14 luglio 2008

Tutti i segnali della crisi


Quanto detto da Maria Turchetto sull'origine dell’impennata generalizzata dei prezzi - che ha spinto la BCE ad optare per un ulteriore incremento dei tassi di uno 0,25% - comprova il gioco a “nascondino” fatto dai banchieri centrali europei e dai loro “parasubordinati” nostrani (come il governatore della Banca d’Italia Draghi) i quali stanno occultando, ai popoli del continente, le reali responsabilità della crisi in atto.


La maggior parte dei provvedimenti adottati dalla Bce sono soluzioni di comodo e di puro galleggiamento, volte a coprire le spalle ai saprofiti bancari che, a causa delle innumerevoli scorribande speculative degli ultimi anni, hanno provocato lo squilibrio di tutto il sistema finanziario. L’attestazione lapalissiana di tale stato di fatto sta nel grado di sospetto che le stesse banche nutrono tra loro, tanto che hanno praticamente smesso di prestarsi i soldi, nonostante si affannino a richiamare gli “altri” alla tranquillità e alla certezza che il peggio sarebbe finalmente passato. L’indice che testimonia della malafede delle banche (se tra consimili c’è inequivocabile sfiducia non vedo perché noi dovremmo essere più disposti alla credenza!) è il tasso interbancario (cioè il tasso al quale queste sono disposte a prestarsi denaro reciprocamente), vero e proprio termometro dello stato di salute della finanza che, in questo periodo, fa segnare costantemente una “febbre” da liquidità.


Se il tasso interbancario continua a salire significa che gli operatori del settore hanno ben presente la portata della crisi. Ciò implica che le dichiarazioni rilasciate dagli esperti per rassicurare le piazze - ampiamente supportati nelle loro menzogne dal coro pappagallesco degli organismi europei e nazionali (appunto Bce e Banche centrali nazionali) - non trovano riscontro nei comportamenti effettivi che le banche intrattengono tra loro. Di fatti, il tasso interbancario in Europa (Euribor) ha raggiunto un livello di discrepanza con i tassi ufficiali, come non si vedeva da 10 anni a questa parte. Con il tasso portato dalla BCE al 4,25% l’Euribor è schizzato al 5,39%, con un differenziale dell’1,14%. Se si tiene conto che, in periodi di “normalità” finanziaria, questo gap non va oltre lo 0,3%-0,5%, si comprende bene su quale bomba ad orologeria le banche sanno di essere sedute.


Ma i nostri illustri Trichet e Draghi continuano a ribadire che la preoccupazione principale riguarda l’inflazione e la crescita dei salari, nel tenativo maldestro di aggirare le questioni strutturali dalle quali la crisi prende corpo.


Lorsignori sono stati capaci di cambiare idea nel giro di qualche giorno (prima Draghi, si era detto certo che la crisi dei mutui avesse ormai raggiunto il suo picco salvo affermare, qualche giorno appresso, che la situazione sui mercati finanziari era invece “improvvisamente” peggiorata) facendo crescere i sospetti sulla validità degli strumenti di cui si servono per tamponare l’emorragia in corso. Verrebbe da dire “ci sono o ci fanno”? Ormai anche l’uomo comune percepisce che vi è una navigazione a vista di fronte a tali problemi, ma non dobbiamo farci trarre in inganno. L'ipotesi più valida e realistica resta quella del “depistaggio”, con l’obiettivo di favorire quelle banche (quasi tutte) che hanno operato disinvoltamente con i subprime e con le scommesse sul rialzo dei prezzi del petrolio e dei beni alimentari. In questo gioco al raggiro, i banchieri si fanno assistere dalle classi politiche nazionali, le quali non perdono occasione per approvare i discorsi arzigogolati dei fantomatici tecnici. Così il provvedimento più scontato da prendere (quello di scuola, tanto per intenderci), era proprio l’innalzamento dei tassi, la qual cosa non avrà però alcun effetto sull’inflazione, come enuncia giustamente la Turchetto, essendo la stessa non determinata dalla domanda superiore all’offerta o dalla ricorsa prezzi-salari (dando valore anche a ciò che diceva Marx, ovvero che il più delle volte l’aumentare del salario è una conseguenza del rialzo del prezzo delle merci e non viceversa, Il Capitale Libro II, sez. II).


Ma il continuo innalzamento dei tassi provocherà ben altri disagi e questi cominciano a stagliarsi all’orizzonte sotto forma di stagflazione (economia che non cresce e consumi che si riducono); in altri termini siamo in presenza di un pericolo totalmente opposto a quello spacciato da Trichet & compagnia europea.


Qualcuno ipotizza che un nuovo ’29 sia ormai alle porte poiché sussisterebbe una coincidenza, di non poco conto, tra i fattori economici che scatenarono quella crisi ed elementi in ballo in quella attuale.


