Un uomo intelligente, sosteneva un grande conoscitore dell'animo umano, è quello che nei suoi rapporti con te fa il suo interesse ed anche il tuo... uno stupido, invece, è quello che riesce a perdere del suo e a far perdere anche te (in mezzo ci sono i "furbi" che guadagnano loro ma non ti fanno perdere, ed i "cialtroni" che guadagnano a spese tue).
Se volete, è una versione più internazionalizzata della divisione in "uomini, mezzi uomini, ominicchi e quacquaracquà" magistralmente rappresentata nel "Giorno della civetta".
Un elettore stupido, quindi, è quello che riesce a fare il suo danno e danneggiare anche tutti gli altri.
Purtroppo ciò avviene sempre più frequentemente (e non solo in Italia) a causa della diffusa ignoranza economica che, incoraggiata dai politici e dai loro bardi, si sta espandendo, a ritmo accelerato, dappertutto.
Non si contano i casi di "verdetti elettorali" manifestamente "contro" gli elettori stessi... e mi viene in mente il referendum contro la scala mobile, incredibilmente votato dalla maggioranza degli italiani negli anni 80, sotto il regno di Bettino Craxi.
Da li partì la continua compressione degli stipendi e salari che ci ha condotto, oggi, ad essere tra gli ultimi in Europa in quanto a retribuzioni pubbliche e private.
La cosa davvero divertente (ma è figlia di quell'ignoranza di cui sopra) è che molti dei "colpiti" dalle conseguenze di quel referendum (che magari oggi non arrivano neanche a fine mese) lo ritengano, nonostante tutto, un provvedimento positivo.
E non solo: anche quelli dei livelli superiori (classe media o borghesia), in nome del libero mercato (che non c'entra un cazzo nel caso di quel referendum) invocano stipendi "adeguati" (che, ovviamente, significa "più bassi") per i lavori "inferiori"... soprattutto quelli svolti dagli immigrati che... "tanto sono tutti morti di fame e gli facciamo già un favore a tenerli e pagarli"...
E' proprio quest'atteggiamento idiota che ci ha condotto, negli ultimi 10 anni, ad essere il paese con la più bassa crescita economica del mondo (prima solo di Haiti che, però, ha la scusante del terremoto)...
Il primo Henry Ford (fondatore dell'omonima casa automobilistica) sosteneva che pagare "bene" i suoi operai era il suo miglior investimento, e quello era, secondo la definizione data all'inizio, un uomo intelligente: faceva il suo interesse grazie ai guadagni che "consentiva" ai suoi lavoratori. Se questi avevano abbastanza denaro, potevano comprare le sua macchine, diversamente... nighese.
Perché, miei cari picciotti, il libero mercato si alimenta di piccioli... e se i tuoi clienti non ne hanno, tu ti attacchi al tram ed i tuoi prodotti non li vendi... Non so se mi ho capito...?
Noi sappiamo (in questo sito l'avrò ripetuto almeno un centinaio di volte) che una dell'equazioni fondamentali dell'Economia è:
Pil= Consumi + Investimenti + (Esportazioni - Esportazioni)
I consumi sono, di gran lunga, la componente più importante del Pil e, quindi, se l'Italia vuole crescere di più (ed abbandonare quel raccapricciante penultimo posto nella classifica mondiale), deve incentivare i consumi. E' così difficile da capire?
E come si fa ad incentivare i consumi?
Dando ai consumatori più soldi da spendere... mi pare ovvio.
Ma come si fa ad aumentare gli stipendi, se già le aziende italiane sono in crisi di competitività?
Riducendo le tasse. Se non puoi aumentare le retribuzioni, riduci il prelievo fiscale sulle stesse.
E come si fa a ridurre le tasse se lo Stato è in stato quasi fallimentare e non può permetterselo?
Riducendo le tasse ad alcuni ed aumentandole ad altri, in modo che, alla fine, il costo per lo Stato sia zero.
A chi si riducono e che si aumentano?
