08 aprile 2008

Botta e risposta tra il vecchio e il nuovo


In questo botta e risposta tra un giovane laureato ed un eurodeputato c'è la sintesi del momento politico e culturale attuale. Mentre si inneggia a veline e gdf si distrugge il futuro cambiando le regole in corso d'opera. Una scelta difficilissima e pericolosa. Ma per chi?

Gentilissimo Sig. Chiesa,
chi le scrive è un ragazzo di 27 anni, laureato in Giurisprudenza da 2, in attesa di occupazione. Non è, o spero che non sia, la lettera di un poveretto che cerca qualunque strumento, e qualunque interlocutore, per sfogare le proprie frustrazioni e le proprie disillusioni. E a dimostrazione di ciò c'è il fatto che scrivo a lei piuttosto che a gente che è, istituzionalmente, politicamente o economicamente più importante di lei (di questi tempi vanno di moda le lettere al presidente della Repubblica). Certo è che il mio è stato un percorso di presa di coscienza che, inesorabilmente e profondamente, si può affermare essere stato un cammino verso il baratro dei più inimmaginabili e atroci degli svelamenti dei veli di Maya.

Immagini un ragazzo a cui, da sempre, hanno detto che, attraverso lo studio e l'impegno, avrebbe trovato, se non la ricchezza e il successo sociale, quantomeno la serenità e la soddisfazione professionale, da cui, peraltro, ne derivano molte altre, se non tutte le altre. Provi a immaginare un ragazzo che vive nel chiuso di una vita universitaria, in una piccola e graziosa città del Centro Italia, tra svaghi, divertimenti, confronti con amici e conoscenti, il tutto nell'impegno quotidiano dello studio. E immagini ora che questa persona, una volta uscita dal limbo dell'università (per molti, forse per tutti, il periodo aureo, quello che si ricorda con più piacere e struggimento) si trovi buttata nel mondo, quel mondo a cui, certo colpevolmente, non aveva dato importanza alcuna, sapendo che prima o poi l'avrebbe fatto.

Non è, o non è solo, il disagio di chi vede la propria Laurea, frutto di sacrifici quanto di mitizzazioni sopratutto altrui, rivelarsi un fardello, una sorta di macigno che ti schiaccia nell'incredulità di chi credeva che essa avrebbe portato, se non, ripeto, la ricchezza, quantomeno un posto di lavoro sicuro. Non è solo questo: è iniziare a vedere che la povertà si diffonde come una piaga strisciante, dovunque, e che nessuno ammette del tutto apertamente. E' una povertà strana, è una povertà di chi riesce a mangiare 3 volte al giorno o anche più, di chi ha un telefonino e un televisore. Non è la povertà a cui la storia ci ha abituato. Ma è povertà, e sopratutto, può peggiorare.

E' vedere, per la prima vera volta, che tutto il progresso, tutta la ricchezza che abbiamo creato come popolo, come civiltà dopo decenni di fatiche e sacrifici, non basta: non basta nemmeno a dare un lavoro dignitoso. Come è possibile che il progresso, questo mito razional-capitalista ( ma anche socialista), non è in grado di assicurare alla gente nemmeno più il minimo indispensabile per vivere, laureato o no che tu sia? Com'è possibile che il progresso, il potenziamento esponenziale delle capacità produttive dei fattori economici, renda ancora la gente così schiava di lavori che impegnano l'intera giornata, lavori che spesso sono pagati in maniera indecorosa? E come mai, nonostante la produttività accresciuta, si parla di crisi, di stagnazione? Ma ancora, ancora non è solo questo: pian piano ci si rende conto che questo progresso, questo mito a cui anche il più acerrimo degli iscritti al PCI ha creduto (es. mio padre), ha portato, a conti fatti, cementificazione folle (è sconcertante la devastazione dei paesaggi, basta farsi un viaggio in treno), alla distruzione di fauna e flora, inquinamento delle acque, prosciugamento di fiumi e laghi, erosione delle coste e quant'altro.

E tutto questo per cosa? Per vivere in gabbie di cemento, ognuno isolato dall'altro, senza più quel margine di solidarietà che almeno univa i deboli? per cosa, per vedere la televisione propagandare modelli di benessere inarrivabili? Per passare ore in automobile imprecando contro il conducente maleducato? Per andare a farsi le lampade con i neon dei centri commerciali, per NON comprare cose che NON ci servono? Per andare via dalle proprie terre, a migliaia di chilometri, per lavorare in città che spesso non ci piacciono, sradicando intere famiglie, interi tessuti, intere VITE vissute? Io ho riflettuto su tutto questo e ne ho cercato, disperatamente, le ragioni.

