02 febbraio 2012

Sì, occorrono davvero i forconi

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La Casta finge di ridursi lo stipendio. Il tesoriere della defunta Margherita incassa 13 milioni: tutti per sé? E un senatore Pdl compra un palazzo e lo stesso giorno lo rivende alla Previdenza: cresta di 18 milioni d i Vittorio Feltri a polemica annosa sui compensi e sui privilegi della Casta è sempre stata stucchevo- le, ma ora sta diventando insopportabile. Le ultime notizie sui costi della politica, poi, sono urticanti: dimostrano che i parlamentari non hanno il coraggio delle proprie azioni e che, per non perdere quattro soldi, adottano sotterfugi infantili, perfino ingenui, tali sa suscitare un sentimento di pena, se non di disprezzo nei loro confronti. In questi giorni l`indennità mensile doveva aumentare complessivamente di 1.300 euro circa in ogni onorevole «busta paga». Altro che tagli. I1Parlamento, però, furbescamente ha deciso che quell`aumento non ci sarà per i deputati, ma finirà in un fondo a disposizione dei medesimi. Sicché lo Stato dovrà comunque sborsare quei quattrini. Di fatto i costi della politica che si volevano ridurre non diminuiranno affatto. Siamo alla presa in giro. Ed è questo che infastidisce, suppongo, gli italiani. I quali, tra l`altro, non ce l`hanno con i loro rappresentanti perché guadagnano troppo (cosa non vera, i parlamentari delle nazioni europee suppergiù incassano la stessa cifra). Figuriamoci.
Un qualunque professionista medio, ed anche piccolo, ha un reddito più elevato.
I cittadini semmai detestano i politici perché non valgono niente, sono inetti, incapaci di risolvere i problemi reali del Paese, impegnati nella conservazione della poltrona e del potere, insensibili al bene comune, smaniosi di fare carriera e basta. L`antipoliticanon nasce daunapropagan da distorta, ma dalla cattiva politica.
Queste non sono opinioni, bensì dati di fatto. Se quelli delPalazzo hanno conciato male l`Italia, e se, di fronte alla crisi, si sono arresi per manifesta inadeguatezza, cedendo il timone ai tecnici, significa che non sanno fare il loro mestiere. Ovvio che la gente voglia mandarli a casa e magari inseguirli coi forconi. Non è quanto essi percepiscono a scandalizzare, ma lo zero che hanno combinato e combinano. Se aggiungiamo che i partiti incamerano mostruosi rimborsi elettorali (pagati anche questi (...) segue a pagina 3 (...) dallo Stato) dei quali siignorala destinazione, be`, allora si comprende perché i contribuenti abbiano il sangue agli occhi e odino la Casta. Centinaia e centinaia di milioni di euro riscossi da segreterie che nonrendono conto a nessuno del loro operato; denaro che spesso piove nelle casse di fondazioni intestate a notabili, forse investito in immobili, forse utilizzato per consentire a leader e leaderinidivivere al di sopra delle loro possibilità. E la base? Ignara, si fida; non sospetta, quantomeno è rassegnata alle turlupinature dei vertici.Intanto, cresce il disgusto per chi, invece di dare un buon esempio, ne dà uno pessimo, quotidianamente.
Il caso della defunta Margherita merita un «cammeo». L`ex tesoriere del partito confluito nel Partito democratico avrebbe sottratto al «tesoro» affidatogli la bellezza di 13 milioni di euro.Per farne che?Arricchire il proprio conto corrente e acquistare appartamenti di prestigio. Come sia stato possibile per lui mettere a segno un colpo simile è un mistero. La Margherita è sfiorita da anni, la sua contabilità dovrebbe esser chiusa da quasi un lustro, ma soltanto adesso scopre che mancano 13 milioni?Arturo Parisi, ministro del governo Prodi, appreso del buco, ha dichiarato: «Mi accorsi di alcune voci di bilancio opache, somme consistenti in uscita. Si decise allora di istituire una commissione diverifica. Si riunì una sola volta, ma andò deserta».
Francesco Rutelli, fondatore e becchino della defraudata Margherita, ha commentato così l`allegra amministrazione: «Sono sconcertato, noi siamo parte lesa».
Qui l`unica lesione seria è stata fatta all`intelligenza.
Come si può pretendere che chi non sa gestire il proprio portafogli, sappia gestire il Paese? Non è tutto. Schifezze anche a destra. C`è una par condicio che accomuna entrambi i poli. Enrico Mentana ieri sera, in diretta, ha raccontato la seguente edificante storiella.
Un senatore delPdl, tale Riccardo Conti, un bel dì si compra un palazzo (a Roma) da un fondo controllato da Banca Intesa e il giorno stesso lo rivende, senza cacciare un euro di tasca, facendoci una cresta di 18 milioni di euro. Chi è l`ultimo acquirente? L`Istituto di Previdenza degli psicologi. I quali versano i contributi nella convinzione servano per la propria vecchiaia serena e che, invece, vanno a foraggiare un esponente minore (mica tanto minore) della Casta. Ma sì, occorrono davvero i forconi.

