26 maggio 2007
Velivoli senza piloti: basi segrete in Italia
I Global Hawk sono i velivoli teleguidati protagonisti delle operazioni di guerra più efferate in Afghanistan e Iraq. L’US Air Force sta installando in gran segreto il maggiore Centro operativo di questi strumenti di morte in una base europea. Alcuni indizi lasciano pensare che potrebbe essere l’Italia il paese prescelto. A Sigonella arriveranno di sicuro i Global Hawk della Marina Usa. E forse pure il Comando del nuovo sistema di sorveglianza terrestre (AGS) della Nato. Ma il governo italiano non ne sa nulla?
In Italia la base dei velivoli senza pilota delle forze armate Usa?
Sono l’emblema di quanto siano disumane le guerre contemporanee. Spiano il fronte “nemico”, individuano gli obiettivi e infine dirigono l’attacco. Gli aerei senza pilota a bordo, teleguidati, sono strumenti di morte supersofisticati, l’ultima frontiera di una tecnologia che ha reso l’uomo-militare del tutto virtuale. Di orribilmente reale solo le vittime, quasi sempre civili, donne, vecchi, bambini, meri “effetti collaterali” per la terminologia degli strateghi.
Uno di questi “Unmanned Aerial Vehicle - UAV” (aerei senza pilota) è il Global Hawk, progettato e prodotto dalla Northrop Grumman, tra le principali aziende del complesso militare industriale statunitense. Dal 2001, l’US Air Force, l’aeronautica militare degli Stati Uniti, lo ha impiegato per oltre 6.000 ore di volo in decine e decine di missioni in Afghanistan e Iraq. Il suo apporto alle strategie di guerra permanente è determinante. Al punto che il “Defense Authorization Bill” approvato dal Congresso degli Stati Uniti nel 2001, ha posto l’obiettivo prioritario che entro un decennio un terzo della flotta da combattimento del Pentagono venga costituito da velivoli teleguidati.
Con un peso di 13 tonnellate, il Global Hawk può volare a circa 600 chilometri all’ora a quote di oltre 20.000 metri; preposto alla “sorveglianza, alla perlustrazione di vaste aree geografiche a all’attacco”, il velivolo è in grado di scannare un'area di 103,600 chilometri quadrati grazie ad un potentissimo radar e all’utilizzo di telecamere sintonizzate a bande infrarosse e visuali. Le immagini registrate vengono poi trasmesse per via satellitare ai comandi terrestri. L’autonomia di volo di questo aereo senza pilota è invidiabile: può operare per 36 ore consecutive con un solo pieno di carburante. La sua rotta è fissata da mappe predeterminate, un po’ come accade con i missili da crociera Cruise, ma gli operatori da terra possono cambiare le missioni in qualsiasi momento.
Il 2007 è un anno chiave per la localizzazione geostrategica delle principali basi operative dei Global Hawk. Tanto che il Dipartimento della Difesa dedica al tema uno dei pochi capitoli “classificati” del bilancio annuale. Tra i principali progetti d’investimento di Eucom, il Comando degli Stati Uniti che sovrintende a tutte le operazioni militari in un’area che si estende dall’Oceano Atlantico al Golfo Persico (Africa compresa), c’è una voce dedicata al “Global Hawk Aircraft Maintenance & Operations Complex”, il centro operativo e di manutenzione dei nuovi velivoli senza pilota. Per Washington il programma è così rilevante che ne viene mantenuto segreto il costo come segretissimo il paese europeo prescelto per l’installazione del complesso. Di certo è solo il coordinamento del progetto, attribuito direttamente all’ACC - Air Combat Command, il Comando per la guerra aerea dell’aeronautica. Il Global Hawk Aircraft Maintenance Complex compare nella lista dei “progetti di edilizia militare” consegnata alla Commissione difesa del Senato Usa dal Comandante supremo di Eucom, generale James L. Jones, il 7 marzo 2006. Nella stessa lista fanno bella mostra di sé il programma di raddoppio della base di Vicenza (aeroporto Dal Molin) e quello di ampliamento dei sistemi C4 di Sigonella.
Per le caratteristiche e le funzioni del Global Hawh e per il fatto che proprio di recente questo velivolo teleguidato è stato scelto dalla Marina statunitense per integrare i sistemi di sorveglianza marittima è possibile supporre che potrebbe essere proprio una delle basi Usa presenti sul territorio italiano ad ospitare il supersegreto centro operativo UAV. In “pole position” la stazione aeronavale di Sigonella in Sicilia. Vediamo perché.
