25 aprile 2011
Dannati di tutta Italia unitevi
di Gianni Petrosillo
23 aprile 2011
Il debito che strozza l'Italia
La finanza pubblica ha ormai assunto un peso straordinario per tutti i governi europei. È oramai di gran lunga la sfida politica più difficile e lo dimostrano le continue manifestazioni contro i governi di tutta Europa contro i tagli alla spesa, decisi per risanare debiti pubblici oramai fuori controllo. Dopo la Grecia e l’Irlanda anche in Portogallo ormai la crisi è acclarata, con il piano da 75 miliardi di aiuti europei pronto a scattare non appena sia necessario. Ma anche per l'Italia le cose si stanno complicando: si capirà presto quanto sarà pesante il risanamento imposto dalle nuove regole europee approvato nel vertice del 25 marzo 2011.
Per la prima volta dal 1992, da quando cioè esiste il Patto di Stabilità, gli Stati membri dell'Unione si sono impegnati seriamente a ridurre il debito pubblico e non più soltanto a contenere il rapporto deficit/Pil. Donde il ruolo sempre più determinante del Dipartimento del Tesoro. È questa, infatti, la struttura che gestisce le emissioni di titoli di debito e che ha un compito decisivo: assicurare che ci siano sempre compratori per BoT (Buoni ordinari del Tesoro) e Btp (Buoni del Tesoro Pluriennali), ridurre al minimo il costo dei finanziamenti per lo Stato ed evitare che gli investitori si facciano spaventare da un indebitamento oramai arrivato vicino ai 1800 miliardi di euro.
La strategia difensiva elaborata in questi anni dalla dott.ssa Maria Cannata, direttore del Dipartimento del Tesoro, viene dunque messa alla prova da un nuovo contesto: grande attenzione sul debito pubblico da parte dei mercati febbricitanti per i recenti avvenimenti dell’area euro e tassi di interesse in crescita. Appena due giorni fa, infatti, dalle parole si è passati ai fatti con la BCE che, rompendo gli indugi, ha alzando di 0,25 punti i tassi d’interesse ufficiali dell'eurozona, dove il principale riferimento sul costo del denaro sale così all'1,25 per cento. Una manovra attesa dai mercati e che la stessa istituzione aveva lasciato presagire, nella necessità di contrastare le accelerazioni dell'inflazione innescate dai rincari del petrolio.
Ragionamenti un po’ astratti per la famiglie italiane, che vedranno ulteriormente aumentare le spese a fine mese. Il rialzo dei tassi deciso dalla Bce produrrà infatti una stangata per le famiglie italiane che stanno pagando un mutuo a tasso variabile mediamente pari a 204 euro all’anno, cioè 17 euro al mese.
Il calcolo è del Codacons, secondo cui “l’aumento del tasso di riferimento e il conseguente aumento del costo dei mutui metterà in difficoltà con il pagamento delle rate almeno 30.000 famiglie che attualmente riescono a onorare ancora i loro debiti. E’ la fine di un periodo positivo per le famiglie che avevano contratto mutui a tasso variabile”. Per il Codacons, si tratta di “una misura che la Bce è stata costretta a prendere per colpa dei governi europei che non hanno preso misure antinflazionistiche di politica fiscale, demandando alla sola politica monetaria il controllo dei prezzi”. Quindi nulla di buono.
Ma se il debito delle famiglie si fa sempre più precario, è quello dello Stato che rappresenta la vera ossessione dei nostri governanti. "Gli operatori di tutto il mondo hanno verificato che non è mai venuta meno la volontà dello Stato di tenere sotto controllo il debito pubblico, anche nei frangenti più difficili", assicurava pochi mesi fa la dott.ssa Cannata in un'intervista. Mentre il Ministro Giulio Tremonti predicava ottimismo cercando di convincere l'Europa che la ricchezza privata degli italiani è una protezione sufficiente dall'alto debito pubblico, la Dottoressa Cannataa, matematica cinquantasettenne con un passato all'Istat, usava argomenti decisamente più persuasivi e pragmatici per rassicurare i mercati.
Come quelle famiglie prudenti che preferiscono il rassicurante mutuo a tasso fisso rispetto al pericoloso fascino della rata variabile, la Cannata ha allungato le scadenze dei nostri titoli pubblici, pagando quindi un sovrapprezzo (va da sé: più dura il prestito, più si paga d’interessi) ma evitando all'Italia gli psicodrammi di Spagna e Portogallo che si trovano a dover piazzare miliardi di euro sempre con il terrore della bancarotta.
