11 marzo 2013

l diritto di Grillo e i suoi a snobbare la tivù


L’ultimo episodio ha avuto per protagonista un giornalista diBallarò. Presentatosi a un’assemblea del Movimento 5 stelle a Napoli, non è stato fatto entrare nella sala perché l’intrusione delle telecamere non era gradita. Ma ci sono una serie di vicende analoghe che dimostrano l’idiosincrasia dei grillini verso i media, e al tempo stesso il senso di astio misto a sconcerto che questi provano verso chi inopinatamente li respinge.
Abituati ad avere campo libero, a essere addirittura blanditi perché considerati un indispensabile volano del consenso, tivù e giornali sono increduli di fronte a chi ostentatamente li rifugge. La novità ha del clamoroso, perché fino ad ora la sottomissione della vita pubblica ai palinsesti televisivi è stata totale. 

Il M5S spezza la logica tivù-centrica del berlusconismo

L’estromissione dei luoghi istituzionali della politica, il passaggio dalle Camere alle telecamere, è una metamorfosi che si è consumata all’interno della Seconda Repubblica. Non foss’altro che a dettarne tempi e modi è stato il suo interprete per antonomasia, Silvio Berlusconi, che dalla piccolo schermo proveniva e dunque meglio di tutti ne conosceva il richiamo seduttivo.
Agli albori della Terza, ci si trova fare i conti con un partito che non vuole più sottostare a questa logica. E rivendica un ritorno del fare politica non solo ai luoghi che le erano propri, in primis quella che era la sua sede naturale: il parlamento. Ma ambisce anche a separarla dalla sua rappresentazione mediatica accusata, secondo noi con ragione, di rimandarne un’immagine deformata, se non palesemente falsa.
MA LA FUGA DAGLI SCHERMI NON È UN VULNUS DEMOCRATICO. Ora, se questa è la motivazione che spinge il M5S a eludere la pretesa di chi vorrebbe strumentalizzarlo ai fini dell’audience, non si capisce perché ciò susciti tanta riprovazione verso il movimento, con accuse di opacità e scarsa attitudine democratica. Come se  bastasse un rifiuto a farsi intervistare (quello di Grillo a Sky  ha dato il via da parte dell’emittente a due giorni di reprimenda) o andare in tivù per arrecare alla democrazia un irreparabile vulnus.
UNA SCELTA COERENTE PER CHI PRIVILEGIA INTERNET. Per un movimento che ha fatto di Internet e della Rete il luogo privilegiato della comunicazione, e che proprio per questo teorizza un ritorno alla partecipazione diretta scevra il più possibile alle intermediazioni, rovesciare il rapporto di sudditanza ai media, la loro famelica smania di filtrare  la lettura e l’interpretazione del mondo, è un atteggiamento assolutamente condivisibile.
Così come la severità per chi trasgredisce quella che appare una regola fondante, paragonabile al rifiuto sin qui ostentato ad allearsi in qualsiasi forma con la vecchia partitocrazia.

Il dialogo coi media esteri estranei al consociativismo

Se, a giudizio dei grillini, i media sono stati sin qui uno strumento collusivo al vecchio modo di fare politica, se hanno contribuito a enfatizzare la degenerazione di un sistema, è obligatorio tenersene lontani. O essere sicuri, prima di aprire loro le porte, che il proprio messaggio non subisca stravolgimenti. Di qui la predilezione del leader per i media stranieri, considerati non parte del gioco consociativo, o l’uso diretto dei blog.
Che questo approccio susciti riprovazione a destra è comprensibile, in fondo è l’antitesi di ciò che è stato alla base della irresistibile ascesa di Berlusconi imperniata, sin dagli albori della sua discesa in campo, sul formidabile potere persuasivo della tivù. E riaffermato ancora una volta dalla strepitosa rimonta del Cav alle ultime elezioni. Ma che sia la sinistra a fare le pulci, a storcere il naso, questo stupisce non poco.
LA SINISTRA CHE STORCE IL NASO DIMENTICA LA SUA TRADIZIONE. Sembra abbia dimenticato che la sua tradizione culturale, specie negli anni Settanta, è stata attraversata da una robusta corrente di critica dell’informazione, nutrita da un impianto teorico-filosofico di tutto rispetto.
E dunque quello di Grillo dovrebbe suonarle come un invito a meditare su un tema cruciale per la democrazia, a riscoprire quello che fu un tratto distintivo della sua analisi, lo stesso che ora l’ex comico  incarna con la giusta ambizione di marcare una differenza. Ma in quest’ambito, con Bersani e i suoi, siamo purtroppo a una disarmante pochezza della riflessione.
QUEL CHE BERSANI E IL PD RIFIUTANO DI COMPRENDERE. Non hanno ancora capito che, eccezion fatta per Berlusconi che fa storia a sé, l’assenza è il miglior modo per evocare la presenza. E che i media comunque vanno usati con discernimento, capendone le regole ed evitando l’incondizionata adesione, ovvero sottomissione,  alle loro logiche. Senza scomodare  Casaleggio,  che oltretutto è un irriducibile avversario, basterebbe interpellassero Carlo Freccero per farsi spiegare l’arcano.
Domenica, 10 Marzo 2013