Vi risponderò con un esempio: supponiamo che la popolazione italiana sia costituita da 1000 dipendenti, con 10.000 euro l'anno di reddito, ed un solo ricco, con un milione di reddito. I primi arrivano a stento a fine mese, mentre il ricco spende 500.000 euro l'anno e risparmia gli altri 500.000.
Cosa hanno pensato tutti i governi di destra (ispirati dalla famosa rivoluzione fiscale Reagan-Thatcher)?
Di abbassare le tasse ai ricchi con il "preteso" presupposto che, se i ricchi hanno più soldi, spendono ed investono di più.
Ammettiamo che sia vero: se quel ricco che già spende 500.000 euro l'anno (e risparmia gli altri 500.000) ricevesse un bonus fiscale di 100.000 euro... che farebbe, se li spenderebbe tutti?
Non credo proprio... già si compra tutto ciò che vuole, cos'altro potrebbe comprare? Forse che Berlusconi si darebbe alla pazza gioia se pagasse 100.000 euro in meno di tasse l'anno?
Nella migliore delle ipotesi, continuerebbe (e mi riferisco al ricco dell'esempio) a spenderne metà e risparmiare l'altra metà.
Alla fine, dunque, se tutto andasse come da ipotesi migliore, avremmo consumi aumentati di 50.000 euro l'anno e, deficit pubblico aumentato di 100.000 (a meno che non si volesse far pagare 100 euro di tasse supplementari a testa, a quei 1000 poveracci che già arrivano a stento a fine mese. Sembrerebbe improponibile, ma l'ignoranza potrebbe anche condurre a questo).
Adesso esaminiamo l'altra ipotesi: 100 euro di bonus fiscale a testa ai 1000 dipendenti che, da 10.000 euro di reddito annuo, passerebbero a 10.100.
Cosa farebbero questi con quei 100 euro in più?
Li spenderebbero: hanno tanti e tali bisogni ancora da soddisfare, che non avrebbero alcun dubbio circa la destinazione di quei soldi.
I consumi, dunque, aumenterebbero di 100.000 euro (il doppio di prima) ed il Pil riceverebbe un sostanziale contributo alla crescita.
E chi pagherebbe quel bonus?
Il ricco da 1.000.000 di reddito l'anno: le su tasse sarebbero aumentate esattamente di quella cifra e, dunque, il suo reddito annuo calerebbe a 900.000 euro.
E se questo spendesse di meno?
Nossignore, non è nella natura umana; non si torna indietro nei consumi se non messi con le spalle al muro. Quel ricco continuerebbe a spendere 500.000 euro l'anno e ne risparmierebbe 400.000 (... e dopo un po di smadonnate, se ne farebbe una ragione e ringrazierebbe, comunque, la madonnina di Lourdes perché starebbe ancora notevolmente meglio di tutti gli altri...).
Risultato finale: lo Stato non spende un centesimo, i consumi aumentano, il Pil comincia a crescere in maniera sostenuta, ed il ricco, dopo avere bestemmiato tutti i santi, si mette l'anima in pace e, tutto sommato, resta ancora ricco.
A questo punto gli studenti di Economia dovrebbero obiettare: ma se il ricco riduce i risparmi, siccome questi devono essere uguali agli investimenti, quella riduzione provocherebbe una pari riduzione degli investimenti e, quindi, come si farebbe a produrre i "beni" richiesti dai maggiori consumi?
Ammesso (e non concesso) che il sistema fosse già al massimo della sua capacità produttiva (quello italiano, invece, è al 65%), quello sarebbe il momento di rispolverare Keynes: lo Stato dovrebbe intervenire per finanziare la parte mancante di investimenti, sicuro di recuperare (il suo investimento) nel giro di qualche anno, grazie alla maggiori entrate che assicurerebbe il Pil in crescita.
Ecco, dunque, la semplice ricetta per "dare una scossa" all'economia italiana.
Ma, se è così semplice, perché i nostri politici non la attuano?
