc. ha detto che ridurrà i suoi dividendi trimestrali della metà, a 16 centesimi. Diluirà anche gli attuali azionisti vendendo 10 miliardi di azioni ordinarie per sostenere la sua posizione di capitale. Oltre ad essersi assunta $ 53 miliardi in debiti, Citigroup assorbirà sino a 42 miliardi di perdite del portafoglio prestiti da 312 miliardi della Wachovia, mentre la Federal Deposit Insurance Corp. [FDIC, assicurazione federale sui depositi, n.d.t.] si è dichiarata d’accordo a coprire le rimanenti perdite. Citigroup emetterà anche azioni privilegiate e garanzie per la FDIC per 12 miliardi di dollari.”

Questa è la frase chiave della Lepro:
“Il piano di salvataggio per le istituzioni finanziarie da $ 700 miliardi proposto dal governo, votato lunedì dalla Camera dei Rappresentanti, probabilmente si dimostrerà un ulteriore guadagno per la Citi.

Mentre il piano è in generale progettato per impedire che le banche si approfittino della vendita al governo di beni in difficoltà, vi è un’eccezione per il caso di beni acquistati in una unione o in un rilevamento, o da aziende che hanno fatto bancarotta. Questo permetterebbe alla Citigroup di vendere le obbligazioni tossiche e altri beni ottenuti dalla Wachovia per un prezzo più alto di quello realmente pagato per essi”.

Perciò la Citi non solo ottiene un’armata di correntisti (il più economico capitale disponibile!) ma, allo stesso tempo, potrà scaricare tutta la sua spazzatura poggiata sui mutui sui contribuenti! E, indovinate un po’, l’affare fatto dalla JP Morgan è praticamente identico.

È o no un giochetto da esperti?

Qualcuno ha voglia di scommettere che anche la G-Sax otterrà un posto in prima fila succhiando miliardi di dollari dei contribuenti per rimettere assieme il suo traballante bilancio?

E quale sarà il risultato netto della rapina da parte dei banchieri gangster di Paulson? Maggiore consolidamento dell’industria finanziaria e totale distruzione delle banche locali e regionali. Questa è una cosa certa. Le piccola banche di tutta la nazione se la prenderanno in saccoccia se passa il decreto. Potete scommetterci.

Il paese non ha tempo per questa cinica caccia al tesoro. Il sistema sta mostrando pessimi segni e abbiamo UNA sola possibilità per fare un buon decreto di emergenza.

Secondo Bloomberg News, 29 settembre:
“La Federal Reserve immetterà ulteriori $ 630 miliardi nel sistema finanziario globale, allagando le banche di contanti per alleviare la peggiore crisi bancaria dai tempi della Grande Depressione. La Fed ha aumentato i suoi scambi di valuta con banche centrali straniere da $ 330 miliardi a $ 620 miliardi per rendere una maggiore quantità di dollari disponibile in tutto il mondo. Il Term Auction Facility, il programma d’emergenza di prestiti della Fed, si espanderà da $ 300 miliardi a $ 450 miliardi. Tra le autorità partecipanti vi sono la Banca Centrale Europea, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone.

La crisi si sta riflettendo su tutta l’economia globale, provocando la caduta del mercato azionario e costringendo i governi europei a salvare quattro banche negli ultimi due giorni appena”. (Bloomberg)

Afferrato il concetto? La Fed aveva già accantonato il voto negativo del Congresso e pompato denaro nel sistema; e guardate cos’è successo.

Nulla!

Il Libor [London Interbank Offered Rate. Da Wikipedia: “Il libor è il tasso di riferimento europeo al quale le banche si prestano denaro tra loro, spesso durante la notte (in batch notturno), dopo la chiusura dei mercati” N.d.t.] è ancora al massimo storico, il Ted spread [Il Ted spread è la differenza tra i tassi di interesse dei prestiti interbancari e quelli dei buoni del Tesoro USA a breve termine. E’ un indice del rischio percepito sul credito, dato che i buoni del Tesoro sono considerati a basso rischio a differenza dei prestiti interbancari N.d.t.] si è allargato livelli record mentre i prestiti interbancari sembrano bloccati ad un punto morto. Vi è una corsa al mercato valutario che sta riducendo la capacità delle imprese di utilizzare credito a breve termine. Il sistema si sta spegnendo, amici, e l’olio di serpente di Paulson non servirà a nulla. 400 economisti di fama—non i falchi fanatici che lavorano per l’amministrazione Bush –si sono opposti a questo piano di salvataggio.

Questo è un disastro in tempo reale e richiede vere soluzioni. Come fa notare Nouriel Roubini, presidente della Roubini Global Economics, siamo sull’orlo della “madre di tutte le corse agli sportelli”, un saccheggio senza confini delle riserve che farebbe crollare il sistema finanziario. Questa è l’opinione di Roubini su quale sarà la prossima testa a cadere:
“Il prossimo passo di questo panico potrebbe diventare la madre di tutte le corse gli sportelli, cioè una corsa agli oltre $1000 miliardi di prestiti interbancari a breve termine con l’estero del sistema finanziario e bancario Usa, dato che le banche straniere si stanno iniziando a preoccupare della sicurezza delle loro esposizioni liquide verso le istituzioni finanziarie USA; tale silenziosa corsa agli sportelli da oltre confine è già iniziata dal momento che le banche straniere sono preoccupate della solvibilità delle banche Usa e stanno iniziando a ridurre la loro esposizione. E se questa corsa accelera, come potrebbe accadere, potrebbe avvenire un collasso totale del sistema finanziario Usa. Siamo perciò ora in una situazione di panico generalizzato e siamo ritornati a rischio di crollo sistemico dell’intero sistema finanziario. E le autorità Usa e quelle straniere sembrano non avere capito nulla su cosa ci sia bisogno di fare. Forse dovrebbero già oggi iniziare una coordinata riduzione di 100 punti base dei tassi in tutte le maggiori economie del mondo per mostrare che hanno seriamente iniziato a riconoscere e ad affrontare questa crisi finanziaria in rapido peggioramento.” (Nouriel Roubini, EconoMonitor)

Non un solo centesimo dovrebbe andare a questa ultima truffa di Wall Street. Nessun salvataggio!

Mike Whitney vive nello stato di Washington. Può essere contattato all’indirizzo fergiewhitney@msn.com

Titolo originale: " Why the Bailout Stinks "

Fonte: http://www.counterpunch.org
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02.10.2008

SALVIAMO I PROPRIETARI DI CASA! PERCHE’ IL PIANO PAULSON E’ UNA TRUFFA

DI PAUL CRAIG ROBERTS
Counterpunch

Questo piano di salvataggio di Paulson è, esso stesso, una gigantesca frode come i mutui subprime ad eccessiva leva finanziaria?

Ieri, qui su CounterPunch, ho discusso del piano di salvataggio proposto e fatto notare che la proposta non può avere successo se danneggia la posizione di credito del Tesoro Usa e/o la combinazione del mark-to-market [utilizzo dei prezzi stabiliti dal mercato N.d.t.] e dello short-selling [detto anche “vendita allo scopeto”, lo Short Selling è un operazione finanziaria che consiste nella vendita di strumenti finanziari non posseduti con successivo riacquisto. Da BorsaItaliana.it N.d.t.] permette a chi lo pratica di prosperare trascinando sempre più istituzioni finanziarie alla bancarotta.

Il commento di un lettore e un articolo dei professori di Yale Jonathan Kopell and William Goetzmann, sollevano esattamente questa questione della fraudolenza del pacchetto Paulson.

Come dice un lettore: “abbiamo debito a tre differenti livelli: il debito personale familiare, il debito del settore finanziario e il debito pubblico. Il primo ha inondato il secondo e ora stanno facendo sì che il secondo inondi il terzo. L’atteggiamento dei nostri leader è quello di non fare nulla per il primo livello di debito, e fare finta che il terzo livello di debito non abbia alcuna importanza”.

L’argomento in favore del piano di salvataggio è che le banche saranno libere dagli strumenti finanziari in difficoltà e potranno ritornare a fare prestiti, e che il Tesoro Usa recupererà gran parte dei costi del salvataggio perché solo una piccola percentuale dei sottostanti i mutui sono cattivi. Esaminiamo questo argomento.

In realtà il piano Paulson non affronta il problema principale. Affronta solo i problemi delle istituzioni finanziarie che detengono beni in difficoltà. In base al piano di salvataggio, i beni in difficoltà si spostano dai bilanci delle banche al bilancio del Tesoro. Ma il sottostante problema—la continua diminuzione dei valori dei mutui e delle case—rimane e continua a peggiorare.

L’origine della crisi è al livello dei proprietari di casa. I proprietari non riescono a ripagare i mutui. Spostare gli strumenti finanziari nei libri contabili del Tesoro non ferma il crescente tasso di insolvibilità.

Il piano di salvataggio si concentra sul lato sbagliato del problema. Il salvataggio dovrebbe concentrarsi sull’origine del problema, i proprietari di casa che si dichiarano insolventi. Il salvataggio dovrebbe indennizzare i proprietari insolventi e pagare i mutui criminali. Come fanno notare Koppell e Goetzmann, gli strumenti finanziari sono in difficoltà a causa dell’insolvibilità dei mutui. Fermare il problema alla sua origine restaurerebbe il valore dei derivati basati su mutui e porrebbe fine alla crisi.

Questo approccio ha l’ulteriore vantaggio di fermare la valanga nei prezzi delle case e porre termine all’erosione della base fiscale locale che risulta dai pignoramenti e dalle case gettate sul mercato. E per quanto riguarda l’azzardo morale di salvare i proprietari di casa che hanno fatto eccessiva leva finanziaria [over-leveraged] su se stessi? Chiedetevi: qual è la differenza con l’azzardo morale di salvare le istituzioni finanziarie che hanno creato obbligazioni su prestiti questionabili, li hanno assicurati e venduti come titoli di investimento? Il Congresso dovrebbe concentrare il piano di salvataggio sul rifinanziamento dei mutui in difficoltà come la Home Owners’ Loan Corp. fece negli anni 30, non su istituzioni in difficoltà che detengono strumenti in difficoltà legati ai mutui. Il Congresso deve fare un passo indietro, stabilire udienze e parlare con Koppell e Goetzmann. Il Congresso deve sapere i fatti prima di intraprendere un’azione. L’ultima cosa che il Congresso ha bisogno di fare è lasciarsi spaventare ancora una volta fino ad acconsentire ad un’iniziativa disastrosa.

Paul Craig Roberts [email] è stato Assistente Segretario del ministero del Tesoro americano, durante l’Amministrazione Reagan. E’ un ex Editore Associato del Wall Street Journal, è stato per 16 anni columnist di Business Week e di Scripps Howard News Service e di Creator’s Sindacate di Los Angeles. Ha avuto numerose cattedre universitarie, inclusa quella "William E. Simon" della facoltà di Politica Economica del Center for Strategic and International Studies della Georgetown University e Senior Research Fellow dell’Hoover Institution e della Stanford University. E’ stato insignito della Legion d’Onore dal Presidente della Francia e gli è stata assegnata la medaglia d’argento del Ministero del Tesoro Usa, per il suo “importante contributo alla formulazione della politica economica americana”.
di Mike Whitney

Fonte: http://www.counterpunch.org

Una democrazia senza parlamento

Titoli di giornali di ieri: “Berlusconi: imporrò i decreti” (la Repubblica). Più soft, una volta si diceva “più gesuitico”, il Corriere: “Berlusconi: farò più decreti”. Poiché non eravamo a Napoli, luogo del pronunciamento, non possiamo giurare su quale dei due verbi abbia usato il premier. Sta di fatto che, nel clima della legge Alfano, cui i costituzionalisti negano il titolo di “lodo” non essendo il ministro di giustizia un’autorità neutrale chiamata a mediare vertenze, un delirio di onnipotenza e di insofferenza per le istituzioni parlamentari e per la costituzione della repubblica sta dilagando nella destra. Mercoledì ne abbiamo avuto tre manifestazioni simultanee: quella appena ricordata del premier a Napoli, l’annuncio di Tremonti che l’indomani sarebbe andato in parlamento a riferire solo sulla legge finanziaria e non sulla crisi mondiale, come chiedevano i deputati; la teoria di Elio Vito, ministro dei rapporti col parlamento, illustrata nel question-time, che la decretazione è un modo di adeguare il processo legislativo al nuovo secolo, che mal sopporta tempi e modi della legiferazione parlamentare.

Ma dove hanno letto, costoro, che la nostra democrazia non è più quella codificata nella costituzione e che il governo può strafottersene delle regole scritte e dei rappresentanti del popolo? Il 4 luglio, Europa pubblicò l’appello di 110 docenti dell’Associazione costituzionalisti, presieduta da Alessandro Pace, al capo dello stato, al governo, alle camere, e naturalmente al “popolo sovrano” che la nostra costituzione, non mutata, riconosce appunto unico sovrano e tuttavia nega anche ad esso l’esercizio della sovranità fuori dei modi e dei limiti stabiliti dalla legge. A maggior ragione, fuori di quei limiti e modi non si possono porre i governanti, sulle cui spalle non c’è neanche la forfora della sovranità. Fare le leggi è dunque mestiere del parlamento. Il governo può fare decreti solo in caso di necessità e urgenza. Non ha necessità e urgenza la guerra ai graffiti che Berlusconi ha indicato da Napoli come uno dei prossimi oggetti del suo governare per decreti.

Ma oltre ai requisiti di necessità e urgenza, i decreti debbono essere “puntuali e omogenei”, cioè riguardare una singola materia, come impone la legge 400 del 1988 sui poteri della presidenza del consiglio. Invece non lo sono più da quando i loro testi sono diventati vere e proprie lenzuolate, nelle quali ci sono non una ma dieci, quindici materie: una , forse, con caratteri di necessità e urgenza, le altre come Dio vuole. Prassi fraudolenta, il capo dello stato talvolta obbietta, altre volte concede l’autorizzazione, che il cavaliere nella sua cultura brianzola chiama il “visto”. La frode si moltiplica quando la lenzuolata, autorizzata dal Quirinale per evitare la guerra perpetua col governo, viene inzeppata di emendamenti in parlamento e quindi diventa una cosa diversa da quella “vistata” cioè autorizata dal capo dello stato. E’ una vera e propria prassi di rapina nei confronti del presidente della repubblica e del parlamento. Il presidente della camera Fini ha formalmente protestato contro questa legiferazione per decreti. Dall’inizio del governo Berlusconi, deputati e senatori si sono limitari a convertire in leggi i decreti del governo. Per di più prendendosi lo sberleffo di Vito.

Il quale, per negare questa mortificante realtà, rinfacciava all’aula di Montecitorio che i parlamentari hanno votato anche la ratifica di non so quale trattato internazionale. Hai detto un prospero.
Siamo grati a Fini della protesta, altrettanto ci aspettiamo da Schifani, che sovrintende all’altro ramo del parlamento. E ci aspettiamo anche che dicano la cosa essenziale: poiché Berlusconi lamenta l’inadeguatezza dei suoi poteri di premier e la farraginosità dei regolamenti parlamentari – le due cause della lentezza del processo legislativo – camera e senato, dove la maggioranza ha numeri sovrabbondanti, procedano subito ad adeguare la legge 400 sui poteri del presidente del consiglio e a snellire radicalmente i regolamenti parlamentari. Il governo potrà così governare con la velocità della Tav, come piacerebbe a Berlusconi e non solo a lui.

Di più, la legge 400 sui poteri della presidenza del consiglio potrebbe essere trasformata da legge ordinaria a norma costituzionale: aggiungendo così ai requisiti di necessità e urgenza, già scritti in costituzione, quelli di puntualità e omogeneità, scritti nella legge e snobbati dalle lenzuolate. Sarebbe la strada semplice e corretta per restare nella democrazia parlamentare. Che altrimenti, anche senza evocare Putin o Videla, vedrebbe giorno dopo giorno le sue istituzioni (e la libertà dei cittadini) ridursi come le anime dantesche, “ombre vane fuor che nell’aspetto”.
di Federico Orlando

Una rivolta dei “consumatori” può scatenare una rivoluzione?



Il proletariato borghese – I ceti medi potrebbero trasformarsi in classe rivoluzionaria, prendendo il posto che Marx aveva immaginato del proletariato. La globalizzazione del mercato del lavoro e i ridotti livelli del supporto previdenziale nazionale e della occupazione potrebbero diminuire nella gente l'attaccamento a certe istituzioni. Il gap crescente tra loro e un piccolo numero di individui ultra-ricchi molto in vista potrebbe accendere la disillusione nei confronti della meritocrazia, mentre le sotto-classi urbane in aumento potrebbero rappresentare una crescente minaccia per l'ordine e la stabilità sociali, dato che il peso del debito acquisito e il fallimento del supporto pensionistico cominciano a bruciare. Di fronte a questa doppia sfida, i ceti medi di tutto il mondo, usando l'accesso al sapere, potrebbero unire risorse e abilità per dare forma a processi transnazionali nell'interesse della propria classe.” ― Rapporto del Ministero della Difesa Inglese: “Programma sugli Andamenti Globali Strategici 2007-2036 del Development, Concepts and Doctrine Centre (DCDC)” [Centro per lo Sviluppo di Concetti e Dottrine], (Terza Edizione) p.96, Marzo 2007.

Parole davvero profetiche, considerata la gravissima siutuazione del capitalismo per effetto della speculazione rampante e di un'economia basata sull'illusoria creazione di una fetta di benessere, quest'analisi del Ministero della Difesa ha qualche significato?

Il potere del grande capitale transnazionale ha trasformato non soltanto lo scenario economico ma anche la natura del modo in cui viviamo, dal cibo che mangiamo (e dove lo acquistiamo) fino alla struttura dei nostri spazi sociali, e a giudicare dal livello d'insoddisfazione della società capitalista contemporanea, ampie fasce di popolazione non sono fesse e contente.

Ma al contrario di epoche precedenti questa insoddisfazione, che non ha una voce politica coerente, sta trovando altre vie d'uscita e di espressione.

Con una popolazione incastrata nel debito che adesso si estende alla sua progenie, i “bei tempi” dei passati decenni sono finiti con un botto e, dato che l'unica “soluzione” alla crisi del capitalismo sembra essere negli effetti del cambiamento climatico, nel caos causato dalla “globalizzazione” (imperialismo rimodernato sotto altro nome) e nell'estesa destabilizzazione come la guerra senza fine, quali sono le possibilità di porre termine alla follia del capitalismo?

La sinistra, essa stessa prodotto di una società che di fatto non esiste più, ha fallito sia nel non riconoscere questa trasformazione, sia nel non produrre una struttura teorica che possa essere usata per apportare un cambiamento radicale.

Nel Regno Unito cinque gigantesche catene di supermarket dominano la fornitura alimentare al dettaglio, e a causa della loro solidità sul mercato impongono non solo il prezzo ma anche il tipo, la qualità e la provenienza di quello che vendono.

Eppure il 75% degli alimenti coltivati e prodotti nel Regno Unito proviene da piccoli produttori.

Sfortunatamente, per il piccolo agricoltore, questi non possono offrirlo al prezzo richiesto dai monopoli dei supermarket, e tanto meno farlo per tutto il corso dell'anno, mentre i generi alimentari provenienti dai paesi in via di sviluppo non solo costano meno ma sono anche disponibili su richiesta. La globalizzazione ha spezzato il legame biologico e storico fra la produzione agricola e il consumo.

Un terzo dei 20 miliardi di sterline spesi annualmente in abbigliamento e in casalinghi vengono spesi nelle otto settimane che precedono il Natale. Tuttavia, la tanto decantata economia dei consumi è in gran parte un'illusione dato che opera quasi completamente sul credito/debito. Il credito proviene dall'enorme eccedenza estratta dal settore bancario e finanziario attraverso il controllo e il possesso del circuito globale di capitale, che a sua volta presta ai consumatori addebitando loro gli interessi sul prestito.

Di contro, solo una piccola percentuale del prodotto interno lordo del Regno Unito proviene dalla manifattura, la nostra non è più un'economia produttiva in realtà, ma soltanto un'economia dei consumi. Il “benessere” di cui godiamo adesso ha due fonti: il credito o il debito per mezzo del settore finanziario che in cambio finanzia l'economia del credito (be', almeno così è stato fino a poco tempo fa). Ovviamente è un ciclo chiuso, poiché nessun benessere vero e proprio viene prodotto, in altre parole è un'economia parassita che dipende completamente dalla presa che il grande capitale ha sul circuito globale di capitale e dall'estrarre il sovrappiù da un terzo mondo disperato e sempre più povero. Perciò il capitalismo industriale è stato sostituito quasi completamente dal capitalismo dei consumi.

Quindi, cosa implica questa trasformazione e come dovremmo affrontarla?

Con la fine della classe lavoratrice organizzata, tramite la distruzione dei sindacati di categoria (a parte i sindacati del pubblico impiego, e in maniera rilevante, lo stato è il più grande datore di lavoro) e la distruzione totale delle comunità della classe operaia, dato che le attività produttive sono state tolte di mezzo, anche la tradizionale solidarietà che si creava nelle comunità e nei luoghi di lavoro è scomparsa.

Accanto a questo, con la scissione della società in una “middle-class” carica di debiti e in una “under-class” relegata in quartieri fatiscenti, lo stato delle aziende e dell'apparato di sicurezza sembra al sicuro. Esso ha a disposizione tutte le “leggi” per reprimere qualunque dissenso reale che sfidi il potere dello stato in maniera significativa.

Infatti, per fare un esempio, è riuscito a mettere una parte della classe operaia contro l'altra, demonizzandone e criminalizzandone la parte giovane, creando un'atmosfera di paura e di paranoia attraverso la complicità dei media (per es., “sensazione che il crimine stia dilagando”, “comportamento antisociale”, “abuso di alcolici”, “accoltellamenti”, “bande giovanili”), davvero un ritorno alla “classe criminale” dell'epoca vittoriana. In questo modo lo stato e/o i media hanno messo i lavoratori nelle condizioni di divorarsi l'un l'altro, piuttosto che fare luce sulla vera causa della frammentazione della società, il capitalismo.

Eppure, a dispetto della nostra esistenza depoliticizzata e alienata, questa è una società che si sta spaccando in una pletora di fratture, fratture che stanno trovando un'espressione ma non nel modo “tradizionale”, cioè attraverso la lotta di classe.

In compenso vediamo i cosiddetti gruppi di interesse, generalmente nel ceto medio, in cerca di “alternative” per costruire stili di vita “ecologici”, come ripartizioni dei generi alimentari, progetti di energia “sostenibile”, riciclaggio, nostalgici viaggi in un passato (“retaggio”) perlopiù fittizio, una ricerca di “britannicità”, molti dei quali ― non c'è da sorprendersi, dato che gli stessi lavorano nei media ― trovano espressione in una marea di programmi in TV e alla radio. Nell'insieme, sa di elitarismo, ma si può affermare che questi sono progetti di lusso, e allora cosa succede quando finiscono i soldi?

D'altra parte, non vi è dubbio che l'attrattiva del capitalismo consumistico stia svanendo ancor prima di finire fuori strada, e questo processo sta accelerando con la crisi del capitale che si mangia la casa, e il costo della vita alle stelle. Quindi si sta verificando un certo tipo di sintesi tra i bisogni reali e la realtà, ma manca di espressioni fattibili.

Potrebbe essere come dice il rapporto del Ministero della Difesa, “Di fronte a questa doppia sfida i ceti medi di tutto il mondo, usando l'accesso al sapere, potrebbero unire risorse e abilità per dare forma a processi transnazionali nell'interesse della propria classe”, e se così fosse, dov'è la sinistra in questo processo?

Se questa è di fatto una riflessione accurata dei processi attualmente in corso, come possono questi due settori del proletariato trovare un terreno comune senza una qualche espressione collettiva?

Attualmente, la sinistra esistente quasi ignora la cosiddetta “middle class”, i professionisti, manager, operatori dei media, intellettuali e accademici che in realtà fanno andare il capitalismo (a parte cioè quelli che ironicamente compongono la leadership della sinistra)?

Cruciali per questo processo sono gli impiegati del servizio pubblico, senza i quali lo stato non ha potere. Una qualche alleanza fra la restante classe operaia organizzata e il ceto medio professionista potrebbe portare ad un cambiamento rivoluzionario?

Io sostengo che molto dipende da come si metterà l'attuale crisi del capitale. Se, come potrebbe essere il caso, la classe capitalista internazionale è ben decisa a usare una serie infinita di guerre come soluzione alla crisi dell'accumulazione, allora si mette davvero male.

Perciò smascherare la “guerra al terrore”, in realtà la guerra al pianeta e alle sue genti insita nella natura del capitalismo, deve essere di certo il nostro obiettivo primario, altrimenti tutto è perduto.

di WILLIAM BOWLES
creative-i.info

700 miliardi per camuffare la storia



Durante la settimana finanziaria che va dal 15 al 19 settembre, la globalizzazione finanziaria aveva dimostrato di essere definitivamente morta. Ma prima che il crollo di Wall Street coinvolgesse Main Street (l’economia reale), il Governo americano ha preso una decisione senza precedenti: la costituzione di un ente federale con a disposizione 700 miliardi di dollari da destinare al riacquisto dei valori finanziari tossici che sono all’origine del perpetuarsi del crollo dei listini finanziari mondiali.

