23 gennaio 2008

Banca d'Italia e realtà gattopardiana


Mentre i politici urlano e sbraitano sui salotti buoni della Tv, le grandi truffe e i grandi interessi mediatici e finanziari pensano ad altro.
Non è possibile che in uno Stato che si reputa piena di risorse si accanisce su pagliuzze senza vedere le classiche travi.
Il vuoto di potere delle Istituzioni, prima o poi sarà colmato, ma da chi?
Domanda ingenua che si liquida con: il soggetto più forte. Siamo in mano a banche private che fanno prima la moneta che lo stato, emettono moneta (privilegio di Stato nazionale)senza avere Stati, ma insieme virtuale di confini. Più forte di così?
Una domanda di un lettore di effedieffe chiede perchè si è arrivati a questa situazione e Cupertino si lancia in una disanima della situazione.


«… Bankitalia - come tutti gli istituti di emissione aventi il privilegio dell'emissione di moneta fiduciaria - si appropria di risorse dei cittadini in misura pari all'entità delle banconote in circolazione. La cosa è del resto ammessa apertis verbis … nella relazione al disegno di legge varato dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993: '…In conseguenza, non si consente agli esecutivi degli Stati firmatari del Trattato (di Maastricht, ndr) di esercitare signoraggio in senso stretto: OVVERO DI APPROPRIAZIONE DI RISORSE ATTRAVERSO QUELLA FORMA DI DEBITO INESIGIBILE CHE E'LA MONETA INCONVERTIBILE A CORSO LEGALE' ».

Qui ci sia consentita una breve riflessione personale: se non sono gli Stati ad appropriarsi delle risorse derivanti dal signoraggio perché mai tali risorse devono essere di spettanza, in un modo o nell'altro del sistema central-bancario, che è prevalentemente di natura privatistica mentre le risorse da signoraggio sono un bene comune nazionale?
Altra riflessione: giuridicamente dire «debito inesigibile» è affermare un controsenso come dire che il fuoco è freddo.
Nessun debito può essere di per sé inesigibile, altrimenti non sarebbe debito.
Ora, dire che la moneta bancaria è debito inesigibile significa affermare un ingiusto privilegio a favore di chi, la Banca Centrale, emette moneta in forma di debito senza dover mai rispondere, a causa della inconvertibilità, della propria esposizione debitoria.

Ma continuiamo con la citazione di Salvatore Verde: «Benché questa situazione (la truffa bancaria dell'appropriazione di risorse da signoraggio, ndr) talvolta - come nel caso accennato - venga confessata, di solito viene invece occultata mediante l'espediente contabile di esporre al passivo del bilancio l'importo relativo alla circolazione (nel 1993: 92.507.777.422.000 lire) che invece - per il fatto di essere debito inesigibile - non vi dovrebbe figurare… Ne deriva che il bilancio di Bankitalia in realtà - come si dice in gergo contabile - 'quadra' solo aritmeticamente e formalmente, ma non sostanzialmente (altra riflessione personale: siamo di fronte ad un falso in bilancio? Giriamo la domanda, come tentò il compianto Giacinto Auriti, ma senza ottenere né risposta né giustizia, alla competente Procura della Repubblica o, visto che siamo in Europa, alla Corte di Giustizia Europea, se competente)».
«E meglio sarebbe - continua Verde - se i 93.508 miliardi circa venissero ripartiti imputandoli ad accantonamenti vari e fondi di riserva. O meglio ancora ad 'utili da ripartire', con grande beneficio dei signori partecipanti ed anche dello Stato che ne percepirebbe quota notevole come imposta sul reddito, a sollievo dei contribuenti o a decurtazione del debito pubblico».