"Abbiamo da anni la tendenza ad allungare la scadenza, attualmente di sette anni, e cerchiamo di allungarla ancora un po' approfittando degli attuali tassi estremamente bassi", spiegava a novembre ad Affari & Finanza. Che la finanza pubblica sia ormai argomento centrale nell’agenda politica lo si può anche dedurre dalle esternazioni del nostro infaticabile uomo della Provvidenza. Ad ogni conferenza stampa, infatti, il premier Silvio Berlusconi ha preso l'abitudine di parlare del peso del debito che vincola ogni politica economica, a cominciare dalla famosa "frustata" alla crescita di cui, a poco più di un mese dall'annuncio, si sono già perse le tracce.
Lontano dai riflettori, invece, il Dipartimento del Tesoro della Cannata ha quantificato il vincolo del debito alla fine di marzo con il programma di emissioni del secondo trimestre 2011: soltanto nel mese di aprile verranno offerti agli investitori titoli per 28 miliardi di euro, in tre diverse aste. Entro fine anno saranno scaduti - e dunque sostituiti da nuove emissioni - oltre 150 miliardi di euro.
A fine anno il Sole 24 Ore promuoveva con queste parole la gestione Cannata: "Assecondando realisticamente l'aumento dei rendimenti imposti negli scambi sul mercato secondario (il luogo dove sono trattati i titoli già in circolazione, che vi rimangono fino alla loro eventuale scadenza ndr) senza strapagare, è in grado di portare a casa la raccolta di fondi programmata anche in condizioni di mercato molto avverse". Insomma una che ci sa fare. Resta da capire se questo sarà abbastanza, visto che il messaggio del Consiglio Europeo di fine marzo è arrivato chiaro Tremonti: i paesi ad alto debito devono cominciare subito a ridurlo, anche oltre lo 0,5% annuo previsto dalle nuove regole.
Se il Ministro non manterrà gli impegni e la crescita non sarà all'altezza delle ottimistiche previsioni - un 2% di crescita annua dal 2012, condizione mai verificatasi neanche nell'Italia pre-crisi 2008 - il lavoro della Cannata non sarà più sufficiente a proteggere l'Italia. E per quel momento c'è da giurare che neanche i presunti e annunciati miracoli di Papi potranno evitare l'inevitabile.
di Ilvio Pannullo
22 aprile 2011
Caso Parmalat, assolte le banche:ma chi sono i padroni?

Con un’assoluzione, che definire miracolosa è un eufemismo, per tutti i banchieri imputati per aggiotaggio, addirittura con formula piena “per non aver commesso il fatto” o perché “il fatto non sussiste”, si è concluso lo scorso 18 aprile al Tribunale di Milano il processo in merito al collocamento dei titoli obbligazionari Parmalat che hanno ridotto sul lastrico decine di migliaia di piccoli risparmiatori. Anche i difensori delle banche estere Bank of America, Citigroup, Deutsche Bank e Morgan Stanley, e dei loro funzionari, sono rimasti felicemente increduli di tanta magnanimità della giustizia italiana. Insomma, non c’è stata alcuna truffa nei confronti delle malcapitate famiglie italiane. I PM della Procura milanese dovranno meditare parecchio su questa sconfitta, poiché la «vecchia» legge n. 231, non ancora modificata, grazie anche alla loro campagna contro la revisione di tale normativa, si è rivelata non infallibile nel perseguire i reati nei confronti dei propri clienti di cui sono chiamate a rispondere le banche. Del resto se c’è stato chi perlomeno non ha ostacolato, se non proprio favorito, l’ennesima diffusione di titoli “spazzatura”, c’è stato sicuramente a livello internazionale chi ha tratto ingenti profitti dalla vicenda coinvolgente Callisto Tanzi. Le sentenze vanno rispettate, per quanto considerate inique e sgradite, come accade nelle guerre: chi vince ha ragione, scrive la storia e guai ai vinti! Ma in questo caso occorre chiedersi come i Giudici di Milano siano potuti arrivare a una tale decisione: o la norma di legge non è sufficientemente adeguata a proteggere i (comuni) cittadini, oppure le indagini sono state (volutamente?) insufficienti e insabbiate sul più bello, come se non si dovesse giungere a intaccare gli interessi dei “veri” padroni del vapore. Ad ogni modo, gli avvocati delle banche sono riusciti a dimostrare, districandosi nei bizantinismi della legislazione italiana, di aver rispettato la medesima e i regolamenti collegati. Qualcosa sicuramente non va: mentre un