25 marzo 2007

Lunardi: un ministro che deve risarcire lo stato?


Non succede spesso che a un ministro venga chiesto di pagare di tasca propria il denaro pubblico sperperato. Ma quando accade, le cifre sono importanti. L’ingegner Pietro Lunardi, ex ministro alle Infrastrutture del governo Berlusconi, dovrà risarcire l’Anas per 2.757.877,34 euro avendo costretto l’azienda, quando era ministro, a pagare le maxiliquidazioni del Cda pur di farne piazza pulita. La sezione Lazio della corte dei conti, il 10 novembre scorso, ha infatti depositato la sentenza di condanna nei confronti dell’ex ministro ritenendo risarcimenti, buonuscite e finte consulenze non dovuti. La vicenda I fatti risalgono al 2001. L’ingegner Lunardi si è appena insediato al ministero e una delle sue prime decisioni è mandare a casa i vertici Anas. Presidente, all’epoca, è Giuseppe D'Angiolino, ex ufficiale della guardia di finanza. Tra i due non corre buon sangue. D’Angiolino, infatti, ha revocato alcuni incarichi all’ingegnere non ancora ministro ma consulenze per Anas per un paio di gallerie. All’ex ufficiale i conti non tornano. Quando c’è di mezzo la società di Lunardi, la Rocksoil, i costi lievitano. Così, dopo aver fatto eseguire delle perizie, chiede al futuro ministro di abbassare il prezzo o lasciare. Quando Lunardi arriva al ministero, ha il dente avvelenato. Costringe D'Angiolino a farsi da parte. Per convincerlo è disposto a pagare, anche più del dovuto. Il 27 settembre 2001 il presidente lascia l’incarico con risoluzione consensuale del contratto. Lo seguono a ruota i quattro consiglieri: Paolo Urbani, Alessandro Migliavacca, Clemente Carta e Ivan Cicconi rassegnano le dimissioni tra il 15 e il 19 ottobre 2001. L’uscita di scena dei cinque viene concordata con il ministro dietro il pagamento di parecchio denaro. La buonuscita del presidente Il professor D’Angiolino torna a casa con un milione e mezzo di euro in tasca. Chiede e ottiene: 816mila euro come compenso in qualità di amministratore dell'Anas superiori ai 350 milioni di lire previsti (l’ex ufficiale sostiene di poter far valere le norme sui dirigenti d'azienda privati per l'intero periodo del suo incarico, ovvero dal 1994 al 2001); altri 413mila euro come adeguamento del compenso (D’Angiolino sostiene di aver svolto mansioni di amministratore straordinario dal 1994 al 2001 anche se la corte sottolinea come, dal 1995, egli sia nominato presidente); altri 154mila euro arrivano come risarcimento per il patto di fedeltà che impone all’ex presidente di Anas di non esercitare nei tre anni successivi lavori in concorrenza con il gestore della rete stradale (ma la clausola è già contenuta nel contratto di nomina e quindi non bisognava pagarla a parte); infine il ministro accorda altri 154mila euro di consulenze da effettuare per conto del ministero in tre anni. Il conto verrà poi «elegantemente» girato all’Anas (non sia mai che il ministero si trovi in difficoltà), ma quel che è peggio è che la corte non trova traccia di alcuna consulenza effettuata da D’Angiolino. Per questo sono stati condannati insieme al ministro anche due funzionari Anas colpevoli di aver pagato l’ex presidente senza aver controllato che avesse effettivamente svolto i lavori. Generosi anche coi consiglieri Non è solo il presidente D’Angiolino a venire lautamente remunerato dal ministro. I quattro membri del Cda concordano infatti con l’ingegner Lunardi un «risarcimento» pari allo stipendio che avrebbero percepito fino a fine mandato se il loro incarico non fosse stato prematuramente interrotto. Addirittura la corte scopre che ai quattro consiglieri vengono riconosciuti i gettoni di presenza «futuri» sulla base di una media calcolata sugli mesi precedenti. E di riunioni, quel Cda, non ne avrebbe più fatte. Alla fine ogni consigliere ha intascato 335.700 euro che, sommati alla cifra già data all’ex presidente, significa 2.881.000 euro. La colpa La corte, alla fine, ha stabilito che il ministro ha avuto gravi colpe nello sperpero di denaro. Non solo quei soldi non dovevano essere pagati, ma l’ingegner Lunardi non aveva alcun potere di stabilire compensi, risarcimenti e quant’altro essendoci norme, regole e organi preposti proprio a questo. Per questo l’ex ministro è stato condannato a pagare 2.757.877,34 euro, mentre i due funzionari dell’Anas dovranno sborsare 61.974 euro a testa. In attesa di un eventuale ricorso in appello da parte dei condannati, il piatto piange. Non succede spesso che a un ministro venga chiesto di pagare di tasca propria il denaro pubblico sperperato. Ma quando accade, le cifre sono importanti. L’ingegner Pietro Lunardi, ex ministro alle Infrastrutture del governo Berlusconi, dovrà risarcire l’Anas per 2.757.877,34 euro avendo costretto l’azienda, quando era ministro, a pagare le maxiliquidazioni del Cda pur di farne piazza pulita. La sezione Lazio della corte dei conti, il 10 novembre scorso, ha infatti depositato la sentenza di condanna nei confronti dell’ex ministro ritenendo risarcimenti, buonuscite e finte consulenze non dovuti. La vicenda I fatti risalgono al 2001. L’ingegner Lunardi si è appena insediato al ministero e una delle sue prime decisioni è mandare a casa i vertici Anas. Presidente, all’epoca, è Giuseppe D'Angiolino, ex ufficiale della guardia di finanza. Tra i due non corre buon sangue. D’Angiolino, infatti, ha revocato alcuni incarichi all’ingegnere non ancora ministro ma consulenze per Anas per un paio di gallerie. All’ex ufficiale i conti non tornano. Quando c’è di mezzo la società di Lunardi, la Rocksoil, i costi lievitano. Così, dopo aver fatto eseguire delle perizie, chiede al futuro ministro di abbassare il prezzo o lasciare. Quando Lunardi arriva al ministero, ha il dente avvelenato. Costringe D'Angiolino a farsi da parte. Per convincerlo è disposto a pagare, anche più del dovuto. Il 27 settembre 2001 il presidente lascia l’incarico con risoluzione consensuale del contratto. Lo seguono a ruota i quattro consiglieri: Paolo Urbani, Alessandro Migliavacca, Clemente Carta e Ivan Cicconi rassegnano le dimissioni tra il 15 e il 19 ottobre 2001. L’uscita di scena dei cinque viene concordata con il ministro dietro il pagamento di parecchio denaro. La buonuscita del presidente Il professor D’Angiolino torna a casa con un milione e mezzo di euro in tasca. Chiede e ottiene: 816mila euro come compenso in qualità di amministratore dell'Anas superiori ai 350 milioni di lire previsti (l’ex ufficiale sostiene di poter far valere le norme sui dirigenti d'azienda privati per l'intero periodo del suo incarico, ovvero dal 1994 al 2001); altri 413mila euro come adeguamento del compenso (D’Angiolino sostiene di aver svolto mansioni di amministratore straordinario dal 1994 al 2001 anche se la corte sottolinea come, dal 1995, egli sia nominato presidente); altri 154mila euro arrivano come risarcimento per il patto di fedeltà che impone all’ex presidente di Anas di non esercitare nei tre anni successivi lavori in concorrenza con il gestore della rete stradale (ma la clausola è già contenuta nel contratto di nomina e quindi non bisognava pagarla a parte); infine il ministro accorda altri 154mila euro di consulenze da effettuare per conto del ministero in tre anni. Il conto verrà poi «elegantemente» girato all’Anas (non sia mai che il ministero si trovi in difficoltà), ma quel che è peggio è che la corte non trova traccia di alcuna consulenza effettuata da D’Angiolino. Per questo sono stati condannati insieme al ministro anche due funzionari Anas colpevoli di aver pagato l’ex presidente senza aver controllato che avesse effettivamente svolto i lavori. Generosi anche coi consiglieri Non è solo il presidente D’Angiolino a venire lautamente remunerato dal ministro. I quattro membri del Cda concordano infatti con l’ingegner Lunardi un «risarcimento» pari allo stipendio che avrebbero percepito fino a fine mandato se il loro incarico non fosse stato prematuramente interrotto. Addirittura la corte scopre che ai quattro consiglieri vengono riconosciuti i gettoni di presenza «futuri» sulla base di una media calcolata sugli mesi precedenti. E di riunioni, quel Cda, non ne avrebbe più fatte. Alla fine ogni consigliere ha intascato 335.700 euro che, sommati alla cifra già data all’ex presidente, significa 2.881.000 euro. La colpa La corte, alla fine, ha stabilito che il ministro ha avuto gravi colpe nello sperpero di denaro. Non solo quei soldi non dovevano essere pagati, ma l’ingegner Lunardi non aveva alcun potere di stabilire compensi, risarcimenti e quant’altro essendoci norme, regole e organi preposti proprio a questo. Per questo l’ex ministro è stato condannato a pagare 2.757.877,34 euro, mentre i due funzionari dell’Anas dovranno sborsare 61.974 euro a testa. In attesa di un eventuale ricorso in appello da parte dei condannati, il piatto piange. Non succede spesso che a un ministro venga chiesto di pagare di tasca propria il denaro pubblico sperperato. Ma quando accade, le cifre sono importanti. L’ingegner Pietro Lunardi, ex ministro alle Infrastrutture del governo Berlusconi, dovrà risarcire l’Anas per 2.757.877,34 euro avendo costretto l’azienda, quando era ministro, a pagare le maxiliquidazioni del Cda pur di farne piazza pulita. La sezione Lazio della corte dei conti, il 10 novembre scorso, ha infatti depositato la sentenza di condanna nei confronti dell’ex ministro ritenendo risarcimenti, buonuscite e finte consulenze non dovuti. La vicenda I fatti risalgono al 2001. L’ingegner Lunardi si è appena insediato al ministero e una delle sue prime decisioni è mandare a casa i vertici Anas. Presidente, all’epoca, è Giuseppe D'Angiolino, ex ufficiale della guardia di finanza. Tra i due non corre buon sangue. D’Angiolino, infatti, ha revocato alcuni incarichi all’ingegnere non ancora ministro ma consulenze per Anas per un paio di gallerie. All’ex ufficiale i conti non tornano. Quando c’è di mezzo la società di Lunardi, la Rocksoil, i costi lievitano. Così, dopo aver fatto eseguire delle perizie, chiede al futuro ministro di abbassare il prezzo o lasciare. Quando Lunardi arriva al ministero, ha il dente avvelenato. Costringe D'Angiolino a farsi da parte. Per convincerlo è disposto a pagare, anche più del dovuto. Il 27 settembre 2001 il presidente lascia l’incarico con risoluzione consensuale del contratto. Lo seguono a ruota i quattro consiglieri: Paolo Urbani, Alessandro Migliavacca, Clemente Carta e Ivan Cicconi rassegnano le dimissioni tra il 15 e il 19 ottobre 2001. L’uscita di scena dei cinque viene concordata con il ministro dietro il pagamento di parecchio denaro. La buonuscita del presidente Il professor D’Angiolino torna a casa con un milione e mezzo di euro in tasca. Chiede e ottiene: 816mila euro come compenso in qualità di amministratore dell'Anas superiori ai 350 milioni di lire previsti (l’ex ufficiale sostiene di poter far valere le norme sui dirigenti d'azienda privati per l'intero periodo del suo incarico, ovvero dal 1994 al 2001); altri 413mila euro come adeguamento del compenso (D’Angiolino sostiene di aver svolto mansioni di amministratore straordinario dal 1994 al 2001 anche se la corte sottolinea come, dal 1995, egli sia nominato presidente); altri 154mila euro arrivano come risarcimento per il patto di fedeltà che impone all’ex presidente di Anas di non esercitare nei tre anni successivi lavori in concorrenza con il gestore della rete stradale (ma la clausola è già contenuta nel contratto di nomina e quindi non bisognava pagarla a parte); infine il ministro accorda altri 154mila euro di consulenze da effettuare per conto del ministero in tre anni. Il conto verrà poi «elegantemente» girato all’Anas (non sia mai che il ministero si trovi in difficoltà), ma quel che è peggio è che la corte non trova traccia di alcuna consulenza effettuata da D’Angiolino. Per questo sono stati condannati insieme al ministro anche due funzionari Anas colpevoli di aver pagato l’ex presidente senza aver controllato che avesse effettivamente svolto i lavori. Generosi anche coi consiglieri Non è solo il presidente D’Angiolino a venire lautamente remunerato dal ministro. I quattro membri del Cda concordano infatti con l’ingegner Lunardi un «risarcimento» pari allo stipendio che avrebbero percepito fino a fine mandato se il loro incarico non fosse stato prematuramente interrotto. Addirittura la corte scopre che ai quattro consiglieri vengono riconosciuti i gettoni di presenza «futuri» sulla base di una media calcolata sugli mesi precedenti. E di riunioni, quel Cda, non ne avrebbe più fatte. Alla fine ogni consigliere ha intascato 335.700 euro che, sommati alla cifra già data all’ex presidente, significa 2.881.000 euro. La colpa La corte, alla fine, ha stabilito che il ministro ha avuto gravi colpe nello sperpero di denaro. Non solo quei soldi non dovevano essere pagati, ma l’ingegner Lunardi non aveva alcun potere di stabilire compensi, risarcimenti e quant’altro essendoci norme, regole e organi preposti proprio a questo. Per questo l’ex ministro è stato condannato a pagare 2.757.877,34 euro, mentre i due funzionari dell’Anas dovranno sborsare 61.974 euro a testa. In attesa di un eventuale ricorso in appello da parte dei condannati, il piatto piange.

La Banca Mondiale ha le ore contate?


Le Banche nel momento di massima espansione e dominio stanno vivendo momenti difficili. Il mostro comincia ad affacciare la testa e, i piccoli Golia non vedono l'ora di accecare o uccidere la Bestia.HEDELBERTO LOPEZ BLANCH parla della situazione in America Latina, nessun media sfiora l'argomento.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM) sono in agitazione perché in America Latina si sta formando un’entità finanziaria in grado di aumentare le problematiche di cui già soffrono queste due organizzazioni mondiali.

Alla fine di febbraio, durante una visita del presidente argentino Nestor Kirchner a Caracas, il suo omologo venezuelano, Hugo Chávez, ha annunciato che i due governi si sono dati un termine di 120 giorni per la costruzione del Banco del Sur (Banca del Sud).

Chávez ha spiegato che al termine di questo lasso di tempo dovrebbe essere già pronto un piano di azione “volto alla creazione di statuti, così come il piano di realizzazione per un quinquennio, il programma di acquisizione di risorse e la stima del capitale iniziale”.

Il governo venezuelano è pronto per mettere a disposizione almeno il 10% delle sue riserve a questo scopo e il suo Presidente ha esortato affinché altri paesi facciano lo stesso per creare una banca che inizierà modestamente, ma che in pochi anni, “non ci sarà bisogno del FMI o della BM, né di andare mendicando per il mondo”.

Durante la riunione Kirchner-Chávez, si è appreso che il documento base per la creazione della Banca del Sud possiede un fondamento dal punto di vista etico, economico, politico e sociale e che la sede principale sarà a Caracas e un’altra a Buenos Aires. L’ apparato direttivo del progetto offre facilitazioni affinché gli altri governi possano unirsi a questo impegno in ogni momento della sua fase, ciò che permetterà una maggiore integrazione latinoamericana. Il ministro ecuadoriano dell’Economia, Ricardo Patiño, ha assicurato che la Banca del Sud sarà una realtà in pochi mesi e il suo paese, come la Bolivia, aderirà a questo organismo che funzionerà con le risorse delle nazioni che ne faranno parte.

E’ innegabile che la Banca del Sud costituisce una prospettiva finanziaria regionale d’avanguardia, contrapposta alle attività del FMI e della BM.

È consuetudine che i governi ripongano i loro risparmi nelle banche del Nord, che pagano tassi di interesse tra l’1 o il 2%, per poi prestare questo stesso denaro con tassi di interesse tra il 6 e il 12%.

Attualmente esiste una congiuntura favorevole affinché i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) possano raggiungere una politica indipendente rispetto alle nazioni capitaliste più industrializzate perché negli ultimi anni i PVS hanno aumentato in modo considerevole le loro riserve internazionali. Si calcola che solo le riserve di Venezuela, Argentina e Brasile, in totale, raggiungano la somma di 100.000 milioni di dollari.

La decisione di fondare la Banca, come è logico, rappresenta già un motivo di preoccupazione per gli organismi finanziari internazionali e per i paesi industrializzati perché in pratica i più poveri e numerosi prestano denaro ai potenti.

La Banca Mondiale ha preso atto di questa realtà segnalando nei suoi rapporti annuali, e specificatamente in quelli del 2003, 2005, e 2006, chiamati Sviluppo Finanziario Globale, che i “paesi in via di sviluppo, presi insieme, sono creditori rispetto agli sviluppati” e che i primi “esportano capitali nel resto del mondo, in particolare negli Stati Uniti”.

Eric Toussaint, presidente del Comitato per l’Abolizione del Debito del Terzo Mondo (CADTM), in un importante studio sull’argomento spiega che la maggior parte dei Paesi in Via di Sviluppo compra buoni del Tesoro statunitensi con la motivazione che questi hanno molta liquidità e si possono vendere facilmente. I Paesi in Via di Sviluppo contribuiscono così a sostenere la potenza dell’impero americano.

“I Paesi in Via di Sviluppo mettono nelle mani del padrone il bastone che egli impiega per picchiarli e depredarli, dal momento che gli Stati Uniti hanno un necessità vitale di finanziamenti dall’estero per coprire il loro enorme deficit e mantenere così il loro potere militare, commerciale e finanziario. Se si trovassero privati di una parte significativa di questi prestiti, il loro predominio verrebbe meno”, segnala Toussaint.

Bisogna far presente che le quotazioni del dollaro da alcuni anni sono in ribasso e i buoni sono remunerati con moneta svalutata e pertanto sarebbe più proficuo investirli nello sviluppo sociale di questi paesi.

Il FMI, in questo anno fiscale, sta affrontando difficoltà finanziarie a breve termine con un deficit di 105 milioni di dollari al di sopra del previsto, cosa che non succedeva dal 1985, quando si dichiarò una moratoria nel pagamento dei debiti da parte di alcuni paesi.

La ragione ora è molto diversa e si deve ai pagamenti anticipati che si sono realizzati da parte di alcuni paesi membri con l’obiettivo di ridurre i loro debiti e per i quali hanno utilizzato parte delle loro riserve internazionali.

Questa situazione non è nuova, ma è cominciata durante la crisi asiatica alla fine degli anni ’90, quando gli interessati decisero di far fronte con le loro obbligazioni creditizie in cambio di un controllo minore da parte del FMI.

Tanto il FMI, che la BM ed altre istituzioni finanziarie mondiali dominate dai Paesi in Via di Sviluppo, concedono prestiti alla condizione che si rispettino strettamente le raccomandazioni di natura economica suggerite da queste istituzioni, le quali vanno sempre a sfavore delle strategie sociali disposte per le popolazioni indebitate.

Brasile, Argentina, Uruguay hanno effettuato pagamenti anticipati per più di 25.000 milioni di dollari (per risparmiare sugli enormi interessi). Lo hanno anche fatto Serbia e Indonesia ed altri come Colombia, Cile, Messico, Perù, Venezuela hanno ottenuto aperture di credito ma non le hanno utilizzate. Dalla fondazione del FMI e della BM nel 1944 questi organismi sono stati strumenti di dominio delle nazioni potenti le quali hanno imposto, nelle regioni sfortunate, politiche neocoloniali, neoliberali e di libero commercio a sfavore delle grandi moltitudini.

Davanti a questa non obiettabile realtà sorge il progetto della creazione della Banca del Sud che, con una intenzione multilaterale, mira verso la necessaria integrazione latinoamericana.

Durante la sua visita a Caracas il presidente argentino Néstor Kirchner ha puntualizzato che questa istituzione dovrà essere un’entità finanziaria con caratteristiche e filosofie differenti da quelle delle sedi bancarie internazionali che pure sono nate con l’intento di promuovere investimenti e che con il trascorrere degli anni si sono trasformate “in una vera calamità per i popoli”.

La Banca del Sud, insieme all’Alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA), è un altro dei segnali di risveglio dell’emancipazione delle nazioni dell’America Latina.

22 marzo 2007

Che cosa possiamo fare noi ebrei per il bene del mondo?



A questa domanda, a volte mi viene da ridere, ma per rispetto mi astengo dal commentare. Voglio solo usare le parole di un autore M. Blondet.

Per carità, abbiate pietà!
Non cercate di fare il bene del mondo, abbiamo già visto il vostro bene!
La domanda è rivelatrice in sé.
I cinesi non si domandano cosa possono fare «per il bene del mondo», né se lo chiedono i francesi e gli italiani.
I popoli autentici, non ideologici e non artificiali, si limitano a vivere nel mondo, cercando di assicurarsi una relativa sicurezza impegnandosi con trattati.
A chiedersi attivamente cosa fare ancora per «il bene del mondo» sono gli ideologi di ideologie feroci: i comunisti sovietici, oggi i fondamentalisti messianici americani.
Vogliono a tutti i costi farci del «bene», portare «la democrazia», il «mercato», la «libertà».
Gli individui sì, devono chiedersi, ciascuno per sé, cosa possano fare di bene, come migliorare il mondo.
Non i popoli in quanto tali.
Un popolo che si domanda - o fa finta di domandarsi - cosa deve fare per il bene del mondo, è un popolo che si crede divino, che si crede Dio.
No, caro lettore, cari ebrei.
Vi chiediamo molto meno.
Non di fare, come Dio, «il bene del mondo», ma semplicemente di non fare troppo male.
Di non opprimere e affamare i palestinesi.
Di non soffocare nel sangue e nella fame le loro speranze.
Di non porre loro, ogni volta che accedono alle condizioni da voi dettate, sempre nuove condizioni: questo non è «bene», è slealtà e menzogna.
Ci accontenteremmo che voi, dopo aver distrutto il Libano dalle fondamenta in 30 giorni con le vostre bombe, non continuaste a violarne ogni giorno - come denuncia l’ONU - lo spazio aereo, ossia la sovranità.
Anche gli altri, nella civiltà, hanno diritto alla sovranità.

Ci sarebbe piaciuto che la vostra lobby non avesse spinto la superpotenza USA a «fare il bene» degli iracheni, ammazzandone 650 mila e rendendone profughi oltre due milioni.
Ci basterebbe che non esigeste oggi dagli americani che inceneriscano l’Iran, una nazione che non vi minaccia realmente, che non ha mai aggredito ma che è se mai stata aggredita da un Saddam Hussein su istigazione USA.
Vi chiediamo di fare pace con condizioni oneste, che altri possano accettare senza eccessiva umiliazione.
Anche per il vostro bene: perché una pace fondata sul dominio e sulla forza assoluta, non consente mai di dormire tranquilli.
Specie se si dorme in case rubate, su terre che non vi appartengono, su letti strappati ad altri. Nonostante tutta la forza, si viene visitati da brutti sogni.
Il vostro Freud può spiegarvi, ancora una volta, il motivo dei vostri sonni agitati, dei vostri fantasmi di essere «cancellati».
No, per favore, non fate il nostro bene.
Non siete Dio.
Soprattutto, non siete il nostro Dio.