Secondo gli analisti il piano Paulson sarebbe quantitativamente dieci volte superiore al piano Marshall con cui si ricostruì l’Europa post-bellica e superiore al costo della guerra del Vietnam. Si consideri poi che la Cina, detenendo metà del debito estero Usa, detiene un importo di 500 miliardi di dollari in titoli statunitensi. L’immissione di 700 miliardi di dollari da parte del Tesoro, rappresenta di fatto una importante svalutazione del loro debito verso la Cina. Quanto potranno sopportare ancora la Cina, e gli altri detentori di titoli del debito Usa, un tal genere di furto? Il modello di fatto imperiale, spacciato col nome altisonante di globalizzazione, è in rianimazione ma con certezza di morte. Anzi, il piano Paulson non farà altro che prolungare l’agonia del malato. Questo perché quel credito di 700 miliardi non è strategicamente vincolato a risollevare l’ansimante economia reale, quanto piuttosto volto a riversare direttamente sui cittadini americani, ed indirettamente sulla popolazione mondiale, il disastro prodotto dall’immissione nel sistema della finanza di titoli puramente speculativi.

Ciò su cui non si può discutere, è invece il definitivo fallimento del modello liberista. Il blocco delle vendite allo scoperto ed il paracadute offerto ai mercati con i soldi dei cittadini, sono decisioni dirigistiche ed antimercatiste che dovrebbero segnare pure per gli irriducibili liberisti, il definitivo fallimento della deregulation , dell’idea per cui i mercati abbandonati a sé stessi raggiungerebbero l’equilibrio ottimale in favore della ricchezza. Se si fossero abbandonati i mercati ai loro destini, le famiglie più importanti del pianeta, dai Morgan ai Mellon ai Du Pont ai Rothschild, sarebbero probabilmente alle cronache come storico caso di "eccellente suicidio di massa", produzioni e commerci sarebbero fermi, intere nazioni sarebbero nel più completo caos.

In tutta questa storia c’è anche un altro dato interessante che emerge e che è bene che i politici tengano presente già nell’immediato futuro, visti i sacrifici che esso è costato alle popolazioni da loro amministrate. Gli illuminati osservatori economici del Fondo monetario internazionale, della Banca Mondiale, dell’Ocse, e delle agenzie di rating private (S & P, Moody’s, Fitch) che finora hanno giudicato sulla bontà delle scelte economiche fatte da stati sovrani ed aziende, da oggi, che genere di mestiere potranno fare? La risposta è che l’economia mondiale, nella sua facciata reale, necessita di braccia per la ricostruzione e l’arricchimento tecnologico delle sue infrastrutture e delle sue produzioni, di modo che i popoli del pianeta, dopo un quarantennio di politiche liberiste a cui sono stati via via sottoposti, possano tornare a vedere il sereno offerto da un’economia che migliori i loro tenori di vita piuttosto che distruggerli.

Ora, dovrebbe essere ovvio anche a Paulson – forse non a Bush – che quel credito di 700 miliardi, corrisponde ad una nuova immissione di liquidità nel sistema, che al pari dei circa 2-3 miliardi che ogni giorno dal luglio-agosto 2007 fino alla scorsa settimana, le banche centrali avevano cominciato ad iniettare nel mercato per sorreggere la maturanda crisi, rifluirà sui prodotti finanziari speculativi che abbiano come sottostante oro, petrolio, materie prime, generi alimentari. Ciò comporterà a breve una nuova ondata iperinflazionistica sui beni di prima necessità. In sostanza, quei 700 miliardi non serviranno altro che ad alimentare la fase d’iperinflazione globale, con un botto ancor più violento sui mercati finanziari e impensabili ripercussioni nell’economia reale. Chi cerca di dare una giustificazione "razionale" alla decisione del Tesoro, cerca di far passare come meritorio il salvataggio poiché "in fondo dietro ai titoli tossici detenuti dal sistema finanziario, vi sarebbero degli immobili" (come a dire che così tossici non sarebbero). Ma questa considerazione, oltre a non essere avvalorata dai mercati (tanta è la crisi di fiducia creatasi tra gli operatori) non è avvalorata neanche dalla ragione. La garanzia offerta ai valori finanziari da parte del relativo sottostante reale immobiliare, infatti, può garantire un equivalente valore finanziario, non una piramide di carta molte volte superiore al valore degli immobili stessi.

Ma perché Paulson, ha proceduto in un salvataggio che evidentemente non farà altro che procrastinare il crollo dei mercati piuttosto che evitarlo?

In sostanza Paulson-Bush stanno solo prendendo tempo. Ma per quale motivo? Tempo per cosa? Riflettiamo sul primo crollo finanziario del nuovo millennio, quello che va dal marzo 2000 all’ottobre 2002. Nell’immaginario collettivo il primo crollo dei mercati del nuovo millennio avvenne in seguito alla distruzione delle Twin Towers nel settembre del 2001. Esso cominciò invece nel marzo del 2000 e fino al 10 settembre 2001 le borse mondiali avevano perso circa il 30% del loro valore. Dall’11 settembre fino ai minimi dell’ottobre 2002 gli indici persero un ulteriore 30%.

Dunque il primo crack dei mercati nel nuovo millennio avvenne ben prima dell’11 settembre e corrispose sostanzialmente allo scoppio della bolla dei titoli della new economy (telecom, media and tech), ma per la popolazione mondiale esso avvenne a causa di Osama Bin Laden. In seguito i mercati mondiali si ripresero sostituendo la mega bolla new economy con una nuova bolla speculativa, quella del settore immobiliare.

Mentre scrivo le agenzie di stampa rendono conto dell’ultimo discorso di G. W. Bush alle Nazioni Unite, in cui afferma che "Siria ed Iran continuano a sponsorizzare il terrorismo" (mentre in Iraq ci dovevano essere armi di distruzione di massa!). Per l’opinione pubblica occidentale, che nella maggioranza dei casi non ha mai letto alcun discorso di Ahmadinejad, quell’iraniano è colui che vuole sterminare Israele, visto che così i media hanno riferito (sic).

Nel corso dell’ultima settimana si sono verificati vari attentati di presunta matrice terroristica da Islamabad a Gerusalemme allo Yemen ai Paesi Baschi (tralasciando quelli del casertano). In breve, mentre la globalizzazione, grazie al piano Paulson, rimanda la sua dichiarazione di decesso, varie "operazioni caos" si scatenano con ritmo accelerato a giro per il pianeta.

Se scoppiasse una nuova importante guerra, la storia ufficiale di questi giorni diverrebbe: «La guerra contro il terrorismo fece crollare i mercati finanziari e l’economia mondiale.»

A cospetto di un sistema fallito, l’unico modo per salvare i creditori privilegiati, ossia la popolazione mondiale unitariamente intesa, è seguire il "piano LaRouche": organizzare il fallimento del sistema e non attendere che esso si verifichi per forza d’inerzia, distinguere tra quelli che sono crediti esigibili (stipendi, pensioni, liquidità per il funzionamento dello stato e del welfare) e quelli che non sono esigibili perché frutto di mere speculazioni. Ricreare un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale sul modello rooseveltiano di Bretton Woods. Da qui lanciare linee di credito a livello globale con cui finanziare nuovi progetti infrastrutturali e le imprese private.

Per fare ciò è necessario che alla disponibilità di Russia, Cina e India si aggiunga quella degli Stati Uniti. Gli altri si allineerebbero di conseguenza.

Claudio Giudici

A Chiaiano Berlusconi ha qualche problema...



L’Italia sta diventando ogni giorno che passa un Paese sempre più surreale, dove il non sense rappresenta la regola e le atmosfere kafkiane sono corollario delle nostre giornate.


Un Paese dove il governo è intenzionato a costruire infrastrutture di ogni genere, contro la volontà dei cittadini che di quelle infrastrutture dovranno sopportarne il peso, imponendo la presenza dei cantieri per mezzo dell’esercito e delle forze dell’ordine, quasi si trattasse di un’operazione di occupazione in piena regola.


Centrali nucleari, cancrovalorizzatori, discariche tossiche, ferrovie ad alta velocità, basi militari statunitensi, centrali a carbone e turbogas, rigassificatori, autostrade e molte altre opere di cementificazione selvaggia, verranno imposte con la forza nei prossimi anni ai cittadini che non le vogliono, attraverso l’uso dell’esercito, della polizia, dei carabinieri e di una nuova legislazione che in Italia ora sottopone al segreto militare i cantieri delle grandi infrastrutture.



Un esempio di quello che ci aspetta lo si è avuto ieri a Chiaiano dove circa 8000 persone hanno dato vita all’ennesima manifestazione


http://ilcorrosivo.blogspot.com/2008/05/spazzatura-e-manganelli.html


contro la mega discarica che dovrebbe sorgere accanto alle loro case, ammorbando il loro futuro e minando tanto la salute della popolazione quanto l’integrità dell’ambiente. A Chiaiano i cittadini chiedevano fosse concesso ad una loro delegazione, composta anche da amministratori, l’ingresso nel cantiere per prendere visione dei lavori che vengono portati avanti. Lo Stato ha risposto di no, quasi all’interno dell’area fossero custoditi segreti la cui natura non poteva essere resa pubblica, creando momenti di forte tensione con i dimostranti che sono poi stati costretti ad indietreggiare dal lancio di lacrimogeni e dal mulinare dei manganelli. I manifestanti hanno poi creato alcune barricate lungo la strada che conduce alla futura discarica, senza cercare mai lo scontro fisico ma ribadendo che loro saranno lì quando fra breve tempo arriveranno i camion che trasporteranno i rifiuti. Non molleranno mai perché è impossibile mollare quando è in gioco la propria salute e quella dei propri figli.



Berlusconi (e chi verrà dopo di lui) impegnato a sfornare miracoli a ripetizione in questa Italia che proprio non vuole saperne di fare come Lazzaro, sembra avere qualche problema di più rispetto ai pochi che è solito ammettere. Non sembra infatti davvero proponibile l’ipotesi di tenere aperte le discariche ed i cantieri delle grandi opere (in alcuni casi come quelli del TAV destinati a durare una ventina di anni) ricorrendo al continuo presidio in forze, giorno dopo giorno, di esercito e polizia, indispensabile per reprimere la protesta dei cittadini che difenderanno il proprio diritto ad esistere con le unghie e con i denti. Così come sembra improponibile l’immagine di un’Italia dove gli italiani siano costretti ad identificare le forze dell’ordine e l’esercito con il loro nemico, che occupa i terreni, costruisce check point e militarizza il territorio.


Se in un Paese occorrono l’esercito e la polizia per costruire le infrastrutture, significa che chi lo governa ha sbagliato qualcosa, probabilmente la natura delle infrastrutture stesse e l’opportunità della loro costruzione.


Prenderne atto e comprendere come sia giunta l’ora d’iniziare ad ascoltare cosa hanno da dire i cittadini, che dopo decenni di cementificazione selvaggia stanno iniziando ad aprire gli occhi, sarebbe l’unico vero miracolo di cui il nostro Paese ha bisogno, prima che l’arroganza di chi detiene il potere e difende unicamente i profitti della consorteria del cemento e del tondino, porti ad una frattura insanabile che difficilmente potrebbe poi essere ricomposta.


di Marco Cedolin



I crack finanziari come il doping


I crack finanziari come i casi di doping nello sport. E' la teoria di Alberto Cei, professore di psicologia all'Università di Tor Vergata (Roma) e di Cassino. Il meccanismo è lo stesso: un sistema che spinge a ottenere il massimo dei risultati, non importa come, in barba alle regole. Perché le regole sono altre: non quelle dettate da leggi e regolamenti che valgono soltanto per i fessi. I vincenti agiscono in un altro modo: puntano dritti agli obiettivi, quelli veri, da raggiungere a qualunque costo. Sono "I Signori dei tranelli", i protagonisti del saggio che Cei pubblicherà tra poche settimane.

Da cosa nasce il suo parallelo tra sport ed economia?
"Parliamo sempre di persone di successo: atleti che vincono le Olimpiadi, multimiliardari. Per esempio Barry Bond, campione americano di baseball, si è imbottito di steroidi, arrivando al discredito, perché era secondo e voleva diventare il primo nella classifica del record dei lanci fuori campo".

Chi sono i signori dei tranelli?
"Sono le persone di successo che ritengono di non poter mai essere perseguite, che vivono in un ambiente nel quale si sentono sicure. Al tempo stesso, su di loro grava una forte pressione sociale che li spinge a ottenere il massimo, anche illegalmente. Hanno anche una serie di premi, stock options per i manager, che incentivano ancora di più questo atteggiamento. La loro è un'attività intenzionale: non sono mele marce, sono persone assolutamente brillanti, oltre a essere socialmente ben posizionate".

Se quindi agiscono secondo una sorta di mandato, e non a scopo personale, perseguirli per aver violato la legge potrebbe apparire quasi come un'ingiustizia. "La frode è stata istituzionalizzata in qualche modo: si creano scatole cinesi per cui non si capisce più niente, nessuno è in grado di risalire all'origine, e capire di chi è la colpa. Di conseguenza, si sta cercando di far passare il principio che se non si salvano le società sull'orlo del baratro sarà peggio per l'intero sistema. E così, per salvare il rapporto di fiducia tra i cittadini e gli intermediari finanziari, lo Stato diventa un azionista".

E' una buona soluzione, o ci sono altre terapie meno costose?
"Le terapie migliori sono quelle legate al buon senso, come quella suggerita da Joseph Stiglitz (Premio Nobel per l'Economia 2001, ndr): non più incentivi annuali, ma quinquennali, per evitare di mettere sotto pressione i manager e valutare gli effetti della loro gestione nel lungo periodo. E poi i controlli: è ampiamente emerso che quelli esistenti non funzionano, e infatti la maggior parte delle frodi finanziarie sono state scoperte per caso, da Parmalat in Italia a Enron negli Stati Uniti. La Grant Thornton per Parmalat e la Arthur Andersen per Enron erano conniventi. Si era di fronte a sistemi d'interconnessione. Anche l'immagine pubblica di queste grandi aziende era assolutamente positiva. Si creava una sorta di pace sociale: la Enron era perfettamente a posto anche dal punto di vista della beneficenza. Una truffa istituzionalizzata, un impegno quotidiano non certo opera esclusiva di manager come Tanzi: non si tratta di frodi singole, è un sistema che va mantenuto in piedi con il lavoro quotidiano di molte persone".

Un sistema che si basa, scriveva qualche giorno fa l'Herald Tribune, su una filosofia da tempo imperante, che mette al centro di tutto "l'ottimismo".
"Quello che conta è la ricerca del risultato ad ogni costo. Sicuramente ottenere i risultati è un fatto auspicabile, come lo è vincere nello sport: è il come che è diventato patologico. L'assenza totale di controlli, l'esaltazione dell'orientamento al rischio, la pressione sociale si uniscono al desiderio legittimo di vincere e di accumulare denaro. Ha prevalso una sorta di cultura dell'arroganza. Non era sbagliato l'obiettivo, ma il modo, unito alla consapevolezza che i controlli sono inesistenti. I controlli costituiscono un forte elemento di deterrenza, perché "i signori dei tranelli" non vogliono perdere la faccia di fronte al proprio ambiente sociale: puoi fare quello che vuoi, ma se vieni scoperto vuole dire che non sei stato abbastanza bravo e vieni eliminato. Però non vanno bene il controlli solo alla fine: le persone così non hanno un argine".

L'aver scoperto fin troppe frodi finanziarie, il discredito sociale caduto addosso a persone che fino a poco tempo fa erano considerati i maghi della finanza, potrebbe aiutare a far cambiare le regole del gioco?
"Io sarei pessimista su questo. Le soluzioni ci sarebbero, ripeto: controlli indipendenti, togliere gli incentivi annuali, introdurre una sorta di educazione dei dipendenti delle società finanziarie ad essere socialmente responsabili. E invece già si sente dire che "i migliori" della Lehman Brothers verranno sicuramente riassunti, troveranno subito un altro ottimo lavoro. I migliori in che cosa? Non lo sapremo mai. Non si tratta di chi ha avuto il miglior dottorato a Princeton. Secondo me non c'è un'alternativa: trovarla dovrebbe essere la funzione dello Stato, ma stiamo vedendo che non si è pronti".

Cosa dovrebbe fare lo Stato?
"Cambiare le regole oppure utilizzare le regole che ci sono, è questa la strada da percorrere. In Italia ha sempre prevalso il principio dell'impunità per chi commette dei reati, si è rassegnati a questo. Sono curioso di vedere quello che succede negli Stati Uniti, alla fine quella può essere un'occasione per far crescere un'opinione pubblica, anche se mi sembra complicato. Mi sembra l'unico posto al mondo dove questo potrebbe accadere: noi siamo rassegnati su tutti i fronti, in Italia nessuno fa causa perché si sa che la causa finirà tra 30 anni e semmai ne beneficeranno i nipoti".
di ROSARIA AMATO

Base Dal Molin: la dittatura è nuda.


La politica è totalmente alla mercè del potere economico e i “politicanti sono i camerieri dei banchieri”, come diceva correttamente, il poeta statunitense Ezra Pound.
Lo sappiamo benissimo.
Ma ogni volta che l’intreccio tra Potere e istituzioni, tra padroni e vassalli, viene alla luce non può non scuotere le coscienze di tutti noi.
La base militare statunitense Dal Molin a Vicenza è proprio uno di questi casi.

Il Consiglio di Stato, cioè il massimo organo della giustizia amministrativa ha ieri infatti sospeso la decisione del Tar del Veneto favorevole al Referendum popolare.
Secondo i magistrati “non è condivisibile” l’argomentazione del Tar.
Il referendum popolare del 5 ottobre prossimo, non abrogativo ma solo consultivo, non sa da fare!

Perché si vieta a dei liberi cittadini, in barba alla Costituzione della Repubblica italiana, di esprimere il proprio parere su una questione che li riguarda molto da vicino?
Per quale motivo i palazzi del potere tremano al punto tale da prendere decisioni della più bieca dittatura?
A prescindere dalle farneticazioni dei magistrati del “porto delle nebbie”, vi è una paura folle che il 5 ottobre il popolo consapevole di Vicenza dica NO (scrivendo però sulla scheda SI) ad una sudditanza politico-economia pluridecennale.
Questo naturalmente non è permesso in dittatura, perché come disse Charles Bukowski: “la differenza fra una democrazia e una dittatura, è che in una democrazia prima voti e poi ordini; in una dittatura non devi perdere tempo a votare”.

Oggi possiamo finalmente dire che la nostra democrazia rappresentativa, altro non è che una dittatura oligarchica mascherata e camuffata da democrazia. E dobbiamo ringraziare la base Dal Molin e i vicentini per aver messo a nudo la Dittatura !
Ringraziamo pure i “camerieri” dei banchieri, perché con i loro atteggiamenti e le loro dichiarazioni completano e arricchiscono il quadro.
Per esempio l’onorevole Manuela Dal Lago, vicepresidente dei deputati della Lega nord dice che “la decisione del Consiglio di Stato è frutto del buon senso e non di pressioni politiche” (AGI, 1 ottobre 2008). Gli ipnotisti, come i manipolatori mentali, sanno bene che nella nostra mente il segno NO non esiste. E’ infatti impossibile pensare a una cosa “in negativo”, per esempio “pensare di non pensare” o immaginare un’assenza senza pensare in qualche modo alla relativa presenza.[1]
Nel dichiarare che “NON” ci sono pressioni politiche per la base, significa semplicemente che esistono delle pressioni politiche ed economiche! Non sappiamo se l’onorevole è a conoscenza delle tecniche di manipolazione linguistica, ma basta dire una cosa ben precisa per farla pensare alle masse.

Ricordo che la Lega ha sempre affermato “Padroni a casa nostra”… anche se non hanno mai spiegato se per “Padroni”: intendono i cittadini (padani) oppure i graduati militari!
Tale arrogante ipocrisia vale anche per tutti gli altri partiti da destra verso sinistra.

La bella notizia in tutto questo è che a Vicenza, domenica 5 ottobre il referendum si farà lo stesso.
Il Sindaco vicentino Variati, davanti a migliaia di manifestanti ieri sera ha infatti precisato: “se non ci permettono di votare domenica dentro le nostre scuole, bene, allora voteremo davanti alle nostre scuole». Gazebi autogestiti al posto dei seggi, dalle 8 alle 21 come previsto, in 53 postazioni come 53 dovevano essere i punti di raccolta delle schede-voto, con tre scrutatori volontari in ogni banchetto per garantire la serietà e la correttezza anche nei confronti di chi tenterà sabotaggi.

Il Sistema dittatoriale può, e lo ha fatto, bocciare un referendum popolare, impedire lo svolgersi di una manifestazione pacifica, picchiare giovani inermi, infiltrarsi per creare zizzania ma non può fare assolutamente nulla contro le coscienze individuali che si muovono.
Mi auguro che domenica prossima saranno tantissime le coscienze che andranno davanti alle scuole per esprimere il proprio voto, il quale, a prescindere dal pezzo di carta e dal SI oppure dal NO, è sinonimo di libertà di espressione democratica.

E’ indubbiamente arrivato – dopo 60 anni - il momento di svegliarci da questo torpore e diventare responsabili del nostro futuro e di quello dei nostri figli.
Le guerre e i crimini danno fastidio? Il terrorismo incute timore?
Se pensassimo fino in fondo – anche al momento del voto e delle manifestazioni - capiremmo che le basi militari sono basi di guerra e per la guerra.
Le guerre servono per rimettere in piedi l’economia americana (la storia lo insegna dal 1939 dopo la Grande Depressione , Vietnam, ecc.) e per occupare “legalmente” altri Stati.
Il terrorismo internazionale è funzionale a tale Sistema e per questo alimentato costantemente, perché permette di attaccare atri paesi (Afghanistan, Iraq, ecc.) e di far passare leggi anti-democratiche e illegittime.
Per ultimo, ricordiamo che le basi militari sono le metastasi di un sistema destinato a crollare autodistruggendosi.

[1] “Al gusto di cioccolato: come smascherare i trucchi della manipolazione linguistica”, psichiatra Matteo Rampin

Come arrestare la macchina infernale?


Come è possibile che banche secolari siano state a tal punto scosse? Com’è possibile che siano le banche belghe a trovarsi in prima linea a subire il fuoco della crisi finanziaria? E perché quelle che si chiamano le autorità "di controllo prudenziale", quelle che, dunque, per definizione avrebbero dovuto assicurarsi che le istituzioni finanziarie gestissero i loro affari con prudenza, sono state scavalcate? Nonostante "il wargames", lo “stress test”, ed i controlli in ogni tipo operati in questi ultimi anni? La crisi attuale è anzitutto una crisi di fiducia, cioè, in termini bancari, una crisi di credito. Una banca può obiettivamente avere un buon bilancio ed essere una macchina operativa molto efficace; ma se, un giorno, i suoi fornitori di crediti, in modo massiccio, non gli danno più fiducia, anche per motivi infondati, smette di respirare. È ciò che è avvenuto per Fortis e per Dexia. Per questo l'intervento delle autorità pubbliche era importante, e le stesse, opportunamente, hanno agito molto rapidamente. Ma perché due delle nostre grandi banche, di cui si elogiava la capacità di resilienza ancora sei mesi fa, sono fra i primi domini europei a cadere? Sono state certamente indebolite da opzioni strategiche (acquisto di ABN Amro per Fortis, attività di valorizzazione del credito per Dexia). Sono inoltre istituzioni situate in un paese, il nostro, tradizionalmente molto aperto ai capitali stranieri, e che ha, dunque, importato alcune tecniche anglosassoni oggi dannose (i crediti strutturati da Fortis, la valorizzazione del credito da Dexia). Oggi, occorre fermare con urgenza questa macchina infernale che si attacca, una dopo l'altra, alle banche del continente. Gli interventi dello Stato, le iniezioni massicce di liquidità, le garanzie dei regolatori non basteranno se non ritorna anche la fiducia degli attori. E ciò, non è soltanto una questione di miliardi, è una questione di sistema. Oggi, è chiaro, non si farà economia per una rifusione completa, globale, totale del sistema finanziario mondiale.
di Pierre-Henri Thomas

03 ottobre 2008

Liberomercato "sovietizzato"



Le nostre grandi imprese hanno fama, a livello internazionale, di essere “dopate” e di non stare alle regole del gioco economico. E’ cosa questa che certo non si può smentire, ma le innumerevoli denuncie e sanzioni comminateci dalle istituzioni europee, fortemente sollecitate da imprese internazionali concorrenti (dietro le quali ci sono altrettanti sistemi-paese), sono sempre state pretestuose o, almeno, dis-equilibrate, stando a quanto avveniva in casa d’altri.


