21 novembre 2010

Memorie della ghigliottina



Gira voce che quella del 2 giugno 1992 a bordo del Panfilo Britannia di "Sua Maestà Regina d’Inghilterra” non sia stata altro che una mera "crociera" organizzata dai magnanimi finanzieri della City di Londra, notoriamente animati da cristiano spirito di solidarietà, e finalizzata a distogliere gli esausti "tecnici" (Draghi in primis) italiani dai gravosi compiti di governo e di fornir loro qualche piacevole momento di ristoro.

A questa idilliaca visione del recente passato italiano, le inguaribili, paradisiache "anime belle" (molti delle quali si definiscono anticapitaliste, antimperialiste, pacifiste e chi più ne ha più ne metta) all'amatriciana, vuoi per gonfiare ulteriormente il portafogli, vuoi perché non hanno potuto far altro che portare il cervello all'ammasso, sono solite affiancare una speculare demonizzazione nei riguardi di chiunque non accetti di bersi queste ignobili idiozie e perseveri nel puntare il dito contro il colossale progetto eversivo enfaticamente denominato “Mani pulite”, architettato e pianificato dai ben noti centri di potere d'oltreoceano e messo in pratica da uno sparuto manipolo di contractors nostrani; una congrega di burocrati bramosi di denaro e potere in combutta con una "sinistra" fresca di nietzschiana conversione al più buio nichilismo proprio di chi prende atto della "Morte di Dio", da costoro identificata con il fallimento del “comunismo reale” appena sepolto sotto le macerie del Muro di Berlino. E' si, perché il collasso dell'Unione Sovietica aveva in un batter d'occhio reso obsoleta ed inadeguata un'intera classe politica nata, cresciuta ed invecchiata all'ombra del Muro e della logica bipolare che aveva regolato gli equilibri dei cinquant'anni precedenti. Quel che ci voleva era un radicale cambio della guardia, che investisse non solo e non tanto la spina dorsale italiana DC - PSI, ma soprattutto l'intera struttura assistenziale dello stato italiano, che deteneva un ingente patrimonio di aziende strategiche, istituti di credito, vie di comunicazione. La campagna giudiziaria denominata "Tangentopoli" nacque in risposta a questa specifica esigenza di "rinnovamento", e si badi bene che non si trattò semplicemente di un mero insieme di operazioni di giustizia, bensì di un preciso progetto eversivo in cui Borrelli, Di Pietro e compagnia ottennero "luce verde" ed ebbero buon gioco per innescare il devastante effetto domino che coinvolse quasi tutta la classe politica italiana (con l'eloquente eccezione del PC, guarda caso), attorno alla quale l'intera editoria italiana ("La Stampa" di Agnelli, "La Repubblica" di De Benedetti, il "Corriere della Sera" dei soliti poteri forti) aveva già da tempo iniziato a stringere una morsa mediatica di altrettanto impressionante vigore. Dal canto suo, l'opinione pubblica, distolta dalle personalissime vicende giudiziarie di questi ladri di polli, scoprì di colpo l'esistenza di uno stato clientelare regolato da un sistema endemicamente tangentizio, e preferì non interrogarsi troppo su ciò che stava accadendo, fermandosi al vacuo pettegolezzo. Così, nell'indifferenza più totale, i vari "tecnici" senza macchia né peccato ebbero vita facile quando, ad un solo mese dalla fatidica "crociera" sul Britannia, trovarono calda accoglienza nell'esecutivo ipertecnico guidato da Giuliano Amato, che si affrettò a varare un decreto (decreto numero 333) che disponeva che le compagnie fino a quel momento pubbliche ENI, ENEL, IRI (qui il signor Prodi fece la parte del leone) ed INA si trasformassero in società per azioni (SPA) e ad ingaggiare, per mezzo dell'indiscutibile cavaliere errante Carlo Azeglio Ciampi, uno strenuo braccio di ferro con il "filantropo" George Soros, il quale si stava attivando per mettere le proprie zampe speculatrici sulla lira, che dopo l'onerosissima ma (ci mancherebbe...) "accanita" difesa portata avanti da Ciampi subì puntualmente una svalutazione del 25% nei confronti del dollaro, nel tripudio generale degli scaltri burattinai di tutto il teatrino, che videro così concretizzarsi tra le proprie mani la possibilità di fare pieno bottino a prezzi di liquidazione. Il governo tecnico guidato da Lamberto Dini si distinse invece per aver ridotto al silenzio con metodi a dir poco farseschi quella pericolosissima Cassandra di Filippo Mancuso, che si era permesso di puntare il dito contro le superstar del pool milanese, accusandole di aver reiteratamente fatto strame delle più elementari garanzie costituzionali. Emblematico, in questo senso, fu il caso che vide come oggetto delle “attenzioni” del pool milanese il direttore dell'IRI Franco Nobili (successore di Romano Prodi), incarcerato in via preliminare per due mesi senza che gli venisse contestato alcun capo d'accusa. Le "anime belle" ovviamente invocheranno scandalizzate la becera dietrologia qualora ci si azzardi ad evidenziare il fatto che Nobili aveva dato incarico alla "Merrill Lynch" di esprimere una stima del valore della banca "Credito Italiano", in procinto di essere privatizzata, e che tale incarico fu revocato durante la sua detenzione e concesso ai famigerati e ben noti angioletti di "Goldman Sachs", che espressero a loro volta una stima di tre volte inferiore a quella data da "Merrill Lynch" (circa 10.000 miliardi di lire). In questi giorni si sta profilando la concreta possibilità che sarà un altro esecutivo tecnico a "salvare il salvabile", un governo, cioè, pieno zeppo dei vari Draghi, Padoa Schioppa, Monti e compagnia bella, gentaglia che ha fatto la spola tra FMI, BCE ed altre banche del sangue sempre a completa disposizione degli insaziabili vampiri che già a inizio anni Novanta avevano messo gli occhi, e non solo, sull'Italia. Riflettere per un attimo su tutto il "buono" che i tecnici avrebbero fatto per questo paese, è un’operazione psicologica particolare, in grado di instillare anche negli individui caratterizzati dal temperamento più tollerante e mansueto la speranza di un ritorno ai metodi tanto cari a quel gran rivoluzionario di Robespierre. Con una "Gioiosa macchina da guerra" consimile i risultati di certo non mancherebbero.