Fermiamoci ancora per una riflessione: Verde sembra dire che il debito pubblico nasce a causa di questo trucco central-bancario e che correggere tale imbroglio comporterebbe una notevole riduzione del debito pubblico medesimo, senza dover tagliare pensioni, privatizzare servizi pubblici, ridurre prestazioni sanitarie e scolastiche, aumentare tasse, etc.
Anche Marx, da noi citato nel nostro articolo, riconosceva che: «L'accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche centrali…(perché) la Banca (dà) … con una mano per aver restituito di più con l'altra, (e) …, proprio mentre riceve…, rimane… creditrice perpetua della nazione fino all'ultimo centesimo che (ha) … dato».
Ma ascoltiamo ancora Salvatore Verde: «In sostanza, la voce 'Circolazione' che si legge alla prima riga del passivo del bilancio (di Bankitalia, ndr) dovrebbe scomparire, per apparire nelle 'note' al bilancio, oppure fra le 'voci' fuori bilancio se si volesse tenere in piedi la fictio secondo cui in un avvenire indeterminato abolendo il corso forzoso e tornando alla moneta-merce il debito cesserebbe di essere inestinguibile per tornare ad essere reale… lo Stato dovrebbe spiegare ai cittadini per quale ragione si consente ad una società per azioni sia pure 'sui generis' di appropriarsi di beni reali pari al valore di tale massa circolante di base monetaria. Infatti, lo Stato non ne usufruisce (specie dopo il 'divorzio': tra Tesoro e Banca centrale, ndr) dovendo anch'esso diventare debitore nei confronti di Bankitalia ogni volta che - essendo insufficienti le entrate fiscali e le vendite di beni demaniali - ha bisogno di denaro. L'INDEBITAMENTO NEI CONFRONTI DI BANKITALIA AVVIENE ORMAI QUASI ESCLUSIVAMENTE CONTRO IL RILASCIO DI TITOLI DEL DEBITO PUBBLICO SU CUI (LO STATO, ndr) DOVRA' PAGARE (NOI DOVREMO PAGARE) SALATISSIMI INTERESSI (E PROVVIGIONI). Mentre sarebbe tanto più semplice e meno oneroso se (lo Stato o - oggi - l'Unione di Stati, ndr) emettesse direttamente tutto il denaro di cui necessita mediante l'emissione di proprie banconote. Dove sta scritto - conclude Verde - che senza un Istituto Centrale di emissione la politica monetaria dev'essere fatalmente inflazionistica? E' solo un problema di buone leggi e di uomini capaci».

Anch'io osservavo che si tratta solo di controlli tecnici sull'esercizio del potere di emissione della monete che deve tornare ad essere un potere statuale perché afferente organicamente alla sovranità nazionale o - oggi - alla sovranità dell'Unione di Stati.
Da quanto sopra esposto quel che, però, è più importante desumere è che non è rilevante il fatto che la Banca Centrale non possa detenere essa stessa i titoli del debito pubblico rilasciati dallo Stato a fronte dell'emissione di moneta bancaria.
Infatti, anche se tali titoli sono venduti all'asta in favore del pubblico, su di essi lo Stato, ossia noi, paga salatissimi interessi che, in fin dei conti, sono originati dalla fraudolenta emissione bancaria della moneta circolante, a seguito della storica sottrazione di tale potere alla nazione sovrana.
Si tenga poi conto che, al di là di questo, il vero privilegio del sistema central-bancario è nella indebita appropriazione a suo favore di quel bene immateriale che, nell'articolo, ho definito, con l'Auriti, come «valore indotto» creato dalla accettazione fiduciaria della carta moneta da parte del pubblico e che costituisce il vero «potere d'acquisto» incorporato nel simbolo cartaceo.
E non si venga a dire che il valore al simbolo cartaceo lo conferisce la Banca Centrale emittente: si metta il Governatore della Banca Centrale Europea a stampare euro su un'isola deserta e si verifichi quanto valore avrà la carta da esso stampata.