Non sono tanto preoccupato per me: sento di avere risorse, e me la caverò; a maggio parto per

Dublino, per fare esperienze e migliorare l'inglese; poi chissà,sono disposto ad andare dovunque pur di non essere sfruttato e mal pagato. Ma quello su cui mi interrogo è il perchè di tutto questo. E di perchè ce ne sono tanti: la globalizzazione selvaggia, il dominio delle corporazioni, l'impiantamento di modelli di vita che non sono nè sostenibili nè autentici, il potere bancario.

Ammetto di essere rimasto molto, molto sorpreso, di aver sentito, in una sua conferenza immortalata su youtube, parlare, anche se indirettamente, del signoraggio. E', forse, l'unica persona 'famosa', o comunque istituzionalmente significativa, che ha parlato del fenomeno del signoraggio, a che io sappia. Lei ha giustamente rilevato come, di fatto, i governi nulla possono; perchè parte, o gran parte, del potere di intervento su una economia è detenuto, ILLEGALMENTE, dalle banche centrali (da noi dunque la BCE). Io credo di aver compreso che molti dei mali del mondo siano ascrivibili al signoraggio: questo perchè, ad esempio, gli USA sono schiavi del debito pubblico; uno schiavo deve fare qualsiasi cosa voglia il padrone: e se è uno schiavo forzuto, come gli USA, può uccidere., può seminare orrore e morte come fa da 50 anni. Ma la mia non è retorica anti americana: gli stessi americani sono vittime inconsapevoli di questo meccanismo mostruoso e letale, che sta mettendo in pericolo la nostra intera civiltà. Una civiltà che sta affogando in un mare di debiti che non potrà mai pagare.

Ora, tutto questo per chiederle una semplice cosa. Io sono da sempre stato di sinistra, ma non ho certo intenzione di assoggettarmi al ricatto veltroniano del voto utile. D'altronde, a conti fatti, destra e sinistra negli ultimi non hanno assunto politiche tanto diverse. Io voglio però sapere questo: che senso ha la politica oggi, se essa non può appropriarsi della sovranità monetaria? Ponendo il caso che la sinistra arcobaleno riesca ad avere la maggioranza (caso scolastico), cosa potrebbe mai fare, quali interventi potrebbe mai fare, essa o qualunque altra forza politica anche se teoricamente progressista, se non ha in mano le redini di una banca centrale? E' per questo che le chiedo che senso ha, ad esempio, votare la sinistra arcobaleno; per questo le chiedo che senso ha votare Lei, con tutto il rispetto e l'ammirazione che provo.

Per la prima volta credo di non andare a votare: non Le chiedo di farmi cambiare idea; le chiedo di dirmi quello che sente di dirmi, come un padre a un figlio. E' una domanda di una persona smarrita, che ha visto tutte, o molte, convinzioni crollare addosso a sè, sgomento. E' una domanda che giunge dal cuore, a una persona che stimo e rispetto profondamente, più di chiunque altro in Italia. Perdoni la prolissità. Con affetto
Dario Leggiero.

Caro Dario,
prima di tutto vorrei la tua approvazione alla pubblicazione. Della tua lettera e della mia risposta. Che ti mando comunque, ma che - soprattutto la tua lettera - merita di essere letta non solo da me. La tua descrizione, infatti, è "universale", nel senso molto preciso che contiene criteri che valgono per tutti e esperienze che moltissimi provano, ed è la puntuale caratterizzazione del momento critico che tutti attraversiamo.

Sì, siamo tutti smarriti. E la ragione mi è chiara: perchè non abbiamo più un criterio d'interpretazione della realtà che ci circonda. La sinistra, anche quella Arcobaleno, ha accettato la "narrazione" del mondo del capitalismo in espansione globale, del Prodotto Interno Lordo, dello sviluppo. Il cui risultato è quello che descrivi.

Dentro questa narrazione non c'è spazio che per una ritirata complessiva. Per vedere cosa fare bisogna "uscire" da essa, guardarla dall'esterno. Solo così si può, prima di tutto, vederne la caducità. E poi trovare i modi per combatterla.

Marx fu cruciale non solo per la sua grandezza intellettuale e scientifica, ma perchè seppe dare un'interpretazione del mondo, individuò il punto di rottura della formazione sociale capitalistica e le cause intrinseche della fine di quel sistema. Sbagliò in alcuni punti essenziali (non vide, per esempio, che la quantità di plusvalore che il capitalismo era in grado di produrre sarebbe stata sufficiente per permettergli di sopravvivere molto più a lungo di quanto non apparisse guardando la sua crisi solo dal punto di vista sociale). Ma è un discorso troppo lungo qui. Qui l'essenziale è capire dove sta la via d'uscita. E essa sta nel dato, irrevocabile, che il capitalismo globale è arrivato al suo limite, cioè si sta ormai scontrando con l'impossibilità dell'ulteriore sviluppo geometrico della crescita. Impossibilità che si può esprimere con questa formula semplicissima, molto più attinente alla fisica che non all'economia: "non si può realizzare uno sviluppo infinito all'interno di un sistema finito di risorse".