Washington: “Sono 5 le basi destinate ai Global Hawk della US Navy”
L’utilizzo nei teatri di guerra dei velivoli teleguidati è ritenuto insostituibile non solo nei piani dell’Aeronautica ma anche in quelli della Marina degli Stati Uniti. Dopo l’11 settembre i comandi militari hanno dato priorità allo sviluppo degli aerei senza pilota per le operazioni di intelligence, sorveglianza e riconoscimento “specie nelle regioni marittime”, come specificato dal Dipartimento della Difesa. In particolare la Us Navy e la Coast Guard hanno richiesto un maggiore contributo di mezzi per il pattugliamento delle coste degli Stati Uniti, del Golfo Persico e di altre regioni marittime (principalmente l’Africa Occidentale e il Golfo di Guinea). Nel 2004 uno speciale comitato tecnico della Marina ha deciso di avviare il programma di acquisizione del sistema UAV; la pressione esercitata dai vertici dell’US Air Force ha poi convinto la US Navy ad affidarsi ai Global Hawk della Northrop Grumman già operativi con le forze aeree. L’anno successivo sono stati effettuati i primi test di volo presso la Patuxent River Naval Air Station di due velivoli RQ-4A Global Hawk in funzione di pattugliamento delle coste e dell’oceano aperto. Nell’agosto 2005 la Marina ha schierato l’aereo senza pilota a supporto delle esercitazioni “JASEZ” condotte dall’USS Kitty Hawk (CV 63) Carrier Strike Group nel Pacifico occidentale. Quattro mesi dopo il secondo impegno operativo dei micidiali strumenti di guerra con l’esercitazione “Trident Warrior” svoltasi nelle coste della Virginia. Da quel momento il Global Hawk è entrato a far parte dei reparti di volo della US Navy.
“Circa 40 velivoli UAV saranno dislocati in cinque siti: Kaneohe, Hawaii; Jacksonville, Florida; Sigonella, Italia; Diego Garcia, Oceano Indiano, e Kadena, Okinawa per assicurare la sorveglianza marittima in qualsiasi parte del mondo”, è quanto dichiarato nell’ottobre 2005 da Dyke Weatherington (sottosegretario alla difesa con delega all’acquisizione di nuove tecnologie ed alla logistica) al National Defense Magazine, tra le più accreditate riviste militari Usa. L’aereo teleguidato dovrà supportare in una prima fase il pattugliatore P-3C Orion e successivamente il P-8 Maritime Multi-Mission Aircraft (MMA), il nuovo velivolo 737 della McDonnell Douglas- Boeing Co. destinato a sostituire entro un decennio l’Orion nella guerra contro i sottomarini e le unità navali di superficie e nelle attività di intelligence, sorveglianza e riconoscimento. Ovviamente anche i nuovi P-8 MMA sono destinati alle basi Usa in cui proliferano le richieste d’intervento aeronavale. È sempre il dipartimento della marina a fornire un primo elenco: Souda Bay, Grecia; Masirah, Oman; Diego Garcia (Oceano indiano); Keflavik, Islanda; Roosevelt Roads, P.R. e l’immancabile Sigonella, vera e propria base “hub” per i reparti di volo della US Navy e dell’Air Force nel Mediterraneo. Del resto Sigonella è la sede fissa del 25° Squadrone Antisommergibile VP-25 dotato di 12 aerei P-3 Orion e del “Tactical Support Center” il Centro di Supporto tattico che coordina le operazioni di pattugliamento della marina Usa e dei velivoli Nato.
Qualche difficoltà ai piani del Pentagono è però a causa del costo spropositato del Global Hawk. Secondo il Government Accountability Office (GAO), il ramo del congresso che svolge funzioni assimilabili alla Corte dei conti italiana, il programma UAV sarebbe passato dai 5,4 miliardi di dollari stimati nel 2001 agli attuali 6,6. Ciò ha comportato un certo dilazionamento dei tempi d’installazione dei velivoli ordinati dalla Marina: dall’anno 2008 si è finiti al 2013. La stessa Aeronautica è stata costretta a ridimensionare il primo lotto di produzione a soli cinque esemplari contro i venti previsti inizialmente.