di Vittorio Feltri

01 febbraio 2012

Finanza speculativa: un conflitto ideologico irrinunciabile




Il conflitto ideologico a cui mi riferisco è quello contro la finanza globale speculativa che sta mettendo in ginocchio sempre più rapidamente tutte le economie occidentali, insieme alla cancellazione di faticose conquiste sociali messe insieme in un secolo di lotte e sacrifici da milioni di cittadini, lavoratori e imprenditori.
Quando la gente sente i vari commentatori di politica e di economia dire che questa è una crisi strutturale, non congiunturale, probabilmente non tutti ne capiscono il vero significato. Molti sicuramente pensano che è semplicemente una crisi un po’ più grave delle altre e che occorrono fare maggiori sacrifici. Cioè, pensano: se per una crisi congiunturale occorre una manovra da 50 miliardi di euro, per la crisi strutturale ne occorrono 100 o 200, ci vorrà più tempo, ma poi si riparte. Come nelle carestie.
Capisce bene che occorrono più sacrifici, ma probabilmente non si rende conto invece che la ripartenza non sarà mai più come quella che si ha in mente e che forse si è già sperimentato. Molta gente non si rende ancora conto che con la crisi strutturale il cambiamento è molto più profondo e definitivo. Molte cose cui prima si era abituati non ci saranno proprio più, nonostante i sacrifici. E sono tutte cose che, tra l’altro, colpiscono proprio la gente semplice, quelli delle classi medie e povere del paese, e molto poco le classi alte e ricche.
A questo punto, pur essendo questo fenomeno presente sia negli Stati Uniti che in Europa, dovrei fare una sostanziale differenziazione tra gli effetti che produce nei due diversi sistemi. Nell’America liberista e capitalista la situazione è più grave a causa di una già preesistente maggiore disuguaglianza sociale, ma il peggioramento è inferiore perché ci sono al governo i democratici, più attenti alle problematiche sociali e di equità socio-economica nella distribuzione della ricchezza. Nell’Europa “socialista” che parte invece da una situazione socio-economica più equilibrata, è il sicuro e pesante peggioramento all’orizzonte, dovuto alle iniziative (sbagliate) che vengono prese, a rendere l’evidenza della crisi in termini strutturali molto più pesante.
La prima puntualizzazione da fare è sul termine “socialista” usato dagli americani. È vero che l’Europa ha una organizzazione sociale più evoluta grazie al suo recente passato (dal dopoguerra) nel quale amministrazioni pubbliche ispirate al socialismo hanno steso regole di migliore equilibrio sociale, ma è purtroppo vero anche che negli ultimi 10-15 anni hanno avuto il sopravvento politiche populiste che hanno aperto la porta ad amministrazioni politiche di centro-destra (talvolta persino con pericolosi e gravi sconfinamenti nelle nostalgie nazi-fasciste) che hanno formato l’attuale “colorazione” politica, caratterizzata da una forte spinta verso le liberalizzazioni e l’imitazione della cultura capitalista americana.
Infatti nell’Europa di oggi ci sono Germania, Francia, Italia (anche nel governo “tecnico”), Spagna e Gran Bretagna che sono tutte guidate da governi di centro-destra, cioè governi “conservatori”. I quali hanno portato anche nel Parlamento europeo quelle politiche liberiste e conservatrici che sono la principale causa di questa crisi “epocale”, anche se nessuno dei maggiori organi di informazione lo dice apertamente, perché sono tutti, poco o tanto, legati a quella ideologia.
Anche se il liberismo non ha una precisa bandiera che lo identifica, il “liberismo-conservatore”, potentissimo motore del capitalismo, è una ideologia, ed è una ideologia che guida in questo periodo, praticamente senza contradditorio, tutta l’economia mondiale. Persino la Cina comunista, sul piano economico, si è adagiata per convenienza a questa linea.
Qualche contrasto (di poco conto), in giro per il mondo c’è, ma nella maggior parte dei casi è più sul piano della religione che su quello dell’economia sociale.
Eppure è veramente strano che, dopo l’evidente fallimento, nel 2008, delle politiche economiche liberiste, non sia ancora partita una netta inversione di tendenza guidata dall’ideologia tradizionalmente avversaria di quella liberista, e cioè l’ideologia socialista.
Eppure dovrebbe essere nella logica delle cose.
Quando a fine anni ‘80 è stata salutata (sul piano economico) la fine dell’inconcludente ideologia statalista e ha preso il sopravvento il liberismo in economia, molti hanno pensato che fosse la più semplice delle ricette verso la prosperità. Era una illusione, ma per un po’ ha funzionato.
Eppure quello che è successo nel 2008 avrebbe dovuto insegnare a tutti che quella non era medicina ma droga. Invece non è bastato. Molti pensano ancora, nonostante il perdurante disastro di tre anni fa, che le interessate chiacchiere dei liberisti capitalisti possano rimettere in piedi una economia sana. Basta ascoltare i discorsi dei leaders repubblicani candidati alla Casa Bianca per restare allibiti. Beninteso, ciò che lascia allibiti non è quello che dicono i candidati nel proprio interesse elettorale, ma il fatto che la gente non gli corra dietro per prenderli a calci nel sedere.
Romney propone di togliere tutti i vincoli alle transazioni finanziarie (così alla prossima crisi invece di dare alle banche 870 miliardi di dollari per non farle fallire, più dieci volte tanto negli anni a seguire in forma di sostegni finanziari, ne daremo il doppio o il triplo).
Gingrich non può proporre di meno, ma per farsi più bello propone di abolire totalmente le tasse sul capital gain, cioè sui guadagni di borsa. Così il “povero” Romney, che finora ha dovuto pagare l’insopportabile 15%, pagherà Zero, e tutti vissero felici e contenti.
Santorum se li tiene buoni tutti e due (forse spera di essere scelto come candidato vice-presidente da quello dei due che la spunterà sull’altro) e intanto per riscaldare la sua tifoseria accusa Obama di aver aumentato nei tre anni della sua presidenza di tre trilioni di dollari il bilancio statale. Naturalmente si guarda bene dal dire che il suo collega Bush, negli 8 anni dei suoi due consecutivi mandati ha regalato agli americani due recessioni e quasi dieci trilioni di debito, e non ha ricevuto da Clinton un paese economicamente allo sfascio.
Tutti portano l’esempio di Steve Jobs, inventore estremamente creativo dei diversi iPhone, iPad ecc. Certamente come inventore non si discute, è stato un vero genio, ma come creatore di ricchezza anche lui ha funzionato per la propria impresa ma non per il paese, visto che negli Stati Uniti la Apple impiega solo 43.000 persone.
Il grosso della produzione di Apple viene fatto in Cina e negli altri paesi dell’estremo oriente, saranno quindi loro (insieme agli azionisti di Apple) a trarre il maggior beneficio economico dalle invenzioni di Jobs.
E gli utili? In confronto al giro di affari, e di lavoro, che sviluppa una simile produzione, l’utile è poca cosa, e non è nemmeno certo che rientri in patria, quindi l’esempio di Jobs come creatore di ricchezza è del tutto falso, se visto sul piano nazionale.
Giustamente questa cosa la mette in evidenza Krugman nel suo recente articolo sul NYT, e la confronta col sempre criticato (dai liberisti) aiuto statale di Obama all’industria automobilistica americana. Quell’industria adesso è in ripresa e si sono salvate decine di migliaia di posti di lavoro. Considerando l’indotto sono centinaia di migliaia i posti di lavoro salvati. E sono tutti posti di lavoro dentro agli Stati Uniti! Inutile dire che quella è stata, ed è ancora, la cosa giusta da fare per rilanciare l’economia del paese. Di ogni paese!
Speriamo che negli Usa non prevalgano nelle prossime elezioni quelle strampalate idee liberiste che stanno portando il paese alla rovina totale. E speriamo che l’Europa si svegli da quel canto delle sirene che l’hanno portata ad inseguire e copiare tutto quello che (di sbagliato) arrivava e arriva dall’America.
La libertà è bella, è giusta e piace a tutti, ma troppa libertà è caos.
Una economia (e soprattutto, oggi, una finanza) senza regole severe, è una jungla invivibile ai civili.
È necessario a questo punto aprire un forte conflitto ideologico con i liberisti d’America per rivalutare finalmente gli ideali di società orientate ad un maggiore equilibrio nella distribuzione della ricchezza, che sappiano offrire nella competizione vere opportunità per tutti, ma anche maggiore giustizia sociale per chi non ha voglia, o possibilità, di competere.
di Roberto Marchesi