Per spiegare questa gravissima truffa, così evidente che non ce ne accorgiamo neanche, Auriti soleva fare questo esempio: «L'atteggiamento che la Banca Centrale assume nei confronti della collettività è analogo a quello di chi presta nasse vuote ai pescatori indebitando questi ultimi non solo della nasse ma anche del pesce che sarà pescato».
Fuor di metafora: le «nasse» sono i simboli cartacei che di per sé, al momento della stampa, non valgono assolutamente nulla mentre il pesce è il «valore indotto», ossia il valore che sarà incorporato, nei simboli cartacei, nel successivo momento della loro emissione e circolazione, dalla fiduciaria accettazione del pubblico, che quel valore, per l'appunto, crea.
Un'ultima annotazione sulla natura giuridica delle Banche Centrali.
Esse per lo più sono società per azioni partecipate pro-quota da diversi istituti assicurativi e dalle più importanti banche nazionali (o, oggi, europee), pubbliche ma soprattutto private.
In tal modo, le Banche Centrali risultano essere, benché esercitano poteri pubblici direttamente connessi con l'essenza stessa della sovranità, enti a carattere prevalentemente privatistico, i cui amministratori sono nominati dall'assemblea degli istituti «partecipanti».
La presenza della mano pubblica in tali assetti societari è andata sempre più diminuendo con i processi di privatizzazione degli ultimi vent'anni (si pensi, ad esempio, che la privatizzazione delle Casse di Risparmio, istituti «partecipanti» al capitale di Bankitalia, si trasformò, a suo tempo, automaticamente in una ulteriore privatizzazione della Banca d'Italia).
Sicché le stesse Banche Centrali sono rimaste esposte alle forze dirompenti di una finanza globale ormai incontrollabile dagli Stati.

Questo sistema di assetti societari e di nomine è rimasto sostanzialmente invariato anche a livello europeo con la costituzione della BCE.
In Italia, attualmente, dopo la nota vicenda di Fazio e dei «furbetti del quartiere», lo Stato è parzialmente rientrato in possesso di alcune quote di partecipazione al capitale di Bankitalia e di alcuni poteri in ordine alla nomina del Governatore (che non è più a tempo indeterminato come fu fino a Fazio).
Ma rimane il fatto che, anche per via della sua istituzionalizzazione con il Trattato di Maastricht, che si riflette anche nelle recenti riforme della nostra Costituzione, la Banca Centrale conserva tuttora la sua più totale autonomia nel decidere le politiche monetarie.
Anzi l'ultima riforma italiana, vista la qualità bassissima del nostro ceto politico, rischia di rovesciarsi in una ulteriore dipendenza della politica dalla finanza.
In altri termini, la Banca Centrale, che dovrebbe essere soltanto il «cassiere» dello Stato, magari con chiari ma limitati poteri di controllo, esclusivamente tecnico, per evitare l'abuso politico dello strumento monetario, è invece il «corpo», impolitico e di natura - si ripete - prevalentemente privatistica, che decide, per conto dello Stato o dell'Unione di Stati, ed al loro posto, i parametri finanziari entro i quali poi i politici, che altro non sono in tal sistema che i «camerieri dei banchieri centrali», possono elaborare i loro programmi di governo da sottoporre agli elettori.

Se i cittadini, però, pensano di essere ancora i veri sovrani e di essere soggetti politici di una democrazia, e non sudditi di una bancocrazia, sono solo dei poveri illusi.
Sembra che due secoli di lotte per togliere ai re cristiani la sovranità abbiano avuto come esito paradossale (ma non tanto per chi conosce i retroscena «esoterici» delle filosofie e delle rivoluzioni) quello di subordinare i popoli alla sudditanza alla consorteria central-bancaria.
Quindi, il problema non sta soltanto nei vantaggi economici lucrati immoralmente dal central-banchismo, che pure ci sono e sono immondi anche perché ricadono su pensionati, lavoratori di ogni categoria, imprenditori, ma sta soprattutto nella «castrazione» degli Stati e nell'appropriazione della sovranità monetaria, e quindi in ultima analisi della sovranità politica, da parte delle Banche Centrali e consorterie affini.