di Paolo Madron

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11 marzo 2013

l diritto di Grillo e i suoi a snobbare la tivù


L’ultimo episodio ha avuto per protagonista un giornalista diBallarò. Presentatosi a un’assemblea del Movimento 5 stelle a Napoli, non è stato fatto entrare nella sala perché l’intrusione delle telecamere non era gradita. Ma ci sono una serie di vicende analoghe che dimostrano l’idiosincrasia dei grillini verso i media, e al tempo stesso il senso di astio misto a sconcerto che questi provano verso chi inopinatamente li respinge.
Abituati ad avere campo libero, a essere addirittura blanditi perché considerati un indispensabile volano del consenso, tivù e giornali sono increduli di fronte a chi ostentatamente li rifugge. La novità ha del clamoroso, perché fino ad ora la sottomissione della vita pubblica ai palinsesti televisivi è stata totale. 

Il M5S spezza la logica tivù-centrica del berlusconismo

L’estromissione dei luoghi istituzionali della politica, il passaggio dalle Camere alle telecamere, è una metamorfosi che si è consumata all’interno della Seconda Repubblica. Non foss’altro che a dettarne tempi e modi è stato il suo interprete per antonomasia, Silvio Berlusconi, che dalla piccolo schermo proveniva e dunque meglio di tutti ne conosceva il richiamo seduttivo.
Agli albori della Terza, ci si trova fare i conti con un partito che non vuole più sottostare a questa logica. E rivendica un ritorno del fare politica non solo ai luoghi che le erano propri, in primis quella che era la sua sede naturale: il parlamento. Ma ambisce anche a separarla dalla sua rappresentazione mediatica accusata, secondo noi con ragione, di rimandarne un’immagine deformata, se non palesemente falsa.
MA LA FUGA DAGLI SCHERMI NON È UN VULNUS DEMOCRATICO. Ora, se questa è la motivazione che spinge il M5S a eludere la pretesa di chi vorrebbe strumentalizzarlo ai fini dell’audience, non si capisce perché ciò susciti tanta riprovazione verso il movimento, con accuse di opacità e scarsa attitudine democratica. Come se  bastasse un rifiuto a farsi intervistare (quello di Grillo a Sky  ha dato il via da parte dell’emittente a due giorni di reprimenda) o andare in tivù per arrecare alla democrazia un irreparabile vulnus.
UNA SCELTA COERENTE PER CHI PRIVILEGIA INTERNET. Per un movimento che ha fatto di Internet e della Rete il luogo privilegiato della comunicazione, e che proprio per questo teorizza un ritorno alla partecipazione diretta scevra il più possibile alle intermediazioni, rovesciare il rapporto di sudditanza ai media, la loro famelica smania di filtrare  la lettura e l’interpretazione del mondo, è un atteggiamento assolutamente condivisibile.
Così come la severità per chi trasgredisce quella che appare una regola fondante, paragonabile al rifiuto sin qui ostentato ad allearsi in qualsiasi forma con la vecchia partitocrazia.

Il dialogo coi media esteri estranei al consociativismo

Se, a giudizio dei grillini, i media sono stati sin qui uno strumento collusivo al vecchio modo di fare politica, se hanno contribuito a enfatizzare la degenerazione di un sistema, è obligatorio tenersene lontani. O essere sicuri, prima di aprire loro le porte, che il proprio messaggio non subisca stravolgimenti. Di qui la predilezione del leader per i media stranieri, considerati non parte del gioco consociativo, o l’uso diretto dei blog.
Che questo approccio susciti riprovazione a destra è comprensibile, in fondo è l’antitesi di ciò che è stato alla base della irresistibile ascesa di Berlusconi imperniata, sin dagli albori della sua discesa in campo, sul formidabile potere persuasivo della tivù. E riaffermato ancora una volta dalla strepitosa rimonta del Cav alle ultime elezioni. Ma che sia la sinistra a fare le pulci, a storcere il naso, questo stupisce non poco.
LA SINISTRA CHE STORCE IL NASO DIMENTICA LA SUA TRADIZIONE. Sembra abbia dimenticato che la sua tradizione culturale, specie negli anni Settanta, è stata attraversata da una robusta corrente di critica dell’informazione, nutrita da un impianto teorico-filosofico di tutto rispetto.
E dunque quello di Grillo dovrebbe suonarle come un invito a meditare su un tema cruciale per la democrazia, a riscoprire quello che fu un tratto distintivo della sua analisi, lo stesso che ora l’ex comico  incarna con la giusta ambizione di marcare una differenza. Ma in quest’ambito, con Bersani e i suoi, siamo purtroppo a una disarmante pochezza della riflessione.
QUEL CHE BERSANI E IL PD RIFIUTANO DI COMPRENDERE. Non hanno ancora capito che, eccezion fatta per Berlusconi che fa storia a sé, l’assenza è il miglior modo per evocare la presenza. E che i media comunque vanno usati con discernimento, capendone le regole ed evitando l’incondizionata adesione, ovvero sottomissione,  alle loro logiche. Senza scomodare  Casaleggio,  che oltretutto è un irriducibile avversario, basterebbe interpellassero Carlo Freccero per farsi spiegare l’arcano.
Domenica, 10 Marzo 2013


di Paolo Madron

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