20 settembre 2007

Giudici militari: i nuovi fannulloni?


Stavo leggendo il corriere.it quando mi imbatto in una notizia che mi colpisce.
Non tutti i giornalisti sono servi dei poteri forti, poi quando ho letto la firma ho pensato subito a DonChischiotte. Una persona che stimo ed apprezzo quindi un nuovo capitolo della Casta. Il titolo forse è eccessivo ma possiamo permetterci di tenere distinte con la stessa professionalità (1378/28 = 50 volte) e utilizzati in modo tanto diverso?


Stremati da dieci settimane di pausa estiva, che per consuetudine comincia intorno al 10 luglio e si trascina fino all'ultima decade di settembre, i magistrati militari hanno deciso di tuffarsi di nuovo nel lavoro con un convegno internazionale. Nella bellissima Toledo. Dove, per attrezzarsi ad affrontare al meglio i mesi finali dell'anno quando sono attesi a volte perfino da tre udienze al mese (tre al mese!), sbarcano oggi in trentadue: un terzo di tutti i giudici con le stellette italiani. Perché mandare una delegazione di due o tre persone se tanto paga lo Stato?
Va da sé che, con questi precedenti, i giudici con le stellette hanno deciso che non era proprio il caso di fare gli sparagnini. E appena hanno saputo che nell'antica capitale della Castiglia organizzavano un congresso internazionale, si sono dati da fare. Certo, il tema del simposio («La legge criminale tra guerra e pace: giustizia e cooperazione in materie criminali negli interventi internazionali militari») non è una leccornia. Ma Toledo è Toledo. L'Alcazar! Il fondaco dell'Alhóndiga! Il Castillo de San Servando! La Plaza de Zocodover! La casa e i quadri del Greco tra cui la celebre «sepoltura del conte di Orgaz»! Fatto sta che la delibera del 5 giugno scorso era assai invitante: le spese del convegno (350 euro a testa, compresi il materiale didattico e i pasti all'Accademia di Fanteria), più le spese di viaggio e pernottamento, più il «trattamento di missione internazionale», più una indennità forfettaria giornaliera di un'ottantina di euro erano infatti a carico del ministero.
Un salasso? Ma no, avrebbe risposto la successiva delibera del 3 luglio.

Nonostante Padoa Schioppa stia sempre lì a pianger miseria, diceva il documento, «sono state individuate disponibilità finanziarie che consentono di coprire la spesa per la partecipazione al predetto congresso di tutti i magistrati richiedenti». Tutti? Crepi l'avarizia: tutti. Cioè 32. Tra i quali l'unico (unico) invitato come relatore, Antonino Intelisano. Vi chiederete: costi a parte, come farà la Giustizia militare a reggere per ben tre giorni senza un terzo dei suoi pilastri, dato che i giudici, da Vipiteno a Lampedusa, sono 103? Rassicuratevi: reggerà. Anche quando presidiano il loro posto di lavoro, infatti, non è che i nostri siano sommersi da cataste di fascicoli come i colleghi della magistratura ordinaria. Anzi.

I giudici della Procura Generale Militare presso la Cassazione, per dire, hanno dovuto sobbarcarsi nel 2006 (assistiti da 35 dipendenti vari, per circa metà militari e circa metà civili) sei udienze: una ogni due mesi, da spartire in quattro. I tre del Tribunale di Sorveglianza militare, che contano su 32 assistenti a vario titolo e hanno competenza sull'unico carcere militare rimasto aperto, quello casertano di Santa Maria Capua a Vetere do ve sono recluse solo persone in divisa condannate dalla giustizia ordinaria per reati ordinari, hanno un solo detenuto militare per reati militari: Erich Priebke, condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine.
Quanto ai dati complessivi, lasciano di sasso: i 79 magistrati «con le stellette» (in realtà non le portano per niente: sono giudici come gli altri solo che hanno scelto una carriera parallela) addetti ai nove tribunali sparsi per la penisola (Roma, La Spezia, Torino, Verona, Padova, Napoli, Bari, Cagliari e Palermo) e i loro 17 colleghi delle tre corti d'Appello (Roma, Napoli e Verona) sono chiamati infatti a lavorare sempre di meno. Al punto che nel 2006 hanno emesso, tutti insieme, un migliaio di sentenze su temi spesso irrilevanti se non ridicoli: circa 300 in meno dei verdetti penali (poi ci sono i civili) di un tribunale ordinario minore come quello di Bassano del Grappa.
Un esempio di carico di lavoro? Il presidente della Corte Militare d'Appello di Roma, Vito Nicolò Diana, quando dirigeva la sezione distaccata di Verona (dal 1992 a poco fa) aveva ottenuto non solo un alloggio di servizio nel cuore del centro storico della città scaligera (aiuto concesso solo ai militari che guadagnano stipendi assai minori) ma perfino il permesso di abitare nella capitale, in riva non all'Adige ma al Tevere. Insomma, una situazione assurda. Tanto che, dopo la prima denuncia del Corriere, i ministri della Difesa e della Giustizia, Clemente Mastella e Arturo Parisi, avevano scritto al giornale convenendo che si trattava d'un quadro «inaccettabile» e assicurando che «nel quadro del disegno di legge relativo alla riforma dell'Ordinamento Giudiziario» già approvato dal Consiglio dei ministri, erano stati decisi tagli drastici, «riducendo il numero complessivo degli Uffici Giudiziari Militari, giudicanti e requirenti, di ben due terzi: cioè da 12 a 4 (3 Tribunali e un'unica Corte d'Appello, senza Sezioni distaccate)». Bastarono tre giorni, però, perché il progetto venisse stralciato e quei buoni propositi fossero abbattuti come birilli dal vento delle proteste corporative.
Adesso, «per capire », vorrebbero fare una commissione di studio. La terza, dopo quella del 1992 varata dal ministro della Difesa Salvo Andò e quella del 2003/2004 presieduta dal procuratore generale Giuseppe Scandina. Nel frattempo la quota dei magistrati con le stellette che hanno tempo in abbondanza per gli incarichi extragiudiziari è salita al 36%, contro il 3% dei giudici ordinari. E il lavoro degli uffici, grazie a tutte le cose che sono cambiate a partire dall'abolizione del servizio di leva obbligatorio, ha continuato a calare, calare, calare. Fino a dimezzarsi quest'anno rispetto perfino al 2006. Benedetto Roberti, uno dei giudici che con Sergio Dini e pochi altri invoca da anni una riforma, ricorda che nel 1997, quando faceva il Gup a Torino, arrivò da solo a 1.375 sentenze. Sapete quante ne ha emesse quest'anno il giudice che fa quello stesso lavoro? Tenetevi forte: 28.
Gian Antonio Stella