Nel ’29 il crollo improvviso dell’economia americana (nonchè delle principali economie europee) fu determinato, come affermato da Galbraith (Il Grande crollo), dalla concomitanza di cinque cause di debolezza strutturale: distribuzione del reddito, struttura del sistema finanziario, struttura del sistema bancario, eccesso di speculazione, decisioni inadeguate di politica economica. Senza entrare nella specificità di ognuno di questi fattori, possiamo dire che, anche ora, si tratta di quelli maggiormente implicati nella crisi, con l’aggravio dell’aumento dei prezzi del petrolio e dei cereali. I paesi produttori continuano a ripetere che la produzione del greggio non può essere spinta oltre i livelli raggiunti e che, comunque, questa copre abbondantemente la domanda. Peraltro, la speculazione non sembra arrestarsi e il gigante energetico Gazprom prevede che, a questi ritmi, presto il barile arriverà a toccare i 250 dollari. Se le cose stanno realmente come avanzato vuol dire che è la speculazione il vero dato sul quale bisogna intervenire con una certa urgenza. Tremonti pare averlo capito, i suoi amici del governo molto meno, visto che già si premurano di attenuare la portata della Robin Tax (con la scusa che i petrolieri finirebbero per scaricare gli aggravi economici sui consumatori finali).


Stessa cosa per i cereali. La volatilità dei prezzi delle commodities agroalimentari, dipende, in gran parte, dall’incremento della domanda per i biocarburanti. Più cresce il prezzo del petrolio più aumenta quello dei cereali per produrre bioetanolo a fini palliativi. Il problema è che i cereali sono destinati anche all’alimentazione umana e animale. Per il 2008 la produzione cerealicola mondiale raggiungerà 2.168 milioni di tonnellate ma meno di 1000 milioni saranno destinati ad uso alimentare. Avremo forse un pianeta con meno emissioni di CO2, tuttavia il pane ci costerà maledettamente caro.


La morale della storia è che qualcuno ci sta fregando per coprire gli alti profitti degli speculatori. Che fanno le classi politiche europee di fronte a tutto ciò? Parlano di astrazioni economiche pur di non prendere decisioni di maggiore impatto. Ma badate che quelle analizzate sono solo le motivazioni superficiali della crisi. Sotto di essa covano problemi sistemici che riguardano non solo l'impianto generale dell’economia internazionale, quanto il cambiamento dei rapporti di forza (che generano instabilità) a livello delle differenti aree del pianeta. Non dimentichiamo che dalla crisi del 1929 si uscì grazie alla guerra e all’emersione di una nuova potenza mondiale.


di G. Petrosillo

Fiat : il gioco delle speculazioni





Probabilmente ricorderete le lodi sperticate usate nei confronti della sobrietà di John Elkann, l’ammirazione, tanto da creare un relaity show apposito, per le capacità manageriali di suo fratello Lapo (esclusa qualche piccola scappatella “alternativa”), per non parlare della “magnificenza” decantata di Montezemolo oppure la superiore capacità imprenditoriale di Marchionne!!!


Tanto che il 2007 si chiudeva all’insegna del trionfalismo in casa FIAT, per non parlare dei dati sul primo trimestre 2008: ricavi per 15 miliardi di Euro (miglior primo trimestre della storia); miglioramento degli introiti di circa il 10% su base annua; utile netto di 427 milioni di Euro, il 13,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2007. E doveva ancora uscire la Mito….



Peccato, che ad oggi invece le azioni della FIAT abbiano dimezzato il proprio valore nel corso degli ultimi 12 mesi!!! Come mai? Semplicemente perché i dati dell’ultimo trimestre sono stati disastrosi.


Infatti, i dati sulle immatricolazioni delle auto sono pessimi: nel solo mese di Maggio, secondo le statistiche Anfia-Unrae, sono calate di oltre il 17%, con una flessione della quota di FIAT del 12,6% a 32,67%; inoltre, nello stesso periodo, la raccolta di ordini di auto nuove in Italia ha subito una flessione del 9,5%, attestandosi a 193.000 ordinativi.


Le cose sono peggiorate dopo le dichiarazioni dello stesso Marchionne, il quale, durante la presentazione della Nuova Alfa Mito a Milano, ha dichiarato che “il mercato dell'auto a Giugno è stato disastroso”. Cosa che ha ovviamente scatenato gli speculatori che si sono avventati sul titolo FIAT, facendogli perdere molti punti percentuali, tanto più che è avvenuto in corrispondenza degli arresti negli Stati Uniti, di cui abbiamo parlato in un altro articolo, e all’aumento del prezzo del petrolio. Senza considerare la flessione generale del comparto auto del mercato europeo, che ha fatto segnare una flessione dell'1,51%.