Perché il semplice discutere di "tassare i ricchi" (tra cui, per inciso, ci sarei anch'io e, quindi, qui siamo davvero arrivati alla follia: i ricchi che riconoscono di dover pagare più tasse per il benessere collettivo, quindi anche il loro, ed i poveri che, invece, si "accaniscono" per non fargliele pagare) è da "comunisti", sicché, Berlusconi non vuole neanche sentirne parlare, e Bersani, per non passare da ex-comunista che perde il pelo ma non il vizio, evita anche alla lontana l'argomento, per evitare di perdere voti.
Cosicché, da 10 anni, cresciamo dello 0.2% l'anno di media (penultimi al mondo), le nostre retribuzioni sono tra le ultime in Europa, lo Stato ha ancora il 120% di deficit... e ci siamo avviati verso un infame declino senza ritorno.
Però, nessuno può dirci che siamo comunisti... cazzo. Tassare i ricchi mai.
Ora capite cosa intendevo quando, all'inizio, dicevo che gli elettori italiani sono stupidi (riescono a fare il loro danno e danneggiare anche tutti gli altri)?
Invece di discettare di questioni di lana caprina (...comunisti o fascisti...) che ormai sono patetiche rappresentazioni di altri tempi, perpetuano il declino del loro paese e le disgrazie dei loro stessi figli e nipoti, continuando a sostenere (con i loro voti) chi, per la stupida paura di essere considerato "comunista", non fa ciò che dovrebbe per rimettere questo paese in moto.
Poi, però, vanno al Bar e si vantano con gli amici di "avercelo duro"... forse perché abituati a ragionare solo con l'uccello.
E di quanto dovrebbero aumentare le tasse ai ricchi?
Una recente ricerca del Fondo monetario internazionale ha dimostrato che, in Europa, nel 1980 i redditi da lavoro erano il 73% del Pil e quelli da capitale il 27%, mentre nel 2004 i primi erano scesi al 63% ed i secondi erano aumentati al 37%.
Da ciò si capisce una cosa semplicissima: tutte le politiche di "destra" di questi ultimi 30 anni (dal duo Reagan-Thatcher in poi) hanno privilegiato il "capitale" (cioè i ricchi) a scapito del "lavoro" (cioè i poveri).
Questa concentrazione di ricchezza nelle mani dei più abbienti (tra cui, ripeto, il sottoscritto) ha "compresso" i consumi collettivi (che, abbiamo visto, dipendono grandemente dalla possibilità di spesa dei lavoratori dipendenti e, più in generale, dei meno ricchi... tra cui anche e soprattutto gli immigrati) e, dunque, ha provocato stagnazione nei paesi che, come l'Italia, a causa di un abnorme debito pubblico, non potevano permettersi un intervento "riequilibratore" dello Stato.
Si tratterebbe, dunque, di ristabilire le posizioni ex-ante (quelle del 1980), togliendo 10 punti di Pil (160 miliardi l'anno) ai "ricchi" per distribuirli ai "poveri". Quei 160 miliardi si trasformerebbero (quasi per intero) in consumi e, dunque, il Pil riprenderebbe a "correre" molto oltre le media europea...
Vi sembrano esagerati 160 miliardi? ... Bene, possono bastarne anche 80 per dare una scossa significativa al Pil e fare uscire il paese dalla stagnazione e dal declino...
Sembrerebbe tutto così ovvio, se non fosse che, allo stesso tempo, sembra anche avere l'impronta di Marx e, Dio ce ne scampi, di Lenin. Sicché, anche se sarebbe l'unica cosa da fare, non si fa.
Pertanto: Berlusconi può continuare ad additare i comunisti come la rovina dell'umanità, tutti i suoi collaboratori ex-comunisti (e sono una marea, tra i quali alcuni militavano addirittura in Lotta continua) possono raccontarci la storiella del pentimento e della redenzione, e gli ex-comunisti rimasti a sinistra, possono ancora aspirare al titolo di democratici progressisti e riformatori.
... Cazzu cazzu, iu iu ....
E gli italiani?
Alcuni si ritengono furbi, altri dicono di avercelo duro, ma, per la maggior parte, si lasciano pigliare per il culo da una banda di guitti di poco valore, che riescono a mantenere quei loro privilegi da "capetti", grazie alla diffusa ignoranza dei loro elettori.
