27 gennaio 2013

Astensione o voto di protesta? Breviario per delegittimare il sistema




Come delegittimare in una logica parlamentare l’intera classe politica italiana?
La classe politica italiana: asservita, complice, coesa
Il governo tecnico è stato il culmine della decadenza intellettuale e morale della Seconda Repubblica e dell’intera classe politica italiana. Le ricette “lacrime e sangue” del curatore fallimentare Mario Monti architettate ad arte dalla Troika (Fmi, Bce e Ue) ed inclini a far pagare ai lavoratori italiani i tassi d’interesse sui titoli di Stato al fine di risanare il debito pubblico (che nel frattempo è pure aumentato rispetto agli anni precedenti!) sono state sostenute per un anno intero da tutti i partiti (eccetto qualcuno), Pd, Pdl e Udc in primis. L’attuale campagna elettorale? La dialettica? Santoro vs Berlusconi? Un teatrino tutto democratico, un sistema che si regge su due gambe contrapposte ma che permettono comunque sia al corpo oligarchico di camminare.
La logica parlamentare: l’astensione, la scheda bianca o la scheda annullata come diritto e non come imposizione 
Le elezioni sono la massima espressione di un regime democratico. Sono anche l’unica modalità con cui poter decidere i propri rappresentanti all’interno degli organi legislativi e di fatto intavolare il destino politico del Paese in cui si risiede e vive. Tuttavia il voto è un diritto e non un’imposizione. Il non-voto, che una legge abolita nel 1990 e mai applicata penalizzava, è oggi legittimo né più né meno del voto. Essa corrisponde esattamente a una volontà dell’elettore, così come andare a votare e mettere una croce su un simbolo, o su un sì o un no. Chiunque non sia soddisfatto delle offerte sulla scheda o non sia interessato a fare quella scelta ha l’astensione dal voto come strumento e come diritto. Punto.
Come delegittimare un intero sistema? Che fare?
Pertanto l’astensionismo strategico non è una vera e propria soluzione per scardinare la partitocrazia ed esprimere il dissenso, poiché l’astensione dal voto non ha una proiezione istituzionale. Inoltre dalle esperienze anglo-americane ed europee degli ultimi anni, le classi dirigenti democraticamente “elette” si sono auto-legittimate con delle percentuali ridicole di votanti. Di fatto astenersi dal voto vorrebbe dire concretamente permettere proprio a quella classe politica asservita, complice e coesa di governare il Paese.
È anche vero però che se gli astenuti fossero almeno il 75 per cento dell’elettorato e questi ultimi si rivoltassero (in piazza) contro l’auto-legittimazione degli eletti, l’intera macchina sistemica sarebbe destinata a crollare. Tuttavia il blocco degli astenuti non è un corpo organico, organizzato, omogeneo e per questo, difficilmente, riuscirebbe a spodestare un sistema “democraticamente” eletto il quale, comunque, soffocherebbe la protesta in maniera democratica e subdola come avviene ormai da decenni. Di fatto l’astensione potrebbe essere un’arma utile unicamente per chi ha l’intenzione di partorire un gruppo, un movimento o un’associazione politica con prospettive istituzionali in un’ottica rivoluzionaria o riformista, in poche parole influente e di opinione al livello nazionale.
Mentre per chi desiderasse manifestare il proprio dissenso senza inclinazioni politico-associazionistiche sarebbe meglio concedere il suffragio a quelle formazioni extra-parlamentari che si sono opposte da sempre nella società ad un esecutivo tecnico e antidemocratico ed ai partiti che lo hanno consentito. Senza fornire indicazioni di voto specifiche, è necessario votare per i partiti della protesta. In questo caso “il voto utile”, anche se con i suoi limiti, andrebbe sicuramente al Movimento 5 Stelle, tuttavia il 24 e 25 febbraio Beppe Grillo non sarà il solo portavoce del dissenso nazionale dato che a concorrere ci sono tanti partiti anti-sistema, come ci sono tante liste territoriali prive di ideologia che potrebbero avere soluzioni interessanti.

