18 agosto 2009

La crisi e, i numeri della finanza

Sto aspettando pazientemente che i dati del delirio arrivino alla luce, ma sono davvero curioso. Sono curioso perche’ i numeri della finanza nell’ultimo anno non hanno alcun senso. Perche’ i casi sono due: o sono stati forniti dei dati palesemente falsi sull’entita’ della “botta” (ma non credo) oppure stanno venendo forniti dati palesemente falsi sulla cosiddetta ripresa. Vediamo di riassumere un minimo in senso cronologico.

Proviamo a sintetizzare la storia che dovremmo berci, cioe’ la storia dell’ultimo anno:

* Crollo di Lehman Brothers, esplosione del panico nelle borse, crisi dei subprime produce danni enormi, numeri alla mano si tratta di 14.000 miliardi di dollari persi solo nella borsa di New York.
* La crisi procede, e falcia brutalmente i tre grandi colossi dell’auto americana, gia’ in crisi da tempo.
* Si parla di meltdown, e il Dow Jones raggiunge l’indice che serve ad iniziare il processo.
* Si inizia a parlare di riformare le regole, e si inizia con un summit nel quale si decide che si decidera’.
* Nel frattempo, il valore delle case negli USA rasenta quello del 1963.
* Il governo USA deve intervenire con un piano da 750 miliardi di dollari, il TARP, per salvare alcune istituzioni.Non saranno spesi che per il 30%.
* Si fa un altro summit, nel quale si decide quando si decidera’.
* Viene condannato a 150 anni un piccolo truffatore, che ha truffato 50 miliardi di dollari, una goccia nell’oceano dei 14.000 miliardi di perdite.
* Il governo inglese deve intervenire con piu’ di 300 miliardi di sterline, al punto da far declassare il debito pubblico.
* Le stime europee sono quelle di un continente che perde dal 5% quando va bene, sino all’ 11% quando va male.
* Si celebra un inutile G8, dal quale esce una dichiarazione che dice “faremo i bravi e Babbo Natale ci portera’ i regali”, o poco piu’. Nessuna reale azione viene intrapresa.
* Si vedono segni di ripresa.
* Si vedono vermi, Usul, come nemmeno Dio ne aveva mai visti.
* Si intravvedono altri segni di ripresa.
* Obama dichiara che la crisi e’ finita. Diverse finanziarie americane dichiarano che restituiranno il TARP.
* GS annuncia di essere in utile, anche se di poco.Ford ha i conti a posto. GM prevede di averli tra pochi mesi.Fiat continua a guadagnare mercato.
* Riprende il consumo di petrolio, e i futures iniziano a salire , crescono gli investimenti nell’edilizia americana.
* Signor Scott, energia.

Ora, le ipotesi sono due: poiche’ recuperare 14.000 miliardi di perdite e’ semplicemente impossibile in un anno, e l’entita’ completa del danno era ben superiore, si possono pensare diverse cose:

* La prima e’ che l’entita’ della crisi fosse sovrastimata. E’ assai improbabile. E’ assai improbabile perche’ tutti abbiamo visto gli effetti, i nuovi disoccupati esistono, le aziende chiudono. E’ improbabile assai che si sia potuta falsificare l’intensita’ di questa crisi, anche se il fenomeno del back to market permettera’ di riassorbirla nel lungo termine. Ipotizzare che qualcuno abbia finto un disastro richiede, vista l’entita’ delle perdite, richiede di tirare in ballo almeno i rettiliani.(1)
* La seconda cosa che si puo’ pensare e’ che si stiano sovrastimando molto gli effetti di uesta “ripresa”. Probabilmente in parte e’ vero, perche’ siamo nel bel mezzo di una grossa speculazione finanziaria sulle materie prime, petrolio in primis. Tuttavia, e’ interessante notare come anche in Italia si vedano gli effetti di questa “ripresa”, anche se il mercato impieghera’ ancora tutta l’estate per ristrutturarsi. Interessante come Tremonti voglia liberarsi di parte della riserva aurea italiana, facendo venire i sudori freddi a tutti gli investitori in titoli. Un gioco pericoloso, che si puo’ fare soltanto se si ha qualche freccia all’arco.(2)
* La terza ipotesi, che mi sembra piu’ probabile, e’ che insieme a qualche scampolo delle prime due (la necessita’ propagandistica di sostenere il nulla de facto delle riforme governative alla finanza attribuendogli il potere di funzionare solo perche’ se ne parla, e un certo panico di borsa anche laddove non c’era ragione) e’ semplicemente che la crisi sia stata semplicemente un “assestamento” da un mondo finanziariamente unipolare ad uno multipolare.

Il motivo per il quale dico questo e’ che durante questa crisi abbiamo assistito, per la prima volta , ad un fenomeno interessantissimo: sebbene vi siano state perdite anche ad Oriente , e sebbene il Giappone continui a mantenere lo stato di “malato terminale”(3), non c’e’ stata correlazione tra lo svolgersi della crisi ad occidente e quella nell’area orientale. Si e’ verificato il “detach”, il che significa che l’oriente ormai corre con le proprie gambe, e risente poco di crolli consistenti dell’economia occidentale.

Ovviamente, la nascita di un’area economicamente autonoma produce un cambiamento degli equilibri, e non c’e’ dubbio che quella che prima era la riserva di caccia delle borse anglosassoni, sia diventata territorio di caccia di cacciatori locali, i quali difendono piuttosto bene il proprio spazio.

Se una volta le scorribande miliardarie dei raider europei in oriente(4) riempivano i nostri giornali, oggi a Londra e New Yori devono bussare e chiedere il permesso per mettere piede nel territorio altrui. Poiche’ ogni nuovo equilibrio richiede un ridimensionamento delle vecchie forze dominanti, e’ abbastanza spontaneo pensare che in realta’ questa crisi sia una conseguenza dell’avvenuta indipendenza di alcuni mercati orientali rispetto alla finanza anglosassone. E cioe’ a cedere sia stato il pezzo piu’ debole della catena (il mercato dei prestiti immobiliari) ma la tensione sia stata provocata dal progressivo affievolirsi dei ritorni economici , dei flussi che prima consentivano alle istituzioni occidentali di vendere tonnellate di merda e farci dei soldi.

Ovviamente, per una simile analisi occorrera’ che gli storici ne parlino, e quindi occorrera’ che qualcuno tra un paio di secoli di giri indietro e ci mostri i fatti in prospettiva. Il motivo per il quale propendo per questa impressione e’ che per giustificare il delta tra la situazione di 12 mesi fa e quella odierna occorre un fattore pesante 10 triliardi di dollari.