Per ridurre le spese del sistema UAV, la Marina ha pensato bene di promuovere il velivolo teleguidato presso i propri alleati internazionali. L’ufficio di servizio ai programmi internazionali diretto dall’ammiraglio Mark R. Milliken, ha sottoscritto ad oggi ben otto accordi bilaterali con altrettanti partner Nato per lo sviluppo congiunto dei Global Hawk. I nomi dei paesi non sono stati forniti. E se ci fosse ancora di mezzo l’Italia?
Sigonella in gara per il Comando del sistema di sorveglianza terrestre della Nato
In Spagna è uno dei temi che più divide le forze politiche che sostengono il governo Zapatero. Si tratta della possibilità che l’aeroporto della città di Zaragoza venga prescelto per ospitare il Centro di comando e controllo del costituendo sistema di vigilanza AGS - Alliance Ground Surveillance (sorveglianza alleata terrestre), costo stimato quattro milioni di euro, il più alto mai previsto per i programmi dell’Alleanza Atlantica.
L’ipotesi di realizzare in Spagna il centro che dovrà processare tutte le informazioni raccolte dai velivoli radar Nato fu rivelata il 26 giugno 2006 dal quotidiano “El Paìs”. Citando “fonti del ministero della difesa spagnolo”, il quotidiano aggiungeva che per sponsorizzare in ambito alleato la candidatura di Zaragoza per il centro AGS, il ministro José Antonio Alonso si era recato a Parigi per incontrare l’allora responsabile francese della difesa Michèle Alliot-Marie. Sempre secondo “El Paìs”, un’accreditata competitrice rischiava di privare la Spagna del comando AGS: la base siciliana di Sigonella. La notizia – mai ripresa da nessuna testata italiana, né confermata e né smentita dal governo Prodi – dava invece fuoco alle proteste del movimento pacifista, delle organizzazioni politiche di estrema sinistra e della stessa Cortes d’Aragona (regione di cui Zaragoza è capoluogo) che il 29 giugno 2006 respingeva a maggioranza il progetto militare.
Della localizzazione del comando AGS si sarebbe pure parlato al vertice alleato di Riga (Lettonia) del novembre 2006 e stando alla Nato la decisione potrebbe essere formalizzata già nel luglio 2007. La stampa tedesca ha recentemente pubblicato una lista delle opzioni in gioco che conferma le anticipazioni di “El Paìs”: Zaragoza e Sigonella le basi più accreditate, con a ruota Geilenkirchen (Germania) e Powidz (Polonia).
Il nucleo vitale del sistema AGS che avrà come target qualsiasi paese considerato un nemico “reale” o “potenziale”, sarà costituito anche stavolta dall’uso di aerei radar con e senza pilota, satelliti e sofisticati sistemi di telecomunicazione. Fonti Nato hanno confermato che si prevede di utilizzare gli aerei europei Airbus 321 e gli statunitensi Global Hawk. Essi affiancheranno la flotta AWACS entrata in funzione nel 1984 per l’allerta e il controllo aerotrasportato, la stessa che ha tra le proprie “principali basi operative” un altro scalo aeroportuale siciliano, quello di Trapani-Birgi.
“L’inclusione dei velivoli UAV – afferma l’alto Comando Nato di Bruxelles in una nota dello scorso 12 aprile – darà maggiore flessibilità ai sistemi AGS in ogni scenario che potrà verificarsi durante le operazioni di pre-crisi e di crisi vera e propria. Sia i velivoli con equipaggio che quelli senza, saranno dotati di un sensore radar Transatlantic Cooperative AGS (TCAR)”. Il nuovo sistema di vigilanza è così destinato a divenire lo strumento fondamentale d’intelligence per gli interventi della Forza di Risposta Nato (NRF) già attivata per intervenire in qualsiasi teatro internazionale. Sino a quando non sarà del tutto pronto l’AGS, sarà il sistema “Joint Surveillance and Target Attack Radar System (JSTARS)” dell’Aeronautica militare degli Stati Uniti a supportare le operazioni della NRF. L’enorme business del sistema AGS sarà appannaggio del consorzio internazionale “Transatlantic Industrial Partnership for Surveillance (TIPS)”, costituito ad hoc da European Aeronautic Defence and Space Company (EADS), Galileo Avionica, General Dynamics Canada, Indra, Northrop Grumman e Thales.
