18 gennaio 2013

Una campagna elettorale senza "futuro"

E' davvero possibile abolire l'IMU? E, soprattutto, può il Professor Monti, dopo averla introdotta, dichiararsi pronto a ridiscuterla? Ma se Berlusconi dovesse fare il Ministro dell'Economia chi sarà Premier? Cosa dire di quelle "giudichesse comuniste" che hanno condannato il Cavaliere a versare, ogni giorno, alla sua ex moglie più di quanto un italiano medio incassa in cinque anni? La lotta all'evasione è sufficiente a risanare le casse dell'Erario? Sono questi e tanti altri - ma non molti di più - gli argomenti attorno ai quali, da settimane sono - e ci resteranno ancora per settimane - al centro di dibattiti televisivi, talk show e tribune elettorali.

Pressione fiscale, lotta all'evasione, legalità, questione morale e mercato del lavoro sono le principali questioni - per non dire tutte - attorno alle quali i leader di tutti i piccoli e grandi schieramenti, vecchi o nuovi che siano nell'agone politico, si giocheranno la campagna elettorale, cercando di accaparrarsi più poltrone possibili in Parlamento.

E sono, naturalmente, gli stessi i temi sui quali i mezzi busti più famosi della scena televisiva italiana e le penne più in vista della nostra carta stampata amano intervistare veterani ed esordienti nella campagna elettorale.

Nessuno appare curioso di sapere cosa il Professor Monti, il Cavalier Berlusconi, il favorito Bersani o uno qualsiasi dei tanti sfidanti pensano di Internet e, più in generale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione come volano per la crescita culturale, democratica ed economica del Paese?

E, naturalmente, nessuno dei contendenti, aspiranti parlamentari - ivi incluso, per la verità, il Comico della Rete per antonomasia, Beppe Grillo - appare ansioso di dire la sua sull'argomento.

Eppure la Commissione Europea - e non un qualsiasi smanettone fanatico di Internet o un esponente del Partito Pirata - non ha alcun dubbio nel dire che "La crescita sostenibile e la competitività future dell'Europa dipendono in larga misura dalla sua capacità di accettare la trasformazione digitale in tutta la sua complessità" ed a stimare "che la metà della crescita complessiva della produttività dipenda dagli investimenti nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione".

Sono le parole con le quali si apre la Comunicazione della Commissione europea al Consiglio ed al Parlamento dello scorso 18 dicembre.

Ci sarà almeno un aspirante parlamentare o un giornalista politico che l'abbia letta? "In Europa i lavoratori impiegati nel settore delle TIC sono più di 4 milioni, ripartiti in diversi settori, e crescono del 3% l'anno malgrado la crisi" ma - sono sempre parole della Commissione - "entro il 2015, in Europa non saranno coperti tra i 700 000 e 1 milione di posti di lavoro nelle TIC a causa della mancanza di personale competente."

Possibile che a nessuno, neppure in campagna elettorale, interessi la possibilità di combattere la piaga della disoccupazione giovanile stimolando - come suggerito dalla Commissione "il numero complessivo degli esperti in materia di TIC [Tecnologie dell'informazione e della comunicazione], nonché la loro occupabilità e mobilità"?
Non è più facile, più serio e costruttivo proporre ricette per consentire ai giovani di occupare posti di lavoro già esistenti in Europa piuttosto che continuare a raccontare favole sulla creazione di nuove centinaia di migliaia di posti di lavoro?

"La piena attuazione dell'agenda digitale potrebbe aumentare il PIL europeo del 5% o di 1 500 EUR a persona nei prossimi otto anni, potenziando gli investimenti nelle TIC, migliorando il livello delle competenze digitali della forza lavoro e riformando le condizioni quadro dell'economia di internet. In tal modo, inoltre, a breve termine si creerebbero 1,2 milioni di posti di lavoro nella costruzione di infrastrutture e 3,8 milioni di posti di lavoro in tutti i settori dell'economia nel lungo termine."

Neppure numeri e previsioni di questo genere bastano per porre Internet ed il digitale al centro della campagna elettorale?

"Se il commercio elettronico crescesse fino a rappresentare il 15% del totale del settore del commercio al dettaglio e gli ostacoli al mercato unico fossero eliminati, si stima che i vantaggi complessivi in termini di benessere dei consumatori ammonterebbero a circa 204 miliardi di EUR, pari all'1,7% del PIL dell'UE", si legge nella Comunicazione della Commissione.

Ha senso davanti a certe prospettive concrete spendere tempo ed energie a confrontarsi sui cento mila euro al giorno che il Cavalier Berlusconi deve a Donna Lario? "Soltanto gli appalti elettronici consentono un risparmio di 100 miliardi di EUR all'anno e l'eGovernment può ridurre i costi amministrativi del 15-20%" senza contare che "il riutilizzo dei dati del settore pubblico...creerà un valore economico pari a 140 miliardi di EUR".

