25 febbraio 2012

La missione antinazionale di Monti, l’amerikano




Ad evidenziare il fallimento della missione di Mario Monti negli Stati Uniti, strombazzata al contrario dai media di regime come un “grande successo”, basterebbe un solo dato, il declassamento operato da Standard & Poor’s di ben 34 banche italiane. Tra queste troviamo il gotha del nostro sistema finanziario: Unicredit, Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Ubi Banca e BNL e il taglio del loro rating deciso dall’agenzia statunitense non fa altro che agevolarne una possibile svendita a prezzi stracciati (immaginiamo già ora chi potrebbero essere gli acquirenti, altro che conflitto d’interesse di Berlusconi …).
A questi danni, solo apparentemente virtuali, vanno aggiunti quelli già evidenti nell’economia reale: le spese militari per la conferma dei 4.000 soldati italiani in Afghanistan mentre i francesi si ritirano e gli USA riducono le loro forze, l’acquisto dei costosi e inutili aerei F35 dagli Stati Uniti mentre il Pentagono annuncia la disdetta delle commesse già accordate alle produzioni aeronautiche italiane, il deficit della nostra bilancia energetica a causa delle sanzioni all’Iran imposte da Obama e la perdita di posti di lavoro per le aziende nazionali che lavorano con la Siria assediata dagli atlantici.
La sudditanza di Roma a Washington con l’attuale Governo è allora più evidente che mai ma il prezzo da pagare è sempre più salato.
Sorvolando per ora sulle penose dichiarazioni di Monti, che nelle ultime settimane si è lasciato andare a previsioni che risulterebbero ridicole anche se enunciate da uno studente di economia del primo anno (1), conviene intanto soffermarsi sui reali scopi strategici della sua visita negli States.
Barack Obama lo ha convocato per indurre a più miti consigli la Germania, troppo rigida nel fissare i paletti che salverebbero l’euro e troppo indipendente nell’agevolare le sue esportazioni, mentre il mercato globale andrebbe riaperto ai prodotti “Made in USA” che attualmente risentono delle angustie del mercato interno. Convincerlo ad ammorbidire la linea di austerità voluta da Angela Merkel per evitare altri fallimenti come quello greco (la cui responsabilità ricade in buona parte proprio sulla banca statunitense Goldman Sachs), è quindi l’unica ragione degli elogi rivolti dal Presidente USA a Mario Monti.
Quanto questa operazione coincida davvero con gli interessi economici italiani, che sono anzitutto gli stessi dell’Europa, rimane tutto da dimostrare.

di Steve Brady

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25 febbraio 2012

La missione antinazionale di Monti, l’amerikano




Ad evidenziare il fallimento della missione di Mario Monti negli Stati Uniti, strombazzata al contrario dai media di regime come un “grande successo”, basterebbe un solo dato, il declassamento operato da Standard & Poor’s di ben 34 banche italiane. Tra queste troviamo il gotha del nostro sistema finanziario: Unicredit, Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Ubi Banca e BNL e il taglio del loro rating deciso dall’agenzia statunitense non fa altro che agevolarne una possibile svendita a prezzi stracciati (immaginiamo già ora chi potrebbero essere gli acquirenti, altro che conflitto d’interesse di Berlusconi …).
A questi danni, solo apparentemente virtuali, vanno aggiunti quelli già evidenti nell’economia reale: le spese militari per la conferma dei 4.000 soldati italiani in Afghanistan mentre i francesi si ritirano e gli USA riducono le loro forze, l’acquisto dei costosi e inutili aerei F35 dagli Stati Uniti mentre il Pentagono annuncia la disdetta delle commesse già accordate alle produzioni aeronautiche italiane, il deficit della nostra bilancia energetica a causa delle sanzioni all’Iran imposte da Obama e la perdita di posti di lavoro per le aziende nazionali che lavorano con la Siria assediata dagli atlantici.
La sudditanza di Roma a Washington con l’attuale Governo è allora più evidente che mai ma il prezzo da pagare è sempre più salato.
Sorvolando per ora sulle penose dichiarazioni di Monti, che nelle ultime settimane si è lasciato andare a previsioni che risulterebbero ridicole anche se enunciate da uno studente di economia del primo anno (1), conviene intanto soffermarsi sui reali scopi strategici della sua visita negli States.
Barack Obama lo ha convocato per indurre a più miti consigli la Germania, troppo rigida nel fissare i paletti che salverebbero l’euro e troppo indipendente nell’agevolare le sue esportazioni, mentre il mercato globale andrebbe riaperto ai prodotti “Made in USA” che attualmente risentono delle angustie del mercato interno. Convincerlo ad ammorbidire la linea di austerità voluta da Angela Merkel per evitare altri fallimenti come quello greco (la cui responsabilità ricade in buona parte proprio sulla banca statunitense Goldman Sachs), è quindi l’unica ragione degli elogi rivolti dal Presidente USA a Mario Monti.
Quanto questa operazione coincida davvero con gli interessi economici italiani, che sono anzitutto gli stessi dell’Europa, rimane tutto da dimostrare.

di Steve Brady

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