19 settembre 2007

Mazza: Il Disinformatore di stato.



Il direttore della Tv di Stato pagato dal nostro canone si esibisce, oggi, con toni dai più ritenuti eccessivi, contro Beppe Grillo. Con premeditazione prende il suo editoriale e, invece di fare informazione, è pagato per quello, prende la pistola e spara verso il comico genovese.
“Cosa accadrebbe se un mattino, un brutto mattino, qualcuno, ascoltati quegli insulti, quelle male parole contro Tizio o contro Caio, premesse un grilletto all'improvviso?"
Lui, lo ha già fatto e, come può una persona usare il suo status per accusare o sparare verso qualcuno? Risposta. Esistono persone che sono intoccabili, impunibili ed onnipotenti e fanno parte della Casta.
Ho aperto questo sito da circa un anno solo perché disgustato dalle informazione che i vari mazza e fede stanno propinando. Disinformazione su argomenti importanti quali signoraggio, rete4 ed altri mentre una tambureggiante informazione sulla cronaca di delitti ed omicidi eccellenti.
Dov’è l’informazione che dichiara rete4 illegittima?
Dov’è l’informazione che dichiara l’eldorado dei parlamentari?
Dov’è l’informazione sugli aiuti di stato ai giornali e paragiornali?
Dov’è l’informazione sulla frode da 98 miliardi di euro ai monopoli di stato?
Dov’è l’informazione sul grand’uomo di Draghi mentre la sua banca sottrae 4 miliardi di euro allo stato?
Ma piuttosto dov’era quando si decideva la linea editoriale fondato tutto sul sensazionalismo, catastrofismo e porcate quali carestie e virus sconosciuti?
Il suo posto è stato imposto dalla politica e, quindi, risponde solo alla politica ma, vada a farlo in un canale dove denaro e interessi si coniugano con male e banche.
Se nessuno non gli fa presente il suo compito è bene che si dia una regolata e faccia un telegiornale per informare la gente sulle mille domande giornaliere che non fanno.

Io, che ho partecipato alla manifestazione( la prima!),laureato ed incensurato, non terrorista, non ho mai pensato di usare violenza e, mi ritrovo accusato di qualunquismo, ma da quale pulpito? L’aria che si sta respirando ha iniziato a spezzare le catene che la Casta ha confezionato con molta cura.
Un solco che si sta allargando giorno per giorno ma, fino a quando?
Chi fermerà la marea umana di richieste serie e legittime?
Il sistema ha iniziato il conto alla rovescia e, menti consapevoli stanno costruendo la nuova Arca della Santa Alleanza.

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Sabina Guzzanti sull'informazione dei Tg

18 settembre 2007

Gli aumenti automatici dei politici. Perchè?


Oggi le news battono vicende quotidiane come due pesi e due misure vengono fatte quotidianamente fra i cittadini e la casta.
Cose che si ripetono quotidianamente anche se i giornalisti non sono così sensibili a cogliere queste sfumature. Blondet, traccia con lucidità gli schieramenti che si fronteggiano e le corporazioni e caste che approfittano di questo sciagurato momento storico. Ma, il petrolio, i mutui, Grillo sono leve per sollevare un macigno che se inizia a rotolare può travolgere tutto questo sistema fondato su menzogne, caste e aridità sia culturale che intellettuale.