Anche stavolta, come già accaduto con Vicenza e lo Scudo stellare, il governo Prodi ha omesso di comunicare al parlamento la sottoscrizione di progetti che impegnano economicamente il nostro paese, dando un’ulteriore accelerazione ai processi di militarizzazione del territorio. Al peggio, si sa, non c’è mai fine.
Antonio Mazzeo
26 maggio 2007
Velivoli senza piloti: basi segrete in Italia
I Global Hawk sono i velivoli teleguidati protagonisti delle operazioni di guerra più efferate in Afghanistan e Iraq. L’US Air Force sta installando in gran segreto il maggiore Centro operativo di questi strumenti di morte in una base europea. Alcuni indizi lasciano pensare che potrebbe essere l’Italia il paese prescelto. A Sigonella arriveranno di sicuro i Global Hawk della Marina Usa. E forse pure il Comando del nuovo sistema di sorveglianza terrestre (AGS) della Nato. Ma il governo italiano non ne sa nulla?
In Italia la base dei velivoli senza pilota delle forze armate Usa?
Sono l’emblema di quanto siano disumane le guerre contemporanee. Spiano il fronte “nemico”, individuano gli obiettivi e infine dirigono l’attacco. Gli aerei senza pilota a bordo, teleguidati, sono strumenti di morte supersofisticati, l’ultima frontiera di una tecnologia che ha reso l’uomo-militare del tutto virtuale. Di orribilmente reale solo le vittime, quasi sempre civili, donne, vecchi, bambini, meri “effetti collaterali” per la terminologia degli strateghi.
Uno di questi “Unmanned Aerial Vehicle - UAV” (aerei senza pilota) è il Global Hawk, progettato e prodotto dalla Northrop Grumman, tra le principali aziende del complesso militare industriale statunitense. Dal 2001, l’US Air Force, l’aeronautica militare degli Stati Uniti, lo ha impiegato per oltre 6.000 ore di volo in decine e decine di missioni in Afghanistan e Iraq. Il suo apporto alle strategie di guerra permanente è determinante. Al punto che il “Defense Authorization Bill” approvato dal Congresso degli Stati Uniti nel 2001, ha posto l’obiettivo prioritario che entro un decennio un terzo della flotta da combattimento del Pentagono venga costituito da velivoli teleguidati.
Con un peso di 13 tonnellate, il Global Hawk può volare a circa 600 chilometri all’ora a quote di oltre 20.000 metri; preposto alla “sorveglianza, alla perlustrazione di vaste aree geografiche a all’attacco”, il velivolo è in grado di scannare un'area di 103,600 chilometri quadrati grazie ad un potentissimo radar e all’utilizzo di telecamere sintonizzate a bande infrarosse e visuali. Le immagini registrate vengono poi trasmesse per via satellitare ai comandi terrestri. L’autonomia di volo di questo aereo senza pilota è invidiabile: può operare per 36 ore consecutive con un solo pieno di carburante. La sua rotta è fissata da mappe predeterminate, un po’ come accade con i missili da crociera Cruise, ma gli operatori da terra possono cambiare le missioni in qualsiasi momento.
Il 2007 è un anno chiave per la localizzazione geostrategica delle principali basi operative dei Global Hawk. Tanto che il Dipartimento della Difesa dedica al tema uno dei pochi capitoli “classificati” del bilancio annuale. Tra i principali progetti d’investimento di Eucom, il Comando degli Stati Uniti che sovrintende a tutte le operazioni militari in un’area che si estende dall’Oceano Atlantico al Golfo Persico (Africa compresa), c’è una voce dedicata al “Global Hawk Aircraft Maintenance & Operations Complex”, il centro operativo e di manutenzione dei nuovi velivoli senza pilota. Per Washington il programma è così rilevante che ne viene mantenuto segreto il costo come segretissimo il paese europeo prescelto per l’installazione del complesso. Di certo è solo il coordinamento del progetto, attribuito direttamente all’ACC - Air Combat Command, il Comando per la guerra aerea dell’aeronautica. Il Global Hawk Aircraft Maintenance Complex compare nella lista dei “progetti di edilizia militare” consegnata alla Commissione difesa del Senato Usa dal Comandante supremo di Eucom, generale James L. Jones, il 7 marzo 2006. Nella stessa lista fanno bella mostra di sé il programma di raddoppio della base di Vicenza (aeroporto Dal Molin) e quello di ampliamento dei sistemi C4 di Sigonella.