A seguito di queste vicende la Credit Suisse ha emesso un report in cui tagliava il “target price” dell’azienda torinese da 12 a 10 euro, reiterando il giudizio “underperform”. Facendo notare che la FIAT, al momento, è fortemente esposta al mercato spagnolo e italiano (circa il 40% delle vendite) e che corre il rischio di un forte rallentamento sul mercato brasiliano, che rappresenta il 27% delle vendite con margini di redditività molto alti rispetto alle altre case costruttrici(come la Volkswagen).


Come è facilmente intuibile, al momento, chi ha deciso di investire in FIAT, spinto dall’entusiasmo manifestato solo pochi mesi, si trova con forti perdite.



Ma a sorpresa, lo scorso 30 Giugno, lo stesso Marchionne correggeva completamente il tiro. Infatti, ha affermato che i dati delle vendite di Giugno sono il linea con quelli di Maggio e che seppur in un contesto non facile, “la Fiat tiene bene”, tanto da confermare “tutti i target compreso quello di una quota di mercato dell'8% in Europa" anche perchè "l'andamento del gruppo Fiat non sarà condizionato dal trend del mercato italiano", anche perché per quest’anno è previsto un fatturato di circa 64 miliardi di Euro e “l'Italia ne rappresenta una parte piuttosto minima, sia nei ricavi sia di contributo”. Insomma, ottimismo a tutto spiano!!! Tanto che ieri otteneva un guadagno non male (+2,67%) e un report positivo da Morgan Stanley!!!



Trovo piuttosto curioso questo andamento schizofrenico dell’umore in casa FIAT, anzi direi piuttosto sospetto. Enorme euforia per la chiusura dell’anno, quando si tirano le somme per i bilanci, e prima della presentazione del nuovo super-reclamizzato modello di autovettura; delusione e frasi da autogol appena sfornato, e appena vendute le azioni; nuovo entusiasmo appena passata la speculazione! Come diceva un navigato politico della prima repubblica, e attuale Senatore a vita: “ a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”.


Anche perché alcune considerazioni sono obbligatorie. Intanto, gli insuccessi dei mesi appena trascorsi sono stati giustificati con l’aumento del petrolio, il calo delle vendite del comparto auto, la crisi generale dei consumi, ecc. Insomma, tutti dati noti da tempo a tutti e quindi facilmente prevedibili.


Ma anche l’entusiasmo che viene attualmente manifestato dai vertici industriali, lascia qualche perplessità. Intanto perché gli stessi analisti hanno previsto stime ridotte per il mercato dell’auto sia per tutto il 2008 che anche per il 2009, sia per il calo generale dei consumi, ma soprattutto per il costo del petrolio destinato ad aumentare a seguito della crisi USA-Iran. Poi, guardando a quello che sta succedendo alla General Motors, non c’è da stare allegri. Infatti, per la storica casa statunitense, gli analisti si attendono un declino a due cifre delle vendite, tanto che ha subito un clamoroso calo della quotazione: dal suo record a 93,62 dollari ad azione raggiunto il 24 aprile 2000, agli attuali11,12 dollari alla borsa di New York, un livello mai visto da più di 50 anni; dall’inizio del mese di giugno, il titolo del costruttore ha perso il 35,83%! Si può pensare che la FIAT avrà un percorso diverso? La vedo difficile, basti pensare che le nuove esternazioni di Marchionne non sono riuscite a molto, se non a lenire in minima parte le ferite subite nei giorni precedenti. Anche perché, in Borsa si è convinto che presto si assisterà ad un nuovo default di un importante istituto di credito statunitense, sul genere di quello che colpì la Bear Stearns, con le conseguenze che tutti abbiamo visto.


Ma la mia preoccupazione è un’altra. Siamo proprio sicuri che dietro a tutto questo non ci sia nulla? Per troppi anni in FIAT le cose andavano in un modo ben preciso: gli utili li prendevano gli azionisti, Famiglia Agnelli in testa, mentre i passivi venivano caricati sulle casse dello Stato, cioè le nostre tasche, tramite la cassa integrazione. Non vorrei che Marchionne stesse giocando seguendo le stesse regole dell’Avvocato, con l’aggravante del favorire qualche grosso speculatore finanziario.


di Manuel Zanarini

11 luglio 2008

Sabina Guzzanti e le critiche


Un articolo, una lettera aperta da leggere e, riflettere. Ma come siamo messi? Adesso il dualismo è fra le espressioni, non con il contenuto? Che civiltà è questa? Quella televisiva di nani e veline calza alla perfezione. Ma durerà?