Uno vorrebbe parlare d'altro, ma non si può.
Ci tocca fare i blogghisti. Ci tocca incanaglirci, per colpa loro.
Due notizie da rassegna-stampa mattutina.
La prima: i senatori hanno ricevuto un ulteriore aumento automatico di 200 euro mensili.
Molti dicono di non essersene accorti: ovvio, 200 euro possono sfuggire su un emolumento che, con gli ammenicoli, giunge a 15 mila euro al mese.
Netti.
L'aumento è automatico, nel senso che scatta con gli aumenti (parimenti automatici) gratificati alla magistratura.
Ma alla Camera, vista l'aria che tira, hanno almeno soprasseduto.
Al Senato no: lì, c'è Bertinotti.
E' la prova che ciò che si chiama «sinistra» oggi non è altro che il corpo sociale dei miliardari di Stato, l'oligarchia dei parassiti pubblici.
Seconda notizia: la magistratura ha messo in libertà lo zingaro (pardon: rom) che guidando ubriaco, ad aprile ad Ascoli, ha ammazzato quattro passanti.
Cinque mesi per una strage.
I giudici dicono: non si poteva tenerlo in galera di più, in attesa di giudizio.
Tanto più che «collaborava», infatti ha confessato anche una tentata rapina.
Del resto, l'hanno mandato agli arresti domiciliari.
Che significato abbiano arresti «domiciliari» per un nomade in roulotte, è facile capire: hanno reso il delinquente introvabile uccel di bosco.
Più di quei cinque mesi, non pagherà.
Un cittadini obietta, mite, che la magistratura pare usare due pesi e due misure: dopotutto, ha comminato due anni e mezzo a quel cittadino esasperato che ha sciolto gli ormeggi del panfilo di Della Valle, dove dormiva beato Mastella.
Due anni e mezzo.
Interviene un altro cittadino (dell'Ulivo) e protesta: basta con questa antipolitica!

Le due situazioni sono diverse: il rom non è stato ancora giudicato, certamente i giudici gli infliggeranno - dopo processo - molti più anni che al cittadino anti-Mastella.
Così non si fa che alimentare il qualunquismo.
Il giornalista (di La Repubblica) gli dà ragione.
Invece il cittadino non-qualunquista ha torto marcio.
Il cittadino che ha sciolto gli ormeggi è stato giudicato per direttissima.
Quanto al rom stragista, i giudici non hanno trovato il tempo, in cinque mesi, di mandarlo al processo.
Qui, niente direttissima.
E' evidente cosa la magistratura - la magistratura come casta, come burocrazia inadempiente - considera «allarme sociale»: non lo zingaro ubriaco che ammazza comuni cittadini (cioè noi), ma il cittadino che turba il sonno di Mastella con un dispettuccio.
Per quello la punizione deve essere rapida ed esemplare, fino alla giustizia sommaria.
Per lo zingaro no, si può aspettare.
Fino a far decorrere i termini per incuria.
I crimini contro i cittadini sono lasciati impuniti.
Le mancanze di rispetto contro la Casta, sono ferocemente represse.
I due episodi vanno letti insieme, perchè sono fenomeni della stessa classe parassitaria, ne rivelano la mentalità, e il disprezzo con cui ci tratta.
Un' imprenditrice che, per subentrare al padre nella titolarità della piccola azienda, deve produrre documenti bollati per 27 chili - là dove basterebbe una auto-dichiarazione alla Camera di Commercio - conferma la mentalità della casta ancora più chiaramente: per costoro, il nemico è il cittadino normale intento a normali legittime occupazioni.
E' quello che va messo sotto asfissiante controllo dai molteplici enti burocratici pubblici che si occupano di lui; è quello ad essere sospetto in ogni sua azione, e che deve provare ad ogni passo le sue buone intenzioni.
Il rom criminale omicida, invece, dalla casta è ritenuto degno di fiducia.

Lì, nessun controllo: vada agli arresti «domiciliari» nel camper, poi si ripresenti, fra un paio d'anni, a giudizio.
La burocrazia inadempiente non ha nemmeno la coscienza che la sua esistenza (costosissima) si legittima con l'agevolare le attività economiche produttive: è lì, invece, per ostacolarle, tassarle, controllarle in modo schiacciante.
Nella sua stupidità, è disposta a strozzare l'oca dalle uova d'oro, da cui dipendono infine i suoi emolumenti miliardari.
Quel che interessa al corpo che si proclama «servizio pubblico» è mettere il cittadino al proprio servizio: provi lui che è onesto, produca i documenti, le carte (bollate, ossia tassate) per dimostrare che ha diritto di agire.
Ciò dice che una sola è la battaglia politica urgente, che la gente che spera in Beppe Grillo deve tenersi fissa in testa: detto brutalmente, la lotta di coloro che i soldi all'erario li versano, contro coloro che i soldi dall'erario li prendono.
E' molto semplice.
Il rischio è che la protesta civile - degnissima - si sgrani in richieste secondare, ecologiste (Pecoraro Scanio è già lì a sfregarsi le mani), e faccia perdere di vista la battaglia primaria e preliminare.
Ma già vedete come reagiscono: che vuole questo Grillo, disturba, eccone un altro a volersi far eleggere.
Non c'è più posto, non ci sono più soldi, sono tutti nostri.
Tutti a proclamare: non ci può essere democrazia senza partiti!
Senza partiti, solo la dittatura!
Fascisti! .
Mica solo a «sinistra», naturalmente.
Berlusconi è irritatissimo: stava già confezionando la sua tribuna artificiale, la Brambilla, ed ecco arriva questo Grillo a disturbare.