Per le caratteristiche e le funzioni del Global Hawh e per il fatto che proprio di recente questo velivolo teleguidato è stato scelto dalla Marina statunitense per integrare i sistemi di sorveglianza marittima è possibile supporre che potrebbe essere proprio una delle basi Usa presenti sul territorio italiano ad ospitare il supersegreto centro operativo UAV. In “pole position” la stazione aeronavale di Sigonella in Sicilia. Vediamo perché.
Washington: “Sono 5 le basi destinate ai Global Hawk della US Navy”
L’utilizzo nei teatri di guerra dei velivoli teleguidati è ritenuto insostituibile non solo nei piani dell’Aeronautica ma anche in quelli della Marina degli Stati Uniti. Dopo l’11 settembre i comandi militari hanno dato priorità allo sviluppo degli aerei senza pilota per le operazioni di intelligence, sorveglianza e riconoscimento “specie nelle regioni marittime”, come specificato dal Dipartimento della Difesa. In particolare la Us Navy e la Coast Guard hanno richiesto un maggiore contributo di mezzi per il pattugliamento delle coste degli Stati Uniti, del Golfo Persico e di altre regioni marittime (principalmente l’Africa Occidentale e il Golfo di Guinea). Nel 2004 uno speciale comitato tecnico della Marina ha deciso di avviare il programma di acquisizione del sistema UAV; la pressione esercitata dai vertici dell’US Air Force ha poi convinto la US Navy ad affidarsi ai Global Hawk della Northrop Grumman già operativi con le forze aeree. L’anno successivo sono stati effettuati i primi test di volo presso la Patuxent River Naval Air Station di due velivoli RQ-4A Global Hawk in funzione di pattugliamento delle coste e dell’oceano aperto. Nell’agosto 2005 la Marina ha schierato l’aereo senza pilota a supporto delle esercitazioni “JASEZ” condotte dall’USS Kitty Hawk (CV 63) Carrier Strike Group nel Pacifico occidentale. Quattro mesi dopo il secondo impegno operativo dei micidiali strumenti di guerra con l’esercitazione “Trident Warrior” svoltasi nelle coste della Virginia. Da quel momento il Global Hawk è entrato a far parte dei reparti di volo della US Navy.
“Circa 40 velivoli UAV saranno dislocati in cinque siti: Kaneohe, Hawaii; Jacksonville, Florida; Sigonella, Italia; Diego Garcia, Oceano Indiano, e Kadena, Okinawa per assicurare la sorveglianza marittima in qualsiasi parte del mondo”, è quanto dichiarato nell’ottobre 2005 da Dyke Weatherington (sottosegretario alla difesa con delega all’acquisizione di nuove tecnologie ed alla logistica) al National Defense Magazine, tra le più accreditate riviste militari Usa. L’aereo teleguidato dovrà supportare in una prima fase il pattugliatore P-3C Orion e successivamente il P-8 Maritime Multi-Mission Aircraft (MMA), il nuovo velivolo 737 della McDonnell Douglas- Boeing Co. destinato a sostituire entro un decennio l’Orion nella guerra contro i sottomarini e le unità navali di superficie e nelle attività di intelligence, sorveglianza e riconoscimento. Ovviamente anche i nuovi P-8 MMA sono destinati alle basi Usa in cui proliferano le richieste d’intervento aeronavale. È sempre il dipartimento della marina a fornire un primo elenco: Souda Bay, Grecia; Masirah, Oman; Diego Garcia (Oceano indiano); Keflavik, Islanda; Roosevelt Roads, P.R. e l’immancabile Sigonella, vera e propria base “hub” per i reparti di volo della US Navy e dell’Air Force nel Mediterraneo. Del resto Sigonella è la sede fissa del 25° Squadrone Antisommergibile VP-25 dotato di 12 aerei P-3 Orion e del “Tactical Support Center” il Centro di Supporto tattico che coordina le operazioni di pattugliamento della marina Usa e dei velivoli Nato.
Qualche difficoltà ai piani del Pentagono è però a causa del costo spropositato del Global Hawk. Secondo il Government Accountability Office (GAO), il ramo del congresso che svolge funzioni assimilabili alla Corte dei conti italiana, il programma UAV sarebbe passato dai 5,4 miliardi di dollari stimati nel 2001 agli attuali 6,6. Ciò ha comportato un certo dilazionamento dei tempi d’installazione dei velivoli ordinati dalla Marina: dall’anno 2008 si è finiti al 2013. La stessa Aeronautica è stata costretta a ridimensionare il primo lotto di produzione a soli cinque esemplari contro i venti previsti inizialmente.