Se i danni effettivamente compensati dagli interventi governativi ammontano, sinora, a circa 4000 miliardi, perche’ ci sono segni di ripresa mentre dovremmo essere ancora ben lungi dal vedere la fine del tunnel? L’unica ipotesi che mi sento di fare e’ che il “detach” dell’economia dell’area cinese sia “costata” in termini di mancati profitti, una cifra simile.

L’idea e’ che buona parte di questa merda vensise giocata sulle borse orientali, e che fosse su quei mercati che avvenivano le speculazioni piu’ grosse, o che perlomeno quello fosse il “dumping” ove finivano i titoli piu’ tossici: una volta arrivati i cacciatori locali, e una volta che l’attenzione dei locali si e’ rivolta all’economia locale anziche’ ai soliti padroni del salvadenanio, gli investitori occidentali non sono piu’ riusciti a vendere la loro merda subprime , e il rischio sia esploso nelle loro mani.

Insomma, se togliamo dal controllo occidentale un’area simile, che diviene finanziariamente autonoma, chi prima faceva guadagni enormi in quelle aree smette di farlo.

Questa ipotesi spiegherebbe diversi fenomeni:

1. L’industria si sta riprendendo , sembra , ancora piu’ velocemente di quanto avessi predetto. Che Ford dichiarasse un buon bilancio non me lo aspettavo. Che FIAT crescesse cosi’ sul mercato a scapito dei tedeschi nemmeno. Che le PMI riuscissero a trovare sollievo(5) e che resistessero cosi’ tanto , nemmeno. La crisi del credito li ha ridotti in ginocchio, ma hanno superato giugno, e quindi il momento piu’ buio. Se questo succede e’ perche’ la crisi non era cosi’ impattante sul piano strutturale. DOVE, quindi, si e’ sfogata la crisi? Non c’e’ traccia dei 10 triliardi di dollari di perdite nelle perdite -sebbene rilevanti- dell’industria in se’.
2. Le banche e gli enti finanziari, anche se stanno imbellettando i bilanci, stanno resistendo meglio del previsto. Per essere l’epicentro della crisi , mi sembra che ci siano troppe poche macerie. Dove sono finite le perdite? E specialmente, dove erano, prima , i guadagni che oggi mancano?
3. I consumi, tutto sommato, reggono. Ci sono stati dei punti percentuali di perdita, ma non sono coerenti con le cifre delle perdite subite dagli indici di borsa. Persino le entrate fiscali non sono cosi’ catastrofiche (escludendo California e altri stati gia’ indebitati da prima) : CHI ha perso tutti quei soldi?

Onestamente, per giustificare tutto quel calo degli indici di borsa occorre immaginare che esista un luogo nel quale

1. Venisse erogato credito la cui mancanza non impatta piu’ di tanto l’industria occidentale.
2. Vi fossero attivita’ finanziarie che erano, tutto sommato, abbastanza indipendenti dalla finanza occidentale.
3. Circolassero soldi che, tutto sommato, non erano nelle tasche dei cittadini.(6)
4. Le perdite in realta’ non siano semplicemente la fine di un guadagno che prima c’era, ma non era dovuto ad attivita’ realmente svolte in occidente.

L’unico posto abbastanza lontano ed abbastanza “detached” che mi viene da pensare e’ proprio l’area cinese, e l’indipendenza dei numeri della crisi da quelli occidentali sembrerebbe coerente con la mia teoria.

Con ogni probabilita’ dichiarare che questa crisi possa essere un segno di riequilibrio della finanza mondiale e’ questione degli storici del futuro. Non ho numeri per giustificare questa ipotesi, e quindi non mi ci giocherei un braccio. Ma piu’ osservo i numeri di questi giorni e piu’ me ne convinco: o ci raccontano favole, (ma ho ancora meno prove per dirlo) oppure la crisi c’e’ stata ma e’ stata la fine di un fiume di ricavi , o se preferita la chiusura di un “dumping hole” nel quale venivano vendute le merde di derivati prodotti in occidente, realizzando guadagni enormi che oggi sono finiti.

A meno che non crediate nei miracoli. O nei rettiliani.

Uriel

(1) Essere un rettiliano sulla terra di oggi e’ un casino. Cioe’, voi siete un T-Rex , e avete rimorchiato qualcuno. Allora andate a zompare, e “Uau! Complimenti alla mamma! Glom!” - “Si, in effetti ho la coda di mia madre” - “Glom? Huhmf? Coda?” - “Beh, se ti piace puoi continuare a succhiarla” - “EEEEEEKKKK!”. Insomma, non e’ cosi’ figo come sembra, essere dei rettiliani.

(2) Nell’idea di tassare le riserve in oro della banca centrale italiana si puo’ vedere l’inizio di un paradossale gioco , simile a quello dei due autisti che si lanciano a tutta velocita’ l’uno contro l’altro, e vince quello che sterza per ultimo. Con ogni probabilita’, vincera’ la fazione che ha meno paura, con buona pace degli amici di Profumo.

(3) L’operato della classe dirigente giapponese negli ultimi 15 anni e’ stato ridicolo, paradossale, inutile, incompetente, cosi’ pagliaccesco che in confronto Borghezio sembra uno statista. Non riesco a dare alcuna definizione dello stato di “poche idee ma ben confuse” con il quale i giapponesi hanno affrontato una crisi ormai trentennale. Hanno contemporaneamente creduto nel loro sistema mentre lo smantellavano perche’ non funzionava piu’, hanno brindato al futuro mentre lo vedevano crollare, hanno fatto ordinaria amministrazione nel periodo piu’ straordinario della loro storia. Se i giornali internazionali dedicassero al giappone un decimo dell’attenzione che dedicano all’ Italia, ci sarebbe una montagna di risate piu’ alta del Fuji. Vedere gente che viene da un paese ove la mafia e’ legale (la Yakuza e’ riconosciuta dallo stato ed e’ legale) mentre critica l’ Italia per il malcostume e’ patetico.

(4) Abbiamo dimenticato il fallimento catastrofico degli olandesi, comprati per una sterlina dal tesoro inglese, per le perdite dovute ad un azzardo miliardario di un solo trader? E i 4 miliardi di perdite francesi sui mercati d’oriente? E i fiumi di soldi che arrivavano da Hong Kong?