onesto e umile cittadino è spesso annichilito e umiliato di fronte all’arroganza della pubblica amministrazione e del potere giudiziario, quest’ultimi si dimostrano timidi e remissivi nei confronti di quei poteri forti, di cui le multinazionali finanziarie sono la suprema espressione. Cosa sarebbe accaduto negli USA o nel Regno Unito, vista la severità in tali paesi nei confronti dei reati finanziari? C’è da ritenere che lor signori difficilmente sarebbero riusciti a farla franca. Non è comunque un messaggio confortante nei confronti della gente che lavora onestamente dalla mattina alla sera per assicurare un futuro sereno per se e i propri figli, alla faccia del tanto sbandierato “Codice etico” delle banche e dell’intesa “Basilea 2”. Quale fiducia potranno continuare ad avere risparmiatori, investitori economici e padri di famiglia o imprenditori che accedono al credito? Non è certo un bel viatico per la ripresa dello sviluppo economico e della competitività del Bel Paese. E l’alzata di scudi di Berlusconi negli ultimi anni contro la Procura di Milano, fra spostamento delle sedi processuali, proposta di improcessabilità per le alte cariche dello Stato e prescrizione breve, sembra mirata essenzialmente a difendere nient’altro che i propri interessi e il proprio status, piuttosto che quelli degli Italiani continuamente vessati. Dall’altra parte, Bersani e compagni, impegnati prioritariamente nella mera demonizzazione dell’avversario, dimostrano di essere inermi, quando non conniventi, nei confronti di “certi poteri” da non toccare, pena la rottura di certi delicati equilibri in cui la politica è succube della speculazione finanziaria. Ciò conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che nella globalizzazione dei mercati i “veri” padroni del vapore sono altri e salvano sempre la corteccia; il segnale allarmante di un sistema malato e marcio fino alle radici è già da molto arrivato: ora una presa di coscienza generale, facendo leva sulle forze sane, è più che mai necessaria finché si è ancora in tempo.
di Roberto Bevilacqua
25 aprile 2011
Dannati di tutta Italia unitevi
di Gianni Petrosillo
23 aprile 2011
Il debito che strozza l'Italia
La finanza pubblica ha ormai assunto un peso straordinario per tutti i governi europei. È oramai di gran lunga la sfida politica più difficile e lo dimostrano le continue manifestazioni contro i governi di tutta Europa contro i tagli alla spesa, decisi per risanare debiti pubblici oramai fuori controllo. Dopo la Grecia e l’Irlanda anche in Portogallo ormai la crisi è acclarata, con il piano da 75 miliardi di aiuti europei pronto a scattare non appena sia necessario. Ma anche per l'Italia le cose si stanno complicando: si capirà presto quanto sarà pesante il risanamento imposto dalle nuove regole europee approvato nel vertice del 25 marzo 2011.
Per la prima volta dal 1992, da quando cioè esiste il Patto di Stabilità, gli Stati membri dell'Unione si sono impegnati seriamente a ridurre il debito pubblico e non più soltanto a contenere il rapporto deficit/Pil. Donde il ruolo sempre più determinante del Dipartimento del Tesoro. È questa, infatti, la struttura che gestisce le emissioni di titoli di debito e che ha un compito decisivo: assicurare che ci siano sempre compratori per BoT (Buoni ordinari del Tesoro) e Btp (Buoni del Tesoro Pluriennali), ridurre al minimo il costo dei finanziamenti per lo Stato ed evitare che gli investitori si facciano spaventare da un indebitamento oramai arrivato vicino ai 1800 miliardi di euro.
La strategia difensiva elaborata in questi anni dalla dott.ssa Maria Cannata, direttore del Dipartimento del Tesoro, viene dunque messa alla prova da un nuovo contesto: grande attenzione sul debito pubblico da parte dei mercati febbricitanti per i recenti avvenimenti dell’area euro e tassi di interesse in crescita. Appena due giorni fa, infatti, dalle parole si è passati ai fatti con la BCE che, rompendo gli indugi, ha alzando di 0,25 punti i tassi d’interesse ufficiali dell'eurozona, dove il principale riferimento sul costo del denaro sale così all'1,25 per cento. Una manovra attesa dai mercati e che la stessa istituzione aveva lasciato presagire, nella necessità di contrastare le accelerazioni dell'inflazione innescate dai rincari del petrolio.