di Sebastiano Caputo 

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27 gennaio 2013

Astensione o voto di protesta? Breviario per delegittimare il sistema




Come delegittimare in una logica parlamentare l’intera classe politica italiana?
La classe politica italiana: asservita, complice, coesa
Il governo tecnico è stato il culmine della decadenza intellettuale e morale della Seconda Repubblica e dell’intera classe politica italiana. Le ricette “lacrime e sangue” del curatore fallimentare Mario Monti architettate ad arte dalla Troika (Fmi, Bce e Ue) ed inclini a far pagare ai lavoratori italiani i tassi d’interesse sui titoli di Stato al fine di risanare il debito pubblico (che nel frattempo è pure aumentato rispetto agli anni precedenti!) sono state sostenute per un anno intero da tutti i partiti (eccetto qualcuno), Pd, Pdl e Udc in primis. L’attuale campagna elettorale? La dialettica? Santoro vs Berlusconi? Un teatrino tutto democratico, un sistema che si regge su due gambe contrapposte ma che permettono comunque sia al corpo oligarchico di camminare.
La logica parlamentare: l’astensione, la scheda bianca o la scheda annullata come diritto e non come imposizione 
Le elezioni sono la massima espressione di un regime democratico. Sono anche l’unica modalità con cui poter decidere i propri rappresentanti all’interno degli organi legislativi e di fatto intavolare il destino politico del Paese in cui si risiede e vive. Tuttavia il voto è un diritto e non un’imposizione. Il non-voto, che una legge abolita nel 1990 e mai applicata penalizzava, è oggi legittimo né più né meno del voto. Essa corrisponde esattamente a una volontà dell’elettore, così come andare a votare e mettere una croce su un simbolo, o su un sì o un no. Chiunque non sia soddisfatto delle offerte sulla scheda o non sia interessato a fare quella scelta ha l’astensione dal voto come strumento e come diritto. Punto.
Come delegittimare un intero sistema? Che fare?
Pertanto l’astensionismo strategico non è una vera e propria soluzione per scardinare la partitocrazia ed esprimere il dissenso, poiché l’astensione dal voto non ha una proiezione istituzionale. Inoltre dalle esperienze anglo-americane ed europee degli ultimi anni, le classi dirigenti democraticamente “elette” si sono auto-legittimate con delle percentuali ridicole di votanti. Di fatto astenersi dal voto vorrebbe dire concretamente permettere proprio a quella classe politica asservita, complice e coesa di governare il Paese.
È anche vero però che se gli astenuti fossero almeno il 75 per cento dell’elettorato e questi ultimi si rivoltassero (in piazza) contro l’auto-legittimazione degli eletti, l’intera macchina sistemica sarebbe destinata a crollare. Tuttavia il blocco degli astenuti non è un corpo organico, organizzato, omogeneo e per questo, difficilmente, riuscirebbe a spodestare un sistema “democraticamente” eletto il quale, comunque, soffocherebbe la protesta in maniera democratica e subdola come avviene ormai da decenni. Di fatto l’astensione potrebbe essere un’arma utile unicamente per chi ha l’intenzione di partorire un gruppo, un movimento o un’associazione politica con prospettive istituzionali in un’ottica rivoluzionaria o riformista, in poche parole influente e di opinione al livello nazionale.
Mentre per chi desiderasse manifestare il proprio dissenso senza inclinazioni politico-associazionistiche sarebbe meglio concedere il suffragio a quelle formazioni extra-parlamentari che si sono opposte da sempre nella società ad un esecutivo tecnico e antidemocratico ed ai partiti che lo hanno consentito. Senza fornire indicazioni di voto specifiche, è necessario votare per i partiti della protesta. In questo caso “il voto utile”, anche se con i suoi limiti, andrebbe sicuramente al Movimento 5 Stelle, tuttavia il 24 e 25 febbraio Beppe Grillo non sarà il solo portavoce del dissenso nazionale dato che a concorrere ci sono tanti partiti anti-sistema, come ci sono tante liste territoriali prive di ideologia che potrebbero avere soluzioni interessanti.

di Sebastiano Caputo 

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