Luigi Copertino

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23 gennaio 2008

Banca d'Italia e realtà gattopardiana


Mentre i politici urlano e sbraitano sui salotti buoni della Tv, le grandi truffe e i grandi interessi mediatici e finanziari pensano ad altro.
Non è possibile che in uno Stato che si reputa piena di risorse si accanisce su pagliuzze senza vedere le classiche travi.
Il vuoto di potere delle Istituzioni, prima o poi sarà colmato, ma da chi?
Domanda ingenua che si liquida con: il soggetto più forte. Siamo in mano a banche private che fanno prima la moneta che lo stato, emettono moneta (privilegio di Stato nazionale)senza avere Stati, ma insieme virtuale di confini. Più forte di così?
Una domanda di un lettore di effedieffe chiede perchè si è arrivati a questa situazione e Cupertino si lancia in una disanima della situazione.


«… Bankitalia - come tutti gli istituti di emissione aventi il privilegio dell'emissione di moneta fiduciaria - si appropria di risorse dei cittadini in misura pari all'entità delle banconote in circolazione. La cosa è del resto ammessa apertis verbis … nella relazione al disegno di legge varato dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993: '…In conseguenza, non si consente agli esecutivi degli Stati firmatari del Trattato (di Maastricht, ndr) di esercitare signoraggio in senso stretto: OVVERO DI APPROPRIAZIONE DI RISORSE ATTRAVERSO QUELLA FORMA DI DEBITO INESIGIBILE CHE E'LA MONETA INCONVERTIBILE A CORSO LEGALE' ».

Qui ci sia consentita una breve riflessione personale: se non sono gli Stati ad appropriarsi delle risorse derivanti dal signoraggio perché mai tali risorse devono essere di spettanza, in un modo o nell'altro del sistema central-bancario, che è prevalentemente di natura privatistica mentre le risorse da signoraggio sono un bene comune nazionale?
Altra riflessione: giuridicamente dire «debito inesigibile» è affermare un controsenso come dire che il fuoco è freddo.
Nessun debito può essere di per sé inesigibile, altrimenti non sarebbe debito.
Ora, dire che la moneta bancaria è debito inesigibile significa affermare un ingiusto privilegio a favore di chi, la Banca Centrale, emette moneta in forma di debito senza dover mai rispondere, a causa della inconvertibilità, della propria esposizione debitoria.

Ma continuiamo con la citazione di Salvatore Verde: «Benché questa situazione (la truffa bancaria dell'appropriazione di risorse da signoraggio, ndr) talvolta - come nel caso accennato - venga confessata, di solito viene invece occultata mediante l'espediente contabile di esporre al passivo del bilancio l'importo relativo alla circolazione (nel 1993: 92.507.777.422.000 lire) che invece - per il fatto di essere debito inesigibile - non vi dovrebbe figurare… Ne deriva che il bilancio di Bankitalia in realtà - come si dice in gergo contabile - 'quadra' solo aritmeticamente e formalmente, ma non sostanzialmente (altra riflessione personale: siamo di fronte ad un falso in bilancio? Giriamo la domanda, come tentò il compianto Giacinto Auriti, ma senza ottenere né risposta né giustizia, alla competente Procura della Repubblica o, visto che siamo in Europa, alla Corte di Giustizia Europea, se competente)».
«E meglio sarebbe - continua Verde - se i 93.508 miliardi circa venissero ripartiti imputandoli ad accantonamenti vari e fondi di riserva. O meglio ancora ad 'utili da ripartire', con grande beneficio dei signori partecipanti ed anche dello Stato che ne percepirebbe quota notevole come imposta sul reddito, a sollievo dei contribuenti o a decurtazione del debito pubblico».