29 gennaio 2012

L’elite globale nasconde 18 trilioni di dollari nelle banche offshore


Di recente, il fatto che Mitt Romney – in corsa per le presidenziali USA – abbia milioni di dollari parcheggiati alle Isole Cayman ha riempito i titoli di tutto il mondo. Ma se passiamo alle banche offshore, i milioni di Romney sono spiccioli. La verità è che l’elite globale sta nascondendo nelle banche offshore una quantità di denaro che è semplicemente inimmaginabile. Stando ad una indagine sconcertante condotta dall’IMF (Fondo Monetario Internazionale), l’elite globale nasconde nelle banche offshore la somma di 18 trilioni di dollari.Tale cifra non tiene in conto i soldi depositati in Svizzera; anche questi sono una cifra incredibile. Per darvi un’idea, tenete a mente che il PIL USA del 2010 è stato di soli 14,5 trilioni di dollari. Dunque, perchè l’elite globale si prende tutta questa fatica di nascondere i soldi nelle banche offshore?

Due sono le ragioni essenziali: la prima è la privacy, la seconda la bassa tassazione.

La privacy è un tema veramente importante per quelli che sono coinvolti in operazioni illegali, tipo il traffico di droga; ma la ragione principale per la quale le persone spostano i loro soldi nelle banche offshore è per evitare le tasse. Alcuni aprono conti in nazioni estere perchè vogliono legalmente ridurre al minimo le proprie tasse, altri invece li aprono perchè vogliono evaderle illegalmente. Sareste veramente sorpresi dallo scoprire quello che grosse aziende e singoli privati fanno per evitare di pagare le tasse. Sfortunatamente, la grande maggioranza di noi non ha le cifre, o le conoscenze, necessarie per giocare a questo gioco, così siamo tassati fino alla disperazione.

Dunque, perchè le chiamano banche offshore (letteralmente fuori costa, ndt)?

Il termine ha origine con riferimento alle banche delle Isole del Canale (della Manica) che erano fuori dalle coste inglesi; ed infatti la maggior parte delle banche offshore sono tuttora collocate su isole. Le Bermuda, le Bahamas, le Isole Cayman e l’Isola di Man ne sono esempi. Altre località con banche offhsore quali il Principato di Monaco non sono minimamente fuori dalle coste, ma il termine è ugualmente valido.

È tradizione che queste centri di banche offshore siano molto attraenti sia per i criminali che per l’elite globale (dov’è la differenza? Ndt) perchè non diranno a nessuno – governi inclusi – del denaro lì parcheggiato chiunque ce l’abbia messo.

In questi giorni, alcuni governi – in particolare quello USA – stanno cercando di cambiare le cose, ma di sicuro la fine del sistema delle banche offshore non la vedremo presto. La quantità di denaro che transita per queste banche è assolutamente incredibile. È stato calcolato che l80% di tutte le transazioni del sistema bancario internazionale abbia luogo per tramite di queste banche offshore. 1,4 trilioni di dollari sono parcheggiati nelle banche offshore delle sole Isole Cayman.

In un articolo del Guardian
si è stimato che un terzo della ricchezza dell’intero pianeta sia depositata in banche offshore, altri ritengono che un quantitativo pari alla metà di tutto il capitale mondiale passi, in un modo o nell’altro, attraverso le banche offshore.

Ovviamente, tutto questo evitare le tassazioni significa che i governi del mondo stanno perdendo una montagna di denaro.

Si calcola che il governo USA perda 100 miliardi di dollari l’anno a causa di queste banche offshore. Altri collocano la cifra molto più in alto. Evitare le tasse è un gioco nel quale l’elite globale è maestra: loro giocano un tipo di gioco completamente diverso da quello che giochiamo tu ed io. Loro non se ne stanno lì fermi, seduti, a farsi spennare dalle tasse. Loro, invece, pagano i migliori esperti ed usano qualsiasi trucco contabile per potersi tenere quanti più soldi possono.

Ai giorni nostri, avvantaggiarsi dei paradisi fiscali offshore non è così complicato da farsi. Quello che segue è un recente articolo pubblicato su Politico...

Uno scenario plausibile è il seguente: affido un mandato ad un consulente. Questi, nel fare il suo lavoro, mi chiama e mi dice che se io firmo una serie di documenti e faccio transitare i miei soldi attraverso una piccola isola dei Caraibi, posso conservare una fetta più grossa dei miei guadagni e pagare meno tasse. Potrei aver guadagnato i miei soldi in America, ma legalmente posso affermare che di fatto sono stati guadagnati in un paradiso fiscale.

È legale, e forse parecchi di noi dovrebbero prenderlo in considerazione.

Dopo tutto, se giochini del genere funzionano con Mitt Romney, perchè non dovrebbero funzionare con noi? Durante una pausa della campagna elettorale, Romney ha detto quanto segue...

«Posso garantire che seguo le leggi fiscali».

Io gli credo fermamente: ma è quello che poi aggiunge che mi fa riflettere...

«E se cè una possibilità di risparmiare sulle tasse, io, come chiunque altro nel nostro Paese, cerco di approfittarne».

Ed io gli credo fermamente anche in questo caso.

La ABC News ha recentemente rivelato che la Bain Capital ha costituito alle Isole Cayman 138 differenti fondi offshore. È una cosa che deve funzionare piuttosto bene se devi ripeterla 138 volte. Ma la Bain Capital è impegnata altrettanto intensamente anche in altri centri con banche offshore.

Una fra le più importanti scatole vuote costituita dalla Bain Capital ai Caraibi, si chiamava Sankaty High Yield Asset Investors Ltd: non aveva nessun ufficio alle Bermuda, neppure aveva lì del personale; però, ha aiutato i clienti della Bain Capital a risparmiare una bella montagna di tasse.

Quanto segue è tratto da un articolo del 2007 pubblicato dal Los Angeles Times

.... Alle Bermuda, Romney era presidente ed unico azionista – per quattro anni – della Sankaty High Yield Asset Investors Ltd., canalizzava i soldi nella famiglia di fondi di investimento a rischio Sankati, della Bain Capital, fondi che investono in titoli di Stato ed obbligazioni societarie, come in mutui bancari.