Caro Direttore, per tutti quelli scioccati dalla stampa di questi giorni, voglio rassicurare: non siete impazziti e non sono nemmeno impazziti i giornali. La questione è molto semplice, questo sistema fradicio e corrotto vede nell'eliminazione del dissenso l'unica possibilità di salvezza. Scrive Filippo Ceccarelli su Repubblica in relazione al mio intervento a piazza Navona: «Nulla del genere si era mai visto e ascoltato a memoria di osservatore». Questa cosa, Ceccarelli, si chiama libertà. Non hai mai visto una persona che chiama le cose col suo nome, anche quelle di cui tutti convengono sia assolutamente vietato parlare, come l'ingerenza inaccettabile del Vaticano nella vita politica del Paese e nelle vite private dei cittadini italiani. Caro Ceccarelli, hai fatto un'esperienza straordinaria. Col tempo apprezzerai la fortuna di esserti trovato lì l'8 luglio.

Quello che hanno visto i presenti e gli utenti di internet è una piazza ricolma di gente, che è stata in piedi per tre ore ad ascoltare e ad applaudire entusiasta. Gli interventi più criticati dai media sono quelli che hanno avuto indiscutibilmente più successo. Nel mio intervento, al contrario di quello che tanti bugiardoni hanno scritto, gli applausi più forti sono stati sulle critiche alla politica del Vaticano e le frasi più forti fra quelle sono state applaudite ancora di più. Questa manifestazione è stata il giorno dopo descritta come un fallimento, un errore, un autogol. Stampa e tv hanno tirato fuori il manganello e con i mezzi della diffamazione, della menzogna e dell'insulto stanno cercando di scoraggiare chi ha partecipato, a continuare. Alcune ovvie piccole verità: — A sinistra si lamentano del fallimento della manifestazione quando l'unico elemento di insuccesso è costituito dai loro stessi interventi. Se non avessero parlato in tanti di insuccesso a dispetto dei fatti, la manifestazione sarebbe stata percepita per quello che è stata: un successone. — Berlusconi e i suoi sono furiosi per quanto è accaduto e il sondaggio che direbbe che Berlusconi ci ha guadagnato lo ha visto solo Berlusconi.

Quello che dice potrebbe non essere vero. — L'intenzione di espellere Di Pietro era già evidente da parte del Pd e non è per me e Grillo che i due si sono separati. Pare che Veltroni gli preferisca Casini. Non è una battuta. — Le parlamentari che hanno difeso la Carfagna sostenendo che io in quanto donna non posso attaccare un'altra donna, insultando me sono cadute in contraddizione. — Pari opportunità e Carfagna sono due concetti incompatibili come Previti e giustizia. — È falso che non si possa criticare il presidente della Repubblica. Si può e ci sono buone ragioni per farlo ad esempio impugnando il parere dei cento costituzionalisti sul Lodo Alfano. — È falso che non si possa criticare e attaccare il Papa. Si può e ci sono buone ragioni per farlo. Ho letto un po' dappertutto che il Papa sarebbe una figura super partes. Super partes non è uno che si schiera con tutte le sue forze su ogni tema, dalla scuola ai candidati alle elezioni, alla moda e alla cucina, con interventi spesso molto al di sotto delle parti, cosa su cui anche la Littizzetto, esimia collega, ha efficacemente ironizzato. — La reazione furibonda di tutto il mondo politico alle parole di alcuni liberi pensatori, dimostra che gli interventi fatti sono stati importanti ed efficaci. La repressione dei media rivela la debolezza politica di una classe dirigente che in entrambi i poli è nata a tavolino. Gli unici elementi che hanno una oggettiva radice popolare e sono rappresentati in Parlamento allo stato attuale, sono Lega e Di Pietro.

E crescono. Berlusconi e Pd calano vertiginosamente. — C'è un partito finto, il Pd, nato senza idee, tranne quella di fondere due partiti per ingrandirsi con lo stesso criterio con cui si accorpano le banche per essere più forti. Questo partito votato controvoglia dalla maggioranza dei suoi elettori si è rivelato fin dai primi passi un soggetto politico artificiale, che somiglia più a un «corpo diplomatico» che altro. Molti dei vip che lo hanno sostenuto ora sono colti da attacchi isterici constatando che non sta in piedi. Dall'altra parte ci sono delle idee che vogliono essere rappresentate e discusse. Idee davvero alternative a quelle del centrodestra. La qual cosa, nel momento in cui si cerca di costruire un'alternativa, ha la sua porca importanza e fa sì che queste idee vengano considerate oggettivamente interessanti dall'opinione pubblica. Per quanto riguarda l'annosa questione: «Può un comico fare politica?», si tratta anche qui di una domanda che non esiste in natura. È ovvio e tutti sanno che chiunque parli a un pubblico fa politica. È ovvio che la politica in una democrazia la fanno tutti. Ma la vera domanda che si pone è: può un comico ottenere molto più consenso politico di un politico? Può il discorso di un comico essere molto più politico di quello di un politico? I fatti dicono di sì e tocca abbozzare. Potete anche continuare a menare le mani, ma sarebbe meglio fare uno sforzo di comprensione. D'altra parte parlo per me ma credo anche a nome degli altri, le nostre idee sono lì e si possono usare gratuitamente. Approfittatene.

