02 ottobre 2011

Come cambierebbe la fisica se si andasse più veloce della luce


http://www.newsfood.com/data/iNodes/2009/09/08/20090908112508-f6bed2a5//Standards/250x.jpg

L´esperimento del Cern è finito in prima pagina su tutti i giornali del mondo: se davvero il neutrino fosse più veloce della luce si aprirebbe una nuova era. Non solo per la comunità degli studiosi. Tre delle idee più importanti del XX secolo dovrebbero essere riviste: tra queste la relatività speciale. In attesa di conferme dai fisici, vediamo cosa succede quando la scienza cambia paradigma

Fino alla fine dell´Ottocento i fisici erano convinti che lo spazio fosse pervaso di un mezzo invisibile attraverso il quale si propagava la luce: l´etere luminifero. La sua esistenza era necessaria per conciliare le leggi della fisica, e in particolare il principio di relatività galileiano con le equazioni di Maxwell che descrivono il legame tra il campo elettrico e il campo magnetico, da cui emergono le onde elettromagnetiche, che comprendono la luce visibile. Così, nell´ultimo quarto del secolo, fiorirono gli esperimenti per verificare la natura dell´etere. E nel 1887 Albert Abraham Michelson ed Edward Morley misero a punto un sofisticato strumento per misurare l´esistenza del "vento d´etere".
econdo le congetture dell´epoca, infatti, il misterioso mezzo avrebbe dovuto influenzare la velocità di qualunque cosa vi fosse stata immersa, compresa la luce. Michelson e Morley suddivisero dunque un fascio di luce in due fasci che percorrevano cammini perpendicolari, per studiarne l´interferenza nel punto in cui convergevano nuovamente su uno schermo, ma il loro ingegnoso trucco portò a un esito allarmante: la velocità della luce sembrava indipendente dalla direzione, e perciò non ci sarebbe stato nessun etere a trasportarne le onde.
Ripetuto in laboratori diversi e con differenti modalità fino al 1906, l´esperimento di Michelson e Morley sarebbe stato definito, più avanti nel Novecento, "il più riuscito esperimento fallito della storia della scienza". Ma la sua realizzazione spalancò le porte all´elaborazione delle trasformazioni di Poincaré e Lorentz prima e, in ultimo, alla teoria speciale della relatività di Albert Einstein.
Questa lunga premessa per dire che, pur con importanti differenze sotto il profilo epistemologico e storico, se i risultati ottenuti con il rivelatore Opera sul fascio di neutrini in viaggio tra il CERN e il Gran Sasso fossero validati e confermati da altri esperimenti analoghi, saremmo davanti a un evento di quelli che la scienza produce una volta per secolo, o giù di lì. Il condizionale è indispensabile, perché in fisica una conferma è la realizzazione di un esperimento indipendente da cui emergono i medesimi risultati.
Perché i neutrini superluminali diventino davvero una svolta epocale per la fisica del XXI secolo, dunque, occorre che si realizzino tre condizioni. La prima è che i dati resi pubblici dalla collaborazione Opera reggano ad analisi indipendenti. I risultati sulla velocità dei neutrini sono espressi in forma statistica, e la loro affidabilità dipende dal margine di errore intorno ai tempi misurati. Se fosse più rilevante di quanto indicato, allora i neutrini potrebbero avere una velocità compatibile con quella della luce nel vuoto, o anche leggermente inferiore.
La seconda condizione è la verifica dei risultati da parte di esperimenti indipendenti. Non è un caso se l´esperimento di Michelson e Morley fu ripetuto in condizioni diverse e in laboratori diversi per quasi vent´anni, prima di abbandonare l´idea dell´etere. Così pure il risultato ottenuto tra il Cern di Ginevra e i laboratori del Gran Sasso dell´INFN occorre sia replicato da altri. Negli Stati Uniti sono già in corso misurazioni della velocità di un fascio controllato di neutrini all´esperimento MINOS, e in Giappone l´esperimento K2K potrebbe fornire ulteriori dati indipendenti. Ci vorranno mesi perché possano essere disponibili i primi dati da questi laboratori, ma da lì potrebbero venire le prime conferme del fenomeno.