La Lega (cadavere vivente) è ancora più allarmata: questo ci toglie il monopolio della protesta qualunquista, ci ruba spazio sui TG mentre versiamo l'ampolla padana.
Eppure ci sono dei senatori leghisti: ma non hanno protestato per l'aumento di 200 euro, mica l'hanno rifiutato (demagoghi per un giorno), manco se ne sono accorti.
Il loro qualunquismo ha dei chiari limiti.
Nello stesso tempo, la Lega ha ridimensionato La Padania - costa troppo, bisogna risparmiare, i 4 miliardi annui di sostegno pubblico non bastano - e perciò hanno licenziato 11 giornalisti.
I più bravi, ossia i più indipendenti (gli yes-men sono stati assorbiti dal partito cadavere, con stipendio).
Anzi, peggio che licenziato: li hanno messi in cassa integrazione a 900 euro mensili, così non hanno nemmeno la liquidazione (mi correggo: la liquidazione non c'è più per nessuno, si sono incamerati anche il TFR, è una loro «riforma»).
La Lega ha voluto un giornale che non si vende, ma a pagare non è la Lega - partito che, come tutte le cose inutili, durerà in eterno - ma i giornalisti che hanno dovuto fare un giornale sbagliato.
Mica facile, dopo essere stati magari per dieci anni a lavorare per La Padania, trovare lavoro in altro giornale: sei bollato.
Hai dato al partito-cadavere anche la tua credibilità professionale, e lui l'ha sm… di m… di maiale, alla Calderoli.
La Lega è la Casta, non c'è differenza: noi 15 mila euro, voi 900.
Ecco tutto: semplicissima la lotta da fare, senza perdersi in rivoli secondari.
Un lettore mi racconta la comparsata di Prodi da Bruno Vespa.
Io me la sono risparmiata: Vespa è un altro della casta, la TV di Stato lo paga una serqua di miliardi, pari a 3.287 euro l'ora.
Per quali qualità è pagato Vespa?
Perchè è ben «posizionato».
Rendita di posizione, come tutti loro.
Miliardario pubblico.
Parassita.
Al sicuro da ogni sciagura, di quelle che subiscono i colleghi de La Padania.
C'è un modo di essere «giornalisti» che rende miliardi.
Un altro che porta alla Cassa integrazione a 900 euro.

Ebbene: da Vespa, Prodi beato e arrogante ci ha insultato tutti.
Contro il «popolo di Grillo», ha detto: «Attenzione, la società italiana non è meglio dei politici. Guardate i recenti concorsi nelle università».
Doppio, triplo insulto.
Anzitutto, perchè sono appunto le istituzioni corrotte che corrompono il popolo: il cittadino deve diventare «cliente» delle loro clientele, altrimenti non fa carriera e non trova lavoro; manco trova un banco all'università.
E le istituzioni le hanno corrotte loro.
Inoltre, la gente che dà fiducia a Grillo - dopo essere stata ripetutamente tradita da altri - è, almeno in via di principio, proprio quella società che paga le tasse e che non ne ha benefici. Quella che il servizio pubblico ha messo al proprio servizio, come una torma di schiavi.
Se non è «migliore dei politici», aspira ad esserne migliore.
Non chiede favori clientelari, ma che altri non ne approfittino: chiede insomma l'uguaglianza di fronte alla legge, un minimo di sanità nella «democrazia».
Il terzo insulto è il peggiore.
E' come sentirsi fare l'occhiolino da uno sfruttatore di prostitute: ma va là che non sei meglio di me, anche a te piacciono le pollastrelle...
O il rom liberato che ci dice, strizzando l'occhio: ma dài, anche a te piace bere...
Ciò è ripugnante.
Sotto sotto, c'è l'invito vergognoso: non fateci la morale, venite invece nelle nostre clientele, profittate della greppia, ci sono ancora delle briciole per voi.
Guardate il rom, è libero.
Guardate il cittadino che ha sciolto il panfilo a Mastella: s'è beccato due anni e mezzo.
Siate disonesti, conviene anche a voi.
Che rispondere a chi ti strizza l'occhio così?
L'impulso è ricorrere alla violenza: del resto, una politica seria sa che al fondo c'è sempre la violenza.
La violenza deve essere «ultima ratio», ma quando l'oppressione di un'oligarchia delinquenziale giunge a certi punti, cacciarla con la forza diventa un dovere.
Anzitutto verso se stessi.

Il punto è che la Casta ha il monopolio della violenza.
Per di più, «legale».
Ha al suo servizio mezzo milione di poliziotti, carabinieri, finanzieri, e tutti i giudici.
Non ci mette niente a schiacciarci.
Questo ci dovrebbe dire come la battaglia in cui la gente che segue Grillo s'è messa sia pericolosa, fatale.
Bisognerebbe almeno guadagnarsi i tutori dell'ordine.
Ai finanzieri: il senatore a vita vi manda a comprare la cocaina, vi ha reso suoi servi, vi disonora. Vi conviene?
Ai carabinieri e ai PS: quante volte dovrete riarrestare il rom pluriomicida, reso uccel di bosco dalla «giustizia», a rischio della vostra vita?
Magistrati imberbi, ideologici, insindacabili e ben pagati vi umiliano, vanificano ogni giorno il vostro lavoro difficile, per una paga che è meno della metà di quello che danno a Vespa per un'ora.
Dove sta la giustizia che avete giurato di difendere?