(5) Pochi parlano dell’ “amnistia” dai debiti che si e’ ottenuta in questi giorni. Non e’ una cornucopia come ci si aspetta, ma sicuramente e’ un’azione unica nel panorama europeo. Dara’ i primi frutti verso fine dell’anno, quando le PMI inizieranno ad incassare le prime fatture di inizio anno, e dovrebbe dare una bella spinta verso meta’ del 2010, quando arriveranno le fatture di questi mesi.

(6) So bene che qualche sinistra si masturba di dati negativi. Mi dispiace, ma per le dimensioni della crisi in corso l’aumento della disoccupazione e della poverta’ sono effetti tutto sommato blandi, non corrispondenti alle cifre in ballo.14.000 miliardi di dollari sono l’intero PIL americano, o se preferite il 95% del PIL dell’eurozona, di disoccupati in occidente ne dovremmo contare ben di piu’.
di Uriel

17 agosto 2009

Riforma finanziaria, parole e fatti

E' bene che Barack Obama sia un giocatore di basket svelto perché sulla riforma finanziaria egli deve saltare un abisso che si allarga sempre più tra le sue parole e i suoi fatti.
Obama disse: "Milioni di Americani che avevano lavorato duro e s'erano comportati in modo responsabile hanno visto i loro sogni della vita erosi dalla irresponsabilità degli altri e dalla incapacità del loro governo di dare una tutela adeguata. La nostra intera economia è stata minata da quel fallimento".
"Negli ultimi due decenni, abbiamo visto, molte volte, cicli di crescita e di fallimenti precipitosi. In ogni caso, milioni di persone hanno avuto le loro vite profondamente sconvolte dagli sviluppi nel sistema finanziario; più severamente nelle nostre crisi recenti".
Sono parole forti, anche se non includono "il crimine aziendale, la frode e l'abuso" per sostituire l'eufemismo "irresponsabilità".
Uno penserebbe che le 88 pagine di proposta di riforma al Congresso siano come le sue parole.
Al contrario fornisce aspirine a Washington per il cancro al cervello di Wall Street.
La natura anemica di tali riforme proposte in apparenza per prevenire o impedire un altro grande crollo a Wall Street e il coinvolgimento di risparmi e investimenti nazionali subito scatenò l'ira dei principali editorialisti economici.
Joe Nocera del New York Times scrisse "il piano Obama è poco più di un tentativo di infilare alcune nuove dita regolatrici in una diga finanziaria piena di crepe piuttosto che ricostruire la diga stessa".
Nocera sostiene che le riforme non "tentano di diminuire l'uso" del tipo modificato di derivati i quali con miliardi di dollari rischiati generarono "un danno enorme al sistema finanziario" fin quasi al collasso di AIG.
Egli nota che le riforme fondamentali più vecchie del Presidente Roosevelt inclusero la Glass-Steagall Act, la quale "separò l'attività bancaria dagli investimenti".
Essa impedì un gran danno bancario sotto Clinton; il suo Treasury Secretary Robert Rubin e Citigroup fecero abrogare la Glass-Steagall nel 1999.
Obama non propone di ripristinare questa protezione decisiva.
Nocera disse, le imprese "dovranno aumentare un po' il capitale, e occuparsi di più della sorveglianza, ma .... con tutta probabilità", [staranno] "dietro agli affari come al solito".
Il cronista dei grandi affari, Gretchen Morgenson, straccio il piano Obama sul Sunday New York Times perché faceva troppo poco per eliminare i rischi sistemici posti dalle imprese finanziarie che sono "troppo grandi per fallire".
"Piuttosto che proporre modi per rimpicciolire queste imprese e i rischi che esse pongono, il piano Geithner sostiene invece un aumento della sorveglianza regolata sui behemoth".
Questo implica che i contribuenti saranno a rischio di salvataggi persino più grandi in futuro.
Una misura per prevenire i salvataggi del "troppo grande per fallire" fu suggerita niente meno che dal consigliere economico di Obama, l'ex presidente della Federal Reserve, P. Volcker.
Parlando in Cina, non altrove, Volcker di recente ha detto che il governo federale potrebbe semplicemente impedire a queste grandi banche di commerciare per il proprio tornaconto.
Ma Obama non sta ascoltando Volcker in questi giorni.
Invece il Treasury Secretary Timothy Geithner e il consigliere della Casa Bianca, Larry Summers, che giocarono ruoli importanti nel decennio passato per facilitare la grande speculazione a Wall Street, sono ascoltati da Obama.
Il piano del Presidente omette, (1) un rafforzamento vero dell'antitrust, (2) una dura accusa al crimine aziendale, e (3) più autorità per gli azionisti che possiedono le loro imprese per controllare i loro capi a noleggio.
Nel piano potrebbe essere inclusa la scelta di dare agli azionisti il potere decisivo di stabilire il compenso dei dirigenti - gli incentivi perversi all'indennizzo aiutarono a spingere le imprese verso la speculazione selvaggia.
Le mancanze del piano di riforma continuano.
Non ci sono meccanismi che incoraggino milioni di investitori a riunirsi in Financial Consumer Associations.
Nel 1985 l'allora Cong. Chuck Schumer (Dem. NY) propose un emendamento alla legge sui salvataggio dei prestiti e dei risparmi. Non passò.
Che dire dei titoli ipotecari sub - prime?
Alle banche dovrebbero essere imposto di mantenere almeno un 5% di interessi prima di cederli ad altre associazioni.
Questo difficilmente basta a indurre prudenza alle banche che vendono queste ipoteche ai compratori di case senza denaro.
Obama deve proporre una nuova agenzia regolatrice dei consumatori finanziari.
Ma senza che lui nomini qualcuno, alla presidenza, come l'ingegnoso professore di legge di Harvard Elizabeth Warren, che avanzò l'idea che le imprese finanziarie regolate prendano il controllo, come al solito, dell'agenzia.
Steven Pearlstein (del Washington Post) derise le proposte di Obama perché non erano "fondate, in primis e soprattutto, su analisi indipendenti e complete del come la crisi era stata aiutata a svilupparsi e su che cosa i regolatori fecero e non fecero per prevenirla ...."
Egli era deluso dalla mancanza di controlli sugli "hedge funds, private-equity funds o sui mezzi di investimento strutturati".
Obama fece rafforzare gli obblighi fiduciari agli investitori dagli intermediari azionari.
Ma non dette a questi investitori defraudati alcun diritto migliore di azione civile in tribunale oltre al fatto che restarono sottoposti alla legge che lega le mani ai titoli fatta nel 1995.
Così ora essa è al di sopra del Congresso e delle sue orde di lobbisti bancari e assicurativi.
Buona fortuna, risparmiatori e investitori.
A meno che voi non facciate i vostri affari con le cooperative delle credit union che non azzardano con il vostro denaro.
di Ralph Nader

16 agosto 2009

L'oro di Bankitalia

Uno scontro trasversale fra i vari poteri. Un mulinare di scimitarre, forche e badili contro il potere finanziario protetto dai servizi segreti, e forze dell'ordine. Se non riusciamo a leggere fra le righe il messaggio di Tremonti, andremo a giocare a mosca cieca.



