06 agosto 2008

Per una nuova Bretton Woods



“THE WORLD FINANCE: NEW INITIATIVES”


Mentre la crisi finanziaria globale impazza sull’orlo di un crollo sistemico e la speculazione minaccia i settori dell’economia produttiva, delle materie prime e alimentari, si stanno moltiplicando gli interventi e i dibattiti che richiedono di approfondire le vere cause della crisi per approntare delle proposte e delle iniziative per una nuova e stabile architettura monetaria e finanziaria internazionale.


L’Italia ha fatto da battistrada in queste grandi questioni strategiche a cominciare con l’iniziativa istituzionale della mozione parlamentare per “una Nuova Bretton Woods” presentata dall’On. Mario Lettieri e votata dalla Camera dei Deputati nell’Aprile 2005. Più recentemente il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha più volte ripreso l’argomento stigmatizzando con forza anche gli effetti nefasti della speculazione finanziaria.


A un anno di distanza dalla crisi dei mutui subprime in USA, l’evolversi della crisi ha portato banche e finanziarie sull’orlo del collasso, da ultimo la quasi insolvenza della Fannie Mae, l’istituto di credito finanziato dalle casse federali con il compito di riassicurare i mutui concessi dalle banche ai privati per l’acquisto della casa. Oggi la Fannie Mae gestisce più di 5.000 miliardi di dollari di debiti, stabili quanto lo sono le sabbie mobili.


Da molte parti del mondo, anche dai nuovi attori dell’economia mondiale come la Russia, la Cina e l’India si levano alte le richieste di intervento congiunto dei governi e degli stati per ricreare un sistema monetario e finanziario stabile, per creare un’architettura di accordi e di regole per lo sviluppo, simile a quanto realizzato nella cittadina di Bretton Woods nel New Hampshire americano nel 1944 per progettare la ricostruzione dell’economia dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale.


All’inizio di giugno il presidente russo Dmitri Medvedev al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, dopo aver analizzato gli effetti della crisi e della caduta del dollaro e proposto un nuovo ruolo internazionale del rublo in particolare negli accordi energetici, aveva indicato che “le crisi odierne, dalla penuria alimentare, alla crescita dei prezzi, alle catastrofi naturali che sempre più spesso si verificano, evidenziano che il sistema delle istituzioni internazionali per dirigere l’economia non corrisponde alle sfide. Si registra così un certo vuoto istituzionale, mancano gli organismi per la soluzione dei problemi concreti… La Russia vuole partecipare alla formazione di nuove regole del gioco.”


Sulla base di queste riflessioni alcuni settori russi interessati hanno presentato delle proposte alla controparte italiana per organizzare il 7-8 luglio un seminario ristretto di lavoro (25 partecipanti) sui temi della crisi, della finanza mondiale e dei grandi progetti infrastrutturali.


Nell’invito al seminario “The World Finance: New Initiatives” gli organizzatori, il Forum “Dialogue West and East: integration and development” e la Banca russa “Millenium”, sottolineavano che “ nel 2007 e nel 2008 Vladimir Putin, allora presidente della Federazione Russa e attuale primo ministro del governo russo, ha indicato la priorità di creare un centro finanziario globale in Russia. L’iniziativa e‘ una vera e reale sfida per l’elite finanziaria, industriale, giuridica e intellettuale della Russia. Esperti internazionali ed europei sottolineano che per la Russia è il momento migliore per rendere utili tutte le attuali condizioni favorevoli. In quest’ottica, per la Russia è di grande importanza valutare l’esperienza dell’iniziativa parlamentare italiana “Per una nuova Bretton Woods” del 2005, legata all’idea di introdurre un sistema di cambi fissi fra le monete. L’iniziativa italiana assume un valore aggiunto in quanto e‘ stata fatta prima della crisi dei mutui subprime negli USA, una crisi che non e‘ ciclica…. I risultati attesi di questa sessione dovranno delineare nuove iniziative russo-italiane nella sfera della finanza e dei progetti di investimento e sviluppo infrastrutturale.”


Modena è stata scelta anche in relazione alla conferenza organizzata dal World Public Forum “Dialogue of Civilization” il 9-10 luglio dove il presidente del Forum e delle Ferrovie dello Stato della Federazione Russa Mikhail Yakunin ha ribadito pubblicamente l’importanza del seminario e della sua dichiarazione finale.


Si è deciso di dare un profilo non pubblico al seminario per permettere una discussione aperta e di idee. Yuri Gromiko e Paolo Raimondi hanno organizzato le rispettive delegazioni russe e italiane che hanno raccolto personalità di alto impegno, esperienza e capacità del mondo politico, economico, accademico e scientifico. Gromiko, insieme all’On. Mario Lettieri, ha poi presentato i risultati del seminario alla conferenza pubblica di Modena del 9-10 luglio “Forum West East: Integration and Development”. Molti dei partecipanti sono stati anche tra i primi firmatari della “Dichiarazione di Modena”, che è riportata di seguito insieme al testo di invito e di presentazione del seminario.



Sessione sullo sviluppo degli scenari strategici


“The World Finances: New Initiatives”


7-8 Luglio 2008, Modena, Italia



Testo della “Dichiarazione di Modena”



La proposta di una iniziativa istituzionale italo-russa per facilitare l’uscita dalla crisi mondiale finanziaria è rivolta ai Parlamenti, ai governi, alle associazioni imprenditoriali, alle associazioni sindacali e agli altri attori sociali.



La crisi, che ha avuto una accelerazione esponenziale negli ultimi 10-15 anni, è in realtà partita con la decisione del 15 agosto del 1971 di sganciare il dollaro, moneta dei pagamenti internazionali e del commercio mondiale, dal valore delle riserve auree. L’oro, che non ha qualità magiche, serviva solamente ad ancorare il valore del dollaro e delle altre monete a un riferimento reale. Da quel momento si è permesso la crescita cancerosa di capitale fittizio, un sistema di cambi monetari fluttuanti e il progressivo sganciamento della finanza, soprattutto quella speculativa, dagli andamenti sottostanti dell’economia reale produttiva.