20 settembre 2007

Giudici militari: i nuovi fannulloni?


Stavo leggendo il corriere.it quando mi imbatto in una notizia che mi colpisce.
Non tutti i giornalisti sono servi dei poteri forti, poi quando ho letto la firma ho pensato subito a DonChischiotte. Una persona che stimo ed apprezzo quindi un nuovo capitolo della Casta. Il titolo forse è eccessivo ma possiamo permetterci di tenere distinte con la stessa professionalità (1378/28 = 50 volte) e utilizzati in modo tanto diverso?


Stremati da dieci settimane di pausa estiva, che per consuetudine comincia intorno al 10 luglio e si trascina fino all'ultima decade di settembre, i magistrati militari hanno deciso di tuffarsi di nuovo nel lavoro con un convegno internazionale. Nella bellissima Toledo. Dove, per attrezzarsi ad affrontare al meglio i mesi finali dell'anno quando sono attesi a volte perfino da tre udienze al mese (tre al mese!), sbarcano oggi in trentadue: un terzo di tutti i giudici con le stellette italiani. Perché mandare una delegazione di due o tre persone se tanto paga lo Stato?
Va da sé che, con questi precedenti, i giudici con le stellette hanno deciso che non era proprio il caso di fare gli sparagnini. E appena hanno saputo che nell'antica capitale della Castiglia organizzavano un congresso internazionale, si sono dati da fare. Certo, il tema del simposio («La legge criminale tra guerra e pace: giustizia e cooperazione in materie criminali negli interventi internazionali militari») non è una leccornia. Ma Toledo è Toledo. L'Alcazar! Il fondaco dell'Alhóndiga! Il Castillo de San Servando! La Plaza de Zocodover! La casa e i quadri del Greco tra cui la celebre «sepoltura del conte di Orgaz»! Fatto sta che la delibera del 5 giugno scorso era assai invitante: le spese del convegno (350 euro a testa, compresi il materiale didattico e i pasti all'Accademia di Fanteria), più le spese di viaggio e pernottamento, più il «trattamento di missione internazionale», più una indennità forfettaria giornaliera di un'ottantina di euro erano infatti a carico del ministero.
Un salasso? Ma no, avrebbe risposto la successiva delibera del 3 luglio.

Nonostante Padoa Schioppa stia sempre lì a pianger miseria, diceva il documento, «sono state individuate disponibilità finanziarie che consentono di coprire la spesa per la partecipazione al predetto congresso di tutti i magistrati richiedenti». Tutti? Crepi l'avarizia: tutti. Cioè 32. Tra i quali l'unico (unico) invitato come relatore, Antonino Intelisano. Vi chiederete: costi a parte, come farà la Giustizia militare a reggere per ben tre giorni senza un terzo dei suoi pilastri, dato che i giudici, da Vipiteno a Lampedusa, sono 103? Rassicuratevi: reggerà. Anche quando presidiano il loro posto di lavoro, infatti, non è che i nostri siano sommersi da cataste di fascicoli come i colleghi della magistratura ordinaria. Anzi.

I giudici della Procura Generale Militare presso la Cassazione, per dire, hanno dovuto sobbarcarsi nel 2006 (assistiti da 35 dipendenti vari, per circa metà militari e circa metà civili) sei udienze: una ogni due mesi, da spartire in quattro. I tre del Tribunale di Sorveglianza militare, che contano su 32 assistenti a vario titolo e hanno competenza sull'unico carcere militare rimasto aperto, quello casertano di Santa Maria Capua a Vetere do ve sono recluse solo persone in divisa condannate dalla giustizia ordinaria per reati ordinari, hanno un solo detenuto militare per reati militari: Erich Priebke, condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine.
Quanto ai dati complessivi, lasciano di sasso: i 79 magistrati «con le stellette» (in realtà non le portano per niente: sono giudici come gli altri solo che hanno scelto una carriera parallela) addetti ai nove tribunali sparsi per la penisola (Roma, La Spezia, Torino, Verona, Padova, Napoli, Bari, Cagliari e Palermo) e i loro 17 colleghi delle tre corti d'Appello (Roma, Napoli e Verona) sono chiamati infatti a lavorare sempre di meno. Al punto che nel 2006 hanno emesso, tutti insieme, un migliaio di sentenze su temi spesso irrilevanti se non ridicoli: circa 300 in meno dei verdetti penali (poi ci sono i civili) di un tribunale ordinario minore come quello di Bassano del Grappa.
Un esempio di carico di lavoro? Il presidente della Corte Militare d'Appello di Roma, Vito Nicolò Diana, quando dirigeva la sezione distaccata di Verona (dal 1992 a poco fa) aveva ottenuto non solo un alloggio di servizio nel cuore del centro storico della città scaligera (aiuto concesso solo ai militari che guadagnano stipendi assai minori) ma perfino il permesso di abitare nella capitale, in riva non all'Adige ma al Tevere. Insomma, una situazione assurda. Tanto che, dopo la prima denuncia del Corriere, i ministri della Difesa e della Giustizia, Clemente Mastella e Arturo Parisi, avevano scritto al giornale convenendo che si trattava d'un quadro «inaccettabile» e assicurando che «nel quadro del disegno di legge relativo alla riforma dell'Ordinamento Giudiziario» già approvato dal Consiglio dei ministri, erano stati decisi tagli drastici, «riducendo il numero complessivo degli Uffici Giudiziari Militari, giudicanti e requirenti, di ben due terzi: cioè da 12 a 4 (3 Tribunali e un'unica Corte d'Appello, senza Sezioni distaccate)». Bastarono tre giorni, però, perché il progetto venisse stralciato e quei buoni propositi fossero abbattuti come birilli dal vento delle proteste corporative.
Adesso, «per capire », vorrebbero fare una commissione di studio. La terza, dopo quella del 1992 varata dal ministro della Difesa Salvo Andò e quella del 2003/2004 presieduta dal procuratore generale Giuseppe Scandina. Nel frattempo la quota dei magistrati con le stellette che hanno tempo in abbondanza per gli incarichi extragiudiziari è salita al 36%, contro il 3% dei giudici ordinari. E il lavoro degli uffici, grazie a tutte le cose che sono cambiate a partire dall'abolizione del servizio di leva obbligatorio, ha continuato a calare, calare, calare. Fino a dimezzarsi quest'anno rispetto perfino al 2006. Benedetto Roberti, uno dei giudici che con Sergio Dini e pochi altri invoca da anni una riforma, ricorda che nel 1997, quando faceva il Gup a Torino, arrivò da solo a 1.375 sentenze. Sapete quante ne ha emesse quest'anno il giudice che fa quello stesso lavoro? Tenetevi forte: 28.
Gian Antonio Stella