07 marzo 2007

FantaFiaba sul presente


Migliaia di anni fa delle razze esogene molto evolute tecnologicamente approdarono sul pianeta.

Uno di questi popoli, dopo essersi insediato in molte regioni della Terra, compì degli esperimenti genetici su ominidi da cui fu selezionata la specie homo sapiens, specie il cui DNA è corrotto. Forse due civiltà oppure due fazioni all’interno della stessa entrarono in conflitto: prevalse la fazione malvagia e bellicosa, decisa ad assoggettare l’umanità ed a servirsene per i suoi scopi di dominazione. Il gruppo dei perdenti dovette allontanarsi dalla Terra, forse alcuni vi rimasero ma passarono nella clandestinità: costoro, attraverso miti ed opere letterarie ed artistiche, codificarono conoscenze segrete relative soprattutto al fenomeno della precessione. Infatti i cambiamenti precessionali non possiedono soltanto un significato cosmico, ma pure implicano una relazione profonda tra i cicli dell’universo e gli esseri viventi.

Con il passare dei secoli, le conoscenze esoteriche subirono un processo di deterioramento: diventarono sempre più confuse. Alcuni maestri custodirono insegnamenti sublimi e dottrine segrete, ma che furono appannaggio di una cerchia assai ristretta di iniziati timorosi di esporsi. Altri, in accordo con le èlites, contaminarono il sapere esoterico all’interno di confraternite dedite a culti abominevoli ed oscuri.

Nel frattempo gli Annunaki o i loro discendenti ibridi, ossessionati dalla purezza del sangue, perseguirono un piano a lunghissimo termine volto ad instaurare un sistema politico, sociale, culturale ed economico fondato sulle disuguaglianze tra classi e sui conflitti tra etnie in modo da dominarle tutte con la strategia del divide et impera. Gli arconti decisero anche di creare una prigione invisibile entro cui confinare gli uomini, considerati come oggetti per il loro trastullo oltre che come schiavi “liberi”. Tale carcere fu costruito per mezzo delle religioni politeiste e monoteiste destinate ad assopire la coscienza, a favorire l’oblio del vero valore dell’esistenza, che trova il suo significato più profondo nell’armonia con la pulsante vita cosmica, nei principi spirituali e non nel denaro, nel potere e nel successo.

Cruciale fu in questo progetto l’invenzione del “Cristianesimo”, una “fede” destinata ad allargarsi a macchia d’olio in quasi tutto il mondo per mezzo inizialmente di imperatori come Costantino e Teodosio, quindi tramite la dinastia usurpatrice dei Carolingi. Centrale fu ed è il ruolo di Roma, vera kaput mundi e cuore della cospirazione globale nel passato come oggi.

Le classi dirigenti, attraverso i millenni, riuscirono a mantenere ed a rafforzare il controllo dell’umanità, falsificando la storia, fomentando guerre e diffondendo la paura. Con l’invenzione di strumenti tecnologici sempre più sofisticati, l’egemonia delle élites è divenuta stritolante: i dominatori hanno deciso che l’intera popolazione mondiale deve essere completamente asservita prima che sia troppo tardi. Forse è imminente un cambiamento, legato a fenomeni cosmici, che potrebbe svelare il vero volto dei dominatori, creature laide e spaventevoli. Per evitare ciò, il programma di dominazione ha subito un’accelerazione: H.A.A.R.P., scie chimiche, nanotecnologie, disinformazione… sono i mezzi per tentare di impedire un’evoluzione genetica e spirituale dell’umanità.

I popoli dovrebbero liberarsi dal giogo prima che sia instaurata una dittatura globale, sotto l’egida di Roma, ma la consapevolezza è assai limitata. Inoltre il tempo stringe ed i pochi giusti possono contare forse solo su qualche alleato debole, che rischia da un momento all’altro di soccombere di fronte agli attacchi micidiali sferrati da un coalizione terrestre-esterna potentissima ed implacabile. Questa alleanza, pur divisa al suo interno per la spartizione ed il dominio di Gaia, stringe sempre più la sua morsa.

Gli eventi mortali ed insidiosi si susseguono nell’indifferenza generale: il lucignolo si sta consumando. Se non capiremo l’inganno e se non agiremo per smascherare gli arconti, ci attende il Ragnarok.
Zret

04 marzo 2007

Chi deve occuparsi di politica?


Carlo gambescia approfondisce i temi che stanno allontanando la politica dal popolo sovrano. Sarà un bene? Ai posteri un giudizio.
Perché gli uomini che "hanno già avuto tanto dalla vita" devono occuparsi di politica?
Oggi il Corriere della Sera riporta tra virgolette uno sfogo di Prodi: “Sono stanco di questo andazzo, non è scritto da nessuna parte che debba stare al governo a tutti i costi, a queste condizioni non intendo continuare a metterci la faccia: dopotutto, ho avuto tanto dalla vita, non sono disposto ad espormi ulteriormente ad uno stillicidio di questo genere”.
“Ho avuto tanto dalla vita”. Anche Berlusconi, non è nuovo a queste espressioni. Quante volte nei momenti di crisi (politica), ha dichiarato di considerare la carica di Presidente del Consiglio una specie di ciliegina sulla torta? Tante.
Si dirà, Berlusconi e Prodi usano una brillante carriera professionale per ricattare i politici di professione, e costringerli a collaborare, minacciando di piantare tutto e dunque di rovinarli, perché, come tutti i politici di professione, e su questo l’imprenditore e il professore sono d’accordo, i parlamentari "sarebbero uomini senza arte né parte”.
Può essere. Ma di fondo, crediamo, siano in gioco due fattori.
In primo luogo, personaggi come Prodi e Berlusconi, sono estranei alla politica, intesa come lotta delle idee (non delle ideologie) e ferrea volontà di trasformazione della realtà. Prodi è un tecnocrate, messo a capo di una maggioranza molto politicizzata (si pensi alla sinistra radicale), Berlusconi è un imprenditore, che si è inventato una maggioranza, altrettanto politicizzata (si pensi ad An e alla Lega), cavalcando, quella che di solito viene definita “antipolitica”, mentre invece non è che la futura forma della politica (più partecipativa e “aggressiva”). Ma questa è un’altra storia.
Inoltre sia per Prodi che per Berlusconi l’economia viene prima della politica. Di qui la loro tendenza a inquadrare ogni problema in termini di rapporto costi-benefici per il sistema economico.
In secondo luogo, sono uomini “arrivati”. Che hanno avuto tutto dalla vita, come appunto asseriscono. E non possono più avere quella “voglia di realizzare” che invece distingue coloro che non si sono ancora affermati. In questo senso mirano più al galleggiamento politico che alle grandi riforme: agli onori e non agli oneri. Il governo Berlusconi ha brillato per il suo sostanziale immobilismo. E quello Prodi è sulla buona strada. Quando parliamo di grandi riforme intendiamo riforme strutturali, e non pure e semplici “liberalizzazioni” che colpiscono le categorie più deboli e lasciano integri i grandi monopoli, come quelle di Bersani. In realtà le grandi riforme, si chiamano così, perché sono tese al miglioramento sistematico della “qualità della vita” degli italiani. Come, ad esempio, nei settori dell’istruzione, della salute, della politica estera, della sostenibilità ecologica. Parliamo, perciò, di iniziative forti che richiedono tempo, impegno e voglia di fare.
Ora, che volete importi a Prodi e Berlusconi, due uomini spenti, che “hanno avuto tutto dalla vita”, affrontare questioni la cui soluzione impone addirittura uno spreco di energia politica ? Nulla.
Il lato tragico, anzi tragicomico della questione, è che la stessa sinistra, quella più politicizzata, ha già organizzato, pare per domenica, una manifestazione in favore di Prodi: un tecnocrate che si considera “arrivato” professionalmente quanto Berlusconi. Insomma, anche la sinistra radicale vuole che il professore bolognese resti. E, quel che è peggio, si è accanita contro Franco Turigliatto e Fernando Rossi: i quali, a detta di Diliberto non avrebbero ancora compreso l’importanza di impedire il ritorno di Berlusconi al potere.
Per noi invece Turigliatto e Rossi hanno capito tutto. E da un pezzo.

Nè di destra, né di sinistra.


Io sono così. Sarà, per la mia formazione tecnicista sarà, perché cerco di guardare a 360 gradi senza emozioni, sarà, per questo, che questa “democrazia” mi lascia indifferente.
Quando i mercanti affolleranno il tempio della democrazia (parlamento), allora la democrazia “degli interessi” prevarrà su tutto, anche sui cittadini o sudditi.
Questa sensazione non è solo la mia, ma anche di Massimo Fini che spiega in questo articolo:

Tutti e due gli schieramenti politici hanno cercato di dare alla manifestazione di Vicenza un connotato 'di sinistra'. La sinistra per mettere il suo marchio su una manifestazione che, a dispetto delle prefiche di sventura, si è svolta nel più pacifico dei modi. La destra per sottolineare le divisioni all'interno della sinistra, quella governativa che ha dato il suo benestare all'allargamento della base americana, e quella di piazza che è contraria.

Poichè a Vicenza c'ero anch'io, non come giornalista ma a capo del mio piccolo gruppo che si chiama 'Movimento Zero', che non è nè di destra nè di sinistra, ma oltre queste due categorie che, vecchie di due secoli, non considero più adeguate a comprendere le esigenze più profonde dell'uomo contemporaneo, che non sono nè economiche nè economiciste, vorrei dire la mia. Noi, con il nostro striscione ("Cittadini, non sudditi"), eravamo il primo gruppo dietro quello del Comitato organizzatore.

Davanti a noi i vicentini, soprattutto donne (donne, non ragazze) che tutto avevano fuorchè l'aria delle 'pasionarie' ma piuttosto quella delle casalinghe, bambini, anche in passeggino, e poi la cosiddetta 'gente comune', fra cui parecchi piccoli imprenditori, cui è difficile dare una precisa connotazione politica. Dietro di noi molti cani sciolti, quindi lo sterminato corteo dei 'No Tav' che sarebbe azzardato definire 'di sinistra'. Altri cani sciolti. Quindi i "centri sociali", la Cgil e rappresentanti dei partiti della sinistra, sia moderata che radicale. Molti striscioni di protesta avevano in effige sia il faccione di Prodi che quello di Berlusconi. E il significato più profondo e più vero della manifestazione di Vicenza è, a mio avviso, lo scollamento che si sta creando fra una parte consistente di cittadini e rappresentanti, di destra e di sinistra, da cui non si sentono più rappresentati. E il fatto che costoro cerchino ora di strumentalizzare, a proprio uso e consumo, la manifestazione non farà che approfondire questo solco. Noi cittadini siamo stanchi di essere considerati pura massa di manovra ad uso delle eterne diatribe fra le oligarchie di destra e di sinistra o interne all'una e all'altra. A Vicenza, sbiancando chi, come Amato, come Rutelli e come i Pierluigi Battista del Corriere della Sera, si era permesso di fare dei vergognosi e gravissimi collegamenti fra una manifestazione della gente comune e i neobrigatisti, ci siamo ripresi, pacificamente, quella voce cui abbiamo diritto.

Ma a qualcuno non va bene lo stesso. Il Giornale, in un editoriale a firma Mario Cervi, ci definisce 'melassa buonista'. Fateci capire. Se la manifestazione è violenta va, giustamente, condannata, se è pacifica viene invece disprezzata, come accadde per i 'girotondi'.

Ederle 2 comunque si farà. Perchè, come scriveva l'altro giorno il nostro Direttore, 'pacta sunt servanda'. Ed è vero. Ma tutti i patti internazionali contengono una clausola che recita 'rebus sic stantibus', se le cose restano immutate. E le cose dal 1949, quando fu firmato il Patto Atlantico, sono mutate. Eccome. L'alleanza sperequata con gli Stati Uniti (e quindi la presenza di loro basi militari in vari Paesi europei, fra cui l'Italia) era indispensabile fino a quando è esistita l'Unione Sovietica, perchè solo gli americani avevano il deterrente atomico necessario per scoraggiare l' 'orso russo' dal tentare avventure militari in Europa Ovest. E gli Stati Uniti, giustamente dal loro punto di vista, hanno fatto pagare all'Europa questa loro protezione con una sudditanza militare, politica, economica e, alla fine, anche culturale. Questo pesante pedaggio, oggi, non ha più alcuna ragione d'essere. Inoltre, nel tempo, la Nato ha cambiato, surrettiziamente, la sua natura, trasformandosi da Patto difensivo in offensivo. L'esempio classico è quello della Jugoslavia. La Jugoslavia di Milosevic non minacciava alcun Paese dell'Alleanza Atlantica ma fu attaccata dalla Nato. Mi pare evidente che tutta la questione Nato vada rivista. Questo, naturalmente, non può farlo solo l'Italia (che si cuccherà, comunque, Ederle 2 anche se una buona parte della cittadinanza, di Vicenza e non solo di Vicenza, non la vuole), ma deve farlo l'Europa. E' 'bolso antiamericanismo' questo, come scrive sempre Mario Cervi sul Giornale? A me sembrano argomenti. In ogni caso l'antiamericanismo che sempre ci viene sbattuto in faccia, non è un reato. E' una posizione politica legittima. E forse non peggiore di certo filoamericanismo acritico che, pur di compiacere gli Stati Uniti, è disposto a calpestare sovranità e dignità nazionali.

23 febbraio 2007

Quale democrazia con questo sistema elettorale?



Se, molte persone si allonatanano dalla politica un motivo ci deve essere.
Lo analizza molto bene Antonella Randazzo in questo articolo sui sistemi elettorali attualmente in uso nel mondo.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con tono assai paternalistico, ci dice, in riferimento alla manifestazione di Vicenza, che le "manifestazioni (sono) legittime, ma sono le Istituzioni a decidere... E' nel riconoscimento della rappresentatività delle Istituzioni elettive che ogni forma di partecipazione deve trovare la sua misura".
Con queste parole il presidente ci fa capire che è inutile manifestare contro una decisione non favorevole alla cittadinanza, perché, tanto, i rappresentanti politici agiranno sempre sulla base di altri assunti, e non sulla base della sovranità popolare.
Ma la sovranità, anche se si eleggono rappresentanti, non rimane comunque del popolo? Non ci viene spiegato che la democrazia è il sistema politico in cui il popolo è sovrano? O è sovrano soltanto il giorno in cui va a votare?
Prendiamo l'esempio del titolare di un esercizio che decide di assumere un suo rappresentante. Dal momento in cui il rappresentante ha la fiducia del suo datore di lavoro, può ritenersi libero di agire come vuole o deve sempre avere come riferimento la volontà di colui che lo ha assunto? Ovviamente, ogni rappresentate deve dare conto a chi lo ha assunto per assolvere alla sua funzione. Perché questo non dovrebbe valere anche per i politici? I politici dovrebbero essere obbligati a rispettare l'interesse dei cittadini, altrimenti a servizio di chi sarebbero?
Anche Adolf Hitler è stato eletto regolarmente. Secondo il ragionamento di Napolitano, egli, essendo stato eletto, aveva il potere di fare quello che voleva, e il popolo tedesco era obbligato a subire passivamente tutte le decisioni del governo.
Le parole di Napolitano si fanno pericolose allorché egli giunge ad associare la violenza e il terrorismo alle legittime manifestazioni di dissenso popolare: "se si nega l'ancoraggio alle Istituzioni si può scivolare nella suggestione della violenza come matrice delle decisioni. E di lì, si può compiere il passo verso la degenerazione estrema del terrorismo".
Cosa c'entra la violenza e il terrorismo con la pretesa democratica della popolazione di vedere rispettata la sua volontà?
Il dissenso non deve essere demonizzato né criminalizzato, ciò avviene nelle dittature e non nelle democrazie.
Napolitano brandisce il pericolo "terrorismo" come una volta ai bambini si gridava all'"uomo nero". Ma i cittadini non sono bambini e chi protesta per decisioni che vanno contro gli interessi materiali e morali dei cittadini italiani non deve essere considerato un potenziale terrorista o un violento.
Le parole di Napolitano ci inducono ad un brusco risveglio: quello che ci costringe a capire che l'attuale sistema politico è stato costruito ad oc per sottrarre la sovranità al popolo, dandogli l'illusione di possederla.
L'attuale sistema politico elettorale è stato introdotto per la prima volta nel 1855, nelle colonie inglesi, come Australia e Nuova Zelanda, per dare ai popoli l'impressione di avere potere politico, ed evitare così che si sollevassero contro l'occupante. Il sistema elettorale di stampo anglosassone nacque, quindi, come un modo efficace per ingannare e dominare i popoli. Inizialmente, in Gran Bretagna, i proprietari terrieri avevano diritto a più voti, mentre i contadini e i loro domestici non ne avevano diritto. Col tempo il diritto di voto venne esteso a tutti i lavoratori e alle donne. Ma in realtà non cambiava granché, perché i due partiti che si contendevano il potere erano entrambi a servizio delle classi ricche. Lo stesso modello bipartitico veniva utilizzato dagli Stati Uniti. Col passar del tempo molti elettori anglo-sassoni si resero conto della truffa, e la quantità di coloro che si recavano alle urne diminuiva di anno in anno, fino a toccare i livelli bassissimi di oggi (30/40%).
Alla fine della Prima guerra mondiale, il modello politico elettorale era già in grave crisi. Moltissime persone si erano accorte che il sistema era facilmente manovrabile da parte di chi deteneva il potere economico-finanziario. La democrazia veniva concepita, alla luce dei princìpi socialisti e comunisti, come un modello che aveva come fine ultimo il benessere dell'intera popolazione, e non gli interessi del gruppo egemone. Gli storici Charles e Mary Beard, dopo la grande guerra, osservavano che nel sistema elettorale i partiti si erano "accampati" come un "esercito permanente".

Il sistema basato sui partiti e sulle periodiche elezioni veniva considerato a rischio anche perché i risultati potevano essere manipolati attraverso diverse strategie.
Ad esempio, una legge elettorale ben congegnata può limitare il numero di seggi assegnati ad un determinato partito. In Francia, nel 1958, il numero di seggi del Partito Comunista francese (Pcf) si ridusse da 150 (del 1956) a 10, in seguito alla nuova legge elettorale. Anche in Italia, negli stessi anni, le elezioni vennero manipolate in modo tale da impedire ai partiti di sinistra (che avevano la maggioranza di seggi), di andare al governo. Per estromettere i social-comunisti, le autorità statunitensi utilizzarono, in Italia e in Giappone, anche le mafie locali. In Giappone, durante l'occupazione americana vennero imprigionati o uccisi decine di migliaia di social-comunisti, e i partiti che potevano candidarsi erano soltanto quelli che ricevevano il via libera da Washington.
Lo stesso accadde nella Germania dell'ultimo dopoguerra, dove già Hitler aveva ucciso nei lager quasi tutti i militanti social-comunisti, proprio come gli americani avrebbero fatto in Giappone e in Grecia. Il sistema elettorale in Giappone veniva definito come "the ballot is the bullet" (la scheda elettorale è una pallottola), ad indicare cosa significasse per i cittadini giapponesi essere costretti a sottomettersi a quel sistema dopo una terribile guerra che aveva prodotto in loro il desiderio di cambiare in modo autenticamente democratico il sistema politico.
Il sistema elettorale diventò, paradossalmente, un modo per impedire ai popoli di raggiungere un'autentica democrazia spontaneamente, imponendo dall'alto una finta democrazia. La democrazia imposta dall'alto o portata con le armi è una tirannia mascherata, e le sue impalcature non potranno renderla vera. La vera democrazia è quella in cui il popolo è libero di prendere le decisioni migliori per il popolo stesso.
Negli ultimi decenni il sistema è diventato una sorta di "industria elettorale", con agenzie di spin doctors e la mobilitazione mediatica pubblicitaria e promozionale, come si trattasse di vendere un prodotto.
Il discorso di Napolitano non fa che confermare che questo sistema non permette ai cittadini di avere veri rappresentanti. Egli, in altre parole, sostiene che nel nostro paese, una volta che sono state chiuse le urne, le persone elette possono fare e decidere qualsiasi cosa, anche quello che la maggior parte della popolazione rifiuta. Le manifestazioni di dissenso popolare sarebbero dunque come un passatempo, dato che non possono incidere in alcun modo sulle decisioni del governo.
Il sistema che Napolitano sostiene ha le medesime caratteristiche ovunque. Proprio nel paese che ha creato questo sistema politico, la Gran Bretagna , il premier Tony Blair, nel 2003, trascinò il paese nella terribile guerra contro l'Iraq, che era avversata dalla stragrande maggioranza della popolazione. Blair era stato eletto, dunque, sulla base del pensiero di Napolitano, poteva decidere qualsiasi cosa.
Le autorità occidentali hanno esportato il sistema elettorale in molti paesi, compresi quelli più tirannici.
Le elezioni sono state organizzate anche in piena guerra, in Vietnam, come in Afghanistan e in Iraq. La gente votava con i fucili spianati addosso e sotto il controllo di chi qualche giorno prima aveva bombardato le loro case. In Vietnam le elezioni avvennero sotto il controllo delle stesse forze militari che arrestavano arbitrariamente, torturavano, uccidevano e deportavano nei campi di prigionia. Occorreva far vedere al mondo intero che era stata esportata la "democrazia".
Oggi le elezioni sono diventate veri e propri spettacoli, sotto la regia di apposite organizzazioni, che si occupano di tutto: dalla lista dei candidati, al metodo di votazione. Tali organizzazioni sono corredate da spin doctors, una sorta di nuovi maghi della produzione di consenso e fiducia. La manipolazione del voto avviene a partire dalla campagna elettorale, nella scelta dei temi da discutere, dei personaggi da candidare, nella costruzione della personalità dei candidati, ecc.
L'ambasciatore americano Paul Bremer, in Iraq, si occupò di fissare le regole del voto e creò una Suprema Commissione Elettorale, che aveva il compito di preparare la lista dei candidati, che però non era pubblica, cosicché le persone non potevano sapere chi veniva votato. L'obiettivo principale era quello di controllare rigidamente i candidati, curandosi di eliminare ogni opposizione, cioè tutti i candidati dei partiti che non appoggiavano l'occupazione americana.
Prima di essere sostituito, Bremer approvò alcune leggi che nessuna tornata elettorale può cambiare. Con queste leggi, i settori chiave dell'economia irachena rimangono nelle mani delle corporation americane. Tutti i governi iracheni saranno sottomessi in egual modo ai voleri di Wall Street.
Bremer sarà sostituito da John Negroponte, personaggio noto per le scorribande criminali che fece nel periodo 1981-1985, quando assoldò gli squadroni della morte che torturarono e uccisero migliaia di nicaraguensi.
Negroponte venne assistito da organizzazioni americane che vantano una vastissima esperienza di manipolazione delle elezioni. Si tratta dell’Istituto Democratico Nazionale per gli Affari Internazionali (NDI) e dell’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI), che collaborano con il National Endowment for Democracy e l’USAID (Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale), di cui si è valsa anche la CIA per attuare operazioni segrete all’estero. Ad esempio, quando preparò il fallito colpo di stato e il referendum in Venezuela contro il governo democratico di Hugo Chávez, oppure per manipolare le elezioni ucraine in modo da far vincere il candidato di Washington.
Mentre alle elezioni in cui venne eletto Chávez erano presenti numerose delegazioni e associazioni per controllare le operazioni di voto, in Iraq non era presente nemmeno un osservatore esterno. Nessuno ha controllato le schede, le operazioni di voto, l’integrità delle schede o lo spoglio. Gli unici osservatori ammessi erano gli esponenti dell’Istituto Democratico Nazionale, cioè gli stessi che avevano organizzato il teatrino elettorale. Nelle città devastate (Falluja, Ramadi, Samarra ecc.), in cui gli abitanti sono ad oggi in preda alla disperazione, quasi nessuno votò. I seggi furono chiusi o rimasero vuoti. Oltre l'80% degli iracheni all'estero non votarono, sconcertati per quello che stava accadendo al loro paese.
Chi crede che i popoli vessati ringrazino gli occupanti per aver organizzato le elezioni? Chi è disposto a credere che oggi in Iraq o in Afghanistan i cittadini credano che il teatrino elettorale migliori le loro condizioni?
La truffa elettorale è ormai chiara a molti, anche ai cittadini americani. Ormai tutti sanno che l'attuale presidente americano non è nemmeno stato eletto, né nel 2000, né nel 2004, e che entrambi i candidati presidenti vengono scelti e pagati dalla stessa élite. Eppure gli Stati Uniti si considerano una "democrazia". I loro presidenti, eletti regolarmente oppure no, agiscono a favore del potere economico-finanziario, che ha pagato le loro campagne elettorali. Sono a servizio di chi li ha fatti eleggere, e da moltissimi anni non considerano minimamente le proteste, sempre più imponenti, dei cittadini.
I presidenti americani sono tutti esponenti della classe ricca, e per le loro campagne elettorali ricevono molto denaro, entrambi i candidati, dalle stesse imprese e dalle stesse banche. L'élite economico-finanziaria decide anche il futuro vincitore, che è colui che riceve somme di denaro più alte. Oggi il sistema politico americano punta sulla spettacolarizzazione della personalità dei candidati. Secondo Michel Chossudovsky, la democrazia è come un rito, celebrato per dare l'illusione alla gente di contare qualcosa: "Nessuna alternativa viene offerta all'elettorato. Il neoliberismo è parte integrante della piattaforma politica di tutti i principali partiti politici. Come in uno stato monopartitico, i risultati delle elezioni non hanno in pratica alcun impatto sull'effettiva gestione della politica economica e sociale dello stato".Il sistema elettorale bipartitico svuota la democrazia di ciò che dovrebbe costituire la sua essenza: il potere politico del cittadino. Viene conservata l'apparenza della "democrazia", ma di fatto i cittadini hanno lo stesso potere politico che avrebbero in un sistema a partito unico, perché entrambi gli schieramenti obbediscono alla stessa élite.
Scrive Peter Gowan: "Una Nuova Democrazia è amministrata da grandi proprietari capitalisti che finanziano il processo politico e offrono agli elettori una scelta tra leader che condividono le stesse opinioni ma hanno uno stile diverso di comandare... Allo stesso tempo la Nuova Democrazia rende più semplice per le multinazionali incrementare la loro influenza e per i media 'globali' (vale a dire occidentali) orientare l'opinione pubblica. (In questo modo) avremo dei leader nel paese prescelto che 'vogliono ciò che noi vogliamo'. Per cui non ci sarà bisogno di usare il bastone".
Le autorità occidentali fanno ampia propaganda dei valori di libertà e di rispetto dei diritti umani, mentre al contempo sostengono e armano governi che calpestano ogni diritto umano, per fornire alle corporation manodopera e materie prime a basso costo.
La democrazia occidentale sta diventando un modello fittizio, attraverso lo svuotamento della sovranità popolare e lo strapotere delle banche e delle corporation, che di fatto trattano i politici come loro dipendenti.
Cambiare si può, perché le risorse umane sono illimitate. Senza questo sistema iniquo non ci trasformeremo tutti in violenti o in terroristi, come Napolitano pensa, ma rimarremo persone dotate di civiltà e di capacità di autodeterminazione. Liberarsi da un sistema dominato dalla legge del più forte e dalla guerra non può che essere un atto di crescita.
Avremo sicuramente un sistema migliore quando saremo in grado di assumerci la responsabilità nelle questioni fondamentali della nostra esistenza. Come avverte Khalil Gibran: "Se è un despota colui che volete detronizzare, badate prima che il trono eretto dentro di voi sia già stato distrutto. Poiché come può un tiranno governare uomini liberi e fieri, se non per una tirannia e un difetto della loro stessa libertà?