Come migliaia di analoghe istituzioni finanziarie, Sankati non ha nessun ufficio alle Bermuda. La sua unica presenza consiste in una targhetta presso uno studio legale del centro di Hamilton, la capitale del territorio dell’isola britannica.

«Fondamentalmente è una casella postale», questo ha detto Marc B. Wolpow, che ha lavorato per nove anni con Romney alla Bain Capital e che costituì la Sankai Ltd., nell’ottobre del 1997, senza nemmeno aver mai visitato le Bermuda. «Non cè nessuno lì che vi lavori, a parte degli avvocati».

La quantità di denaro che è attualmente canalizzata dalla Sankaty è semplicemente sconcertante...

Stando ad un portavoce, oggi la Bain Capital gestisce portafogli per 60 miliardi di dollari. La cifra comprende 23 miliardi di dollari di fondi Sankati di credito e debito. Attualmente alle Bermuda sono attive una dozzina di affiliate Sankati, stando ai registri societari.

I fondi di investimento in debiti della Sankati sono strutturati come affiliate nel Delaware, dove producono delle entrate tassabili investendo su titoli obbligazionari a tasso fisso ed altri strumenti di debito. In base alle leggi fiscali, anche le istituzioni USA esentasse possono ricadere in un’aliquota del 35% se investono direttamente in tali fondi; mentre investendo per tramite di una società con sede alle Bermuda, le tasse sono legalmente evitate, questo a detta degli esperti.

Tutto ciò è perfettamente legale.

Nessuno avrà il minimo problema da tali comportamenti.

Tenendo i soldi in banche offshore, gli stessi gestori di questi fondi evitano la tassazione.

Victor Fleischer – un docente di fiscalità alla University of Colorado Law School – ha spiegato recentemente come la cosa funzioni...

«Lidea dietro alcune delle strategie delle Isole Cayman era che i guadagni ottenuti dai gestori dei fondi per gestire il denaro, erano conseguiti offshore nelle Isole Cayman ed il principale beneficio è che tu puoi procrastinare la data di tale tuo guadagno fino a quando non reinvesti nelle stesse Isole Cayman tali tue entrate, ma nemmeno nessuno di tali reinvestimenti sarà tassato, almeno finchè non lo ritiri».

È questo quello che faceva Romney?

Non lo sapremo, finchè non mostrerà le sue dichiarazioni dei redditi e delle tasse pagate.

Quello che invece sappiamo, è che Romney ha milioni di dollari suoi investiti in paradisi fiscali offshore.

Quanto segue proviene da ABC News...

Romney, oltre a pagare il minimo possibile sui suoi guadagni finanziari, ha perlomeno 8 milioni di dollari investiti in almeno 12 fondi registrati alle Isole Cayman. Un altro investimento, che Romney dice sia tra i 5 ed i 25 milioni di dollari, in base al deposito titoli risulta essere domiciliato alle Cayman.

Ma Romney non ha solo soldi domiciliati alle Isole Cayman. Apparentemente ha soldi sparsi fra tutti i vari paradisi fiscali.

Ecco quanto risulta da un articolo su Reuters...

I fondi Bain nei quali Romney ha investito, stando ad un’indagine Reuters su dati azionari, sono sparpagliati dal Delaware alle Isole Cayman, dalle Bermuda all’Irlanda e fino ad Hong Kong.

C’è qualcosa di sbagliato in tutto ciò?

Beh, dipende da come definiamo sbagliato.

Certo quello che Romney fa è perfettamente legale.

Però puzza. Jack Blum – avvocato di Washington – riferendosi alle finanze di Romney ha recentemente detto ad ABC News quanto segue ...

«Le sue finanze personali sono un esempio paradigmatico di cosa non funzioni nel sistema fiscale americano».

Dunque, adesso abbiamo alcuni spunti sul perchè Romney non voglia divulgare le sue vecchie dichiarazioni dei redditi. Come detto in precedenza, però, quello che sta facendo Romney sono pinzillacchere rispetto a quello che fanno i veri ricchi.

Il Congresso USA sta cercando di mettere le mani sulle banche offshore, ma i veri ricchi gli sono sempre due o tre passi avanti. Gli ultra-ricchi si spingono fino a qualsiasi estremo pur di non pagare le tasse.

Di fatto, il Washington Post ha pubblicato che un numero crescente di benestanti sta di fatto rinunciando alla propria cittadinanza piuttosto che fare i conti con l’ira dell’Agenzia delle Entrate (IRS negli USA, ndt).

Gli ultra-ricchi non sono comunque minimamente preoccupati per questo fatto della cittadinanza. Se vogliono influire su di una elezione, possono farlo molto pesantemente semplicemente con una donazione milionaria, piuttosto che mettendo insieme i pochi voti che hanno.

In un precedente articolo, ho descritto come gli ultra-ricchi usino il sistema delle banche offshore come sistema bancario ombra che segue delle regole che la maggior parte della gente neanche sa esistano...

È un sistema bancario ombra della quale la maggioranza degli americani ignora fin la sola esistenza. La maggior parte degli americani non ha le possibilità di costituire, in una mezza dozzina di Paesi esteri, delle società che siano delle scatole vuote in modo da poter filtrare i propri profitti. La maggior parte degli americani non sa nulla di quei complicati piani per evitare le tasse, piani che sono messi a punto da fiscalisti e che si chiamano Double Irish o Dutch Sandwich. La maggior parte degli americani non ha idea di come potrebbe far arrivare alle Bermuda il grosso dei propri guadagni, ed evitare di pagare le tasse.

La maggior parte dell’elite globale non si preoccupa minimamente del fatto che il debito USA sia proiettato a livelli stratosferici: tutto quello di cui si preoccupa è di potersi tenere in tasca quanto più denaro possibile dei propri soldi.

Naturalmente, esistono sempre le eccezioni. Recentemente, Warren Buffett ha staccato un assegno da 49.000 dollari, per il Tesoro USA, per aiutare a ripagare il debito nazionale. Considerando però il fatto che il debito nazionale USA cresce ad un ritmo di più di 100 milioni di dollari l’ora, il suo gesto non cambia molto le cose.

Il nostro sistema è rotto fin nel profondo, e l’elite globale si allontana lasciando cadaveri per strada. Nei decenni, hanno messo a punto con cura le regole in modo che la quantità maggiore possibile di ricchezza finisse nelle loro tasche, e che lì rimanesse.

Naturalmente, se eliminassimo totalmente gli attuali sistemi di tassazione personale e societaria, e li sostituissimo con dei sistemi totalmente nuovi, ci libereremmo in una sola volta di tutti questi trucchi.