La verità è che l’Italia si trova, da un quindicennio a questa parte, sotto il fuoco incrociato di chi, a livello internazionale, punta ad accaparrarsi fette sempre più consistenti di risorse nazionali, sfruttando la complessiva debolezza politica del nostro sistema-nazione. Spessissimo il nostro capitalismo accattone, il vero responsabile della decadenza italica, ha allungato la mano nelle tasche dei contribuenti per coprire la propria mala gestione (quel capitalismo parassitario che abbiamo chiamato Gf&ID), tentando di socializzare le perdite dopo aver abbondantemente privatizzato i profitti.


Resta inteso che queste “manovre di rapina” (il che non significa affatto che la rapina sia la sostanza stessa del modo di produzione capitalistico) sono state rese possibili dalla debolezza degli agenti politici, i quali hanno permesso, tanto alle imprese decotte del nostro capitalismo assistito che alla finanza nostrana, collegata alla più potente finanza americana ed europea, di godere della massima impunità e della più vasta libertà d’azione.


Così, ad esempio, per la Fiat che ha ottenuto in passato - e che continua ad ottenere anche oggi - nelle forme più disparate, milioni di euro di sovvenzioni statali, con il ricatto delle maestranze alle quali “offre” paternalisticamente la propria protezione (ma non erano le imprese a domandare forza-lavoro sul mercato, come insegnatoci nelle lunghe lezioni di economia da professori zelanti e “tecnicamente” corretti?), solo dopo aver abbondantemente succhiato alle mammelle delle casse pubbliche.


E così anche per le grandi banche del Bel Paese, le quali hanno goduto di una legislazione sbilanciata a loro favore e dell’inefficienza, nonché compiacenza (evidentemente non è un difetto solo americano), delle autorità di controllo le quali, soventemente, hanno chiuso tutti e due gli occhi dinanzi a trucchi e malefatte di ogni tipo.


La Comunità Europea, per tali ragioni, ha più volte condannato l’Italia, con l’accusa di aver fatto uso ed abuso di misure perturbatrici della libera concorrenza nel mercato comunitario, contravvenendo alle "Sacre Scritture Mercatiste" divulgate dalla tecnocrazia economica che appesta gli organismi comunitari e che fa gli interessi dei poteri forti transanazionali.


All’improvviso però sopraggiunge il terremoto finanziario e in Europa tutti si riscoprono sostenitori dell’intervento pubblico in economia, dettato dall’eccezionalità della congiuntura. Le leggi del capitalismo ideologico restano allora come sospese, ma sempre valevoli nella testa di questi imbonitori, in attesa che i “correttivi” statali possano fare piazza pulita, con mezzi del tutto "straordinari", dei parassiti e degli usurpatori affetti da ipomania individualistica e accumulativa. Sarà, ma eccezione dopo eccezione ci si avvicina sempre di più alla regola.


Dopo aver ascoltato per anni i giannizzeri incravattati di “eurolandia” spararle grosse sulle virtù taumaturgiche della mano invisibile che crea e distrugge ma che alla fine riequilibra con maggiore perfezione, il nuovo messaggio è una vera e propria retromarcia. Oggi, difatti, siamo in presenza di una debacle sistemica che ha ben poco di fisiologico (almeno nel senso che sono letteralmente saltati gli stessi fondamenti sui quali aveva sin qui poggiato il castello finanziario occidentale) ed è per questo che gli indefessi liberisti, grandi esperti del piffero, rilasciano dichiarazioni sempre più vaghe e ambigue. Obiettivamente, questi tecnici sopravvalutati e pluripremiati non ci stanno capendo un’acca, proprio come noi poveri mortali, non potendo minimamente prevedere, con gli strumenti categoriali a disposizione, quale sbocco prenderà questa crisi e a quali sconvolgimenti porterà. Per questo vi propongo qui sotto un articolo, tratto dal Foglio, dove vengono denunciate, più o meno, le cose che avevo precedentemente detto nel pezzo sull’Alitalia e che mi trovano pienamente d'accordo.



Da "Il Foglio"


GLI AIUTI DI STATO NON ERANO ILLEGALI?



Il governo inglese statalizza la banca Bradford & Bingley, impegnata nel credito immobiliare britannico, che rischiava l'insolvenza. Questa operazione, decisa con rapidità, dopo che potenziali acquirenti privati si erano ritirati, punta alla salvaguardia dei depositanti, in preda al panico. Ma è evidente che l'esigenza di difendere i risparmiatori da diseconomie esterne causate da condotte bancarie imprudenti non vale a cancellare il fatto che si è, verosimilmente, in presenza di un aiuto di stato, contrario alle regole europee sulla concorrenza. I regolatori britannici non sembrano preoccuparsene.



E tacciono, finora, i commissari europei competenti per la concorrenza e i mercati finanziari, che in altri casi furono solleciti ad ammonire i governi a non violare tali regole (vedi caso Alitalia e, con riguardo al settore del credito, al trattamento preferenziale con-cesso a Banca Popolare Italiana nella scalata ad Antonveneta che attirò critiche sulla Banca d'Italia). Ma il caso più imponente è quello di Fortis, un colosso banco-assicurativo, numero uno nella rete bancaria belga, con una posizione di primaria importanza anche in Olanda e in Lussemburgo.



I governi dei tre paesi hanno erogato, complessivamente, 11,2 miliardi di euro per l'acquisto del 49 per cento delle azioni, rispettivamente di Fortis Belgio, Fortis Olanda e Fortis Lussemburgo. Anche questa statalizzazione (che implica il controllo governativo di Fortis, visto che il restante 51 per cento è frazionato) è un salvataggio, perché decisa dopo che i privati hanno declinato l'interesse a rilevare il gruppo.



La Commissione di Bruxelles sostiene che non si tratta "necessariamente" di aiuto di stato: lo sarebbe solo se i governi comprassero le azioni a un prezzo inferiore al valore di mercato. Ma si potrebbe argomentare che se i privati hanno declinato quell'operazione che invece i governi realizzano l'aiuto di stato c'è. Nel perimetro di Fortis ci sono alcune attività acquisite da Abn Amro, un'operazione che dovrebbe essere completata in ottobre.



I tre governi, quindi, si prendono in carico anche questi asset che poi dovranno rivendere. Sorgono così pure domande sul comportamento dei regolatori finanziari quando Fortis chiuse quell'operazione. E' da dubitare che Fortis avesse allora i parametri patrimoniali per quell'acquisizione. Che dicono i regolatori? C'è una crisi di credibilità, nel centro dell'Europa.


di Giovanni Petrosillo

La fine del secolo americano


Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale.


Nel mese di febbraio il Fondo Monetario Internazionale (FMI) stimava a 1.100 miliardi di $ le perdite del settore finanziario dovute alla crisi dei mutui subprime americani e prevedeva un brusco rallentamento dell’economia globale. Il suo direttore generale, Dominique Strauss-Khan, promise anche di approfondire, con uno studio appropriato, l’impatto sistemico del rialzo dei prezzi delle materie prime, in particolare del petrolio. Nel mese di giugno, in seguito ad un’esplicita richiesta del G8 di Osaka, ribadì il suo impegno a relazionare in autunno. La richiesta del G8 non piacque al segretario di Stato americano Hank Paulson, che accusò i ministri di Francia e Italia, fautori dell’iniziativa, di non conoscere il reale funzionamento dei mercati e di parlare troppo facilmente di speculazione. A tranquillizzarlo bastò l’estrema genericità dell’impegno preso da Dominique Strauss-Khan. Oggi, dopo il fallimento della Lehman Brothers, i due compari si ritrovano al capezzale dell’economia globale, cercando di tutelare gli interessi dell’oligarchia finanziaria sulla pelle dei popoli.



Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale. Sono passati tanti anni da quando tre immigrati ebrei di origine tedesca – i fratelli Henry, Immanuel e Mayer Lehman – costituirono a Montgomery (Alabama) la Lehman Brothers (1850). Non era ancora una banca, ma un negozio di tessuti. All’origine di ogni grande fortuna, c’è sempre un grande crimine. Gli economisti la chiamano accumulazione originaria.
La geniale intuizione dei fratelli Lehman fu quella di sfruttare l’economia schiavista degli Stati del sud facendosi pagare in cotone grezzo, che rivendevano al nord tramite la loro filiale di New York. Durante la guerra civile (1861-65), i fratelli Lehman erano schierati su entrambi i fronti, avendo una sede in Alabama ed una a Manhattan. Finita la guerra, lucrando sul finanziamento della ricostruzione, ampliarono i loro interessi al mercato del caffé, altra materia prima coltivata con l’impiego di schiavi africani. Infine entrarono nel business delle ferrovie e della consulenza finanziaria.

Il salto di qualità, per la famiglia Lehman, avvenne grazie all’alleanza con Goldman Sachs (1906). Entrarono in tutti i settori dell’economia americana, sopravvissero alla crisi del 1929, beneficiarono della seconda guerra mondiale, parteciparono alla grande espansione delle multinazionali americane nel dopoguerra. Negli anni in cui il mondo affrontava le crisi determinate dall’aumento del prezzo del petrolio, la Lehman Brothers raggiunse il suo apogeo, grazie alla fusione con due colossi della finanza americana: Kuhn Loeb (1975) ed American Express (1984). Il quartiere generale era a Manhattan, dove occupava tre piani della torre nord nel World Trade Center. Quel fatidico 11 settembre 2001, tra le 2.974 vittime dell’attentato terroristico, ci fu anche un suo dipendente. Una sola persona, contro le 295 vittime della Cantor Fitzgerald e le 175 della Aon Corporation, altre società che avevano sede nello stesso edificio. Pare che quel giorno, per pura casualità, molti manager fossero assenti. Quello della Lehman Brothers non è soltanto il fallimento di una prestigiosa banca globale, specializzata in finanza creativa.

È il crollo definitivo e irreversibile dell’american dream, un sogno diventato incubo. Quanto sta accadendo non è una crisi come le altre, ma è la fine di un’epoca, la fine del secolo americano. In poco più di cento anni, una colonia europea è divenuta potenza mondiale. Ha vinto due guerre, ha dominato il mondo, ha sconfitto il suo apparente antagonista, continua a minacciare nemici reali e immaginari con il suo apparato militare. È servita da modello per la società multirazziale, da banca centrale per l’economia globale, da quartiere generale della strategia sionista. Ha alimentato speranze ed illusioni, ma ormai è un sistema in frantumi, un dead man walking in attesa del colpo di grazia. Il fallimento della Lehman Brothers, con tutto quello che sta accadendo, può essere paragonato al crollo del muro di Berlino (1989), che anticipò di qualche anno lo scioglimento dell’URSS (1991) per implosione della sua economia. Questo spiega la preoccupazione dell’oligarchia, non tanto per le risorse finanziarie bruciate in questa ed altre crisi, quanto i suoi riflessi sistemici.

Non è in gioco l’economia globale, termine usato per indicare un progetto più che una realtà, ma la sopravvivenza degli apparati mondialisti come sistema di potere capace di gestire la crisi. Le soluzioni proposte, anche se verranno attuate, potranno solo ritardare il grande crac. Vediamole in sintesi, partendo dalle ragioni del crollo. Senza indagare sulle deficienze strutturali del sistema capitalista, accenniamo alla causa scatenante della crisi in atto. Si chiama finanza creativa. Consiste nel prestare denaro spalmando i rischi su una miriade di titoli complessi immessi sul mercato mobiliare. Il fine è lucrare interesse, sia sui mutui che sulla negoziazione dei titoli. Usura che genera usura, come in tutte le bolle speculative che sfociano in crac. Questa volta l’ondata malefica è partita dal settore immobiliare. Per facilitare l’acquisto di case, le banche offrivano mutui fino al 100% del valore dell’immobile. I titoli rappresentativi dei mutui venivano impacchettati, insieme ad altri titoli, in obbligazioni vendute sul mercato, con due vantaggi per le banche: trasferire ad altri operatori il rischio d’insolvenza dei propri clienti e rientrare subito del denaro prestato per erogare altri prestiti. Questo gioco sporco non poteva durare a lungo. Nell’estate 2007 il mercato si è accorto che molti mutuatari non avrebbero potuto restituire i soldi ricevuti, facendo crollare, non solo le obbligazioni che contenevano mutui inesigibili, ma anche altri titoli legati a valori immobiliari. Il capro espiatorio sono state le agenzie di rating, accusate di aver minimizzato il potenziale problema, ma ormai la finanza creativa era stata smascherata.



L’idea di spalmare il rischio trasferendolo ad altri, non riguardava solo i mutui immobiliari. Molti altri impieghi delle banche erano stati impacchettati in obbligazioni vendute sul mercato: prestiti per l’acquisto di auto, carte di credito, finanziamenti di fusioni e acquisizioni. Stavolta sul banco degli imputati è finita anche la Lehman Brothers, accusata di aver cucinato i libri contabili, cioè di aver nascosto 13 miliardi di crediti ormai inesigibili. Di fronte alla prospettiva del fallimento, sono emersi due possibili acquirenti, la Bank of America e la Barclays, i quali chiedevano al governo americano di sostenere la transazione con fondi federali, come aveva fatto con altre banche ed assicurazioni invischiate nel losco affare dei mutui subprime. Ci riferiamo a Fannie Mae e Freddie Mac, salvate con un piano di 200 miliardi di $, e all’American International Group (Aig), benficiaria di altri 85 miliardi di $. Ma il governo si è rifiutato, la Barclays ha ritirato la sua offerta e Bank of America ha preferito comprare Merrill Lynch. Così, alla prestigiosa Lehman Brothers, non è rimasta altra scelta che dichiarare il fallimento, scatenando il panico sui mercati finanziari. Passiamo ora ad analizzare le soluzioni prospettate. Il presidente della Federal Reserve, l’economista Ben Bernanke, ha studiato molto bene la crisi del 1929. La sua teoria è nota: per evitare una nuova grande depressione, la banca centrale può anche gettare pacchi di banconote con un elicottero. In sostanza, è quanto si vuole che avvenga.

Dieci grandi banche (Bank of America, Citibank, Barclays, Credit Suisse, Ubs, JpMorgan, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Deutsche Bank, Morgan Stanley) hanno costituito un fondo di 70 miliardi di dollari per assicurarsi liquidità aggiuntiva. Il Tesoro americano ha varato il piano Paulson per 700 miliardi di dollari, al fine di acquistare i titoli senza valore di mercato dalle banche in difficoltà. Questi titoli saranno gestiti dal Tesoro stesso in piena autonomia, cioè assumendo gestori di fondi ed intermediari specializzati, ma soprattutto nella più totale impunità, cioè al riparo da eventuali azioni legali di risparmiatori e contribuenti. È dovuto intervenire George Bush per garantire il sostegno bipartisan al piano. In questa difficile congiuntura, come è avvenuto per tutto il secolo americano, gli USA hanno dapprima esportato la crisi e poi chiesto il sostegno degli altri Paesi attraverso le istituzioni finanziarie internazionali, costituite per sostenere i loro interessi imperialisti e trasformate progressivamente in agenti dell’oligarchia mondialista. Con queste premesse, è nata l’iniziativa di Dominique Strauss- Khan. In vista della prossima riunione del Fondo Monetario Internazionale, che si terrà a Washington nel mese di ottobre, ha chiesto agli Stati di fare, al loro interno ed a livello globale, ciò che stanno facendo gli USA.

L’intervento a breve termine dovrebbe essere così articolato: iniezione di nuova liquidità, acquisizione degli attivi inesigibili, apporto di capitali a vantaggio delle banche in crisi. Un’agenzia intergovernativa dovrebbe acquisire i crediti inesigibili e detenerli fino a quando non giungono a scadenza e possono essere rivenduti senza rischi. La soluzione proposta, da tutte queste persone di grande intelligenza, è fin troppo banale: ricapitalizzare il sistema finanziario col sostegno pubblico, sia a livello statale che mondiale. Lo Stato, questo vecchio arnese messo ai margini dell’economia dai profeti del liberismo, dovrebbe ora intervenire per salvare i profitti dei banchieri. La cooperazione internazionale, rimpiazzata dalla global governance dei poteri occulti, viene ora invocata per evitare il peggio. Resta da chiedersi perché il resto del mondo dovrebbe salvare dal crollo la civiltà americana. Alcuni invocano un vago senso di responsabilità globale, quello funzionale all’attuazione del progetto mondialista. Altri l’interdipendenza economica, quella imposta con la guerra permanente. Forse un nuovo conflitto mondiale, un attacco alla Russia o all’Iran, darebbe fiato all’economia USA, come avvenne nel 1939, a dieci anni dal crollo storico di Wall Street. La teoria tardoimperialista dello scontro di civiltà col mondo arabo e le operazioni militari contro presunte centrali del terrorismo islamico sono servite a poco. Ma il secolo americano è finito. L’oligarchia è seriamente in crisi. Al crollo simbolico della Lehman Brothers seguirà l’implosione di tutto il sistema. Il vero problema, nella teoria e nella prassi rivoluzionaria, non è stabilire tra quanti anni ciò avverrà e quanta moneta sarà bruciata nel prossimo grande crac, ma è capire quanti e quali uomini resteranno in piedi tra le rovine dell’utopia mercatista per costruire un vero socialismo.

Raffaele Ragni
Rinascita Campania

Wall Street: le borse si preparino all'onda d'urto



Per pochi voti, il Congresso Usa non ha approvato il piano di salvataggio proposto da Bush. E' l'ultima grande sconfitta politica per l'amministrazione e le sue ricette economiche. Del resto, oltre ai cadaveri politici, la crisi dei mutui sub-prime continua a lasciarsi alle spalle cadaveri finanziari svuotati oramai di ogni valore. La prima a cadere fu la Nothern Rock, nel dicembre del 2007 in Inghilterra, cui seguì il salvataggio pilotato della banca d’investimenti Bearn Stearns da parte di JP Morgan. Era il marzo di quest’anno. C’é stato poi il fallimento della Lehman Brothers e della nazionalizzazione da 200 miliardi di dollari dei due colossi dei mutui, Fannie Mae e Freddie Mac, la più imponente da quando gli USA sono una nazione. La crisi ha poi travolto, dando così al mondo intero il segno lampante della sua natura strutturale, anche il settore assicurativo, come mostrato dal salvataggio del colosso AIG, costato al governo USA 85 miliardi di dollari, e dalle ingenti perdite registrate dalla Swiss Re, la prima società al mondo, per capitalizzazione, nel settore riassicurativo.

E’ notizia di questi giorni, infine, che lo stato del Lussemburgo è pronto ad assumere una partecipazione nel capitale della banca belga-olandese Fortis per farla uscire dalla crisi che sta attraversando; questo nonostante tutti i politici europei (i nostri in questo si uniscono al coro) facciano a gara nel ribadire che il sistema europeo è stabile e sicuro. Ma le cose, ovviamente, non stanno come vorrebbero farci credere.

E’ bastata, infatti, qualche indiscrezione sul piano di salvataggio varato dall’ex numero uno della Goldman Sach, ora ministro del Tesoro USA, Henry Paulson, per far volare le borse in cielo nei giorni immediatamente successivi al fallimento della Lehamn Brothers. Così come è bastato qualche stop and go nella sua approvazione per farle riprecipitare nel baratro da cui i più ingenui pensavano si fossero salvate, per bruciare l’ennesima montagna di dollari ed aggiungere un’altra lapide – l’ultima porta su scritto “Washington Mutual” – nel cimitero di quella che un tempo era la capitale della finanza: Wall Street. Tutto questo non è casuale.

Tutto questo ha un nome: panico. Sono nel panico le banche che non si prestano più i soldi tra loro, indice palese dell’insicurezza in cui versano; sono nel panico gli operatori finanziari e i brokers assicurativi che vedono i loro colleghi, scatoloni in mano, in mezzo ad una strada senza più un lavoro; sono nel panico, in definitiva, tutti coloro che sono a conoscenza della natura strutturale ed endemica delle cause di questa crisi, motivo per cui nessuno deve pronunciare quella parola sul mainstream ufficiale. Se la gente, il popolo, quei piccoli e piccolissimi risparmiatori, che sono il cibo preferito dai grandi predatori della finanza, sapessero quali sono i termini e i numeri di questa crisi, nulla si potrebbe più inventare davanti al conseguente, nonché inevitabile, collasso del sistema".

Qualcosa di grosso sta arrivando. Gli eventi – afferma Jim Willie CB, redattore della HAT TRICK LETTER, giornale online specializzato nel settore economico – convergeranno sulla nemesi principale dell’oro: le obbligazioni del Tesoro degli Stati Uniti. L’interferenza del mercato è troppo spropositata per le obbligazioni, per le azioni bancarie, per l’intero settore finanziario. Inoltre, le strutture del sistema bancario sono a pezzi. I pilastri dell’economia americana si trovano in guai seri, con profondi disavanzi e insolvenze all’ordine del giorno. Guardate il disavanzo federale del governo degli Stati Uniti (che aumenta rapidamente), il disavanzo commerciale (cronicamente ampio), l’ammortamento negativo nel mercato immobiliare (che sta progressivamente peggiorando) e le banche insolventi (che peggiorano ogni trimestre, nonostante le smentite). Sta arrivando una fortissima onda d’urto.”

Sono infatti i dati macroeconomici del Tesoro americano a dare l’idea della inevitabilità di un redde rationem per la finanza targata a stelle e strisce. Gli Stati Uniti, infatti, sono il paese con il più alto debito pubblico del mondo e continuano ad indebitarsi sempre di più per mantenere uno stile di vita assolutamente al sopra delle loro reali possibilità economiche. Mentre la recessione economica degli Stati Uniti ha preso piede, le entrate dalle tasse sui capital gains e sui salari sono, infatti, in netto calo. Le prospettive per il futuro, poi, se possibile, sono ancora più nere. Persino le esportazioni s’incepperanno nel rallentamento globale.

Il disavanzo nel budget federale del governo degli Stati Uniti sarà enorme, anche senza le richieste di nazionalizzazione. A dare un quadro delle richieste che di qui a poco saranno presentate alla Casa Bianca è sempre lo stesso Jim Willie: “Il gruppo dei settori in cerca di un salvataggio imminente sul filo conduttore della nazionalizzazione comprendono - dopo quelle già concluse di Fannie Mae & Freddie Mac, General Motors, Ford, le banche di Wall Street e alcune compagnie aeree”. Aggiungete a questa altre stupefacenti richieste di finanziamento per la “Federal Deposit Insurance Corporation” (per coprire i depositi bancari in fallimento) e per il “Pension Guarantee Fund” (per coprire i fondi pensione andati in bancarotta) ed otterrete un quadro decisamente poco edificante: un vero e proprio assalto alla diligenza. Ma di proporzioni, almeno fino ad oggi, difficili da valutare nella loro drammaticità.

Davanti ad uno scenario tanto oscuro la risposta dell’amministrazione Bush non si è fatta attendere: le casse dello stato si accolleranno tutti i titoli spazzatura per salvare l’economia e, ovviamente, per il bene dell’America. Oro in cambio di carta straccia. Il tutto, almeno nella prima bozza del piano Paulson, senza alcuna contropartita da parte di quegli istituti finanziari che si vedranno piovere dal cielo vagonate di dollari e senza, ovviamente, apportare alcuna modifica nel settore dell’autorità di garanzia del mercato e della borsa. Come se ci fosse una logica nell’affidarsi a quegli stessi soggetti che ci hanno portato, passo dopo passo, sull’orlo del burrone. Se quel piano, o una sua versione simile, dovesse trovare l’appoggio del Congresso – come tutto sembra indicare - sarà come lanciarsi nel vuoto.

Rimane poi da considerare il fatto, per nulla secondario, che nel corso degli ultimi due decenni, gli stranieri hanno accumulato quantità gigantesche di obbligazioni del Tesoro americano; con l’esito che, ad oggi, troppi “nemici” degli USA detengono enormi quantità dei loro titoli del debito pubblico federale. Gli Stati Uniti, in definitiva, non controllano più il loro destino. Abbiamo così il dollaro americano che sta recuperando mentre la sua situazione finanziaria sta implodendo e il declino del mercato immobiliare che inesorabilmente fungerà da forza trainante (verso l’abisso) per la già menomata situazione economica degli States.

“La storia della forza relativa degli USA – conclude lo stesso Willie – all’apparenza è assurda, eppure costituisce un capitolo importante nel saggio della Mitologia Economica. Una simile contraddizione invita ad una reazione”. Eppure nulla pare indicare quel cambiamento vertiginoso che le istituzioni pubbliche dovrebbero imprimere per risollevare la credibilità della loro economia. Lo spettacolo, dopotutto, deve continuare. Sembra quasi di assistere ad una scena grottesca: il popolo americano che, mentre la sua casa sta bruciando dalle fondamenta, decide, con un secchio d’acqua in mano, di farsi una doccia. Peccato che la casa più vicina al rogo sia quella della borsa di Londra. Praticamente dietro casa nostra.


di Ilvio Pannullo

Il salvataggio finanziario



Nessuno si aspettava che il capitalismo industriale finisse così. Nessuno addirittura aveva notato che si stava evolvendo in questa direzione. Ho paura che questo difetto non sia insolito tra i futurologi: la tendenza naturale è quella di pensare a come le economie possano crescere ed evolvere nel migliore dei modi, non a come non possano essere monitorate. Ma sembra sempre presentarsi una strada imprevedibile, ed ecco che la società parte per la tangente.