Per ridurre le spese del sistema UAV, la Marina ha pensato bene di promuovere il velivolo teleguidato presso i propri alleati internazionali. L’ufficio di servizio ai programmi internazionali diretto dall’ammiraglio Mark R. Milliken, ha sottoscritto ad oggi ben otto accordi bilaterali con altrettanti partner Nato per lo sviluppo congiunto dei Global Hawk. I nomi dei paesi non sono stati forniti. E se ci fosse ancora di mezzo l’Italia?
Sigonella in gara per il Comando del sistema di sorveglianza terrestre della Nato
In Spagna è uno dei temi che più divide le forze politiche che sostengono il governo Zapatero. Si tratta della possibilità che l’aeroporto della città di Zaragoza venga prescelto per ospitare il Centro di comando e controllo del costituendo sistema di vigilanza AGS - Alliance Ground Surveillance (sorveglianza alleata terrestre), costo stimato quattro milioni di euro, il più alto mai previsto per i programmi dell’Alleanza Atlantica.
L’ipotesi di realizzare in Spagna il centro che dovrà processare tutte le informazioni raccolte dai velivoli radar Nato fu rivelata il 26 giugno 2006 dal quotidiano “El Paìs”. Citando “fonti del ministero della difesa spagnolo”, il quotidiano aggiungeva che per sponsorizzare in ambito alleato la candidatura di Zaragoza per il centro AGS, il ministro José Antonio Alonso si era recato a Parigi per incontrare l’allora responsabile francese della difesa Michèle Alliot-Marie. Sempre secondo “El Paìs”, un’accreditata competitrice rischiava di privare la Spagna del comando AGS: la base siciliana di Sigonella. La notizia – mai ripresa da nessuna testata italiana, né confermata e né smentita dal governo Prodi – dava invece fuoco alle proteste del movimento pacifista, delle organizzazioni politiche di estrema sinistra e della stessa Cortes d’Aragona (regione di cui Zaragoza è capoluogo) che il 29 giugno 2006 respingeva a maggioranza il progetto militare.
Della localizzazione del comando AGS si sarebbe pure parlato al vertice alleato di Riga (Lettonia) del novembre 2006 e stando alla Nato la decisione potrebbe essere formalizzata già nel luglio 2007. La stampa tedesca ha recentemente pubblicato una lista delle opzioni in gioco che conferma le anticipazioni di “El Paìs”: Zaragoza e Sigonella le basi più accreditate, con a ruota Geilenkirchen (Germania) e Powidz (Polonia).
Il nucleo vitale del sistema AGS che avrà come target qualsiasi paese considerato un nemico “reale” o “potenziale”, sarà costituito anche stavolta dall’uso di aerei radar con e senza pilota, satelliti e sofisticati sistemi di telecomunicazione. Fonti Nato hanno confermato che si prevede di utilizzare gli aerei europei Airbus 321 e gli statunitensi Global Hawk. Essi affiancheranno la flotta AWACS entrata in funzione nel 1984 per l’allerta e il controllo aerotrasportato, la stessa che ha tra le proprie “principali basi operative” un altro scalo aeroportuale siciliano, quello di Trapani-Birgi.
“L’inclusione dei velivoli UAV – afferma l’alto Comando Nato di Bruxelles in una nota dello scorso 12 aprile – darà maggiore flessibilità ai sistemi AGS in ogni scenario che potrà verificarsi durante le operazioni di pre-crisi e di crisi vera e propria. Sia i velivoli con equipaggio che quelli senza, saranno dotati di un sensore radar Transatlantic Cooperative AGS (TCAR)”. Il nuovo sistema di vigilanza è così destinato a divenire lo strumento fondamentale d’intelligence per gli interventi della Forza di Risposta Nato (NRF) già attivata per intervenire in qualsiasi teatro internazionale. Sino a quando non sarà del tutto pronto l’AGS, sarà il sistema “Joint Surveillance and Target Attack Radar System (JSTARS)” dell’Aeronautica militare degli Stati Uniti a supportare le operazioni della NRF. L’enorme business del sistema AGS sarà appannaggio del consorzio internazionale “Transatlantic Industrial Partnership for Surveillance (TIPS)”, costituito ad hoc da European Aeronautic Defence and Space Company (EADS), Galileo Avionica, General Dynamics Canada, Indra, Northrop Grumman e Thales.