19 settembre 2007

Mazza: Il Disinformatore di stato.



Il direttore della Tv di Stato pagato dal nostro canone si esibisce, oggi, con toni dai più ritenuti eccessivi, contro Beppe Grillo. Con premeditazione prende il suo editoriale e, invece di fare informazione, è pagato per quello, prende la pistola e spara verso il comico genovese.
“Cosa accadrebbe se un mattino, un brutto mattino, qualcuno, ascoltati quegli insulti, quelle male parole contro Tizio o contro Caio, premesse un grilletto all'improvviso?"
Lui, lo ha già fatto e, come può una persona usare il suo status per accusare o sparare verso qualcuno? Risposta. Esistono persone che sono intoccabili, impunibili ed onnipotenti e fanno parte della Casta.
Ho aperto questo sito da circa un anno solo perché disgustato dalle informazione che i vari mazza e fede stanno propinando. Disinformazione su argomenti importanti quali signoraggio, rete4 ed altri mentre una tambureggiante informazione sulla cronaca di delitti ed omicidi eccellenti.
Dov’è l’informazione che dichiara rete4 illegittima?
Dov’è l’informazione che dichiara l’eldorado dei parlamentari?
Dov’è l’informazione sugli aiuti di stato ai giornali e paragiornali?
Dov’è l’informazione sulla frode da 98 miliardi di euro ai monopoli di stato?
Dov’è l’informazione sul grand’uomo di Draghi mentre la sua banca sottrae 4 miliardi di euro allo stato?
Ma piuttosto dov’era quando si decideva la linea editoriale fondato tutto sul sensazionalismo, catastrofismo e porcate quali carestie e virus sconosciuti?
Il suo posto è stato imposto dalla politica e, quindi, risponde solo alla politica ma, vada a farlo in un canale dove denaro e interessi si coniugano con male e banche.
Se nessuno non gli fa presente il suo compito è bene che si dia una regolata e faccia un telegiornale per informare la gente sulle mille domande giornaliere che non fanno.

Io, che ho partecipato alla manifestazione( la prima!),laureato ed incensurato, non terrorista, non ho mai pensato di usare violenza e, mi ritrovo accusato di qualunquismo, ma da quale pulpito? L’aria che si sta respirando ha iniziato a spezzare le catene che la Casta ha confezionato con molta cura.
Un solco che si sta allargando giorno per giorno ma, fino a quando?
Chi fermerà la marea umana di richieste serie e legittime?
Il sistema ha iniziato il conto alla rovescia e, menti consapevoli stanno costruendo la nuova Arca della Santa Alleanza.

ps.link
disinformazione fede
disinformazione tg
Sabina Guzzanti sull'informazione dei Tg

18 settembre 2007

Gli aumenti automatici dei politici. Perchè?


Oggi le news battono vicende quotidiane come due pesi e due misure vengono fatte quotidianamente fra i cittadini e la casta.
Cose che si ripetono quotidianamente anche se i giornalisti non sono così sensibili a cogliere queste sfumature. Blondet, traccia con lucidità gli schieramenti che si fronteggiano e le corporazioni e caste che approfittano di questo sciagurato momento storico. Ma, il petrolio, i mutui, Grillo sono leve per sollevare un macigno che se inizia a rotolare può travolgere tutto questo sistema fondato su menzogne, caste e aridità sia culturale che intellettuale.