Che ultime due settimane pazzesche!

Domenica 7 settembre il Tesoro si è accollato i 5.300 miliardi di esposizione sui mutui di Fannie Mae e Freddie Mac, i cui dirigenti erano già stati destituiti per falso contabile.

Lunedì 15 settembre Lehman Brother è fallita, quando i potenziali acquirenti di Wall Streen non riuscivano a vedere più alcun senso di realtà dai suoi libri contabili. Mercoledì la Federal Reserve ha acconsentito per pagare almeno 85 miliardi di dollari nelle vincite di facciata “assicurate” che si dovevano agli speculatori finanziari che avevano scommesso su scambi fatti al computer di mutui spazzatura e che avevano comprato una copertura della controparte dalla A.I.G. (l’American International Group, il cui presidente Maurice Greenberg era già stato destituito da qualche anno per falso contabile).

Ma è venerdì 19 settembre che verrà ricordato come il punto di svolta nella storia americana. La Casa Bianca ha impegnato quasi 500 miliardi di dollari per far aumentare i prezzi del mercato immobiliare in un tentativo per supportare il valore di mercato dei mutui spazzatura – mutui erogati di gran lunga superiori alla possibilità dei debitori di estinguerli e di gran lunga superiori al prezzo di mercato corrente del collaterale impegnato.

Questi miliardi di dollari sono stati dedicati a mantenere vivo un sogno – le invenzioni contabili registrate dalle aziende che erano entrate in un mondo irreale basato sulla contabilità fasulla e che quasi tutti nel settore finanziario sapevano che era falsificata. Ma si stava al gioco, comprando e vendendo pacchetti di mutui spazzatura perché era lì che stavano isoldi. Come ha detto Charles Princes di Citibank: “Finché c’è musica, bisogna continuare a ballare.” Addirittura dopo il crollo dei mercati, i gestori di fondi che se ne stavano alla larga sono stati accusati di esseare usciti dal gioco mentre la partita era ancora in corso. Ho degli amici a Wall Street che sono stati licenziati per non essere riusciti ad uguagliare i profitti che stavano realizzando i loro colleghi. E i maggiori profitti dovevano essere realizzati trattando il più grande patrimonio finanziario dell’economia – i mutui. Solamente i mutui impacchettati, di proprietà o garantiti da Fannie e Freddie, superavano l’intero debito nazionale degli Stati Uniti – il disavanzo complessivo accumulato dal governo americano dalla vittoria nella Guerra di rivoluzione!

Tutto questo dà un’idea di quanto sia stato imponente il salvataggio – e dove risiedano le priorità del governo (o almeno quelle dei Repubblicani). Invece di aprire gli occhi dell’economia di fronte alla realtà, il governo ha speso tutte le proprie risorse per promuovere il sogno illusorio che i debiti possono essere estinti. E se non possono essere estinti dai debitori stessi, allora ci penserà il governo – i “contribuenti”, in un eufemismo.

Da un giorno all'altro, il Tesoro e la Federal Reserve hanno cambiato radicalmente il carattere del capitalismo americano. Si tratta niente meno che di un colpo di stato a favore della classe sociale che Franklin Delano Roosevelt definiva i “bankster1” Quello che è avvenuto nelle ultime due settimane minaccia di alterare il prossimo secolo – in modo irreversibile, se riusciranno a farla franca. Questo è il più grande e ingiusto trasferimento di ricchezza dai tempi della distribuzione della terra ai magnati delle ferrovie all’epoca della Guerra di Secessione.

Tuttavia, ci sono poche indicazioni sul fatto che si possa porre fine alla solita tiritera del libero mercato da parte degli addetti ai lavori che sono riusciti ad evitare la sorveglianza pubblica nominando dei non regolatori nelle principali agenzie di regolamentazione – e perciò creando lo scompiglio che ora, secondo il Segretario al Tesoro Henry Paulson, minaccia i conti correnti e i posti di lavoro di tutti gli americani. Naturalmente, coloro a cui fa riferimento Paulson sono i più grandi finanziatori della campagna elettorale Repubblicana (e, ad essere sinceri, anche i più grandi finanziatori dei candidati Democratici nelle principali commissioni finanziarie).

Una classe sociale cleptocratica si è impadronita dell’economia per sostituire il capitalismo industriale. Il termine “bankster” coniato da Franklin Roosevelt la dice tutta. L’economia è stata catturata – da una forza aliena, non dai soliti sospetti. Non dal socialismo, dai lavoratori o dallo “statalismo”, né dagli industriali monopolisti o addirittura dalle grandi famiglie di banchieri. Sicuramente non dai massoni o dagli Illuminati. (Sarebbe splendido se ci fosse veramente qualche gruppo di persone che agisse con qualche secolo di saggezza alle spalle, così almeno qualcuno almeno avrebbe un piano). Invece, i bankster hanno siglato un patto con una forza aliena – non i comunisti, i russi, gli asiatici o gli arabi. Nemmeno un essere umano. I componenti di questo gruppo di persone sono una nuova stirpe di macchine. Potrebbe sembrare un film di Terminator, ma le macchine computerizzate si sono davvero impadronite del mondo – perlomeno, il mondo della Casa Bianca.

Ed ecco come hanno fatto. A.I.G. ha stipulato polizze assicurative di tutti i tipi: assicurazioni sulla casa e sulla proprietà, assicurazioni sul bestiame, persino leasing su aeromobili. Questi affari altamente redditizi non erano un problema (quindi probabilmente saranno liquidati per ripagare le scommesse andate storte della società). Il crollo di A.I.G. è arrivato dai 450 miliardi di dollari che si era obbligata a pagare come risultato della garanzia assicurativa degli hedge fund della controparte. In altre parole, se le due parti contraenti avessero giocato al gioco a somma zero di scommettere l’una contro l’altra se il dollaro sarebbe aumentato o diminuito nei confronti della sterlina o dell’euro, o se avessero assicurato un portafoglio di mutui spazzatura per essere sicuri che sarebbero stati pagati, avrebbero corrisposto una piccolissima commissione alla A.I.G. per una polizza nella quale si prometteva di pagare se, diciamo, gli 11.000 miliardi del mercato americano dei mutui avessero fatto “un passo falso” o se i perdenti che avevano scommesso miliardi di dollari nelle puntate sullo scambio di derivati stranieri, nei derivati sulle obbligazioni e sulle azioni si fossero dovuti trovare, in qualche modo, nella situazione in cui si ritrovano numerosi clienti abituali di Las Vegas, e non essere in grado di sborsare i quattrini per coprire le perdite.

A.I.G. ha raccolto miliardi di dollari in tali polizze. E grazie al fatto che le società di assicurazioni sono un paradiso di Milton Friedman – non regolamentate né dalla Federal Reserve né da altre agenzie nazionali – e quindi in grado di ottenere il proverbiale “giro gratis” senza la sorveglianza del governo – la stipula di queste polizze è stata fatta da tabulati al computer, e la società ha raccolto enormi quote e commissioni senza impiegare troppo capitale proprio. Questo è quella che viene definita “auto-regolamentazione” ed è come si suppone che funzioni la Mano Invisibile. Inevitabilmente si è scoperto che alcune delle istituzioni finanziarie che avevano effettuato scommesse per miliardi di dollari – di solito sotto forma di puntate del valore di centinaia di milioni di dollari nel corso di pochi minuti, per essere precisi – non potevano pagare. Queste scommesse vengono effettuate nel giro di millisecondi, colpi su una tastiera senza quasi alcuna interazione umana. In quel senso non è improbabile l’acquisizione da parte di individui alieni a forma di baccello. Ma in questo caso si tratta di macchine simili a robot, da qui l’analogia di prima con i Terminator. La loro improvvisa ascesa verso la dominazione è imprevista come un’invasione da Marte. L’esempio più vicino a noi è l’invasione dei ragazzi di Harvard, della Banca Mondiale e della U.S.A.I.D.2 in Russia e nelle altre economie post-sovietiche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, premendo per la distribuzione del libero mercato per creare cleptocrazie nazionali. Dovrebbe costituire un segno di preoccupazione per gli americani il fatto che questi cleptocrati sono diventati le Ricchezze Fondatrici dei loro rispettivi paesi. Dovremmo tenere a mente l’aforisma di Aristotele secondo cui la democrazia è la fase politica immediatamente precedente all’oligarchia.

Le macchine finanziarie che hanno messo in campo le trattative che hanno fatto fallire A.I.G. erano state programmate dai direttori finanziari per agire alla velocità della luce nel condurre contrattazioni elettroniche che duravano ognuna solo una manciata di secondi, milioni di volte al giorno. Solo una macchina potrebbe calcolare delle probabilità matematiche fattorizzate in relazione agli svolazzi verso l’alto e verso il basso dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e dei prezzi di azioni e obbligazioni – e dei prezzi dei mutui impacchettati. E questi ultimi hanno assunto sempre più la forma di mutui spazzatura, facendo finta di essere debiti pagabili ma che erano in realtà materiale pubblicitario senza valore. Le macchine impiegate negli hedge fund, in particolare, hanno dato un nuovo significato al Capitalismo da Casinò, da tempo applicato dagli speculatori che giocavano al mercato azionario. Significava fare puntate incrociate, perderne alcune e vincerne altre – con il governo che mette in salvo chi non paga. La svolta nel fermento delle ultime due settimane è stata che i vincitori non potevano raccogliere le proprie puntate a meno che il governo avesse pagato i debiti che i debitori non erano in grado di coprire con il proprio denaro.

Si sarebbe portati a pensare che questo avrebbe richiesto un certo livello di controllo sul governo. L’attività forse non sarebbe dovuta mai essere autorizzata. In effetti, non è mai stata auorizzata, e dunque mai regolamentata. Ma sembra sia stato fatto per una buona ragione: gli investitori negli hedge fund dovevano firmare un documento nel quale si dichiarava di essere sufficientemente benestanti per permettersi di perdere il loro denaro in questo gioco d’azzardo finanziario. Ai piccoli investitori non era consentito partecipare. Nonostantele gli elevati guadagni che milioni di piccole contrattazioni generavano, erano considerati troppo rischiosi per i novellini che non avevano fondi fiduciari con cui giocare.

Un hedge fund non fa soldi producendo beni e servizi. Non avanza fondi per acquistare beni reali o addirittura per prestare denaro. Un hedge fund prende a prestito somme enormi per alzare la propria puntata con quasi credito gratuito. I suoi dirigenti non sono degli ingegneri industriali ma dei matematici che programmano computer per effettuare delle puntate incrociate su quale direzione potrebbero prendere i tassi di interesse, i tassi di cambio delle valute, i prezzi di azioni e obbligazioni – oppure i prezzi dei mutui bancari impacchettati. I prestiti impacchettati potrebbero essere puliti oppure potrebbero essere spazzatura. Non ha importanza. Tutto quello che importa è fare soldi in un mercato dove la maggior parte delle trattative dura solamente pochi secondi. Quello che crea il guadagno è la fibrillazione del prezzo – la volatilità.

Questo tipo di transazioni potrebbe rendere una fortuna, ma non è una “creazione di ricchezza” nella forma che riconoscono la maggior parte delle persone. Prima della formula matematica di Black-Scholes per calcolare il valore delle scommesse sugli hedge, questo tipo di opzioni put e call era troppo oneroso per garantire più utili a tutti, tranne che alle agenzie di brokeraggio. Ma la combinazione di potenti computer e l’”innovazione” dell’accesso quasi del tutto libero ai tavoli da gioco della finanza ha reso possibile frenetiche manovre da mordi-e-fuggi.

E allora perché il Tesoro ha ritenuto necessario entrare in questo quadretto? Perché questi speculatori dovevano essere salvati se avevano abbastanza soldi da perdere senza dover entrare sotto la tutela dello Stato? La contrattazione degli hedge fund era limitata a personaggi ricchissimi, alle banche d’investimento ed altri investitori istituzionali. Ma è diventato uno dei modi più semplici per far soldi, prestando fondi ad interesse alla gente per ripagare le loro trattative incrociate fatte al computer. E quasi in tempo reale, questi guadagni erano pagati in commissioni, stipendi e bonus annuali che richiamano alla mente l’epoca d’oro americana degli anni antecedenti la Prima Guerra Mondiale – parecchio tempo prima che fosse introdotta l’imposta sui redditi del 1913. La cosa straordinaria riguardo a tutto questo denaro è che i suoi beneficiari non dovevano neppure sottostare alla normale imposta. Il governo aveva permesso loro di definirlo “capital gain”, ossia guadagno in conto capitale, vale a dire che il denaro era tassato solamente una parte di quanto venissero tassati i normali redditi.

Il pretesto, ovviamente, è quello che queste trattative frenetiche creano vero “capitale” ma di sicuro non è così, secondo la concezione classica del capitale del XIX secolo. Il termine è stato scollegato dalla produzione di beni e servizi, dall’assunzione di forza lavoro o dalla innovazione finanziaria. E’ più “capitale” il diritto a gestire una lotteria e raccogliere le vincite dalle speranze di chi ha perso. D’altra parte, i casinò di Las Vegas passando ai casinò sulle barche sui fiumi sono diventati un’importante “industria in crescita”, intorbidendo i concetti stessi di capitale, crescita e ricchezza.

Per chiudere i tavoli da gioco e ripagare il denaro, chi ha perso deve essere salvato – Fannie Mae, Freddie Mac, A.I.G. e chi sa chi altri arriverà? Questo è l’unico modo per risolvere il problema di come le aziende che hanno già corrisposto i propri utili ai dirigenti e agli azionisti invece di accantonarli raccoglieranno le loro vincite dai debitori insolventi e dalle compagnie di assicurazione. Questi perdenti hanno anche corrisposto gli utili ai loro direttori finanziari e agli addetti ai lavori (insieme ai soliti contributi patriottici per i candidati politici delle commissioni più importanti che hanno la responsabilità delle decisioni sulla struttura finanziaria del paese).

Tutto questo deve essere orchestrato con largo anticipo. E’ necessario comprare i politici e dar loro una storia di copertura plausibile (o almeno una serie ben congegnata di eufemismi preconfezionati) per spiegare agli elettori perché era nell’interesse pubblico salvare gli speculatori. E’ necessaria una buona retorica per spiegare perché il governo dovrebbe permettere loro di andare al casinò e tenersi tutte le vincite mentre si utilizzano finanziamenti pubblici per ripagare le perdite delle loro controparti.

Quello che è avvento il 18 e 19 settembre ha richiesto anni di preparazione, coronato da una falsa ideologia intagliata dagli esperti di pubbliche relazioni per essere trasmessa come una situazione di emergenza per gettare nel panico il Congresso – e gli elettori – poco prima delle elezioni presidenziali. Sembra essere la nostra sorpresa elettorale di settembre. In una situazione di crisi programmata, il Presidente Bush e il Segretario al Tesoro Paulson fanno ora appello al paese per unirsi in una Guerra ai proprietari di casa in bancarotta. Si dice che sia l’unica speranza per “salvare il sistema” (E di quale sistema stiamo parlando? Non è capitalismo industriale, né bancario, per quanto ne sappiamo). La più grande trasformazione del sistema finanziario americano dai tempi della Grande Depressione è stata compressa in appena due settimane, iniziando con il raddoppio del debito del paese con la nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac il 7 settembre.

La teoria economica era solita spiegare che gli utili e l’interesse erano un guadagno per un rischio calcolato. Ma oggi il gioco si chiama capital gain e gioco d’azzardo computerizzato nella direzione dei tassi di interesse, delle valute straniere e dei prezzi delle azioni – e quando si fanno cattive puntate, i salvataggi sono il guadagno economico calcolato per i contributi elettorali. Ma non è il momento di parlare di queste cose. “Ora dobbiamo agire per proteggere la salute economica della nazione da un grave rischio”, ha intonato il presidente Bush il 19 settembre. Quello che intendeva dire è che la Casa Bianca deve garantire l’incolumità del più grande gruppo di contributori del Partito Repubblicano – cioè Wall Street – mettendo in salvo le loro pessime puntate. “Ci saranno ampie opportunità di discutere le origini di questo problema. Ora è il momento di risolverlo”. In altri termini, non facciamone una questione elettorale. “Nella storia della nostra nazione ci sono stati momenti che ci hanno richiesto di unirci e andare oltre le linee di partito per fronteggiare le sfide più importanti. Questo è uno di quei momenti”. Proprio prima delle elezioni presidenziali! Le stesse frottole erano state sentite in precedenza, venerdì mattina, dal Segretario al Tesoro Paulson: “La salute della nostra economia ci richiede di lavorare insieme per una rapida azione bipartisan”. Gli annunciatori avevano detto che erano stati discussi 500 miliardi di dollari per le manovre di oggi.

Buona parte della colpa dovrebbe andare all’amministrazione Clinton per aver portato all’abrogazione della legge Glas-Stegall nel 1999, consentendo alle banche di fondersi nei casinò. O piuttosto, i casinò hanno assorbito le banche. Ed è questo che ha messo a rischio i risparmi degli americani.

Ma questo significa che davvero l’unica soluzione è quella di far risalire il mercato immobiliare? Il piano Paulson-Bernanke è quello di consentire alle banche di svendere le case di cinque milioni di debitori di mutui che quest’anno stanno affrontando un’insolvenza o il pignoramento! I proprietari di casa con “mutui a tasso variabile in procinto di esplodere” perderanno la loro abitazione ma la Fed pomperà abbastanza credito alle agenzie di prestiti di mutui per consentire ai nuovi acquirenti di indebitarsi quanto basta per impossessarsi dei mutui spazzatura che sono attualmente nelle mani degli speculatori. E’ giunto il momento per un’altra bolla finanziaria e immobiliare che salvi i prestatori e gli impacchettatori di mutui spazzatura.

Gli Stati Uniti sono entrati in una nuova guerra – una Guerra per salvare i trader dei derivati computerizzati. Come la guerra in Iraq, anche questa si basa sulle menzogne e vi si è preso parte in un’apparente situazione di emergenza – verso cui la soluzione ha poco a che vedere con la causa sottostante dei problemi. Sul piano delle sicurezza finanziaria, il governo pagherà le obbligazioni di debito collaterizzate (CDO) che Warren Buffett ha definito “armi di distruzione di massa finanziaria”.

Non c’è da stupirsi che questa distribuzione di denaro pubblico sia gestita dallo stesso gruppo di persone che metteva in guardia così religiosamente il paese sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Il Presidente Bush e il Segretario al Tesoro Paulson hanno annunciato che questo non è il momento per dissapori bipartisan per il cambiamento della politica pubblica a favore dei creditori piuttosto che dei debitori. Non c’è tempo per ridurre il più grande salvataggio della storia una questione elettorale. Non è il momento adatto per discutere se è una buona cosa quella di far salire di nuovo i prezzi del mercato immobiliare ad un livello tale che obbligherà i nuovi acquirenti ad indebitarsi sempre di più ed impiegare all’incirca il 40 per cento della loro busta paga.

Ricordate quando il Presidente Bush e Alan Greenspan comunicavano agli americani che non c’erano abbastanza soldi per pagare la Previdenza Sociale (per non parlare di Medicare3) perché in futuro (tra 10 anni? 20 anni? 40 anni?) il sistema potrebbe avere un disavanzo di quello che ora sembrano delle insignificanti centinaia di miliardi di dollari spalmati su molti molti anni. In sostanza, se non riusciamo a capire come pagare, affossiamo subito il progetto. Bush e Greenspan avevano ovviamente un’utile soluzione. Il Tesoro poteva trasferire il denaro proveniente dalle Previdenza Sociale e dall’assicurazione sanitaria verso Bear Sterns, Lehman Brothers e i loro confratelli per essere investito con la “magia dell’interesse composto”.

Che cosa sarebbe accaduto alla Previdenza Sociale se fosse stato fatto? Forse dovremmo considerare gli avvenimenti delle ultime due settimane come la cessione agli speculatori di Wall Street di tutto il denaro che era stato messo da parte da quando la Commissione Greenspan nel 1983 aveva spostato il peso fiscale sulle trattenute in busta paga per il Federal Insurance Contributions Act4. Non sono i pensionati a venire salvati, ma gli investitori di Wall Street che hanno firmato documenti nei quali si affermava che potevano permettersi di perdere i loro soldi. Lo slogan dei Repubblicani per novembre dovrebbe essere “Viva l’assicurazione sul gioco d’azzardo, abbasso l’assicurazione sanitaria”. La tanto glorificata Strada verso la Schiavitù non è stata progettata in questo modo. Frederick Hayek e i suoi ragazzi di Chicago hanno insistatito sul fatto che la schiavitù arriverebbe dalla pianificazione e della regolamentazione del governo. Questa visione ha ribaltato le idee dei riformatori dell’era classica e progressista che dipingevano il governo come la mente della società, il suo timone per regolare i mercati – e liberarli dal profitto senza giocare un ruolo essenziale nella produzione.

La teoria della democrazia fa affidamento sul presupposto che gli elettori agirebbero nel proprio interesse. I riformatori del mercato elaborarono un’ipotesi simile affermando i consumatori, i risparmiatori e gli investitori promuoverebbero la crescita economica agendo con piena conoscenza e consapevolenzza delle dinamiche in gioco. Purtroppo la Mano Invisibile si è rivelata un inganno contabile, prestiti di mutui spazzatura, insider trading e il fatto di non riuscire di collegare l’aumento vertiginoso del debito con la possibilità di pagare da parte dei debitori – uno scompiglio apparentemente legittimato da modelli commerciali computerizzati, ed ora benedetti dal tesoro.

Michael Hudson è il presidente dell’ Institute for the Study of Long-Term Economic Trends (ISLET), un analista finanziario di Wall Street, professore emerito di economia all’Università del Missouri ed autore di “Super Imperialism: The Economic Strategy of American Empire” (1972 e 2003) e di “The Myth of Aid” (1971).

Fonte: www.globalresearch.ca

11 ottobre 2008

Perchè il salvataggio di Wall Street puzza?



Questo è un disastro in tempo reale e richiede vere soluzioni.[…] Siamo in una situazione di panico generalizzato e siamo ritornati a rischio di crollo sistemico dell’intero sistema finanziario. E le autorità Usa e quelle straniere sembrano non avere capito nulla su cosa ci sia bisogno di fare.

Da quasi un anno ci stiamo chiedendo: perché gli investitori e le banche straniere che hanno comprato centinaia di miliardi di dollari di titoli poggiati sui mutui [mortgage-backed securities, MBS] da banche di investimento Usa non hanno intrapreso alcuna azione legale contro queste stesse banche, o iniziato un boicottaggio dei prodotti finanziari Usa per impedire che altre persone venissero derubate?

Ora sappiamo la risposta. È perché, dietro le scene, Henry Paulson & Co. stavano lavorando ad un accordo per gettare tutto questo casino da miliardi di dollari sui contribuenti Usa. Questa è la vera ragione dietro a questo spreco da $ 700 miliardi; cancellare gli enormi debiti generati dal più grande caso di truffa della storia. Il membro del congresso Brad Sherman la spiegato mercoledì notte a Larry Kudlow:

“Il decreto fornisce centinaia di miliardi di dollari per salvare gli investitori stranieri. Non fornisce alcun reale controllo sui poteri di Paulson. Vi è un comitato di controllo ma non è un vero comitato che può farsi avanti e cambiare quello che lui fa. È un programma da $ 700 miliardi gestito da un impiegato part-time e non vi è limite sui salari da un milione di dollari al mese… Il tutto è molto chiaro. La Bank of Shanghai può trasferire tutti i suoi beni tossici alla sua sede di Los Angeles che poi il giorno dopo li rivende al Tesoro. Ho proposto un emendamento per fare in modo che se questi beni non fossero stati posseduti da un’entità americana, pure una sussidiaria, ma almeno una qualche entità negli Usa, il Tesoro non avrebbe potuto comprarli. È stato rigettato.

A seguire: "Salviamo i proprietari di casa! Perchè il piano Paulson è una truffa", di Paul Craig Roberts (Counterpunch).
Il decreto è molto chiaro. Beni ora detenuti in Cina e a Londra possono essere venduti a società Usa lunedì e poi rivenduti al Tesoro martedì. Paulson ha detto chiaramente che avrebbe chiesto un veto di qualunque legge contenente un chiaro emendamento che affermasse che non possono essere venduti al Tesoro beni non posseduti da cittadini americani al 20 di settembre. Centinaia di miliardi di dollari sono destinati a salvare gli investitori stranieri. Lo sanno, lo hanno chiesto, il decreto è stato accuratamente scritto per far sì che accada ciò”.