Non sono stato e non sarò mai tenero con il Governo Berlusconi né con quell'accolita di incompetenti e vanagloriosi che sono la maggior parte dei suoi Ministri, che rispecchiano, generalmente in peggio, le migliori qualità del capo. Devo però dire che Tremonti è proprio un'eccezione. La sua ostinazione nel volere la norma sulla tassazione delle riserve auree di Bankitalia è encomiabile: non tanto per gli effetti economici che sono trascurabili (al massimo 300 milioni di euro che, nel disastro della finanza pubblica sono una goccia nel mare), quanto per i riflessi politici dell'iniziativa. Se ne intravedono gli scenari nei commenti di oggi, che danno un'idea degli effettivi schieramenti politici nel nostro paese.


Non è una novità che i rapporti di Tremonti con Bankitalia e i suoi vertici sono conflittuali da sempre. Appare sempre più chiaro che dietro gli attacchi alla cosiddetta autonomia di Bankitalia e delle istituzioni finanziarie ci sia la volontà politica di ricondurre la politica monetaria in un ambito pubblico. E d'altra parte, visti gli esiti disastrosi della gestione privata della finanza, che ci ha regalato questa meravigliosa crisi, che qualcosa debba cambiare lo dicono tutti ma effettivamente lo vogliono pochi, e tra questi pochi, Tremonti è certamente in prima linea.

Qualche anno fa, nella tarda primavera del 2005 scoppiava il conflitto tra il Ministro dell'Economia e Bankitalia allora condotta dal sempiterno Fazio, poi declassato a furbetto del quartierino dalle inchieste giudiziarie sui suoi legami con Fiorani. Tremonti fu redarguito dallo schieramento politico pro Bankitalia, allora composto dal trio "effe", rigorosamente trasversale, Fassino, Follini e Fini, che ne pretesero l'allontanamento dal Ministero. Tremonti si è seduto sulla riva del fiume per aspettare la caduta di Fazio e di Berlusconi, giunte in rapida successione poco tempo dopo. Così, con il nuovo governo Berlusconi, Tremonti è stato chiamato a furor di popolo (leghista, ma anche trasversale), contro il partito di Bankitalia, che zittito dalle disgrazie del sistema finanziario nostrano e internazionale, ha dovuto mandare giù l'amaro boccone, anche se non perde occasione per denigrare, mettre in ridicolo, attaccare, insinuare e sbeffeggiare il suo nemico.

Non dimentichiamoci che la vera battaglia politica non è tra una destra e una sinistra anacronistiche e svuotate di ogni contenuto reale, ma tra il potere finanziario e chi vuole restituire dignità alla politica.

La guerra è quindi apertissima e lo scontro durissimo. Da una parte i sostenitori del potere finanziario, dall'altra i suoi avversari. Nell'editoriale di oggi su Repubblica, Massimo Giannini, voce autorevole del quotidiano e dell'intellighenzia pro finanza, viene chiamato a dare il suo contributo alla battaglia contro il Ministro ammazza banche. E lo fa con questo articolo, fastidioso per le insinuazioni denigratorie, ma illuminante per la comprensione del campo di battaglia e degli schieramenti. In altri termini, Giannini e i finanzieri temono che Tremonti voglia porsi alla testa di un movimento politico tra i governi europei volto a ridimensionare i poteri della BCE. Su questo fronte potrebbe coinvolgere - dice Giannini - Sarkozy, forse Zapatero e qualche altro governante dell'Europa centro orientale. Non la Merkel che ci ha già provato e, con malcelata soddisfazione dello stesso Giannini, fu bocciata dalla Bundesbank (ma credo che Giannini si illuda sul fatto che i tedeschi si defilino se si tratta di battagliare sulla sovranità monetaria).

L'articolo è commovente e ridicolo per l'impegno che Giannini profonde per difendere le prerogative della BCE.

Commovente quando ascrive tali prerogative nel'ambito di una grundnorm, del diritto costituzionale europeo, che ricordo ai non giuristi, è il concetto elaborato da Kelsen per indicare la norma fondante l'intera costruzione di un ordinamento giuridico. In altre parole, secondo Giannini, il potere finanziario è quello sul quale regge l'intera Costituzione della Comunità europea!

A me sembrava che si trattasse di una costruzione politica, e non della delega ai burocrati oligarchi di Palazzo Koch o di Francoforte di taglieggiare i popoli europei senza alcun controllo popolare. Qualcuno di voi ha mai sentito parlare di elezioni di dirigenti, Governatori, funzionari di queste istituzioni che operano in concreto sulla nostra pelle ed esercitano un poter di gran lunga maggiore di quello politico? Non sarebbe ora di vederci chiaro e di capire come è stato possibile arrivare a questo punto?

Divertente quando scrive testualmente, senza rendersi conto di coprirsi di ridicolo, questa frase che si commenta da sola: [Tremonti] da un lato dice "quell'oro è del popolo, non di Via Nazionale" (e qui, per inciso, si potrebbe chiosare: se è del popolo, e lo vuoi colpire con una nuova imposta, stai facendo pagare più tasse agli italiani, contraddicendo uno dei dogmi della tua ideologia politico-economica). Davvero meraviglioso!

Questo è quindi il punto nodale: dopo gli esiti disastrosi delle politiche monetarie imposte dalle Banche Centrali la politica, forse, si rimette a discutere l'indipendenza oligarchica dello strapotere della BCE, e la norma silente voluta da Tremonti è una specie di cavallo di Troia, pronto ad entrare in azione nel momento della battaglia. Non a caso, il fuoco di sbarramento dello schieramento pro Bankitalia è iniziato subito: a parte Giannini, hanno stigmatizzato la norma il Folliniano Tabacci , il Vicepresidente dei Senatori PD Zanda , mentre Fassino e Fini per ora tacciono.