20 febbraio 2007

La disinformazione dei nostri TIGI


I giornalisti dei nostri telegiornali sono diventati presentatori e pubblicitari. Altre competenze, ben diverse dall'informazione obiettiva e "sul campo". I servizi giornalistici sembrano creati ad arte per mostrare alcune cose e nasconderne altre. In un paese in cui sempre meno persone leggono i giornali, l'informazione televisiva rappresenta per la maggior parte della popolazione l'unica fonte d'informazione. Molte di queste persone credono che i telegiornali li informino su ciò che accade nel mondo, e si troverebbero increduli di fronte al solo pensiero che i Tg possano essere utilizzati per manipolare le loro opinioni. Eppure ciò appare sempre più evidente, dall'omissione di elementi indispensabili per capire i fatti, dall'alterazione di alcune notizie e dall'assenza di altre.
L'opinione pubblica è fondamentale per la stabilità di un sistema, e nel nostro sistema viene formata attraverso il bombardamento mediatico. Per mantenere la stabilità, nell'attuale assetto politico-economico, occorre che l'opinione pubblica sia piegata a ciò che è funzionale al sistema e non apprenda alcune verità. Ciò rende il potere mediatico notevolmente importante. Il controllo da parte del potere avviene oggi all'interno delle nostre case, attraverso la Tv. La manipolazione dell'informazione è sempre più sistematica, progettata per essere efficace e per rimanere nascosta agli occhi dei cittadini. Le agenzie internazionali (americane, europee o giapponesi) che forniscono le informazioni, sono supportate da agenzie di propaganda, soprattutto americane, che pianificano non soltanto cosa rendere noto ma soprattutto "come" dare informazione. La quantità di notizie viene sfoltita e ridotta al 5/10% del totale.
La verifica delle fonti e l'utilizzo del senso critico sono ormai capacità atrofizzate dall'assumere passivamente il punto di vista delle poche agenzie che informano centinaia di paesi, come la Adnkronos e l'Ansa. Considerando come assolute alcune fonti e ignorandone altre, l'informazione è già alterata in origine, derivando da un unico punto di vista, che nel contesto appare oggettivo. Di tanto in tanto, nei nostri Tg, appare qualche debole critica, ad esempio contro il governo statunitense. Si tratta delle cosiddette “fessure controllate”, cioè critiche fatte ad oc per generare fiducia nel Tg, ma che risultano vaghe e discordanti.
Alcune notizie assumono nei Tg un certo rilievo, soprattutto quelle che evocano emozioni. Suscitare associazioni emotive e commozione è diventato uno degli scopi principali dei Tg. I fatti di cronaca, specie se si tratta di delitti contro bambini, si prestano a questo scopo, e quindi talvolta occupano uno spazio ampio dei telegiornali. Si tratta di un modo per distrarre l’attenzione pubblica da altri fatti assai più importanti per la vita dei cittadini. In altre parole, vengono amplificate notizie (di solito di cronaca o relative ad uno specifico problema) che non mettono in pericolo il sistema, per evitare di trattare altri argomenti "scottanti" e pericolosi per l'assetto che i politici hanno il compito di proteggere. Ad esempio, siamo stati indotti a parlare a lungo dei Pacs (una legge che sarebbe stato ovvio approvare senza tanti problemi), mentre si occultavano, tra le altre cose, le spese ingenti per la "difesa". Nessun telegiornale ha detto che parte del Tfr dei lavoratori andrà per spese belliche.
In questi ultimi tempi, un altro argomento, che viene utilizzato dai Tg per dirottare l'attenzione su fatti non pericolosi per il sistema, è quello dei malati gravi che chiedono l'eutanasia. Invece di approvare una legge che ponga fine al problema, il nostro sistema utilizza questi casi disperati (ieri quello di Welby, oggi quello di Nuvoli), per riempire spazi e suscitare angoscia e commozione. Si stimola la parte emotiva dei telespettatori, per coinvolgere in una questione umana drammatica, senza far capire che il potere di risolvere il problema è nelle mani proprio di chi sta strumentalizzando cinicamente il fatto.
Spesso alcune notizie sono oggetto di "sovrinformazione", cioè se ne parla in molti programmi e abbondantemente. Ciò avviene o per focalizzare l'attenzione soltanto su alcuni aspetti e fare in modo che i cittadini si sentano abbastanza informati e non vadano ad informarsi altrove (come nel caso della finanziaria o del Tfr), oppure per dare l'impressione che ci sia un'abbondante informazione. Ma si tratta di informazioni ripetitive, che non spiegano davvero la questione e talvolta la manipolano. Paradossalmente, il cittadino viene sommerso di "informazione" per fare in modo che rimanga disinformato. La sovrinformazionze può riguardare anche temi banali, come la separazione di una coppia nota, o l'uso di droga da parte di un personaggio famoso. In questi casi si tratta di distogliere l'attenzione da decisioni o eventi politici che stanno accadendo nel paese, e di cui occorrerebbe parlare, ma non risulta conveniente al sistema.
Si sta affermando sempre più il metodo americano di creare trasmissioni giornalistiche o televisive organizzate da agenzie di Pubbliche Relazioni, per manipolare l'opinione pubblica su un determinato argomento. L'argomento di solito è emerso all'attenzione pubblica senza che il sistema potesse impedirlo (ad esempio, la Tv spazzatura o la violenza giovanile). A queste trasmissioni partecipano personaggi accuratamente selezionati, che in apparenza sembrano avere opinioni diverse, ma in realtà esprimono tutti un unico punto di vista, che si vuole far apparire come unica verità. Talvolta è l'assunto di base della conversazione ad essere errato, ma viene acquisito come vero da tutti i partecipanti. Spesso si utilizza la figura dell'"esperto" che è abbastanza persuasiva, rappresentando il mondo della "scienza", che si intende come fonte di verità oggettiva.
L'informazione dei Tg viene falsata in maniera sempre più sottile e manipolatoria. Quando vengono sollevate smentite, soltanto in pochi casi viene reso pubblico. Lo spazio e l'ordine dato ad un'informazione sono molto importanti per valorizzare la notizia o sminuirla. Alcune notizie passano inosservate perché vengono dette per ultime e frettolosamente, mentre ad altre si dedica molto tempo all'inizio del Tg. Si stabilisce quindi una gerarchia in ordine all'importanza e al rilievo che si vuole dare alla notizia. Si privilegiano alcune notizie, altre vengono emarginate e altre ancora occultate.
L'informazione obiettiva è quella contestualizzata, verificata alla fonte e commentata da opinionisti di diverse tendenze. Sentire le opinioni dei politici di entrambi gli schieramenti serve a dare l'idea che si stanno sentendo più punti di vista, ma ciò spesso non è vero, perché la maggior parte dei politici non attua una vera critica al sistema, e si limita a spiegare le divergenze rispetto all'altro schieramento. Il sistema politico-economico attuale è sempre più intoccabile, e coloro che lo criticano appaiono sempre meno in televisione. Nei Tg, le notizie vengono date come fatti isolati dal contesto, per impedire una comprensione approfondita. Si tende ad esagerarne un aspetto, che è sempre quello più emotivo. Lo stesso titolo talvolta è già gran parte della mistificazione, perché da esso si inferisce se si tratta di una cosa giusta o sbagliata, da approvare o da disapprovare. Ad esempio, quando si danno notizie sull'Iran si tende a far apparire questo paese colpevole di qualcosa, e i titoli sono "L'Iran sfida la comunità internazionale", oppure "L'Iran si ostina sul programma nucleare". I paesi indicati dalle autorità Usa come nemici diventano automaticamente nemici anche per le nostre autorità, che li criminalizzano in modo impietoso, evitando di menzionare le continue minacce e la preparazione alla guerra contro l'Iran da parte degli Stati Uniti. Si manipola l'opinione pubblica italiana a pensarla come le autorità americane, e a ritenere che alcuni paesi debbano essere colpiti perché "pericolosi". Non si danno notizie sui numerosi crimini e attentati terroristici attuati dalle autorità Usa nel mondo, se non quando ciò risulta inevitabile. I nostri telegiornali si limitano a parlare di "attentati terroristici" in Iraq, Afghanistan o in altri paesi, senza raccontare la situazione vera. Ad esempio, non parlano mai della resistenza irachena e afghana, anche se ormai molti sanno che questi paesi sono occupati e che la popolazione cerca in tutti i modi di resistere (anche con metodi pacifici) all'invasore.
Difficilmente le notizie su paesi in guerra vengono spiegate in maniera approfondita, fornendo gli antecedenti politici, economici, internazionali, ecc. che possano far capire i fatti e le situazioni attuali. La decontestualizzazione è quindi uno dei modi per disinformare dando l'impressione opposta. Il fatto viene slegato da altri fatti che lo renderebbero più comprensibile. Ad esempio la violenza negli stadi viene slegata dal fenomeno della violenza nei giovani e dalle pressioni mediatiche che incitano alla violenza.
Il tono e il tipo di linguaggio utilizzato influiscono su come l'informazione viene percepita. Il tono può essere dispregiativo, di condanna, oppure enfatico ed entusiasta. Il tono dà un significato positivo o negativo alla notizia. La scelta delle parole è molto importante nel lavoro propagandistico, perché ogni parola è evocativa di significati o di emozioni e quindi deve essere scelta accuratamente per ottenere gli effetti voluti. Ad esempio, per trasmettere un senso di negatività, i gruppi considerati pericolosi per il sistema, come gli ambientalisti, i no-global o i comunisti, vengono definiti come "radicali", "fanatici" o "estremisti". La polizia viene chiamata "forza dell'ordine" anche quando reprime. Coloro che sono repressi vengono chiamati "ribelli" o "giovani estremisti". La violenza di Stato, anche quando uccide brutalmente, viene definita "sicurezza" o "difesa". I violenti sono sempre coloro che protestano contro il sistema e mai le autorità dello Stato, anche quando comandano una dura repressione, com'è accaduto al G8 di Genova.
Anche le immagini utilizzate hanno scopo manipolativo. Le immagini servono a dare un'impronta negativa o positiva a luoghi, situazioni o concetti. Ad esempio, quando si parla di cultura araba si mostrano le donne con il burqa oppure immagini di fanatismo e violenza, per indurre un'associazione negativa.
Un altro mezzo efficace per manipolare l'informazione è l'uso di cifre. Le analisi statistiche sono relative al campione scelto e al modello utilizzato. Le statistiche possono essere utilizzate come un dato inoppugnabile e incontestabile. Ma basta selezionare un determinato campione che possa alterare i risultati, per dare l'informazione che si vuole.
Le notizie sono spiegate dallo stesso punto di vista in tutti i telegiornali. I poteri al vertice del sistema, cioè le banche e le corporation, appaiono sempre più raramente, e soltanto nei casi in cui si annuncia una fusione, l'acquisto di un'azienda o la nomina di un direttore amministrativo. Quando una corporation viene denunciata per gravi reati come l'uccisione di sindacalisti, la schiavizzazione dei bambini o altri crimini contro i diritti umani, non viene quasi mai notificato dai nostri telegiornali.
Fino all'inizio degli anni Ottanta esisteva l'inchiesta televisiva obiettiva, che mostrava la società nella sua verità e complessità. Oggi, invece, la mistificazione mediatica riguarda anche la società stessa. Non appaiono quasi più i lavoratori mentre stanno faticando. Lo spazio dedicato alle proteste sindacali è ridotto al minimo. Alcune manifestazioni di protesta non vengono documentate. Si manipola persino l'immagine della società civile, che deve apparire accondiscendente anche quando non lo è. Non si va mai alla radice delle questioni lavorative o sindacali e non si fa comprendere abbastanza per poter giungere alla soluzione (che richiederebbe cambiamenti al sistema) del problema.
Le notizie sul dissenso alla politica di governo sono pregne di accenti nefasti. Spesso vengono utilizzate categorie stereotipate o etichette per puntare il dito contro chi mette in dubbio l'operato politico del governo.
I telegiornali fanno in modo che gli oppositori appaiano come poche persone che non vogliono la "modernizzazione", il "progresso" oppure come persone emarginate, fanatiche e "antiamericane". Ciò è accaduto nel caso della Tav in Val di Susa e della Base americana a Vicenza. Nei telegiornali si mostravano singole persone intervistate che esprimevano pareri contrapposti, per far capire che c'erano pareri discordanti e occultare che la stragrande maggioranza dei cittadini era contraria alle decisioni di governo. Si vuole nascondere che il potere dei cittadini è continuamente svilito dal sistema. E che quest'ultimo è distante da ciò che la gente vuole. Le questioni che stanno a cuore alla cittadinanza, come l'ambiente, la pace e la libertà di decidere sul proprio territorio, vengono denigrate dall'informazione tendenziosa e manipolatoria dei Tg. Ad esempio, i cittadini della Val di Susa che protestavano venivano mostrati come un gruppo sparuto di persone che avevano paura di avere il "treno che gli passa sotto casa". La verità che si cercava di occultare era che sotto al Musinè c'è l'amianto. Inoltre, nella Val di Susa esiste già una linea ferroviaria Torino-Lione, attualmente sottoutilizzata, in grado di poter reggere il traffico.
Un'altra tecnica, utilizzata dai Tg, per deviare l'attenzione sulla questione del dissenso e per semplificare i fatti (per non far emergere altri aspetti), è di connotare ideologicamente il problema con "destra" e "sinistra". Quando i cittadini si oppongono ad una questione lo fanno per motivi razionali, ma il telegiornale tende a far credere che siano motivi ideologici, oppure irrazionali e non accettabili.
Nelle questioni in cui gli Usa impongono un severo diktat, come nel caso delle truppe in Afghanistan e della base militare a Vicenza, i giornalisti assumono un tono allarmato verso il dissenso. In particolare, nel caso di Vicenza, mettevano in evidenza che anche all'interno della maggioranza c'erano coloro che avversavano la scelta del governo. Il sistema dei due schieramenti è stato creato per impedire un vero esercizio di sovranità. I giornalisti reggono questo gioco e si mostrano stupiti che lo schieramento al potere possa avere persone che ragionano con la propria testa e non eseguono passivamente "l'ordine". I Tg colpevolizzano queste persone facendole sentire responsabili di "indebolire il governo" o di metterne in pericolo la stabilità. Ciò nasconde che i nostri politici non prendono scelte sulla base del benessere dei cittadini, ma per tutelare e rafforzare il sistema stesso. I nostri giornalisti hanno dimenticato che l'essenza della democrazia è proprio il pluralismo. Si sono allineati al sistema in cui tutti gli schieramenti politici sono obbligati ad obbedire ai veri padroni del paese: l'élite economico-finanziaria.
In questi giorni i Tg gridavano "allarme" per la manifestazione di protesta organizzata per il 17 febbraio contro la nuova base militare di Vicenza. Ma in quale democrazia i giornalisti mettono in allarme i cittadini per una manifestazione che esprime la volontà di quasi tutta la cittadinanza?
Il 16 febbraio, annunciando la manifestazione di protesta del giorno successivo, i telegiornali dicevano "si temono violenze", come se chi protesta contro il militarismo è violento. Siamo al paradosso di definire violento chi è contro la guerra e il militarismo, e non chi vuole nuove basi per meglio fare la guerra.
Un modo manipolatorio di dare notizie relative a proteste o a sgomberi violenti è quello di mettere vicina una notizia di criminalità, in modo da indurre l'associazione fra "delinquente" e chi protesta contro il sistema. Il 17 febbraio i telegiornali annunciavano: "Manifestazione di Vicenza... Imponenti misure di sicurezza". Trasmettevano anche un appello di Prodi: "Le manifestazioni sono il sale della democrazia ma siate pacifici". Il tono era quello del buon padre di famiglia, e non traspariva affatto che la realtà era esattamente l'opposto. Cioè coloro che stavano manifestando erano contro la violenza e il bellicismo americano, mentre Prodi era il politico che, lungi dall'avere a cuore il bene dei cittadini, stava sostenendo gli interessi bellici americani contro la volontà della maggior parte dei cittadini di Vicenza. Quindi, si trattava di scelte politiche non democratiche prese dal governo, ma i Tg facevano in modo da creare allarme attorno a coloro che stavano pacificamente, e giustamente, protestando. Qualche telegiornale osava un "Si temono infiltrazioni", ma non spiegava che soltanto il sistema difeso dai politici ha interesse ad infiltrare falsi manifestanti che creino disordine e violenza (com'è accaduto nel G8 di Genova), per poterli far apparire violenti ed estremisti, come cercavano di descriverli i Tg attraverso messaggi allarmanti. Il Tg3 precisava che le forze dell'ordine erano "a difesa del centro storico della città", come se i manifestanti fossero pericolosi e distruttivi. Poi aggiungeva: "c'è anche chi è preoccupato" e si intervistava una persona anziana che appariva confusa per le tante persone arrivate in città. Il porre l'accento sul "pericolo di violenze" serviva anche a distogliere l'attenzione dal valore che la protesta avrebbe avuto sulle scelte del governo, e a nascondere che la volontà dei cittadini non conta nulla di fronte alle imposizioni americane. Non essendoci state violenze, il giornalista del Tg2 ha messo in evidenza uno striscione che definiva di "solidarietà con i terroristi arrestati". Un altro modo per dirottare l'attenzione e per criminalizzare il dissenso.
Impegnati com'erano a colpevolizzare chi protestava contro la nuova base americana, i giornalisti dei Tg hanno omesso la notizia che la nuova base sarà pagata da noi per il 41% delle spese di mantenimento (anche per le altre basi paghiamo parte delle spese).
Chi è contrario alla guerra è diventato un "estremista radicale". Chi denuncia i crimini come la tortura è un "antiamericano". Viene messo sotto processo chi avversa le guerre, e non chi le organizza.
Nello stesso telegiornale (Tg2, ma anche gli altri erano pressoché uguali) del 17 febbraio appariva Prodi in posa accanto al presidente afghano Hamid Karzai, come se quest'ultimo fosse un vero rappresentante politico del popolo afghano e non un personaggio foraggiato da Washington.
Quando i telegiornali notificano gli attentati terroristici in Iraq, in Afghanistan, in Pakistan, in Turchia o in altri paesi, danno soltanto la stima dei morti e il luogo dov'è avvenuto lo scoppio, e non spiegano la situazione del paese. Talvolta menzionano al Qaeda associandola all'attentato, senza indicare le prove a sostegno di ciò.
Le notizie dall'Africa, dall'Asia o dal Sud America arrivano soltanto se c'è un problema che riguarda i nostri connazionali (rapimenti, uccisioni ecc.), oppure quando ci sono le elezioni politiche, che ormai nel nostro sistema sono diventate il simbolo stesso della "democrazia". Come a dire che se non documentassimo le elezioni (che si svolgono ovunque, persino in Iraq e in Afghanistan), non troveremmo altro modo per provare che la "democrazia" esista.
Quelle poche volte che i telegiornali parlano delle guerre in Africa, lo fanno in modo confuso e impreciso, parlando di "conflitti etnici", e senza precisare chi organizza i gruppi in lotta e chi li arma. Non viene detto che nella maggior parte dei casi si tratta dei governi e dei servizi segreti europei e americani, che organizzano le guerre per controllare il territorio e saccheggiarne le risorse.
Le grandi metropoli e periferie del sud Italia appaiono nei Tg nel loro degrado ambientale, appare anche la microcriminalità e la disperazione dei giovani disoccupati. Tutto questo è descritto in modo fatalistico, come se i governi si trovassero impotenti di fronte a questi problemi. Quando a Napoli c'era il problema dei rifiuti, i telegiornali mostravano la città sommersa dalla sporcizia e dall'immondizia, ma non dicevano che questo stava accadendo perché il servizio era stato privatizzato e si impediva ai vecchi impiegati di operare, negando loro i mezzi idonei alla raccolta dei rifiuti. Per avvantaggiare i privati si stava organizzando il servizio diversamente. I cittadini apparivano "colpevoli" di qualcosa, ma in realtà ricevevano le bollette da pagare senza ottenere alcun servizio. Nessun telegiornale trasmise la manifestazione degli operatori ecologici napoletani che protestavano perché non erano messi in grado di lavorare. I cartelli che essi mostravano avrebbero potuto far capire la vera situazione, mentre i telegiornali rendevano impossibile capirla alla radice.
C'è una serie di argomenti "riservati", di cui i telegiornali non parlano. Ad esempio, delle stragi che l'Agip attua in Nigeria, oppure della produzione di armi (ad esempio le cluster bomb), in diverse fabbriche italiane. Armi che vengono esportate in molti paesi, compresi quelli in cui c'è guerra. I Tg non parlano mai di Signoraggio, che è il metodo utilizzato dalle banche per saccheggiare i paesi. Non si parla nemmeno degli statuti delle banche e del sistema bancario della Banca Europea, che ha sottratto all'Italia ben il 38% della finanziaria, impedendo al paese una crescita economica significativa. Sono state tagliate le spese per la scuola e la sanità ed è stata aumentata la pressione fiscale, per pagare le banche e sostenere gli Usa nelle guerre. Quando si è parlato della finanziaria, nonostante lo spazio dedicato a quest'argomento, i telegiornali hanno accuratamente evitato di notificare le ingenti risorse che le banche sottraggono al paese. La trasmissione Ballarò è stata l'unica a rivelare il fatto (ma senza metterlo in evidenza). Un altro argomento tabù è quello delle regole e dell'operato delle istituzioni come il Wto, la Banca mondiale (Bm) e Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi). Nessun telegiornale ha mai spiegato che a causa di queste organizzazioni, negli ultimi venti anni, la miseria e la fame sono aumentate, e che il collasso economico di molti paesi, compresa l'Argentina, è stato causato dalle misure imposte proprio dalla Bm e dal Fmi. Moltissimi altri argomenti non vengono trattati, ad esempio, la situazione di disuguaglianza degli immigrati, le gravi discriminazioni che essi subiscono, le persecuzioni di cittadini africani da parte dei governi fantoccio al soldo degli Usa, i massacri in Somalia, in Etiopia, in Nigeria, ad Haiti e in molti altri luoghi. Un altro argomento tabù è il denaro che lo Stato dà alle grandi aziende, somme spesso molto elevate.
Il telegiornale parla di droga soltanto quando comunica la notizia che le forze dell'ordine sono riuscite a sequestrare quantitativi di stupefacenti. Ma non parla mai delle implicazioni e connivenze delle corporation e dei governi nei commerci internazionali di droga.
Si parla di mafia quando si arresta qualche presunto mafioso o quando avvengono delitti, ma non si spiega cos'è davvero la mafia, e come essa sia in espansione grazie alle liberalizzazioni finanziarie, che hanno spianato la strada al riciclaggio facile.
I minuti di politica interna, nei Tg, si risolvono nelle brevi interviste ad esponenti di destra e sinistra, per mostrare come ci sia una questione, una disputa, e come i duellanti siano decisi e forti. Le differenti opinioni sembrano battute teatrali, in uno scenario sempre più avvilente e assurdo. Le questioni sono trattate sempre in modo marginale e superficiale, anche quando si tratta di questioni serie, come l'invio di soldati in Afghanistan. L'informazione si riduce all'opinione dei politici, la maggior parte dei quali non oserebbe sfidare il sistema nemmeno nelle questioni minime.
Alcune questioni interne non sono divulgate. Ad esempio, nel 2002, il Parlamento, quasi all'unanimità, approvò una legge che permette di abolire il tetto massimo di spesa per il "rimborso ai partiti". I cittadini italiani avevano espresso la loro volontà di non dare denaro pubblico ai partiti, attraverso il referendum del 1993, in cui oltre il 90% degli elettori votò contro. La gente crede che oggi questa volontà venga rispettata e non è stata informata quando, nel 1999 è stata approvata una legge che di fatto reintroduceva il finanziamento pubblico ai partiti chiamandolo "rimborso elettorale". Nel 2002 tutti gli schieramenti, ad eccezione dei radicali, votarono a favore di una nuova legge, la n. 156 del 26 luglio 2002, che titolava "Disposizioni in materia di Rimborsi Elettorali". La legge abbassava il quorum di accesso al rimborso dal 4% all'1% e aboliva il tetto di spesa, permettendo a quasi tutti i partiti di ricevere somme molto alte di denaro pubblico. Ad esempio, Berlusconi ha incassato, l'anno scorso, 41 milioni di euro per Forza Italia, la Margherita ne ha presi 20 milioni, l'Udc 15 milioni, i Ds 35 milioni, An 23 milioni, Rifondazione 10 milioni ecc. Dato l'ingente costo pubblico che ci sarebbe stato, l'approvazione della legge era una questione molto importante per l'opinione pubblica, ma non è stata sottoposta all'attenzione di tutti noi. I Tg non ne hanno nemmeno fatto cenno.
Le questioni spinose, come la malasanità o il costo pubblico di aziende privatizzate (come le ferrovie e le autostrade) vengono trattate come se il problema non fosse risolvibile e senza una sufficiente documentazione. Ad esempio, si parla superficialmente dei tagli alla sanità che stanno causando gravissimi problemi nella gestione delle strutture, oppure dei contratti truffaldini che importanti imprenditori (come Benetton) hanno stipulato con lo Stato. Questi contratti potrebbero essere rescissi se il governo volesse. Molti cittadini se lo aspettavano, dato che in precedenza erano stati duramente criticati dall'attuale maggioranza.
La povertà o la precarietà lavorativa sono diventate nei telegiornali o nelle rubriche di approfondimento una specie di calamità naturale. I poveri ragazzi trentenni vengono intervistati per sapere quanto guadagnano e che tipo di contratto hanno nei call center, nelle fabbriche o addirittura negli uffici pubblici. Si mette in evidenza che queste persone sono spesso laureate e molto preparate, e alcune di esse svolgono funzioni essenziali nel settore pubblico. Ma non si parla delle leggi che permettono il lavoro precario. Di quando sono state approvate e da chi, e di come sono state peggiorate nel tempo.
Poi ci sono i servizi giornalistici che hanno il compito di prepararci ad accettare il peggio. Ad esempio, quelli che ci allarmano sulla "crisi energetica" (per prepararci all'aumento della bolletta), quelli che ci mostrano i giovani delle gang di Londra, o quelli che documentano gli strani fenomeni atmosferici. Anche in questi casi non si va alla radice e non si spiega come è stato creato il problema e da chi. In un servizio del 17 febbraio, il Tg3 informava sull'omicidio di un ragazzo ad opera delle gang giovanili dei sobborghi di Londra. Il giornalista diceva: "Il problema sono le condizioni sociali... le famiglie non sono in grado, a causa della povertà, di fronteggiare il problema, allora c'è l'alcol, la droga o le armi da fuoco". Nessun cenno alla situazione politico-economica, e al bombardamento mediatico che esalta sempre più la violenza.
Anche l'allarme Sars rientrava nelle notizie che avevano l'obiettivo di preoccupare. Per alcuni mesi siamo stati bombardati da notizie allarmanti su presunti casi di questa malattia. Quello che non si diceva era che la Sars è nata da un esperimento avvenuto nell'aprile del 2003 a Toronto, ad opera di associazioni governative statunitensi e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, sostenuti finanziariamente dalla famiglia Rockefeller, dalla Carnegie Foundation, e da importanti produttori di farmaci. L'obiettivo era quello di ridurre la popolazione e far acquistare nuovi farmaci, come spiega il Dott. Leonard Horowitz:
La SARS e l'attuale timore per l'influenza aviaria ricevono l'approvazione dei capitani delle industrie militar-medico-farmaceutico-petrolchimiche, che parimenti in molti casi documentati operano al di sopra delle leggi... consideriamo il fatto che il flusso delle informazioni date dai mezzi di comunicazione di massa è stato pesantemente influenzato, se non interamente controllato, dai garanti delle imprese multinazionali, che hanno protetto e fatto avanzare gli interessi di un gruppo relativamente ristretto di imprese globali... Avendo testimoniato di fronte al Congresso USA, ho personalmente verificato come le prime donne dell'industria farmaceutica dirigono dal punto di vista economico e politico i nostri rappresentanti al governo. Le malattie che stanno emergendo sono di complemento alla politica della "Guerra contro il Terrorismo" e alla nostra cultura influenzata dal bioterrorismo. Questa agenda serve per due obiettivi principali: il profitto e la riduzione della popolazione. Realtà politica contro i miti mass-mediologici.
Quando è emerso che l'allarme aviaria in Europa aveva lo scopo di indurre ad acquistare il farmaco Tamiflu, e che la sicurezza e l'efficacia del farmaco non erano mai state provate, le notizie allarmanti sono sparite. In questi ultimi giorni stanno ritornando altre notizie sulla variante H5N1 dell'aviaria. Probabilmente è stato prodotto un nuovo farmaco.
Nei nostri Tg, dopo pochi minuti di notizie di politica interna ed estera, arriva la parte più lunga della cronaca e dell'attualità. La scelta spesso cade su notizie riguardanti nuovi prodotti per la calvizie, la bellezza o tecnologici. Giuseppe Altamore, nel suo libro I padroni delle notizie, spiega che sempre più spesso i giornalisti televisivi presentano pubbliredazionali come fossero semplici notizie. Si tratta di presentare in modo enfatico prodotti che vanno dal nuovo tipo di telefonino a nuovi cosmetici, capi di abbigliamento e addirittura farmaci. Dopo l'impiccagione di Saddam, il Tg2 annunciò la creazione negli Stati Uniti di un nuovo giocattolo: il pupazzo Saddam corredato da cappio. Il giornalista si curò di precisare anche il prezzo e la possibilità di acquistarlo via Internet.
La cronaca rosa ha il suo spazio nei Tg, sempre più ampio: matrimoni o divorzi fra vip, se Madonna adotta un nuovo bimbo, oppure se un'attrice si è gonfiata di silicone o si droga. I servizi sulla moda, sull'elezione di Miss Italia o di Miss Universo non mancano. Talvolta i Tg riempiono spazio raccontando la storia di un animale o spiegando l'esecuzione di una ricetta. Viene documentato persino il "Raduno internazionale delle Mongolfiere", e ci informano anche sugli ultimi modelli dei vestitini per cani e gatti. Si tratta di modi per confondere su ciò che dovrebbe essere veramente la comunicazione giornalistica, che negli ultimi venti anni è stata declassata e fuorviata nel modo stesso di intenderla.
L'informazione dei Tg segue ormai il "pensiero unico" e anche la regia è unica. Si tratta delle grandi agenzie di propaganda americane, come la Heritage Foundation , l'American Enterprise Institute e il Manhattan Institute. Le agenzie di propaganda americane provvedono affinché l'opinione pubblica subisca pesanti manipolazioni, che rendano difficile una vera consapevolezza di quello che sta accadendo nel mondo di oggi. Per riuscire a capire occorre utilizzare Internet e leggere le notizie dal mondo. E' una cosa che soltanto pochi si possono permettere di fare; e di solito non si tratta di anziani, casalinghe o persone che lavorano per molte ore al giorno, e che non hanno tempo materiale di informarsi se non attraverso la Tv. Per queste persone c'è soltanto quell'infomazione "emotiva" e distorta che serve a renderli docili e incapaci di difendere i propri diritti. Come osserva Sartori: "Sostenere che la cittadinanza dell'era elettronica è caratterizzata dalla possibilità di accedere a infinite informazioni... sarebbe come dire che la cittadinanza nel capitalismo consente a tutti di diventare capitalisti… È vero che un'immagine può valere più di mille parole. Ma è ancor più vero che un milione di immagini non danno un solo concetto".[3]
I telegiornali sono ormai rotocalchi di una realtà che non è quella in cui viviamo. Sono sempre più orientati allo spettacolo, all'appiattimento e alla banalità. Come in un circo, ognuno fa il suo numero, con l'obiettivo di emozionare, catturare l'attenzione, intrattenere e persino fare divertire. Mentre gli eventi occultati diventano sempre più inaccettabili: quei due terzi del mondo ridotti in estrema miseria, quei milioni di bambini che per mangiare devono cercare nella spazzatura, le nostre regioni soggette al potere mafioso implacabile e crudele, le guerre contro i popoli, le dure persecuzioni contro chi lotta per la giustizia e i diritti umani...
Finché il potere mediatico sarà quasi completamente nelle mani di chi vuole un sistema politico-economico basato sulla legge del più forte e sul controllo dei popoli, è ingenuo credere che le risorse umane, spirituali e culturali degli individui stiano ricevendo impulso alla loro libera realizzazione. Le sottili tecniche di coercizione, di diseducazione e di appiattimento culturale sono dirette contro ognuno di noi, come un ulteriore affronto alle nostre menti e alla nostra dignità di cittadini.