Ragionamenti un po’ astratti per la famiglie italiane, che vedranno ulteriormente aumentare le spese a fine mese. Il rialzo dei tassi deciso dalla Bce produrrà infatti una stangata per le famiglie italiane che stanno pagando un mutuo a tasso variabile mediamente pari a 204 euro all’anno, cioè 17 euro al mese.
Il calcolo è del Codacons, secondo cui “l’aumento del tasso di riferimento e il conseguente aumento del costo dei mutui metterà in difficoltà con il pagamento delle rate almeno 30.000 famiglie che attualmente riescono a onorare ancora i loro debiti. E’ la fine di un periodo positivo per le famiglie che avevano contratto mutui a tasso variabile”. Per il Codacons, si tratta di “una misura che la Bce è stata costretta a prendere per colpa dei governi europei che non hanno preso misure antinflazionistiche di politica fiscale, demandando alla sola politica monetaria il controllo dei prezzi”. Quindi nulla di buono.
Ma se il debito delle famiglie si fa sempre più precario, è quello dello Stato che rappresenta la vera ossessione dei nostri governanti. "Gli operatori di tutto il mondo hanno verificato che non è mai venuta meno la volontà dello Stato di tenere sotto controllo il debito pubblico, anche nei frangenti più difficili", assicurava pochi mesi fa la dott.ssa Cannata in un'intervista. Mentre il Ministro Giulio Tremonti predicava ottimismo cercando di convincere l'Europa che la ricchezza privata degli italiani è una protezione sufficiente dall'alto debito pubblico, la Dottoressa Cannataa, matematica cinquantasettenne con un passato all'Istat, usava argomenti decisamente più persuasivi e pragmatici per rassicurare i mercati.
Come quelle famiglie prudenti che preferiscono il rassicurante mutuo a tasso fisso rispetto al pericoloso fascino della rata variabile, la Cannata ha allungato le scadenze dei nostri titoli pubblici, pagando quindi un sovrapprezzo (va da sé: più dura il prestito, più si paga d’interessi) ma evitando all'Italia gli psicodrammi di Spagna e Portogallo che si trovano a dover piazzare miliardi di euro sempre con il terrore della bancarotta.
"Abbiamo da anni la tendenza ad allungare la scadenza, attualmente di sette anni, e cerchiamo di allungarla ancora un po' approfittando degli attuali tassi estremamente bassi", spiegava a novembre ad Affari & Finanza. Che la finanza pubblica sia ormai argomento centrale nell’agenda politica lo si può anche dedurre dalle esternazioni del nostro infaticabile uomo della Provvidenza. Ad ogni conferenza stampa, infatti, il premier Silvio Berlusconi ha preso l'abitudine di parlare del peso del debito che vincola ogni politica economica, a cominciare dalla famosa "frustata" alla crescita di cui, a poco più di un mese dall'annuncio, si sono già perse le tracce.
Lontano dai riflettori, invece, il Dipartimento del Tesoro della Cannata ha quantificato il vincolo del debito alla fine di marzo con il programma di emissioni del secondo trimestre 2011: soltanto nel mese di aprile verranno offerti agli investitori titoli per 28 miliardi di euro, in tre diverse aste. Entro fine anno saranno scaduti - e dunque sostituiti da nuove emissioni - oltre 150 miliardi di euro.
A fine anno il Sole 24 Ore promuoveva con queste parole la gestione Cannata: "Assecondando realisticamente l'aumento dei rendimenti imposti negli scambi sul mercato secondario (il luogo dove sono trattati i titoli già in circolazione, che vi rimangono fino alla loro eventuale scadenza ndr) senza strapagare, è in grado di portare a casa la raccolta di fondi programmata anche in condizioni di mercato molto avverse". Insomma una che ci sa fare. Resta da capire se questo sarà abbastanza, visto che il messaggio del Consiglio Europeo di fine marzo è arrivato chiaro Tremonti: i paesi ad alto debito devono cominciare subito a ridurlo, anche oltre lo 0,5% annuo previsto dalle nuove regole.