Il sistema finanziario e monetario sempre più deregolamentato e sottratto ai controlli preposti, ha minato ogni forma di governance dando così origine ad una serie di bolle finanziarie, fagocitando i settori industriali commerciali e agricoli produttivi.



La bolla speculativa finanziaria più pericolosa e fuori da ogni controllo è quella dei cosiddetti prodotti finanziari derivati. Secondo le stime della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, il valore nozionale dei derivati Over The Counter (OTC), cioè quelli trattati fuori dai mercati ufficiali e non registrati sui bilanci delle banche e degli altri operatori finanziari, ammonta a oltre 600.000 miliardi di dollari, con un aumento medio esponenziale annuo del 25%! Basta paragonare questa bolla speculativa, inesistente 20 anni fa, al PIL mondiale, calcolato intorno a 55.000 miliardi di dollari a prezzi correnti, per avere la fotografia della crisi.



Per superare la crisi finanziaria mondiale, sarebbero necessarie le seguenti misure prioritarie:



Riforma del sistema monetario, reintroducendo tra l’altro: a) la stabilità di un sistema moderno di cambi, modificabili solamente nel contesto di accordi sottoscritti dalle parti e agganciati agli andamenti delle economie reali, b) l’ancoraggio ad un sistema di riserve auree oppure a un paniere di materie prime e/o di monete da stabilire, c) la definizione di una nuova moneta o di un paniere di monete (quindi non più solamente il dollaro) accettato nel sistema dei pagamenti internazionali, d) controlli contro la speculazione sui cambi, e) controlli sui movimenti di capitali, f) creazione di una sistema di credito a doppio sportello con tassi di interessi bassi e a lungo termine per gli investimenti produttivi e tassi alti e punitivi per le operazioni puramente finanziarie, g) definizione dei nuovi compiti delle organizzazioni internazionali come il FMI e la Banca Mondiale, il cui ruolo è stato stravolto nelle crisi recenti.





Riforma del sistema finanziario, attraverso tra l’altro: a) la regolamentazione dei prodotti derivati esistenti, b) l’introduzione di regole per vietare gli accordi privati OTC, per prosciugare la bolla dei derivati, e per definire il loro funzionamento futuro, c) l’obbligo di negoziazione in borsa dei derivati, di standardizzazione, di autorizzazione da parte di un’autorità di controllo, d) la soppressione dei centri off-shore, e) l’interdizione delle attività speculative degli hedge fund, delle operazioni di cartolarizzazione (emissione di titoli sulla base di altri titoli di debito), f) l’aumento della tassazione per sia sulle operazioni finanziarie speculative che sui redditi provenienti dalle suddette operazioni, g) il sostegno del settore bancario e creditizio pubblico e privato necessario e indispensabile alla politica di investimenti reali e produttivi.



Riforma del sistema commerciale, attraverso tra l’altro: a) la revisione dell’accordo del World Trade Organizations che ha deregolamentato anche le produzioni e i commerci a scapito dell’efficienza e della produttività dell’intero sistema, b) la promozione e il sostegno di grandi investimenti infrastrutturali a livello continentale nei settori dei trasporti, energia, comunicazioni, R&D ecc., c) creazione di organismi di finanziamento (bond produttivi) di simili progetti come ad esempio previsto dal “Piano Delors”, d) riforme fiscali favorevoli agli investimenti e al riutilizzo virtuoso dei profitti nel sistema produttivo; definizione di principi doganali, di protezioni sociali e di garanzie ambientali in un nuovo trattato di unione commerciale globale.



Tra gli obiettivi principali verso cui è necessario concentrare le energie di tutti, vi è la necessità di garantire sicurezza finanziaria ed economica ai popoli, unica condizione perché tutti possano accedere alla produzione e ai percorsi di istruzione e di ricerca e perché siano ragionevoli i prezzi per l’erogazione ed il consumo dell’energia.



La necessità di realizzare le misure sopraelencate costituisce, a nostro avviso, la ragione principale per convocare una conferenza mondiale finanziaria (“Nuova Bretton Woods”). Questa conferenza mondiale potrebbe essere convocata nell’isola della Maddalena in Sardegna dove nel 2009 si terrà il meeting del Gruppo G8 o in altro luogo stabilito in quella sede.



La condizione per la creazione di un nuovo sistema di relazioni economiche e per la realizzazione di una nuova configurazione degli assetti finanziari, è rappresentata da una innovativa leadership nell’economia globale e nello sviluppo mondiale. È nostra convinzione che soltanto un impulso all’industrializzazione e un sistema equo di scambio tra risorse e risultati dello sviluppo, possa creare una rete di nuove relazioni economiche.



La causa principale della crisi finanziaria di cui parliamo, è costituita, infatti, dal forte attacco ai risparmi pubblici e privati che ha di fatto distrutto il sistema finanziario mondiale.


È quindi necessario avviare un serie di azioni volte a garantire la sicurezza dei risparmi, siano essi privati siano essi statali, e ciò è possibile attraverso il riconoscimento di un nuovo ruolo degli istituti di sviluppo.



La generazione a cui apparteniamo ha l’obbligo morale di garantire alle generazioni future le condizioni per un pieno sviluppo dell’economia mondiale e per la salute del pianeta.






Il nuovo ruolo degli istituti di sviluppo consiste in azioni innovative volte a promuovere le relazioni bilaterali:



1. la creazione di una banca italo-russa (agenzia, istituto) dello sviluppo;


2. la definizione dei progetti pilota per lo scambio dei risultati nel campo dello sviluppo – progetti comuni alle regioni degli altri paesi;


3. la formazione di una ampia coalizione per supportare le politiche nazionali volte ad una nuova industrializzazione per l’Europa e per la Russia;


4. la formazione e l’identificazione dei compiti degli istituti creditizi e finanziari (inclusi quelli di risparmio, regionali, cooperative e le banche per la sicurezza dei risparmi di tutti i clienti).