Quante probabilità pensate ci siano?
Fonte > The economic collapse

02 febbraio 2012

Sì, occorrono davvero i forconi

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La Casta finge di ridursi lo stipendio. Il tesoriere della defunta Margherita incassa 13 milioni: tutti per sé? E un senatore Pdl compra un palazzo e lo stesso giorno lo rivende alla Previdenza: cresta di 18 milioni d i Vittorio Feltri a polemica annosa sui compensi e sui privilegi della Casta è sempre stata stucchevo- le, ma ora sta diventando insopportabile. Le ultime notizie sui costi della politica, poi, sono urticanti: dimostrano che i parlamentari non hanno il coraggio delle proprie azioni e che, per non perdere quattro soldi, adottano sotterfugi infantili, perfino ingenui, tali sa suscitare un sentimento di pena, se non di disprezzo nei loro confronti. In questi giorni l`indennità mensile doveva aumentare complessivamente di 1.300 euro circa in ogni onorevole «busta paga». Altro che tagli. I1Parlamento, però, furbescamente ha deciso che quell`aumento non ci sarà per i deputati, ma finirà in un fondo a disposizione dei medesimi. Sicché lo Stato dovrà comunque sborsare quei quattrini. Di fatto i costi della politica che si volevano ridurre non diminuiranno affatto. Siamo alla presa in giro. Ed è questo che infastidisce, suppongo, gli italiani. I quali, tra l`altro, non ce l`hanno con i loro rappresentanti perché guadagnano troppo (cosa non vera, i parlamentari delle nazioni europee suppergiù incassano la stessa cifra). Figuriamoci.
Un qualunque professionista medio, ed anche piccolo, ha un reddito più elevato.
I cittadini semmai detestano i politici perché non valgono niente, sono inetti, incapaci di risolvere i problemi reali del Paese, impegnati nella conservazione della poltrona e del potere, insensibili al bene comune, smaniosi di fare carriera e basta. L`antipoliticanon nasce daunapropagan da distorta, ma dalla cattiva politica.
Queste non sono opinioni, bensì dati di fatto. Se quelli delPalazzo hanno conciato male l`Italia, e se, di fronte alla crisi, si sono arresi per manifesta inadeguatezza, cedendo il timone ai tecnici, significa che non sanno fare il loro mestiere. Ovvio che la gente voglia mandarli a casa e magari inseguirli coi forconi. Non è quanto essi percepiscono a scandalizzare, ma lo zero che hanno combinato e combinano. Se aggiungiamo che i partiti incamerano mostruosi rimborsi elettorali (pagati anche questi (...) segue a pagina 3 (...) dallo Stato) dei quali siignorala destinazione, be`, allora si comprende perché i contribuenti abbiano il sangue agli occhi e odino la Casta. Centinaia e centinaia di milioni di euro riscossi da segreterie che nonrendono conto a nessuno del loro operato; denaro che spesso piove nelle casse di fondazioni intestate a notabili, forse investito in immobili, forse utilizzato per consentire a leader e leaderinidivivere al di sopra delle loro possibilità. E la base? Ignara, si fida; non sospetta, quantomeno è rassegnata alle turlupinature dei vertici.Intanto, cresce il disgusto per chi, invece di dare un buon esempio, ne dà uno pessimo, quotidianamente.
Il caso della defunta Margherita merita un «cammeo». L`ex tesoriere del partito confluito nel Partito democratico avrebbe sottratto al «tesoro» affidatogli la bellezza di 13 milioni di euro.Per farne che?Arricchire il proprio conto corrente e acquistare appartamenti di prestigio. Come sia stato possibile per lui mettere a segno un colpo simile è un mistero. La Margherita è sfiorita da anni, la sua contabilità dovrebbe esser chiusa da quasi un lustro, ma soltanto adesso scopre che mancano 13 milioni?Arturo Parisi, ministro del governo Prodi, appreso del buco, ha dichiarato: «Mi accorsi di alcune voci di bilancio opache, somme consistenti in uscita. Si decise allora di istituire una commissione diverifica. Si riunì una sola volta, ma andò deserta».
Francesco Rutelli, fondatore e becchino della defraudata Margherita, ha commentato così l`allegra amministrazione: «Sono sconcertato, noi siamo parte lesa».
Qui l`unica lesione seria è stata fatta all`intelligenza.
Come si può pretendere che chi non sa gestire il proprio portafogli, sappia gestire il Paese? Non è tutto. Schifezze anche a destra. C`è una par condicio che accomuna entrambi i poli. Enrico Mentana ieri sera, in diretta, ha raccontato la seguente edificante storiella.
Un senatore delPdl, tale Riccardo Conti, un bel dì si compra un palazzo (a Roma) da un fondo controllato da Banca Intesa e il giorno stesso lo rivende, senza cacciare un euro di tasca, facendoci una cresta di 18 milioni di euro. Chi è l`ultimo acquirente? L`Istituto di Previdenza degli psicologi. I quali versano i contributi nella convinzione servano per la propria vecchiaia serena e che, invece, vanno a foraggiare un esponente minore (mica tanto minore) della Casta. Ma sì, occorrono davvero i forconi.