Eccola la più importante riforma della pubblica amministrazione della quale abbiamo bisogno.

Ce n'è abbastanza per scommetterci un'intera campagna elettorale senza neppure il bisogno di promettere agli elettori qualcosa che non si sarà poi in condizione di mantenere.

"La connettività internet ad alta velocità è il fondamento dell'economia digitale, senza il quale servizi essenziali come il cloud computing, la sanità online (eHealth), le città intelligenti, i servizi audiovisivi, nonché i benefici da essi derivati, semplicemente non potrebbero essere attuati. Un aumento del 10% della penetrazione della banda larga potrebbe determinare un aumento pari all'1-1,5% del PIL annuale30 o potrebbe aumentare la produttività del lavoro dell'1,5% nei prossimi cinque anni."

Come si fa dinanzi a certi dati a lasciare alzare un politico da una qualsiasi poltrona televisiva senza avergli domandato come pensa di garantire a tutte le imprese ed a tutti i cittadini italiani l'accesso ad un'infrastruttura di connettività efficiente e neutrale?

"La società e l'economia dell'UE devono trasformarsi in un'Europa digitale, in cui l'intera popolazione possa sfruttare le tecnologie, i mezzi di comunicazione e i contenuti digitali", scrive la Commissione, che, poi aggiunge come "la crescita incontenibile dell'utilizzo delle TIC nella vita quotidiana contribuisce più di qualunque altra innovazione tecnologica a mutare radicalmente l'economia e la società nel loro complesso. Nel prossimo decennio, le TIC potranno contribuire a un radicale cambiamento della società e dei sistemi di produzione, consentendo una crescita e un benessere maggiori grazie a un incremento dell'efficienza, a nuovi prodotti, a nuovi servizi e a servizi pubblici più sviluppati".

Come è possibile candidarsi alla guida del Paese senza aver chiaro in testa che questi sono gli argomenti, i problemi e le opportunità che fanno la differenza e che senza il Paese non ha futuro.

Ma non sarebbe giusto prendersela solo con i candidati.

La colpa è anche - e, forse, soprattutto - nostra e dei tanti giornalisti televisivi e della carta stampata che per pigrizia, accondiscendenza o arretratezza culturale non spingono Lorsignori a confrontarsi anche e soprattutto sul "futuro", raccontando al Paese come lo pensano di regalargliene uno anche e, soprattutto, in digitale.

Non lasciamo che, anche questa volta, la campagna elettorale sia senza "futuro".

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18 gennaio 2013

Una campagna elettorale senza "futuro"

E' davvero possibile abolire l'IMU? E, soprattutto, può il Professor Monti, dopo averla introdotta, dichiararsi pronto a ridiscuterla? Ma se Berlusconi dovesse fare il Ministro dell'Economia chi sarà Premier? Cosa dire di quelle "giudichesse comuniste" che hanno condannato il Cavaliere a versare, ogni giorno, alla sua ex moglie più di quanto un italiano medio incassa in cinque anni? La lotta all'evasione è sufficiente a risanare le casse dell'Erario? Sono questi e tanti altri - ma non molti di più - gli argomenti attorno ai quali, da settimane sono - e ci resteranno ancora per settimane - al centro di dibattiti televisivi, talk show e tribune elettorali.

Pressione fiscale, lotta all'evasione, legalità, questione morale e mercato del lavoro sono le principali questioni - per non dire tutte - attorno alle quali i leader di tutti i piccoli e grandi schieramenti, vecchi o nuovi che siano nell'agone politico, si giocheranno la campagna elettorale, cercando di accaparrarsi più poltrone possibili in Parlamento.

E sono, naturalmente, gli stessi i temi sui quali i mezzi busti più famosi della scena televisiva italiana e le penne più in vista della nostra carta stampata amano intervistare veterani ed esordienti nella campagna elettorale.

Nessuno appare curioso di sapere cosa il Professor Monti, il Cavalier Berlusconi, il favorito Bersani o uno qualsiasi dei tanti sfidanti pensano di Internet e, più in generale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione come volano per la crescita culturale, democratica ed economica del Paese?

E, naturalmente, nessuno dei contendenti, aspiranti parlamentari - ivi incluso, per la verità, il Comico della Rete per antonomasia, Beppe Grillo - appare ansioso di dire la sua sull'argomento.

Eppure la Commissione Europea - e non un qualsiasi smanettone fanatico di Internet o un esponente del Partito Pirata - non ha alcun dubbio nel dire che "La crescita sostenibile e la competitività future dell'Europa dipendono in larga misura dalla sua capacità di accettare la trasformazione digitale in tutta la sua complessità" ed a stimare "che la metà della crescita complessiva della produttività dipenda dagli investimenti nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione".

Sono le parole con le quali si apre la Comunicazione della Commissione europea al Consiglio ed al Parlamento dello scorso 18 dicembre.