Sabina Guzzanti

14 luglio 2008

Tutti i segnali della crisi


Quanto detto da Maria Turchetto sull'origine dell’impennata generalizzata dei prezzi - che ha spinto la BCE ad optare per un ulteriore incremento dei tassi di uno 0,25% - comprova il gioco a “nascondino” fatto dai banchieri centrali europei e dai loro “parasubordinati” nostrani (come il governatore della Banca d’Italia Draghi) i quali stanno occultando, ai popoli del continente, le reali responsabilità della crisi in atto.


La maggior parte dei provvedimenti adottati dalla Bce sono soluzioni di comodo e di puro galleggiamento, volte a coprire le spalle ai saprofiti bancari che, a causa delle innumerevoli scorribande speculative degli ultimi anni, hanno provocato lo squilibrio di tutto il sistema finanziario. L’attestazione lapalissiana di tale stato di fatto sta nel grado di sospetto che le stesse banche nutrono tra loro, tanto che hanno praticamente smesso di prestarsi i soldi, nonostante si affannino a richiamare gli “altri” alla tranquillità e alla certezza che il peggio sarebbe finalmente passato. L’indice che testimonia della malafede delle banche (se tra consimili c’è inequivocabile sfiducia non vedo perché noi dovremmo essere più disposti alla credenza!) è il tasso interbancario (cioè il tasso al quale queste sono disposte a prestarsi denaro reciprocamente), vero e proprio termometro dello stato di salute della finanza che, in questo periodo, fa segnare costantemente una “febbre” da liquidità.


Se il tasso interbancario continua a salire significa che gli operatori del settore hanno ben presente la portata della crisi. Ciò implica che le dichiarazioni rilasciate dagli esperti per rassicurare le piazze - ampiamente supportati nelle loro menzogne dal coro pappagallesco degli organismi europei e nazionali (appunto Bce e Banche centrali nazionali) - non trovano riscontro nei comportamenti effettivi che le banche intrattengono tra loro. Di fatti, il tasso interbancario in Europa (Euribor) ha raggiunto un livello di discrepanza con i tassi ufficiali, come non si vedeva da 10 anni a questa parte. Con il tasso portato dalla BCE al 4,25% l’Euribor è schizzato al 5,39%, con un differenziale dell’1,14%. Se si tiene conto che, in periodi di “normalità” finanziaria, questo gap non va oltre lo 0,3%-0,5%, si comprende bene su quale bomba ad orologeria le banche sanno di essere sedute.


Ma i nostri illustri Trichet e Draghi continuano a ribadire che la preoccupazione principale riguarda l’inflazione e la crescita dei salari, nel tenativo maldestro di aggirare le questioni strutturali dalle quali la crisi prende corpo.


Lorsignori sono stati capaci di cambiare idea nel giro di qualche giorno (prima Draghi, si era detto certo che la crisi dei mutui avesse ormai raggiunto il suo picco salvo affermare, qualche giorno appresso, che la situazione sui mercati finanziari era invece “improvvisamente” peggiorata) facendo crescere i sospetti sulla validità degli strumenti di cui si servono per tamponare l’emorragia in corso. Verrebbe da dire “ci sono o ci fanno”? Ormai anche l’uomo comune percepisce che vi è una navigazione a vista di fronte a tali problemi, ma non dobbiamo farci trarre in inganno. L'ipotesi più valida e realistica resta quella del “depistaggio”, con l’obiettivo di favorire quelle banche (quasi tutte) che hanno operato disinvoltamente con i subprime e con le scommesse sul rialzo dei prezzi del petrolio e dei beni alimentari. In questo gioco al raggiro, i banchieri si fanno assistere dalle classi politiche nazionali, le quali non perdono occasione per approvare i discorsi arzigogolati dei fantomatici tecnici. Così il provvedimento più scontato da prendere (quello di scuola, tanto per intenderci), era proprio l’innalzamento dei tassi, la qual cosa non avrà però alcun effetto sull’inflazione, come enuncia giustamente la Turchetto, essendo la stessa non determinata dalla domanda superiore all’offerta o dalla ricorsa prezzi-salari (dando valore anche a ciò che diceva Marx, ovvero che il più delle volte l’aumentare del salario è una conseguenza del rialzo del prezzo delle merci e non viceversa, Il Capitale Libro II, sez. II).


Ma il continuo innalzamento dei tassi provocherà ben altri disagi e questi cominciano a stagliarsi all’orizzonte sotto forma di stagflazione (economia che non cresce e consumi che si riducono); in altri termini siamo in presenza di un pericolo totalmente opposto a quello spacciato da Trichet & compagnia europea.


Qualcuno ipotizza che un nuovo ’29 sia ormai alle porte poiché sussisterebbe una coincidenza, di non poco conto, tra i fattori economici che scatenarono quella crisi ed elementi in ballo in quella attuale.