Per coordinare gli sforzi di tutti, si propone infine, la creazione di un gruppo di lavoro chiamato a monitorare la crisi finanziaria mondiale ed a elaborare il sistema di misure prioritarie per risolvere i problemi più acuti.


di Paolo Raimondi



La politica e le spie


Non sempre mi appasionano gli articoli del D'avanzo, anzi a volte mi irritano. Questa volta, in un gioco pericoloso fra caste, cerca un punto di equilibrio. Uno scontro fra caste dove cerca di mantenere un equilibrio innaturale. Lui rappresenta un potere che una casta ,politicamente bipartisan, vuole ridurre in un angolo.Invocare la democrazia in questo contesto è come chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi. Un gioco al massacro dove tutti perdono e uno vince.... il banco.



MASSIMO D'Alema affronta l'affaire Telecom e preferisce guardare alla luna e non al dito. In questi giorni, molti, troppi hanno ritenuto di dover affrontare il "caso" dalla coda. Confondendo l'effetto con la causa, si sono occupati soltanto di quel dossier illegale - ora nelle mani della procura di Milano - che coinvolge Piero Fassino, come beneficiario di un fondo estero per conto dei Ds.

Nessuno ha avuto voglia curiosamente di porsi le domande più utili e necessarie: chi e perché ha commissionato quel dossier (a maggior ragione, se falso)? Un largo fronte istituzionale e politico (per la prima volta, in questa legislatura, bi-partisan) ha voluto esprimere una calda solidarietà a Fassino e l'ha chiusa lì. Come se l'affare fosse stretto (e si esaurisse) alla vittima dello spionaggio e della manipolazione e non riguardasse soprattutto lo spionaggio, gli spioni, i loro padroni, le ragioni nascoste della manipolazione.

È il cuore del problema che finalmente, con lucidità, D'Alema indica. Dice: "Questa montatura è stata costruita da qualcuno. Vorremmo capire chi è. Sicuramente hanno operato spie, provocatori. Hanno cercato di danneggiare la nostra immagine, infangarci, colpirci. Anche perché la vicenda Telecom ha toccato interessi forti nel Paese. C'era una volontà di vendetta, senza che mai si concretizzasse nulla. Perché non c'è nulla da trovare. Adesso però vogliamo che sia chiarito molto bene chi ha messo su questi dossier, chi ha fatto queste indagini". Il nodo da sciogliere è dunque questo: chi ha ordinato alla rete spionistica della Telecom il diffuso e meticoloso lavoro di dossieraggio?




D'Alema giudica però "un'operazione molto grave da un punto di vista professionale" aver riproposto, come ha fatto Repubblica, la testimonianza di Giuliano Tavaroli. E ci pare che incappi in una contraddizione: da un lato, chiede di sapere chi ha voluto metter su il dossier calunnioso; dall'altro, giudica "un'aggressione mediatica" raccogliere la testimonianza del capo "delle spie e dei provocatori" che svela, per la prima volta e in pubblico, il nome di chi gli ha ordinato quella manovra contro i Democratici di Sinistra.

Non è che le parole di Tavaroli siano oro colato, naturalmente. Dell'ambiguità della sua "confessione" abbiamo ripetutamente avvertito il lettore, ma è indubbio l'interesse pubblico ed esclusivamente giornalistico della sua testimonianza, per quanto critica possa essere. Tavaroli fa il nome di Marco Tronchetti Provera come il mandante di quel dossieraggio. Ci è parsa una notizia. E' un'accusa di cui Tavaroli dovrà rendere conto nel processo. Con ogni probabilità, sarà di nuovo interrogato dai pubblici ministeri. Con ogni probabilità, chiederà di avere un confronto con il presidente della Pirelli e, a quanto pare, raccoglierà in una memoria gli argomenti che possono sostenere la sua chiamata di correo. Si vedrà.

Quel che conta dire qui è che appare difficile sostenere che dar conto della "confessione" di Tavaroli sia "un'aggressione" e non giornalismo. Che non interpelli il diritto di cronaca, ma "i limiti di guardia a cui è giunto il rapporto tra politica e informazione". Ancora ieri Fassino ha ripetuto che "in causa non è la libertà di stampa" ma "il ricorso sistematico a manipolazioni e false verità che intossicano quotidianamente l'informazione" Anche in questo caso affiora - mi pare - una contraddizione che capovolge la scena. L'informazione che racconta la malattia del Paese, dei veleni che lo inquinano, dei detriti che ne condizionano le decisioni diventa, in questa interpretazione, addirittura una patologia e non una delle possibili terapie per immunizzare il discorso pubblico.

* * *

C'è stato un tempo che lucidi analisti delle cose nazionali hanno saputo scorgere, nel "nascosto" dello scandalo Telecom, "la malattia di un Paese" in quella "doppia debolezza" che costringe "le élites economiche e le élites politiche a vivere intrecciate: ne risulta un'opacità delle relazioni politiche-economiche che incentivano i comportamenti di cui devono poi occuparsi i tribunali" (Angelo Panebianco, Corriere della sera, 24 settembre 2004). Si scrisse ancora: "l'Idra italiana che a scadenza fissa si presenta sulla nostra scena è precisamente ciò che è oscuro ed è destinato a restare tale. Tuttavia, indoviniamo benissimo la mai sopita vocazione dei servizi di sicurezza a operare oltre i limiti legali, la costante presenza ai margini della classe dirigente di un sottobosco di intriganti, di faccendieri, di ex qualcosa, sempre pronti a vendere i propri servigi ma più spesso, forse, pronti a cercare di mettersi in proprio; indoviniamo l'esistenza di ingentissime disponibilità finanziarie occulte, frutto perlopiù di operazioni illegali, e infine avvertiamo benissimo il continuo rumore, dietro le quinte dell'ufficialità economica e politica, di un lavorio sordo fatto di favori, di ricatti, di relazioni più o meno sporche e più o meno segrete, di intercettazioni, di informazioni sulla vita privata e di quant'altro possa esserci di inconfessabile". (Ernesto Galli Della Loggia, Corriere della sera, 27 settembre 2006).