Antonella Randazzo

19 febbraio 2007

Berlusconi, la storia non dimentica


Ricorre il 15° anniversario dell'arresto di Mario Chiesa, che diede il
via all'indagine Mani Pulite. Per l'occasione, vengono riesumate su giornali
e tv tutte le bugie e i luoghi comuni inventati nell'ultimo decennio per la
campagna revisionista craxian-berlusconiana, che ha trovato tante sponde anche a sinistra.
La persecuzione politica. "Appena sono sceso in politica, hanno
cominciato a fischiare i proiettili delle procure eccellenti per rovesciare
il mio governo" (Berlusconi, 16-4-1998). Ma è vero il contrario: prima
nascono le inchieste sulla Fininvest, poi (e forse proprio per questo)
Berlusconi "scende in campo" politico. La prima indagine sul Berlusconi
imprenditore, per traffico di droga, fu aperta dalla Guardia di Finanza a
Milano nel lontano 1983 e poi archiviata. Nel 1989 Berlusconi viene
processato a Venezia per falsa testimonianza sulla loggia P2: nel 1990 la
sezione istruttoria della Corte d'Appello ritiene il reato dimostrato, ma
estinto per l'amnistia appena varata dal Parlamento. Le prime indagini del
pool Mani Pulite in casa Fininvest risalgono al '92, quando analoghi
accertamenti investivano tutti i gruppi imprenditoriali di livello
nazionale, e quando nessuno sospettava che, di lì a due anni, Berlusconi
sarebbe entrato in politica. Risale ad allora, cioè ai primordi di Mani
Pulite, il primo rapporto del Secit sulle irregolarità fiscali di
Publitalia. Il 26 giugno '92 il pool fa arrestare Aldo Brancher, braccio
destro di Confalonieri, per 300 milioni versati al ministro De Lorenzo.
Vengono anche accertati finanziamenti al segretario del Psdi Antonio
Cariglia. Il 23 novembre '92 viene indagato Paolo Berlusconi per tangenti
sulle discariche e subito dopo, a Roma, per i "palazzi d'oro". Il 4 novembre
'93 il pm romano Maria Cordova chiede l'arresto di Gianni Letta e Adriano
Galliani per presunte tangenti sul piano delle frequenze tv collegato alla
legge Mammì. A Milano viene arrestato un altro manager del gruppo, Sergio
Roncucci. Emergono mazzette Fininvest per discariche e campi da golf,
palazzi venduti a enti previdenziali e così via. Finiscono sotto inchiesta
anche una dozzina di manager del Biscione, tra cui Confalonieri, Foscale,
Dell'Utri. Nel settembre '93 il pm Tiziana Parenti indaga sulle strane
manovre della Fininvest per impedire, nel 1986, la pubblicazione della
biografia non autorizzata di Berlusconi dagli Editori Riuniti. Il 9
settembre 1993 i giornali annunciano che la Parenti sentirà presto
Berlusconi. Ma non farà in tempo. Sarà Berlusconi a convocarla: per
candidarla in Forza Italia.

La realtà, dunque, è il contrario della vulgata berlusconiana: all'inizio
del '94 il Cavaliere, sentendo stringersi intorno a sé il cerchio delle
inchieste, si butta in politica. Lo confida lui stesso a Montanelli e Biagi:
"Se non entro in politica, finisco in galera e fallisco per debiti". Le
indagini sono una causa, non un effetto della discesa in campo. Lo afferma
esplicitamente il gup di Brescia Carlo Bianchetti il 15 maggio 2001:
"Risulta dall'esame degli atti che, contrariamente a quanto si desume dalle
prospettazioni del denunciante (Berlusconi, nda), le iniziative
giudiziarie... avevano preceduto e non seguito la decisione di "scendere in
campo"... La Procura di Milano aveva già avviato numerosi procedimenti per
fatti concernenti lui e/o le sue aziende, compiendo tra il 27 febbraio '92 e
il 20 luglio '93 ben 25 accessi presso le diverse sedi Fininvest e
Publitalia... si può affermare che l'impegno politico del denunciante e le
indagini ai suoi danni non si pongono tra loro in rapporto di causa-effetto;
la prosecuzione di indagini già iniziate, e l'avvio di ulteriori indagini
collegate, in nessun modo possono connotarsi come attività giudiziaria
originata dalla volontà di sanzionare il sopravvenuto impegno politico
dell'indagato e a tal fine diretta".

L'accanimento anti-Fininvest. «C'è un accanimento spietato che si sta
producendo nei confronti di un solo gruppo industriale. Un accanimento che
non è casuale. I magistrati stanno facendo politica» (Berlusconi,
4-10-1994). In realtà tutti i grandi gruppi sono stati coinvolti da
indagini, arresti, perquisizioni, processi negli anni di Mani Pulite: dalla
Fiat alla Ferruzzi, da Ligresti a De Benedetti, da Lodigiani alle coop
rosse, da Iri a Eni. Berlusconi, semmai, fa eccezione perché è uno dei pochi
capitani d'industria a non esser mai stato arrestato.

La storia non dimentica, i fatti adesso sono passati ma non sono stai dimenticati.
Almeno chi non vuol ricordare, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

16 febbraio 2007

Qualcuno ruba(?) e, ... siamo d'accordo!



Martedì 30 gennaio, per bocca del ministro della Difesa Arturo Parisi, il governo ha assicurato che l'allargamento della base Usa di Vicenza rispetterà le esigenze locali e che le attività operative saranno in linea con gli accordi bilaterali Usa-Italia. Nello stesso giorno, le cronache regionali riferivano invece della denuncia pubblica del sindaco di Susegana (TV), Gianni Montesel, riguardante la scoperta di un oleodotto sotterraneo esistente - pare da decenni - tra le basi Usa di Aviano e Vicenza. La presenza segreta di tale oleodotto, di cui i contadini locali erano peraltro da tempo a conoscenza, era diventata non più occultabile dopo gli scavi per la bonifica di un vecchio ordigno bellico adiacente alla tubazione; secondo le fonti ufficiali serviva per trasportare cherosene additivato utilizzato dagli aerei in partenza dalla base Usaf di Aviano, ma ora, mentre viene ipotizzato un incremento della struttura in relazione al progetto per la nuova base Usa a Vicenza, molti sospetti prendono corpo.

Innanzi tutto, torna alla mente un'interrogazione parlamentare della deputata Deiana (Prc) del 2004 in cui già si era parlato di questo oleodotto collegato anche ad un deposito di carburante dell'Aeronautica militare italiana, sito nei pressi di Vezzano (La Spezia). Da questa interrogazione si può apprendere che i carburanti speciali arrivano al terminai marittimo spezzino via mare e vengono da li pompati per raggiungere i grossi serbatoi interrati che si trovano sotto la collina di Vezzano da dove il carburante, con un oleodotto, viene appunto fatto arrivare sino alla base di Aviano.

Ma un altro recente riferimento appare interessante. Lo scorso 29 novembre, commentando una notizia della Cnn riguardante un attacco della guerriglia irachena agli impianti petroliferi, su un sito professionale d'informazione si poteva leggere il seguente commento: "Ma in Iraq il petrolio è anche oggetto di continui furti, che non si sa più come fermare. Addirittura ci sono interi porti clandestini, nei dintorni di Bassora, dove avviene tranquillamente smercio e commercio (nessuno li vede, coi satelliti? Mah). Il traffico avviene, oltre che con i furti, anche con l'acquisto di benzina a prezzi calmierati per rivenderla a Paesi esteri".

Ora, poiché sappiamo bene chi controlla l'Iraq, qualche ipotesi possiamo anche avanzarla: il territorio italiano, da Nord a Sud, è disseminato di basi Usa e Nato, piccole o grandi. Chi paga tutto questo? Secondo le regole del colonialismo, l'occupazione è finanziata dallo stesso Paese occupato, ma solo in minima parte ciò avviene in modo ufficiale, attraverso tasse. A suggerire qualche risposta soccorre il dato secondo cui i container che sbarcano soltanto nel porto della base Nato di Napoli, sono circa cinquemila all'anno. Ufficialmente contengono "materiale militare", ma sotto questa sigla può passare ogni genere di merce illegale clandestina, grazie ai privilegi di extraterritorialità assicurati dai trattati alle basi Usa e Nato.

In occasione dello scandalo del contrabbando di petrolio del 1980, in cui risultarono coinvolti anche alti gradi della Guardia di Finanza nonché personaggi legati alla loggia affaristico-militare P2, attraverso il controllo delle bolle di accompagnamento che dovevano seguire il petrolio durante il trasporto, fu possibile individuare a Vicenza uno dei principali depositi clandestini di petrolio. Allora non emerse alcun elemento che coinvolgesse direttamente la caserma Ederle, ma certo la coincidenza oggi fa pensare. D'altra parte, attualmente un analogo traffico rimarrebbe sommerso in quanto non vi sono più le norme legislative che consentivano di scoprire un simile contrabbando.

Vediamo solo la punta dell'iceberg, ma è già abbastanza.