Fermiamoci ancora per una riflessione: Verde sembra dire che il debito pubblico nasce a causa di questo trucco central-bancario e che correggere tale imbroglio comporterebbe una notevole riduzione del debito pubblico medesimo, senza dover tagliare pensioni, privatizzare servizi pubblici, ridurre prestazioni sanitarie e scolastiche, aumentare tasse, etc.
Anche Marx, da noi citato nel nostro articolo, riconosceva che: «L'accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche centrali…(perché) la Banca (dà) … con una mano per aver restituito di più con l'altra, (e) …, proprio mentre riceve…, rimane… creditrice perpetua della nazione fino all'ultimo centesimo che (ha) … dato».
Ma ascoltiamo ancora Salvatore Verde: «In sostanza, la voce 'Circolazione' che si legge alla prima riga del passivo del bilancio (di Bankitalia, ndr) dovrebbe scomparire, per apparire nelle 'note' al bilancio, oppure fra le 'voci' fuori bilancio se si volesse tenere in piedi la fictio secondo cui in un avvenire indeterminato abolendo il corso forzoso e tornando alla moneta-merce il debito cesserebbe di essere inestinguibile per tornare ad essere reale… lo Stato dovrebbe spiegare ai cittadini per quale ragione si consente ad una società per azioni sia pure 'sui generis' di appropriarsi di beni reali pari al valore di tale massa circolante di base monetaria. Infatti, lo Stato non ne usufruisce (specie dopo il 'divorzio': tra Tesoro e Banca centrale, ndr) dovendo anch'esso diventare debitore nei confronti di Bankitalia ogni volta che - essendo insufficienti le entrate fiscali e le vendite di beni demaniali - ha bisogno di denaro. L'INDEBITAMENTO NEI CONFRONTI DI BANKITALIA AVVIENE ORMAI QUASI ESCLUSIVAMENTE CONTRO IL RILASCIO DI TITOLI DEL DEBITO PUBBLICO SU CUI (LO STATO, ndr) DOVRA' PAGARE (NOI DOVREMO PAGARE) SALATISSIMI INTERESSI (E PROVVIGIONI). Mentre sarebbe tanto più semplice e meno oneroso se (lo Stato o - oggi - l'Unione di Stati, ndr) emettesse direttamente tutto il denaro di cui necessita mediante l'emissione di proprie banconote. Dove sta scritto - conclude Verde - che senza un Istituto Centrale di emissione la politica monetaria dev'essere fatalmente inflazionistica? E' solo un problema di buone leggi e di uomini capaci».

Anch'io osservavo che si tratta solo di controlli tecnici sull'esercizio del potere di emissione della monete che deve tornare ad essere un potere statuale perché afferente organicamente alla sovranità nazionale o - oggi - alla sovranità dell'Unione di Stati.
Da quanto sopra esposto quel che, però, è più importante desumere è che non è rilevante il fatto che la Banca Centrale non possa detenere essa stessa i titoli del debito pubblico rilasciati dallo Stato a fronte dell'emissione di moneta bancaria.
Infatti, anche se tali titoli sono venduti all'asta in favore del pubblico, su di essi lo Stato, ossia noi, paga salatissimi interessi che, in fin dei conti, sono originati dalla fraudolenta emissione bancaria della moneta circolante, a seguito della storica sottrazione di tale potere alla nazione sovrana.
Si tenga poi conto che, al di là di questo, il vero privilegio del sistema central-bancario è nella indebita appropriazione a suo favore di quel bene immateriale che, nell'articolo, ho definito, con l'Auriti, come «valore indotto» creato dalla accettazione fiduciaria della carta moneta da parte del pubblico e che costituisce il vero «potere d'acquisto» incorporato nel simbolo cartaceo.
E non si venga a dire che il valore al simbolo cartaceo lo conferisce la Banca Centrale emittente: si metta il Governatore della Banca Centrale Europea a stampare euro su un'isola deserta e si verifichi quanto valore avrà la carta da esso stampata.