Perciò, perché il segretario al Tesoro non ha spiegato al popolo americano il vero scopo del salvataggio? Può essere che egli sappia che il suo salvataggio da $ 700 miliardi finirà come il dirigibile Hindenburg, svanendo coperto dalle fiamme?

Questo è un decreto terribile, e conferisce autorità assoluta ad uno degli attori centrali dello scandalo, Henry Paulson, che e stato presidente della Goldman Sachs al tempo in cui questi titoli MBS spazzatura venivano rifilati in giro per il pianeta ad investitori creduloni. Ora Paulson sarà nella posizione di ricomprare qualunque “bene in difficoltà” egli ritenga porre una minaccia alla “stabilità del mercato finanziario”. E’ chiaro che Paulson utilizzerà i suoi poteri privi di controlli per fare tabula rasa e rimuovere qualunque possibilità che gli investitori stranieri possano intraprendere azioni legali contro i perpetratori della truffa: le giganti banche di investimento di Wall Street.

Dunque, com’è possibile che il popolo americano accetti di pagare per evitare future spese legali a Paulson & Co.? E’ questo il modo in cui le tasse dei contribuenti dovrebbero essere spese, anziché in educazione, sanità e infrastrutture?

Vi è un’altra ragione per cui Paulson ha lavorato così duramente per l’approvazione del decreto Salvataggio per i Tycoons; perché è una manna dal cielo per i giganti del sistema bancario. La Citigroup non ha raccolto la Wachovia per puro caso, né la JP Morgan ha acquistato Washington Mutual perché voleva compiere il suo dovere civico e impedire il totale collasso del sistema. Assolutamente no; sapevano chiaramente dove soffiava il vento. Di fatto, non ce n’è uno di questi casi che non mandi puzza di bruciato.

Questo ha detto Sara Lepro di AP:
“La Citigroup ha acconsentito lunedì ad acquistare le operazioni bancarie della Wachovia per $ 2,1 miliardi in un accordo combinato dai regolatori federali, rendendo la banca di Charlotte l’ultima vittima della sempre più vasta crisi finanziaria globale.

L’accordo espande grandemente i diritti di vendita della Citigroup—fornendole un totale di più di 4300 filiali Usa e 600 miliardi in depositi—e le assicura un posto tra le Tre Grandi dell’industria bancaria Usa, assieme alla Bank of America Corp. e alla JP Morgan Chase & Co.

Ma tutto ciò avviene ad un costo: Citigroup Inc. ha detto che ridurrà i suoi dividendi trimestrali della metà, a 16 centesimi. Diluirà anche gli attuali azionisti vendendo 10 miliardi di azioni ordinarie per sostenere la sua posizione di capitale. Oltre ad essersi assunta $ 53 miliardi in debiti, Citigroup assorbirà sino a 42 miliardi di perdite del portafoglio prestiti da 312 miliardi della Wachovia, mentre la Federal Deposit Insurance Corp. [FDIC, assicurazione federale sui depositi, n.d.t.] si è dichiarata d’accordo a coprire le rimanenti perdite. Citigroup emetterà anche azioni privilegiate e garanzie per la FDIC per 12 miliardi di dollari.”

Questa è la frase chiave della Lepro:
“Il piano di salvataggio per le istituzioni finanziarie da $ 700 miliardi proposto dal governo, votato lunedì dalla Camera dei Rappresentanti, probabilmente si dimostrerà un ulteriore guadagno per la Citi.

Mentre il piano è in generale progettato per impedire che le banche si approfittino della vendita al governo di beni in difficoltà, vi è un’eccezione per il caso di beni acquistati in una unione o in un rilevamento, o da aziende che hanno fatto bancarotta. Questo permetterebbe alla Citigroup di vendere le obbligazioni tossiche e altri beni ottenuti dalla Wachovia per un prezzo più alto di quello realmente pagato per essi”.

Perciò la Citi non solo ottiene un’armata di correntisti (il più economico capitale disponibile!) ma, allo stesso tempo, potrà scaricare tutta la sua spazzatura poggiata sui mutui sui contribuenti! E, indovinate un po’, l’affare fatto dalla JP Morgan è praticamente identico.

È o no un giochetto da esperti?

Qualcuno ha voglia di scommettere che anche la G-Sax otterrà un posto in prima fila succhiando miliardi di dollari dei contribuenti per rimettere assieme il suo traballante bilancio?

E quale sarà il risultato netto della rapina da parte dei banchieri gangster di Paulson? Maggiore consolidamento dell’industria finanziaria e totale distruzione delle banche locali e regionali. Questa è una cosa certa. Le piccola banche di tutta la nazione se la prenderanno in saccoccia se passa il decreto. Potete scommetterci.

Il paese non ha tempo per questa cinica caccia al tesoro. Il sistema sta mostrando pessimi segni e abbiamo UNA sola possibilità per fare un buon decreto di emergenza.

Secondo Bloomberg News, 29 settembre:
“La Federal Reserve immetterà ulteriori $ 630 miliardi nel sistema finanziario globale, allagando le banche di contanti per alleviare la peggiore crisi bancaria dai tempi della Grande Depressione. La Fed ha aumentato i suoi scambi di valuta con banche centrali straniere da $ 330 miliardi a $ 620 miliardi per rendere una maggiore quantità di dollari disponibile in tutto il mondo. Il Term Auction Facility, il programma d’emergenza di prestiti della Fed, si espanderà da $ 300 miliardi a $ 450 miliardi. Tra le autorità partecipanti vi sono la Banca Centrale Europea, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone.

La crisi si sta riflettendo su tutta l’economia globale, provocando la caduta del mercato azionario e costringendo i governi europei a salvare quattro banche negli ultimi due giorni appena”. (Bloomberg)

Afferrato il concetto? La Fed aveva già accantonato il voto negativo del Congresso e pompato denaro nel sistema; e guardate cos’è successo.

Nulla!

Il Libor [London Interbank Offered Rate. Da Wikipedia: “Il libor è il tasso di riferimento europeo al quale le banche si prestano denaro tra loro, spesso durante la notte (in batch notturno), dopo la chiusura dei mercati” N.d.t.] è ancora al massimo storico, il Ted spread [Il Ted spread è la differenza tra i tassi di interesse dei prestiti interbancari e quelli dei buoni del Tesoro USA a breve termine. E’ un indice del rischio percepito sul credito, dato che i buoni del Tesoro sono considerati a basso rischio a differenza dei prestiti interbancari N.d.t.] si è allargato livelli record mentre i prestiti interbancari sembrano bloccati ad un punto morto. Vi è una corsa al mercato valutario che sta riducendo la capacità delle imprese di utilizzare credito a breve termine. Il sistema si sta spegnendo, amici, e l’olio di serpente di Paulson non servirà a nulla. 400 economisti di fama—non i falchi fanatici che lavorano per l’amministrazione Bush –si sono opposti a questo piano di salvataggio.

Questo è un disastro in tempo reale e richiede vere soluzioni. Come fa notare Nouriel Roubini, presidente della Roubini Global Economics, siamo sull’orlo della “madre di tutte le corse agli sportelli”, un saccheggio senza confini delle riserve che farebbe crollare il sistema finanziario. Questa è l’opinione di Roubini su quale sarà la prossima testa a cadere:
“Il prossimo passo di questo panico potrebbe diventare la madre di tutte le corse gli sportelli, cioè una corsa agli oltre $1000 miliardi di prestiti interbancari a breve termine con l’estero del sistema finanziario e bancario Usa, dato che le banche straniere si stanno iniziando a preoccupare della sicurezza delle loro esposizioni liquide verso le istituzioni finanziarie USA; tale silenziosa corsa agli sportelli da oltre confine è già iniziata dal momento che le banche straniere sono preoccupate della solvibilità delle banche Usa e stanno iniziando a ridurre la loro esposizione. E se questa corsa accelera, come potrebbe accadere, potrebbe avvenire un collasso totale del sistema finanziario Usa. Siamo perciò ora in una situazione di panico generalizzato e siamo ritornati a rischio di crollo sistemico dell’intero sistema finanziario. E le autorità Usa e quelle straniere sembrano non avere capito nulla su cosa ci sia bisogno di fare. Forse dovrebbero già oggi iniziare una coordinata riduzione di 100 punti base dei tassi in tutte le maggiori economie del mondo per mostrare che hanno seriamente iniziato a riconoscere e ad affrontare questa crisi finanziaria in rapido peggioramento.” (Nouriel Roubini, EconoMonitor)

Non un solo centesimo dovrebbe andare a questa ultima truffa di Wall Street. Nessun salvataggio!

Mike Whitney vive nello stato di Washington. Può essere contattato all’indirizzo fergiewhitney@msn.com

Titolo originale: " Why the Bailout Stinks "

Fonte: http://www.counterpunch.org
Link
02.10.2008

SALVIAMO I PROPRIETARI DI CASA! PERCHE’ IL PIANO PAULSON E’ UNA TRUFFA

DI PAUL CRAIG ROBERTS
Counterpunch

Questo piano di salvataggio di Paulson è, esso stesso, una gigantesca frode come i mutui subprime ad eccessiva leva finanziaria?

Ieri, qui su CounterPunch, ho discusso del piano di salvataggio proposto e fatto notare che la proposta non può avere successo se danneggia la posizione di credito del Tesoro Usa e/o la combinazione del mark-to-market [utilizzo dei prezzi stabiliti dal mercato N.d.t.] e dello short-selling [detto anche “vendita allo scopeto”, lo Short Selling è un operazione finanziaria che consiste nella vendita di strumenti finanziari non posseduti con successivo riacquisto. Da BorsaItaliana.it N.d.t.] permette a chi lo pratica di prosperare trascinando sempre più istituzioni finanziarie alla bancarotta.

Il commento di un lettore e un articolo dei professori di Yale Jonathan Kopell and William Goetzmann, sollevano esattamente questa questione della fraudolenza del pacchetto Paulson.

Come dice un lettore: “abbiamo debito a tre differenti livelli: il debito personale familiare, il debito del settore finanziario e il debito pubblico. Il primo ha inondato il secondo e ora stanno facendo sì che il secondo inondi il terzo. L’atteggiamento dei nostri leader è quello di non fare nulla per il primo livello di debito, e fare finta che il terzo livello di debito non abbia alcuna importanza”.

L’argomento in favore del piano di salvataggio è che le banche saranno libere dagli strumenti finanziari in difficoltà e potranno ritornare a fare prestiti, e che il Tesoro Usa recupererà gran parte dei costi del salvataggio perché solo una piccola percentuale dei sottostanti i mutui sono cattivi. Esaminiamo questo argomento.

In realtà il piano Paulson non affronta il problema principale. Affronta solo i problemi delle istituzioni finanziarie che detengono beni in difficoltà. In base al piano di salvataggio, i beni in difficoltà si spostano dai bilanci delle banche al bilancio del Tesoro. Ma il sottostante problema—la continua diminuzione dei valori dei mutui e delle case—rimane e continua a peggiorare.

L’origine della crisi è al livello dei proprietari di casa. I proprietari non riescono a ripagare i mutui. Spostare gli strumenti finanziari nei libri contabili del Tesoro non ferma il crescente tasso di insolvibilità.

Il piano di salvataggio si concentra sul lato sbagliato del problema. Il salvataggio dovrebbe concentrarsi sull’origine del problema, i proprietari di casa che si dichiarano insolventi. Il salvataggio dovrebbe indennizzare i proprietari insolventi e pagare i mutui criminali. Come fanno notare Koppell e Goetzmann, gli strumenti finanziari sono in difficoltà a causa dell’insolvibilità dei mutui. Fermare il problema alla sua origine restaurerebbe il valore dei derivati basati su mutui e porrebbe fine alla crisi.

Questo approccio ha l’ulteriore vantaggio di fermare la valanga nei prezzi delle case e porre termine all’erosione della base fiscale locale che risulta dai pignoramenti e dalle case gettate sul mercato. E per quanto riguarda l’azzardo morale di salvare i proprietari di casa che hanno fatto eccessiva leva finanziaria [over-leveraged] su se stessi? Chiedetevi: qual è la differenza con l’azzardo morale di salvare le istituzioni finanziarie che hanno creato obbligazioni su prestiti questionabili, li hanno assicurati e venduti come titoli di investimento? Il Congresso dovrebbe concentrare il piano di salvataggio sul rifinanziamento dei mutui in difficoltà come la Home Owners’ Loan Corp. fece negli anni 30, non su istituzioni in difficoltà che detengono strumenti in difficoltà legati ai mutui. Il Congresso deve fare un passo indietro, stabilire udienze e parlare con Koppell e Goetzmann. Il Congresso deve sapere i fatti prima di intraprendere un’azione. L’ultima cosa che il Congresso ha bisogno di fare è lasciarsi spaventare ancora una volta fino ad acconsentire ad un’iniziativa disastrosa.

Paul Craig Roberts [email] è stato Assistente Segretario del ministero del Tesoro americano, durante l’Amministrazione Reagan. E’ un ex Editore Associato del Wall Street Journal, è stato per 16 anni columnist di Business Week e di Scripps Howard News Service e di Creator’s Sindacate di Los Angeles. Ha avuto numerose cattedre universitarie, inclusa quella "William E. Simon" della facoltà di Politica Economica del Center for Strategic and International Studies della Georgetown University e Senior Research Fellow dell’Hoover Institution e della Stanford University. E’ stato insignito della Legion d’Onore dal Presidente della Francia e gli è stata assegnata la medaglia d’argento del Ministero del Tesoro Usa, per il suo “importante contributo alla formulazione della politica economica americana”.
di Mike Whitney

Fonte: http://www.counterpunch.org

Una democrazia senza parlamento

Titoli di giornali di ieri: “Berlusconi: imporrò i decreti” (la Repubblica). Più soft, una volta si diceva “più gesuitico”, il Corriere: “Berlusconi: farò più decreti”. Poiché non eravamo a Napoli, luogo del pronunciamento, non possiamo giurare su quale dei due verbi abbia usato il premier. Sta di fatto che, nel clima della legge Alfano, cui i costituzionalisti negano il titolo di “lodo” non essendo il ministro di giustizia un’autorità neutrale chiamata a mediare vertenze, un delirio di onnipotenza e di insofferenza per le istituzioni parlamentari e per la costituzione della repubblica sta dilagando nella destra. Mercoledì ne abbiamo avuto tre manifestazioni simultanee: quella appena ricordata del premier a Napoli, l’annuncio di Tremonti che l’indomani sarebbe andato in parlamento a riferire solo sulla legge finanziaria e non sulla crisi mondiale, come chiedevano i deputati; la teoria di Elio Vito, ministro dei rapporti col parlamento, illustrata nel question-time, che la decretazione è un modo di adeguare il processo legislativo al nuovo secolo, che mal sopporta tempi e modi della legiferazione parlamentare.

Ma dove hanno letto, costoro, che la nostra democrazia non è più quella codificata nella costituzione e che il governo può strafottersene delle regole scritte e dei rappresentanti del popolo? Il 4 luglio, Europa pubblicò l’appello di 110 docenti dell’Associazione costituzionalisti, presieduta da Alessandro Pace, al capo dello stato, al governo, alle camere, e naturalmente al “popolo sovrano” che la nostra costituzione, non mutata, riconosce appunto unico sovrano e tuttavia nega anche ad esso l’esercizio della sovranità fuori dei modi e dei limiti stabiliti dalla legge. A maggior ragione, fuori di quei limiti e modi non si possono porre i governanti, sulle cui spalle non c’è neanche la forfora della sovranità. Fare le leggi è dunque mestiere del parlamento. Il governo può fare decreti solo in caso di necessità e urgenza. Non ha necessità e urgenza la guerra ai graffiti che Berlusconi ha indicato da Napoli come uno dei prossimi oggetti del suo governare per decreti.

Ma oltre ai requisiti di necessità e urgenza, i decreti debbono essere “puntuali e omogenei”, cioè riguardare una singola materia, come impone la legge 400 del 1988 sui poteri della presidenza del consiglio. Invece non lo sono più da quando i loro testi sono diventati vere e proprie lenzuolate, nelle quali ci sono non una ma dieci, quindici materie: una , forse, con caratteri di necessità e urgenza, le altre come Dio vuole. Prassi fraudolenta, il capo dello stato talvolta obbietta, altre volte concede l’autorizzazione, che il cavaliere nella sua cultura brianzola chiama il “visto”. La frode si moltiplica quando la lenzuolata, autorizzata dal Quirinale per evitare la guerra perpetua col governo, viene inzeppata di emendamenti in parlamento e quindi diventa una cosa diversa da quella “vistata” cioè autorizata dal capo dello stato. E’ una vera e propria prassi di rapina nei confronti del presidente della repubblica e del parlamento. Il presidente della camera Fini ha formalmente protestato contro questa legiferazione per decreti. Dall’inizio del governo Berlusconi, deputati e senatori si sono limitari a convertire in leggi i decreti del governo. Per di più prendendosi lo sberleffo di Vito.

Il quale, per negare questa mortificante realtà, rinfacciava all’aula di Montecitorio che i parlamentari hanno votato anche la ratifica di non so quale trattato internazionale. Hai detto un prospero.
Siamo grati a Fini della protesta, altrettanto ci aspettiamo da Schifani, che sovrintende all’altro ramo del parlamento. E ci aspettiamo anche che dicano la cosa essenziale: poiché Berlusconi lamenta l’inadeguatezza dei suoi poteri di premier e la farraginosità dei regolamenti parlamentari – le due cause della lentezza del processo legislativo – camera e senato, dove la maggioranza ha numeri sovrabbondanti, procedano subito ad adeguare la legge 400 sui poteri del presidente del consiglio e a snellire radicalmente i regolamenti parlamentari. Il governo potrà così governare con la velocità della Tav, come piacerebbe a Berlusconi e non solo a lui.

Di più, la legge 400 sui poteri della presidenza del consiglio potrebbe essere trasformata da legge ordinaria a norma costituzionale: aggiungendo così ai requisiti di necessità e urgenza, già scritti in costituzione, quelli di puntualità e omogeneità, scritti nella legge e snobbati dalle lenzuolate. Sarebbe la strada semplice e corretta per restare nella democrazia parlamentare. Che altrimenti, anche senza evocare Putin o Videla, vedrebbe giorno dopo giorno le sue istituzioni (e la libertà dei cittadini) ridursi come le anime dantesche, “ombre vane fuor che nell’aspetto”.
di Federico Orlando

Una rivolta dei “consumatori” può scatenare una rivoluzione?



Il proletariato borghese – I ceti medi potrebbero trasformarsi in classe rivoluzionaria, prendendo il posto che Marx aveva immaginato del proletariato. La globalizzazione del mercato del lavoro e i ridotti livelli del supporto previdenziale nazionale e della occupazione potrebbero diminuire nella gente l'attaccamento a certe istituzioni. Il gap crescente tra loro e un piccolo numero di individui ultra-ricchi molto in vista potrebbe accendere la disillusione nei confronti della meritocrazia, mentre le sotto-classi urbane in aumento potrebbero rappresentare una crescente minaccia per l'ordine e la stabilità sociali, dato che il peso del debito acquisito e il fallimento del supporto pensionistico cominciano a bruciare. Di fronte a questa doppia sfida, i ceti medi di tutto il mondo, usando l'accesso al sapere, potrebbero unire risorse e abilità per dare forma a processi transnazionali nell'interesse della propria classe.” ― Rapporto del Ministero della Difesa Inglese: “Programma sugli Andamenti Globali Strategici 2007-2036 del Development, Concepts and Doctrine Centre (DCDC)” [Centro per lo Sviluppo di Concetti e Dottrine], (Terza Edizione) p.96, Marzo 2007.

Parole davvero profetiche, considerata la gravissima siutuazione del capitalismo per effetto della speculazione rampante e di un'economia basata sull'illusoria creazione di una fetta di benessere, quest'analisi del Ministero della Difesa ha qualche significato?

Il potere del grande capitale transnazionale ha trasformato non soltanto lo scenario economico ma anche la natura del modo in cui viviamo, dal cibo che mangiamo (e dove lo acquistiamo) fino alla struttura dei nostri spazi sociali, e a giudicare dal livello d'insoddisfazione della società capitalista contemporanea, ampie fasce di popolazione non sono fesse e contente.

Ma al contrario di epoche precedenti questa insoddisfazione, che non ha una voce politica coerente, sta trovando altre vie d'uscita e di espressione.

Con una popolazione incastrata nel debito che adesso si estende alla sua progenie, i “bei tempi” dei passati decenni sono finiti con un botto e, dato che l'unica “soluzione” alla crisi del capitalismo sembra essere negli effetti del cambiamento climatico, nel caos causato dalla “globalizzazione” (imperialismo rimodernato sotto altro nome) e nell'estesa destabilizzazione come la guerra senza fine, quali sono le possibilità di porre termine alla follia del capitalismo?

La sinistra, essa stessa prodotto di una società che di fatto non esiste più, ha fallito sia nel non riconoscere questa trasformazione, sia nel non produrre una struttura teorica che possa essere usata per apportare un cambiamento radicale.

Nel Regno Unito cinque gigantesche catene di supermarket dominano la fornitura alimentare al dettaglio, e a causa della loro solidità sul mercato impongono non solo il prezzo ma anche il tipo, la qualità e la provenienza di quello che vendono.

Eppure il 75% degli alimenti coltivati e prodotti nel Regno Unito proviene da piccoli produttori.

Sfortunatamente, per il piccolo agricoltore, questi non possono offrirlo al prezzo richiesto dai monopoli dei supermarket, e tanto meno farlo per tutto il corso dell'anno, mentre i generi alimentari provenienti dai paesi in via di sviluppo non solo costano meno ma sono anche disponibili su richiesta. La globalizzazione ha spezzato il legame biologico e storico fra la produzione agricola e il consumo.

Un terzo dei 20 miliardi di sterline spesi annualmente in abbigliamento e in casalinghi vengono spesi nelle otto settimane che precedono il Natale. Tuttavia, la tanto decantata economia dei consumi è in gran parte un'illusione dato che opera quasi completamente sul credito/debito. Il credito proviene dall'enorme eccedenza estratta dal settore bancario e finanziario attraverso il controllo e il possesso del circuito globale di capitale, che a sua volta presta ai consumatori addebitando loro gli interessi sul prestito.

Di contro, solo una piccola percentuale del prodotto interno lordo del Regno Unito proviene dalla manifattura, la nostra non è più un'economia produttiva in realtà, ma soltanto un'economia dei consumi. Il “benessere” di cui godiamo adesso ha due fonti: il credito o il debito per mezzo del settore finanziario che in cambio finanzia l'economia del credito (be', almeno così è stato fino a poco tempo fa). Ovviamente è un ciclo chiuso, poiché nessun benessere vero e proprio viene prodotto, in altre parole è un'economia parassita che dipende completamente dalla presa che il grande capitale ha sul circuito globale di capitale e dall'estrarre il sovrappiù da un terzo mondo disperato e sempre più povero. Perciò il capitalismo industriale è stato sostituito quasi completamente dal capitalismo dei consumi.

Quindi, cosa implica questa trasformazione e come dovremmo affrontarla?

Con la fine della classe lavoratrice organizzata, tramite la distruzione dei sindacati di categoria (a parte i sindacati del pubblico impiego, e in maniera rilevante, lo stato è il più grande datore di lavoro) e la distruzione totale delle comunità della classe operaia, dato che le attività produttive sono state tolte di mezzo, anche la tradizionale solidarietà che si creava nelle comunità e nei luoghi di lavoro è scomparsa.

Accanto a questo, con la scissione della società in una “middle-class” carica di debiti e in una “under-class” relegata in quartieri fatiscenti, lo stato delle aziende e dell'apparato di sicurezza sembra al sicuro. Esso ha a disposizione tutte le “leggi” per reprimere qualunque dissenso reale che sfidi il potere dello stato in maniera significativa.

Infatti, per fare un esempio, è riuscito a mettere una parte della classe operaia contro l'altra, demonizzandone e criminalizzandone la parte giovane, creando un'atmosfera di paura e di paranoia attraverso la complicità dei media (per es., “sensazione che il crimine stia dilagando”, “comportamento antisociale”, “abuso di alcolici”, “accoltellamenti”, “bande giovanili”), davvero un ritorno alla “classe criminale” dell'epoca vittoriana. In questo modo lo stato e/o i media hanno messo i lavoratori nelle condizioni di divorarsi l'un l'altro, piuttosto che fare luce sulla vera causa della frammentazione della società, il capitalismo.

Eppure, a dispetto della nostra esistenza depoliticizzata e alienata, questa è una società che si sta spaccando in una pletora di fratture, fratture che stanno trovando un'espressione ma non nel modo “tradizionale”, cioè attraverso la lotta di classe.

In compenso vediamo i cosiddetti gruppi di interesse, generalmente nel ceto medio, in cerca di “alternative” per costruire stili di vita “ecologici”, come ripartizioni dei generi alimentari, progetti di energia “sostenibile”, riciclaggio, nostalgici viaggi in un passato (“retaggio”) perlopiù fittizio, una ricerca di “britannicità”, molti dei quali ― non c'è da sorprendersi, dato che gli stessi lavorano nei media ― trovano espressione in una marea di programmi in TV e alla radio. Nell'insieme, sa di elitarismo, ma si può affermare che questi sono progetti di lusso, e allora cosa succede quando finiscono i soldi?

