09 marzo 2013

L’equo sciacallaggio.





Non volevo farlo, non ne vedevo il senso, e poi queste cose mi danno fastidio. Avevo letto della cosiddetta “inchiesta” de l’Espresso sugli affari dell’autista di Grillo; è bastata un’occhiata per capire che si trattava di fumo, niente di più. La solita operazione di basso sciacallaggio indirizzata a persone vicine all’obiettivo da colpire; in altri ambienti si chiama “vendetta trasversale”. Nulla su cui valesse la pena di perdere tempo.
Poi mi capita sotto gli occhi questo articolo di Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano di oggi. E mi incazzo. Sì, perché se l’operazione dell’Espresso è la solita, meschina, squallida, vigliacca palata di fango, quello di Feltri (omen nomen?) è un ignobile tentativo di giustificare e legittimare questo fango come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Anzi, non è solo normale, nelle sue parole diventa addirittura un atto nobile, un pezzo di alto giornalismo.
Benvenuto in politica, caro Beppe Grillo.
Ironia. Mi piace molto l’ironia, e uno come Grillo, che dell’ironia ha fatto un mestiere, dovrebbe apprezzarla.
Quando uno diventa un personaggio pubblico, specie se il più noto, deve dare per scontato che della sua vita tutto, ma proprio tutto, verrà analizzato e raccontato.
Che Grillo sia un personaggio pubblico non c’è dubbio. Che tutta la sua vita debba essere analizzata e raccontata invece non sta né in cielo né in terra. Perché mai dovrebbe essere raccontato tutto? I fatti privati possono essere interessanti (e la cosa non è automatica) solo se hanno risvolti pubblici, se costituiscono reato, se hanno implicazioni che comunque influenzano l’attività pubblica del personaggio. Se Grillo si masturba guardando film porno sono fatti suoi, se invece traffica in pedopornografia lo voglio sapere.
Sono le regole base dell’informazione e del giornalismo – quello più sano – che trova notizie e le racconta, lasciando poi al lettore il compito di farsi un’opinione.
Non è solo giornalismo, è giornalismo “sano” secondo Feltri. Peccato che in tutto questo manchi l’elemento essenziale: la notizia.
Funziona così, anche se chi magari vive soltanto sui blog, immune da ogni input sgradito, non se lo ricorda più.
Funziona così per chi è abituato a confondere giornalismo e sciacallaggio. Funziona così per chi, non avendo evidentemente niente con cui attaccare il personaggio pubblico, spala fango addosso a persone che, magari incidentalmente, gli stanno vicino.
L’inchiesta de L’Espresso, firmata da [...] è, appunto, un’inchiesta.
Tecnicamente questa è una tautologia, forma normalmente utilizzata quando, non riuscendo a spiegare un concetto, non resta che ripeterlo. Mi ricorda un nanetto pelato che a furia di ripetere “comunisti” ha convinto milioni di persone che l’Italia è in mano ai comunisti.
…racconta una storia interessante, come dimostra il fatto che tutti ne stiano parlando, e che quindi meritava eccome di essere pubblicata.
Il fatto che tutti ne parlino non dimostra affatto che meritasse di essere raccontata, ma solo che è stata pompata a dovere e che ha raggiunto il suo scopo.
La risposta di Grillo sul suo blog è, come prevedibile, la replica di un politico piccato, che non nasconde il suo disprezzo per i giornalisti (in questo Beppe ricorda Massimo D’Alema). E che non spiega nulla, non chiarisce e non replica a tono. E’ solo un Vaffanculo, difficile forse aspettarsi altro.
E che ti aspettavi, l’applauso? Un vaffanculo è il minimo. Anzi, fossi stato io al suo posto non avrei nemmeno risposto, che certe cose non meritano considerazione.
Segue una serie di supercazzole con cui Feltri tenta di dare sostanza ad un’operazione che di sostanza non ne ha, e il tutto si riduce nell’arroccamento della corporazione, nella scontata difesa della categoria.
Infine riesce a concludere peggio di come ha cominciato (e non era facile).
Nessuno sta facendo illazioni su Grillo (che pure qualche guaio con l’agenzia delle entrate ce l’ha, per una storia di Irap, ma non l’ha mai negato neppure lui).
Ah no? E questa cos’è? Sembra tanto un colpo basso menato dopo il suono del gong mentre l’avversario sta tornando al suo angolo.
Ma in questi anni abbiamo passato al setaccio i collaboratori di tutti i protagonisti della scena politica (segretarie, portaborse, assistenti ecc.). Ora tocca anche a Grillo.
Certo, se sciacallaggio deve essere, che almeno sia fatto con equità: tutti nella stessa barca. E il riferimento che tutti fanno, incluso Feltri, è a Gianfranco Fini e ai guai che avuto grazie agli affari del cognato; solo che nel caso di Fini c’erano di mezzo soldi del partito, per cui la faccenda assumeva un rilievo decisamente diverso. Qui invece, oltre al fatto che Grillo personalmente non c’entra niente, non risulta alcun reato, non c’è alcun interesse pubblico, non c’è assolutamente niente.
Caro Feltri, in uno stato di diritto, l’onere della prova è a carico dell’accusa; pretendere che qualcuno si difenda senza accuse precise e circostanziate è, come minimo, ipocrita.
Come? No, non sono un grillino. Anzi, a dirla tutta Grillo e il suo movimento non mi piacciono proprio, ma devo riconoscere che quando maltratta i giornalisti ha le sue ragioni.

sito curato da Gianalessio Ridolfi Pacifici

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09 marzo 2013

L’equo sciacallaggio.