Infine, se la velocità superluminale dei neutrini sarà confermata, occorrerà inserire questo sorprendente risultato sperimentale in un quadro coerente. Che, naturalmente, non cancellerà Einstein e la relatività speciale, ma permetterà di estendere la portata delle leggi fisiche a un fenomeno nuovo e inaspettato. Il risultato di Opera coinvolgerebbe infatti tre delle più prolifiche teorie del XX secolo. La relatività speciale infatti, è consistente con la teoria dei campi elettromagnetici proprio in quel valore della velocità della luce nel vuoto che fino a oggi è considerato un limite universale. E la teoria dei campi elettromagnetici è unificata alla teoria delle interazioni deboli, quelle in cui si producono i neutrini, dalla teoria elettrodebole, la cui verifica valse il premio Nobel a Carlo Rubbia. Tra le molte ipotesi che sono già state avanzate, l´esistenza del fenomeno potrebbe significare che esiste un limite di energia oltre il quale particelle come i neutrini, prive di carica elettrica e di massa minuscola, che interagiscono molto debolmente con la materia, possono violare la velocità della luce nel vuoto.
Sono già al lavoro anche gli specialisti della gravità quantistica, ovvero i teorici che da più di mezzo secolo tentano di riconciliare le due grandi rivoluzioni del Novecento, la meccanica quantistica e la relatività, in una descrizione coerente della gravità, la forza più appariscente eppure più enigmatica del cosmo. Perché questo risultato potrebbe avere a che fare con una struttura discreta dello spazio-tempo che è stata ipotizzata proprio nell´ambito della gravità quantistica. E, naturalmente, non poteva mancare la schiera dei teorici delle stringhe. In questo complesso edificio matematico, infatti, si potrebbe annidare la spiegazione del fenomeno, ipotizzando che i neutrini possano arrivare in anticipo "prendendo una scorciatoia" nelle dimensioni extra dell´universo.
Per il momento siamo sul terreno delle ipotesi più ardite, ma comunque vada l´esperimento della collaborazione Opera ha già prodotto due risultati di rilievo. Il primo è sotto gli occhi di tutti. La comunicazione pubblica dei risultati sta permettendo a noi comuni mortali di gettare uno sguardo nei processi della scienza. Nel dibattito, anche aspro, si scontrano posizioni a volte inconciliabili, ma sempre fondate sull´osservazione dei fenomeni. E, soprattutto, senza alcun equivoco, anche gli scontri più duri – come quelli che videro protagonisti Einstein e Niels Bohr sulla natura della teoria dei quanti – sono sempre volti a un obiettivo comune: il progresso nella conoscenza delle leggi di natura. Per questo la scienza è la più straordinaria impresa collettiva dell´umanità.
Il secondo è forse più materia per addetti ai lavori. Dopo decenni, infatti, un risultato inatteso, ottenuto con quella serendipity che spesso accompagna le grandi rivoluzioni scientifiche (la misurazione della velocità dei neutrini non era l´obiettivo primario dell´esperimento), spinge i fisici di tutto il mondo a ripensare i fondamenti di una materia che negli ultimi decenni pareva un po´ stagnante, tra la celebrazione del modello standard della fisica delle particelle e le astrusità matematiche della teoria delle stringhe. Da tutto questo potrà forse emergere una nuova fisica, che non cancellerà certo i risultati acquisiti nell´ultimo secolo e mezzo, grazie ai quali esiste molta della nostra tecnologia di uso quotidiano, ma spingerà un po´ più in là gli orizzonti della nostra conoscenza. O forse no, se il lungo processo di validazione non darà conferma di questi risultati preliminari. Ma soltanto con i tempi della scienza sapremo se Opera sarà stato l´esperimento di Michelson e Morley del XXI secolo
di Marco Cattaneo