Il quadro è quasi sovrapponibile, come si vede, con gli scenari illuminati da Tavaroli. In più, nella sua "confessione" tutta da verificare, si possono leggere i nomi, le circostanze, le manovre, le relazioni dell'"Idra" e leggere la trama di quegli "intriganti, faccendieri, ex qualcosa", la presenza di "risorse finanziarie occulte e operazioni illegali". Pare però che se l'informazione, anche per via della voce concretissima di un protagonista compromesso con i fatti, trova tracce e frammenti di quella nitida analisi diventa cattiva informazione.

Con un bizzarro doppio codice interpretativo, forse dovuto alla nuova congiuntura politica, diventa addirittura "complottismo". Addirittura "misterologia": "Una poderosa costruzione mentale che soddisfa l'esigenza primordiale di trovare un ordine nel caos, una connessione nel disordine, una trama nell'insensato" (Pierluigi Battista, Corriere della sera, 28 luglio 2008).

* * *

Omero credeva nei complotti. Credeva che "qualunque cosa accadesse sulla piana di Troia era solo un riflesso dei complotti in atto nell'Olimpo". Poi ci è stato spiegato che la teoria sociale della cospirazione può essere soltanto figlia di quel teismo perché "deriva dall'abbandono di Dio e dalla conseguente domanda: "Chi c'è al suo posto?"". Chi può credere oggi ai complotti? Non si può credere - magari per frustrazione, impotenza, sfiducia, rancore - che ci sia non un vuoto, ma un altro pieno abitato da uomini, gruppi di potere, consorterie di pressione che coalizzate orientano, influenzano, decidono al nostro posto, contro di noi, contro il nostro futuro.

E' una teoria che dimentica, dice Karl Popper, una indistruttibile realtà della vita sociale: nessuna azione ha mai esattamente il risultato previsto. Le cose vanno sempre in un altro modo da come ce le siamo immaginate. Questo non vuol dire però che non esistano, nelle nostre azioni, scopi, obiettivi e strategie e alleanze. Il loro esito non sarà mai quello previsto. Le conseguenze saranno indesiderate e impreviste.

L'affaire Telecom è lì a dimostrarlo: tutti gli attori di quello straordinario lavorio sono usciti sconfitti. Piaccia non piaccia, allora, il giornalismo è questo. E' il racconto - anche approssimativo e controverso - di quelle azioni e di quelle strategie, a meno di non pensare che gli argomenti siano diventati ormai inutili; che non valga la pena di sapere "a che punto siamo"; che non possa esistere più una storia imparziale dei fatti o anche soltanto un giudizio. Un grande giornalista diceva che "non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e, prima o poi, la pubblica opinione li spazzerà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri".

* * *

Non conosco Piero Fassino, ma credo anch'io - come tutti - che sia un uomo onesto. La sua integrità dovrebbe farlo riflettere sull'errore che lo sta tentando. Pensare che l'informazione sia la malattia del Paese e non una delle necessarie terapie alle patologie della politica può essere una strada senza ritorno alla vigilia di una stagione che, in modo esplicito, vuole attenuare i contrappesi di un potere che non riconosce alcun limite a se stesso. Dove si canta una sola nota, le parole - anche quelle di Fassino - non conteranno più.

Giuseppe d'Avanzo

Bilanci tagliati, privilegi tenuti: bicameralismo prefetto



Di solito le Camere approvano i loro bilanci con sveltezza e anche con destrezza. Si tratta di conti insindacabili. Con gravità e senza che gli scappi da ridere i Soloni che li hanno elaborati spiegano a noi comuni mortali come dovremmo fregarci le mani dalla contentezza: perché gli eletti dal popolo - più precisamente, dalle segreterie dei partiti - ce l’hanno messa tutta per limitare le spese. Se poi, alla fine delle fini, risulta che Montecitorio e Palazzo Madama costeranno qualche decina di milioni d’euro in più rispetto all’anno scorso dobbiamo astenerci da commenti qualunquistici e irriguardosi. Il rincaro va attribuito ad automatismi devastanti e invincibili, come i flagelli biblici. Che poi gli automatismi mangiasoldi siano stati creati da Parlamenti passati e che i Parlamenti attuali dimostrino una eccellente attitudine a insistere nell’andazzo è questione di poco conto. Dando prova di stoica rassegnazione i deputati e i senatori spendono di più per se stessi, e nel contempo esortano virtuosamente il Paese a spendere meno. Mai che abbiano un’idea semplice: per esempio quella di dimezzarsi le indennità.



Qualcuno in verità ha avanzato, discutendosi di gran carriera il bilancio, ipotesi del genere. Si è trattato dei soliti radicali rompiscatole. Una di loro, Rita Bernardini, ha avanzato la proposta che fosse tolta agli onorevoli la gratuità dei biglietti ferroviari e dei pedaggi autostradali, che fosse reso trasparente l’uso dei quattromila euro mensili concessi per i portaborse, che fossero aboliti altri privilegi. «Va’ a spacciare» l’ha cortesemente esortata un collega, poi identificato secondo le cronache in Gianluca Buonanno, leghista. La temeraria autolesionista ha così avuto il fatto suo.




Ben altra tempra quella del deputato Emerenzio Barbieri che s’è battuto perché fosse sanata un’atroce ingiustizia. Pensate: sugli aerei i senatori viaggiano in business class, i deputati invece in economica. «Secondo voi non è abbastanza umiliante - ha detto in aula con accenti di strazio l’onorevole Barbieri - che noi siamo discriminati rispetto ai senatori?». Sui forti volti dei presenti erano stampati, mentre risuonava questo grido di dolore, sdegno e tormento insieme. Emerenzio - appartenente alla maggioranza - non ha parlato a casaccio. Fossi in Schifani, prescriverei la classe economica, da subito, per i senatori. O magari prescriverei che sia i senatori sia i deputati non viaggino mai più a spese del contribuente. Se proprio li punge la voglia di terre lontane - ma è meglio che non si muovano - le raggiungano a loro spese. Sanno pochissimo dell’Italia, non complichiamogli le idee.

di Mario cervi

06 agosto 2008

Per una nuova Bretton Woods



“THE WORLD FINANCE: NEW INITIATIVES”


Mentre la crisi finanziaria globale impazza sull’orlo di un crollo sistemico e la speculazione minaccia i settori dell’economia produttiva, delle materie prime e alimentari, si stanno moltiplicando gli interventi e i dibattiti che richiedono di approfondire le vere cause della crisi per approntare delle proposte e delle iniziative per una nuova e stabile architettura monetaria e finanziaria internazionale.