Nel ’29 il crollo improvviso dell’economia americana (nonchè delle principali economie europee) fu determinato, come affermato da Galbraith (Il Grande crollo), dalla concomitanza di cinque cause di debolezza strutturale: distribuzione del reddito, struttura del sistema finanziario, struttura del sistema bancario, eccesso di speculazione, decisioni inadeguate di politica economica. Senza entrare nella specificità di ognuno di questi fattori, possiamo dire che, anche ora, si tratta di quelli maggiormente implicati nella crisi, con l’aggravio dell’aumento dei prezzi del petrolio e dei cereali. I paesi produttori continuano a ripetere che la produzione del greggio non può essere spinta oltre i livelli raggiunti e che, comunque, questa copre abbondantemente la domanda. Peraltro, la speculazione non sembra arrestarsi e il gigante energetico Gazprom prevede che, a questi ritmi, presto il barile arriverà a toccare i 250 dollari. Se le cose stanno realmente come avanzato vuol dire che è la speculazione il vero dato sul quale bisogna intervenire con una certa urgenza. Tremonti pare averlo capito, i suoi amici del governo molto meno, visto che già si premurano di attenuare la portata della Robin Tax (con la scusa che i petrolieri finirebbero per scaricare gli aggravi economici sui consumatori finali).


Stessa cosa per i cereali. La volatilità dei prezzi delle commodities agroalimentari, dipende, in gran parte, dall’incremento della domanda per i biocarburanti. Più cresce il prezzo del petrolio più aumenta quello dei cereali per produrre bioetanolo a fini palliativi. Il problema è che i cereali sono destinati anche all’alimentazione umana e animale. Per il 2008 la produzione cerealicola mondiale raggiungerà 2.168 milioni di tonnellate ma meno di 1000 milioni saranno destinati ad uso alimentare. Avremo forse un pianeta con meno emissioni di CO2, tuttavia il pane ci costerà maledettamente caro.


La morale della storia è che qualcuno ci sta fregando per coprire gli alti profitti degli speculatori. Che fanno le classi politiche europee di fronte a tutto ciò? Parlano di astrazioni economiche pur di non prendere decisioni di maggiore impatto. Ma badate che quelle analizzate sono solo le motivazioni superficiali della crisi. Sotto di essa covano problemi sistemici che riguardano non solo l'impianto generale dell’economia internazionale, quanto il cambiamento dei rapporti di forza (che generano instabilità) a livello delle differenti aree del pianeta. Non dimentichiamo che dalla crisi del 1929 si uscì grazie alla guerra e all’emersione di una nuova potenza mondiale.


di G. Petrosillo

Fiat : il gioco delle speculazioni





Probabilmente ricorderete le lodi sperticate usate nei confronti della sobrietà di John Elkann, l’ammirazione, tanto da creare un relaity show apposito, per le capacità manageriali di suo fratello Lapo (esclusa qualche piccola scappatella “alternativa”), per non parlare della “magnificenza” decantata di Montezemolo oppure la superiore capacità imprenditoriale di Marchionne!!!


Tanto che il 2007 si chiudeva all’insegna del trionfalismo in casa FIAT, per non parlare dei dati sul primo trimestre 2008: ricavi per 15 miliardi di Euro (miglior primo trimestre della storia); miglioramento degli introiti di circa il 10% su base annua; utile netto di 427 milioni di Euro, il 13,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2007. E doveva ancora uscire la Mito….



Peccato, che ad oggi invece le azioni della FIAT abbiano dimezzato il proprio valore nel corso degli ultimi 12 mesi!!! Come mai? Semplicemente perché i dati dell’ultimo trimestre sono stati disastrosi.


Infatti, i dati sulle immatricolazioni delle auto sono pessimi: nel solo mese di Maggio, secondo le statistiche Anfia-Unrae, sono calate di oltre il 17%, con una flessione della quota di FIAT del 12,6% a 32,67%; inoltre, nello stesso periodo, la raccolta di ordini di auto nuove in Italia ha subito una flessione del 9,5%, attestandosi a 193.000 ordinativi.


Le cose sono peggiorate dopo le dichiarazioni dello stesso Marchionne, il quale, durante la presentazione della Nuova Alfa Mito a Milano, ha dichiarato che “il mercato dell'auto a Giugno è stato disastroso”. Cosa che ha ovviamente scatenato gli speculatori che si sono avventati sul titolo FIAT, facendogli perdere molti punti percentuali, tanto più che è avvenuto in corrispondenza degli arresti negli Stati Uniti, di cui abbiamo parlato in un altro articolo, e all’aumento del prezzo del petrolio. Senza considerare la flessione generale del comparto auto del mercato europeo, che ha fatto segnare una flessione dell'1,51%.