di Vittorio Feltri

01 febbraio 2012

Finanza speculativa: un conflitto ideologico irrinunciabile




Il conflitto ideologico a cui mi riferisco è quello contro la finanza globale speculativa che sta mettendo in ginocchio sempre più rapidamente tutte le economie occidentali, insieme alla cancellazione di faticose conquiste sociali messe insieme in un secolo di lotte e sacrifici da milioni di cittadini, lavoratori e imprenditori.
Quando la gente sente i vari commentatori di politica e di economia dire che questa è una crisi strutturale, non congiunturale, probabilmente non tutti ne capiscono il vero significato. Molti sicuramente pensano che è semplicemente una crisi un po’ più grave delle altre e che occorrono fare maggiori sacrifici. Cioè, pensano: se per una crisi congiunturale occorre una manovra da 50 miliardi di euro, per la crisi strutturale ne occorrono 100 o 200, ci vorrà più tempo, ma poi si riparte. Come nelle carestie.
Capisce bene che occorrono più sacrifici, ma probabilmente non si rende conto invece che la ripartenza non sarà mai più come quella che si ha in mente e che forse si è già sperimentato. Molta gente non si rende ancora conto che con la crisi strutturale il cambiamento è molto più profondo e definitivo. Molte cose cui prima si era abituati non ci saranno proprio più, nonostante i sacrifici. E sono tutte cose che, tra l’altro, colpiscono proprio la gente semplice, quelli delle classi medie e povere del paese, e molto poco le classi alte e ricche.
A questo punto, pur essendo questo fenomeno presente sia negli Stati Uniti che in Europa, dovrei fare una sostanziale differenziazione tra gli effetti che produce nei due diversi sistemi. Nell’America liberista e capitalista la situazione è più grave a causa di una già preesistente maggiore disuguaglianza sociale, ma il peggioramento è inferiore perché ci sono al governo i democratici, più attenti alle problematiche sociali e di equità socio-economica nella distribuzione della ricchezza. Nell’Europa “socialista” che parte invece da una situazione socio-economica più equilibrata, è il sicuro e pesante peggioramento all’orizzonte, dovuto alle iniziative (sbagliate) che vengono prese, a rendere l’evidenza della crisi in termini strutturali molto più pesante.
La prima puntualizzazione da fare è sul termine “socialista” usato dagli americani. È vero che l’Europa ha una organizzazione sociale più evoluta grazie al suo recente passato (dal dopoguerra) nel quale amministrazioni pubbliche ispirate al socialismo hanno steso regole di migliore equilibrio sociale, ma è purtroppo vero anche che negli ultimi 10-15 anni hanno avuto il sopravvento politiche populiste che hanno aperto la porta ad amministrazioni politiche di centro-destra (talvolta persino con pericolosi e gravi sconfinamenti nelle nostalgie nazi-fasciste) che hanno formato l’attuale “colorazione” politica, caratterizzata da una forte spinta verso le liberalizzazioni e l’imitazione della cultura capitalista americana.
Infatti nell’Europa di oggi ci sono Germania, Francia, Italia (anche nel governo “tecnico”), Spagna e Gran Bretagna che sono tutte guidate da governi di centro-destra, cioè governi “conservatori”. I quali hanno portato anche nel Parlamento europeo quelle politiche liberiste e conservatrici che sono la principale causa di questa crisi “epocale”, anche se nessuno dei maggiori organi di informazione lo dice apertamente, perché sono tutti, poco o tanto, legati a quella ideologia.
Anche se il liberismo non ha una precisa bandiera che lo identifica, il “liberismo-conservatore”, potentissimo motore del capitalismo, è una ideologia, ed è una ideologia che guida in questo periodo, praticamente senza contradditorio, tutta l’economia mondiale. Persino la Cina comunista, sul piano economico, si è adagiata per convenienza a questa linea.
Qualche contrasto (di poco conto), in giro per il mondo c’è, ma nella maggior parte dei casi è più sul piano della religione che su quello dell’economia sociale.
Eppure è veramente strano che, dopo l’evidente fallimento, nel 2008, delle politiche economiche liberiste, non sia ancora partita una netta inversione di tendenza guidata dall’ideologia tradizionalmente avversaria di quella liberista, e cioè l’ideologia socialista.
Eppure dovrebbe essere nella logica delle cose.
Quando a fine anni ‘80 è stata salutata (sul piano economico) la fine dell’inconcludente ideologia statalista e ha preso il sopravvento il liberismo in economia, molti hanno pensato che fosse la più semplice delle ricette verso la prosperità. Era una illusione, ma per un po’ ha funzionato.
Eppure quello che è successo nel 2008 avrebbe dovuto insegnare a tutti che quella non era medicina ma droga. Invece non è bastato. Molti pensano ancora, nonostante il perdurante disastro di tre anni fa, che le interessate chiacchiere dei liberisti capitalisti possano rimettere in piedi una economia sana. Basta ascoltare i discorsi dei leaders repubblicani candidati alla Casa Bianca per restare allibiti. Beninteso, ciò che lascia allibiti non è quello che dicono i candidati nel proprio interesse elettorale, ma il fatto che la gente non gli corra dietro per prenderli a calci nel sedere.
Romney propone di togliere tutti i vincoli alle transazioni finanziarie (così alla prossima crisi invece di dare alle banche 870 miliardi di dollari per non farle fallire, più dieci volte tanto negli anni a seguire in forma di sostegni finanziari, ne daremo il doppio o il triplo).
Gingrich non può proporre di meno, ma per farsi più bello propone di abolire totalmente le tasse sul capital gain, cioè sui guadagni di borsa. Così il “povero” Romney, che finora ha dovuto pagare l’insopportabile 15%, pagherà Zero, e tutti vissero felici e contenti.
Santorum se li tiene buoni tutti e due (forse spera di essere scelto come candidato vice-presidente da quello dei due che la spunterà sull’altro) e intanto per riscaldare la sua tifoseria accusa Obama di aver aumentato nei tre anni della sua presidenza di tre trilioni di dollari il bilancio statale. Naturalmente si guarda bene dal dire che il suo collega Bush, negli 8 anni dei suoi due consecutivi mandati ha regalato agli americani due recessioni e quasi dieci trilioni di debito, e non ha ricevuto da Clinton un paese economicamente allo sfascio.
Tutti portano l’esempio di Steve Jobs, inventore estremamente creativo dei diversi iPhone, iPad ecc. Certamente come inventore non si discute, è stato un vero genio, ma come creatore di ricchezza anche lui ha funzionato per la propria impresa ma non per il paese, visto che negli Stati Uniti la Apple impiega solo 43.000 persone.
Il grosso della produzione di Apple viene fatto in Cina e negli altri paesi dell’estremo oriente, saranno quindi loro (insieme agli azionisti di Apple) a trarre il maggior beneficio economico dalle invenzioni di Jobs.
E gli utili? In confronto al giro di affari, e di lavoro, che sviluppa una simile produzione, l’utile è poca cosa, e non è nemmeno certo che rientri in patria, quindi l’esempio di Jobs come creatore di ricchezza è del tutto falso, se visto sul piano nazionale.
Giustamente questa cosa la mette in evidenza Krugman nel suo recente articolo sul NYT, e la confronta col sempre criticato (dai liberisti) aiuto statale di Obama all’industria automobilistica americana. Quell’industria adesso è in ripresa e si sono salvate decine di migliaia di posti di lavoro. Considerando l’indotto sono centinaia di migliaia i posti di lavoro salvati. E sono tutti posti di lavoro dentro agli Stati Uniti! Inutile dire che quella è stata, ed è ancora, la cosa giusta da fare per rilanciare l’economia del paese. Di ogni paese!
Speriamo che negli Usa non prevalgano nelle prossime elezioni quelle strampalate idee liberiste che stanno portando il paese alla rovina totale. E speriamo che l’Europa si svegli da quel canto delle sirene che l’hanno portata ad inseguire e copiare tutto quello che (di sbagliato) arrivava e arriva dall’America.
La libertà è bella, è giusta e piace a tutti, ma troppa libertà è caos.
Una economia (e soprattutto, oggi, una finanza) senza regole severe, è una jungla invivibile ai civili.
È necessario a questo punto aprire un forte conflitto ideologico con i liberisti d’America per rivalutare finalmente gli ideali di società orientate ad un maggiore equilibrio nella distribuzione della ricchezza, che sappiano offrire nella competizione vere opportunità per tutti, ma anche maggiore giustizia sociale per chi non ha voglia, o possibilità, di competere.
di Roberto Marchesi