L’Italia ha fatto da battistrada in queste grandi questioni strategiche a cominciare con l’iniziativa istituzionale della mozione parlamentare per “una Nuova Bretton Woods” presentata dall’On. Mario Lettieri e votata dalla Camera dei Deputati nell’Aprile 2005. Più recentemente il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha più volte ripreso l’argomento stigmatizzando con forza anche gli effetti nefasti della speculazione finanziaria.


A un anno di distanza dalla crisi dei mutui subprime in USA, l’evolversi della crisi ha portato banche e finanziarie sull’orlo del collasso, da ultimo la quasi insolvenza della Fannie Mae, l’istituto di credito finanziato dalle casse federali con il compito di riassicurare i mutui concessi dalle banche ai privati per l’acquisto della casa. Oggi la Fannie Mae gestisce più di 5.000 miliardi di dollari di debiti, stabili quanto lo sono le sabbie mobili.


Da molte parti del mondo, anche dai nuovi attori dell’economia mondiale come la Russia, la Cina e l’India si levano alte le richieste di intervento congiunto dei governi e degli stati per ricreare un sistema monetario e finanziario stabile, per creare un’architettura di accordi e di regole per lo sviluppo, simile a quanto realizzato nella cittadina di Bretton Woods nel New Hampshire americano nel 1944 per progettare la ricostruzione dell’economia dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale.


All’inizio di giugno il presidente russo Dmitri Medvedev al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, dopo aver analizzato gli effetti della crisi e della caduta del dollaro e proposto un nuovo ruolo internazionale del rublo in particolare negli accordi energetici, aveva indicato che “le crisi odierne, dalla penuria alimentare, alla crescita dei prezzi, alle catastrofi naturali che sempre più spesso si verificano, evidenziano che il sistema delle istituzioni internazionali per dirigere l’economia non corrisponde alle sfide. Si registra così un certo vuoto istituzionale, mancano gli organismi per la soluzione dei problemi concreti… La Russia vuole partecipare alla formazione di nuove regole del gioco.”


Sulla base di queste riflessioni alcuni settori russi interessati hanno presentato delle proposte alla controparte italiana per organizzare il 7-8 luglio un seminario ristretto di lavoro (25 partecipanti) sui temi della crisi, della finanza mondiale e dei grandi progetti infrastrutturali.


Nell’invito al seminario “The World Finance: New Initiatives” gli organizzatori, il Forum “Dialogue West and East: integration and development” e la Banca russa “Millenium”, sottolineavano che “ nel 2007 e nel 2008 Vladimir Putin, allora presidente della Federazione Russa e attuale primo ministro del governo russo, ha indicato la priorità di creare un centro finanziario globale in Russia. L’iniziativa e‘ una vera e reale sfida per l’elite finanziaria, industriale, giuridica e intellettuale della Russia. Esperti internazionali ed europei sottolineano che per la Russia è il momento migliore per rendere utili tutte le attuali condizioni favorevoli. In quest’ottica, per la Russia è di grande importanza valutare l’esperienza dell’iniziativa parlamentare italiana “Per una nuova Bretton Woods” del 2005, legata all’idea di introdurre un sistema di cambi fissi fra le monete. L’iniziativa italiana assume un valore aggiunto in quanto e‘ stata fatta prima della crisi dei mutui subprime negli USA, una crisi che non e‘ ciclica…. I risultati attesi di questa sessione dovranno delineare nuove iniziative russo-italiane nella sfera della finanza e dei progetti di investimento e sviluppo infrastrutturale.”


Modena è stata scelta anche in relazione alla conferenza organizzata dal World Public Forum “Dialogue of Civilization” il 9-10 luglio dove il presidente del Forum e delle Ferrovie dello Stato della Federazione Russa Mikhail Yakunin ha ribadito pubblicamente l’importanza del seminario e della sua dichiarazione finale.


Si è deciso di dare un profilo non pubblico al seminario per permettere una discussione aperta e di idee. Yuri Gromiko e Paolo Raimondi hanno organizzato le rispettive delegazioni russe e italiane che hanno raccolto personalità di alto impegno, esperienza e capacità del mondo politico, economico, accademico e scientifico. Gromiko, insieme all’On. Mario Lettieri, ha poi presentato i risultati del seminario alla conferenza pubblica di Modena del 9-10 luglio “Forum West East: Integration and Development”. Molti dei partecipanti sono stati anche tra i primi firmatari della “Dichiarazione di Modena”, che è riportata di seguito insieme al testo di invito e di presentazione del seminario.



Sessione sullo sviluppo degli scenari strategici


“The World Finances: New Initiatives”


7-8 Luglio 2008, Modena, Italia



Testo della “Dichiarazione di Modena”



La proposta di una iniziativa istituzionale italo-russa per facilitare l’uscita dalla crisi mondiale finanziaria è rivolta ai Parlamenti, ai governi, alle associazioni imprenditoriali, alle associazioni sindacali e agli altri attori sociali.



La crisi, che ha avuto una accelerazione esponenziale negli ultimi 10-15 anni, è in realtà partita con la decisione del 15 agosto del 1971 di sganciare il dollaro, moneta dei pagamenti internazionali e del commercio mondiale, dal valore delle riserve auree. L’oro, che non ha qualità magiche, serviva solamente ad ancorare il valore del dollaro e delle altre monete a un riferimento reale. Da quel momento si è permesso la crescita cancerosa di capitale fittizio, un sistema di cambi monetari fluttuanti e il progressivo sganciamento della finanza, soprattutto quella speculativa, dagli andamenti sottostanti dell’economia reale produttiva.