E non è un'opinione, ma matematica i cui numeri sono chiaramente esposti in questa pagina. A meno che qualcuno non voglia confutarli e dimostrarmi il contrario.
di G. Migliorino
Se volete, è una versione più internazionalizzata della divisione in "uomini, mezzi uomini, ominicchi e quacquaracquà" magistralmente rappresentata nel "Giorno della civetta".
Un elettore stupido, quindi, è quello che riesce a fare il suo danno e danneggiare anche tutti gli altri.
Purtroppo ciò avviene sempre più frequentemente (e non solo in Italia) a causa della diffusa ignoranza economica che, incoraggiata dai politici e dai loro bardi, si sta espandendo, a ritmo accelerato, dappertutto.
Non si contano i casi di "verdetti elettorali" manifestamente "contro" gli elettori stessi... e mi viene in mente il referendum contro la scala mobile, incredibilmente votato dalla maggioranza degli italiani negli anni 80, sotto il regno di Bettino Craxi.
Da li partì la continua compressione degli stipendi e salari che ci ha condotto, oggi, ad essere tra gli ultimi in Europa in quanto a retribuzioni pubbliche e private.
La cosa davvero divertente (ma è figlia di quell'ignoranza di cui sopra) è che molti dei "colpiti" dalle conseguenze di quel referendum (che magari oggi non arrivano neanche a fine mese) lo ritengano, nonostante tutto, un provvedimento positivo.
E non solo: anche quelli dei livelli superiori (classe media o borghesia), in nome del libero mercato (che non c'entra un cazzo nel caso di quel referendum) invocano stipendi "adeguati" (che, ovviamente, significa "più bassi") per i lavori "inferiori"... soprattutto quelli svolti dagli immigrati che... "tanto sono tutti morti di fame e gli facciamo già un favore a tenerli e pagarli"...
E' proprio quest'atteggiamento idiota che ci ha condotto, negli ultimi 10 anni, ad essere il paese con la più bassa crescita economica del mondo (prima solo di Haiti che, però, ha la scusante del terremoto)...
Il primo Henry Ford (fondatore dell'omonima casa automobilistica) sosteneva che pagare "bene" i suoi operai era il suo miglior investimento, e quello era, secondo la definizione data all'inizio, un uomo intelligente: faceva il suo interesse grazie ai guadagni che "consentiva" ai suoi lavoratori. Se questi avevano abbastanza denaro, potevano comprare le sua macchine, diversamente... nighese.
Perché, miei cari picciotti, il libero mercato si alimenta di piccioli... e se i tuoi clienti non ne hanno, tu ti attacchi al tram ed i tuoi prodotti non li vendi... Non so se mi ho capito...?
Noi sappiamo (in questo sito l'avrò ripetuto almeno un centinaio di volte) che una dell'equazioni fondamentali dell'Economia è:
Pil= Consumi + Investimenti + (Esportazioni - Esportazioni)
I consumi sono, di gran lunga, la componente più importante del Pil e, quindi, se l'Italia vuole crescere di più (ed abbandonare quel raccapricciante penultimo posto nella classifica mondiale), deve incentivare i consumi. E' così difficile da capire?
E come si fa ad incentivare i consumi?
Dando ai consumatori più soldi da spendere... mi pare ovvio.
Ma come si fa ad aumentare gli stipendi, se già le aziende italiane sono in crisi di competitività?
Riducendo le tasse. Se non puoi aumentare le retribuzioni, riduci il prelievo fiscale sulle stesse.
E come si fa a ridurre le tasse se lo Stato è in stato quasi fallimentare e non può permetterselo?
Riducendo le tasse ad alcuni ed aumentandole ad altri, in modo che, alla fine, il costo per lo Stato sia zero.
A chi si riducono e che si aumentano?
Vi risponderò con un esempio: supponiamo che la popolazione italiana sia costituita da 1000 dipendenti, con 10.000 euro l'anno di reddito, ed un solo ricco, con un milione di reddito. I primi arrivano a stento a fine mese, mentre il ricco spende 500.000 euro l'anno e risparmia gli altri 500.000.