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02 ottobre 2011

Come cambierebbe la fisica se si andasse più veloce della luce


http://www.newsfood.com/data/iNodes/2009/09/08/20090908112508-f6bed2a5//Standards/250x.jpg

L´esperimento del Cern è finito in prima pagina su tutti i giornali del mondo: se davvero il neutrino fosse più veloce della luce si aprirebbe una nuova era. Non solo per la comunità degli studiosi. Tre delle idee più importanti del XX secolo dovrebbero essere riviste: tra queste la relatività speciale. In attesa di conferme dai fisici, vediamo cosa succede quando la scienza cambia paradigma

Fino alla fine dell´Ottocento i fisici erano convinti che lo spazio fosse pervaso di un mezzo invisibile attraverso il quale si propagava la luce: l´etere luminifero. La sua esistenza era necessaria per conciliare le leggi della fisica, e in particolare il principio di relatività galileiano con le equazioni di Maxwell che descrivono il legame tra il campo elettrico e il campo magnetico, da cui emergono le onde elettromagnetiche, che comprendono la luce visibile. Così, nell´ultimo quarto del secolo, fiorirono gli esperimenti per verificare la natura dell´etere. E nel 1887 Albert Abraham Michelson ed Edward Morley misero a punto un sofisticato strumento per misurare l´esistenza del "vento d´etere".
econdo le congetture dell´epoca, infatti, il misterioso mezzo avrebbe dovuto influenzare la velocità di qualunque cosa vi fosse stata immersa, compresa la luce. Michelson e Morley suddivisero dunque un fascio di luce in due fasci che percorrevano cammini perpendicolari, per studiarne l´interferenza nel punto in cui convergevano nuovamente su uno schermo, ma il loro ingegnoso trucco portò a un esito allarmante: la velocità della luce sembrava indipendente dalla direzione, e perciò non ci sarebbe stato nessun etere a trasportarne le onde.
Ripetuto in laboratori diversi e con differenti modalità fino al 1906, l´esperimento di Michelson e Morley sarebbe stato definito, più avanti nel Novecento, "il più riuscito esperimento fallito della storia della scienza". Ma la sua realizzazione spalancò le porte all´elaborazione delle trasformazioni di Poincaré e Lorentz prima e, in ultimo, alla teoria speciale della relatività di Albert Einstein.
Questa lunga premessa per dire che, pur con importanti differenze sotto il profilo epistemologico e storico, se i risultati ottenuti con il rivelatore Opera sul fascio di neutrini in viaggio tra il CERN e il Gran Sasso fossero validati e confermati da altri esperimenti analoghi, saremmo davanti a un evento di quelli che la scienza produce una volta per secolo, o giù di lì. Il condizionale è indispensabile, perché in fisica una conferma è la realizzazione di un esperimento indipendente da cui emergono i medesimi risultati.
Perché i neutrini superluminali diventino davvero una svolta epocale per la fisica del XXI secolo, dunque, occorre che si realizzino tre condizioni. La prima è che i dati resi pubblici dalla collaborazione Opera reggano ad analisi indipendenti. I risultati sulla velocità dei neutrini sono espressi in forma statistica, e la loro affidabilità dipende dal margine di errore intorno ai tempi misurati. Se fosse più rilevante di quanto indicato, allora i neutrini potrebbero avere una velocità compatibile con quella della luce nel vuoto, o anche leggermente inferiore.
La seconda condizione è la verifica dei risultati da parte di esperimenti indipendenti. Non è un caso se l´esperimento di Michelson e Morley fu ripetuto in condizioni diverse e in laboratori diversi per quasi vent´anni, prima di abbandonare l´idea dell´etere. Così pure il risultato ottenuto tra il Cern di Ginevra e i laboratori del Gran Sasso dell´INFN occorre sia replicato da altri. Negli Stati Uniti sono già in corso misurazioni della velocità di un fascio controllato di neutrini all´esperimento MINOS, e in Giappone l´esperimento K2K potrebbe fornire ulteriori dati indipendenti. Ci vorranno mesi perché possano essere disponibili i primi dati da questi laboratori, ma da lì potrebbero venire le prime conferme del fenomeno.