Il sistema finanziario e monetario sempre più deregolamentato e sottratto ai controlli preposti, ha minato ogni forma di governance dando così origine ad una serie di bolle finanziarie, fagocitando i settori industriali commerciali e agricoli produttivi.



La bolla speculativa finanziaria più pericolosa e fuori da ogni controllo è quella dei cosiddetti prodotti finanziari derivati. Secondo le stime della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, il valore nozionale dei derivati Over The Counter (OTC), cioè quelli trattati fuori dai mercati ufficiali e non registrati sui bilanci delle banche e degli altri operatori finanziari, ammonta a oltre 600.000 miliardi di dollari, con un aumento medio esponenziale annuo del 25%! Basta paragonare questa bolla speculativa, inesistente 20 anni fa, al PIL mondiale, calcolato intorno a 55.000 miliardi di dollari a prezzi correnti, per avere la fotografia della crisi.



Per superare la crisi finanziaria mondiale, sarebbero necessarie le seguenti misure prioritarie:



Riforma del sistema monetario, reintroducendo tra l’altro: a) la stabilità di un sistema moderno di cambi, modificabili solamente nel contesto di accordi sottoscritti dalle parti e agganciati agli andamenti delle economie reali, b) l’ancoraggio ad un sistema di riserve auree oppure a un paniere di materie prime e/o di monete da stabilire, c) la definizione di una nuova moneta o di un paniere di monete (quindi non più solamente il dollaro) accettato nel sistema dei pagamenti internazionali, d) controlli contro la speculazione sui cambi, e) controlli sui movimenti di capitali, f) creazione di una sistema di credito a doppio sportello con tassi di interessi bassi e a lungo termine per gli investimenti produttivi e tassi alti e punitivi per le operazioni puramente finanziarie, g) definizione dei nuovi compiti delle organizzazioni internazionali come il FMI e la Banca Mondiale, il cui ruolo è stato stravolto nelle crisi recenti.





Riforma del sistema finanziario, attraverso tra l’altro: a) la regolamentazione dei prodotti derivati esistenti, b) l’introduzione di regole per vietare gli accordi privati OTC, per prosciugare la bolla dei derivati, e per definire il loro funzionamento futuro, c) l’obbligo di negoziazione in borsa dei derivati, di standardizzazione, di autorizzazione da parte di un’autorità di controllo, d) la soppressione dei centri off-shore, e) l’interdizione delle attività speculative degli hedge fund, delle operazioni di cartolarizzazione (emissione di titoli sulla base di altri titoli di debito), f) l’aumento della tassazione per sia sulle operazioni finanziarie speculative che sui redditi provenienti dalle suddette operazioni, g) il sostegno del settore bancario e creditizio pubblico e privato necessario e indispensabile alla politica di investimenti reali e produttivi.



Riforma del sistema commerciale, attraverso tra l’altro: a) la revisione dell’accordo del World Trade Organizations che ha deregolamentato anche le produzioni e i commerci a scapito dell’efficienza e della produttività dell’intero sistema, b) la promozione e il sostegno di grandi investimenti infrastrutturali a livello continentale nei settori dei trasporti, energia, comunicazioni, R&D ecc., c) creazione di organismi di finanziamento (bond produttivi) di simili progetti come ad esempio previsto dal “Piano Delors”, d) riforme fiscali favorevoli agli investimenti e al riutilizzo virtuoso dei profitti nel sistema produttivo; definizione di principi doganali, di protezioni sociali e di garanzie ambientali in un nuovo trattato di unione commerciale globale.



Tra gli obiettivi principali verso cui è necessario concentrare le energie di tutti, vi è la necessità di garantire sicurezza finanziaria ed economica ai popoli, unica condizione perché tutti possano accedere alla produzione e ai percorsi di istruzione e di ricerca e perché siano ragionevoli i prezzi per l’erogazione ed il consumo dell’energia.



La necessità di realizzare le misure sopraelencate costituisce, a nostro avviso, la ragione principale per convocare una conferenza mondiale finanziaria (“Nuova Bretton Woods”). Questa conferenza mondiale potrebbe essere convocata nell’isola della Maddalena in Sardegna dove nel 2009 si terrà il meeting del Gruppo G8 o in altro luogo stabilito in quella sede.



La condizione per la creazione di un nuovo sistema di relazioni economiche e per la realizzazione di una nuova configurazione degli assetti finanziari, è rappresentata da una innovativa leadership nell’economia globale e nello sviluppo mondiale. È nostra convinzione che soltanto un impulso all’industrializzazione e un sistema equo di scambio tra risorse e risultati dello sviluppo, possa creare una rete di nuove relazioni economiche.



La causa principale della crisi finanziaria di cui parliamo, è costituita, infatti, dal forte attacco ai risparmi pubblici e privati che ha di fatto distrutto il sistema finanziario mondiale.


È quindi necessario avviare un serie di azioni volte a garantire la sicurezza dei risparmi, siano essi privati siano essi statali, e ciò è possibile attraverso il riconoscimento di un nuovo ruolo degli istituti di sviluppo.



La generazione a cui apparteniamo ha l’obbligo morale di garantire alle generazioni future le condizioni per un pieno sviluppo dell’economia mondiale e per la salute del pianeta.






Il nuovo ruolo degli istituti di sviluppo consiste in azioni innovative volte a promuovere le relazioni bilaterali:



1. la creazione di una banca italo-russa (agenzia, istituto) dello sviluppo;


2. la definizione dei progetti pilota per lo scambio dei risultati nel campo dello sviluppo – progetti comuni alle regioni degli altri paesi;


3. la formazione di una ampia coalizione per supportare le politiche nazionali volte ad una nuova industrializzazione per l’Europa e per la Russia;


4. la formazione e l’identificazione dei compiti degli istituti creditizi e finanziari (inclusi quelli di risparmio, regionali, cooperative e le banche per la sicurezza dei risparmi di tutti i clienti).