A seguito di queste vicende la Credit Suisse ha emesso un report in cui tagliava il “target price” dell’azienda torinese da 12 a 10 euro, reiterando il giudizio “underperform”. Facendo notare che la FIAT, al momento, è fortemente esposta al mercato spagnolo e italiano (circa il 40% delle vendite) e che corre il rischio di un forte rallentamento sul mercato brasiliano, che rappresenta il 27% delle vendite con margini di redditività molto alti rispetto alle altre case costruttrici(come la Volkswagen).


Come è facilmente intuibile, al momento, chi ha deciso di investire in FIAT, spinto dall’entusiasmo manifestato solo pochi mesi, si trova con forti perdite.



Ma a sorpresa, lo scorso 30 Giugno, lo stesso Marchionne correggeva completamente il tiro. Infatti, ha affermato che i dati delle vendite di Giugno sono il linea con quelli di Maggio e che seppur in un contesto non facile, “la Fiat tiene bene”, tanto da confermare “tutti i target compreso quello di una quota di mercato dell'8% in Europa" anche perchè "l'andamento del gruppo Fiat non sarà condizionato dal trend del mercato italiano", anche perché per quest’anno è previsto un fatturato di circa 64 miliardi di Euro e “l'Italia ne rappresenta una parte piuttosto minima, sia nei ricavi sia di contributo”. Insomma, ottimismo a tutto spiano!!! Tanto che ieri otteneva un guadagno non male (+2,67%) e un report positivo da Morgan Stanley!!!



Trovo piuttosto curioso questo andamento schizofrenico dell’umore in casa FIAT, anzi direi piuttosto sospetto. Enorme euforia per la chiusura dell’anno, quando si tirano le somme per i bilanci, e prima della presentazione del nuovo super-reclamizzato modello di autovettura; delusione e frasi da autogol appena sfornato, e appena vendute le azioni; nuovo entusiasmo appena passata la speculazione! Come diceva un navigato politico della prima repubblica, e attuale Senatore a vita: “ a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”.


Anche perché alcune considerazioni sono obbligatorie. Intanto, gli insuccessi dei mesi appena trascorsi sono stati giustificati con l’aumento del petrolio, il calo delle vendite del comparto auto, la crisi generale dei consumi, ecc. Insomma, tutti dati noti da tempo a tutti e quindi facilmente prevedibili.


Ma anche l’entusiasmo che viene attualmente manifestato dai vertici industriali, lascia qualche perplessità. Intanto perché gli stessi analisti hanno previsto stime ridotte per il mercato dell’auto sia per tutto il 2008 che anche per il 2009, sia per il calo generale dei consumi, ma soprattutto per il costo del petrolio destinato ad aumentare a seguito della crisi USA-Iran. Poi, guardando a quello che sta succedendo alla General Motors, non c’è da stare allegri. Infatti, per la storica casa statunitense, gli analisti si attendono un declino a due cifre delle vendite, tanto che ha subito un clamoroso calo della quotazione: dal suo record a 93,62 dollari ad azione raggiunto il 24 aprile 2000, agli attuali11,12 dollari alla borsa di New York, un livello mai visto da più di 50 anni; dall’inizio del mese di giugno, il titolo del costruttore ha perso il 35,83%! Si può pensare che la FIAT avrà un percorso diverso? La vedo difficile, basti pensare che le nuove esternazioni di Marchionne non sono riuscite a molto, se non a lenire in minima parte le ferite subite nei giorni precedenti. Anche perché, in Borsa si è convinto che presto si assisterà ad un nuovo default di un importante istituto di credito statunitense, sul genere di quello che colpì la Bear Stearns, con le conseguenze che tutti abbiamo visto.


Ma la mia preoccupazione è un’altra. Siamo proprio sicuri che dietro a tutto questo non ci sia nulla? Per troppi anni in FIAT le cose andavano in un modo ben preciso: gli utili li prendevano gli azionisti, Famiglia Agnelli in testa, mentre i passivi venivano caricati sulle casse dello Stato, cioè le nostre tasche, tramite la cassa integrazione. Non vorrei che Marchionne stesse giocando seguendo le stesse regole dell’Avvocato, con l’aggravante del favorire qualche grosso speculatore finanziario.


di Manuel Zanarini

11 luglio 2008

Sabina Guzzanti e le critiche


Un articolo, una lettera aperta da leggere e, riflettere. Ma come siamo messi? Adesso il dualismo è fra le espressioni, non con il contenuto? Che civiltà è questa? Quella televisiva di nani e veline calza alla perfezione. Ma durerà?

