03 luglio 2009

La finanza non è la sola colpevole


La crisi finanziaria scoppiata lo scorso anno nelle Borse di tutto il mondo e che successivamente si è riversata nella cosiddetta economia reale globale non è stata determinata esclusivamente, come si vorrebbe fare credere, dagli eccessi di una finanza troppo vorace per non lasciarsi sfuggire la benché minima occasione di speculare pur non disponendo dei capitali necessari.
Certo, i mercati finanziari sono quello che sono. Un immenso tavolo verde nel quale i più diversi operatori scommettono e puntano anche i capitali che non possiedono su autentici titoli spazzatura che non rappresentano altro che una scommessa su una scommessa e su una scommessa ancora. Nella loro maggioranza tali titoli non sono infatti rappresentativi di una azienda industriale o di una società finanziaria ma rappresentano spesso e volentieri una sorta di polizza di assicurazione sul valore futuro di un’azione o di un indice di titoli o sul valore di una materia prima. Detto questo ci si potrebbe domandare come sia stato possibile che ad un simile meccanismo sia stato permesso non solo di operare ma addirittura di nascere. E la risposta è a dir poco semplice. I mercati finanziari globali sono in mano a banche e società finanziarie che impongono la propria volontà ai governi e agli organismi internazionali. Attraverso il meccanismo della finanza, che di per sé è virtuale, i grandi potentati economico-finanziari riescono ad operare un massiccio trasferimento di ricchezza reale a proprio favore, derubando di fatto i piccoli risparmiatori di tutto il mondo che si sono fidati dei consigli di uno dei tanti esperti o consulenti del settore, o anche di uno dei tanti quotidiani, il più delle volte legati a filo doppio alle società che hanno emesso tali titoli. Una obiezione questa alla quale i vari liberisti d’accatto replicano che questo è il Libero Mercato e che chi va sul mercato e scommette in Borsa deve accettare di correre qualche rischio.
Precisato questo bisogna però pur dire che non bisogna cadere nell’errore di imputare tutti i mali e tutte le colpe alla Finanza, speculatrice per definizione, e assolvere invece il Mercato come organismo sano e da difendere in ogni caso.
L’approccio speculativo della Finanza è in realtà una conseguenza diretta della mentalità “mercatista”, tanto per usare un termine caro al nostro ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per indicare gli eccessi di un mercato sempre più autoreferenziale.
Una mentalità che vede nell’economia il primo e unico valore. Una visione meccanicistica che punta su una crescita e su uno sviluppo infiniti che finiscono inevitabilmente per essere devastanti per il tessuto sociale di tutti i Paesi perché pongono ai cittadini traguardi economici e sociali irraggiungibili. Si arriva all’assurdo di un capo del governo, Silvio Berlusconi, che invita gli italiani a consumare per tenere in piedi l’economia nazionale. Una follia sotto tutti i punti di vista perché rivolta ogni legge naturale, non posso spendere quello che non ho, e spinge sempre più in là il momento nel quale nessuno avrà più niente da produrre, spendere o consumare perché il meccanismo sarà imploso su se stesso.
Non siamo di fronte quindi ad una crisi di sistema, siamo invece di fronte alla presa d’atto che il sistema nel quale viviamo è basato sul nulla e che contiene in sé tutte le premesse per travolgerci nella sua imminente caduta.
di Filippo Ghira

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03 luglio 2009

La finanza non è la sola colpevole


La crisi finanziaria scoppiata lo scorso anno nelle Borse di tutto il mondo e che successivamente si è riversata nella cosiddetta economia reale globale non è stata determinata esclusivamente, come si vorrebbe fare credere, dagli eccessi di una finanza troppo vorace per non lasciarsi sfuggire la benché minima occasione di speculare pur non disponendo dei capitali necessari.
Certo, i mercati finanziari sono quello che sono. Un immenso tavolo verde nel quale i più diversi operatori scommettono e puntano anche i capitali che non possiedono su autentici titoli spazzatura che non rappresentano altro che una scommessa su una scommessa e su una scommessa ancora. Nella loro maggioranza tali titoli non sono infatti rappresentativi di una azienda industriale o di una società finanziaria ma rappresentano spesso e volentieri una sorta di polizza di assicurazione sul valore futuro di un’azione o di un indice di titoli o sul valore di una materia prima. Detto questo ci si potrebbe domandare come sia stato possibile che ad un simile meccanismo sia stato permesso non solo di operare ma addirittura di nascere. E la risposta è a dir poco semplice. I mercati finanziari globali sono in mano a banche e società finanziarie che impongono la propria volontà ai governi e agli organismi internazionali. Attraverso il meccanismo della finanza, che di per sé è virtuale, i grandi potentati economico-finanziari riescono ad operare un massiccio trasferimento di ricchezza reale a proprio favore, derubando di fatto i piccoli risparmiatori di tutto il mondo che si sono fidati dei consigli di uno dei tanti esperti o consulenti del settore, o anche di uno dei tanti quotidiani, il più delle volte legati a filo doppio alle società che hanno emesso tali titoli. Una obiezione questa alla quale i vari liberisti d’accatto replicano che questo è il Libero Mercato e che chi va sul mercato e scommette in Borsa deve accettare di correre qualche rischio.
Precisato questo bisogna però pur dire che non bisogna cadere nell’errore di imputare tutti i mali e tutte le colpe alla Finanza, speculatrice per definizione, e assolvere invece il Mercato come organismo sano e da difendere in ogni caso.
L’approccio speculativo della Finanza è in realtà una conseguenza diretta della mentalità “mercatista”, tanto per usare un termine caro al nostro ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per indicare gli eccessi di un mercato sempre più autoreferenziale.
Una mentalità che vede nell’economia il primo e unico valore. Una visione meccanicistica che punta su una crescita e su uno sviluppo infiniti che finiscono inevitabilmente per essere devastanti per il tessuto sociale di tutti i Paesi perché pongono ai cittadini traguardi economici e sociali irraggiungibili. Si arriva all’assurdo di un capo del governo, Silvio Berlusconi, che invita gli italiani a consumare per tenere in piedi l’economia nazionale. Una follia sotto tutti i punti di vista perché rivolta ogni legge naturale, non posso spendere quello che non ho, e spinge sempre più in là il momento nel quale nessuno avrà più niente da produrre, spendere o consumare perché il meccanismo sarà imploso su se stesso.
Non siamo di fronte quindi ad una crisi di sistema, siamo invece di fronte alla presa d’atto che il sistema nel quale viviamo è basato sul nulla e che contiene in sé tutte le premesse per travolgerci nella sua imminente caduta.
di Filippo Ghira

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