Infine, se la velocità superluminale dei neutrini sarà confermata, occorrerà inserire questo sorprendente risultato sperimentale in un quadro coerente. Che, naturalmente, non cancellerà Einstein e la relatività speciale, ma permetterà di estendere la portata delle leggi fisiche a un fenomeno nuovo e inaspettato. Il risultato di Opera coinvolgerebbe infatti tre delle più prolifiche teorie del XX secolo. La relatività speciale infatti, è consistente con la teoria dei campi elettromagnetici proprio in quel valore della velocità della luce nel vuoto che fino a oggi è considerato un limite universale. E la teoria dei campi elettromagnetici è unificata alla teoria delle interazioni deboli, quelle in cui si producono i neutrini, dalla teoria elettrodebole, la cui verifica valse il premio Nobel a Carlo Rubbia. Tra le molte ipotesi che sono già state avanzate, l´esistenza del fenomeno potrebbe significare che esiste un limite di energia oltre il quale particelle come i neutrini, prive di carica elettrica e di massa minuscola, che interagiscono molto debolmente con la materia, possono violare la velocità della luce nel vuoto.
Sono già al lavoro anche gli specialisti della gravità quantistica, ovvero i teorici che da più di mezzo secolo tentano di riconciliare le due grandi rivoluzioni del Novecento, la meccanica quantistica e la relatività, in una descrizione coerente della gravità, la forza più appariscente eppure più enigmatica del cosmo. Perché questo risultato potrebbe avere a che fare con una struttura discreta dello spazio-tempo che è stata ipotizzata proprio nell´ambito della gravità quantistica. E, naturalmente, non poteva mancare la schiera dei teorici delle stringhe. In questo complesso edificio matematico, infatti, si potrebbe annidare la spiegazione del fenomeno, ipotizzando che i neutrini possano arrivare in anticipo "prendendo una scorciatoia" nelle dimensioni extra dell´universo.
Per il momento siamo sul terreno delle ipotesi più ardite, ma comunque vada l´esperimento della collaborazione Opera ha già prodotto due risultati di rilievo. Il primo è sotto gli occhi di tutti. La comunicazione pubblica dei risultati sta permettendo a noi comuni mortali di gettare uno sguardo nei processi della scienza. Nel dibattito, anche aspro, si scontrano posizioni a volte inconciliabili, ma sempre fondate sull´osservazione dei fenomeni. E, soprattutto, senza alcun equivoco, anche gli scontri più duri – come quelli che videro protagonisti Einstein e Niels Bohr sulla natura della teoria dei quanti – sono sempre volti a un obiettivo comune: il progresso nella conoscenza delle leggi di natura. Per questo la scienza è la più straordinaria impresa collettiva dell´umanità.
Il secondo è forse più materia per addetti ai lavori. Dopo decenni, infatti, un risultato inatteso, ottenuto con quella serendipity che spesso accompagna le grandi rivoluzioni scientifiche (la misurazione della velocità dei neutrini non era l´obiettivo primario dell´esperimento), spinge i fisici di tutto il mondo a ripensare i fondamenti di una materia che negli ultimi decenni pareva un po´ stagnante, tra la celebrazione del modello standard della fisica delle particelle e le astrusità matematiche della teoria delle stringhe. Da tutto questo potrà forse emergere una nuova fisica, che non cancellerà certo i risultati acquisiti nell´ultimo secolo e mezzo, grazie ai quali esiste molta della nostra tecnologia di uso quotidiano, ma spingerà un po´ più in là gli orizzonti della nostra conoscenza. O forse no, se il lungo processo di validazione non darà conferma di questi risultati preliminari. Ma soltanto con i tempi della scienza sapremo se Opera sarà stato l´esperimento di Michelson e Morley del XXI secolo
di Marco Cattaneo

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