Certo, sentire un Ministro delle Finanze che dice che l'oro di Bankitalia appartiene al popolo italiano, fa un certo effetto. Eh già, la battaglia sarà dura e promette scintille....

di Domenico De Simone

18 agosto 2009

La crisi e, i numeri della finanza

Sto aspettando pazientemente che i dati del delirio arrivino alla luce, ma sono davvero curioso. Sono curioso perche’ i numeri della finanza nell’ultimo anno non hanno alcun senso. Perche’ i casi sono due: o sono stati forniti dei dati palesemente falsi sull’entita’ della “botta” (ma non credo) oppure stanno venendo forniti dati palesemente falsi sulla cosiddetta ripresa. Vediamo di riassumere un minimo in senso cronologico.

Proviamo a sintetizzare la storia che dovremmo berci, cioe’ la storia dell’ultimo anno:

* Crollo di Lehman Brothers, esplosione del panico nelle borse, crisi dei subprime produce danni enormi, numeri alla mano si tratta di 14.000 miliardi di dollari persi solo nella borsa di New York.
* La crisi procede, e falcia brutalmente i tre grandi colossi dell’auto americana, gia’ in crisi da tempo.
* Si parla di meltdown, e il Dow Jones raggiunge l’indice che serve ad iniziare il processo.
* Si inizia a parlare di riformare le regole, e si inizia con un summit nel quale si decide che si decidera’.
* Nel frattempo, il valore delle case negli USA rasenta quello del 1963.
* Il governo USA deve intervenire con un piano da 750 miliardi di dollari, il TARP, per salvare alcune istituzioni.Non saranno spesi che per il 30%.
* Si fa un altro summit, nel quale si decide quando si decidera’.
* Viene condannato a 150 anni un piccolo truffatore, che ha truffato 50 miliardi di dollari, una goccia nell’oceano dei 14.000 miliardi di perdite.
* Il governo inglese deve intervenire con piu’ di 300 miliardi di sterline, al punto da far declassare il debito pubblico.
* Le stime europee sono quelle di un continente che perde dal 5% quando va bene, sino all’ 11% quando va male.
* Si celebra un inutile G8, dal quale esce una dichiarazione che dice “faremo i bravi e Babbo Natale ci portera’ i regali”, o poco piu’. Nessuna reale azione viene intrapresa.
* Si vedono segni di ripresa.
* Si vedono vermi, Usul, come nemmeno Dio ne aveva mai visti.
* Si intravvedono altri segni di ripresa.
* Obama dichiara che la crisi e’ finita. Diverse finanziarie americane dichiarano che restituiranno il TARP.
* GS annuncia di essere in utile, anche se di poco.Ford ha i conti a posto. GM prevede di averli tra pochi mesi.Fiat continua a guadagnare mercato.
* Riprende il consumo di petrolio, e i futures iniziano a salire , crescono gli investimenti nell’edilizia americana.
* Signor Scott, energia.

Ora, le ipotesi sono due: poiche’ recuperare 14.000 miliardi di perdite e’ semplicemente impossibile in un anno, e l’entita’ completa del danno era ben superiore, si possono pensare diverse cose:

* La prima e’ che l’entita’ della crisi fosse sovrastimata. E’ assai improbabile. E’ assai improbabile perche’ tutti abbiamo visto gli effetti, i nuovi disoccupati esistono, le aziende chiudono. E’ improbabile assai che si sia potuta falsificare l’intensita’ di questa crisi, anche se il fenomeno del back to market permettera’ di riassorbirla nel lungo termine. Ipotizzare che qualcuno abbia finto un disastro richiede, vista l’entita’ delle perdite, richiede di tirare in ballo almeno i rettiliani.(1)
* La seconda cosa che si puo’ pensare e’ che si stiano sovrastimando molto gli effetti di uesta “ripresa”. Probabilmente in parte e’ vero, perche’ siamo nel bel mezzo di una grossa speculazione finanziaria sulle materie prime, petrolio in primis. Tuttavia, e’ interessante notare come anche in Italia si vedano gli effetti di questa “ripresa”, anche se il mercato impieghera’ ancora tutta l’estate per ristrutturarsi. Interessante come Tremonti voglia liberarsi di parte della riserva aurea italiana, facendo venire i sudori freddi a tutti gli investitori in titoli. Un gioco pericoloso, che si puo’ fare soltanto se si ha qualche freccia all’arco.(2)
* La terza ipotesi, che mi sembra piu’ probabile, e’ che insieme a qualche scampolo delle prime due (la necessita’ propagandistica di sostenere il nulla de facto delle riforme governative alla finanza attribuendogli il potere di funzionare solo perche’ se ne parla, e un certo panico di borsa anche laddove non c’era ragione) e’ semplicemente che la crisi sia stata semplicemente un “assestamento” da un mondo finanziariamente unipolare ad uno multipolare.

Il motivo per il quale dico questo e’ che durante questa crisi abbiamo assistito, per la prima volta , ad un fenomeno interessantissimo: sebbene vi siano state perdite anche ad Oriente , e sebbene il Giappone continui a mantenere lo stato di “malato terminale”(3), non c’e’ stata correlazione tra lo svolgersi della crisi ad occidente e quella nell’area orientale. Si e’ verificato il “detach”, il che significa che l’oriente ormai corre con le proprie gambe, e risente poco di crolli consistenti dell’economia occidentale.

Ovviamente, la nascita di un’area economicamente autonoma produce un cambiamento degli equilibri, e non c’e’ dubbio che quella che prima era la riserva di caccia delle borse anglosassoni, sia diventata territorio di caccia di cacciatori locali, i quali difendono piuttosto bene il proprio spazio.

Se una volta le scorribande miliardarie dei raider europei in oriente(4) riempivano i nostri giornali, oggi a Londra e New Yori devono bussare e chiedere il permesso per mettere piede nel territorio altrui. Poiche’ ogni nuovo equilibrio richiede un ridimensionamento delle vecchie forze dominanti, e’ abbastanza spontaneo pensare che in realta’ questa crisi sia una conseguenza dell’avvenuta indipendenza di alcuni mercati orientali rispetto alla finanza anglosassone. E cioe’ a cedere sia stato il pezzo piu’ debole della catena (il mercato dei prestiti immobiliari) ma la tensione sia stata provocata dal progressivo affievolirsi dei ritorni economici , dei flussi che prima consentivano alle istituzioni occidentali di vendere tonnellate di merda e farci dei soldi.

Ovviamente, per una simile analisi occorrera’ che gli storici ne parlino, e quindi occorrera’ che qualcuno tra un paio di secoli di giri indietro e ci mostri i fatti in prospettiva. Il motivo per il quale propendo per questa impressione e’ che per giustificare il delta tra la situazione di 12 mesi fa e quella odierna occorre un fattore pesante 10 triliardi di dollari.