Caro Direttore, per tutti quelli scioccati dalla stampa di questi giorni, voglio rassicurare: non siete impazziti e non sono nemmeno impazziti i giornali. La questione è molto semplice, questo sistema fradicio e corrotto vede nell'eliminazione del dissenso l'unica possibilità di salvezza. Scrive Filippo Ceccarelli su Repubblica in relazione al mio intervento a piazza Navona: «Nulla del genere si era mai visto e ascoltato a memoria di osservatore». Questa cosa, Ceccarelli, si chiama libertà. Non hai mai visto una persona che chiama le cose col suo nome, anche quelle di cui tutti convengono sia assolutamente vietato parlare, come l'ingerenza inaccettabile del Vaticano nella vita politica del Paese e nelle vite private dei cittadini italiani. Caro Ceccarelli, hai fatto un'esperienza straordinaria. Col tempo apprezzerai la fortuna di esserti trovato lì l'8 luglio.

Quello che hanno visto i presenti e gli utenti di internet è una piazza ricolma di gente, che è stata in piedi per tre ore ad ascoltare e ad applaudire entusiasta. Gli interventi più criticati dai media sono quelli che hanno avuto indiscutibilmente più successo. Nel mio intervento, al contrario di quello che tanti bugiardoni hanno scritto, gli applausi più forti sono stati sulle critiche alla politica del Vaticano e le frasi più forti fra quelle sono state applaudite ancora di più. Questa manifestazione è stata il giorno dopo descritta come un fallimento, un errore, un autogol. Stampa e tv hanno tirato fuori il manganello e con i mezzi della diffamazione, della menzogna e dell'insulto stanno cercando di scoraggiare chi ha partecipato, a continuare. Alcune ovvie piccole verità: — A sinistra si lamentano del fallimento della manifestazione quando l'unico elemento di insuccesso è costituito dai loro stessi interventi. Se non avessero parlato in tanti di insuccesso a dispetto dei fatti, la manifestazione sarebbe stata percepita per quello che è stata: un successone. — Berlusconi e i suoi sono furiosi per quanto è accaduto e il sondaggio che direbbe che Berlusconi ci ha guadagnato lo ha visto solo Berlusconi.

Quello che dice potrebbe non essere vero. — L'intenzione di espellere Di Pietro era già evidente da parte del Pd e non è per me e Grillo che i due si sono separati. Pare che Veltroni gli preferisca Casini. Non è una battuta. — Le parlamentari che hanno difeso la Carfagna sostenendo che io in quanto donna non posso attaccare un'altra donna, insultando me sono cadute in contraddizione. — Pari opportunità e Carfagna sono due concetti incompatibili come Previti e giustizia. — È falso che non si possa criticare il presidente della Repubblica. Si può e ci sono buone ragioni per farlo ad esempio impugnando il parere dei cento costituzionalisti sul Lodo Alfano. — È falso che non si possa criticare e attaccare il Papa. Si può e ci sono buone ragioni per farlo. Ho letto un po' dappertutto che il Papa sarebbe una figura super partes. Super partes non è uno che si schiera con tutte le sue forze su ogni tema, dalla scuola ai candidati alle elezioni, alla moda e alla cucina, con interventi spesso molto al di sotto delle parti, cosa su cui anche la Littizzetto, esimia collega, ha efficacemente ironizzato. — La reazione furibonda di tutto il mondo politico alle parole di alcuni liberi pensatori, dimostra che gli interventi fatti sono stati importanti ed efficaci. La repressione dei media rivela la debolezza politica di una classe dirigente che in entrambi i poli è nata a tavolino. Gli unici elementi che hanno una oggettiva radice popolare e sono rappresentati in Parlamento allo stato attuale, sono Lega e Di Pietro.

E crescono. Berlusconi e Pd calano vertiginosamente. — C'è un partito finto, il Pd, nato senza idee, tranne quella di fondere due partiti per ingrandirsi con lo stesso criterio con cui si accorpano le banche per essere più forti. Questo partito votato controvoglia dalla maggioranza dei suoi elettori si è rivelato fin dai primi passi un soggetto politico artificiale, che somiglia più a un «corpo diplomatico» che altro. Molti dei vip che lo hanno sostenuto ora sono colti da attacchi isterici constatando che non sta in piedi. Dall'altra parte ci sono delle idee che vogliono essere rappresentate e discusse. Idee davvero alternative a quelle del centrodestra. La qual cosa, nel momento in cui si cerca di costruire un'alternativa, ha la sua porca importanza e fa sì che queste idee vengano considerate oggettivamente interessanti dall'opinione pubblica. Per quanto riguarda l'annosa questione: «Può un comico fare politica?», si tratta anche qui di una domanda che non esiste in natura. È ovvio e tutti sanno che chiunque parli a un pubblico fa politica. È ovvio che la politica in una democrazia la fanno tutti. Ma la vera domanda che si pone è: può un comico ottenere molto più consenso politico di un politico? Può il discorso di un comico essere molto più politico di quello di un politico? I fatti dicono di sì e tocca abbozzare. Potete anche continuare a menare le mani, ma sarebbe meglio fare uno sforzo di comprensione. D'altra parte parlo per me ma credo anche a nome degli altri, le nostre idee sono lì e si possono usare gratuitamente. Approfittatene.

Sabina Guzzanti