di Giacomo Gabellini

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21 novembre 2010

Memorie della ghigliottina



Gira voce che quella del 2 giugno 1992 a bordo del Panfilo Britannia di "Sua Maestà Regina d’Inghilterra” non sia stata altro che una mera "crociera" organizzata dai magnanimi finanzieri della City di Londra, notoriamente animati da cristiano spirito di solidarietà, e finalizzata a distogliere gli esausti "tecnici" (Draghi in primis) italiani dai gravosi compiti di governo e di fornir loro qualche piacevole momento di ristoro.

A questa idilliaca visione del recente passato italiano, le inguaribili, paradisiache "anime belle" (molti delle quali si definiscono anticapitaliste, antimperialiste, pacifiste e chi più ne ha più ne metta) all'amatriciana, vuoi per gonfiare ulteriormente il portafogli, vuoi perché non hanno potuto far altro che portare il cervello all'ammasso, sono solite affiancare una speculare demonizzazione nei riguardi di chiunque non accetti di bersi queste ignobili idiozie e perseveri nel puntare il dito contro il colossale progetto eversivo enfaticamente denominato “Mani pulite”, architettato e pianificato dai ben noti centri di potere d'oltreoceano e messo in pratica da uno sparuto manipolo di contractors nostrani; una congrega di burocrati bramosi di denaro e potere in combutta con una "sinistra" fresca di nietzschiana conversione al più buio nichilismo proprio di chi prende atto della "Morte di Dio", da costoro identificata con il fallimento del “comunismo reale” appena sepolto sotto le macerie del Muro di Berlino. E' si, perché il collasso dell'Unione Sovietica aveva in un batter d'occhio reso obsoleta ed inadeguata un'intera classe politica nata, cresciuta ed invecchiata all'ombra del Muro e della logica bipolare che aveva regolato gli equilibri dei cinquant'anni precedenti. Quel che ci voleva era un radicale cambio della guardia, che investisse non solo e non tanto la spina dorsale italiana DC - PSI, ma soprattutto l'intera struttura assistenziale dello stato italiano, che deteneva un ingente patrimonio di aziende strategiche, istituti di credito, vie di comunicazione. La campagna giudiziaria denominata "Tangentopoli" nacque in risposta a questa specifica esigenza di "rinnovamento", e si badi bene che non si trattò semplicemente di un mero insieme di operazioni di giustizia, bensì di un preciso progetto eversivo in cui Borrelli, Di Pietro e compagnia ottennero "luce verde" ed ebbero buon gioco per innescare il devastante effetto domino che coinvolse quasi tutta la classe politica italiana (con l'eloquente eccezione del PC, guarda caso), attorno alla quale l'intera editoria italiana ("La Stampa" di Agnelli, "La Repubblica" di De Benedetti, il "Corriere della Sera" dei soliti poteri forti) aveva già da tempo iniziato a stringere una morsa mediatica di altrettanto impressionante vigore. Dal canto suo, l'opinione pubblica, distolta dalle personalissime vicende giudiziarie di questi ladri di polli, scoprì di colpo l'esistenza di uno stato clientelare regolato da un sistema endemicamente tangentizio, e preferì non interrogarsi troppo su ciò che stava