Per spiegare questa gravissima truffa, così evidente che non ce ne accorgiamo neanche, Auriti soleva fare questo esempio: «L'atteggiamento che la Banca Centrale assume nei confronti della collettività è analogo a quello di chi presta nasse vuote ai pescatori indebitando questi ultimi non solo della nasse ma anche del pesce che sarà pescato».
Fuor di metafora: le «nasse» sono i simboli cartacei che di per sé, al momento della stampa, non valgono assolutamente nulla mentre il pesce è il «valore indotto», ossia il valore che sarà incorporato, nei simboli cartacei, nel successivo momento della loro emissione e circolazione, dalla fiduciaria accettazione del pubblico, che quel valore, per l'appunto, crea.
Un'ultima annotazione sulla natura giuridica delle Banche Centrali.
Esse per lo più sono società per azioni partecipate pro-quota da diversi istituti assicurativi e dalle più importanti banche nazionali (o, oggi, europee), pubbliche ma soprattutto private.
In tal modo, le Banche Centrali risultano essere, benché esercitano poteri pubblici direttamente connessi con l'essenza stessa della sovranità, enti a carattere prevalentemente privatistico, i cui amministratori sono nominati dall'assemblea degli istituti «partecipanti».
La presenza della mano pubblica in tali assetti societari è andata sempre più diminuendo con i processi di privatizzazione degli ultimi vent'anni (si pensi, ad esempio, che la privatizzazione delle Casse di Risparmio, istituti «partecipanti» al capitale di Bankitalia, si trasformò, a suo tempo, automaticamente in una ulteriore privatizzazione della Banca d'Italia).
Sicché le stesse Banche Centrali sono rimaste esposte alle forze dirompenti di una finanza globale ormai incontrollabile dagli Stati.

Questo sistema di assetti societari e di nomine è rimasto sostanzialmente invariato anche a livello europeo con la costituzione della BCE.
In Italia, attualmente, dopo la nota vicenda di Fazio e dei «furbetti del quartiere», lo Stato è parzialmente rientrato in possesso di alcune quote di partecipazione al capitale di Bankitalia e di alcuni poteri in ordine alla nomina del Governatore (che non è più a tempo indeterminato come fu fino a Fazio).
Ma rimane il fatto che, anche per via della sua istituzionalizzazione con il Trattato di Maastricht, che si riflette anche nelle recenti riforme della nostra Costituzione, la Banca Centrale conserva tuttora la sua più totale autonomia nel decidere le politiche monetarie.
Anzi l'ultima riforma italiana, vista la qualità bassissima del nostro ceto politico, rischia di rovesciarsi in una ulteriore dipendenza della politica dalla finanza.
In altri termini, la Banca Centrale, che dovrebbe essere soltanto il «cassiere» dello Stato, magari con chiari ma limitati poteri di controllo, esclusivamente tecnico, per evitare l'abuso politico dello strumento monetario, è invece il «corpo», impolitico e di natura - si ripete - prevalentemente privatistica, che decide, per conto dello Stato o dell'Unione di Stati, ed al loro posto, i parametri finanziari entro i quali poi i politici, che altro non sono in tal sistema che i «camerieri dei banchieri centrali», possono elaborare i loro programmi di governo da sottoporre agli elettori.

Se i cittadini, però, pensano di essere ancora i veri sovrani e di essere soggetti politici di una democrazia, e non sudditi di una bancocrazia, sono solo dei poveri illusi.
Sembra che due secoli di lotte per togliere ai re cristiani la sovranità abbiano avuto come esito paradossale (ma non tanto per chi conosce i retroscena «esoterici» delle filosofie e delle rivoluzioni) quello di subordinare i popoli alla sudditanza alla consorteria central-bancaria.
Quindi, il problema non sta soltanto nei vantaggi economici lucrati immoralmente dal central-banchismo, che pure ci sono e sono immondi anche perché ricadono su pensionati, lavoratori di ogni categoria, imprenditori, ma sta soprattutto nella «castrazione» degli Stati e nell'appropriazione della sovranità monetaria, e quindi in ultima analisi della sovranità politica, da parte delle Banche Centrali e consorterie affini.

Luigi Copertino

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