Cosa hanno pensato tutti i governi di destra (ispirati dalla famosa rivoluzione fiscale Reagan-Thatcher)?
Di abbassare le tasse ai ricchi con il "preteso" presupposto che, se i ricchi hanno più soldi, spendono ed investono di più.
Ammettiamo che sia vero: se quel ricco che già spende 500.000 euro l'anno (e risparmia gli altri 500.000) ricevesse un bonus fiscale di 100.000 euro... che farebbe, se li spenderebbe tutti?
Non credo proprio... già si compra tutto ciò che vuole, cos'altro potrebbe comprare? Forse che Berlusconi si darebbe alla pazza gioia se pagasse 100.000 euro in meno di tasse l'anno?
Nella migliore delle ipotesi, continuerebbe (e mi riferisco al ricco dell'esempio) a spenderne metà e risparmiare l'altra metà.
Alla fine, dunque, se tutto andasse come da ipotesi migliore, avremmo consumi aumentati di 50.000 euro l'anno e, deficit pubblico aumentato di 100.000 (a meno che non si volesse far pagare 100 euro di tasse supplementari a testa, a quei 1000 poveracci che già arrivano a stento a fine mese. Sembrerebbe improponibile, ma l'ignoranza potrebbe anche condurre a questo).
Adesso esaminiamo l'altra ipotesi: 100 euro di bonus fiscale a testa ai 1000 dipendenti che, da 10.000 euro di reddito annuo, passerebbero a 10.100.
Cosa farebbero questi con quei 100 euro in più?
Li spenderebbero: hanno tanti e tali bisogni ancora da soddisfare, che non avrebbero alcun dubbio circa la destinazione di quei soldi.
I consumi, dunque, aumenterebbero di 100.000 euro (il doppio di prima) ed il Pil riceverebbe un sostanziale contributo alla crescita.
E chi pagherebbe quel bonus?
Il ricco da 1.000.000 di reddito l'anno: le su tasse sarebbero aumentate esattamente di quella cifra e, dunque, il suo reddito annuo calerebbe a 900.000 euro.
E se questo spendesse di meno?
Nossignore, non è nella natura umana; non si torna indietro nei consumi se non messi con le spalle al muro. Quel ricco continuerebbe a spendere 500.000 euro l'anno e ne risparmierebbe 400.000 (... e dopo un po di smadonnate, se ne farebbe una ragione e ringrazierebbe, comunque, la madonnina di Lourdes perché starebbe ancora notevolmente meglio di tutti gli altri...).
Risultato finale: lo Stato non spende un centesimo, i consumi aumentano, il Pil comincia a crescere in maniera sostenuta, ed il ricco, dopo avere bestemmiato tutti i santi, si mette l'anima in pace e, tutto sommato, resta ancora ricco.
A questo punto gli studenti di Economia dovrebbero obiettare: ma se il ricco riduce i risparmi, siccome questi devono essere uguali agli investimenti, quella riduzione provocherebbe una pari riduzione degli investimenti e, quindi, come si farebbe a produrre i "beni" richiesti dai maggiori consumi?
Ammesso (e non concesso) che il sistema fosse già al massimo della sua capacità produttiva (quello italiano, invece, è al 65%), quello sarebbe il momento di rispolverare Keynes: lo Stato dovrebbe intervenire per finanziare la parte mancante di investimenti, sicuro di recuperare (il suo investimento) nel giro di qualche anno, grazie alla maggiori entrate che assicurerebbe il Pil in crescita.
Ecco, dunque, la semplice ricetta per "dare una scossa" all'economia italiana.
Ma, se è così semplice, perché i nostri politici non la attuano?
Perché il semplice discutere di "tassare i ricchi" (tra cui, per inciso, ci sarei anch'io e, quindi, qui siamo davvero arrivati alla follia: i ricchi che riconoscono di dover pagare più tasse per il benessere collettivo, quindi anche il loro, ed i poveri che, invece, si "accaniscono" per non fargliele pagare) è da "comunisti", sicché, Berlusconi non vuole neanche sentirne parlare, e Bersani, per non passare da ex-comunista che perde il pelo ma non il vizio, evita anche alla lontana l'argomento, per evitare di perdere voti.
