27 febbraio 2011

Il Re dei cachi come Re sciaboletta


Gli italiani, proprio come gli imbecilli, non si smentiscono mai: a loro modo, quindi, sono coerenti. Meno di due anni fa, abbiamo firmato con mano ferma dell’attuale capo di Governo, Silvio Berlusconi, un trattato di amicizia con la Libia. Tale era la forza di questo vincolante accordo che è stato consentito a Gheddafi di venire a far visita per due volte a Roma, accettando i suoi sputi in faccia all’Italia e agli italiani. Peggio: riservandogli gli onori che il nostro premier ha inteso suggellare con un fervido baciamano.

Sono passati pochi mesi e l’inossidabile patto d’acciaio Roma-Tripoli va in frantumi. Leggiamo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi pronunciate oggi: «Se tutti siamo d’accordo possiamo mettere fine al bagno di sangue e sostenere il popolo libico. Gli sviluppi della situazione del Nord Africa sono molto incerti perché quei popoli potrebbero avvicinarsi alla democrazia ma potremmo anche trovarci di fronte a centri pericolosi di integralismo islamico. C’è il rischio di un’emergenza umanitaria con decine di migliaia di persone da soccorrere». Se tutti siamo d’accordo? Tutti, chi? Ha forse chiesto l’accordo di “tutti” quando ha firmato il patto d’acciaio con l’amico Gheddafi?

E l’accordo di amicizia fra Italia e Libia? Lui, Re Silvio, non ne fa parola, ma ci pensa l’autorevolissimo Ministro della difesa Ignazio La Russa a liquidarlo: «Di fatto il trattato Italia-Libia non c’è già più, è inoperante, è sospeso. Per esempio gli uomini della Guardia di Finanza, che erano sulle motovedette per fare da controllo a quello che facevano i libici, sono nella nostra ambasciata. Consideriamo probabile che siano moltissimi gli extracomunitari che possano via Libia arrivare in Italia, molto più di quanto avveniva prima del trattato».

Ora, noi non siamo e non siamo mai stati forsennati sostenitori del governo libico del Colonnello Gheddafi. Anche se, a dirvela tutta, quel regime non ci sembrava tra i più infami apparsi sotto la volta celeste della storia. Certo, non ci strapperemo i capelli per la sua deposizione. Ma come giustificare l’inopinato voltafaccia che il nostro Governo, per voce e decisione dei suoi massimi esponenti, sta compiendo?

Non vi sembra qualcosa di già visto nelle pagine più nere della nostra storia? Quelle, per esempio che, di fronte «alla forze soverchianti del nemico», spingevano un re ed imperatore a liquidare l’alleato tedesco, siglare un accordo di pace con gli ex nemici e ad invertire la direzione del fronte nel corso della Seconda guerra mondiale?

Il Re dei Cachi si comporta come il Re Sciaboletta, insomma… Del resto la statura, anche quella fisica, è più o meno la stessa. L’Italia non cambia. La sua vocazione al tradimento resta intatta: fedele nei secoli.


di Miro Renzaglia

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27 febbraio 2011

Il Re dei cachi come Re sciaboletta


Gli italiani, proprio come gli imbecilli, non si smentiscono mai: a loro modo, quindi, sono coerenti. Meno di due anni fa, abbiamo firmato con mano ferma dell’attuale capo di Governo, Silvio Berlusconi, un trattato di amicizia con la Libia. Tale era la forza di questo vincolante accordo che è stato consentito a Gheddafi di venire a far visita per due volte a Roma, accettando i suoi sputi in faccia all’Italia e agli italiani. Peggio: riservandogli gli onori che il nostro premier ha inteso suggellare con un fervido baciamano.

Sono passati pochi mesi e l’inossidabile patto d’acciaio Roma-Tripoli va in frantumi. Leggiamo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi pronunciate oggi: «Se tutti siamo d’accordo possiamo mettere fine al bagno di sangue e sostenere il popolo libico. Gli sviluppi della situazione del Nord Africa sono molto incerti perché quei popoli potrebbero avvicinarsi alla democrazia ma potremmo anche trovarci di fronte a centri pericolosi di integralismo islamico. C’è il rischio di un’emergenza umanitaria con decine di migliaia di persone da soccorrere». Se tutti siamo d’accordo? Tutti, chi? Ha forse chiesto l’accordo di “tutti” quando ha firmato il patto d’acciaio con l’amico Gheddafi?

E l’accordo di amicizia fra Italia e Libia? Lui, Re Silvio, non ne fa parola, ma ci pensa l’autorevolissimo Ministro della difesa Ignazio La Russa a liquidarlo: «Di fatto il trattato Italia-Libia non c’è già più, è inoperante, è sospeso. Per esempio gli uomini della Guardia di Finanza, che erano sulle motovedette per fare da controllo a quello che facevano i libici, sono nella nostra ambasciata. Consideriamo probabile che siano moltissimi gli extracomunitari che possano via Libia arrivare in Italia, molto più di quanto avveniva prima del trattato».

Ora, noi non siamo e non siamo mai stati forsennati sostenitori del governo libico del Colonnello Gheddafi. Anche se, a dirvela tutta, quel regime non ci sembrava tra i più infami apparsi sotto la volta celeste della storia. Certo, non ci strapperemo i capelli per la sua deposizione. Ma come giustificare l’inopinato voltafaccia che il nostro Governo, per voce e decisione dei suoi massimi esponenti, sta compiendo?

Non vi sembra qualcosa di già visto nelle pagine più nere della nostra storia? Quelle, per esempio che, di fronte «alla forze soverchianti del nemico», spingevano un re ed imperatore a liquidare l’alleato tedesco, siglare un accordo di pace con gli ex nemici e ad invertire la direzione del fronte nel corso della Seconda guerra mondiale?

Il Re dei Cachi si comporta come il Re Sciaboletta, insomma… Del resto la statura, anche quella fisica, è più o meno la stessa. L’Italia non cambia. La sua vocazione al tradimento resta intatta: fedele nei secoli.


di Miro Renzaglia

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