29 gennaio 2012

L’elite globale nasconde 18 trilioni di dollari nelle banche offshore


Di recente, il fatto che Mitt Romney – in corsa per le presidenziali USA – abbia milioni di dollari parcheggiati alle Isole Cayman ha riempito i titoli di tutto il mondo. Ma se passiamo alle banche offshore, i milioni di Romney sono spiccioli. La verità è che l’elite globale sta nascondendo nelle banche offshore una quantità di denaro che è semplicemente inimmaginabile. Stando ad una indagine sconcertante condotta dall’IMF (Fondo Monetario Internazionale), l’elite globale nasconde nelle banche offshore la somma di 18 trilioni di dollari.Tale cifra non tiene in conto i soldi depositati in Svizzera; anche questi sono una cifra incredibile. Per darvi un’idea, tenete a mente che il PIL USA del 2010 è stato di soli 14,5 trilioni di dollari. Dunque, perchè l’elite globale si prende tutta questa fatica di nascondere i soldi nelle banche offshore?

Due sono le ragioni essenziali: la prima è la privacy, la seconda la bassa tassazione.

La privacy è un tema veramente importante per quelli che sono coinvolti in operazioni illegali, tipo il traffico di droga; ma la ragione principale per la quale le persone spostano i loro soldi nelle banche offshore è per evitare le tasse. Alcuni aprono conti in nazioni estere perchè vogliono legalmente ridurre al minimo le proprie tasse, altri invece li aprono perchè vogliono evaderle illegalmente. Sareste veramente sorpresi dallo scoprire quello che grosse aziende e singoli privati fanno per evitare di pagare le tasse. Sfortunatamente, la grande maggioranza di noi non ha le cifre, o le conoscenze, necessarie per giocare a questo gioco, così siamo tassati fino alla disperazione.

Dunque, perchè le chiamano banche offshore (letteralmente fuori costa, ndt)?

Il termine ha origine con riferimento alle banche delle Isole del Canale (della Manica) che erano fuori dalle coste inglesi; ed infatti la maggior parte delle banche offshore sono tuttora collocate su isole. Le Bermuda, le Bahamas, le Isole Cayman e l’Isola di Man ne sono esempi. Altre località con banche offhsore quali il Principato di Monaco non sono minimamente fuori dalle coste, ma il termine è ugualmente valido.

È tradizione che queste centri di banche offshore siano molto attraenti sia per i criminali che per l’elite globale (dov’è la differenza? Ndt) perchè non diranno a nessuno – governi inclusi – del denaro lì parcheggiato chiunque ce l’abbia messo.

In questi giorni, alcuni governi – in particolare quello USA – stanno cercando di cambiare le cose, ma di sicuro la fine del sistema delle banche offshore non la vedremo presto. La quantità di denaro che transita per queste banche è assolutamente incredibile. È stato calcolato che l80% di tutte le transazioni del sistema bancario internazionale abbia luogo per tramite di queste banche offshore. 1,4 trilioni di dollari sono parcheggiati nelle banche offshore delle sole Isole Cayman.

In un articolo del Guardian
si è stimato che un terzo della ricchezza dell’intero pianeta sia depositata in banche offshore, altri ritengono che un quantitativo pari alla metà di tutto il capitale mondiale passi, in un modo o nell’altro, attraverso le banche offshore.

Ovviamente, tutto questo evitare le tassazioni significa che i governi del mondo stanno perdendo una montagna di denaro.

Si calcola che il governo USA perda 100 miliardi di dollari l’anno a causa di queste banche offshore. Altri collocano la cifra molto più in alto. Evitare le tasse è un gioco nel quale l’elite globale è maestra: loro giocano un tipo di gioco completamente diverso da quello che giochiamo tu ed io. Loro non se ne stanno lì fermi, seduti, a farsi spennare dalle tasse. Loro, invece, pagano i migliori esperti ed usano qualsiasi trucco contabile per potersi tenere quanti più soldi possono.

Ai giorni nostri, avvantaggiarsi dei paradisi fiscali offshore non è così complicato da farsi. Quello che segue è un recente articolo pubblicato su Politico...

Uno scenario plausibile è il seguente: affido un mandato ad un consulente. Questi, nel fare il suo lavoro, mi chiama e mi dice che se io firmo una serie di documenti e faccio transitare i miei soldi attraverso una piccola isola dei Caraibi, posso conservare una fetta più grossa dei miei guadagni e pagare meno tasse. Potrei aver guadagnato i miei soldi in America, ma legalmente posso affermare che di fatto sono stati guadagnati in un paradiso fiscale.

È legale, e forse parecchi di noi dovrebbero prenderlo in considerazione.

Dopo tutto, se giochini del genere funzionano con Mitt Romney, perchè non dovrebbero funzionare con noi? Durante una pausa della campagna elettorale, Romney ha detto quanto segue...

«Posso garantire che seguo le leggi fiscali».

Io gli credo fermamente: ma è quello che poi aggiunge che mi fa riflettere...

«E se cè una possibilità di risparmiare sulle tasse, io, come chiunque altro nel nostro Paese, cerco di approfittarne».

Ed io gli credo fermamente anche in questo caso.

La ABC News ha recentemente rivelato che la Bain Capital ha costituito alle Isole Cayman 138 differenti fondi offshore. È una cosa che deve funzionare piuttosto bene se devi ripeterla 138 volte. Ma la Bain Capital è impegnata altrettanto intensamente anche in altri centri con banche offshore.

Una fra le più importanti scatole vuote costituita dalla Bain Capital ai Caraibi, si chiamava Sankaty High Yield Asset Investors Ltd: non aveva nessun ufficio alle Bermuda, neppure aveva lì del personale; però, ha aiutato i clienti della Bain Capital a risparmiare una bella montagna di tasse.

Quanto segue è tratto da un articolo del 2007 pubblicato dal Los Angeles Times

.... Alle Bermuda, Romney era presidente ed unico azionista – per quattro anni – della Sankaty High Yield Asset Investors Ltd., canalizzava i soldi nella famiglia di fondi di investimento a rischio Sankati, della Bain Capital, fondi che investono in titoli di Stato ed obbligazioni societarie, come in mutui bancari.