Anche stavolta, come già accaduto con Vicenza e lo Scudo stellare, il governo Prodi ha omesso di comunicare al parlamento la sottoscrizione di progetti che impegnano economicamente il nostro paese, dando un’ulteriore accelerazione ai processi di militarizzazione del territorio. Al peggio, si sa, non c’è mai fine.
Antonio Mazzeo
2 commenti:
-
-
L’installazione di un sistema di difesa missilistica in Europa orientale è praticamente una dichiarazione di guerra.
Provate a immaginare come reagirebbero gli Stati Uniti se la Russia, la Cina, l’Iran o qualunque potenza straniera osasse anche solo pensare di collocare un sistema di difesa missilistica sui confini degli Stati Uniti o nelle loro vicinanze, o addirittura portasse avanti questo piano. In tali inimmaginabili circostanze, una violenta reazione americana sarebbe non solo quasi certa, ma anche comprensibile, per ragioni semplici e chiare.
E’ universalmente noto che la difesa missilistica è un’arma di primo colpo. Autorevoli analisti militari americani la descrivono così: “Non solo uno scudo, ma un’abilitazione all’azione.” Essa “faciliterà un’applicazione più efficace della potenza militare degli Stati Uniti all’estero.” “Isolando il paese dalle rappresaglie, la difesa missilistica garantirà la capacità e la disponibilità degli Stati Uniti a “modellare” l’ambiente in altre parti del mondo.” “La difesa missilistica non serve a proteggere l’America. E’ uno strumento per il dominio globale.” “La difesa missilistica serve a conservare la capacità americana di esercitare il potere all’estero. Non riguarda la difesa; è un’arma di offesa ed è per questo che ne abbiamo bisogno.” Tutte queste citazioni vengono da autorevoli fonti liberali appartenenti alla tendenza dominante, che vorrebbero sviluppare il sistema e collocarlo agli estremi limiti del dominio globale degli Stati Uniti.
La logica è semplice e facile da capire: un sistema di difesa missilistica funzionante informa i potenziali obiettivi che “vi attaccheremo se ci va e voi non sarete in grado di rispondere, quindi non potrete impedircelo.” Stanno vendendo il sistema agli europei come una difesa contro i missili iraniani. Se anche l’Iran avesse armi nucleari e missili a lunga gittata, le probabilità che le usi per attaccare l’Europa sono inferiori a quelle che l’Europa venga colpita da un asteroide. Se dunque si trattasse davvero di difesa, la Repubblica Ceca dovrebbe installare un sistema per difendersi dagli asteroidi. Se l’Iran desse anche il minimo segno di voler fare una simile mossa, il paese verrebbe vaporizzato. Il sistema è davvero puntato contro l’Iran, ma come arma di primo colpo. Fa parte delle crescenti minacce americane di attaccare l’Iran, minacce che costituiscono di per sé una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite, sebbene questo tema non emerga.
Quando Gorbaciov permise alla Germania unita di far parte di un’alleanza militare ostile, accettò una grave minaccia alla sicurezza della Russia, per ragioni troppo note per rivederle ora. In cambio il governo degli Stati Uniti si impegnò a non allargare la Nato a est. Questo impegno è stato violato qualche anno più tardi, suscitando pochi commenti in Occidente, ma aumentando il pericolo di uno scontro militare. La cosiddetta difesa missilistica aumenta il rischio che scoppi una guerra. La “difesa” consiste nell’aumentare le minacce di aggressione in Medio Oriente, con conseguenze incalcolabili, e il pericolo di una guerra nucleare definitiva.
Oltre mezzo secolo fa, Bertrand Russell e Albert Einstein lanciarono un appello ai popoli del mondo perché affrontassero il fatto che ci troviamo di fronte a una scelta “netta, terribile ed inevitabile. Dobbiamo porre fine alla razza umana, o l’umanità è disposta a rinunciare alla guerra?” Accettare il cosiddetto “sistema di difesa missilistica” colloca la scelta a favore della fine della razza umana in un futuro non troppo distante.
Da una lettera inviata a Jan Tamáš
24.05.2007
Noam Chomsky
by http://guerrillaradio.iobloggo.com/archive.php?eid=1553 - 19:27
- Leon ha detto...