D'altra parte, non vi è dubbio che l'attrattiva del capitalismo consumistico stia svanendo ancor prima di finire fuori strada, e questo processo sta accelerando con la crisi del capitale che si mangia la casa, e il costo della vita alle stelle. Quindi si sta verificando un certo tipo di sintesi tra i bisogni reali e la realtà, ma manca di espressioni fattibili.

Potrebbe essere come dice il rapporto del Ministero della Difesa, “Di fronte a questa doppia sfida i ceti medi di tutto il mondo, usando l'accesso al sapere, potrebbero unire risorse e abilità per dare forma a processi transnazionali nell'interesse della propria classe”, e se così fosse, dov'è la sinistra in questo processo?

Se questa è di fatto una riflessione accurata dei processi attualmente in corso, come possono questi due settori del proletariato trovare un terreno comune senza una qualche espressione collettiva?

Attualmente, la sinistra esistente quasi ignora la cosiddetta “middle class”, i professionisti, manager, operatori dei media, intellettuali e accademici che in realtà fanno andare il capitalismo (a parte cioè quelli che ironicamente compongono la leadership della sinistra)?

Cruciali per questo processo sono gli impiegati del servizio pubblico, senza i quali lo stato non ha potere. Una qualche alleanza fra la restante classe operaia organizzata e il ceto medio professionista potrebbe portare ad un cambiamento rivoluzionario?

Io sostengo che molto dipende da come si metterà l'attuale crisi del capitale. Se, come potrebbe essere il caso, la classe capitalista internazionale è ben decisa a usare una serie infinita di guerre come soluzione alla crisi dell'accumulazione, allora si mette davvero male.

Perciò smascherare la “guerra al terrore”, in realtà la guerra al pianeta e alle sue genti insita nella natura del capitalismo, deve essere di certo il nostro obiettivo primario, altrimenti tutto è perduto.

di WILLIAM BOWLES
creative-i.info

700 miliardi per camuffare la storia



Durante la settimana finanziaria che va dal 15 al 19 settembre, la globalizzazione finanziaria aveva dimostrato di essere definitivamente morta. Ma prima che il crollo di Wall Street coinvolgesse Main Street (l’economia reale), il Governo americano ha preso una decisione senza precedenti: la costituzione di un ente federale con a disposizione 700 miliardi di dollari da destinare al riacquisto dei valori finanziari tossici che sono all’origine del perpetuarsi del crollo dei listini finanziari mondiali.

Secondo gli analisti il piano Paulson sarebbe quantitativamente dieci volte superiore al piano Marshall con cui si ricostruì l’Europa post-bellica e superiore al costo della guerra del Vietnam. Si consideri poi che la Cina, detenendo metà del debito estero Usa, detiene un importo di 500 miliardi di dollari in titoli statunitensi. L’immissione di 700 miliardi di dollari da parte del Tesoro, rappresenta di fatto una importante svalutazione del loro debito verso la Cina. Quanto potranno sopportare ancora la Cina, e gli altri detentori di titoli del debito Usa, un tal genere di furto? Il modello di fatto imperiale, spacciato col nome altisonante di globalizzazione, è in rianimazione ma con certezza di morte. Anzi, il piano Paulson non farà altro che prolungare l’agonia del malato. Questo perché quel credito di 700 miliardi non è strategicamente vincolato a risollevare l’ansimante economia reale, quanto piuttosto volto a riversare direttamente sui cittadini americani, ed indirettamente sulla popolazione mondiale, il disastro prodotto dall’immissione nel sistema della finanza di titoli puramente speculativi.

Ciò su cui non si può discutere, è invece il definitivo fallimento del modello liberista. Il blocco delle vendite allo scoperto ed il paracadute offerto ai mercati con i soldi dei cittadini, sono decisioni dirigistiche ed antimercatiste che dovrebbero segnare pure per gli irriducibili liberisti, il definitivo fallimento della deregulation , dell’idea per cui i mercati abbandonati a sé stessi raggiungerebbero l’equilibrio ottimale in favore della ricchezza. Se si fossero abbandonati i mercati ai loro destini, le famiglie più importanti del pianeta, dai Morgan ai Mellon ai Du Pont ai Rothschild, sarebbero probabilmente alle cronache come storico caso di "eccellente suicidio di massa", produzioni e commerci sarebbero fermi, intere nazioni sarebbero nel più completo caos.

In tutta questa storia c’è anche un altro dato interessante che emerge e che è bene che i politici tengano presente già nell’immediato futuro, visti i sacrifici che esso è costato alle popolazioni da loro amministrate. Gli illuminati osservatori economici del Fondo monetario internazionale, della Banca Mondiale, dell’Ocse, e delle agenzie di rating private (S & P, Moody’s, Fitch) che finora hanno giudicato sulla bontà delle scelte economiche fatte da stati sovrani ed aziende, da oggi, che genere di mestiere potranno fare? La risposta è che l’economia mondiale, nella sua facciata reale, necessita di braccia per la ricostruzione e l’arricchimento tecnologico delle sue infrastrutture e delle sue produzioni, di modo che i popoli del pianeta, dopo un quarantennio di politiche liberiste a cui sono stati via via sottoposti, possano tornare a vedere il sereno offerto da un’economia che migliori i loro tenori di vita piuttosto che distruggerli.

Ora, dovrebbe essere ovvio anche a Paulson – forse non a Bush – che quel credito di 700 miliardi, corrisponde ad una nuova immissione di liquidità nel sistema, che al pari dei circa 2-3 miliardi che ogni giorno dal luglio-agosto 2007 fino alla scorsa settimana, le banche centrali avevano cominciato ad iniettare nel mercato per sorreggere la maturanda crisi, rifluirà sui prodotti finanziari speculativi che abbiano come sottostante oro, petrolio, materie prime, generi alimentari. Ciò comporterà a breve una nuova ondata iperinflazionistica sui beni di prima necessità. In sostanza, quei 700 miliardi non serviranno altro che ad alimentare la fase d’iperinflazione globale, con un botto ancor più violento sui mercati finanziari e impensabili ripercussioni nell’economia reale. Chi cerca di dare una giustificazione "razionale" alla decisione del Tesoro, cerca di far passare come meritorio il salvataggio poiché "in fondo dietro ai titoli tossici detenuti dal sistema finanziario, vi sarebbero degli immobili" (come a dire che così tossici non sarebbero). Ma questa considerazione, oltre a non essere avvalorata dai mercati (tanta è la crisi di fiducia creatasi tra gli operatori) non è avvalorata neanche dalla ragione. La garanzia offerta ai valori finanziari da parte del relativo sottostante reale immobiliare, infatti, può garantire un equivalente valore finanziario, non una piramide di carta molte volte superiore al valore degli immobili stessi.

Ma perché Paulson, ha proceduto in un salvataggio che evidentemente non farà altro che procrastinare il crollo dei mercati piuttosto che evitarlo?

In sostanza Paulson-Bush stanno solo prendendo tempo. Ma per quale motivo? Tempo per cosa? Riflettiamo sul primo crollo finanziario del nuovo millennio, quello che va dal marzo 2000 all’ottobre 2002. Nell’immaginario collettivo il primo crollo dei mercati del nuovo millennio avvenne in seguito alla distruzione delle Twin Towers nel settembre del 2001. Esso cominciò invece nel marzo del 2000 e fino al 10 settembre 2001 le borse mondiali avevano perso circa il 30% del loro valore. Dall’11 settembre fino ai minimi dell’ottobre 2002 gli indici persero un ulteriore 30%.

Dunque il primo crack dei mercati nel nuovo millennio avvenne ben prima dell’11 settembre e corrispose sostanzialmente allo scoppio della bolla dei titoli della new economy (telecom, media and tech), ma per la popolazione mondiale esso avvenne a causa di Osama Bin Laden. In seguito i mercati mondiali si ripresero sostituendo la mega bolla new economy con una nuova bolla speculativa, quella del settore immobiliare.

Mentre scrivo le agenzie di stampa rendono conto dell’ultimo discorso di G. W. Bush alle Nazioni Unite, in cui afferma che "Siria ed Iran continuano a sponsorizzare il terrorismo" (mentre in Iraq ci dovevano essere armi di distruzione di massa!). Per l’opinione pubblica occidentale, che nella maggioranza dei casi non ha mai letto alcun discorso di Ahmadinejad, quell’iraniano è colui che vuole sterminare Israele, visto che così i media hanno riferito (sic).

Nel corso dell’ultima settimana si sono verificati vari attentati di presunta matrice terroristica da Islamabad a Gerusalemme allo Yemen ai Paesi Baschi (tralasciando quelli del casertano). In breve, mentre la globalizzazione, grazie al piano Paulson, rimanda la sua dichiarazione di decesso, varie "operazioni caos" si scatenano con ritmo accelerato a giro per il pianeta.

Se scoppiasse una nuova importante guerra, la storia ufficiale di questi giorni diverrebbe: «La guerra contro il terrorismo fece crollare i mercati finanziari e l’economia mondiale.»

A cospetto di un sistema fallito, l’unico modo per salvare i creditori privilegiati, ossia la popolazione mondiale unitariamente intesa, è seguire il "piano LaRouche": organizzare il fallimento del sistema e non attendere che esso si verifichi per forza d’inerzia, distinguere tra quelli che sono crediti esigibili (stipendi, pensioni, liquidità per il funzionamento dello stato e del welfare) e quelli che non sono esigibili perché frutto di mere speculazioni. Ricreare un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale sul modello rooseveltiano di Bretton Woods. Da qui lanciare linee di credito a livello globale con cui finanziare nuovi progetti infrastrutturali e le imprese private.

Per fare ciò è necessario che alla disponibilità di Russia, Cina e India si aggiunga quella degli Stati Uniti. Gli altri si allineerebbero di conseguenza.

Claudio Giudici

A Chiaiano Berlusconi ha qualche problema...



L’Italia sta diventando ogni giorno che passa un Paese sempre più surreale, dove il non sense rappresenta la regola e le atmosfere kafkiane sono corollario delle nostre giornate.


Un Paese dove il governo è intenzionato a costruire infrastrutture di ogni genere, contro la volontà dei cittadini che di quelle infrastrutture dovranno sopportarne il peso, imponendo la presenza dei cantieri per mezzo dell’esercito e delle forze dell’ordine, quasi si trattasse di un’operazione di occupazione in piena regola.


Centrali nucleari, cancrovalorizzatori, discariche tossiche, ferrovie ad alta velocità, basi militari statunitensi, centrali a carbone e turbogas, rigassificatori, autostrade e molte altre opere di cementificazione selvaggia, verranno imposte con la forza nei prossimi anni ai cittadini che non le vogliono, attraverso l’uso dell’esercito, della polizia, dei carabinieri e di una nuova legislazione che in Italia ora sottopone al segreto militare i cantieri delle grandi infrastrutture.



Un esempio di quello che ci aspetta lo si è avuto ieri a Chiaiano dove circa 8000 persone hanno dato vita all’ennesima manifestazione


http://ilcorrosivo.blogspot.com/2008/05/spazzatura-e-manganelli.html


contro la mega discarica che dovrebbe sorgere accanto alle loro case, ammorbando il loro futuro e minando tanto la salute della popolazione quanto l’integrità dell’ambiente. A Chiaiano i cittadini chiedevano fosse concesso ad una loro delegazione, composta anche da amministratori, l’ingresso nel cantiere per prendere visione dei lavori che vengono portati avanti. Lo Stato ha risposto di no, quasi all’interno dell’area fossero custoditi segreti la cui natura non poteva essere resa pubblica, creando momenti di forte tensione con i dimostranti che sono poi stati costretti ad indietreggiare dal lancio di lacrimogeni e dal mulinare dei manganelli. I manifestanti hanno poi creato alcune barricate lungo la strada che conduce alla futura discarica, senza cercare mai lo scontro fisico ma ribadendo che loro saranno lì quando fra breve tempo arriveranno i camion che trasporteranno i rifiuti. Non molleranno mai perché è impossibile mollare quando è in gioco la propria salute e quella dei propri figli.



Berlusconi (e chi verrà dopo di lui) impegnato a sfornare miracoli a ripetizione in questa Italia che proprio non vuole saperne di fare come Lazzaro, sembra avere qualche problema di più rispetto ai pochi che è solito ammettere. Non sembra infatti davvero proponibile l’ipotesi di tenere aperte le discariche ed i cantieri delle grandi opere (in alcuni casi come quelli del TAV destinati a durare una ventina di anni) ricorrendo al continuo presidio in forze, giorno dopo giorno, di esercito e polizia, indispensabile per reprimere la protesta dei cittadini che difenderanno il proprio diritto ad esistere con le unghie e con i denti. Così come sembra improponibile l’immagine di un’Italia dove gli italiani siano costretti ad identificare le forze dell’ordine e l’esercito con il loro nemico, che occupa i terreni, costruisce check point e militarizza il territorio.


Se in un Paese occorrono l’esercito e la polizia per costruire le infrastrutture, significa che chi lo governa ha sbagliato qualcosa, probabilmente la natura delle infrastrutture stesse e l’opportunità della loro costruzione.


Prenderne atto e comprendere come sia giunta l’ora d’iniziare ad ascoltare cosa hanno da dire i cittadini, che dopo decenni di cementificazione selvaggia stanno iniziando ad aprire gli occhi, sarebbe l’unico vero miracolo di cui il nostro Paese ha bisogno, prima che l’arroganza di chi detiene il potere e difende unicamente i profitti della consorteria del cemento e del tondino, porti ad una frattura insanabile che difficilmente potrebbe poi essere ricomposta.


di Marco Cedolin



I crack finanziari come il doping


I crack finanziari come i casi di doping nello sport. E' la teoria di Alberto Cei, professore di psicologia all'Università di Tor Vergata (Roma) e di Cassino. Il meccanismo è lo stesso: un sistema che spinge a ottenere il massimo dei risultati, non importa come, in barba alle regole. Perché le regole sono altre: non quelle dettate da leggi e regolamenti che valgono soltanto per i fessi. I vincenti agiscono in un altro modo: puntano dritti agli obiettivi, quelli veri, da raggiungere a qualunque costo. Sono "I Signori dei tranelli", i protagonisti del saggio che Cei pubblicherà tra poche settimane.

Da cosa nasce il suo parallelo tra sport ed economia?
"Parliamo sempre di persone di successo: atleti che vincono le Olimpiadi, multimiliardari. Per esempio Barry Bond, campione americano di baseball, si è imbottito di steroidi, arrivando al discredito, perché era secondo e voleva diventare il primo nella classifica del record dei lanci fuori campo".

Chi sono i signori dei tranelli?
"Sono le persone di successo che ritengono di non poter mai essere perseguite, che vivono in un ambiente nel quale si sentono sicure. Al tempo stesso, su di loro grava una forte pressione sociale che li spinge a ottenere il massimo, anche illegalmente. Hanno anche una serie di premi, stock options per i manager, che incentivano ancora di più questo atteggiamento. La loro è un'attività intenzionale: non sono mele marce, sono persone assolutamente brillanti, oltre a essere socialmente ben posizionate".

Se quindi agiscono secondo una sorta di mandato, e non a scopo personale, perseguirli per aver violato la legge potrebbe apparire quasi come un'ingiustizia. "La frode è stata istituzionalizzata in qualche modo: si creano scatole cinesi per cui non si capisce più niente, nessuno è in grado di risalire all'origine, e capire di chi è la colpa. Di conseguenza, si sta cercando di far passare il principio che se non si salvano le società sull'orlo del baratro sarà peggio per l'intero sistema. E così, per salvare il rapporto di fiducia tra i cittadini e gli intermediari finanziari, lo Stato diventa un azionista".

E' una buona soluzione, o ci sono altre terapie meno costose?
"Le terapie migliori sono quelle legate al buon senso, come quella suggerita da Joseph Stiglitz (Premio Nobel per l'Economia 2001, ndr): non più incentivi annuali, ma quinquennali, per evitare di mettere sotto pressione i manager e valutare gli effetti della loro gestione nel lungo periodo. E poi i controlli: è ampiamente emerso che quelli esistenti non funzionano, e infatti la maggior parte delle frodi finanziarie sono state scoperte per caso, da Parmalat in Italia a Enron negli Stati Uniti. La Grant Thornton per Parmalat e la Arthur Andersen per Enron erano conniventi. Si era di fronte a sistemi d'interconnessione. Anche l'immagine pubblica di queste grandi aziende era assolutamente positiva. Si creava una sorta di pace sociale: la Enron era perfettamente a posto anche dal punto di vista della beneficenza. Una truffa istituzionalizzata, un impegno quotidiano non certo opera esclusiva di manager come Tanzi: non si tratta di frodi singole, è un sistema che va mantenuto in piedi con il lavoro quotidiano di molte persone".

Un sistema che si basa, scriveva qualche giorno fa l'Herald Tribune, su una filosofia da tempo imperante, che mette al centro di tutto "l'ottimismo".
"Quello che conta è la ricerca del risultato ad ogni costo. Sicuramente ottenere i risultati è un fatto auspicabile, come lo è vincere nello sport: è il come che è diventato patologico. L'assenza totale di controlli, l'esaltazione dell'orientamento al rischio, la pressione sociale si uniscono al desiderio legittimo di vincere e di accumulare denaro. Ha prevalso una sorta di cultura dell'arroganza. Non era sbagliato l'obiettivo, ma il modo, unito alla consapevolezza che i controlli sono inesistenti. I controlli costituiscono un forte elemento di deterrenza, perché "i signori dei tranelli" non vogliono perdere la faccia di fronte al proprio ambiente sociale: puoi fare quello che vuoi, ma se vieni scoperto vuole dire che non sei stato abbastanza bravo e vieni eliminato. Però non vanno bene il controlli solo alla fine: le persone così non hanno un argine".

L'aver scoperto fin troppe frodi finanziarie, il discredito sociale caduto addosso a persone che fino a poco tempo fa erano considerati i maghi della finanza, potrebbe aiutare a far cambiare le regole del gioco?
"Io sarei pessimista su questo. Le soluzioni ci sarebbero, ripeto: controlli indipendenti, togliere gli incentivi annuali, introdurre una sorta di educazione dei dipendenti delle società finanziarie ad essere socialmente responsabili. E invece già si sente dire che "i migliori" della Lehman Brothers verranno sicuramente riassunti, troveranno subito un altro ottimo lavoro. I migliori in che cosa? Non lo sapremo mai. Non si tratta di chi ha avuto il miglior dottorato a Princeton. Secondo me non c'è un'alternativa: trovarla dovrebbe essere la funzione dello Stato, ma stiamo vedendo che non si è pronti".

Cosa dovrebbe fare lo Stato?
"Cambiare le regole oppure utilizzare le regole che ci sono, è questa la strada da percorrere. In Italia ha sempre prevalso il principio dell'impunità per chi commette dei reati, si è rassegnati a questo. Sono curioso di vedere quello che succede negli Stati Uniti, alla fine quella può essere un'occasione per far crescere un'opinione pubblica, anche se mi sembra complicato. Mi sembra l'unico posto al mondo dove questo potrebbe accadere: noi siamo rassegnati su tutti i fronti, in Italia nessuno fa causa perché si sa che la causa finirà tra 30 anni e semmai ne beneficeranno i nipoti".
di ROSARIA AMATO

Base Dal Molin: la dittatura è nuda.


La politica è totalmente alla mercè del potere economico e i “politicanti sono i camerieri dei banchieri”, come diceva correttamente, il poeta statunitense Ezra Pound.
Lo sappiamo benissimo.
Ma ogni volta che l’intreccio tra Potere e istituzioni, tra padroni e vassalli, viene alla luce non può non scuotere le coscienze di tutti noi.
La base militare statunitense Dal Molin a Vicenza è proprio uno di questi casi.

Il Consiglio di Stato, cioè il massimo organo della giustizia amministrativa ha ieri infatti sospeso la decisione del Tar del Veneto favorevole al Referendum popolare.
Secondo i magistrati “non è condivisibile” l’argomentazione del Tar.
Il referendum popolare del 5 ottobre prossimo, non abrogativo ma solo consultivo, non sa da fare!

Perché si vieta a dei liberi cittadini, in barba alla Costituzione della Repubblica italiana, di esprimere il proprio parere su una questione che li riguarda molto da vicino?
Per quale motivo i palazzi del potere tremano al punto tale da prendere decisioni della più bieca dittatura?
A prescindere dalle farneticazioni dei magistrati del “porto delle nebbie”, vi è una paura folle che il 5 ottobre il popolo consapevole di Vicenza dica NO (scrivendo però sulla scheda SI) ad una sudditanza politico-economia pluridecennale.
Questo naturalmente non è permesso in dittatura, perché come disse Charles Bukowski: “la differenza fra una democrazia e una dittatura, è che in una democrazia prima voti e poi ordini; in una dittatura non devi perdere tempo a votare”.

Oggi possiamo finalmente dire che la nostra democrazia rappresentativa, altro non è che una dittatura oligarchica mascherata e camuffata da democrazia. E dobbiamo ringraziare la base Dal Molin e i vicentini per aver messo a nudo la Dittatura !
Ringraziamo pure i “camerieri” dei banchieri, perché con i loro atteggiamenti e le loro dichiarazioni completano e arricchiscono il quadro.
Per esempio l’onorevole Manuela Dal Lago, vicepresidente dei deputati della Lega nord dice che “la decisione del Consiglio di Stato è frutto del buon senso e non di pressioni politiche” (AGI, 1 ottobre 2008). Gli ipnotisti, come i manipolatori mentali, sanno bene che nella nostra mente il segno NO non esiste. E’ infatti impossibile pensare a una cosa “in negativo”, per esempio “pensare di non pensare” o immaginare un’assenza senza pensare in qualche modo alla relativa presenza.[1]
Nel dichiarare che “NON” ci sono pressioni politiche per la base, significa semplicemente che esistono delle pressioni politiche ed economiche! Non sappiamo se l’onorevole è a conoscenza delle tecniche di manipolazione linguistica, ma basta dire una cosa ben precisa per farla pensare alle masse.

Ricordo che la Lega ha sempre affermato “Padroni a casa nostra”… anche se non hanno mai spiegato se per “Padroni”: intendono i cittadini (padani) oppure i graduati militari!
Tale arrogante ipocrisia vale anche per tutti gli altri partiti da destra verso sinistra.

La bella notizia in tutto questo è che a Vicenza, domenica 5 ottobre il referendum si farà lo stesso.
Il Sindaco vicentino Variati, davanti a migliaia di manifestanti ieri sera ha infatti precisato: “se non ci permettono di votare domenica dentro le nostre scuole, bene, allora voteremo davanti alle nostre scuole». Gazebi autogestiti al posto dei seggi, dalle 8 alle 21 come previsto, in 53 postazioni come 53 dovevano essere i punti di raccolta delle schede-voto, con tre scrutatori volontari in ogni banchetto per garantire la serietà e la correttezza anche nei confronti di chi tenterà sabotaggi.

Il Sistema dittatoriale può, e lo ha fatto, bocciare un referendum popolare, impedire lo svolgersi di una manifestazione pacifica, picchiare giovani inermi, infiltrarsi per creare zizzania ma non può fare assolutamente nulla contro le coscienze individuali che si muovono.
Mi auguro che domenica prossima saranno tantissime le coscienze che andranno davanti alle scuole per esprimere il proprio voto, il quale, a prescindere dal pezzo di carta e dal SI oppure dal NO, è sinonimo di libertà di espressione democratica.

E’ indubbiamente arrivato – dopo 60 anni - il momento di svegliarci da questo torpore e diventare responsabili del nostro futuro e di quello dei nostri figli.
Le guerre e i crimini danno fastidio? Il terrorismo incute timore?
Se pensassimo fino in fondo – anche al momento del voto e delle manifestazioni - capiremmo che le basi militari sono basi di guerra e per la guerra.
Le guerre servono per rimettere in piedi l’economia americana (la storia lo insegna dal 1939 dopo la Grande Depressione , Vietnam, ecc.) e per occupare “legalmente” altri Stati.
Il terrorismo internazionale è funzionale a tale Sistema e per questo alimentato costantemente, perché permette di attaccare atri paesi (Afghanistan, Iraq, ecc.) e di far passare leggi anti-democratiche e illegittime.
Per ultimo, ricordiamo che le basi militari sono le metastasi di un sistema destinato a crollare autodistruggendosi.

[1] “Al gusto di cioccolato: come smascherare i trucchi della manipolazione linguistica”, psichiatra Matteo Rampin

Come arrestare la macchina infernale?