Uno vorrebbe parlare d'altro, ma non si può.
Ci tocca fare i blogghisti. Ci tocca incanaglirci, per colpa loro.
Due notizie da rassegna-stampa mattutina.
La prima: i senatori hanno ricevuto un ulteriore aumento automatico di 200 euro mensili.
Molti dicono di non essersene accorti: ovvio, 200 euro possono sfuggire su un emolumento che, con gli ammenicoli, giunge a 15 mila euro al mese.
Netti.
L'aumento è automatico, nel senso che scatta con gli aumenti (parimenti automatici) gratificati alla magistratura.
Ma alla Camera, vista l'aria che tira, hanno almeno soprasseduto.
Al Senato no: lì, c'è Bertinotti.
E' la prova che ciò che si chiama «sinistra» oggi non è altro che il corpo sociale dei miliardari di Stato, l'oligarchia dei parassiti pubblici.
Seconda notizia: la magistratura ha messo in libertà lo zingaro (pardon: rom) che guidando ubriaco, ad aprile ad Ascoli, ha ammazzato quattro passanti.
Cinque mesi per una strage.
I giudici dicono: non si poteva tenerlo in galera di più, in attesa di giudizio.
Tanto più che «collaborava», infatti ha confessato anche una tentata rapina.
Del resto, l'hanno mandato agli arresti domiciliari.
Che significato abbiano arresti «domiciliari» per un nomade in roulotte, è facile capire: hanno reso il delinquente introvabile uccel di bosco.
Più di quei cinque mesi, non pagherà.
Un cittadini obietta, mite, che la magistratura pare usare due pesi e due misure: dopotutto, ha comminato due anni e mezzo a quel cittadino esasperato che ha sciolto gli ormeggi del panfilo di Della Valle, dove dormiva beato Mastella.
Due anni e mezzo.
Interviene un altro cittadino (dell'Ulivo) e protesta: basta con questa antipolitica!

Le due situazioni sono diverse: il rom non è stato ancora giudicato, certamente i giudici gli infliggeranno - dopo processo - molti più anni che al cittadino anti-Mastella.
Così non si fa che alimentare il qualunquismo.
Il giornalista (di La Repubblica) gli dà ragione.
Invece il cittadino non-qualunquista ha torto marcio.
Il cittadino che ha sciolto gli ormeggi è stato giudicato per direttissima.
Quanto al rom stragista, i giudici non hanno trovato il tempo, in cinque mesi, di mandarlo al processo.
Qui, niente direttissima.
E' evidente cosa la magistratura - la magistratura come casta, come burocrazia inadempiente - considera «allarme sociale»: non lo zingaro ubriaco che ammazza comuni cittadini (cioè noi), ma il cittadino che turba il sonno di Mastella con un dispettuccio.
Per quello la punizione deve essere rapida ed esemplare, fino alla giustizia sommaria.
Per lo zingaro no, si può aspettare.
Fino a far decorrere i termini per incuria.
I crimini contro i cittadini sono lasciati impuniti.
Le mancanze di rispetto contro la Casta, sono ferocemente represse.
I due episodi vanno letti insieme, perchè sono fenomeni della stessa classe parassitaria, ne rivelano la mentalità, e il disprezzo con cui ci tratta.
Un' imprenditrice che, per subentrare al padre nella titolarità della piccola azienda, deve produrre documenti bollati per 27 chili - là dove basterebbe una auto-dichiarazione alla Camera di Commercio - conferma la mentalità della casta ancora più chiaramente: per costoro, il nemico è il cittadino normale intento a normali legittime occupazioni.
E' quello che va messo sotto asfissiante controllo dai molteplici enti burocratici pubblici che si occupano di lui; è quello ad essere sospetto in ogni sua azione, e che deve provare ad ogni passo le sue buone intenzioni.
Il rom criminale omicida, invece, dalla casta è ritenuto degno di fiducia.

Lì, nessun controllo: vada agli arresti «domiciliari» nel camper, poi si ripresenti, fra un paio d'anni, a giudizio.
La burocrazia inadempiente non ha nemmeno la coscienza che la sua esistenza (costosissima) si legittima con l'agevolare le attività economiche produttive: è lì, invece, per ostacolarle, tassarle, controllarle in modo schiacciante.
Nella sua stupidità, è disposta a strozzare l'oca dalle uova d'oro, da cui dipendono infine i suoi emolumenti miliardari.
Quel che interessa al corpo che si proclama «servizio pubblico» è mettere il cittadino al proprio servizio: provi lui che è onesto, produca i documenti, le carte (bollate, ossia tassate) per dimostrare che ha diritto di agire.
Ciò dice che una sola è la battaglia politica urgente, che la gente che spera in Beppe Grillo deve tenersi fissa in testa: detto brutalmente, la lotta di coloro che i soldi all'erario li versano, contro coloro che i soldi dall'erario li prendono.
E' molto semplice.
Il rischio è che la protesta civile - degnissima - si sgrani in richieste secondare, ecologiste (Pecoraro Scanio è già lì a sfregarsi le mani), e faccia perdere di vista la battaglia primaria e preliminare.
Ma già vedete come reagiscono: che vuole questo Grillo, disturba, eccone un altro a volersi far eleggere.
Non c'è più posto, non ci sono più soldi, sono tutti nostri.
Tutti a proclamare: non ci può essere democrazia senza partiti!
Senza partiti, solo la dittatura!
Fascisti! .
Mica solo a «sinistra», naturalmente.
Berlusconi è irritatissimo: stava già confezionando la sua tribuna artificiale, la Brambilla, ed ecco arriva questo Grillo a disturbare.