25 marzo 2007

Lunardi: un ministro che deve risarcire lo stato?


Non succede spesso che a un ministro venga chiesto di pagare di tasca propria il denaro pubblico sperperato. Ma quando accade, le cifre sono importanti. L’ingegner Pietro Lunardi, ex ministro alle Infrastrutture del governo Berlusconi, dovrà risarcire l’Anas per 2.757.877,34 euro avendo costretto l’azienda, quando era ministro, a pagare le maxiliquidazioni del Cda pur di farne piazza pulita. La sezione Lazio della corte dei conti, il 10 novembre scorso, ha infatti depositato la sentenza di condanna nei confronti dell’ex ministro ritenendo risarcimenti, buonuscite e finte consulenze non dovuti. La vicenda I fatti risalgono al 2001. L’ingegner Lunardi si è appena insediato al ministero e una delle sue prime decisioni è mandare a casa i vertici Anas. Presidente, all’epoca, è Giuseppe D'Angiolino, ex ufficiale della guardia di finanza. Tra i due non corre buon sangue. D’Angiolino, infatti, ha revocato alcuni incarichi all’ingegnere non ancora ministro ma consulenze per Anas per un paio di gallerie. All’ex ufficiale i conti non tornano. Quando c’è di mezzo la società di Lunardi, la Rocksoil, i costi lievitano. Così, dopo aver fatto eseguire delle perizie, chiede al futuro ministro di abbassare il prezzo o lasciare. Quando Lunardi arriva al ministero, ha il dente avvelenato. Costringe D'Angiolino a farsi da parte. Per convincerlo è disposto a pagare, anche più del dovuto. Il 27 settembre 2001 il presidente lascia l’incarico con risoluzione consensuale del contratto. Lo seguono a ruota i quattro consiglieri: Paolo Urbani, Alessandro Migliavacca, Clemente Carta e Ivan Cicconi rassegnano le dimissioni tra il 15 e il 19 ottobre 2001. L’uscita di scena dei cinque viene concordata con il ministro dietro il pagamento di parecchio denaro. La buonuscita del presidente Il professor D’Angiolino torna a casa con un milione e mezzo di euro in tasca. Chiede e ottiene: 816mila euro come compenso in qualità di amministratore dell'Anas superiori ai 350 milioni di lire previsti (l’ex ufficiale sostiene di poter far valere le norme sui dirigenti d'azienda privati per l'intero periodo del suo incarico, ovvero dal 1994 al 2001); altri 413mila euro come adeguamento del compenso (D’Angiolino sostiene di aver svolto mansioni di amministratore straordinario dal 1994 al 2001 anche se la corte sottolinea come, dal 1995, egli sia nominato presidente); altri 154mila euro arrivano come risarcimento per il patto di fedeltà che impone all’ex presidente di Anas di non esercitare nei tre anni successivi lavori in concorrenza con il gestore della rete stradale (ma la clausola è già contenuta nel contratto di nomina e quindi non bisognava pagarla a parte); infine il ministro accorda altri 154mila euro di consulenze da effettuare per conto del ministero in tre anni. Il conto verrà poi «elegantemente» girato all’Anas (non sia mai che il ministero si trovi in difficoltà), ma quel che è peggio è che la corte non trova traccia di alcuna consulenza effettuata da D’Angiolino. Per questo sono stati condannati insieme al ministro anche due funzionari Anas colpevoli di aver pagato l’ex presidente senza aver controllato che avesse effettivamente svolto i lavori. Generosi anche coi consiglieri Non è solo il presidente D’Angiolino a venire lautamente remunerato dal ministro. I quattro membri del Cda concordano infatti con l’ingegner Lunardi un «risarcimento» pari allo stipendio che avrebbero percepito fino a fine mandato se il loro incarico non fosse stato prematuramente interrotto. Addirittura la corte scopre che ai quattro consiglieri vengono riconosciuti i gettoni di presenza «futuri» sulla base di una media calcolata sugli mesi precedenti. E di riunioni, quel Cda, non ne avrebbe più fatte. Alla fine ogni consigliere ha intascato 335.700 euro che, sommati alla cifra già data all’ex presidente, significa 2.881.000 euro. La colpa La corte, alla fine, ha stabilito che il ministro ha avuto gravi colpe nello sperpero di denaro. Non solo quei soldi non dovevano essere pagati, ma l’ingegner Lunardi non aveva alcun potere di stabilire compensi, risarcimenti e quant’altro essendoci norme, regole e organi preposti proprio a questo. Per questo l’ex ministro è stato condannato a pagare 2.757.877,34 euro, mentre i due funzionari dell’Anas dovranno sborsare 61.974 euro a testa. In attesa di un eventuale ricorso in appello da parte dei condannati, il piatto piange. Non succede spesso che a un ministro venga chiesto di pagare di tasca propria il denaro pubblico sperperato. Ma quando accade, le cifre sono importanti. L’ingegner Pietro Lunardi, ex ministro alle Infrastrutture del governo Berlusconi, dovrà risarcire l’Anas per 2.757.877,34 euro avendo costretto l’azienda, quando era ministro, a pagare le maxiliquidazioni del Cda pur di farne piazza pulita. La sezione Lazio della corte dei conti, il 10 novembre scorso, ha infatti depositato la sentenza di condanna nei confronti dell’ex ministro ritenendo risarcimenti, buonuscite e finte consulenze non dovuti. La vicenda I fatti risalgono al 2001. L’ingegner Lunardi si è appena insediato al ministero e una delle sue prime decisioni è mandare a casa i vertici Anas. Presidente, all’epoca, è Giuseppe D'Angiolino, ex ufficiale della guardia di finanza. Tra i due non corre buon sangue. D’Angiolino, infatti, ha revocato alcuni incarichi all’ingegnere non ancora ministro ma consulenze per Anas per un paio di gallerie. All’ex ufficiale i conti non tornano. Quando c’è di mezzo la società di Lunardi, la Rocksoil, i costi lievitano. Così, dopo aver fatto eseguire delle perizie, chiede al futuro ministro di abbassare il prezzo o lasciare. Quando Lunardi arriva al ministero, ha il dente avvelenato. Costringe D'Angiolino a farsi da parte. Per convincerlo è disposto a pagare, anche più del dovuto. Il 27 settembre 2001 il presidente lascia l’incarico con risoluzione consensuale del contratto. Lo seguono a ruota i quattro consiglieri: Paolo Urbani, Alessandro Migliavacca, Clemente Carta e Ivan Cicconi rassegnano le dimissioni tra il 15 e il 19 ottobre 2001. L’uscita di scena dei cinque viene concordata con il ministro dietro il pagamento di parecchio denaro. La buonuscita del presidente Il professor D’Angiolino torna a casa con un milione e mezzo di euro in tasca. Chiede e ottiene: 816mila euro come compenso in qualità di amministratore dell'Anas superiori ai 350 milioni di lire previsti (l’ex ufficiale sostiene di poter far valere le norme sui dirigenti d'azienda privati per l'intero periodo del suo incarico, ovvero dal 1994 al 2001); altri 413mila euro come adeguamento del compenso (D’Angiolino sostiene di aver svolto mansioni di amministratore straordinario dal 1994 al 2001 anche se la corte sottolinea come, dal 1995, egli sia nominato presidente); altri 154mila euro arrivano come risarcimento per il patto di fedeltà che impone all’ex presidente di Anas di non esercitare nei tre anni successivi lavori in concorrenza con il gestore della rete stradale (ma la clausola è già contenuta nel contratto di nomina e quindi non bisognava pagarla a parte); infine il ministro accorda altri 154mila euro di consulenze da effettuare per conto del ministero in tre anni. Il conto verrà poi «elegantemente» girato all’Anas (non sia mai che il ministero si trovi in difficoltà), ma quel che è peggio è che la corte non trova traccia di alcuna consulenza effettuata da D’Angiolino. Per questo sono stati condannati insieme al ministro anche due funzionari Anas colpevoli di aver pagato l’ex presidente senza aver controllato che avesse effettivamente svolto i lavori. Generosi anche coi consiglieri Non è solo il presidente D’Angiolino a venire lautamente remunerato dal ministro. I quattro membri del Cda concordano infatti con l’ingegner Lunardi un «risarcimento» pari allo stipendio che avrebbero percepito fino a fine mandato se il loro incarico non fosse stato prematuramente interrotto. Addirittura la corte scopre che ai quattro consiglieri vengono riconosciuti i gettoni di presenza «futuri» sulla base di una media calcolata sugli mesi precedenti. E di riunioni, quel Cda, non ne avrebbe più fatte. Alla fine ogni consigliere ha intascato 335.700 euro che, sommati alla cifra già data all’ex presidente, significa 2.881.000 euro. La colpa La corte, alla fine, ha stabilito che il ministro ha avuto gravi colpe nello sperpero di denaro. Non solo quei soldi non dovevano essere pagati, ma l’ingegner Lunardi non aveva alcun potere di stabilire compensi, risarcimenti e quant’altro essendoci norme, regole e organi preposti proprio a questo. Per questo l’ex ministro è stato condannato a pagare 2.757.877,34 euro, mentre i due funzionari dell’Anas dovranno sborsare 61.974 euro a testa. In attesa di un eventuale ricorso in appello da parte dei condannati, il piatto piange. Non succede spesso che a un ministro venga chiesto di pagare di tasca propria il denaro pubblico sperperato. Ma quando accade, le cifre sono importanti. L’ingegner Pietro Lunardi, ex ministro alle Infrastrutture del governo Berlusconi, dovrà risarcire l’Anas per 2.757.877,34 euro avendo costretto l’azienda, quando era ministro, a pagare le maxiliquidazioni del Cda pur di farne piazza pulita. La sezione Lazio della corte dei conti, il 10 novembre scorso, ha infatti depositato la sentenza di condanna nei confronti dell’ex ministro ritenendo risarcimenti, buonuscite e finte consulenze non dovuti. La vicenda I fatti risalgono al 2001. L’ingegner Lunardi si è appena insediato al ministero e una delle sue prime decisioni è mandare a casa i vertici Anas. Presidente, all’epoca, è Giuseppe D'Angiolino, ex ufficiale della guardia di finanza. Tra i due non corre buon sangue. D’Angiolino, infatti, ha revocato alcuni incarichi all’ingegnere non ancora ministro ma consulenze per Anas per un paio di gallerie. All’ex ufficiale i conti non tornano. Quando c’è di mezzo la società di Lunardi, la Rocksoil, i costi lievitano. Così, dopo aver fatto eseguire delle perizie, chiede al futuro ministro di abbassare il prezzo o lasciare. Quando Lunardi arriva al ministero, ha il dente avvelenato. Costringe D'Angiolino a farsi da parte. Per convincerlo è disposto a pagare, anche più del dovuto. Il 27 settembre 2001 il presidente lascia l’incarico con risoluzione consensuale del contratto. Lo seguono a ruota i quattro consiglieri: Paolo Urbani, Alessandro Migliavacca, Clemente Carta e Ivan Cicconi rassegnano le dimissioni tra il 15 e il 19 ottobre 2001. L’uscita di scena dei cinque viene concordata con il ministro dietro il pagamento di parecchio denaro. La buonuscita del presidente Il professor D’Angiolino torna a casa con un milione e mezzo di euro in tasca. Chiede e ottiene: 816mila euro come compenso in qualità di amministratore dell'Anas superiori ai 350 milioni di lire previsti (l’ex ufficiale sostiene di poter far valere le norme sui dirigenti d'azienda privati per l'intero periodo del suo incarico, ovvero dal 1994 al 2001); altri 413mila euro come adeguamento del compenso (D’Angiolino sostiene di aver svolto mansioni di amministratore straordinario dal 1994 al 2001 anche se la corte sottolinea come, dal 1995, egli sia nominato presidente); altri 154mila euro arrivano come risarcimento per il patto di fedeltà che impone all’ex presidente di Anas di non esercitare nei tre anni successivi lavori in concorrenza con il gestore della rete stradale (ma la clausola è già contenuta nel contratto di nomina e quindi non bisognava pagarla a parte); infine il ministro accorda altri 154mila euro di consulenze da effettuare per conto del ministero in tre anni. Il conto verrà poi «elegantemente» girato all’Anas (non sia mai che il ministero si trovi in difficoltà), ma quel che è peggio è che la corte non trova traccia di alcuna consulenza effettuata da D’Angiolino. Per questo sono stati condannati insieme al ministro anche due funzionari Anas colpevoli di aver pagato l’ex presidente senza aver controllato che avesse effettivamente svolto i lavori. Generosi anche coi consiglieri Non è solo il presidente D’Angiolino a venire lautamente remunerato dal ministro. I quattro membri del Cda concordano infatti con l’ingegner Lunardi un «risarcimento» pari allo stipendio che avrebbero percepito fino a fine mandato se il loro incarico non fosse stato prematuramente interrotto. Addirittura la corte scopre che ai quattro consiglieri vengono riconosciuti i gettoni di presenza «futuri» sulla base di una media calcolata sugli mesi precedenti. E di riunioni, quel Cda, non ne avrebbe più fatte. Alla fine ogni consigliere ha intascato 335.700 euro che, sommati alla cifra già data all’ex presidente, significa 2.881.000 euro. La colpa La corte, alla fine, ha stabilito che il ministro ha avuto gravi colpe nello sperpero di denaro. Non solo quei soldi non dovevano essere pagati, ma l’ingegner Lunardi non aveva alcun potere di stabilire compensi, risarcimenti e quant’altro essendoci norme, regole e organi preposti proprio a questo. Per questo l’ex ministro è stato condannato a pagare 2.757.877,34 euro, mentre i due funzionari dell’Anas dovranno sborsare 61.974 euro a testa. In attesa di un eventuale ricorso in appello da parte dei condannati, il piatto piange.

La Banca Mondiale ha le ore contate?


Le Banche nel momento di massima espansione e dominio stanno vivendo momenti difficili. Il mostro comincia ad affacciare la testa e, i piccoli Golia non vedono l'ora di accecare o uccidere la Bestia.HEDELBERTO LOPEZ BLANCH parla della situazione in America Latina, nessun media sfiora l'argomento.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM) sono in agitazione perché in America Latina si sta formando un’entità finanziaria in grado di aumentare le problematiche di cui già soffrono queste due organizzazioni mondiali.

Alla fine di febbraio, durante una visita del presidente argentino Nestor Kirchner a Caracas, il suo omologo venezuelano, Hugo Chávez, ha annunciato che i due governi si sono dati un termine di 120 giorni per la costruzione del Banco del Sur (Banca del Sud).

Chávez ha spiegato che al termine di questo lasso di tempo dovrebbe essere già pronto un piano di azione “volto alla creazione di statuti, così come il piano di realizzazione per un quinquennio, il programma di acquisizione di risorse e la stima del capitale iniziale”.

Il governo venezuelano è pronto per mettere a disposizione almeno il 10% delle sue riserve a questo scopo e il suo Presidente ha esortato affinché altri paesi facciano lo stesso per creare una banca che inizierà modestamente, ma che in pochi anni, “non ci sarà bisogno del FMI o della BM, né di andare mendicando per il mondo”.

Durante la riunione Kirchner-Chávez, si è appreso che il documento base per la creazione della Banca del Sud possiede un fondamento dal punto di vista etico, economico, politico e sociale e che la sede principale sarà a Caracas e un’altra a Buenos Aires. L’ apparato direttivo del progetto offre facilitazioni affinché gli altri governi possano unirsi a questo impegno in ogni momento della sua fase, ciò che permetterà una maggiore integrazione latinoamericana. Il ministro ecuadoriano dell’Economia, Ricardo Patiño, ha assicurato che la Banca del Sud sarà una realtà in pochi mesi e il suo paese, come la Bolivia, aderirà a questo organismo che funzionerà con le risorse delle nazioni che ne faranno parte.

E’ innegabile che la Banca del Sud costituisce una prospettiva finanziaria regionale d’avanguardia, contrapposta alle attività del FMI e della BM.

È consuetudine che i governi ripongano i loro risparmi nelle banche del Nord, che pagano tassi di interesse tra l’1 o il 2%, per poi prestare questo stesso denaro con tassi di interesse tra il 6 e il 12%.

Attualmente esiste una congiuntura favorevole affinché i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) possano raggiungere una politica indipendente rispetto alle nazioni capitaliste più industrializzate perché negli ultimi anni i PVS hanno aumentato in modo considerevole le loro riserve internazionali. Si calcola che solo le riserve di Venezuela, Argentina e Brasile, in totale, raggiungano la somma di 100.000 milioni di dollari.

La decisione di fondare la Banca, come è logico, rappresenta già un motivo di preoccupazione per gli organismi finanziari internazionali e per i paesi industrializzati perché in pratica i più poveri e numerosi prestano denaro ai potenti.

La Banca Mondiale ha preso atto di questa realtà segnalando nei suoi rapporti annuali, e specificatamente in quelli del 2003, 2005, e 2006, chiamati Sviluppo Finanziario Globale, che i “paesi in via di sviluppo, presi insieme, sono creditori rispetto agli sviluppati” e che i primi “esportano capitali nel resto del mondo, in particolare negli Stati Uniti”.

Eric Toussaint, presidente del Comitato per l’Abolizione del Debito del Terzo Mondo (CADTM), in un importante studio sull’argomento spiega che la maggior parte dei Paesi in Via di Sviluppo compra buoni del Tesoro statunitensi con la motivazione che questi hanno molta liquidità e si possono vendere facilmente. I Paesi in Via di Sviluppo contribuiscono così a sostenere la potenza dell’impero americano.

“I Paesi in Via di Sviluppo mettono nelle mani del padrone il bastone che egli impiega per picchiarli e depredarli, dal momento che gli Stati Uniti hanno un necessità vitale di finanziamenti dall’estero per coprire il loro enorme deficit e mantenere così il loro potere militare, commerciale e finanziario. Se si trovassero privati di una parte significativa di questi prestiti, il loro predominio verrebbe meno”, segnala Toussaint.

Bisogna far presente che le quotazioni del dollaro da alcuni anni sono in ribasso e i buoni sono remunerati con moneta svalutata e pertanto sarebbe più proficuo investirli nello sviluppo sociale di questi paesi.

Il FMI, in questo anno fiscale, sta affrontando difficoltà finanziarie a breve termine con un deficit di 105 milioni di dollari al di sopra del previsto, cosa che non succedeva dal 1985, quando si dichiarò una moratoria nel pagamento dei debiti da parte di alcuni paesi.

La ragione ora è molto diversa e si deve ai pagamenti anticipati che si sono realizzati da parte di alcuni paesi membri con l’obiettivo di ridurre i loro debiti e per i quali hanno utilizzato parte delle loro riserve internazionali.

Questa situazione non è nuova, ma è cominciata durante la crisi asiatica alla fine degli anni ’90, quando gli interessati decisero di far fronte con le loro obbligazioni creditizie in cambio di un controllo minore da parte del FMI.

Tanto il FMI, che la BM ed altre istituzioni finanziarie mondiali dominate dai Paesi in Via di Sviluppo, concedono prestiti alla condizione che si rispettino strettamente le raccomandazioni di natura economica suggerite da queste istituzioni, le quali vanno sempre a sfavore delle strategie sociali disposte per le popolazioni indebitate.

Brasile, Argentina, Uruguay hanno effettuato pagamenti anticipati per più di 25.000 milioni di dollari (per risparmiare sugli enormi interessi). Lo hanno anche fatto Serbia e Indonesia ed altri come Colombia, Cile, Messico, Perù, Venezuela hanno ottenuto aperture di credito ma non le hanno utilizzate. Dalla fondazione del FMI e della BM nel 1944 questi organismi sono stati strumenti di dominio delle nazioni potenti le quali hanno imposto, nelle regioni sfortunate, politiche neocoloniali, neoliberali e di libero commercio a sfavore delle grandi moltitudini.

Davanti a questa non obiettabile realtà sorge il progetto della creazione della Banca del Sud che, con una intenzione multilaterale, mira verso la necessaria integrazione latinoamericana.

Durante la sua visita a Caracas il presidente argentino Néstor Kirchner ha puntualizzato che questa istituzione dovrà essere un’entità finanziaria con caratteristiche e filosofie differenti da quelle delle sedi bancarie internazionali che pure sono nate con l’intento di promuovere investimenti e che con il trascorrere degli anni si sono trasformate “in una vera calamità per i popoli”.

La Banca del Sud, insieme all’Alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA), è un altro dei segnali di risveglio dell’emancipazione delle nazioni dell’America Latina.

22 marzo 2007

Che cosa possiamo fare noi ebrei per il bene del mondo?



A questa domanda, a volte mi viene da ridere, ma per rispetto mi astengo dal commentare. Voglio solo usare le parole di un autore M. Blondet.

Per carità, abbiate pietà!
Non cercate di fare il bene del mondo, abbiamo già visto il vostro bene!
La domanda è rivelatrice in sé.
I cinesi non si domandano cosa possono fare «per il bene del mondo», né se lo chiedono i francesi e gli italiani.
I popoli autentici, non ideologici e non artificiali, si limitano a vivere nel mondo, cercando di assicurarsi una relativa sicurezza impegnandosi con trattati.
A chiedersi attivamente cosa fare ancora per «il bene del mondo» sono gli ideologi di ideologie feroci: i comunisti sovietici, oggi i fondamentalisti messianici americani.
Vogliono a tutti i costi farci del «bene», portare «la democrazia», il «mercato», la «libertà».
Gli individui sì, devono chiedersi, ciascuno per sé, cosa possano fare di bene, come migliorare il mondo.
Non i popoli in quanto tali.
Un popolo che si domanda - o fa finta di domandarsi - cosa deve fare per il bene del mondo, è un popolo che si crede divino, che si crede Dio.
No, caro lettore, cari ebrei.
Vi chiediamo molto meno.
Non di fare, come Dio, «il bene del mondo», ma semplicemente di non fare troppo male.
Di non opprimere e affamare i palestinesi.
Di non soffocare nel sangue e nella fame le loro speranze.
Di non porre loro, ogni volta che accedono alle condizioni da voi dettate, sempre nuove condizioni: questo non è «bene», è slealtà e menzogna.
Ci accontenteremmo che voi, dopo aver distrutto il Libano dalle fondamenta in 30 giorni con le vostre bombe, non continuaste a violarne ogni giorno - come denuncia l’ONU - lo spazio aereo, ossia la sovranità.
Anche gli altri, nella civiltà, hanno diritto alla sovranità.

Ci sarebbe piaciuto che la vostra lobby non avesse spinto la superpotenza USA a «fare il bene» degli iracheni, ammazzandone 650 mila e rendendone profughi oltre due milioni.
Ci basterebbe che non esigeste oggi dagli americani che inceneriscano l’Iran, una nazione che non vi minaccia realmente, che non ha mai aggredito ma che è se mai stata aggredita da un Saddam Hussein su istigazione USA.
Vi chiediamo di fare pace con condizioni oneste, che altri possano accettare senza eccessiva umiliazione.
Anche per il vostro bene: perché una pace fondata sul dominio e sulla forza assoluta, non consente mai di dormire tranquilli.
Specie se si dorme in case rubate, su terre che non vi appartengono, su letti strappati ad altri. Nonostante tutta la forza, si viene visitati da brutti sogni.
Il vostro Freud può spiegarvi, ancora una volta, il motivo dei vostri sonni agitati, dei vostri fantasmi di essere «cancellati».
No, per favore, non fate il nostro bene.
Non siete Dio.
Soprattutto, non siete il nostro Dio.