Se i danni effettivamente compensati dagli interventi governativi ammontano, sinora, a circa 4000 miliardi, perche’ ci sono segni di ripresa mentre dovremmo essere ancora ben lungi dal vedere la fine del tunnel? L’unica ipotesi che mi sento di fare e’ che il “detach” dell’economia dell’area cinese sia “costata” in termini di mancati profitti, una cifra simile.

L’idea e’ che buona parte di questa merda vensise giocata sulle borse orientali, e che fosse su quei mercati che avvenivano le speculazioni piu’ grosse, o che perlomeno quello fosse il “dumping” ove finivano i titoli piu’ tossici: una volta arrivati i cacciatori locali, e una volta che l’attenzione dei locali si e’ rivolta all’economia locale anziche’ ai soliti padroni del salvadenanio, gli investitori occidentali non sono piu’ riusciti a vendere la loro merda subprime , e il rischio sia esploso nelle loro mani.

Insomma, se togliamo dal controllo occidentale un’area simile, che diviene finanziariamente autonoma, chi prima faceva guadagni enormi in quelle aree smette di farlo.

Questa ipotesi spiegherebbe diversi fenomeni:

1. L’industria si sta riprendendo , sembra , ancora piu’ velocemente di quanto avessi predetto. Che Ford dichiarasse un buon bilancio non me lo aspettavo. Che FIAT crescesse cosi’ sul mercato a scapito dei tedeschi nemmeno. Che le PMI riuscissero a trovare sollievo(5) e che resistessero cosi’ tanto , nemmeno. La crisi del credito li ha ridotti in ginocchio, ma hanno superato giugno, e quindi il momento piu’ buio. Se questo succede e’ perche’ la crisi non era cosi’ impattante sul piano strutturale. DOVE, quindi, si e’ sfogata la crisi? Non c’e’ traccia dei 10 triliardi di dollari di perdite nelle perdite -sebbene rilevanti- dell’industria in se’.
2. Le banche e gli enti finanziari, anche se stanno imbellettando i bilanci, stanno resistendo meglio del previsto. Per essere l’epicentro della crisi , mi sembra che ci siano troppe poche macerie. Dove sono finite le perdite? E specialmente, dove erano, prima , i guadagni che oggi mancano?
3. I consumi, tutto sommato, reggono. Ci sono stati dei punti percentuali di perdita, ma non sono coerenti con le cifre delle perdite subite dagli indici di borsa. Persino le entrate fiscali non sono cosi’ catastrofiche (escludendo California e altri stati gia’ indebitati da prima) : CHI ha perso tutti quei soldi?

Onestamente, per giustificare tutto quel calo degli indici di borsa occorre immaginare che esista un luogo nel quale

1. Venisse erogato credito la cui mancanza non impatta piu’ di tanto l’industria occidentale.
2. Vi fossero attivita’ finanziarie che erano, tutto sommato, abbastanza indipendenti dalla finanza occidentale.
3. Circolassero soldi che, tutto sommato, non erano nelle tasche dei cittadini.(6)
4. Le perdite in realta’ non siano semplicemente la fine di un guadagno che prima c’era, ma non era dovuto ad attivita’ realmente svolte in occidente.

L’unico posto abbastanza lontano ed abbastanza “detached” che mi viene da pensare e’ proprio l’area cinese, e l’indipendenza dei numeri della crisi da quelli occidentali sembrerebbe coerente con la mia teoria.

Con ogni probabilita’ dichiarare che questa crisi possa essere un segno di riequilibrio della finanza mondiale e’ questione degli storici del futuro. Non ho numeri per giustificare questa ipotesi, e quindi non mi ci giocherei un braccio. Ma piu’ osservo i numeri di questi giorni e piu’ me ne convinco: o ci raccontano favole, (ma ho ancora meno prove per dirlo) oppure la crisi c’e’ stata ma e’ stata la fine di un fiume di ricavi , o se preferita la chiusura di un “dumping hole” nel quale venivano vendute le merde di derivati prodotti in occidente, realizzando guadagni enormi che oggi sono finiti.

A meno che non crediate nei miracoli. O nei rettiliani.

Uriel

(1) Essere un rettiliano sulla terra di oggi e’ un casino. Cioe’, voi siete un T-Rex , e avete rimorchiato qualcuno. Allora andate a zompare, e “Uau! Complimenti alla mamma! Glom!” - “Si, in effetti ho la coda di mia madre” - “Glom? Huhmf? Coda?” - “Beh, se ti piace puoi continuare a succhiarla” - “EEEEEEKKKK!”. Insomma, non e’ cosi’ figo come sembra, essere dei rettiliani.

(2) Nell’idea di tassare le riserve in oro della banca centrale italiana si puo’ vedere l’inizio di un paradossale gioco , simile a quello dei due autisti che si lanciano a tutta velocita’ l’uno contro l’altro, e vince quello che sterza per ultimo. Con ogni probabilita’, vincera’ la fazione che ha meno paura, con buona pace degli amici di Profumo.

(3) L’operato della classe dirigente giapponese negli ultimi 15 anni e’ stato ridicolo, paradossale, inutile, incompetente, cosi’ pagliaccesco che in confronto Borghezio sembra uno statista. Non riesco a dare alcuna definizione dello stato di “poche idee ma ben confuse” con il quale i giapponesi hanno affrontato una crisi ormai trentennale. Hanno contemporaneamente creduto nel loro sistema mentre lo smantellavano perche’ non funzionava piu’, hanno brindato al futuro mentre lo vedevano crollare, hanno fatto ordinaria amministrazione nel periodo piu’ straordinario della loro storia. Se i giornali internazionali dedicassero al giappone un decimo dell’attenzione che dedicano all’ Italia, ci sarebbe una montagna di risate piu’ alta del Fuji. Vedere gente che viene da un paese ove la mafia e’ legale (la Yakuza e’ riconosciuta dallo stato ed e’ legale) mentre critica l’ Italia per il malcostume e’ patetico.

(4) Abbiamo dimenticato il fallimento catastrofico degli olandesi, comprati per una sterlina dal tesoro inglese, per le perdite dovute ad un azzardo miliardario di un solo trader? E i 4 miliardi di perdite francesi sui mercati d’oriente? E i fiumi di soldi che arrivavano da Hong Kong?