Per coordinare gli sforzi di tutti, si propone infine, la creazione di un gruppo di lavoro chiamato a monitorare la crisi finanziaria mondiale ed a elaborare il sistema di misure prioritarie per risolvere i problemi più acuti.


di Paolo Raimondi



La politica e le spie


Non sempre mi appasionano gli articoli del D'avanzo, anzi a volte mi irritano. Questa volta, in un gioco pericoloso fra caste, cerca un punto di equilibrio. Uno scontro fra caste dove cerca di mantenere un equilibrio innaturale. Lui rappresenta un potere che una casta ,politicamente bipartisan, vuole ridurre in un angolo.Invocare la democrazia in questo contesto è come chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi. Un gioco al massacro dove tutti perdono e uno vince.... il banco.



MASSIMO D'Alema affronta l'affaire Telecom e preferisce guardare alla luna e non al dito. In questi giorni, molti, troppi hanno ritenuto di dover affrontare il "caso" dalla coda. Confondendo l'effetto con la causa, si sono occupati soltanto di quel dossier illegale - ora nelle mani della procura di Milano - che coinvolge Piero Fassino, come beneficiario di un fondo estero per conto dei Ds.

Nessuno ha avuto voglia curiosamente di porsi le domande più utili e necessarie: chi e perché ha commissionato quel dossier (a maggior ragione, se falso)? Un largo fronte istituzionale e politico (per la prima volta, in questa legislatura, bi-partisan) ha voluto esprimere una calda solidarietà a Fassino e l'ha chiusa lì. Come se l'affare fosse stretto (e si esaurisse) alla vittima dello spionaggio e della manipolazione e non riguardasse soprattutto lo spionaggio, gli spioni, i loro padroni, le ragioni nascoste della manipolazione.

È il cuore del problema che finalmente, con lucidità, D'Alema indica. Dice: "Questa montatura è stata costruita da qualcuno. Vorremmo capire chi è. Sicuramente hanno operato spie, provocatori. Hanno cercato di danneggiare la nostra immagine, infangarci, colpirci. Anche perché la vicenda Telecom ha toccato interessi forti nel Paese. C'era una volontà di vendetta, senza che mai si concretizzasse nulla. Perché non c'è nulla da trovare. Adesso però vogliamo che sia chiarito molto bene chi ha messo su questi dossier, chi ha fatto queste indagini". Il nodo da sciogliere è dunque questo: chi ha ordinato alla rete spionistica della Telecom il diffuso e meticoloso lavoro di dossieraggio?




D'Alema giudica però "un'operazione molto grave da un punto di vista professionale" aver riproposto, come ha fatto Repubblica, la testimonianza di Giuliano Tavaroli. E ci pare che incappi in una contraddizione: da un lato, chiede di sapere chi ha voluto metter su il dossier calunnioso; dall'altro, giudica "un'aggressione mediatica" raccogliere la testimonianza del capo "delle spie e dei provocatori" che svela, per la prima volta e in pubblico, il nome di chi gli ha ordinato quella manovra contro i Democratici di Sinistra.

Non è che le parole di Tavaroli siano oro colato, naturalmente. Dell'ambiguità della sua "confessione" abbiamo ripetutamente avvertito il lettore, ma è indubbio l'interesse pubblico ed esclusivamente giornalistico della sua testimonianza, per quanto critica possa essere. Tavaroli fa il nome di Marco Tronchetti Provera come il mandante di quel dossieraggio. Ci è parsa una notizia. E' un'accusa di cui Tavaroli dovrà rendere conto nel processo. Con ogni probabilità, sarà di nuovo interrogato dai pubblici ministeri. Con ogni probabilità, chiederà di avere un confronto con il presidente della Pirelli e, a quanto pare, raccoglierà in una memoria gli argomenti che possono sostenere la sua chiamata di correo. Si vedrà.

Quel che conta dire qui è che appare difficile sostenere che dar conto della "confessione" di Tavaroli sia "un'aggressione" e non giornalismo. Che non interpelli il diritto di cronaca, ma "i limiti di guardia a cui è giunto il rapporto tra politica e informazione". Ancora ieri Fassino ha ripetuto che "in causa non è la libertà di stampa" ma "il ricorso sistematico a manipolazioni e false verità che intossicano quotidianamente l'informazione" Anche in questo caso affiora - mi pare - una contraddizione che capovolge la scena. L'informazione che racconta la malattia del Paese, dei veleni che lo inquinano, dei detriti che ne condizionano le decisioni diventa, in questa interpretazione, addirittura una patologia e non una delle possibili terapie per immunizzare il discorso pubblico.

* * *

C'è stato un tempo che lucidi analisti delle cose nazionali hanno saputo scorgere, nel "nascosto" dello scandalo Telecom, "la malattia di un Paese" in quella "doppia debolezza" che costringe "le élites economiche e le élites politiche a vivere intrecciate: ne risulta un'opacità delle relazioni politiche-economiche che incentivano i comportamenti di cui devono poi occuparsi i tribunali" (Angelo Panebianco, Corriere della sera, 24 settembre 2004). Si scrisse ancora: "l'Idra italiana che a scadenza fissa si presenta sulla nostra scena è precisamente ciò che è oscuro ed è destinato a restare tale. Tuttavia, indoviniamo benissimo la mai sopita vocazione dei servizi di sicurezza a operare oltre i limiti legali, la costante presenza ai margini della classe dirigente di un sottobosco di intriganti, di faccendieri, di ex qualcosa, sempre pronti a vendere i propri servigi ma più spesso, forse, pronti a cercare di mettersi in proprio; indoviniamo l'esistenza di ingentissime disponibilità finanziarie occulte, frutto perlopiù di operazioni illegali, e infine avvertiamo benissimo il continuo rumore, dietro le quinte dell'ufficialità economica e politica, di un lavorio sordo fatto di favori, di ricatti, di relazioni più o meno sporche e più o meno segrete, di intercettazioni, di informazioni sulla vita privata e di quant'altro possa esserci di inconfessabile". (Ernesto Galli Della Loggia, Corriere della sera, 27 settembre 2006).

