20 ottobre 2011

Italia: un Paese di cittadini ipnotizzati





http://www.bafan.it/wp-content/uploads/2011/01/bafan-3.jpg


Il Presidente del Consiglio dichiara che "non ci sono soldi per lo sviluppo" - e gli imprenditori gli rispondono che "il tempo è scaduto. Ora bisogna fare", come se si potesse davvero fare qualcosa nel senso che vorrebbero, in una crisi "di crescita" dalla quale si pretende di uscire con ulteriore crescita. La Fiat perde quasi un altro 8% nelle vendite rispetto a un anno addietro, Standard & Poor's taglia il rating a ventiquattro Banche italiane e il nostro spread con i Titoli di Stato tedeschi ritorna alla soglia dei 380 punti.
Nel frattempo l'inflazione torna a salire grazie ai prezzi al consumo dei prodotti che, nel nostro mondo, non è possibile evitare di comperare: carburanti in primo luogo, e presto, vedremo, gas e combustibile per il riscaldamento, dunque energia elettrica e insomma ciò che, in un Paese come il nostro, che insieme a tanti altri dipende fortemente dalle energie non rinnovabili, serve semplicemente per vivere. Ovvero per non rimanere al buio e al freddo, oltre che per mangiare, visto che la maggior parte della nostra merce, cibo in primo luogo, viaggia ancora migliaia di kilometri prima di raggiungere le nostre tavole.
Siamo un Paese che - salvo rarissime sacche di resistenza, anzi di rinascita, ovvero decrescita - non consuma cibo locale, non usa mezzi alternativi di trasporto (complice il sistema fatiscente del nostro servizio pubblico e la pigrizia, in molti casi) e non ha in larghissima maggioranza neanche il pensiero culturale per decidersi a investire, anche in proprio, in fonti di energia alternativa.
Un esempio su tutti: Luca Mercalli, autore di un semplice e rapido libro edito da Chiarelettere, "Prepariamoci" (in vendita anche nella nostra Biblioteca Ribelle) scrive senza mezzi termini che la maggior parte degli italiani sono pronti a trovare mille giustificazioni per non tentare l'investimento di un impianto fotovoltaico ma sono pronti senza battere ciglio (anche se non è più come prima) a sottoscrivere cambiali per 60 mesi investendo in una nuova autovettura.
Ma la cosa più imbarazzante è un'altra: non si tratta di Berlusconi e delle sue dichiarazioni senili, non si tratta dei media di massa che vanno dietro al teatrino e non si tratta neanche di una opposizione che non è affatto alternativa al governo in carica. Cioè, più precisamente, non si tratta della situazione in sé che è evidentemente disastrosa e senza via di ripresa: si tratta della assoluta ipnosi della maggior parte dei cittadini di fronte alla realtà.
I dati oramai ci sono, e con un minimo di curiosità, consapevolezza e voglia - soprattutto grazie a internet, bisogna pur dirlo - sono a disposizione di tutti. Di tutti quelli che vogliano prendere coscienza delle situazione e iniziare sul serio a pensare a "come cavarsela" in questo mondo in disfacimento. Ecco, di questi nel nostro Paese vi è rara traccia.
Il discorso non è ovviamente rivolto agli abbonati a questo giornale - che sono in aumento giorno per giorno: grazie! - e che sanno da anni, ormai, visto che lo scriviamo da tanto tempo, dove saremmo arrivati e con molta probabilità a dove fatalmente arriveremo. Il discorso è diretto agli altri, a quelli che vanno in piazza senza capire chi è il vero nemico, a quelli che continuano a votare da una parte o dall'altra (ma il partito degli astensionisti diventa sempre più quello maggioritario in Italia) a chi sul serio pensa che il problema sia malgoverno & affini.
A chi, insomma, non ha voglia di prendere di petto la situazione, capire che si è vissuto in un modo sbagliato, in un sistema di sviluppo destinato alla fine, e che dunque è davvero il caso di caricarsi il peso che ci spetta: il nostro tempo, che è un tempo di transizione verso un nuovo paradigma, per quello che questo voglia dire - ed è tutto da scrivere e da vedere - ma non abbiamo scelta. Insomma a chi abbia il coraggio di voler vivere la propria storia sino in fondo.