(5) Pochi parlano dell’ “amnistia” dai debiti che si e’ ottenuta in questi giorni. Non e’ una cornucopia come ci si aspetta, ma sicuramente e’ un’azione unica nel panorama europeo. Dara’ i primi frutti verso fine dell’anno, quando le PMI inizieranno ad incassare le prime fatture di inizio anno, e dovrebbe dare una bella spinta verso meta’ del 2010, quando arriveranno le fatture di questi mesi.

(6) So bene che qualche sinistra si masturba di dati negativi. Mi dispiace, ma per le dimensioni della crisi in corso l’aumento della disoccupazione e della poverta’ sono effetti tutto sommato blandi, non corrispondenti alle cifre in ballo.14.000 miliardi di dollari sono l’intero PIL americano, o se preferite il 95% del PIL dell’eurozona, di disoccupati in occidente ne dovremmo contare ben di piu’.
di Uriel

17 agosto 2009

Riforma finanziaria, parole e fatti

E' bene che Barack Obama sia un giocatore di basket svelto perché sulla riforma finanziaria egli deve saltare un abisso che si allarga sempre più tra le sue parole e i suoi fatti.
Obama disse: "Milioni di Americani che avevano lavorato duro e s'erano comportati in modo responsabile hanno visto i loro sogni della vita erosi dalla irresponsabilità degli altri e dalla incapacità del loro governo di dare una tutela adeguata. La nostra intera economia è stata minata da quel fallimento".
"Negli ultimi due decenni, abbiamo visto, molte volte, cicli di crescita e di fallimenti precipitosi. In ogni caso, milioni di persone hanno avuto le loro vite profondamente sconvolte dagli sviluppi nel sistema finanziario; più severamente nelle nostre crisi recenti".
Sono parole forti, anche se non includono "il crimine aziendale, la frode e l'abuso" per sostituire l'eufemismo "irresponsabilità".
Uno penserebbe che le 88 pagine di proposta di riforma al Congresso siano come le sue parole.
Al contrario fornisce aspirine a Washington per il cancro al cervello di Wall Street.
La natura anemica di tali riforme proposte in apparenza per prevenire o impedire un altro grande crollo a Wall Street e il coinvolgimento di risparmi e investimenti nazionali subito scatenò l'ira dei principali editorialisti economici.
Joe Nocera del New York Times scrisse "il piano Obama è poco più di un tentativo di infilare alcune nuove dita regolatrici in una diga finanziaria piena di crepe piuttosto che ricostruire la diga stessa".
Nocera sostiene che le riforme non "tentano di diminuire l'uso" del tipo modificato di derivati i quali con miliardi di dollari rischiati generarono "un danno enorme al sistema finanziario" fin quasi al collasso di AIG.
Egli nota che le riforme fondamentali più vecchie del Presidente Roosevelt inclusero la Glass-Steagall Act, la quale "separò l'attività bancaria dagli investimenti".
Essa impedì un gran danno bancario sotto Clinton; il suo Treasury Secretary Robert Rubin e Citigroup fecero abrogare la Glass-Steagall nel 1999.
Obama non propone di ripristinare questa protezione decisiva.
Nocera disse, le imprese "dovranno aumentare un po' il capitale, e occuparsi di più della sorveglianza, ma .... con tutta probabilità", [staranno] "dietro agli affari come al solito".
Il cronista dei grandi affari, Gretchen Morgenson, straccio il piano Obama sul Sunday New York Times perché faceva troppo poco per eliminare i rischi sistemici posti dalle imprese finanziarie che sono "troppo grandi per fallire".
"Piuttosto che proporre modi per rimpicciolire queste imprese e i rischi che esse pongono, il piano Geithner sostiene invece un aumento della sorveglianza regolata sui behemoth".
Questo implica che i contribuenti saranno a rischio di salvataggi persino più grandi in futuro.
Una misura per prevenire i salvataggi del "troppo grande per fallire" fu suggerita niente meno che dal consigliere economico di Obama, l'ex presidente della Federal Reserve, P. Volcker.
Parlando in Cina, non altrove, Volcker di recente ha detto che il governo federale potrebbe semplicemente impedire a queste grandi banche di commerciare per il proprio tornaconto.
Ma Obama non sta ascoltando Volcker in questi giorni.
Invece il Treasury Secretary Timothy Geithner e il consigliere della Casa Bianca, Larry Summers, che giocarono ruoli importanti nel decennio passato per facilitare la grande speculazione a Wall Street, sono ascoltati da Obama.
Il piano del Presidente omette, (1) un rafforzamento vero dell'antitrust, (2) una dura accusa al crimine aziendale, e (3) più autorità per gli azionisti che possiedono le loro imprese per controllare i loro capi a noleggio.
Nel piano potrebbe essere inclusa la scelta di dare agli azionisti il potere decisivo di stabilire il compenso dei dirigenti - gli incentivi perversi all'indennizzo aiutarono a spingere le imprese verso la speculazione selvaggia.
Le mancanze del piano di riforma continuano.
Non ci sono meccanismi che incoraggino milioni di investitori a riunirsi in Financial Consumer Associations.
Nel 1985 l'allora Cong. Chuck Schumer (Dem. NY) propose un emendamento alla legge sui salvataggio dei prestiti e dei risparmi. Non passò.
Che dire dei titoli ipotecari sub - prime?
Alle banche dovrebbero essere imposto di mantenere almeno un 5% di interessi prima di cederli ad altre associazioni.
Questo difficilmente basta a indurre prudenza alle banche che vendono queste ipoteche ai compratori di case senza denaro.
Obama deve proporre una nuova agenzia regolatrice dei consumatori finanziari.
Ma senza che lui nomini qualcuno, alla presidenza, come l'ingegnoso professore di legge di Harvard Elizabeth Warren, che avanzò l'idea che le imprese finanziarie regolate prendano il controllo, come al solito, dell'agenzia.
Steven Pearlstein (del Washington Post) derise le proposte di Obama perché non erano "fondate, in primis e soprattutto, su analisi indipendenti e complete del come la crisi era stata aiutata a svilupparsi e su che cosa i regolatori fecero e non fecero per prevenirla ...."
Egli era deluso dalla mancanza di controlli sugli "hedge funds, private-equity funds o sui mezzi di investimento strutturati".
Obama fece rafforzare gli obblighi fiduciari agli investitori dagli intermediari azionari.
Ma non dette a questi investitori defraudati alcun diritto migliore di azione civile in tribunale oltre al fatto che restarono sottoposti alla legge che lega le mani ai titoli fatta nel 1995.
Così ora essa è al di sopra del Congresso e delle sue orde di lobbisti bancari e assicurativi.
Buona fortuna, risparmiatori e investitori.
A meno che voi non facciate i vostri affari con le cooperative delle credit union che non azzardano con il vostro denaro.
di Ralph Nader

16 agosto 2009

L'oro di Bankitalia

Uno scontro trasversale fra i vari poteri. Un mulinare di scimitarre, forche e badili contro il potere finanziario protetto dai servizi segreti, e forze dell'ordine. Se non riusciamo a leggere fra le righe il messaggio di Tremonti, andremo a giocare a mosca cieca.