Il quadro è quasi sovrapponibile, come si vede, con gli scenari illuminati da Tavaroli. In più, nella sua "confessione" tutta da verificare, si possono leggere i nomi, le circostanze, le manovre, le relazioni dell'"Idra" e leggere la trama di quegli "intriganti, faccendieri, ex qualcosa", la presenza di "risorse finanziarie occulte e operazioni illegali". Pare però che se l'informazione, anche per via della voce concretissima di un protagonista compromesso con i fatti, trova tracce e frammenti di quella nitida analisi diventa cattiva informazione.

Con un bizzarro doppio codice interpretativo, forse dovuto alla nuova congiuntura politica, diventa addirittura "complottismo". Addirittura "misterologia": "Una poderosa costruzione mentale che soddisfa l'esigenza primordiale di trovare un ordine nel caos, una connessione nel disordine, una trama nell'insensato" (Pierluigi Battista, Corriere della sera, 28 luglio 2008).

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Omero credeva nei complotti. Credeva che "qualunque cosa accadesse sulla piana di Troia era solo un riflesso dei complotti in atto nell'Olimpo". Poi ci è stato spiegato che la teoria sociale della cospirazione può essere soltanto figlia di quel teismo perché "deriva dall'abbandono di Dio e dalla conseguente domanda: "Chi c'è al suo posto?"". Chi può credere oggi ai complotti? Non si può credere - magari per frustrazione, impotenza, sfiducia, rancore - che ci sia non un vuoto, ma un altro pieno abitato da uomini, gruppi di potere, consorterie di pressione che coalizzate orientano, influenzano, decidono al nostro posto, contro di noi, contro il nostro futuro.

E' una teoria che dimentica, dice Karl Popper, una indistruttibile realtà della vita sociale: nessuna azione ha mai esattamente il risultato previsto. Le cose vanno sempre in un altro modo da come ce le siamo immaginate. Questo non vuol dire però che non esistano, nelle nostre azioni, scopi, obiettivi e strategie e alleanze. Il loro esito non sarà mai quello previsto. Le conseguenze saranno indesiderate e impreviste.

L'affaire Telecom è lì a dimostrarlo: tutti gli attori di quello straordinario lavorio sono usciti sconfitti. Piaccia non piaccia, allora, il giornalismo è questo. E' il racconto - anche approssimativo e controverso - di quelle azioni e di quelle strategie, a meno di non pensare che gli argomenti siano diventati ormai inutili; che non valga la pena di sapere "a che punto siamo"; che non possa esistere più una storia imparziale dei fatti o anche soltanto un giudizio. Un grande giornalista diceva che "non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e, prima o poi, la pubblica opinione li spazzerà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri".

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Non conosco Piero Fassino, ma credo anch'io - come tutti - che sia un uomo onesto. La sua integrità dovrebbe farlo riflettere sull'errore che lo sta tentando. Pensare che l'informazione sia la malattia del Paese e non una delle necessarie terapie alle patologie della politica può essere una strada senza ritorno alla vigilia di una stagione che, in modo esplicito, vuole attenuare i contrappesi di un potere che non riconosce alcun limite a se stesso. Dove si canta una sola nota, le parole - anche quelle di Fassino - non conteranno più.

Giuseppe d'Avanzo

Bilanci tagliati, privilegi tenuti: bicameralismo prefetto



Di solito le Camere approvano i loro bilanci con sveltezza e anche con destrezza. Si tratta di conti insindacabili. Con gravità e senza che gli scappi da ridere i Soloni che li hanno elaborati spiegano a noi comuni mortali come dovremmo fregarci le mani dalla contentezza: perché gli eletti dal popolo - più precisamente, dalle segreterie dei partiti - ce l’hanno messa tutta per limitare le spese. Se poi, alla fine delle fini, risulta che Montecitorio e Palazzo Madama costeranno qualche decina di milioni d’euro in più rispetto all’anno scorso dobbiamo astenerci da commenti qualunquistici e irriguardosi. Il rincaro va attribuito ad automatismi devastanti e invincibili, come i flagelli biblici. Che poi gli automatismi mangiasoldi siano stati creati da Parlamenti passati e che i Parlamenti attuali dimostrino una eccellente attitudine a insistere nell’andazzo è questione di poco conto. Dando prova di stoica rassegnazione i deputati e i senatori spendono di più per se stessi, e nel contempo esortano virtuosamente il Paese a spendere meno. Mai che abbiano un’idea semplice: per esempio quella di dimezzarsi le indennità.



Qualcuno in verità ha avanzato, discutendosi di gran carriera il bilancio, ipotesi del genere. Si è trattato dei soliti radicali rompiscatole. Una di loro, Rita Bernardini, ha avanzato la proposta che fosse tolta agli onorevoli la gratuità dei biglietti ferroviari e dei pedaggi autostradali, che fosse reso trasparente l’uso dei quattromila euro mensili concessi per i portaborse, che fossero aboliti altri privilegi. «Va’ a spacciare» l’ha cortesemente esortata un collega, poi identificato secondo le cronache in Gianluca Buonanno, leghista. La temeraria autolesionista ha così avuto il fatto suo.




Ben altra tempra quella del deputato Emerenzio Barbieri che s’è battuto perché fosse sanata un’atroce ingiustizia. Pensate: sugli aerei i senatori viaggiano in business class, i deputati invece in economica. «Secondo voi non è abbastanza umiliante - ha detto in aula con accenti di strazio l’onorevole Barbieri - che noi siamo discriminati rispetto ai senatori?». Sui forti volti dei presenti erano stampati, mentre risuonava questo grido di dolore, sdegno e tormento insieme. Emerenzio - appartenente alla maggioranza - non ha parlato a casaccio. Fossi in Schifani, prescriverei la classe economica, da subito, per i senatori. O magari prescriverei che sia i senatori sia i deputati non viaggino mai più a spese del contribuente. Se proprio li punge la voglia di terre lontane - ma è meglio che non si muovano - le raggiungano a loro spese. Sanno pochissimo dell’Italia, non complichiamogli le idee.

di Mario cervi