19 novembre 2007

Scoperto il gene che rende immuni al virus Hiv


Grazie ad una ricerca condotta in collaborazione fra l'Istituto di immunologia dell'Università di Milano, l'Unità operativa di malattie infettive dell'azienda sanitaria di Firenze e l'Università di Osaka, in Giappone, si è scoperto che esistono persone con un particolare profilo genetico che sono immuni dal contagio del virus Hiv.


Tra circa due anni, con un semplice test, sarà possibile sapere se si è portatori dell'immunità all'Hiv e soprattutto questa scoperta potrà condurre a nuove terapie e soprattutto ad un vaccino anti-Aids.

La ricerca è iniziata a partire da uno studio giapponese su un virus che attacca i topi e che produce un tumore del sangue: il "Retrovirus di Friend". Alcuni topi erano totalmente immuni da questo virus molto simile a quello dell'Aids. Studiando il DNA di questi topi, è stato individuato il gene responsabile di questa immunità. Da questa scoperta è nata l'idea che anche nel DNA umano potesse esistere geni attivi che rendono immuni dall'Aids. A questo punto si è inserito il gruppo di ricerca italiano.
Sono stati analizzati i profili genetici di 50 coppie eterosessuali "discordanti" in cui, cioè, uno dei due soggetti sieropositivo e l'altro negativo pur in presenza di rapporti sessuali non protetti.

In quei casi non si osservava la trasmissione dell'Hiv. Successivamente nel campione sono state incluse un centinaio di prostitute che praticano sesso non protetto.
Il professor Mario Clerici, immunologo, uno dei coordinatori della ricerca, spiega: "Si trattava di verificare che, nei soggetti monitorati, alla mancanza di trasmissione corrispondeva un profilo genetico simile e si è visto, infatti, che in tutti i casi analizzati la protezione dal virus corrispondeva a un dato corredo genetico".

Dopodichè, i ricercatori hanno verificato se questo gene era presente anche in quei soggetti sieropositivi in cui non si registra progressione della malattia. E anche in questo caso l'esito è stato positivo: il gene 22Q1213 era presente, all'altezza del cromosoma 22. Clerici precisa: "non si tratta di una mutazione genetica ma della forma normale dell'assetto genetico e che quindi viene trasmesso ai figli. A conferma di un grosso vantaggio selettivo". I ricercatori, per verificare la protezione di questo corredo genetico, hanno messo in vitro le cellule "protette" naturalmente a contatto con il virus dell'Hiv: il virus non è riuscito a penetrare nelle cellule. Clerici spiega che è stato osservato che sono necessarie dosi mille volte più alte di virus perchè quelle cellule sane vengano attaccate.
La protezione dal virus è data dalla proteina sintetizzata dal gene 22Q1213 che blocca il virus sin dalle fasi iniziali di ingresso nell'organismo.

In queste persone, quindi, il sistema immunitario riesce a bloccare il virus. Questa proteina è quindi di fondamentale importanza per lo studio di terapie e vaccini. "Una proteina - continua Clerici - che stiamo codificando proprio a fine terapeutico. Quando l'avremo identificata e saremo in grado di sintetizzarla la strada per il vaccino sarà tutta in discesa". Secondo l'esperto si tratta di un principio innovativo: attivare il sistema immunitario per mettere a punto terapie basate non solo su farmaci antiretrovirali ma anche sulle naturali capacità del sistema immunitario di contrastare il virus Hiv. Tra alcuni giorni il professor Clerici e i colleghi Masaaki Miyazawa, Sergio Lo Caputo e Francesco Mazzotta, presenteranno a Budapest i risultati di questa ricerca che potrebbe segnare una svolta nella storia della medicina.
Fonte: Redazione MolecularLab.it

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19 novembre 2007

Scoperto il gene che rende immuni al virus Hiv


Grazie ad una ricerca condotta in collaborazione fra l'Istituto di immunologia dell'Università di Milano, l'Unità operativa di malattie infettive dell'azienda sanitaria di Firenze e l'Università di Osaka, in Giappone, si è scoperto che esistono persone con un particolare profilo genetico che sono immuni dal contagio del virus Hiv.


Tra circa due anni, con un semplice test, sarà possibile sapere se si è portatori dell'immunità all'Hiv e soprattutto questa scoperta potrà condurre a nuove terapie e soprattutto ad un vaccino anti-Aids.

La ricerca è iniziata a partire da uno studio giapponese su un virus che attacca i topi e che produce un tumore del sangue: il "Retrovirus di Friend". Alcuni topi erano totalmente immuni da questo virus molto simile a quello dell'Aids. Studiando il DNA di questi topi, è stato individuato il gene responsabile di questa immunità. Da questa scoperta è nata l'idea che anche nel DNA umano potesse esistere geni attivi che rendono immuni dall'Aids. A questo punto si è inserito il gruppo di ricerca italiano.
Sono stati analizzati i profili genetici di 50 coppie eterosessuali "discordanti" in cui, cioè, uno dei due soggetti sieropositivo e l'altro negativo pur in presenza di rapporti sessuali non protetti.

In quei casi non si osservava la trasmissione dell'Hiv. Successivamente nel campione sono state incluse un centinaio di prostitute che praticano sesso non protetto.
Il professor Mario Clerici, immunologo, uno dei coordinatori della ricerca, spiega: "Si trattava di verificare che, nei soggetti monitorati, alla mancanza di trasmissione corrispondeva un profilo genetico simile e si è visto, infatti, che in tutti i casi analizzati la protezione dal virus corrispondeva a un dato corredo genetico".

Dopodichè, i ricercatori hanno verificato se questo gene era presente anche in quei soggetti sieropositivi in cui non si registra progressione della malattia. E anche in questo caso l'esito è stato positivo: il gene 22Q1213 era presente, all'altezza del cromosoma 22. Clerici precisa: "non si tratta di una mutazione genetica ma della forma normale dell'assetto genetico e che quindi viene trasmesso ai figli. A conferma di un grosso vantaggio selettivo". I ricercatori, per verificare la protezione di questo corredo genetico, hanno messo in vitro le cellule "protette" naturalmente a contatto con il virus dell'Hiv: il virus non è riuscito a penetrare nelle cellule. Clerici spiega che è stato osservato che sono necessarie dosi mille volte più alte di virus perchè quelle cellule sane vengano attaccate.
La protezione dal virus è data dalla proteina sintetizzata dal gene 22Q1213 che blocca il virus sin dalle fasi iniziali di ingresso nell'organismo.

In queste persone, quindi, il sistema immunitario riesce a bloccare il virus. Questa proteina è quindi di fondamentale importanza per lo studio di terapie e vaccini. "Una proteina - continua Clerici - che stiamo codificando proprio a fine terapeutico. Quando l'avremo identificata e saremo in grado di sintetizzarla la strada per il vaccino sarà tutta in discesa". Secondo l'esperto si tratta di un principio innovativo: attivare il sistema immunitario per mettere a punto terapie basate non solo su farmaci antiretrovirali ma anche sulle naturali capacità del sistema immunitario di contrastare il virus Hiv. Tra alcuni giorni il professor Clerici e i colleghi Masaaki Miyazawa, Sergio Lo Caputo e Francesco Mazzotta, presenteranno a Budapest i risultati di questa ricerca che potrebbe segnare una svolta nella storia della medicina.
Fonte: Redazione MolecularLab.it

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