Non volevo farlo, non ne vedevo il senso, e poi queste cose mi danno fastidio. Avevo letto della cosiddetta “inchiesta” de l’Espresso sugli affari dell’autista di Grillo; è bastata un’occhiata per capire che si trattava di fumo, niente di più. La solita operazione di basso sciacallaggio indirizzata a persone vicine all’obiettivo da colpire; in altri ambienti si chiama “vendetta trasversale”. Nulla su cui valesse la pena di perdere tempo.
Poi mi capita sotto gli occhi questo articolo di Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano di oggi. E mi incazzo. Sì, perché se l’operazione dell’Espresso è la solita, meschina, squallida, vigliacca palata di fango, quello di Feltri (omen nomen?) è un ignobile tentativo di giustificare e legittimare questo fango come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Anzi, non è solo normale, nelle sue parole diventa addirittura un atto nobile, un pezzo di alto giornalismo.
Benvenuto in politica, caro Beppe Grillo.
Ironia. Mi piace molto l’ironia, e uno come Grillo, che dell’ironia ha fatto un mestiere, dovrebbe apprezzarla.
Quando uno diventa un personaggio pubblico, specie se il più noto, deve dare per scontato che della sua vita tutto, ma proprio tutto, verrà analizzato e raccontato.
Che Grillo sia un personaggio pubblico non c’è dubbio. Che tutta la sua vita debba essere analizzata e raccontata invece non sta né in cielo né in terra. Perché mai dovrebbe essere raccontato tutto? I fatti privati possono essere interessanti (e la cosa non è automatica) solo se hanno risvolti pubblici, se costituiscono reato, se hanno implicazioni che comunque influenzano l’attività pubblica del personaggio. Se Grillo si masturba guardando film porno sono fatti suoi, se invece traffica in pedopornografia lo voglio sapere.
Sono le regole base dell’informazione e del giornalismo – quello più sano – che trova notizie e le racconta, lasciando poi al lettore il compito di farsi un’opinione.
Non è solo giornalismo, è giornalismo “sano” secondo Feltri. Peccato che in tutto questo manchi l’elemento essenziale: la notizia.
Funziona così, anche se chi magari vive soltanto sui blog, immune da ogni input sgradito, non se lo ricorda più.
Funziona così per chi è abituato a confondere giornalismo e sciacallaggio. Funziona così per chi, non avendo evidentemente niente con cui attaccare il personaggio pubblico, spala fango addosso a persone che, magari incidentalmente, gli stanno vicino.
L’inchiesta de L’Espresso, firmata da [...] è, appunto, un’inchiesta.
Tecnicamente questa è una tautologia, forma normalmente utilizzata quando, non riuscendo a spiegare un concetto, non resta che ripeterlo. Mi ricorda un nanetto pelato che a furia di ripetere “comunisti” ha convinto milioni di persone che l’Italia è in mano ai comunisti.
…racconta una storia interessante, come dimostra il fatto che tutti ne stiano parlando, e che quindi meritava eccome di essere pubblicata.
Il fatto che tutti ne parlino non dimostra affatto che meritasse di essere raccontata, ma solo che è stata pompata a dovere e che ha raggiunto il suo scopo.
La risposta di Grillo sul suo blog è, come prevedibile, la replica di un politico piccato, che non nasconde il suo disprezzo per i giornalisti (in questo Beppe ricorda Massimo D’Alema). E che non spiega nulla, non chiarisce e non replica a tono. E’ solo un Vaffanculo, difficile forse aspettarsi altro.
E che ti aspettavi, l’applauso? Un vaffanculo è il minimo. Anzi, fossi stato io al suo posto non avrei nemmeno risposto, che certe cose non meritano considerazione.
Segue una serie di supercazzole con cui Feltri tenta di dare sostanza ad un’operazione che di sostanza non ne ha, e il tutto si riduce nell’arroccamento della corporazione, nella scontata difesa della categoria.
Infine riesce a concludere peggio di come ha cominciato (e non era facile).
Nessuno sta facendo illazioni su Grillo (che pure qualche guaio con l’agenzia delle entrate ce l’ha, per una storia di Irap, ma non l’ha mai negato neppure lui).
Ah no? E questa cos’è? Sembra tanto un colpo basso menato dopo il suono del gong mentre l’avversario sta tornando al suo angolo.
Ma in questi anni abbiamo passato al setaccio i collaboratori di tutti i protagonisti della scena politica (segretarie, portaborse, assistenti ecc.). Ora tocca anche a Grillo.
Certo, se sciacallaggio deve essere, che almeno sia fatto con equità: tutti nella stessa barca. E il riferimento che tutti fanno, incluso Feltri, è a Gianfranco Fini e ai guai che avuto grazie agli affari del cognato; solo che nel caso di Fini c’erano di mezzo soldi del partito, per cui la faccenda assumeva un rilievo decisamente diverso. Qui invece, oltre al fatto che Grillo personalmente non c’entra niente, non risulta alcun reato, non c’è alcun interesse pubblico, non c’è assolutamente niente.
Caro Feltri, in uno stato di diritto, l’onere della prova è a carico dell’accusa; pretendere che qualcuno si difenda senza accuse precise e circostanziate è, come minimo, ipocrita.
Come? No, non sono un grillino. Anzi, a dirla tutta Grillo e il suo movimento non mi piacciono proprio, ma devo riconoscere che quando maltratta i giornalisti ha le sue ragioni.

sito curato da Gianalessio Ridolfi Pacifici

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