di Valerio Lo Monaco

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20 ottobre 2011

Italia: un Paese di cittadini ipnotizzati





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Il Presidente del Consiglio dichiara che "non ci sono soldi per lo sviluppo" - e gli imprenditori gli rispondono che "il tempo è scaduto. Ora bisogna fare", come se si potesse davvero fare qualcosa nel senso che vorrebbero, in una crisi "di crescita" dalla quale si pretende di uscire con ulteriore crescita. La Fiat perde quasi un altro 8% nelle vendite rispetto a un anno addietro, Standard & Poor's taglia il rating a ventiquattro Banche italiane e il nostro spread con i Titoli di Stato tedeschi ritorna alla soglia dei 380 punti.
Nel frattempo l'inflazione torna a salire grazie ai prezzi al consumo dei prodotti che, nel nostro mondo, non è possibile evitare di comperare: carburanti in primo luogo, e presto, vedremo, gas e combustibile per il riscaldamento, dunque energia elettrica e insomma ciò che, in un Paese come il nostro, che insieme a tanti altri dipende fortemente dalle energie non rinnovabili, serve semplicemente per vivere. Ovvero per non rimanere al buio e al freddo, oltre che per mangiare, visto che la maggior parte della nostra merce, cibo in primo luogo, viaggia ancora migliaia di kilometri prima di raggiungere le nostre tavole.
Siamo un Paese che - salvo rarissime sacche di resistenza, anzi di rinascita, ovvero decrescita - non consuma cibo locale, non usa mezzi alternativi di trasporto (complice il sistema fatiscente del nostro servizio pubblico e la pigrizia, in molti casi) e non ha in larghissima maggioranza neanche il pensiero culturale per decidersi a investire, anche in proprio, in fonti di energia alternativa.
Un esempio su tutti: Luca Mercalli, autore di un semplice e rapido libro edito da Chiarelettere, "Prepariamoci" (in vendita anche nella nostra Biblioteca Ribelle) scrive senza mezzi termini che la maggior parte degli italiani sono pronti a trovare mille giustificazioni per non tentare l'investimento di un impianto fotovoltaico ma sono pronti senza battere ciglio (anche se non è più come prima) a sottoscrivere cambiali per 60 mesi investendo in una nuova autovettura.
Ma la cosa più imbarazzante è un'altra: non si tratta di Berlusconi e delle sue dichiarazioni senili, non si tratta dei media di massa che vanno dietro al teatrino e non si tratta neanche di una opposizione che non è affatto alternativa al governo in carica. Cioè, più precisamente, non si tratta della situazione in sé che è evidentemente disastrosa e senza via di ripresa: si tratta della assoluta ipnosi della maggior parte dei cittadini di fronte alla realtà.
I dati oramai ci sono, e con un minimo di curiosità, consapevolezza e voglia - soprattutto grazie a internet, bisogna pur dirlo - sono a disposizione di tutti. Di tutti quelli che vogliano prendere coscienza delle situazione e iniziare sul serio a pensare a "come cavarsela" in questo mondo in disfacimento. Ecco, di questi nel nostro Paese vi è rara traccia.
Il discorso non è ovviamente rivolto agli abbonati a questo giornale - che sono in aumento giorno per giorno: grazie! - e che sanno da anni, ormai, visto che lo scriviamo da tanto tempo, dove saremmo arrivati e con molta probabilità a dove fatalmente arriveremo. Il discorso è diretto agli altri, a quelli che vanno in piazza senza capire chi è il vero nemico, a quelli che continuano a votare da una parte o dall'altra (ma il partito degli astensionisti diventa sempre più quello maggioritario in Italia) a chi sul serio pensa che il problema sia malgoverno & affini.
A chi, insomma, non ha voglia di prendere di petto la situazione, capire che si è vissuto in un modo sbagliato, in un sistema di sviluppo destinato alla fine, e che dunque è davvero il caso di caricarsi il peso che ci spetta: il nostro tempo, che è un tempo di transizione verso un nuovo paradigma, per quello che questo voglia dire - ed è tutto da scrivere e da vedere - ma non abbiamo scelta. Insomma a chi abbia il coraggio di voler vivere la propria storia sino in fondo.

di Valerio Lo Monaco

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