Come è possibile che banche secolari siano state a tal punto scosse? Com’è possibile che siano le banche belghe a trovarsi in prima linea a subire il fuoco della crisi finanziaria? E perché quelle che si chiamano le autorità "di controllo prudenziale", quelle che, dunque, per definizione avrebbero dovuto assicurarsi che le istituzioni finanziarie gestissero i loro affari con prudenza, sono state scavalcate? Nonostante "il wargames", lo “stress test”, ed i controlli in ogni tipo operati in questi ultimi anni? La crisi attuale è anzitutto una crisi di fiducia, cioè, in termini bancari, una crisi di credito. Una banca può obiettivamente avere un buon bilancio ed essere una macchina operativa molto efficace; ma se, un giorno, i suoi fornitori di crediti, in modo massiccio, non gli danno più fiducia, anche per motivi infondati, smette di respirare. È ciò che è avvenuto per Fortis e per Dexia. Per questo l'intervento delle autorità pubbliche era importante, e le stesse, opportunamente, hanno agito molto rapidamente. Ma perché due delle nostre grandi banche, di cui si elogiava la capacità di resilienza ancora sei mesi fa, sono fra i primi domini europei a cadere? Sono state certamente indebolite da opzioni strategiche (acquisto di ABN Amro per Fortis, attività di valorizzazione del credito per Dexia). Sono inoltre istituzioni situate in un paese, il nostro, tradizionalmente molto aperto ai capitali stranieri, e che ha, dunque, importato alcune tecniche anglosassoni oggi dannose (i crediti strutturati da Fortis, la valorizzazione del credito da Dexia). Oggi, occorre fermare con urgenza questa macchina infernale che si attacca, una dopo l'altra, alle banche del continente. Gli interventi dello Stato, le iniezioni massicce di liquidità, le garanzie dei regolatori non basteranno se non ritorna anche la fiducia degli attori. E ciò, non è soltanto una questione di miliardi, è una questione di sistema. Oggi, è chiaro, non si farà economia per una rifusione completa, globale, totale del sistema finanziario mondiale.
di Pierre-Henri Thomas

03 ottobre 2008

Liberomercato "sovietizzato"



Le nostre grandi imprese hanno fama, a livello internazionale, di essere “dopate” e di non stare alle regole del gioco economico. E’ cosa questa che certo non si può smentire, ma le innumerevoli denuncie e sanzioni comminateci dalle istituzioni europee, fortemente sollecitate da imprese internazionali concorrenti (dietro le quali ci sono altrettanti sistemi-paese), sono sempre state pretestuose o, almeno, dis-equilibrate, stando a quanto avveniva in casa d’altri.


La verità è che l’Italia si trova, da un quindicennio a questa parte, sotto il fuoco incrociato di chi, a livello internazionale, punta ad accaparrarsi fette sempre più consistenti di risorse nazionali, sfruttando la complessiva debolezza politica del nostro sistema-nazione. Spessissimo il nostro capitalismo accattone, il vero responsabile della decadenza italica, ha allungato la mano nelle tasche dei contribuenti per coprire la propria mala gestione (quel capitalismo parassitario che abbiamo chiamato Gf&ID), tentando di socializzare le perdite dopo aver abbondantemente privatizzato i profitti.


Resta inteso che queste “manovre di rapina” (il che non significa affatto che la rapina sia la sostanza stessa del modo di produzione capitalistico) sono state rese possibili dalla debolezza degli agenti politici, i quali hanno permesso, tanto alle imprese decotte del nostro capitalismo assistito che alla finanza nostrana, collegata alla più potente finanza americana ed europea, di godere della massima impunità e della più vasta libertà d’azione.


Così, ad esempio, per la Fiat che ha ottenuto in passato - e che continua ad ottenere anche oggi - nelle forme più disparate, milioni di euro di sovvenzioni statali, con il ricatto delle maestranze alle quali “offre” paternalisticamente la propria protezione (ma non erano le imprese a domandare forza-lavoro sul mercato, come insegnatoci nelle lunghe lezioni di economia da professori zelanti e “tecnicamente” corretti?), solo dopo aver abbondantemente succhiato alle mammelle delle casse pubbliche.


E così anche per le grandi banche del Bel Paese, le quali hanno goduto di una legislazione sbilanciata a loro favore e dell’inefficienza, nonché compiacenza (evidentemente non è un difetto solo americano), delle autorità di controllo le quali, soventemente, hanno chiuso tutti e due gli occhi dinanzi a trucchi e malefatte di ogni tipo.


La Comunità Europea, per tali ragioni, ha più volte condannato l’Italia, con l’accusa di aver fatto uso ed abuso di misure perturbatrici della libera concorrenza nel mercato comunitario, contravvenendo alle "Sacre Scritture Mercatiste" divulgate dalla tecnocrazia economica che appesta gli organismi comunitari e che fa gli interessi dei poteri forti transanazionali.


All’improvviso però sopraggiunge il terremoto finanziario e in Europa tutti si riscoprono sostenitori dell’intervento pubblico in economia, dettato dall’eccezionalità della congiuntura. Le leggi del capitalismo ideologico restano allora come sospese, ma sempre valevoli nella testa di questi imbonitori, in attesa che i “correttivi” statali possano fare piazza pulita, con mezzi del tutto "straordinari", dei parassiti e degli usurpatori affetti da ipomania individualistica e accumulativa. Sarà, ma eccezione dopo eccezione ci si avvicina sempre di più alla regola.


Dopo aver ascoltato per anni i giannizzeri incravattati di “eurolandia” spararle grosse sulle virtù taumaturgiche della mano invisibile che crea e distrugge ma che alla fine riequilibra con maggiore perfezione, il nuovo messaggio è una vera e propria retromarcia. Oggi, difatti, siamo in presenza di una debacle sistemica che ha ben poco di fisiologico (almeno nel senso che sono letteralmente saltati gli stessi fondamenti sui quali aveva sin qui poggiato il castello finanziario occidentale) ed è per questo che gli indefessi liberisti, grandi esperti del piffero, rilasciano dichiarazioni sempre più vaghe e ambigue. Obiettivamente, questi tecnici sopravvalutati e pluripremiati non ci stanno capendo un’acca, proprio come noi poveri mortali, non potendo minimamente prevedere, con gli strumenti categoriali a disposizione, quale sbocco prenderà questa crisi e a quali sconvolgimenti porterà. Per questo vi propongo qui sotto un articolo, tratto dal Foglio, dove vengono denunciate, più o meno, le cose che avevo precedentemente detto nel pezzo sull’Alitalia e che mi trovano pienamente d'accordo.



Da "Il Foglio"


GLI AIUTI DI STATO NON ERANO ILLEGALI?



Il governo inglese statalizza la banca Bradford & Bingley, impegnata nel credito immobiliare britannico, che rischiava l'insolvenza. Questa operazione, decisa con rapidità, dopo che potenziali acquirenti privati si erano ritirati, punta alla salvaguardia dei depositanti, in preda al panico. Ma è evidente che l'esigenza di difendere i risparmiatori da diseconomie esterne causate da condotte bancarie imprudenti non vale a cancellare il fatto che si è, verosimilmente, in presenza di un aiuto di stato, contrario alle regole europee sulla concorrenza. I regolatori britannici non sembrano preoccuparsene.



E tacciono, finora, i commissari europei competenti per la concorrenza e i mercati finanziari, che in altri casi furono solleciti ad ammonire i governi a non violare tali regole (vedi caso Alitalia e, con riguardo al settore del credito, al trattamento preferenziale con-cesso a Banca Popolare Italiana nella scalata ad Antonveneta che attirò critiche sulla Banca d'Italia). Ma il caso più imponente è quello di Fortis, un colosso banco-assicurativo, numero uno nella rete bancaria belga, con una posizione di primaria importanza anche in Olanda e in Lussemburgo.



I governi dei tre paesi hanno erogato, complessivamente, 11,2 miliardi di euro per l'acquisto del 49 per cento delle azioni, rispettivamente di Fortis Belgio, Fortis Olanda e Fortis Lussemburgo. Anche questa statalizzazione (che implica il controllo governativo di Fortis, visto che il restante 51 per cento è frazionato) è un salvataggio, perché decisa dopo che i privati hanno declinato l'interesse a rilevare il gruppo.



La Commissione di Bruxelles sostiene che non si tratta "necessariamente" di aiuto di stato: lo sarebbe solo se i governi comprassero le azioni a un prezzo inferiore al valore di mercato. Ma si potrebbe argomentare che se i privati hanno declinato quell'operazione che invece i governi realizzano l'aiuto di stato c'è. Nel perimetro di Fortis ci sono alcune attività acquisite da Abn Amro, un'operazione che dovrebbe essere completata in ottobre.



I tre governi, quindi, si prendono in carico anche questi asset che poi dovranno rivendere. Sorgono così pure domande sul comportamento dei regolatori finanziari quando Fortis chiuse quell'operazione. E' da dubitare che Fortis avesse allora i parametri patrimoniali per quell'acquisizione. Che dicono i regolatori? C'è una crisi di credibilità, nel centro dell'Europa.


di Giovanni Petrosillo

La fine del secolo americano


Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale.


Nel mese di febbraio il Fondo Monetario Internazionale (FMI) stimava a 1.100 miliardi di $ le perdite del settore finanziario dovute alla crisi dei mutui subprime americani e prevedeva un brusco rallentamento dell’economia globale. Il suo direttore generale, Dominique Strauss-Khan, promise anche di approfondire, con uno studio appropriato, l’impatto sistemico del rialzo dei prezzi delle materie prime, in particolare del petrolio. Nel mese di giugno, in seguito ad un’esplicita richiesta del G8 di Osaka, ribadì il suo impegno a relazionare in autunno. La richiesta del G8 non piacque al segretario di Stato americano Hank Paulson, che accusò i ministri di Francia e Italia, fautori dell’iniziativa, di non conoscere il reale funzionamento dei mercati e di parlare troppo facilmente di speculazione. A tranquillizzarlo bastò l’estrema genericità dell’impegno preso da Dominique Strauss-Khan. Oggi, dopo il fallimento della Lehman Brothers, i due compari si ritrovano al capezzale dell’economia globale, cercando di tutelare gli interessi dell’oligarchia finanziaria sulla pelle dei popoli.



Henry Paulson ha presentato un piano di 700 miliardi di $ per salvare il sistema bancario americano, chiedendo ai G7 di adottare un’iniziativa analoga a livello mondiale. Dominique Strauss-Khan, ha rettificato l’entità del buco imputabile ai subprime - sarebbero 1.300 miliardi di $ - ed ha chiesto la collaborazione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali di tutto il mondo per ridisegnare l’architettura del sistema finanziario internazionale. Sono passati tanti anni da quando tre immigrati ebrei di origine tedesca – i fratelli Henry, Immanuel e Mayer Lehman – costituirono a Montgomery (Alabama) la Lehman Brothers (1850). Non era ancora una banca, ma un negozio di tessuti. All’origine di ogni grande fortuna, c’è sempre un grande crimine. Gli economisti la chiamano accumulazione originaria.
La geniale intuizione dei fratelli Lehman fu quella di sfruttare l’economia schiavista degli Stati del sud facendosi pagare in cotone grezzo, che rivendevano al nord tramite la loro filiale di New York. Durante la guerra civile (1861-65), i fratelli Lehman erano schierati su entrambi i fronti, avendo una sede in Alabama ed una a Manhattan. Finita la guerra, lucrando sul finanziamento della ricostruzione, ampliarono i loro interessi al mercato del caffé, altra materia prima coltivata con l’impiego di schiavi africani. Infine entrarono nel business delle ferrovie e della consulenza finanziaria.

Il salto di qualità, per la famiglia Lehman, avvenne grazie all’alleanza con Goldman Sachs (1906). Entrarono in tutti i settori dell’economia americana, sopravvissero alla crisi del 1929, beneficiarono della seconda guerra mondiale, parteciparono alla grande espansione delle multinazionali americane nel dopoguerra. Negli anni in cui il mondo affrontava le crisi determinate dall’aumento del prezzo del petrolio, la Lehman Brothers raggiunse il suo apogeo, grazie alla fusione con due colossi della finanza americana: Kuhn Loeb (1975) ed American Express (1984). Il quartiere generale era a Manhattan, dove occupava tre piani della torre nord nel World Trade Center. Quel fatidico 11 settembre 2001, tra le 2.974 vittime dell’attentato terroristico, ci fu anche un suo dipendente. Una sola persona, contro le 295 vittime della Cantor Fitzgerald e le 175 della Aon Corporation, altre società che avevano sede nello stesso edificio. Pare che quel giorno, per pura casualità, molti manager fossero assenti. Quello della Lehman Brothers non è soltanto il fallimento di una prestigiosa banca globale, specializzata in finanza creativa.

È il crollo definitivo e irreversibile dell’american dream, un sogno diventato incubo. Quanto sta accadendo non è una crisi come le altre, ma è la fine di un’epoca, la fine del secolo americano. In poco più di cento anni, una colonia europea è divenuta potenza mondiale. Ha vinto due guerre, ha dominato il mondo, ha sconfitto il suo apparente antagonista, continua a minacciare nemici reali e immaginari con il suo apparato militare. È servita da modello per la società multirazziale, da banca centrale per l’economia globale, da quartiere generale della strategia sionista. Ha alimentato speranze ed illusioni, ma ormai è un sistema in frantumi, un dead man walking in attesa del colpo di grazia. Il fallimento della Lehman Brothers, con tutto quello che sta accadendo, può essere paragonato al crollo del muro di Berlino (1989), che anticipò di qualche anno lo scioglimento dell’URSS (1991) per implosione della sua economia. Questo spiega la preoccupazione dell’oligarchia, non tanto per le risorse finanziarie bruciate in questa ed altre crisi, quanto i suoi riflessi sistemici.

Non è in gioco l’economia globale, termine usato per indicare un progetto più che una realtà, ma la sopravvivenza degli apparati mondialisti come sistema di potere capace di gestire la crisi. Le soluzioni proposte, anche se verranno attuate, potranno solo ritardare il grande crac. Vediamole in sintesi, partendo dalle ragioni del crollo. Senza indagare sulle deficienze strutturali del sistema capitalista, accenniamo alla causa scatenante della crisi in atto. Si chiama finanza creativa. Consiste nel prestare denaro spalmando i rischi su una miriade di titoli complessi immessi sul mercato mobiliare. Il fine è lucrare interesse, sia sui mutui che sulla negoziazione dei titoli. Usura che genera usura, come in tutte le bolle speculative che sfociano in crac. Questa volta l’ondata malefica è partita dal settore immobiliare. Per facilitare l’acquisto di case, le banche offrivano mutui fino al 100% del valore dell’immobile. I titoli rappresentativi dei mutui venivano impacchettati, insieme ad altri titoli, in obbligazioni vendute sul mercato, con due vantaggi per le banche: trasferire ad altri operatori il rischio d’insolvenza dei propri clienti e rientrare subito del denaro prestato per erogare altri prestiti. Questo gioco sporco non poteva durare a lungo. Nell’estate 2007 il mercato si è accorto che molti mutuatari non avrebbero potuto restituire i soldi ricevuti, facendo crollare, non solo le obbligazioni che contenevano mutui inesigibili, ma anche altri titoli legati a valori immobiliari. Il capro espiatorio sono state le agenzie di rating, accusate di aver minimizzato il potenziale problema, ma ormai la finanza creativa era stata smascherata.



L’idea di spalmare il rischio trasferendolo ad altri, non riguardava solo i mutui immobiliari. Molti altri impieghi delle banche erano stati impacchettati in obbligazioni vendute sul mercato: prestiti per l’acquisto di auto, carte di credito, finanziamenti di fusioni e acquisizioni. Stavolta sul banco degli imputati è finita anche la Lehman Brothers, accusata di aver cucinato i libri contabili, cioè di aver nascosto 13 miliardi di crediti ormai inesigibili. Di fronte alla prospettiva del fallimento, sono emersi due possibili acquirenti, la Bank of America e la Barclays, i quali chiedevano al governo americano di sostenere la transazione con fondi federali, come aveva fatto con altre banche ed assicurazioni invischiate nel losco affare dei mutui subprime. Ci riferiamo a Fannie Mae e Freddie Mac, salvate con un piano di 200 miliardi di $, e all’American International Group (Aig), benficiaria di altri 85 miliardi di $. Ma il governo si è rifiutato, la Barclays ha ritirato la sua offerta e Bank of America ha preferito comprare Merrill Lynch. Così, alla prestigiosa Lehman Brothers, non è rimasta altra scelta che dichiarare il fallimento, scatenando il panico sui mercati finanziari. Passiamo ora ad analizzare le soluzioni prospettate. Il presidente della Federal Reserve, l’economista Ben Bernanke, ha studiato molto bene la crisi del 1929. La sua teoria è nota: per evitare una nuova grande depressione, la banca centrale può anche gettare pacchi di banconote con un elicottero. In sostanza, è quanto si vuole che avvenga.

Dieci grandi banche (Bank of America, Citibank, Barclays, Credit Suisse, Ubs, JpMorgan, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Deutsche Bank, Morgan Stanley) hanno costituito un fondo di 70 miliardi di dollari per assicurarsi liquidità aggiuntiva. Il Tesoro americano ha varato il piano Paulson per 700 miliardi di dollari, al fine di acquistare i titoli senza valore di mercato dalle banche in difficoltà. Questi titoli saranno gestiti dal Tesoro stesso in piena autonomia, cioè assumendo gestori di fondi ed intermediari specializzati, ma soprattutto nella più totale impunità, cioè al riparo da eventuali azioni legali di risparmiatori e contribuenti. È dovuto intervenire George Bush per garantire il sostegno bipartisan al piano. In questa difficile congiuntura, come è avvenuto per tutto il secolo americano, gli USA hanno dapprima esportato la crisi e poi chiesto il sostegno degli altri Paesi attraverso le istituzioni finanziarie internazionali, costituite per sostenere i loro interessi imperialisti e trasformate progressivamente in agenti dell’oligarchia mondialista. Con queste premesse, è nata l’iniziativa di Dominique Strauss- Khan. In vista della prossima riunione del Fondo Monetario Internazionale, che si terrà a Washington nel mese di ottobre, ha chiesto agli Stati di fare, al loro interno ed a livello globale, ciò che stanno facendo gli USA.

L’intervento a breve termine dovrebbe essere così articolato: iniezione di nuova liquidità, acquisizione degli attivi inesigibili, apporto di capitali a vantaggio delle banche in crisi. Un’agenzia intergovernativa dovrebbe acquisire i crediti inesigibili e detenerli fino a quando non giungono a scadenza e possono essere rivenduti senza rischi. La soluzione proposta, da tutte queste persone di grande intelligenza, è fin troppo banale: ricapitalizzare il sistema finanziario col sostegno pubblico, sia a livello statale che mondiale. Lo Stato, questo vecchio arnese messo ai margini dell’economia dai profeti del liberismo, dovrebbe ora intervenire per salvare i profitti dei banchieri. La cooperazione internazionale, rimpiazzata dalla global governance dei poteri occulti, viene ora invocata per evitare il peggio. Resta da chiedersi perché il resto del mondo dovrebbe salvare dal crollo la civiltà americana. Alcuni invocano un vago senso di responsabilità globale, quello funzionale all’attuazione del progetto mondialista. Altri l’interdipendenza economica, quella imposta con la guerra permanente. Forse un nuovo conflitto mondiale, un attacco alla Russia o all’Iran, darebbe fiato all’economia USA, come avvenne nel 1939, a dieci anni dal crollo storico di Wall Street. La teoria tardoimperialista dello scontro di civiltà col mondo arabo e le operazioni militari contro presunte centrali del terrorismo islamico sono servite a poco. Ma il secolo americano è finito. L’oligarchia è seriamente in crisi. Al crollo simbolico della Lehman Brothers seguirà l’implosione di tutto il sistema. Il vero problema, nella teoria e nella prassi rivoluzionaria, non è stabilire tra quanti anni ciò avverrà e quanta moneta sarà bruciata nel prossimo grande crac, ma è capire quanti e quali uomini resteranno in piedi tra le rovine dell’utopia mercatista per costruire un vero socialismo.

Raffaele Ragni
Rinascita Campania

Wall Street: le borse si preparino all'onda d'urto



Per pochi voti, il Congresso Usa non ha approvato il piano di salvataggio proposto da Bush. E' l'ultima grande sconfitta politica per l'amministrazione e le sue ricette economiche. Del resto, oltre ai cadaveri politici, la crisi dei mutui sub-prime continua a lasciarsi alle spalle cadaveri finanziari svuotati oramai di ogni valore. La prima a cadere fu la Nothern Rock, nel dicembre del 2007 in Inghilterra, cui seguì il salvataggio pilotato della banca d’investimenti Bearn Stearns da parte di JP Morgan. Era il marzo di quest’anno. C’é stato poi il fallimento della Lehman Brothers e della nazionalizzazione da 200 miliardi di dollari dei due colossi dei mutui, Fannie Mae e Freddie Mac, la più imponente da quando gli USA sono una nazione. La crisi ha poi travolto, dando così al mondo intero il segno lampante della sua natura strutturale, anche il settore assicurativo, come mostrato dal salvataggio del colosso AIG, costato al governo USA 85 miliardi di dollari, e dalle ingenti perdite registrate dalla Swiss Re, la prima società al mondo, per capitalizzazione, nel settore riassicurativo.

E’ notizia di questi giorni, infine, che lo stato del Lussemburgo è pronto ad assumere una partecipazione nel capitale della banca belga-olandese Fortis per farla uscire dalla crisi che sta attraversando; questo nonostante tutti i politici europei (i nostri in questo si uniscono al coro) facciano a gara nel ribadire che il sistema europeo è stabile e sicuro. Ma le cose, ovviamente, non stanno come vorrebbero farci credere.

E’ bastata, infatti, qualche indiscrezione sul piano di salvataggio varato dall’ex numero uno della Goldman Sach, ora ministro del Tesoro USA, Henry Paulson, per far volare le borse in cielo nei giorni immediatamente successivi al fallimento della Lehamn Brothers. Così come è bastato qualche stop and go nella sua approvazione per farle riprecipitare nel baratro da cui i più ingenui pensavano si fossero salvate, per bruciare l’ennesima montagna di dollari ed aggiungere un’altra lapide – l’ultima porta su scritto “Washington Mutual” – nel cimitero di quella che un tempo era la capitale della finanza: Wall Street. Tutto questo non è casuale.

Tutto questo ha un nome: panico. Sono nel panico le banche che non si prestano più i soldi tra loro, indice palese dell’insicurezza in cui versano; sono nel panico gli operatori finanziari e i brokers assicurativi che vedono i loro colleghi, scatoloni in mano, in mezzo ad una strada senza più un lavoro; sono nel panico, in definitiva, tutti coloro che sono a conoscenza della natura strutturale ed endemica delle cause di questa crisi, motivo per cui nessuno deve pronunciare quella parola sul mainstream ufficiale. Se la gente, il popolo, quei piccoli e piccolissimi risparmiatori, che sono il cibo preferito dai grandi predatori della finanza, sapessero quali sono i termini e i numeri di questa crisi, nulla si potrebbe più inventare davanti al conseguente, nonché inevitabile, collasso del sistema".

Qualcosa di grosso sta arrivando. Gli eventi – afferma Jim Willie CB, redattore della HAT TRICK LETTER, giornale online specializzato nel settore economico – convergeranno sulla nemesi principale dell’oro: le obbligazioni del Tesoro degli Stati Uniti. L’interferenza del mercato è troppo spropositata per le obbligazioni, per le azioni bancarie, per l’intero settore finanziario. Inoltre, le strutture del sistema bancario sono a pezzi. I pilastri dell’economia americana si trovano in guai seri, con profondi disavanzi e insolvenze all’ordine del giorno. Guardate il disavanzo federale del governo degli Stati Uniti (che aumenta rapidamente), il disavanzo commerciale (cronicamente ampio), l’ammortamento negativo nel mercato immobiliare (che sta progressivamente peggiorando) e le banche insolventi (che peggiorano ogni trimestre, nonostante le smentite). Sta arrivando una fortissima onda d’urto.”

Sono infatti i dati macroeconomici del Tesoro americano a dare l’idea della inevitabilità di un redde rationem per la finanza targata a stelle e strisce. Gli Stati Uniti, infatti, sono il paese con il più alto debito pubblico del mondo e continuano ad indebitarsi sempre di più per mantenere uno stile di vita assolutamente al sopra delle loro reali possibilità economiche. Mentre la recessione economica degli Stati Uniti ha preso piede, le entrate dalle tasse sui capital gains e sui salari sono, infatti, in netto calo. Le prospettive per il futuro, poi, se possibile, sono ancora più nere. Persino le esportazioni s’incepperanno nel rallentamento globale.