Ci sarà almeno un aspirante parlamentare o un giornalista politico che l'abbia letta? "In Europa i lavoratori impiegati nel settore delle TIC sono più di 4 milioni, ripartiti in diversi settori, e crescono del 3% l'anno malgrado la crisi" ma - sono sempre parole della Commissione - "entro il 2015, in Europa non saranno coperti tra i 700 000 e 1 milione di posti di lavoro nelle TIC a causa della mancanza di personale competente."

Possibile che a nessuno, neppure in campagna elettorale, interessi la possibilità di combattere la piaga della disoccupazione giovanile stimolando - come suggerito dalla Commissione "il numero complessivo degli esperti in materia di TIC [Tecnologie dell'informazione e della comunicazione], nonché la loro occupabilità e mobilità"?
Non è più facile, più serio e costruttivo proporre ricette per consentire ai giovani di occupare posti di lavoro già esistenti in Europa piuttosto che continuare a raccontare favole sulla creazione di nuove centinaia di migliaia di posti di lavoro?

"La piena attuazione dell'agenda digitale potrebbe aumentare il PIL europeo del 5% o di 1 500 EUR a persona nei prossimi otto anni, potenziando gli investimenti nelle TIC, migliorando il livello delle competenze digitali della forza lavoro e riformando le condizioni quadro dell'economia di internet. In tal modo, inoltre, a breve termine si creerebbero 1,2 milioni di posti di lavoro nella costruzione di infrastrutture e 3,8 milioni di posti di lavoro in tutti i settori dell'economia nel lungo termine."

Neppure numeri e previsioni di questo genere bastano per porre Internet ed il digitale al centro della campagna elettorale?

"Se il commercio elettronico crescesse fino a rappresentare il 15% del totale del settore del commercio al dettaglio e gli ostacoli al mercato unico fossero eliminati, si stima che i vantaggi complessivi in termini di benessere dei consumatori ammonterebbero a circa 204 miliardi di EUR, pari all'1,7% del PIL dell'UE", si legge nella Comunicazione della Commissione.

Ha senso davanti a certe prospettive concrete spendere tempo ed energie a confrontarsi sui cento mila euro al giorno che il Cavalier Berlusconi deve a Donna Lario? "Soltanto gli appalti elettronici consentono un risparmio di 100 miliardi di EUR all'anno e l'eGovernment può ridurre i costi amministrativi del 15-20%" senza contare che "il riutilizzo dei dati del settore pubblico...creerà un valore economico pari a 140 miliardi di EUR".

Eccola la più importante riforma della pubblica amministrazione della quale abbiamo bisogno.

Ce n'è abbastanza per scommetterci un'intera campagna elettorale senza neppure il bisogno di promettere agli elettori qualcosa che non si sarà poi in condizione di mantenere.

"La connettività internet ad alta velocità è il fondamento dell'economia digitale, senza il quale servizi essenziali come il cloud computing, la sanità online (eHealth), le città intelligenti, i servizi audiovisivi, nonché i benefici da essi derivati, semplicemente non potrebbero essere attuati. Un aumento del 10% della penetrazione della banda larga potrebbe determinare un aumento pari all'1-1,5% del PIL annuale30 o potrebbe aumentare la produttività del lavoro dell'1,5% nei prossimi cinque anni."

Come si fa dinanzi a certi dati a lasciare alzare un politico da una qualsiasi poltrona televisiva senza avergli domandato come pensa di garantire a tutte le imprese ed a tutti i cittadini italiani l'accesso ad un'infrastruttura di connettività efficiente e neutrale?

"La società e l'economia dell'UE devono trasformarsi in un'Europa digitale, in cui l'intera popolazione possa sfruttare le tecnologie, i mezzi di comunicazione e i contenuti digitali", scrive la Commissione, che, poi aggiunge come "la crescita incontenibile dell'utilizzo delle TIC nella vita quotidiana contribuisce più di qualunque altra innovazione tecnologica a mutare radicalmente l'economia e la società nel loro complesso. Nel prossimo decennio, le TIC potranno contribuire a un radicale cambiamento della società e dei sistemi di produzione, consentendo una crescita e un benessere maggiori grazie a un incremento dell'efficienza, a nuovi prodotti, a nuovi servizi e a servizi pubblici più sviluppati".

Come è possibile candidarsi alla guida del Paese senza aver chiaro in testa che questi sono gli argomenti, i problemi e le opportunità che fanno la differenza e che senza il Paese non ha futuro.

Ma non sarebbe giusto prendersela solo con i candidati.

La colpa è anche - e, forse, soprattutto - nostra e dei tanti giornalisti televisivi e della carta stampata che per pigrizia, accondiscendenza o arretratezza culturale non spingono Lorsignori a confrontarsi anche e soprattutto sul "futuro", raccontando al Paese come lo pensano di regalargliene uno anche e, soprattutto, in digitale.

Non lasciamo che, anche questa volta, la campagna elettorale sia senza "futuro".

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