07 marzo 2007

FantaFiaba sul presente


Migliaia di anni fa delle razze esogene molto evolute tecnologicamente approdarono sul pianeta.

Uno di questi popoli, dopo essersi insediato in molte regioni della Terra, compì degli esperimenti genetici su ominidi da cui fu selezionata la specie homo sapiens, specie il cui DNA è corrotto. Forse due civiltà oppure due fazioni all’interno della stessa entrarono in conflitto: prevalse la fazione malvagia e bellicosa, decisa ad assoggettare l’umanità ed a servirsene per i suoi scopi di dominazione. Il gruppo dei perdenti dovette allontanarsi dalla Terra, forse alcuni vi rimasero ma passarono nella clandestinità: costoro, attraverso miti ed opere letterarie ed artistiche, codificarono conoscenze segrete relative soprattutto al fenomeno della precessione. Infatti i cambiamenti precessionali non possiedono soltanto un significato cosmico, ma pure implicano una relazione profonda tra i cicli dell’universo e gli esseri viventi.

Con il passare dei secoli, le conoscenze esoteriche subirono un processo di deterioramento: diventarono sempre più confuse. Alcuni maestri custodirono insegnamenti sublimi e dottrine segrete, ma che furono appannaggio di una cerchia assai ristretta di iniziati timorosi di esporsi. Altri, in accordo con le èlites, contaminarono il sapere esoterico all’interno di confraternite dedite a culti abominevoli ed oscuri.

Nel frattempo gli Annunaki o i loro discendenti ibridi, ossessionati dalla purezza del sangue, perseguirono un piano a lunghissimo termine volto ad instaurare un sistema politico, sociale, culturale ed economico fondato sulle disuguaglianze tra classi e sui conflitti tra etnie in modo da dominarle tutte con la strategia del divide et impera. Gli arconti decisero anche di creare una prigione invisibile entro cui confinare gli uomini, considerati come oggetti per il loro trastullo oltre che come schiavi “liberi”. Tale carcere fu costruito per mezzo delle religioni politeiste e monoteiste destinate ad assopire la coscienza, a favorire l’oblio del vero valore dell’esistenza, che trova il suo significato più profondo nell’armonia con la pulsante vita cosmica, nei principi spirituali e non nel denaro, nel potere e nel successo.

Cruciale fu in questo progetto l’invenzione del “Cristianesimo”, una “fede” destinata ad allargarsi a macchia d’olio in quasi tutto il mondo per mezzo inizialmente di imperatori come Costantino e Teodosio, quindi tramite la dinastia usurpatrice dei Carolingi. Centrale fu ed è il ruolo di Roma, vera kaput mundi e cuore della cospirazione globale nel passato come oggi.

Le classi dirigenti, attraverso i millenni, riuscirono a mantenere ed a rafforzare il controllo dell’umanità, falsificando la storia, fomentando guerre e diffondendo la paura. Con l’invenzione di strumenti tecnologici sempre più sofisticati, l’egemonia delle élites è divenuta stritolante: i dominatori hanno deciso che l’intera popolazione mondiale deve essere completamente asservita prima che sia troppo tardi. Forse è imminente un cambiamento, legato a fenomeni cosmici, che potrebbe svelare il vero volto dei dominatori, creature laide e spaventevoli. Per evitare ciò, il programma di dominazione ha subito un’accelerazione: H.A.A.R.P., scie chimiche, nanotecnologie, disinformazione… sono i mezzi per tentare di impedire un’evoluzione genetica e spirituale dell’umanità.

I popoli dovrebbero liberarsi dal giogo prima che sia instaurata una dittatura globale, sotto l’egida di Roma, ma la consapevolezza è assai limitata. Inoltre il tempo stringe ed i pochi giusti possono contare forse solo su qualche alleato debole, che rischia da un momento all’altro di soccombere di fronte agli attacchi micidiali sferrati da un coalizione terrestre-esterna potentissima ed implacabile. Questa alleanza, pur divisa al suo interno per la spartizione ed il dominio di Gaia, stringe sempre più la sua morsa.

Gli eventi mortali ed insidiosi si susseguono nell’indifferenza generale: il lucignolo si sta consumando. Se non capiremo l’inganno e se non agiremo per smascherare gli arconti, ci attende il Ragnarok.
Zret

04 marzo 2007

Chi deve occuparsi di politica?


Carlo gambescia approfondisce i temi che stanno allontanando la politica dal popolo sovrano. Sarà un bene? Ai posteri un giudizio.
Perché gli uomini che "hanno già avuto tanto dalla vita" devono occuparsi di politica?
Oggi il Corriere della Sera riporta tra virgolette uno sfogo di Prodi: “Sono stanco di questo andazzo, non è scritto da nessuna parte che debba stare al governo a tutti i costi, a queste condizioni non intendo continuare a metterci la faccia: dopotutto, ho avuto tanto dalla vita, non sono disposto ad espormi ulteriormente ad uno stillicidio di questo genere”.
“Ho avuto tanto dalla vita”. Anche Berlusconi, non è nuovo a queste espressioni. Quante volte nei momenti di crisi (politica), ha dichiarato di considerare la carica di Presidente del Consiglio una specie di ciliegina sulla torta? Tante.
Si dirà, Berlusconi e Prodi usano una brillante carriera professionale per ricattare i politici di professione, e costringerli a collaborare, minacciando di piantare tutto e dunque di rovinarli, perché, come tutti i politici di professione, e su questo l’imprenditore e il professore sono d’accordo, i parlamentari "sarebbero uomini senza arte né parte”.
Può essere. Ma di fondo, crediamo, siano in gioco due fattori.
In primo luogo, personaggi come Prodi e Berlusconi, sono estranei alla politica, intesa come lotta delle idee (non delle ideologie) e ferrea volontà di trasformazione della realtà. Prodi è un tecnocrate, messo a capo di una maggioranza molto politicizzata (si pensi alla sinistra radicale), Berlusconi è un imprenditore, che si è inventato una maggioranza, altrettanto politicizzata (si pensi ad An e alla Lega), cavalcando, quella che di solito viene definita “antipolitica”, mentre invece non è che la futura forma della politica (più partecipativa e “aggressiva”). Ma questa è un’altra storia.
Inoltre sia per Prodi che per Berlusconi l’economia viene prima della politica. Di qui la loro tendenza a inquadrare ogni problema in termini di rapporto costi-benefici per il sistema economico.
In secondo luogo, sono uomini “arrivati”. Che hanno avuto tutto dalla vita, come appunto asseriscono. E non possono più avere quella “voglia di realizzare” che invece distingue coloro che non si sono ancora affermati. In questo senso mirano più al galleggiamento politico che alle grandi riforme: agli onori e non agli oneri. Il governo Berlusconi ha brillato per il suo sostanziale immobilismo. E quello Prodi è sulla buona strada. Quando parliamo di grandi riforme intendiamo riforme strutturali, e non pure e semplici “liberalizzazioni” che colpiscono le categorie più deboli e lasciano integri i grandi monopoli, come quelle di Bersani. In realtà le grandi riforme, si chiamano così, perché sono tese al miglioramento sistematico della “qualità della vita” degli italiani. Come, ad esempio, nei settori dell’istruzione, della salute, della politica estera, della sostenibilità ecologica. Parliamo, perciò, di iniziative forti che richiedono tempo, impegno e voglia di fare.
Ora, che volete importi a Prodi e Berlusconi, due uomini spenti, che “hanno avuto tutto dalla vita”, affrontare questioni la cui soluzione impone addirittura uno spreco di energia politica ? Nulla.
Il lato tragico, anzi tragicomico della questione, è che la stessa sinistra, quella più politicizzata, ha già organizzato, pare per domenica, una manifestazione in favore di Prodi: un tecnocrate che si considera “arrivato” professionalmente quanto Berlusconi. Insomma, anche la sinistra radicale vuole che il professore bolognese resti. E, quel che è peggio, si è accanita contro Franco Turigliatto e Fernando Rossi: i quali, a detta di Diliberto non avrebbero ancora compreso l’importanza di impedire il ritorno di Berlusconi al potere.
Per noi invece Turigliatto e Rossi hanno capito tutto. E da un pezzo.

Nè di destra, né di sinistra.


Io sono così. Sarà, per la mia formazione tecnicista sarà, perché cerco di guardare a 360 gradi senza emozioni, sarà, per questo, che questa “democrazia” mi lascia indifferente.
Quando i mercanti affolleranno il tempio della democrazia (parlamento), allora la democrazia “degli interessi” prevarrà su tutto, anche sui cittadini o sudditi.
Questa sensazione non è solo la mia, ma anche di Massimo Fini che spiega in questo articolo:

Tutti e due gli schieramenti politici hanno cercato di dare alla manifestazione di Vicenza un connotato 'di sinistra'. La sinistra per mettere il suo marchio su una manifestazione che, a dispetto delle prefiche di sventura, si è svolta nel più pacifico dei modi. La destra per sottolineare le divisioni all'interno della sinistra, quella governativa che ha dato il suo benestare all'allargamento della base americana, e quella di piazza che è contraria.

Poichè a Vicenza c'ero anch'io, non come giornalista ma a capo del mio piccolo gruppo che si chiama 'Movimento Zero', che non è nè di destra nè di sinistra, ma oltre queste due categorie che, vecchie di due secoli, non considero più adeguate a comprendere le esigenze più profonde dell'uomo contemporaneo, che non sono nè economiche nè economiciste, vorrei dire la mia. Noi, con il nostro striscione ("Cittadini, non sudditi"), eravamo il primo gruppo dietro quello del Comitato organizzatore.

Davanti a noi i vicentini, soprattutto donne (donne, non ragazze) che tutto avevano fuorchè l'aria delle 'pasionarie' ma piuttosto quella delle casalinghe, bambini, anche in passeggino, e poi la cosiddetta 'gente comune', fra cui parecchi piccoli imprenditori, cui è difficile dare una precisa connotazione politica. Dietro di noi molti cani sciolti, quindi lo sterminato corteo dei 'No Tav' che sarebbe azzardato definire 'di sinistra'. Altri cani sciolti. Quindi i "centri sociali", la Cgil e rappresentanti dei partiti della sinistra, sia moderata che radicale. Molti striscioni di protesta avevano in effige sia il faccione di Prodi che quello di Berlusconi. E il significato più profondo e più vero della manifestazione di Vicenza è, a mio avviso, lo scollamento che si sta creando fra una parte consistente di cittadini e rappresentanti, di destra e di sinistra, da cui non si sentono più rappresentati. E il fatto che costoro cerchino ora di strumentalizzare, a proprio uso e consumo, la manifestazione non farà che approfondire questo solco. Noi cittadini siamo stanchi di essere considerati pura massa di manovra ad uso delle eterne diatribe fra le oligarchie di destra e di sinistra o interne all'una e all'altra. A Vicenza, sbiancando chi, come Amato, come Rutelli e come i Pierluigi Battista del Corriere della Sera, si era permesso di fare dei vergognosi e gravissimi collegamenti fra una manifestazione della gente comune e i neobrigatisti, ci siamo ripresi, pacificamente, quella voce cui abbiamo diritto.

Ma a qualcuno non va bene lo stesso. Il Giornale, in un editoriale a firma Mario Cervi, ci definisce 'melassa buonista'. Fateci capire. Se la manifestazione è violenta va, giustamente, condannata, se è pacifica viene invece disprezzata, come accadde per i 'girotondi'.

Ederle 2 comunque si farà. Perchè, come scriveva l'altro giorno il nostro Direttore, 'pacta sunt servanda'. Ed è vero. Ma tutti i patti internazionali contengono una clausola che recita 'rebus sic stantibus', se le cose restano immutate. E le cose dal 1949, quando fu firmato il Patto Atlantico, sono mutate. Eccome. L'alleanza sperequata con gli Stati Uniti (e quindi la presenza di loro basi militari in vari Paesi europei, fra cui l'Italia) era indispensabile fino a quando è esistita l'Unione Sovietica, perchè solo gli americani avevano il deterrente atomico necessario per scoraggiare l' 'orso russo' dal tentare avventure militari in Europa Ovest. E gli Stati Uniti, giustamente dal loro punto di vista, hanno fatto pagare all'Europa questa loro protezione con una sudditanza militare, politica, economica e, alla fine, anche culturale. Questo pesante pedaggio, oggi, non ha più alcuna ragione d'essere. Inoltre, nel tempo, la Nato ha cambiato, surrettiziamente, la sua natura, trasformandosi da Patto difensivo in offensivo. L'esempio classico è quello della Jugoslavia. La Jugoslavia di Milosevic non minacciava alcun Paese dell'Alleanza Atlantica ma fu attaccata dalla Nato. Mi pare evidente che tutta la questione Nato vada rivista. Questo, naturalmente, non può farlo solo l'Italia (che si cuccherà, comunque, Ederle 2 anche se una buona parte della cittadinanza, di Vicenza e non solo di Vicenza, non la vuole), ma deve farlo l'Europa. E' 'bolso antiamericanismo' questo, come scrive sempre Mario Cervi sul Giornale? A me sembrano argomenti. In ogni caso l'antiamericanismo che sempre ci viene sbattuto in faccia, non è un reato. E' una posizione politica legittima. E forse non peggiore di certo filoamericanismo acritico che, pur di compiacere gli Stati Uniti, è disposto a calpestare sovranità e dignità nazionali.

23 febbraio 2007

Quale democrazia con questo sistema elettorale?



Se, molte persone si allonatanano dalla politica un motivo ci deve essere.
Lo analizza molto bene Antonella Randazzo in questo articolo sui sistemi elettorali attualmente in uso nel mondo.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con tono assai paternalistico, ci dice, in riferimento alla manifestazione di Vicenza, che le "manifestazioni (sono) legittime, ma sono le Istituzioni a decidere... E' nel riconoscimento della rappresentatività delle Istituzioni elettive che ogni forma di partecipazione deve trovare la sua misura".
Con queste parole il presidente ci fa capire che è inutile manifestare contro una decisione non favorevole alla cittadinanza, perché, tanto, i rappresentanti politici agiranno sempre sulla base di altri assunti, e non sulla base della sovranità popolare.
Ma la sovranità, anche se si eleggono rappresentanti, non rimane comunque del popolo? Non ci viene spiegato che la democrazia è il sistema politico in cui il popolo è sovrano? O è sovrano soltanto il giorno in cui va a votare?
Prendiamo l'esempio del titolare di un esercizio che decide di assumere un suo rappresentante. Dal momento in cui il rappresentante ha la fiducia del suo datore di lavoro, può ritenersi libero di agire come vuole o deve sempre avere come riferimento la volontà di colui che lo ha assunto? Ovviamente, ogni rappresentate deve dare conto a chi lo ha assunto per assolvere alla sua funzione. Perché questo non dovrebbe valere anche per i politici? I politici dovrebbero essere obbligati a rispettare l'interesse dei cittadini, altrimenti a servizio di chi sarebbero?
Anche Adolf Hitler è stato eletto regolarmente. Secondo il ragionamento di Napolitano, egli, essendo stato eletto, aveva il potere di fare quello che voleva, e il popolo tedesco era obbligato a subire passivamente tutte le decisioni del governo.
Le parole di Napolitano si fanno pericolose allorché egli giunge ad associare la violenza e il terrorismo alle legittime manifestazioni di dissenso popolare: "se si nega l'ancoraggio alle Istituzioni si può scivolare nella suggestione della violenza come matrice delle decisioni. E di lì, si può compiere il passo verso la degenerazione estrema del terrorismo".
Cosa c'entra la violenza e il terrorismo con la pretesa democratica della popolazione di vedere rispettata la sua volontà?
Il dissenso non deve essere demonizzato né criminalizzato, ciò avviene nelle dittature e non nelle democrazie.
Napolitano brandisce il pericolo "terrorismo" come una volta ai bambini si gridava all'"uomo nero". Ma i cittadini non sono bambini e chi protesta per decisioni che vanno contro gli interessi materiali e morali dei cittadini italiani non deve essere considerato un potenziale terrorista o un violento.
Le parole di Napolitano ci inducono ad un brusco risveglio: quello che ci costringe a capire che l'attuale sistema politico è stato costruito ad oc per sottrarre la sovranità al popolo, dandogli l'illusione di possederla.
L'attuale sistema politico elettorale è stato introdotto per la prima volta nel 1855, nelle colonie inglesi, come Australia e Nuova Zelanda, per dare ai popoli l'impressione di avere potere politico, ed evitare così che si sollevassero contro l'occupante. Il sistema elettorale di stampo anglosassone nacque, quindi, come un modo efficace per ingannare e dominare i popoli. Inizialmente, in Gran Bretagna, i proprietari terrieri avevano diritto a più voti, mentre i contadini e i loro domestici non ne avevano diritto. Col tempo il diritto di voto venne esteso a tutti i lavoratori e alle donne. Ma in realtà non cambiava granché, perché i due partiti che si contendevano il potere erano entrambi a servizio delle classi ricche. Lo stesso modello bipartitico veniva utilizzato dagli Stati Uniti. Col passar del tempo molti elettori anglo-sassoni si resero conto della truffa, e la quantità di coloro che si recavano alle urne diminuiva di anno in anno, fino a toccare i livelli bassissimi di oggi (30/40%).
Alla fine della Prima guerra mondiale, il modello politico elettorale era già in grave crisi. Moltissime persone si erano accorte che il sistema era facilmente manovrabile da parte di chi deteneva il potere economico-finanziario. La democrazia veniva concepita, alla luce dei princìpi socialisti e comunisti, come un modello che aveva come fine ultimo il benessere dell'intera popolazione, e non gli interessi del gruppo egemone. Gli storici Charles e Mary Beard, dopo la grande guerra, osservavano che nel sistema elettorale i partiti si erano "accampati" come un "esercito permanente".

Il sistema basato sui partiti e sulle periodiche elezioni veniva considerato a rischio anche perché i risultati potevano essere manipolati attraverso diverse strategie.
Ad esempio, una legge elettorale ben congegnata può limitare il numero di seggi assegnati ad un determinato partito. In Francia, nel 1958, il numero di seggi del Partito Comunista francese (Pcf) si ridusse da 150 (del 1956) a 10, in seguito alla nuova legge elettorale. Anche in Italia, negli stessi anni, le elezioni vennero manipolate in modo tale da impedire ai partiti di sinistra (che avevano la maggioranza di seggi), di andare al governo. Per estromettere i social-comunisti, le autorità statunitensi utilizzarono, in Italia e in Giappone, anche le mafie locali. In Giappone, durante l'occupazione americana vennero imprigionati o uccisi decine di migliaia di social-comunisti, e i partiti che potevano candidarsi erano soltanto quelli che ricevevano il via libera da Washington.
Lo stesso accadde nella Germania dell'ultimo dopoguerra, dove già Hitler aveva ucciso nei lager quasi tutti i militanti social-comunisti, proprio come gli americani avrebbero fatto in Giappone e in Grecia. Il sistema elettorale in Giappone veniva definito come "the ballot is the bullet" (la scheda elettorale è una pallottola), ad indicare cosa significasse per i cittadini giapponesi essere costretti a sottomettersi a quel sistema dopo una terribile guerra che aveva prodotto in loro il desiderio di cambiare in modo autenticamente democratico il sistema politico.
Il sistema elettorale diventò, paradossalmente, un modo per impedire ai popoli di raggiungere un'autentica democrazia spontaneamente, imponendo dall'alto una finta democrazia. La democrazia imposta dall'alto o portata con le armi è una tirannia mascherata, e le sue impalcature non potranno renderla vera. La vera democrazia è quella in cui il popolo è libero di prendere le decisioni migliori per il popolo stesso.
Negli ultimi decenni il sistema è diventato una sorta di "industria elettorale", con agenzie di spin doctors e la mobilitazione mediatica pubblicitaria e promozionale, come si trattasse di vendere un prodotto.
Il discorso di Napolitano non fa che confermare che questo sistema non permette ai cittadini di avere veri rappresentanti. Egli, in altre parole, sostiene che nel nostro paese, una volta che sono state chiuse le urne, le persone elette possono fare e decidere qualsiasi cosa, anche quello che la maggior parte della popolazione rifiuta. Le manifestazioni di dissenso popolare sarebbero dunque come un passatempo, dato che non possono incidere in alcun modo sulle decisioni del governo.
Il sistema che Napolitano sostiene ha le medesime caratteristiche ovunque. Proprio nel paese che ha creato questo sistema politico, la Gran Bretagna , il premier Tony Blair, nel 2003, trascinò il paese nella terribile guerra contro l'Iraq, che era avversata dalla stragrande maggioranza della popolazione. Blair era stato eletto, dunque, sulla base del pensiero di Napolitano, poteva decidere qualsiasi cosa.
Le autorità occidentali hanno esportato il sistema elettorale in molti paesi, compresi quelli più tirannici.
Le elezioni sono state organizzate anche in piena guerra, in Vietnam, come in Afghanistan e in Iraq. La gente votava con i fucili spianati addosso e sotto il controllo di chi qualche giorno prima aveva bombardato le loro case. In Vietnam le elezioni avvennero sotto il controllo delle stesse forze militari che arrestavano arbitrariamente, torturavano, uccidevano e deportavano nei campi di prigionia. Occorreva far vedere al mondo intero che era stata esportata la "democrazia".
Oggi le elezioni sono diventate veri e propri spettacoli, sotto la regia di apposite organizzazioni, che si occupano di tutto: dalla lista dei candidati, al metodo di votazione. Tali organizzazioni sono corredate da spin doctors, una sorta di nuovi maghi della produzione di consenso e fiducia. La manipolazione del voto avviene a partire dalla campagna elettorale, nella scelta dei temi da discutere, dei personaggi da candidare, nella costruzione della personalità dei candidati, ecc.
L'ambasciatore americano Paul Bremer, in Iraq, si occupò di fissare le regole del voto e creò una Suprema Commissione Elettorale, che aveva il compito di preparare la lista dei candidati, che però non era pubblica, cosicché le persone non potevano sapere chi veniva votato. L'obiettivo principale era quello di controllare rigidamente i candidati, curandosi di eliminare ogni opposizione, cioè tutti i candidati dei partiti che non appoggiavano l'occupazione americana.
Prima di essere sostituito, Bremer approvò alcune leggi che nessuna tornata elettorale può cambiare. Con queste leggi, i settori chiave dell'economia irachena rimangono nelle mani delle corporation americane. Tutti i governi iracheni saranno sottomessi in egual modo ai voleri di Wall Street.
Bremer sarà sostituito da John Negroponte, personaggio noto per le scorribande criminali che fece nel periodo 1981-1985, quando assoldò gli squadroni della morte che torturarono e uccisero migliaia di nicaraguensi.
Negroponte venne assistito da organizzazioni americane che vantano una vastissima esperienza di manipolazione delle elezioni. Si tratta dell’Istituto Democratico Nazionale per gli Affari Internazionali (NDI) e dell’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI), che collaborano con il National Endowment for Democracy e l’USAID (Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale), di cui si è valsa anche la CIA per attuare operazioni segrete all’estero. Ad esempio, quando preparò il fallito colpo di stato e il referendum in Venezuela contro il governo democratico di Hugo Chávez, oppure per manipolare le elezioni ucraine in modo da far vincere il candidato di Washington.
Mentre alle elezioni in cui venne eletto Chávez erano presenti numerose delegazioni e associazioni per controllare le operazioni di voto, in Iraq non era presente nemmeno un osservatore esterno. Nessuno ha controllato le schede, le operazioni di voto, l’integrità delle schede o lo spoglio. Gli unici osservatori ammessi erano gli esponenti dell’Istituto Democratico Nazionale, cioè gli stessi che avevano organizzato il teatrino elettorale. Nelle città devastate (Falluja, Ramadi, Samarra ecc.), in cui gli abitanti sono ad oggi in preda alla disperazione, quasi nessuno votò. I seggi furono chiusi o rimasero vuoti. Oltre l'80% degli iracheni all'estero non votarono, sconcertati per quello che stava accadendo al loro paese.
Chi crede che i popoli vessati ringrazino gli occupanti per aver organizzato le elezioni? Chi è disposto a credere che oggi in Iraq o in Afghanistan i cittadini credano che il teatrino elettorale migliori le loro condizioni?
La truffa elettorale è ormai chiara a molti, anche ai cittadini americani. Ormai tutti sanno che l'attuale presidente americano non è nemmeno stato eletto, né nel 2000, né nel 2004, e che entrambi i candidati presidenti vengono scelti e pagati dalla stessa élite. Eppure gli Stati Uniti si considerano una "democrazia". I loro presidenti, eletti regolarmente oppure no, agiscono a favore del potere economico-finanziario, che ha pagato le loro campagne elettorali. Sono a servizio di chi li ha fatti eleggere, e da moltissimi anni non considerano minimamente le proteste, sempre più imponenti, dei cittadini.
I presidenti americani sono tutti esponenti della classe ricca, e per le loro campagne elettorali ricevono molto denaro, entrambi i candidati, dalle stesse imprese e dalle stesse banche. L'élite economico-finanziaria decide anche il futuro vincitore, che è colui che riceve somme di denaro più alte. Oggi il sistema politico americano punta sulla spettacolarizzazione della personalità dei candidati. Secondo Michel Chossudovsky, la democrazia è come un rito, celebrato per dare l'illusione alla gente di contare qualcosa: "Nessuna alternativa viene offerta all'elettorato. Il neoliberismo è parte integrante della piattaforma politica di tutti i principali partiti politici. Come in uno stato monopartitico, i risultati delle elezioni non hanno in pratica alcun impatto sull'effettiva gestione della politica economica e sociale dello stato".Il sistema elettorale bipartitico svuota la democrazia di ciò che dovrebbe costituire la sua essenza: il potere politico del cittadino. Viene conservata l'apparenza della "democrazia", ma di fatto i cittadini hanno lo stesso potere politico che avrebbero in un sistema a partito unico, perché entrambi gli schieramenti obbediscono alla stessa élite.
Scrive Peter Gowan: "Una Nuova Democrazia è amministrata da grandi proprietari capitalisti che finanziano il processo politico e offrono agli elettori una scelta tra leader che condividono le stesse opinioni ma hanno uno stile diverso di comandare... Allo stesso tempo la Nuova Democrazia rende più semplice per le multinazionali incrementare la loro influenza e per i media 'globali' (vale a dire occidentali) orientare l'opinione pubblica. (In questo modo) avremo dei leader nel paese prescelto che 'vogliono ciò che noi vogliamo'. Per cui non ci sarà bisogno di usare il bastone".
Le autorità occidentali fanno ampia propaganda dei valori di libertà e di rispetto dei diritti umani, mentre al contempo sostengono e armano governi che calpestano ogni diritto umano, per fornire alle corporation manodopera e materie prime a basso costo.
La democrazia occidentale sta diventando un modello fittizio, attraverso lo svuotamento della sovranità popolare e lo strapotere delle banche e delle corporation, che di fatto trattano i politici come loro dipendenti.
Cambiare si può, perché le risorse umane sono illimitate. Senza questo sistema iniquo non ci trasformeremo tutti in violenti o in terroristi, come Napolitano pensa, ma rimarremo persone dotate di civiltà e di capacità di autodeterminazione. Liberarsi da un sistema dominato dalla legge del più forte e dalla guerra non può che essere un atto di crescita.
Avremo sicuramente un sistema migliore quando saremo in grado di assumerci la responsabilità nelle questioni fondamentali della nostra esistenza. Come avverte Khalil Gibran: "Se è un despota colui che volete detronizzare, badate prima che il trono eretto dentro di voi sia già stato distrutto. Poiché come può un tiranno governare uomini liberi e fieri, se non per una tirannia e un difetto della loro stessa libertà?