Il disavanzo nel budget federale del governo degli Stati Uniti sarà enorme, anche senza le richieste di nazionalizzazione. A dare un quadro delle richieste che di qui a poco saranno presentate alla Casa Bianca è sempre lo stesso Jim Willie: “Il gruppo dei settori in cerca di un salvataggio imminente sul filo conduttore della nazionalizzazione comprendono - dopo quelle già concluse di Fannie Mae & Freddie Mac, General Motors, Ford, le banche di Wall Street e alcune compagnie aeree”. Aggiungete a questa altre stupefacenti richieste di finanziamento per la “Federal Deposit Insurance Corporation” (per coprire i depositi bancari in fallimento) e per il “Pension Guarantee Fund” (per coprire i fondi pensione andati in bancarotta) ed otterrete un quadro decisamente poco edificante: un vero e proprio assalto alla diligenza. Ma di proporzioni, almeno fino ad oggi, difficili da valutare nella loro drammaticità.

Davanti ad uno scenario tanto oscuro la risposta dell’amministrazione Bush non si è fatta attendere: le casse dello stato si accolleranno tutti i titoli spazzatura per salvare l’economia e, ovviamente, per il bene dell’America. Oro in cambio di carta straccia. Il tutto, almeno nella prima bozza del piano Paulson, senza alcuna contropartita da parte di quegli istituti finanziari che si vedranno piovere dal cielo vagonate di dollari e senza, ovviamente, apportare alcuna modifica nel settore dell’autorità di garanzia del mercato e della borsa. Come se ci fosse una logica nell’affidarsi a quegli stessi soggetti che ci hanno portato, passo dopo passo, sull’orlo del burrone. Se quel piano, o una sua versione simile, dovesse trovare l’appoggio del Congresso – come tutto sembra indicare - sarà come lanciarsi nel vuoto.

Rimane poi da considerare il fatto, per nulla secondario, che nel corso degli ultimi due decenni, gli stranieri hanno accumulato quantità gigantesche di obbligazioni del Tesoro americano; con l’esito che, ad oggi, troppi “nemici” degli USA detengono enormi quantità dei loro titoli del debito pubblico federale. Gli Stati Uniti, in definitiva, non controllano più il loro destino. Abbiamo così il dollaro americano che sta recuperando mentre la sua situazione finanziaria sta implodendo e il declino del mercato immobiliare che inesorabilmente fungerà da forza trainante (verso l’abisso) per la già menomata situazione economica degli States.

“La storia della forza relativa degli USA – conclude lo stesso Willie – all’apparenza è assurda, eppure costituisce un capitolo importante nel saggio della Mitologia Economica. Una simile contraddizione invita ad una reazione”. Eppure nulla pare indicare quel cambiamento vertiginoso che le istituzioni pubbliche dovrebbero imprimere per risollevare la credibilità della loro economia. Lo spettacolo, dopotutto, deve continuare. Sembra quasi di assistere ad una scena grottesca: il popolo americano che, mentre la sua casa sta bruciando dalle fondamenta, decide, con un secchio d’acqua in mano, di farsi una doccia. Peccato che la casa più vicina al rogo sia quella della borsa di Londra. Praticamente dietro casa nostra.


di Ilvio Pannullo

Il salvataggio finanziario



Nessuno si aspettava che il capitalismo industriale finisse così. Nessuno addirittura aveva notato che si stava evolvendo in questa direzione. Ho paura che questo difetto non sia insolito tra i futurologi: la tendenza naturale è quella di pensare a come le economie possano crescere ed evolvere nel migliore dei modi, non a come non possano essere monitorate. Ma sembra sempre presentarsi una strada imprevedibile, ed ecco che la società parte per la tangente.

Che ultime due settimane pazzesche!

Domenica 7 settembre il Tesoro si è accollato i 5.300 miliardi di esposizione sui mutui di Fannie Mae e Freddie Mac, i cui dirigenti erano già stati destituiti per falso contabile.

Lunedì 15 settembre Lehman Brother è fallita, quando i potenziali acquirenti di Wall Streen non riuscivano a vedere più alcun senso di realtà dai suoi libri contabili. Mercoledì la Federal Reserve ha acconsentito per pagare almeno 85 miliardi di dollari nelle vincite di facciata “assicurate” che si dovevano agli speculatori finanziari che avevano scommesso su scambi fatti al computer di mutui spazzatura e che avevano comprato una copertura della controparte dalla A.I.G. (l’American International Group, il cui presidente Maurice Greenberg era già stato destituito da qualche anno per falso contabile).

Ma è venerdì 19 settembre che verrà ricordato come il punto di svolta nella storia americana. La Casa Bianca ha impegnato quasi 500 miliardi di dollari per far aumentare i prezzi del mercato immobiliare in un tentativo per supportare il valore di mercato dei mutui spazzatura – mutui erogati di gran lunga superiori alla possibilità dei debitori di estinguerli e di gran lunga superiori al prezzo di mercato corrente del collaterale impegnato.

Questi miliardi di dollari sono stati dedicati a mantenere vivo un sogno – le invenzioni contabili registrate dalle aziende che erano entrate in un mondo irreale basato sulla contabilità fasulla e che quasi tutti nel settore finanziario sapevano che era falsificata. Ma si stava al gioco, comprando e vendendo pacchetti di mutui spazzatura perché era lì che stavano isoldi. Come ha detto Charles Princes di Citibank: “Finché c’è musica, bisogna continuare a ballare.” Addirittura dopo il crollo dei mercati, i gestori di fondi che se ne stavano alla larga sono stati accusati di esseare usciti dal gioco mentre la partita era ancora in corso. Ho degli amici a Wall Street che sono stati licenziati per non essere riusciti ad uguagliare i profitti che stavano realizzando i loro colleghi. E i maggiori profitti dovevano essere realizzati trattando il più grande patrimonio finanziario dell’economia – i mutui. Solamente i mutui impacchettati, di proprietà o garantiti da Fannie e Freddie, superavano l’intero debito nazionale degli Stati Uniti – il disavanzo complessivo accumulato dal governo americano dalla vittoria nella Guerra di rivoluzione!

Tutto questo dà un’idea di quanto sia stato imponente il salvataggio – e dove risiedano le priorità del governo (o almeno quelle dei Repubblicani). Invece di aprire gli occhi dell’economia di fronte alla realtà, il governo ha speso tutte le proprie risorse per promuovere il sogno illusorio che i debiti possono essere estinti. E se non possono essere estinti dai debitori stessi, allora ci penserà il governo – i “contribuenti”, in un eufemismo.

Da un giorno all'altro, il Tesoro e la Federal Reserve hanno cambiato radicalmente il carattere del capitalismo americano. Si tratta niente meno che di un colpo di stato a favore della classe sociale che Franklin Delano Roosevelt definiva i “bankster1” Quello che è avvenuto nelle ultime due settimane minaccia di alterare il prossimo secolo – in modo irreversibile, se riusciranno a farla franca. Questo è il più grande e ingiusto trasferimento di ricchezza dai tempi della distribuzione della terra ai magnati delle ferrovie all’epoca della Guerra di Secessione.

Tuttavia, ci sono poche indicazioni sul fatto che si possa porre fine alla solita tiritera del libero mercato da parte degli addetti ai lavori che sono riusciti ad evitare la sorveglianza pubblica nominando dei non regolatori nelle principali agenzie di regolamentazione – e perciò creando lo scompiglio che ora, secondo il Segretario al Tesoro Henry Paulson, minaccia i conti correnti e i posti di lavoro di tutti gli americani. Naturalmente, coloro a cui fa riferimento Paulson sono i più grandi finanziatori della campagna elettorale Repubblicana (e, ad essere sinceri, anche i più grandi finanziatori dei candidati Democratici nelle principali commissioni finanziarie).

Una classe sociale cleptocratica si è impadronita dell’economia per sostituire il capitalismo industriale. Il termine “bankster” coniato da Franklin Roosevelt la dice tutta. L’economia è stata catturata – da una forza aliena, non dai soliti sospetti. Non dal socialismo, dai lavoratori o dallo “statalismo”, né dagli industriali monopolisti o addirittura dalle grandi famiglie di banchieri. Sicuramente non dai massoni o dagli Illuminati. (Sarebbe splendido se ci fosse veramente qualche gruppo di persone che agisse con qualche secolo di saggezza alle spalle, così almeno qualcuno almeno avrebbe un piano). Invece, i bankster hanno siglato un patto con una forza aliena – non i comunisti, i russi, gli asiatici o gli arabi. Nemmeno un essere umano. I componenti di questo gruppo di persone sono una nuova stirpe di macchine. Potrebbe sembrare un film di Terminator, ma le macchine computerizzate si sono davvero impadronite del mondo – perlomeno, il mondo della Casa Bianca.

Ed ecco come hanno fatto. A.I.G. ha stipulato polizze assicurative di tutti i tipi: assicurazioni sulla casa e sulla proprietà, assicurazioni sul bestiame, persino leasing su aeromobili. Questi affari altamente redditizi non erano un problema (quindi probabilmente saranno liquidati per ripagare le scommesse andate storte della società). Il crollo di A.I.G. è arrivato dai 450 miliardi di dollari che si era obbligata a pagare come risultato della garanzia assicurativa degli hedge fund della controparte. In altre parole, se le due parti contraenti avessero giocato al gioco a somma zero di scommettere l’una contro l’altra se il dollaro sarebbe aumentato o diminuito nei confronti della sterlina o dell’euro, o se avessero assicurato un portafoglio di mutui spazzatura per essere sicuri che sarebbero stati pagati, avrebbero corrisposto una piccolissima commissione alla A.I.G. per una polizza nella quale si prometteva di pagare se, diciamo, gli 11.000 miliardi del mercato americano dei mutui avessero fatto “un passo falso” o se i perdenti che avevano scommesso miliardi di dollari nelle puntate sullo scambio di derivati stranieri, nei derivati sulle obbligazioni e sulle azioni si fossero dovuti trovare, in qualche modo, nella situazione in cui si ritrovano numerosi clienti abituali di Las Vegas, e non essere in grado di sborsare i quattrini per coprire le perdite.

A.I.G. ha raccolto miliardi di dollari in tali polizze. E grazie al fatto che le società di assicurazioni sono un paradiso di Milton Friedman – non regolamentate né dalla Federal Reserve né da altre agenzie nazionali – e quindi in grado di ottenere il proverbiale “giro gratis” senza la sorveglianza del governo – la stipula di queste polizze è stata fatta da tabulati al computer, e la società ha raccolto enormi quote e commissioni senza impiegare troppo capitale proprio. Questo è quella che viene definita “auto-regolamentazione” ed è come si suppone che funzioni la Mano Invisibile. Inevitabilmente si è scoperto che alcune delle istituzioni finanziarie che avevano effettuato scommesse per miliardi di dollari – di solito sotto forma di puntate del valore di centinaia di milioni di dollari nel corso di pochi minuti, per essere precisi – non potevano pagare. Queste scommesse vengono effettuate nel giro di millisecondi, colpi su una tastiera senza quasi alcuna interazione umana. In quel senso non è improbabile l’acquisizione da parte di individui alieni a forma di baccello. Ma in questo caso si tratta di macchine simili a robot, da qui l’analogia di prima con i Terminator. La loro improvvisa ascesa verso la dominazione è imprevista come un’invasione da Marte. L’esempio più vicino a noi è l’invasione dei ragazzi di Harvard, della Banca Mondiale e della U.S.A.I.D.2 in Russia e nelle altre economie post-sovietiche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, premendo per la distribuzione del libero mercato per creare cleptocrazie nazionali. Dovrebbe costituire un segno di preoccupazione per gli americani il fatto che questi cleptocrati sono diventati le Ricchezze Fondatrici dei loro rispettivi paesi. Dovremmo tenere a mente l’aforisma di Aristotele secondo cui la democrazia è la fase politica immediatamente precedente all’oligarchia.

Le macchine finanziarie che hanno messo in campo le trattative che hanno fatto fallire A.I.G. erano state programmate dai direttori finanziari per agire alla velocità della luce nel condurre contrattazioni elettroniche che duravano ognuna solo una manciata di secondi, milioni di volte al giorno. Solo una macchina potrebbe calcolare delle probabilità matematiche fattorizzate in relazione agli svolazzi verso l’alto e verso il basso dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e dei prezzi di azioni e obbligazioni – e dei prezzi dei mutui impacchettati. E questi ultimi hanno assunto sempre più la forma di mutui spazzatura, facendo finta di essere debiti pagabili ma che erano in realtà materiale pubblicitario senza valore. Le macchine impiegate negli hedge fund, in particolare, hanno dato un nuovo significato al Capitalismo da Casinò, da tempo applicato dagli speculatori che giocavano al mercato azionario. Significava fare puntate incrociate, perderne alcune e vincerne altre – con il governo che mette in salvo chi non paga. La svolta nel fermento delle ultime due settimane è stata che i vincitori non potevano raccogliere le proprie puntate a meno che il governo avesse pagato i debiti che i debitori non erano in grado di coprire con il proprio denaro.

Si sarebbe portati a pensare che questo avrebbe richiesto un certo livello di controllo sul governo. L’attività forse non sarebbe dovuta mai essere autorizzata. In effetti, non è mai stata auorizzata, e dunque mai regolamentata. Ma sembra sia stato fatto per una buona ragione: gli investitori negli hedge fund dovevano firmare un documento nel quale si dichiarava di essere sufficientemente benestanti per permettersi di perdere il loro denaro in questo gioco d’azzardo finanziario. Ai piccoli investitori non era consentito partecipare. Nonostantele gli elevati guadagni che milioni di piccole contrattazioni generavano, erano considerati troppo rischiosi per i novellini che non avevano fondi fiduciari con cui giocare.

Un hedge fund non fa soldi producendo beni e servizi. Non avanza fondi per acquistare beni reali o addirittura per prestare denaro. Un hedge fund prende a prestito somme enormi per alzare la propria puntata con quasi credito gratuito. I suoi dirigenti non sono degli ingegneri industriali ma dei matematici che programmano computer per effettuare delle puntate incrociate su quale direzione potrebbero prendere i tassi di interesse, i tassi di cambio delle valute, i prezzi di azioni e obbligazioni – oppure i prezzi dei mutui bancari impacchettati. I prestiti impacchettati potrebbero essere puliti oppure potrebbero essere spazzatura. Non ha importanza. Tutto quello che importa è fare soldi in un mercato dove la maggior parte delle trattative dura solamente pochi secondi. Quello che crea il guadagno è la fibrillazione del prezzo – la volatilità.

Questo tipo di transazioni potrebbe rendere una fortuna, ma non è una “creazione di ricchezza” nella forma che riconoscono la maggior parte delle persone. Prima della formula matematica di Black-Scholes per calcolare il valore delle scommesse sugli hedge, questo tipo di opzioni put e call era troppo oneroso per garantire più utili a tutti, tranne che alle agenzie di brokeraggio. Ma la combinazione di potenti computer e l’”innovazione” dell’accesso quasi del tutto libero ai tavoli da gioco della finanza ha reso possibile frenetiche manovre da mordi-e-fuggi.

E allora perché il Tesoro ha ritenuto necessario entrare in questo quadretto? Perché questi speculatori dovevano essere salvati se avevano abbastanza soldi da perdere senza dover entrare sotto la tutela dello Stato? La contrattazione degli hedge fund era limitata a personaggi ricchissimi, alle banche d’investimento ed altri investitori istituzionali. Ma è diventato uno dei modi più semplici per far soldi, prestando fondi ad interesse alla gente per ripagare le loro trattative incrociate fatte al computer. E quasi in tempo reale, questi guadagni erano pagati in commissioni, stipendi e bonus annuali che richiamano alla mente l’epoca d’oro americana degli anni antecedenti la Prima Guerra Mondiale – parecchio tempo prima che fosse introdotta l’imposta sui redditi del 1913. La cosa straordinaria riguardo a tutto questo denaro è che i suoi beneficiari non dovevano neppure sottostare alla normale imposta. Il governo aveva permesso loro di definirlo “capital gain”, ossia guadagno in conto capitale, vale a dire che il denaro era tassato solamente una parte di quanto venissero tassati i normali redditi.

Il pretesto, ovviamente, è quello che queste trattative frenetiche creano vero “capitale” ma di sicuro non è così, secondo la concezione classica del capitale del XIX secolo. Il termine è stato scollegato dalla produzione di beni e servizi, dall’assunzione di forza lavoro o dalla innovazione finanziaria. E’ più “capitale” il diritto a gestire una lotteria e raccogliere le vincite dalle speranze di chi ha perso. D’altra parte, i casinò di Las Vegas passando ai casinò sulle barche sui fiumi sono diventati un’importante “industria in crescita”, intorbidendo i concetti stessi di capitale, crescita e ricchezza.

Per chiudere i tavoli da gioco e ripagare il denaro, chi ha perso deve essere salvato – Fannie Mae, Freddie Mac, A.I.G. e chi sa chi altri arriverà? Questo è l’unico modo per risolvere il problema di come le aziende che hanno già corrisposto i propri utili ai dirigenti e agli azionisti invece di accantonarli raccoglieranno le loro vincite dai debitori insolventi e dalle compagnie di assicurazione. Questi perdenti hanno anche corrisposto gli utili ai loro direttori finanziari e agli addetti ai lavori (insieme ai soliti contributi patriottici per i candidati politici delle commissioni più importanti che hanno la responsabilità delle decisioni sulla struttura finanziaria del paese).

Tutto questo deve essere orchestrato con largo anticipo. E’ necessario comprare i politici e dar loro una storia di copertura plausibile (o almeno una serie ben congegnata di eufemismi preconfezionati) per spiegare agli elettori perché era nell’interesse pubblico salvare gli speculatori. E’ necessaria una buona retorica per spiegare perché il governo dovrebbe permettere loro di andare al casinò e tenersi tutte le vincite mentre si utilizzano finanziamenti pubblici per ripagare le perdite delle loro controparti.

Quello che è avvento il 18 e 19 settembre ha richiesto anni di preparazione, coronato da una falsa ideologia intagliata dagli esperti di pubbliche relazioni per essere trasmessa come una situazione di emergenza per gettare nel panico il Congresso – e gli elettori – poco prima delle elezioni presidenziali. Sembra essere la nostra sorpresa elettorale di settembre. In una situazione di crisi programmata, il Presidente Bush e il Segretario al Tesoro Paulson fanno ora appello al paese per unirsi in una Guerra ai proprietari di casa in bancarotta. Si dice che sia l’unica speranza per “salvare il sistema” (E di quale sistema stiamo parlando? Non è capitalismo industriale, né bancario, per quanto ne sappiamo). La più grande trasformazione del sistema finanziario americano dai tempi della Grande Depressione è stata compressa in appena due settimane, iniziando con il raddoppio del debito del paese con la nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac il 7 settembre.

La teoria economica era solita spiegare che gli utili e l’interesse erano un guadagno per un rischio calcolato. Ma oggi il gioco si chiama capital gain e gioco d’azzardo computerizzato nella direzione dei tassi di interesse, delle valute straniere e dei prezzi delle azioni – e quando si fanno cattive puntate, i salvataggi sono il guadagno economico calcolato per i contributi elettorali. Ma non è il momento di parlare di queste cose. “Ora dobbiamo agire per proteggere la salute economica della nazione da un grave rischio”, ha intonato il presidente Bush il 19 settembre. Quello che intendeva dire è che la Casa Bianca deve garantire l’incolumità del più grande gruppo di contributori del Partito Repubblicano – cioè Wall Street – mettendo in salvo le loro pessime puntate. “Ci saranno ampie opportunità di discutere le origini di questo problema. Ora è il momento di risolverlo”. In altri termini, non facciamone una questione elettorale. “Nella storia della nostra nazione ci sono stati momenti che ci hanno richiesto di unirci e andare oltre le linee di partito per fronteggiare le sfide più importanti. Questo è uno di quei momenti”. Proprio prima delle elezioni presidenziali! Le stesse frottole erano state sentite in precedenza, venerdì mattina, dal Segretario al Tesoro Paulson: “La salute della nostra economia ci richiede di lavorare insieme per una rapida azione bipartisan”. Gli annunciatori avevano detto che erano stati discussi 500 miliardi di dollari per le manovre di oggi.

Buona parte della colpa dovrebbe andare all’amministrazione Clinton per aver portato all’abrogazione della legge Glas-Stegall nel 1999, consentendo alle banche di fondersi nei casinò. O piuttosto, i casinò hanno assorbito le banche. Ed è questo che ha messo a rischio i risparmi degli americani.

Ma questo significa che davvero l’unica soluzione è quella di far risalire il mercato immobiliare? Il piano Paulson-Bernanke è quello di consentire alle banche di svendere le case di cinque milioni di debitori di mutui che quest’anno stanno affrontando un’insolvenza o il pignoramento! I proprietari di casa con “mutui a tasso variabile in procinto di esplodere” perderanno la loro abitazione ma la Fed pomperà abbastanza credito alle agenzie di prestiti di mutui per consentire ai nuovi acquirenti di indebitarsi quanto basta per impossessarsi dei mutui spazzatura che sono attualmente nelle mani degli speculatori. E’ giunto il momento per un’altra bolla finanziaria e immobiliare che salvi i prestatori e gli impacchettatori di mutui spazzatura.

Gli Stati Uniti sono entrati in una nuova guerra – una Guerra per salvare i trader dei derivati computerizzati. Come la guerra in Iraq, anche questa si basa sulle menzogne e vi si è preso parte in un’apparente situazione di emergenza – verso cui la soluzione ha poco a che vedere con la causa sottostante dei problemi. Sul piano delle sicurezza finanziaria, il governo pagherà le obbligazioni di debito collaterizzate (CDO) che Warren Buffett ha definito “armi di distruzione di massa finanziaria”.

Non c’è da stupirsi che questa distribuzione di denaro pubblico sia gestita dallo stesso gruppo di persone che metteva in guardia così religiosamente il paese sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Il Presidente Bush e il Segretario al Tesoro Paulson hanno annunciato che questo non è il momento per dissapori bipartisan per il cambiamento della politica pubblica a favore dei creditori piuttosto che dei debitori. Non c’è tempo per ridurre il più grande salvataggio della storia una questione elettorale. Non è il momento adatto per discutere se è una buona cosa quella di far salire di nuovo i prezzi del mercato immobiliare ad un livello tale che obbligherà i nuovi acquirenti ad indebitarsi sempre di più ed impiegare all’incirca il 40 per cento della loro busta paga.

Ricordate quando il Presidente Bush e Alan Greenspan comunicavano agli americani che non c’erano abbastanza soldi per pagare la Previdenza Sociale (per non parlare di Medicare3) perché in futuro (tra 10 anni? 20 anni? 40 anni?) il sistema potrebbe avere un disavanzo di quello che ora sembrano delle insignificanti centinaia di miliardi di dollari spalmati su molti molti anni. In sostanza, se non riusciamo a capire come pagare, affossiamo subito il progetto. Bush e Greenspan avevano ovviamente un’utile soluzione. Il Tesoro poteva trasferire il denaro proveniente dalle Previdenza Sociale e dall’assicurazione sanitaria verso Bear Sterns, Lehman Brothers e i loro confratelli per essere investito con la “magia dell’interesse composto”.

Che cosa sarebbe accaduto alla Previdenza Sociale se fosse stato fatto? Forse dovremmo considerare gli avvenimenti delle ultime due settimane come la cessione agli speculatori di Wall Street di tutto il denaro che era stato messo da parte da quando la Commissione Greenspan nel 1983 aveva spostato il peso fiscale sulle trattenute in busta paga per il Federal Insurance Contributions Act4. Non sono i pensionati a venire salvati, ma gli investitori di Wall Street che hanno firmato documenti nei quali si affermava che potevano permettersi di perdere i loro soldi. Lo slogan dei Repubblicani per novembre dovrebbe essere “Viva l’assicurazione sul gioco d’azzardo, abbasso l’assicurazione sanitaria”. La tanto glorificata Strada verso la Schiavitù non è stata progettata in questo modo. Frederick Hayek e i suoi ragazzi di Chicago hanno insistatito sul fatto che la schiavitù arriverebbe dalla pianificazione e della regolamentazione del governo. Questa visione ha ribaltato le idee dei riformatori dell’era classica e progressista che dipingevano il governo come la mente della società, il suo timone per regolare i mercati – e liberarli dal profitto senza giocare un ruolo essenziale nella produzione.

La teoria della democrazia fa affidamento sul presupposto che gli elettori agirebbero nel proprio interesse. I riformatori del mercato elaborarono un’ipotesi simile affermando i consumatori, i risparmiatori e gli investitori promuoverebbero la crescita economica agendo con piena conoscenza e consapevolenzza delle dinamiche in gioco. Purtroppo la Mano Invisibile si è rivelata un inganno contabile, prestiti di mutui spazzatura, insider trading e il fatto di non riuscire di collegare l’aumento vertiginoso del debito con la possibilità di pagare da parte dei debitori – uno scompiglio apparentemente legittimato da modelli commerciali computerizzati, ed ora benedetti dal tesoro.

Michael Hudson è il presidente dell’ Institute for the Study of Long-Term Economic Trends (ISLET), un analista finanziario di Wall Street, professore emerito di economia all’Università del Missouri ed autore di “Super Imperialism: The Economic Strategy of American Empire” (1972 e 2003) e di “The Myth of Aid” (1971).

Fonte: www.globalresearch.ca