Come migliaia di analoghe istituzioni finanziarie, Sankati non ha nessun ufficio alle Bermuda. La sua unica presenza consiste in una targhetta presso uno studio legale del centro di Hamilton, la capitale del territorio dell’isola britannica.

«Fondamentalmente è una casella postale», questo ha detto Marc B. Wolpow, che ha lavorato per nove anni con Romney alla Bain Capital e che costituì la Sankai Ltd., nell’ottobre del 1997, senza nemmeno aver mai visitato le Bermuda. «Non cè nessuno lì che vi lavori, a parte degli avvocati».

La quantità di denaro che è attualmente canalizzata dalla Sankaty è semplicemente sconcertante...

Stando ad un portavoce, oggi la Bain Capital gestisce portafogli per 60 miliardi di dollari. La cifra comprende 23 miliardi di dollari di fondi Sankati di credito e debito. Attualmente alle Bermuda sono attive una dozzina di affiliate Sankati, stando ai registri societari.

I fondi di investimento in debiti della Sankati sono strutturati come affiliate nel Delaware, dove producono delle entrate tassabili investendo su titoli obbligazionari a tasso fisso ed altri strumenti di debito. In base alle leggi fiscali, anche le istituzioni USA esentasse possono ricadere in un’aliquota del 35% se investono direttamente in tali fondi; mentre investendo per tramite di una società con sede alle Bermuda, le tasse sono legalmente evitate, questo a detta degli esperti.

Tutto ciò è perfettamente legale.

Nessuno avrà il minimo problema da tali comportamenti.

Tenendo i soldi in banche offshore, gli stessi gestori di questi fondi evitano la tassazione.

Victor Fleischer – un docente di fiscalità alla University of Colorado Law School – ha spiegato recentemente come la cosa funzioni...

«Lidea dietro alcune delle strategie delle Isole Cayman era che i guadagni ottenuti dai gestori dei fondi per gestire il denaro, erano conseguiti offshore nelle Isole Cayman ed il principale beneficio è che tu puoi procrastinare la data di tale tuo guadagno fino a quando non reinvesti nelle stesse Isole Cayman tali tue entrate, ma nemmeno nessuno di tali reinvestimenti sarà tassato, almeno finchè non lo ritiri».

È questo quello che faceva Romney?

Non lo sapremo, finchè non mostrerà le sue dichiarazioni dei redditi e delle tasse pagate.

Quello che invece sappiamo, è che Romney ha milioni di dollari suoi investiti in paradisi fiscali offshore.

Quanto segue proviene da ABC News...

Romney, oltre a pagare il minimo possibile sui suoi guadagni finanziari, ha perlomeno 8 milioni di dollari investiti in almeno 12 fondi registrati alle Isole Cayman. Un altro investimento, che Romney dice sia tra i 5 ed i 25 milioni di dollari, in base al deposito titoli risulta essere domiciliato alle Cayman.

Ma Romney non ha solo soldi domiciliati alle Isole Cayman. Apparentemente ha soldi sparsi fra tutti i vari paradisi fiscali.

Ecco quanto risulta da un articolo su Reuters...

I fondi Bain nei quali Romney ha investito, stando ad un’indagine Reuters su dati azionari, sono sparpagliati dal Delaware alle Isole Cayman, dalle Bermuda all’Irlanda e fino ad Hong Kong.

C’è qualcosa di sbagliato in tutto ciò?

Beh, dipende da come definiamo sbagliato.

Certo quello che Romney fa è perfettamente legale.

Però puzza. Jack Blum – avvocato di Washington – riferendosi alle finanze di Romney ha recentemente detto ad ABC News quanto segue ...

«Le sue finanze personali sono un esempio paradigmatico di cosa non funzioni nel sistema fiscale americano».

Dunque, adesso abbiamo alcuni spunti sul perchè Romney non voglia divulgare le sue vecchie dichiarazioni dei redditi. Come detto in precedenza, però, quello che sta facendo Romney sono pinzillacchere rispetto a quello che fanno i veri ricchi.

Il Congresso USA sta cercando di mettere le mani sulle banche offshore, ma i veri ricchi gli sono sempre due o tre passi avanti. Gli ultra-ricchi si spingono fino a qualsiasi estremo pur di non pagare le tasse.

Di fatto, il Washington Post ha pubblicato che un numero crescente di benestanti sta di fatto rinunciando alla propria cittadinanza piuttosto che fare i conti con l’ira dell’Agenzia delle Entrate (IRS negli USA, ndt).

Gli ultra-ricchi non sono comunque minimamente preoccupati per questo fatto della cittadinanza. Se vogliono influire su di una elezione, possono farlo molto pesantemente semplicemente con una donazione milionaria, piuttosto che mettendo insieme i pochi voti che hanno.

In un precedente articolo, ho descritto come gli ultra-ricchi usino il sistema delle banche offshore come sistema bancario ombra che segue delle regole che la maggior parte della gente neanche sa esistano...

È un sistema bancario ombra della quale la maggioranza degli americani ignora fin la sola esistenza. La maggior parte degli americani non ha le possibilità di costituire, in una mezza dozzina di Paesi esteri, delle società che siano delle scatole vuote in modo da poter filtrare i propri profitti. La maggior parte degli americani non sa nulla di quei complicati piani per evitare le tasse, piani che sono messi a punto da fiscalisti e che si chiamano Double Irish o Dutch Sandwich. La maggior parte degli americani non ha idea di come potrebbe far arrivare alle Bermuda il grosso dei propri guadagni, ed evitare di pagare le tasse.

La maggior parte dell’elite globale non si preoccupa minimamente del fatto che il debito USA sia proiettato a livelli stratosferici: tutto quello di cui si preoccupa è di potersi tenere in tasca quanto più denaro possibile dei propri soldi.

Naturalmente, esistono sempre le eccezioni. Recentemente, Warren Buffett ha staccato un assegno da 49.000 dollari, per il Tesoro USA, per aiutare a ripagare il debito nazionale. Considerando però il fatto che il debito nazionale USA cresce ad un ritmo di più di 100 milioni di dollari l’ora, il suo gesto non cambia molto le cose.

Il nostro sistema è rotto fin nel profondo, e l’elite globale si allontana lasciando cadaveri per strada. Nei decenni, hanno messo a punto con cura le regole in modo che la quantità maggiore possibile di ricchezza finisse nelle loro tasche, e che lì rimanesse.

Naturalmente, se eliminassimo totalmente gli attuali sistemi di tassazione personale e societaria, e li sostituissimo con dei sistemi totalmente nuovi, ci libereremmo in una sola volta di tutti questi trucchi.

Quante probabilità pensate ci siano?
Fonte > The economic collapse