Non sono stato e non sarò mai tenero con il Governo Berlusconi né con quell'accolita di incompetenti e vanagloriosi che sono la maggior parte dei suoi Ministri, che rispecchiano, generalmente in peggio, le migliori qualità del capo. Devo però dire che Tremonti è proprio un'eccezione. La sua ostinazione nel volere la norma sulla tassazione delle riserve auree di Bankitalia è encomiabile: non tanto per gli effetti economici che sono trascurabili (al massimo 300 milioni di euro che, nel disastro della finanza pubblica sono una goccia nel mare), quanto per i riflessi politici dell'iniziativa. Se ne intravedono gli scenari nei commenti di oggi, che danno un'idea degli effettivi schieramenti politici nel nostro paese.


Non è una novità che i rapporti di Tremonti con Bankitalia e i suoi vertici sono conflittuali da sempre. Appare sempre più chiaro che dietro gli attacchi alla cosiddetta autonomia di Bankitalia e delle istituzioni finanziarie ci sia la volontà politica di ricondurre la politica monetaria in un ambito pubblico. E d'altra parte, visti gli esiti disastrosi della gestione privata della finanza, che ci ha regalato questa meravigliosa crisi, che qualcosa debba cambiare lo dicono tutti ma effettivamente lo vogliono pochi, e tra questi pochi, Tremonti è certamente in prima linea.

Qualche anno fa, nella tarda primavera del 2005 scoppiava il conflitto tra il Ministro dell'Economia e Bankitalia allora condotta dal sempiterno Fazio, poi declassato a furbetto del quartierino dalle inchieste giudiziarie sui suoi legami con Fiorani. Tremonti fu redarguito dallo schieramento politico pro Bankitalia, allora composto dal trio "effe", rigorosamente trasversale, Fassino, Follini e Fini, che ne pretesero l'allontanamento dal Ministero. Tremonti si è seduto sulla riva del fiume per aspettare la caduta di Fazio e di Berlusconi, giunte in rapida successione poco tempo dopo. Così, con il nuovo governo Berlusconi, Tremonti è stato chiamato a furor di popolo (leghista, ma anche trasversale), contro il partito di Bankitalia, che zittito dalle disgrazie del sistema finanziario nostrano e internazionale, ha dovuto mandare giù l'amaro boccone, anche se non perde occasione per denigrare, mettre in ridicolo, attaccare, insinuare e sbeffeggiare il suo nemico.

Non dimentichiamoci che la vera battaglia politica non è tra una destra e una sinistra anacronistiche e svuotate di ogni contenuto reale, ma tra il potere finanziario e chi vuole restituire dignità alla politica.

La guerra è quindi apertissima e lo scontro durissimo. Da una parte i sostenitori del potere finanziario, dall'altra i suoi avversari. Nell'editoriale di oggi su Repubblica, Massimo Giannini, voce autorevole del quotidiano e dell'intellighenzia pro finanza, viene chiamato a dare il suo contributo alla battaglia contro il Ministro ammazza banche. E lo fa con questo articolo, fastidioso per le insinuazioni denigratorie, ma illuminante per la comprensione del campo di battaglia e degli schieramenti. In altri termini, Giannini e i finanzieri temono che Tremonti voglia porsi alla testa di un movimento politico tra i governi europei volto a ridimensionare i poteri della BCE. Su questo fronte potrebbe coinvolgere - dice Giannini - Sarkozy, forse Zapatero e qualche altro governante dell'Europa centro orientale. Non la Merkel che ci ha già provato e, con malcelata soddisfazione dello stesso Giannini, fu bocciata dalla Bundesbank (ma credo che Giannini si illuda sul fatto che i tedeschi si defilino se si tratta di battagliare sulla sovranità monetaria).

L'articolo è commovente e ridicolo per l'impegno che Giannini profonde per difendere le prerogative della BCE.

Commovente quando ascrive tali prerogative nel'ambito di una grundnorm, del diritto costituzionale europeo, che ricordo ai non giuristi, è il concetto elaborato da Kelsen per indicare la norma fondante l'intera costruzione di un ordinamento giuridico. In altre parole, secondo Giannini, il potere finanziario è quello sul quale regge l'intera Costituzione della Comunità europea!

A me sembrava che si trattasse di una costruzione politica, e non della delega ai burocrati oligarchi di Palazzo Koch o di Francoforte di taglieggiare i popoli europei senza alcun controllo popolare. Qualcuno di voi ha mai sentito parlare di elezioni di dirigenti, Governatori, funzionari di queste istituzioni che operano in concreto sulla nostra pelle ed esercitano un poter di gran lunga maggiore di quello politico? Non sarebbe ora di vederci chiaro e di capire come è stato possibile arrivare a questo punto?

Divertente quando scrive testualmente, senza rendersi conto di coprirsi di ridicolo, questa frase che si commenta da sola: [Tremonti] da un lato dice "quell'oro è del popolo, non di Via Nazionale" (e qui, per inciso, si potrebbe chiosare: se è del popolo, e lo vuoi colpire con una nuova imposta, stai facendo pagare più tasse agli italiani, contraddicendo uno dei dogmi della tua ideologia politico-economica). Davvero meraviglioso!

Questo è quindi il punto nodale: dopo gli esiti disastrosi delle politiche monetarie imposte dalle Banche Centrali la politica, forse, si rimette a discutere l'indipendenza oligarchica dello strapotere della BCE, e la norma silente voluta da Tremonti è una specie di cavallo di Troia, pronto ad entrare in azione nel momento della battaglia. Non a caso, il fuoco di sbarramento dello schieramento pro Bankitalia è iniziato subito: a parte Giannini, hanno stigmatizzato la norma il Folliniano Tabacci , il Vicepresidente dei Senatori PD Zanda , mentre Fassino e Fini per ora tacciono.

Certo, sentire un Ministro delle Finanze che dice che l'oro di Bankitalia appartiene al popolo italiano, fa un certo effetto. Eh già, la battaglia sarà dura e promette scintille....

di Domenico De Simone