accadendo, fermandosi al vacuo pettegolezzo. Così, nell'indifferenza più totale, i vari "tecnici" senza macchia né peccato ebbero vita facile quando, ad un solo mese dalla fatidica "crociera" sul Britannia, trovarono calda accoglienza nell'esecutivo ipertecnico guidato da Giuliano Amato, che si affrettò a varare un decreto (decreto numero 333) che disponeva che le compagnie fino a quel momento pubbliche ENI, ENEL, IRI (qui il signor Prodi fece la parte del leone) ed INA si trasformassero in società per azioni (SPA) e ad ingaggiare, per mezzo dell'indiscutibile cavaliere errante Carlo Azeglio Ciampi, uno strenuo braccio di ferro con il "filantropo" George Soros, il quale si stava attivando per mettere le proprie zampe speculatrici sulla lira, che dopo l'onerosissima ma (ci mancherebbe...) "accanita" difesa portata avanti da Ciampi subì puntualmente una svalutazione del 25% nei confronti del dollaro, nel tripudio generale degli scaltri burattinai di tutto il teatrino, che videro così concretizzarsi tra le proprie mani la possibilità di fare pieno bottino a prezzi di liquidazione. Il governo tecnico guidato da Lamberto Dini si distinse invece per aver ridotto al silenzio con metodi a dir poco farseschi quella pericolosissima Cassandra di Filippo Mancuso, che si era permesso di puntare il dito contro le superstar del pool milanese, accusandole di aver reiteratamente fatto strame delle più elementari garanzie costituzionali. Emblematico, in questo senso, fu il caso che vide come oggetto delle “attenzioni” del pool milanese il direttore dell'IRI Franco Nobili (successore di Romano Prodi), incarcerato in via preliminare per due mesi senza che gli venisse contestato alcun capo d'accusa. Le "anime belle" ovviamente invocheranno scandalizzate la becera dietrologia qualora ci si azzardi ad evidenziare il fatto che Nobili aveva dato incarico alla "Merrill Lynch" di esprimere una stima del valore della banca "Credito Italiano", in procinto di essere privatizzata, e che tale incarico fu revocato durante la sua detenzione e concesso ai famigerati e ben noti angioletti di "Goldman Sachs", che espressero a loro volta una stima di tre volte inferiore a quella data da "Merrill Lynch" (circa 10.000 miliardi di lire). In questi giorni si sta profilando la concreta possibilità che sarà un altro esecutivo tecnico a "salvare il salvabile", un governo, cioè, pieno zeppo dei vari Draghi, Padoa Schioppa, Monti e compagnia bella, gentaglia che ha fatto la spola tra FMI, BCE ed altre banche del sangue sempre a completa disposizione degli insaziabili vampiri che già a inizio anni Novanta avevano messo gli occhi, e non solo, sull'Italia. Riflettere per un attimo su tutto il "buono" che i tecnici avrebbero fatto per questo paese, è un’operazione psicologica particolare, in grado di instillare anche negli individui caratterizzati dal temperamento più tollerante e mansueto la speranza di un ritorno ai metodi tanto cari a quel gran rivoluzionario di Robespierre. Con una "Gioiosa macchina da guerra" consimile i risultati di certo non mancherebbero.


di Giacomo Gabellini

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