Se il Ministro non manterrà gli impegni e la crescita non sarà all'altezza delle ottimistiche previsioni - un 2% di crescita annua dal 2012, condizione mai verificatasi neanche nell'Italia pre-crisi 2008 - il lavoro della Cannata non sarà più sufficiente a proteggere l'Italia. E per quel momento c'è da giurare che neanche i presunti e annunciati miracoli di Papi potranno evitare l'inevitabile.
di Ilvio Pannullo
22 aprile 2011
Caso Parmalat, assolte le banche:ma chi sono i padroni?

Con un’assoluzione, che definire miracolosa è un eufemismo, per tutti i banchieri imputati per aggiotaggio, addirittura con formula piena “per non aver commesso il fatto” o perché “il fatto non sussiste”, si è concluso lo scorso 18 aprile al Tribunale di Milano il processo in merito al collocamento dei titoli obbligazionari Parmalat che hanno ridotto sul lastrico decine di migliaia di piccoli risparmiatori. Anche i difensori delle banche estere Bank of America, Citigroup, Deutsche Bank e Morgan Stanley, e dei loro funzionari, sono rimasti felicemente increduli di tanta magnanimità della giustizia italiana. Insomma, non c’è stata alcuna truffa nei confronti delle malcapitate famiglie italiane. I PM della Procura milanese dovranno meditare parecchio su questa sconfitta, poiché la «vecchia» legge n. 231, non ancora modificata, grazie anche alla loro campagna contro la revisione di tale normativa, si è rivelata non infallibile nel perseguire i reati nei confronti dei propri clienti di cui sono chiamate a rispondere le banche. Del resto se c’è stato chi perlomeno non ha ostacolato, se non proprio favorito, l’ennesima diffusione di titoli “spazzatura”, c’è stato sicuramente a livello internazionale chi ha tratto ingenti profitti dalla vicenda coinvolgente Callisto Tanzi. Le sentenze vanno rispettate, per quanto considerate inique e sgradite, come accade nelle guerre: chi vince ha ragione, scrive la storia e guai ai vinti! Ma in questo caso occorre chiedersi come i Giudici di Milano siano potuti arrivare a una tale decisione: o la norma di legge non è sufficientemente adeguata a proteggere i (comuni) cittadini, oppure le indagini sono state (volutamente?) insufficienti e insabbiate sul più bello, come se non si dovesse giungere a intaccare gli interessi dei “veri” padroni del vapore. Ad ogni modo, gli avvocati delle banche sono riusciti a dimostrare, districandosi nei bizantinismi della legislazione italiana, di aver rispettato la medesima e i regolamenti collegati. Qualcosa sicuramente non va: mentre un onesto e umile cittadino è spesso annichilito e umiliato di fronte all’arroganza della pubblica amministrazione e del potere giudiziario, quest’ultimi si dimostrano timidi e remissivi nei confronti di quei poteri forti, di cui le multinazionali finanziarie sono la suprema espressione. Cosa sarebbe accaduto negli USA o nel Regno Unito, vista la severità in tali paesi nei confronti dei reati finanziari? C’è da ritenere che lor signori difficilmente sarebbero riusciti a farla franca. Non è comunque un messaggio confortante nei confronti della gente che lavora onestamente dalla mattina alla sera per assicurare un futuro sereno per se e i propri figli, alla faccia del tanto sbandierato “Codice etico” delle banche e dell’intesa “Basilea 2”. Quale fiducia potranno continuare ad avere risparmiatori, investitori economici e padri di famiglia o imprenditori che accedono al credito? Non è certo un bel viatico per la ripresa dello sviluppo economico e della competitività del Bel Paese. E l’alzata di scudi di Berlusconi negli ultimi anni contro la Procura di Milano, fra spostamento delle sedi processuali, proposta di improcessabilità per le alte cariche dello Stato e prescrizione breve, sembra mirata essenzialmente a difendere nient’altro che i propri interessi e il proprio status, piuttosto che quelli degli Italiani continuamente vessati. Dall’altra parte, Bersani e compagni, impegnati prioritariamente nella mera demonizzazione dell’avversario, dimostrano di essere inermi, quando non conniventi, nei confronti di “certi poteri” da non toccare, pena la rottura di certi delicati equilibri in cui la politica è succube della speculazione finanziaria. Ciò conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che nella globalizzazione dei mercati i “veri” padroni del vapore sono altri e salvano sempre la corteccia; il segnale allarmante di un sistema malato e marcio fino alle radici è già da molto arrivato: ora una presa di coscienza generale, facendo leva sulle forze sane, è più che mai necessaria finché si è ancora in tempo.
di Roberto Bevilacqua