20 febbraio 2007

La disinformazione dei nostri TIGI


I giornalisti dei nostri telegiornali sono diventati presentatori e pubblicitari. Altre competenze, ben diverse dall'informazione obiettiva e "sul campo". I servizi giornalistici sembrano creati ad arte per mostrare alcune cose e nasconderne altre. In un paese in cui sempre meno persone leggono i giornali, l'informazione televisiva rappresenta per la maggior parte della popolazione l'unica fonte d'informazione. Molte di queste persone credono che i telegiornali li informino su ciò che accade nel mondo, e si troverebbero increduli di fronte al solo pensiero che i Tg possano essere utilizzati per manipolare le loro opinioni. Eppure ciò appare sempre più evidente, dall'omissione di elementi indispensabili per capire i fatti, dall'alterazione di alcune notizie e dall'assenza di altre.
L'opinione pubblica è fondamentale per la stabilità di un sistema, e nel nostro sistema viene formata attraverso il bombardamento mediatico. Per mantenere la stabilità, nell'attuale assetto politico-economico, occorre che l'opinione pubblica sia piegata a ciò che è funzionale al sistema e non apprenda alcune verità. Ciò rende il potere mediatico notevolmente importante. Il controllo da parte del potere avviene oggi all'interno delle nostre case, attraverso la Tv. La manipolazione dell'informazione è sempre più sistematica, progettata per essere efficace e per rimanere nascosta agli occhi dei cittadini. Le agenzie internazionali (americane, europee o giapponesi) che forniscono le informazioni, sono supportate da agenzie di propaganda, soprattutto americane, che pianificano non soltanto cosa rendere noto ma soprattutto "come" dare informazione. La quantità di notizie viene sfoltita e ridotta al 5/10% del totale.
La verifica delle fonti e l'utilizzo del senso critico sono ormai capacità atrofizzate dall'assumere passivamente il punto di vista delle poche agenzie che informano centinaia di paesi, come la Adnkronos e l'Ansa. Considerando come assolute alcune fonti e ignorandone altre, l'informazione è già alterata in origine, derivando da un unico punto di vista, che nel contesto appare oggettivo. Di tanto in tanto, nei nostri Tg, appare qualche debole critica, ad esempio contro il governo statunitense. Si tratta delle cosiddette “fessure controllate”, cioè critiche fatte ad oc per generare fiducia nel Tg, ma che risultano vaghe e discordanti.
Alcune notizie assumono nei Tg un certo rilievo, soprattutto quelle che evocano emozioni. Suscitare associazioni emotive e commozione è diventato uno degli scopi principali dei Tg. I fatti di cronaca, specie se si tratta di delitti contro bambini, si prestano a questo scopo, e quindi talvolta occupano uno spazio ampio dei telegiornali. Si tratta di un modo per distrarre l’attenzione pubblica da altri fatti assai più importanti per la vita dei cittadini. In altre parole, vengono amplificate notizie (di solito di cronaca o relative ad uno specifico problema) che non mettono in pericolo il sistema, per evitare di trattare altri argomenti "scottanti" e pericolosi per l'assetto che i politici hanno il compito di proteggere. Ad esempio, siamo stati indotti a parlare a lungo dei Pacs (una legge che sarebbe stato ovvio approvare senza tanti problemi), mentre si occultavano, tra le altre cose, le spese ingenti per la "difesa". Nessun telegiornale ha detto che parte del Tfr dei lavoratori andrà per spese belliche.
In questi ultimi tempi, un altro argomento, che viene utilizzato dai Tg per dirottare l'attenzione su fatti non pericolosi per il sistema, è quello dei malati gravi che chiedono l'eutanasia. Invece di approvare una legge che ponga fine al problema, il nostro sistema utilizza questi casi disperati (ieri quello di Welby, oggi quello di Nuvoli), per riempire spazi e suscitare angoscia e commozione. Si stimola la parte emotiva dei telespettatori, per coinvolgere in una questione umana drammatica, senza far capire che il potere di risolvere il problema è nelle mani proprio di chi sta strumentalizzando cinicamente il fatto.
Spesso alcune notizie sono oggetto di "sovrinformazione", cioè se ne parla in molti programmi e abbondantemente. Ciò avviene o per focalizzare l'attenzione soltanto su alcuni aspetti e fare in modo che i cittadini si sentano abbastanza informati e non vadano ad informarsi altrove (come nel caso della finanziaria o del Tfr), oppure per dare l'impressione che ci sia un'abbondante informazione. Ma si tratta di informazioni ripetitive, che non spiegano davvero la questione e talvolta la manipolano. Paradossalmente, il cittadino viene sommerso di "informazione" per fare in modo che rimanga disinformato. La sovrinformazionze può riguardare anche temi banali, come la separazione di una coppia nota, o l'uso di droga da parte di un personaggio famoso. In questi casi si tratta di distogliere l'attenzione da decisioni o eventi politici che stanno accadendo nel paese, e di cui occorrerebbe parlare, ma non risulta conveniente al sistema.
Si sta affermando sempre più il metodo americano di creare trasmissioni giornalistiche o televisive organizzate da agenzie di Pubbliche Relazioni, per manipolare l'opinione pubblica su un determinato argomento. L'argomento di solito è emerso all'attenzione pubblica senza che il sistema potesse impedirlo (ad esempio, la Tv spazzatura o la violenza giovanile). A queste trasmissioni partecipano personaggi accuratamente selezionati, che in apparenza sembrano avere opinioni diverse, ma in realtà esprimono tutti un unico punto di vista, che si vuole far apparire come unica verità. Talvolta è l'assunto di base della conversazione ad essere errato, ma viene acquisito come vero da tutti i partecipanti. Spesso si utilizza la figura dell'"esperto" che è abbastanza persuasiva, rappresentando il mondo della "scienza", che si intende come fonte di verità oggettiva.
L'informazione dei Tg viene falsata in maniera sempre più sottile e manipolatoria. Quando vengono sollevate smentite, soltanto in pochi casi viene reso pubblico. Lo spazio e l'ordine dato ad un'informazione sono molto importanti per valorizzare la notizia o sminuirla. Alcune notizie passano inosservate perché vengono dette per ultime e frettolosamente, mentre ad altre si dedica molto tempo all'inizio del Tg. Si stabilisce quindi una gerarchia in ordine all'importanza e al rilievo che si vuole dare alla notizia. Si privilegiano alcune notizie, altre vengono emarginate e altre ancora occultate.
L'informazione obiettiva è quella contestualizzata, verificata alla fonte e commentata da opinionisti di diverse tendenze. Sentire le opinioni dei politici di entrambi gli schieramenti serve a dare l'idea che si stanno sentendo più punti di vista, ma ciò spesso non è vero, perché la maggior parte dei politici non attua una vera critica al sistema, e si limita a spiegare le divergenze rispetto all'altro schieramento. Il sistema politico-economico attuale è sempre più intoccabile, e coloro che lo criticano appaiono sempre meno in televisione. Nei Tg, le notizie vengono date come fatti isolati dal contesto, per impedire una comprensione approfondita. Si tende ad esagerarne un aspetto, che è sempre quello più emotivo. Lo stesso titolo talvolta è già gran parte della mistificazione, perché da esso si inferisce se si tratta di una cosa giusta o sbagliata, da approvare o da disapprovare. Ad esempio, quando si danno notizie sull'Iran si tende a far apparire questo paese colpevole di qualcosa, e i titoli sono "L'Iran sfida la comunità internazionale", oppure "L'Iran si ostina sul programma nucleare". I paesi indicati dalle autorità Usa come nemici diventano automaticamente nemici anche per le nostre autorità, che li criminalizzano in modo impietoso, evitando di menzionare le continue minacce e la preparazione alla guerra contro l'Iran da parte degli Stati Uniti. Si manipola l'opinione pubblica italiana a pensarla come le autorità americane, e a ritenere che alcuni paesi debbano essere colpiti perché "pericolosi". Non si danno notizie sui numerosi crimini e attentati terroristici attuati dalle autorità Usa nel mondo, se non quando ciò risulta inevitabile. I nostri telegiornali si limitano a parlare di "attentati terroristici" in Iraq, Afghanistan o in altri paesi, senza raccontare la situazione vera. Ad esempio, non parlano mai della resistenza irachena e afghana, anche se ormai molti sanno che questi paesi sono occupati e che la popolazione cerca in tutti i modi di resistere (anche con metodi pacifici) all'invasore.
Difficilmente le notizie su paesi in guerra vengono spiegate in maniera approfondita, fornendo gli antecedenti politici, economici, internazionali, ecc. che possano far capire i fatti e le situazioni attuali. La decontestualizzazione è quindi uno dei modi per disinformare dando l'impressione opposta. Il fatto viene slegato da altri fatti che lo renderebbero più comprensibile. Ad esempio la violenza negli stadi viene slegata dal fenomeno della violenza nei giovani e dalle pressioni mediatiche che incitano alla violenza.
Il tono e il tipo di linguaggio utilizzato influiscono su come l'informazione viene percepita. Il tono può essere dispregiativo, di condanna, oppure enfatico ed entusiasta. Il tono dà un significato positivo o negativo alla notizia. La scelta delle parole è molto importante nel lavoro propagandistico, perché ogni parola è evocativa di significati o di emozioni e quindi deve essere scelta accuratamente per ottenere gli effetti voluti. Ad esempio, per trasmettere un senso di negatività, i gruppi considerati pericolosi per il sistema, come gli ambientalisti, i no-global o i comunisti, vengono definiti come "radicali", "fanatici" o "estremisti". La polizia viene chiamata "forza dell'ordine" anche quando reprime. Coloro che sono repressi vengono chiamati "ribelli" o "giovani estremisti". La violenza di Stato, anche quando uccide brutalmente, viene definita "sicurezza" o "difesa". I violenti sono sempre coloro che protestano contro il sistema e mai le autorità dello Stato, anche quando comandano una dura repressione, com'è accaduto al G8 di Genova.
Anche le immagini utilizzate hanno scopo manipolativo. Le immagini servono a dare un'impronta negativa o positiva a luoghi, situazioni o concetti. Ad esempio, quando si parla di cultura araba si mostrano le donne con il burqa oppure immagini di fanatismo e violenza, per indurre un'associazione negativa.
Un altro mezzo efficace per manipolare l'informazione è l'uso di cifre. Le analisi statistiche sono relative al campione scelto e al modello utilizzato. Le statistiche possono essere utilizzate come un dato inoppugnabile e incontestabile. Ma basta selezionare un determinato campione che possa alterare i risultati, per dare l'informazione che si vuole.
Le notizie sono spiegate dallo stesso punto di vista in tutti i telegiornali. I poteri al vertice del sistema, cioè le banche e le corporation, appaiono sempre più raramente, e soltanto nei casi in cui si annuncia una fusione, l'acquisto di un'azienda o la nomina di un direttore amministrativo. Quando una corporation viene denunciata per gravi reati come l'uccisione di sindacalisti, la schiavizzazione dei bambini o altri crimini contro i diritti umani, non viene quasi mai notificato dai nostri telegiornali.
Fino all'inizio degli anni Ottanta esisteva l'inchiesta televisiva obiettiva, che mostrava la società nella sua verità e complessità. Oggi, invece, la mistificazione mediatica riguarda anche la società stessa. Non appaiono quasi più i lavoratori mentre stanno faticando. Lo spazio dedicato alle proteste sindacali è ridotto al minimo. Alcune manifestazioni di protesta non vengono documentate. Si manipola persino l'immagine della società civile, che deve apparire accondiscendente anche quando non lo è. Non si va mai alla radice delle questioni lavorative o sindacali e non si fa comprendere abbastanza per poter giungere alla soluzione (che richiederebbe cambiamenti al sistema) del problema.
Le notizie sul dissenso alla politica di governo sono pregne di accenti nefasti. Spesso vengono utilizzate categorie stereotipate o etichette per puntare il dito contro chi mette in dubbio l'operato politico del governo.
I telegiornali fanno in modo che gli oppositori appaiano come poche persone che non vogliono la "modernizzazione", il "progresso" oppure come persone emarginate, fanatiche e "antiamericane". Ciò è accaduto nel caso della Tav in Val di Susa e della Base americana a Vicenza. Nei telegiornali si mostravano singole persone intervistate che esprimevano pareri contrapposti, per far capire che c'erano pareri discordanti e occultare che la stragrande maggioranza dei cittadini era contraria alle decisioni di governo. Si vuole nascondere che il potere dei cittadini è continuamente svilito dal sistema. E che quest'ultimo è distante da ciò che la gente vuole. Le questioni che stanno a cuore alla cittadinanza, come l'ambiente, la pace e la libertà di decidere sul proprio territorio, vengono denigrate dall'informazione tendenziosa e manipolatoria dei Tg. Ad esempio, i cittadini della Val di Susa che protestavano venivano mostrati come un gruppo sparuto di persone che avevano paura di avere il "treno che gli passa sotto casa". La verità che si cercava di occultare era che sotto al Musinè c'è l'amianto. Inoltre, nella Val di Susa esiste già una linea ferroviaria Torino-Lione, attualmente sottoutilizzata, in grado di poter reggere il traffico.
Un'altra tecnica, utilizzata dai Tg, per deviare l'attenzione sulla questione del dissenso e per semplificare i fatti (per non far emergere altri aspetti), è di connotare ideologicamente il problema con "destra" e "sinistra". Quando i cittadini si oppongono ad una questione lo fanno per motivi razionali, ma il telegiornale tende a far credere che siano motivi ideologici, oppure irrazionali e non accettabili.
Nelle questioni in cui gli Usa impongono un severo diktat, come nel caso delle truppe in Afghanistan e della base militare a Vicenza, i giornalisti assumono un tono allarmato verso il dissenso. In particolare, nel caso di Vicenza, mettevano in evidenza che anche all'interno della maggioranza c'erano coloro che avversavano la scelta del governo. Il sistema dei due schieramenti è stato creato per impedire un vero esercizio di sovranità. I giornalisti reggono questo gioco e si mostrano stupiti che lo schieramento al potere possa avere persone che ragionano con la propria testa e non eseguono passivamente "l'ordine". I Tg colpevolizzano queste persone facendole sentire responsabili di "indebolire il governo" o di metterne in pericolo la stabilità. Ciò nasconde che i nostri politici non prendono scelte sulla base del benessere dei cittadini, ma per tutelare e rafforzare il sistema stesso. I nostri giornalisti hanno dimenticato che l'essenza della democrazia è proprio il pluralismo. Si sono allineati al sistema in cui tutti gli schieramenti politici sono obbligati ad obbedire ai veri padroni del paese: l'élite economico-finanziaria.
In questi giorni i Tg gridavano "allarme" per la manifestazione di protesta organizzata per il 17 febbraio contro la nuova base militare di Vicenza. Ma in quale democrazia i giornalisti mettono in allarme i cittadini per una manifestazione che esprime la volontà di quasi tutta la cittadinanza?
Il 16 febbraio, annunciando la manifestazione di protesta del giorno successivo, i telegiornali dicevano "si temono violenze", come se chi protesta contro il militarismo è violento. Siamo al paradosso di definire violento chi è contro la guerra e il militarismo, e non chi vuole nuove basi per meglio fare la guerra.
Un modo manipolatorio di dare notizie relative a proteste o a sgomberi violenti è quello di mettere vicina una notizia di criminalità, in modo da indurre l'associazione fra "delinquente" e chi protesta contro il sistema. Il 17 febbraio i telegiornali annunciavano: "Manifestazione di Vicenza... Imponenti misure di sicurezza". Trasmettevano anche un appello di Prodi: "Le manifestazioni sono il sale della democrazia ma siate pacifici". Il tono era quello del buon padre di famiglia, e non traspariva affatto che la realtà era esattamente l'opposto. Cioè coloro che stavano manifestando erano contro la violenza e il bellicismo americano, mentre Prodi era il politico che, lungi dall'avere a cuore il bene dei cittadini, stava sostenendo gli interessi bellici americani contro la volontà della maggior parte dei cittadini di Vicenza. Quindi, si trattava di scelte politiche non democratiche prese dal governo, ma i Tg facevano in modo da creare allarme attorno a coloro che stavano pacificamente, e giustamente, protestando. Qualche telegiornale osava un "Si temono infiltrazioni", ma non spiegava che soltanto il sistema difeso dai politici ha interesse ad infiltrare falsi manifestanti che creino disordine e violenza (com'è accaduto nel G8 di Genova), per poterli far apparire violenti ed estremisti, come cercavano di descriverli i Tg attraverso messaggi allarmanti. Il Tg3 precisava che le forze dell'ordine erano "a difesa del centro storico della città", come se i manifestanti fossero pericolosi e distruttivi. Poi aggiungeva: "c'è anche chi è preoccupato" e si intervistava una persona anziana che appariva confusa per le tante persone arrivate in città. Il porre l'accento sul "pericolo di violenze" serviva anche a distogliere l'attenzione dal valore che la protesta avrebbe avuto sulle scelte del governo, e a nascondere che la volontà dei cittadini non conta nulla di fronte alle imposizioni americane. Non essendoci state violenze, il giornalista del Tg2 ha messo in evidenza uno striscione che definiva di "solidarietà con i terroristi arrestati". Un altro modo per dirottare l'attenzione e per criminalizzare il dissenso.
Impegnati com'erano a colpevolizzare chi protestava contro la nuova base americana, i giornalisti dei Tg hanno omesso la notizia che la nuova base sarà pagata da noi per il 41% delle spese di mantenimento (anche per le altre basi paghiamo parte delle spese).
Chi è contrario alla guerra è diventato un "estremista radicale". Chi denuncia i crimini come la tortura è un "antiamericano". Viene messo sotto processo chi avversa le guerre, e non chi le organizza.
Nello stesso telegiornale (Tg2, ma anche gli altri erano pressoché uguali) del 17 febbraio appariva Prodi in posa accanto al presidente afghano Hamid Karzai, come se quest'ultimo fosse un vero rappresentante politico del popolo afghano e non un personaggio foraggiato da Washington.
Quando i telegiornali notificano gli attentati terroristici in Iraq, in Afghanistan, in Pakistan, in Turchia o in altri paesi, danno soltanto la stima dei morti e il luogo dov'è avvenuto lo scoppio, e non spiegano la situazione del paese. Talvolta menzionano al Qaeda associandola all'attentato, senza indicare le prove a sostegno di ciò.
Le notizie dall'Africa, dall'Asia o dal Sud America arrivano soltanto se c'è un problema che riguarda i nostri connazionali (rapimenti, uccisioni ecc.), oppure quando ci sono le elezioni politiche, che ormai nel nostro sistema sono diventate il simbolo stesso della "democrazia". Come a dire che se non documentassimo le elezioni (che si svolgono ovunque, persino in Iraq e in Afghanistan), non troveremmo altro modo per provare che la "democrazia" esista.
Quelle poche volte che i telegiornali parlano delle guerre in Africa, lo fanno in modo confuso e impreciso, parlando di "conflitti etnici", e senza precisare chi organizza i gruppi in lotta e chi li arma. Non viene detto che nella maggior parte dei casi si tratta dei governi e dei servizi segreti europei e americani, che organizzano le guerre per controllare il territorio e saccheggiarne le risorse.
Le grandi metropoli e periferie del sud Italia appaiono nei Tg nel loro degrado ambientale, appare anche la microcriminalità e la disperazione dei giovani disoccupati. Tutto questo è descritto in modo fatalistico, come se i governi si trovassero impotenti di fronte a questi problemi. Quando a Napoli c'era il problema dei rifiuti, i telegiornali mostravano la città sommersa dalla sporcizia e dall'immondizia, ma non dicevano che questo stava accadendo perché il servizio era stato privatizzato e si impediva ai vecchi impiegati di operare, negando loro i mezzi idonei alla raccolta dei rifiuti. Per avvantaggiare i privati si stava organizzando il servizio diversamente. I cittadini apparivano "colpevoli" di qualcosa, ma in realtà ricevevano le bollette da pagare senza ottenere alcun servizio. Nessun telegiornale trasmise la manifestazione degli operatori ecologici napoletani che protestavano perché non erano messi in grado di lavorare. I cartelli che essi mostravano avrebbero potuto far capire la vera situazione, mentre i telegiornali rendevano impossibile capirla alla radice.
C'è una serie di argomenti "riservati", di cui i telegiornali non parlano. Ad esempio, delle stragi che l'Agip attua in Nigeria, oppure della produzione di armi (ad esempio le cluster bomb), in diverse fabbriche italiane. Armi che vengono esportate in molti paesi, compresi quelli in cui c'è guerra. I Tg non parlano mai di Signoraggio, che è il metodo utilizzato dalle banche per saccheggiare i paesi. Non si parla nemmeno degli statuti delle banche e del sistema bancario della Banca Europea, che ha sottratto all'Italia ben il 38% della finanziaria, impedendo al paese una crescita economica significativa. Sono state tagliate le spese per la scuola e la sanità ed è stata aumentata la pressione fiscale, per pagare le banche e sostenere gli Usa nelle guerre. Quando si è parlato della finanziaria, nonostante lo spazio dedicato a quest'argomento, i telegiornali hanno accuratamente evitato di notificare le ingenti risorse che le banche sottraggono al paese. La trasmissione Ballarò è stata l'unica a rivelare il fatto (ma senza metterlo in evidenza). Un altro argomento tabù è quello delle regole e dell'operato delle istituzioni come il Wto, la Banca mondiale (Bm) e Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi). Nessun telegiornale ha mai spiegato che a causa di queste organizzazioni, negli ultimi venti anni, la miseria e la fame sono aumentate, e che il collasso economico di molti paesi, compresa l'Argentina, è stato causato dalle misure imposte proprio dalla Bm e dal Fmi. Moltissimi altri argomenti non vengono trattati, ad esempio, la situazione di disuguaglianza degli immigrati, le gravi discriminazioni che essi subiscono, le persecuzioni di cittadini africani da parte dei governi fantoccio al soldo degli Usa, i massacri in Somalia, in Etiopia, in Nigeria, ad Haiti e in molti altri luoghi. Un altro argomento tabù è il denaro che lo Stato dà alle grandi aziende, somme spesso molto elevate.
Il telegiornale parla di droga soltanto quando comunica la notizia che le forze dell'ordine sono riuscite a sequestrare quantitativi di stupefacenti. Ma non parla mai delle implicazioni e connivenze delle corporation e dei governi nei commerci internazionali di droga.
Si parla di mafia quando si arresta qualche presunto mafioso o quando avvengono delitti, ma non si spiega cos'è davvero la mafia, e come essa sia in espansione grazie alle liberalizzazioni finanziarie, che hanno spianato la strada al riciclaggio facile.
I minuti di politica interna, nei Tg, si risolvono nelle brevi interviste ad esponenti di destra e sinistra, per mostrare come ci sia una questione, una disputa, e come i duellanti siano decisi e forti. Le differenti opinioni sembrano battute teatrali, in uno scenario sempre più avvilente e assurdo. Le questioni sono trattate sempre in modo marginale e superficiale, anche quando si tratta di questioni serie, come l'invio di soldati in Afghanistan. L'informazione si riduce all'opinione dei politici, la maggior parte dei quali non oserebbe sfidare il sistema nemmeno nelle questioni minime.
Alcune questioni interne non sono divulgate. Ad esempio, nel 2002, il Parlamento, quasi all'unanimità, approvò una legge che permette di abolire il tetto massimo di spesa per il "rimborso ai partiti". I cittadini italiani avevano espresso la loro volontà di non dare denaro pubblico ai partiti, attraverso il referendum del 1993, in cui oltre il 90% degli elettori votò contro. La gente crede che oggi questa volontà venga rispettata e non è stata informata quando, nel 1999 è stata approvata una legge che di fatto reintroduceva il finanziamento pubblico ai partiti chiamandolo "rimborso elettorale". Nel 2002 tutti gli schieramenti, ad eccezione dei radicali, votarono a favore di una nuova legge, la n. 156 del 26 luglio 2002, che titolava "Disposizioni in materia di Rimborsi Elettorali". La legge abbassava il quorum di accesso al rimborso dal 4% all'1% e aboliva il tetto di spesa, permettendo a quasi tutti i partiti di ricevere somme molto alte di denaro pubblico. Ad esempio, Berlusconi ha incassato, l'anno scorso, 41 milioni di euro per Forza Italia, la Margherita ne ha presi 20 milioni, l'Udc 15 milioni, i Ds 35 milioni, An 23 milioni, Rifondazione 10 milioni ecc. Dato l'ingente costo pubblico che ci sarebbe stato, l'approvazione della legge era una questione molto importante per l'opinione pubblica, ma non è stata sottoposta all'attenzione di tutti noi. I Tg non ne hanno nemmeno fatto cenno.
Le questioni spinose, come la malasanità o il costo pubblico di aziende privatizzate (come le ferrovie e le autostrade) vengono trattate come se il problema non fosse risolvibile e senza una sufficiente documentazione. Ad esempio, si parla superficialmente dei tagli alla sanità che stanno causando gravissimi problemi nella gestione delle strutture, oppure dei contratti truffaldini che importanti imprenditori (come Benetton) hanno stipulato con lo Stato. Questi contratti potrebbero essere rescissi se il governo volesse. Molti cittadini se lo aspettavano, dato che in precedenza erano stati duramente criticati dall'attuale maggioranza.
La povertà o la precarietà lavorativa sono diventate nei telegiornali o nelle rubriche di approfondimento una specie di calamità naturale. I poveri ragazzi trentenni vengono intervistati per sapere quanto guadagnano e che tipo di contratto hanno nei call center, nelle fabbriche o addirittura negli uffici pubblici. Si mette in evidenza che queste persone sono spesso laureate e molto preparate, e alcune di esse svolgono funzioni essenziali nel settore pubblico. Ma non si parla delle leggi che permettono il lavoro precario. Di quando sono state approvate e da chi, e di come sono state peggiorate nel tempo.
Poi ci sono i servizi giornalistici che hanno il compito di prepararci ad accettare il peggio. Ad esempio, quelli che ci allarmano sulla "crisi energetica" (per prepararci all'aumento della bolletta), quelli che ci mostrano i giovani delle gang di Londra, o quelli che documentano gli strani fenomeni atmosferici. Anche in questi casi non si va alla radice e non si spiega come è stato creato il problema e da chi. In un servizio del 17 febbraio, il Tg3 informava sull'omicidio di un ragazzo ad opera delle gang giovanili dei sobborghi di Londra. Il giornalista diceva: "Il problema sono le condizioni sociali... le famiglie non sono in grado, a causa della povertà, di fronteggiare il problema, allora c'è l'alcol, la droga o le armi da fuoco". Nessun cenno alla situazione politico-economica, e al bombardamento mediatico che esalta sempre più la violenza.
Anche l'allarme Sars rientrava nelle notizie che avevano l'obiettivo di preoccupare. Per alcuni mesi siamo stati bombardati da notizie allarmanti su presunti casi di questa malattia. Quello che non si diceva era che la Sars è nata da un esperimento avvenuto nell'aprile del 2003 a Toronto, ad opera di associazioni governative statunitensi e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, sostenuti finanziariamente dalla famiglia Rockefeller, dalla Carnegie Foundation, e da importanti produttori di farmaci. L'obiettivo era quello di ridurre la popolazione e far acquistare nuovi farmaci, come spiega il Dott. Leonard Horowitz:
La SARS e l'attuale timore per l'influenza aviaria ricevono l'approvazione dei capitani delle industrie militar-medico-farmaceutico-petrolchimiche, che parimenti in molti casi documentati operano al di sopra delle leggi... consideriamo il fatto che il flusso delle informazioni date dai mezzi di comunicazione di massa è stato pesantemente influenzato, se non interamente controllato, dai garanti delle imprese multinazionali, che hanno protetto e fatto avanzare gli interessi di un gruppo relativamente ristretto di imprese globali... Avendo testimoniato di fronte al Congresso USA, ho personalmente verificato come le prime donne dell'industria farmaceutica dirigono dal punto di vista economico e politico i nostri rappresentanti al governo. Le malattie che stanno emergendo sono di complemento alla politica della "Guerra contro il Terrorismo" e alla nostra cultura influenzata dal bioterrorismo. Questa agenda serve per due obiettivi principali: il profitto e la riduzione della popolazione. Realtà politica contro i miti mass-mediologici.
Quando è emerso che l'allarme aviaria in Europa aveva lo scopo di indurre ad acquistare il farmaco Tamiflu, e che la sicurezza e l'efficacia del farmaco non erano mai state provate, le notizie allarmanti sono sparite. In questi ultimi giorni stanno ritornando altre notizie sulla variante H5N1 dell'aviaria. Probabilmente è stato prodotto un nuovo farmaco.
Nei nostri Tg, dopo pochi minuti di notizie di politica interna ed estera, arriva la parte più lunga della cronaca e dell'attualità. La scelta spesso cade su notizie riguardanti nuovi prodotti per la calvizie, la bellezza o tecnologici. Giuseppe Altamore, nel suo libro I padroni delle notizie, spiega che sempre più spesso i giornalisti televisivi presentano pubbliredazionali come fossero semplici notizie. Si tratta di presentare in modo enfatico prodotti che vanno dal nuovo tipo di telefonino a nuovi cosmetici, capi di abbigliamento e addirittura farmaci. Dopo l'impiccagione di Saddam, il Tg2 annunciò la creazione negli Stati Uniti di un nuovo giocattolo: il pupazzo Saddam corredato da cappio. Il giornalista si curò di precisare anche il prezzo e la possibilità di acquistarlo via Internet.
La cronaca rosa ha il suo spazio nei Tg, sempre più ampio: matrimoni o divorzi fra vip, se Madonna adotta un nuovo bimbo, oppure se un'attrice si è gonfiata di silicone o si droga. I servizi sulla moda, sull'elezione di Miss Italia o di Miss Universo non mancano. Talvolta i Tg riempiono spazio raccontando la storia di un animale o spiegando l'esecuzione di una ricetta. Viene documentato persino il "Raduno internazionale delle Mongolfiere", e ci informano anche sugli ultimi modelli dei vestitini per cani e gatti. Si tratta di modi per confondere su ciò che dovrebbe essere veramente la comunicazione giornalistica, che negli ultimi venti anni è stata declassata e fuorviata nel modo stesso di intenderla.
L'informazione dei Tg segue ormai il "pensiero unico" e anche la regia è unica. Si tratta delle grandi agenzie di propaganda americane, come la Heritage Foundation , l'American Enterprise Institute e il Manhattan Institute. Le agenzie di propaganda americane provvedono affinché l'opinione pubblica subisca pesanti manipolazioni, che rendano difficile una vera consapevolezza di quello che sta accadendo nel mondo di oggi. Per riuscire a capire occorre utilizzare Internet e leggere le notizie dal mondo. E' una cosa che soltanto pochi si possono permettere di fare; e di solito non si tratta di anziani, casalinghe o persone che lavorano per molte ore al giorno, e che non hanno tempo materiale di informarsi se non attraverso la Tv. Per queste persone c'è soltanto quell'infomazione "emotiva" e distorta che serve a renderli docili e incapaci di difendere i propri diritti. Come osserva Sartori: "Sostenere che la cittadinanza dell'era elettronica è caratterizzata dalla possibilità di accedere a infinite informazioni... sarebbe come dire che la cittadinanza nel capitalismo consente a tutti di diventare capitalisti… È vero che un'immagine può valere più di mille parole. Ma è ancor più vero che un milione di immagini non danno un solo concetto".[3]
I telegiornali sono ormai rotocalchi di una realtà che non è quella in cui viviamo. Sono sempre più orientati allo spettacolo, all'appiattimento e alla banalità. Come in un circo, ognuno fa il suo numero, con l'obiettivo di emozionare, catturare l'attenzione, intrattenere e persino fare divertire. Mentre gli eventi occultati diventano sempre più inaccettabili: quei due terzi del mondo ridotti in estrema miseria, quei milioni di bambini che per mangiare devono cercare nella spazzatura, le nostre regioni soggette al potere mafioso implacabile e crudele, le guerre contro i popoli, le dure persecuzioni contro chi lotta per la giustizia e i diritti umani...
Finché il potere mediatico sarà quasi completamente nelle mani di chi vuole un sistema politico-economico basato sulla legge del più forte e sul controllo dei popoli, è ingenuo credere che le risorse umane, spirituali e culturali degli individui stiano ricevendo impulso alla loro libera realizzazione. Le sottili tecniche di coercizione, di diseducazione e di appiattimento culturale sono dirette contro ognuno di noi, come un ulteriore affronto alle nostre menti e alla nostra dignità di cittadini.

