01 agosto 2011

Il perché del silenzio Usa sul nucleare israeliano



http://www.rinascita.eu/mktumb640a.php?image=1311352218.jpg
“Già durante la guerra dello Yom Kippur, nel 1973, Israele era in grado di produrre una quantità limitata di ordigni nucleari, per compensare il vantaggio arabo in termini di armi convenzionali”. Questa volta non si tratta delle affermazioni di qualche fonte anonima ma delle rivelazioni contenute in alcuni file del Pentagono, recentemente desecretati, e riportati dallo stesso quotidiano israeliano Ha’aretz. Si tratta di 1300 pagine nelle quali vengono descritti accuratamente i timori del governo statunitense riguardo alla diffusione di una possibile minaccia nucleare israeliana per scoraggiare i vicini arabi forniti di maggiori armamenti.
Cosa che avrebbe portato a una reazione ostile dell’intera comunità internazionale e, molto probabilmente, alla rivelazione degli accordi segreti fra i due Paesi sul programma nucleare di Tel Aviv raggiunti alcuni anni prima. Accordi riguardo ai quali molte voci si sono rincorse, soprattutto dopo le rivelazioni di Mordechai Vanunu, ex tecnico della centrale atomica di Dimona (foto), che nel 1986 svelò al mondo l’esistenza di almeno 200 ordigni nucleari israeliani. Secondo quanto riportato nei documenti del Pentagono, il silenzio-assenso degli Usa sul programma atomico di Tel Aviv viene sancito nel 1969, a quattro anni di distanza dall’inaugurazione della centrale nucleare israeliana costruita ufficialmente per scopi civili. Tali accordi prevedevano che i dirigenti politici di Israele si sarebbero astenuti da qualsiasi dichiarazione pubblica sugli arsenali nucleari dello Stato ebraico, evitando anche qualsiasi tipo di test atomico e che in cambio gli Stati Uniti avrebbero evitato ingerenze esterne sull’argomento, comprese quelle dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Un’intesa che dimostra come le Nazioni Unite non siano altro che una ulteriore arma nelle mani della Casa Bianca e i cui effetti hanno caratterizzato la storia recente del Vicino Oriente.
In questi ultimi due anni, infatti, si è assistito a un attacco diretto contro l’Iran da parte della comunità internazione per un presunto programma nucleare a scopo bellico del quale neppure gli inviati dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica hanno trovato alcuna prova. Eppure, proprio come avvenuto qualche anno prima per l’Iraq di Saddam Hussein e le fantomatiche “armi di distruzioni di massa”, l’Onu ha deciso nel giugno 2009 di applicare pesanti sanzioni economiche alla Repubblica Islamica, allo scopo di convincerla a desistere da quella che era stata definita un minaccia al mondo intero. Alla luce di quanto appreso appare ancora più evidente quanto questi provvedimenti, sponsorizzati dagli Stati Uniti, siano serviti a far sì che Israele e gli alleati sauditi mantenessero la propria predominanza militare sulla regione. Una strategia che ha recentemente colpito anche la Siria accusata a sua volta, oltre che di non comprovate stragi di civili, di portare avanti un programma nucleare a scopo militare. Washington con l’aiuto della sua marionetta più potente, le Nazioni Unite, sta pian piano eliminando qualunque ostacolo alla conquista diretta e indiretta della regione, a cominciare dai quei governi che si sono rifiutati di piegarsi al volere della Casa Bianca.
di Matteo Bernabei

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01 agosto 2011

Il perché del silenzio Usa sul nucleare israeliano



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“Già durante la guerra dello Yom Kippur, nel 1973, Israele era in grado di produrre una quantità limitata di ordigni nucleari, per compensare il vantaggio arabo in termini di armi convenzionali”. Questa volta non si tratta delle affermazioni di qualche fonte anonima ma delle rivelazioni contenute in alcuni file del Pentagono, recentemente desecretati, e riportati dallo stesso quotidiano israeliano Ha’aretz. Si tratta di 1300 pagine nelle quali vengono descritti accuratamente i timori del governo statunitense riguardo alla diffusione di una possibile minaccia nucleare israeliana per scoraggiare i vicini arabi forniti di maggiori armamenti.
Cosa che avrebbe portato a una reazione ostile dell’intera comunità internazionale e, molto probabilmente, alla rivelazione degli accordi segreti fra i due Paesi sul programma nucleare di Tel Aviv raggiunti alcuni anni prima. Accordi riguardo ai quali molte voci si sono rincorse, soprattutto dopo le rivelazioni di Mordechai Vanunu, ex tecnico della centrale atomica di Dimona (foto), che nel 1986 svelò al mondo l’esistenza di almeno 200 ordigni nucleari israeliani. Secondo quanto riportato nei documenti del Pentagono, il silenzio-assenso degli Usa sul programma atomico di Tel Aviv viene sancito nel 1969, a quattro anni di distanza dall’inaugurazione della centrale nucleare israeliana costruita ufficialmente per scopi civili. Tali accordi prevedevano che i dirigenti politici di Israele si sarebbero astenuti da qualsiasi dichiarazione pubblica sugli arsenali nucleari dello Stato ebraico, evitando anche qualsiasi tipo di test atomico e che in cambio gli Stati Uniti avrebbero evitato ingerenze esterne sull’argomento, comprese quelle dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Un’intesa che dimostra come le Nazioni Unite non siano altro che una ulteriore arma nelle mani della Casa Bianca e i cui effetti hanno caratterizzato la storia recente del Vicino Oriente.
In questi ultimi due anni, infatti, si è assistito a un attacco diretto contro l’Iran da parte della comunità internazione per un presunto programma nucleare a scopo bellico del quale neppure gli inviati dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica hanno trovato alcuna prova. Eppure, proprio come avvenuto qualche anno prima per l’Iraq di Saddam Hussein e le fantomatiche “armi di distruzioni di massa”, l’Onu ha deciso nel giugno 2009 di applicare pesanti sanzioni economiche alla Repubblica Islamica, allo scopo di convincerla a desistere da quella che era stata definita un minaccia al mondo intero. Alla luce di quanto appreso appare ancora più evidente quanto questi provvedimenti, sponsorizzati dagli Stati Uniti, siano serviti a far sì che Israele e gli alleati sauditi mantenessero la propria predominanza militare sulla regione. Una strategia che ha recentemente colpito anche la Siria accusata a sua volta, oltre che di non comprovate stragi di civili, di portare avanti un programma nucleare a scopo militare. Washington con l’aiuto della sua marionetta più potente, le Nazioni Unite, sta pian piano eliminando qualunque ostacolo alla conquista diretta e indiretta della regione, a cominciare dai quei governi che si sono rifiutati di piegarsi al volere della Casa Bianca.
di Matteo Bernabei

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