-
Fin quando i nostri istinti ancestrali non saranno dominati, le guerre saranno la nostra valvola di compensazione per la continuazione della specie o sopravvivenza.
Solo dopo aver dominato i nostri istinti potremo pensare di comunicare con esseri "superiori". - 09:14
2 commenti:
L’installazione di un sistema di difesa missilistica in Europa orientale è praticamente una dichiarazione di guerra.
Provate a immaginare come reagirebbero gli Stati Uniti se la Russia, la Cina, l’Iran o qualunque potenza straniera osasse anche solo pensare di collocare un sistema di difesa missilistica sui confini degli Stati Uniti o nelle loro vicinanze, o addirittura portasse avanti questo piano. In tali inimmaginabili circostanze, una violenta reazione americana sarebbe non solo quasi certa, ma anche comprensibile, per ragioni semplici e chiare.
E’ universalmente noto che la difesa missilistica è un’arma di primo colpo. Autorevoli analisti militari americani la descrivono così: “Non solo uno scudo, ma un’abilitazione all’azione.” Essa “faciliterà un’applicazione più efficace della potenza militare degli Stati Uniti all’estero.” “Isolando il paese dalle rappresaglie, la difesa missilistica garantirà la capacità e la disponibilità degli Stati Uniti a “modellare” l’ambiente in altre parti del mondo.” “La difesa missilistica non serve a proteggere l’America. E’ uno strumento per il dominio globale.” “La difesa missilistica serve a conservare la capacità americana di esercitare il potere all’estero. Non riguarda la difesa; è un’arma di offesa ed è per questo che ne abbiamo bisogno.” Tutte queste citazioni vengono da autorevoli fonti liberali appartenenti alla tendenza dominante, che vorrebbero sviluppare il sistema e collocarlo agli estremi limiti del dominio globale degli Stati Uniti.
La logica è semplice e facile da capire: un sistema di difesa missilistica funzionante informa i potenziali obiettivi che “vi attaccheremo se ci va e voi non sarete in grado di rispondere, quindi non potrete impedircelo.” Stanno vendendo il sistema agli europei come una difesa contro i missili iraniani. Se anche l’Iran avesse armi nucleari e missili a lunga gittata, le probabilità che le usi per attaccare l’Europa sono inferiori a quelle che l’Europa venga colpita da un asteroide. Se dunque si trattasse davvero di difesa, la Repubblica Ceca dovrebbe installare un sistema per difendersi dagli asteroidi. Se l’Iran desse anche il minimo segno di voler fare una simile mossa, il paese verrebbe vaporizzato. Il sistema è davvero puntato contro l’Iran, ma come arma di primo colpo. Fa parte delle crescenti minacce americane di attaccare l’Iran, minacce che costituiscono di per sé una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite, sebbene questo tema non emerga.
Quando Gorbaciov permise alla Germania unita di far parte di un’alleanza militare ostile, accettò una grave minaccia alla sicurezza della Russia, per ragioni troppo note per rivederle ora. In cambio il governo degli Stati Uniti si impegnò a non allargare la Nato a est. Questo impegno è stato violato qualche anno più tardi, suscitando pochi commenti in Occidente, ma aumentando il pericolo di uno scontro militare. La cosiddetta difesa missilistica aumenta il rischio che scoppi una guerra. La “difesa” consiste nell’aumentare le minacce di aggressione in Medio Oriente, con conseguenze incalcolabili, e il pericolo di una guerra nucleare definitiva.
Oltre mezzo secolo fa, Bertrand Russell e Albert Einstein lanciarono un appello ai popoli del mondo perché affrontassero il fatto che ci troviamo di fronte a una scelta “netta, terribile ed inevitabile. Dobbiamo porre fine alla razza umana, o l’umanità è disposta a rinunciare alla guerra?” Accettare il cosiddetto “sistema di difesa missilistica” colloca la scelta a favore della fine della razza umana in un futuro non troppo distante.
Da una lettera inviata a Jan Tamáš
24.05.2007
Noam Chomsky
by http://guerrillaradio.iobloggo.com/archive.php?eid=1553
Fin quando i nostri istinti ancestrali non saranno dominati, le guerre saranno la nostra valvola di compensazione per la continuazione della specie o sopravvivenza.
Solo dopo aver dominato i nostri istinti potremo pensare di comunicare con esseri "superiori".
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