Antonella Randazzo

19 febbraio 2007

Berlusconi, la storia non dimentica


Ricorre il 15° anniversario dell'arresto di Mario Chiesa, che diede il
via all'indagine Mani Pulite. Per l'occasione, vengono riesumate su giornali
e tv tutte le bugie e i luoghi comuni inventati nell'ultimo decennio per la
campagna revisionista craxian-berlusconiana, che ha trovato tante sponde anche a sinistra.
La persecuzione politica. "Appena sono sceso in politica, hanno
cominciato a fischiare i proiettili delle procure eccellenti per rovesciare
il mio governo" (Berlusconi, 16-4-1998). Ma è vero il contrario: prima
nascono le inchieste sulla Fininvest, poi (e forse proprio per questo)
Berlusconi "scende in campo" politico. La prima indagine sul Berlusconi
imprenditore, per traffico di droga, fu aperta dalla Guardia di Finanza a
Milano nel lontano 1983 e poi archiviata. Nel 1989 Berlusconi viene
processato a Venezia per falsa testimonianza sulla loggia P2: nel 1990 la
sezione istruttoria della Corte d'Appello ritiene il reato dimostrato, ma
estinto per l'amnistia appena varata dal Parlamento. Le prime indagini del
pool Mani Pulite in casa Fininvest risalgono al '92, quando analoghi
accertamenti investivano tutti i gruppi imprenditoriali di livello
nazionale, e quando nessuno sospettava che, di lì a due anni, Berlusconi
sarebbe entrato in politica. Risale ad allora, cioè ai primordi di Mani
Pulite, il primo rapporto del Secit sulle irregolarità fiscali di
Publitalia. Il 26 giugno '92 il pool fa arrestare Aldo Brancher, braccio
destro di Confalonieri, per 300 milioni versati al ministro De Lorenzo.
Vengono anche accertati finanziamenti al segretario del Psdi Antonio
Cariglia. Il 23 novembre '92 viene indagato Paolo Berlusconi per tangenti
sulle discariche e subito dopo, a Roma, per i "palazzi d'oro". Il 4 novembre
'93 il pm romano Maria Cordova chiede l'arresto di Gianni Letta e Adriano
Galliani per presunte tangenti sul piano delle frequenze tv collegato alla
legge Mammì. A Milano viene arrestato un altro manager del gruppo, Sergio
Roncucci. Emergono mazzette Fininvest per discariche e campi da golf,
palazzi venduti a enti previdenziali e così via. Finiscono sotto inchiesta
anche una dozzina di manager del Biscione, tra cui Confalonieri, Foscale,
Dell'Utri. Nel settembre '93 il pm Tiziana Parenti indaga sulle strane
manovre della Fininvest per impedire, nel 1986, la pubblicazione della
biografia non autorizzata di Berlusconi dagli Editori Riuniti. Il 9
settembre 1993 i giornali annunciano che la Parenti sentirà presto
Berlusconi. Ma non farà in tempo. Sarà Berlusconi a convocarla: per
candidarla in Forza Italia.

La realtà, dunque, è il contrario della vulgata berlusconiana: all'inizio
del '94 il Cavaliere, sentendo stringersi intorno a sé il cerchio delle
inchieste, si butta in politica. Lo confida lui stesso a Montanelli e Biagi:
"Se non entro in politica, finisco in galera e fallisco per debiti". Le
indagini sono una causa, non un effetto della discesa in campo. Lo afferma
esplicitamente il gup di Brescia Carlo Bianchetti il 15 maggio 2001:
"Risulta dall'esame degli atti che, contrariamente a quanto si desume dalle
prospettazioni del denunciante (Berlusconi, nda), le iniziative
giudiziarie... avevano preceduto e non seguito la decisione di "scendere in
campo"... La Procura di Milano aveva già avviato numerosi procedimenti per
fatti concernenti lui e/o le sue aziende, compiendo tra il 27 febbraio '92 e
il 20 luglio '93 ben 25 accessi presso le diverse sedi Fininvest e
Publitalia... si può affermare che l'impegno politico del denunciante e le
indagini ai suoi danni non si pongono tra loro in rapporto di causa-effetto;
la prosecuzione di indagini già iniziate, e l'avvio di ulteriori indagini
collegate, in nessun modo possono connotarsi come attività giudiziaria
originata dalla volontà di sanzionare il sopravvenuto impegno politico
dell'indagato e a tal fine diretta".

L'accanimento anti-Fininvest. «C'è un accanimento spietato che si sta
producendo nei confronti di un solo gruppo industriale. Un accanimento che
non è casuale. I magistrati stanno facendo politica» (Berlusconi,
4-10-1994). In realtà tutti i grandi gruppi sono stati coinvolti da
indagini, arresti, perquisizioni, processi negli anni di Mani Pulite: dalla
Fiat alla Ferruzzi, da Ligresti a De Benedetti, da Lodigiani alle coop
rosse, da Iri a Eni. Berlusconi, semmai, fa eccezione perché è uno dei pochi
capitani d'industria a non esser mai stato arrestato.

La storia non dimentica, i fatti adesso sono passati ma non sono stai dimenticati.
Almeno chi non vuol ricordare, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

16 febbraio 2007

Qualcuno ruba(?) e, ... siamo d'accordo!



Martedì 30 gennaio, per bocca del ministro della Difesa Arturo Parisi, il governo ha assicurato che l'allargamento della base Usa di Vicenza rispetterà le esigenze locali e che le attività operative saranno in linea con gli accordi bilaterali Usa-Italia. Nello stesso giorno, le cronache regionali riferivano invece della denuncia pubblica del sindaco di Susegana (TV), Gianni Montesel, riguardante la scoperta di un oleodotto sotterraneo esistente - pare da decenni - tra le basi Usa di Aviano e Vicenza. La presenza segreta di tale oleodotto, di cui i contadini locali erano peraltro da tempo a conoscenza, era diventata non più occultabile dopo gli scavi per la bonifica di un vecchio ordigno bellico adiacente alla tubazione; secondo le fonti ufficiali serviva per trasportare cherosene additivato utilizzato dagli aerei in partenza dalla base Usaf di Aviano, ma ora, mentre viene ipotizzato un incremento della struttura in relazione al progetto per la nuova base Usa a Vicenza, molti sospetti prendono corpo.

Innanzi tutto, torna alla mente un'interrogazione parlamentare della deputata Deiana (Prc) del 2004 in cui già si era parlato di questo oleodotto collegato anche ad un deposito di carburante dell'Aeronautica militare italiana, sito nei pressi di Vezzano (La Spezia). Da questa interrogazione si può apprendere che i carburanti speciali arrivano al terminai marittimo spezzino via mare e vengono da li pompati per raggiungere i grossi serbatoi interrati che si trovano sotto la collina di Vezzano da dove il carburante, con un oleodotto, viene appunto fatto arrivare sino alla base di Aviano.

Ma un altro recente riferimento appare interessante. Lo scorso 29 novembre, commentando una notizia della Cnn riguardante un attacco della guerriglia irachena agli impianti petroliferi, su un sito professionale d'informazione si poteva leggere il seguente commento: "Ma in Iraq il petrolio è anche oggetto di continui furti, che non si sa più come fermare. Addirittura ci sono interi porti clandestini, nei dintorni di Bassora, dove avviene tranquillamente smercio e commercio (nessuno li vede, coi satelliti? Mah). Il traffico avviene, oltre che con i furti, anche con l'acquisto di benzina a prezzi calmierati per rivenderla a Paesi esteri".

Ora, poiché sappiamo bene chi controlla l'Iraq, qualche ipotesi possiamo anche avanzarla: il territorio italiano, da Nord a Sud, è disseminato di basi Usa e Nato, piccole o grandi. Chi paga tutto questo? Secondo le regole del colonialismo, l'occupazione è finanziata dallo stesso Paese occupato, ma solo in minima parte ciò avviene in modo ufficiale, attraverso tasse. A suggerire qualche risposta soccorre il dato secondo cui i container che sbarcano soltanto nel porto della base Nato di Napoli, sono circa cinquemila all'anno. Ufficialmente contengono "materiale militare", ma sotto questa sigla può passare ogni genere di merce illegale clandestina, grazie ai privilegi di extraterritorialità assicurati dai trattati alle basi Usa e Nato.

In occasione dello scandalo del contrabbando di petrolio del 1980, in cui risultarono coinvolti anche alti gradi della Guardia di Finanza nonché personaggi legati alla loggia affaristico-militare P2, attraverso il controllo delle bolle di accompagnamento che dovevano seguire il petrolio durante il trasporto, fu possibile individuare a Vicenza uno dei principali depositi clandestini di petrolio. Allora non emerse alcun elemento che coinvolgesse direttamente la caserma Ederle, ma certo la coincidenza oggi fa pensare. D'altra parte, attualmente un analogo traffico rimarrebbe sommerso in quanto non vi sono più le norme legislative che consentivano di scoprire un simile contrabbando.

Vediamo solo la punta dell'iceberg, ma è già abbastanza.