La Lega (cadavere vivente) è ancora più allarmata: questo ci toglie il monopolio della protesta qualunquista, ci ruba spazio sui TG mentre versiamo l'ampolla padana.
Eppure ci sono dei senatori leghisti: ma non hanno protestato per l'aumento di 200 euro, mica l'hanno rifiutato (demagoghi per un giorno), manco se ne sono accorti.
Il loro qualunquismo ha dei chiari limiti.
Nello stesso tempo, la Lega ha ridimensionato La Padania - costa troppo, bisogna risparmiare, i 4 miliardi annui di sostegno pubblico non bastano - e perciò hanno licenziato 11 giornalisti.
I più bravi, ossia i più indipendenti (gli yes-men sono stati assorbiti dal partito cadavere, con stipendio).
Anzi, peggio che licenziato: li hanno messi in cassa integrazione a 900 euro mensili, così non hanno nemmeno la liquidazione (mi correggo: la liquidazione non c'è più per nessuno, si sono incamerati anche il TFR, è una loro «riforma»).
La Lega ha voluto un giornale che non si vende, ma a pagare non è la Lega - partito che, come tutte le cose inutili, durerà in eterno - ma i giornalisti che hanno dovuto fare un giornale sbagliato.
Mica facile, dopo essere stati magari per dieci anni a lavorare per La Padania, trovare lavoro in altro giornale: sei bollato.
Hai dato al partito-cadavere anche la tua credibilità professionale, e lui l'ha sm… di m… di maiale, alla Calderoli.
La Lega è la Casta, non c'è differenza: noi 15 mila euro, voi 900.
Ecco tutto: semplicissima la lotta da fare, senza perdersi in rivoli secondari.
Un lettore mi racconta la comparsata di Prodi da Bruno Vespa.
Io me la sono risparmiata: Vespa è un altro della casta, la TV di Stato lo paga una serqua di miliardi, pari a 3.287 euro l'ora.
Per quali qualità è pagato Vespa?
Perchè è ben «posizionato».
Rendita di posizione, come tutti loro.
Miliardario pubblico.
Parassita.
Al sicuro da ogni sciagura, di quelle che subiscono i colleghi de La Padania.
C'è un modo di essere «giornalisti» che rende miliardi.
Un altro che porta alla Cassa integrazione a 900 euro.

Ebbene: da Vespa, Prodi beato e arrogante ci ha insultato tutti.
Contro il «popolo di Grillo», ha detto: «Attenzione, la società italiana non è meglio dei politici. Guardate i recenti concorsi nelle università».
Doppio, triplo insulto.
Anzitutto, perchè sono appunto le istituzioni corrotte che corrompono il popolo: il cittadino deve diventare «cliente» delle loro clientele, altrimenti non fa carriera e non trova lavoro; manco trova un banco all'università.
E le istituzioni le hanno corrotte loro.
Inoltre, la gente che dà fiducia a Grillo - dopo essere stata ripetutamente tradita da altri - è, almeno in via di principio, proprio quella società che paga le tasse e che non ne ha benefici. Quella che il servizio pubblico ha messo al proprio servizio, come una torma di schiavi.
Se non è «migliore dei politici», aspira ad esserne migliore.
Non chiede favori clientelari, ma che altri non ne approfittino: chiede insomma l'uguaglianza di fronte alla legge, un minimo di sanità nella «democrazia».
Il terzo insulto è il peggiore.
E' come sentirsi fare l'occhiolino da uno sfruttatore di prostitute: ma va là che non sei meglio di me, anche a te piacciono le pollastrelle...
O il rom liberato che ci dice, strizzando l'occhio: ma dài, anche a te piace bere...
Ciò è ripugnante.
Sotto sotto, c'è l'invito vergognoso: non fateci la morale, venite invece nelle nostre clientele, profittate della greppia, ci sono ancora delle briciole per voi.
Guardate il rom, è libero.
Guardate il cittadino che ha sciolto il panfilo a Mastella: s'è beccato due anni e mezzo.
Siate disonesti, conviene anche a voi.
Che rispondere a chi ti strizza l'occhio così?
L'impulso è ricorrere alla violenza: del resto, una politica seria sa che al fondo c'è sempre la violenza.
La violenza deve essere «ultima ratio», ma quando l'oppressione di un'oligarchia delinquenziale giunge a certi punti, cacciarla con la forza diventa un dovere.
Anzitutto verso se stessi.

Il punto è che la Casta ha il monopolio della violenza.
Per di più, «legale».
Ha al suo servizio mezzo milione di poliziotti, carabinieri, finanzieri, e tutti i giudici.
Non ci mette niente a schiacciarci.
Questo ci dovrebbe dire come la battaglia in cui la gente che segue Grillo s'è messa sia pericolosa, fatale.
Bisognerebbe almeno guadagnarsi i tutori dell'ordine.
Ai finanzieri: il senatore a vita vi manda a comprare la cocaina, vi ha reso suoi servi, vi disonora. Vi conviene?
Ai carabinieri e ai PS: quante volte dovrete riarrestare il rom pluriomicida, reso uccel di bosco dalla «giustizia», a rischio della vostra vita?
Magistrati imberbi, ideologici, insindacabili e ben pagati vi umiliano, vanificano ogni giorno il vostro lavoro difficile, per una paga che è meno della metà di quello che danno a Vespa per un'ora.
Dove sta la giustizia che avete giurato di difendere?