Cosicché, da 10 anni, cresciamo dello 0.2% l'anno di media (penultimi al mondo), le nostre retribuzioni sono tra le ultime in Europa, lo Stato ha ancora il 120% di deficit... e ci siamo avviati verso un infame declino senza ritorno.
Però, nessuno può dirci che siamo comunisti... cazzo. Tassare i ricchi mai.
Ora capite cosa intendevo quando, all'inizio, dicevo che gli elettori italiani sono stupidi (riescono a fare il loro danno e danneggiare anche tutti gli altri)?
Invece di discettare di questioni di lana caprina (...comunisti o fascisti...) che ormai sono patetiche rappresentazioni di altri tempi, perpetuano il declino del loro paese e le disgrazie dei loro stessi figli e nipoti, continuando a sostenere (con i loro voti) chi, per la stupida paura di essere considerato "comunista", non fa ciò che dovrebbe per rimettere questo paese in moto.
Poi, però, vanno al Bar e si vantano con gli amici di "avercelo duro"... forse perché abituati a ragionare solo con l'uccello.
E di quanto dovrebbero aumentare le tasse ai ricchi?
Una recente ricerca del Fondo monetario internazionale ha dimostrato che, in Europa, nel 1980 i redditi da lavoro erano il 73% del Pil e quelli da capitale il 27%, mentre nel 2004 i primi erano scesi al 63% ed i secondi erano aumentati al 37%.
Da ciò si capisce una cosa semplicissima: tutte le politiche di "destra" di questi ultimi 30 anni (dal duo Reagan-Thatcher in poi) hanno privilegiato il "capitale" (cioè i ricchi) a scapito del "lavoro" (cioè i poveri).
Questa concentrazione di ricchezza nelle mani dei più abbienti (tra cui, ripeto, il sottoscritto) ha "compresso" i consumi collettivi (che, abbiamo visto, dipendono grandemente dalla possibilità di spesa dei lavoratori dipendenti e, più in generale, dei meno ricchi... tra cui anche e soprattutto gli immigrati) e, dunque, ha provocato stagnazione nei paesi che, come l'Italia, a causa di un abnorme debito pubblico, non potevano permettersi un intervento "riequilibratore" dello Stato.
Si tratterebbe, dunque, di ristabilire le posizioni ex-ante (quelle del 1980), togliendo 10 punti di Pil (160 miliardi l'anno) ai "ricchi" per distribuirli ai "poveri". Quei 160 miliardi si trasformerebbero (quasi per intero) in consumi e, dunque, il Pil riprenderebbe a "correre" molto oltre le media europea...
Vi sembrano esagerati 160 miliardi? ... Bene, possono bastarne anche 80 per dare una scossa significativa al Pil e fare uscire il paese dalla stagnazione e dal declino...
Sembrerebbe tutto così ovvio, se non fosse che, allo stesso tempo, sembra anche avere l'impronta di Marx e, Dio ce ne scampi, di Lenin. Sicché, anche se sarebbe l'unica cosa da fare, non si fa.
Pertanto: Berlusconi può continuare ad additare i comunisti come la rovina dell'umanità, tutti i suoi collaboratori ex-comunisti (e sono una marea, tra i quali alcuni militavano addirittura in Lotta continua) possono raccontarci la storiella del pentimento e della redenzione, e gli ex-comunisti rimasti a sinistra, possono ancora aspirare al titolo di democratici progressisti e riformatori.
... Cazzu cazzu, iu iu ....
E gli italiani?
Alcuni si ritengono furbi, altri dicono di avercelo duro, ma, per la maggior parte, si lasciano pigliare per il culo da una banda di guitti di poco valore, che riescono a mantenere quei loro privilegi da "capetti", grazie alla diffusa ignoranza dei loro elettori.
E non è un'opinione, ma matematica i cui numeri sono chiaramente esposti in questa pagina. A meno che qualcuno non voglia confutarli e dimostrarmi il contrario.
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