Questo è il punto di avvio di una nuova riflessione teorica, che sta appena cominciando e che sarà il nucleo concettuale di una nuova opposizione allo stato effettuale delle cose, che io concepisco non come un nuovo partito di sinistra, ma come un movimento di popolo "per il Bene Comune". Come voti adesso è importante (io voterò per l'Arcobaleno, anche se so che queste idee là dentro non ci sono ancora, anzi sono molto più fuori che dentro quel contenitore)), ma più importante è cosa possiamo fare insieme "dopo" il 15 aprile.

Sarà una battaglia tremenda, perchè i sostenitori dell'attuale stato di cose sono assolutamente incapaci di rispondere in termini di attenuazione delle tensioni e delle turbolenze che sono già cominciate (esplicitate dall'11 settembre). Non possono più farlo. Eserciteranno dunque una repressione violenta. Tanto più violenta quanto più apparirà evidente che i limiti dello sviluppo diventeranno catastrofici. Dunque bisogna costruire un movimento organizzato, grande, per resistere. E, prima di tutto, costruire una nuova "narrazione", che corrisponda alla crisi epocale verso la quale stiamo andando. Una teoria per una transizione pacifica verso una trasformazione radicale del modo di vivere di sei miliardi di persone.

Non spaventarti. Una volta compreso esso diventa reale, cioè teoricamente affrontabile e risolvibile. Il compito è immenso ed è tuo, è vostro. Noi, della generazione passata, cominciamo appena a capire. Voi ci dovrete vivere dentro, a questa transizione. E' indispensabile che sappiate governarla, pima che i folli che ci hanno portato a questo punto possano tentare di risolverla con la guerra e la repressione generalizzata.

Vedi, è l'intero sistema economico, sociale, organizzativo, che sarà messo in discussione. L'indipendenza delle Banche centrali, che oggi è un dogma, contestare il quale significa essere definiti terroristi, non è che uno dei meccanismi con i quali il denaro (i suoi proprietari) ha imposto le sue leggi schiaviste alla società intera. Non è "illegale", come tu scrivi, semplicemente perchè loro l'hanno legalizzato, con le loro leggi. la banca d'Inghilterra è divenuta "indipendente" dal potere politico (cioè dal potere della democrazia) solo nel 1997. In Italia è avvenuto prima, negli USA molto prima. E come è avvenuto può anche essere rovesciato. Ma per porre queste questioni all'ordine del giorno della lotta politica occorre un grande movimento organizzato, che porti queste questioni sui tavoli del parlamento, del sindacato, della società civile in tutte le sue forme. Cioè occorre che queste cose siano comprese da molti. Per questo occorre cambiare democraticamente l'informazione e la comunicazione. Ecco perchè considero questa la battaglia centrale, quella dove si vincerà o si perderà ogni scontro successivo.

Stai in contatto con noi , partecipa a questa impresa. Lo puoi fare dovunque tu sia. Almeno fino a che non spegneranno la luce.
Cordiali saluti
Giulietto Chiesa

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08 aprile 2008

Botta e risposta tra il vecchio e il nuovo


In questo botta e risposta tra un giovane laureato ed un eurodeputato c'è la sintesi del momento politico e culturale attuale. Mentre si inneggia a veline e gdf si distrugge il futuro cambiando le regole in corso d'opera. Una scelta difficilissima e pericolosa. Ma per chi?

Gentilissimo Sig. Chiesa,
chi le scrive è un ragazzo di 27 anni, laureato in Giurisprudenza da 2, in attesa di occupazione. Non è, o spero che non sia, la lettera di un poveretto che cerca qualunque strumento, e qualunque interlocutore, per sfogare le proprie frustrazioni e le proprie disillusioni. E a dimostrazione di ciò c'è il fatto che scrivo a lei piuttosto che a gente che è, istituzionalmente, politicamente o economicamente più importante di lei (di questi tempi vanno di moda le lettere al presidente della Repubblica). Certo è che il mio è stato un percorso di presa di coscienza che, inesorabilmente e profondamente, si può affermare essere stato un cammino verso il baratro dei più inimmaginabili e atroci degli svelamenti dei veli di Maya.

Immagini un ragazzo a cui, da sempre, hanno detto che, attraverso lo studio e l'impegno, avrebbe trovato, se non la ricchezza e il successo sociale, quantomeno la serenità e la soddisfazione professionale, da cui, peraltro, ne derivano molte altre, se non tutte le altre. Provi a immaginare un ragazzo che vive nel chiuso di una vita universitaria, in una piccola e graziosa città del Centro Italia, tra svaghi, divertimenti, confronti con amici e conoscenti, il tutto nell'impegno quotidiano dello studio. E immagini ora che questa persona, una volta uscita dal limbo dell'università (per molti, forse per tutti, il periodo aureo, quello che si ricorda con più piacere e struggimento) si trovi buttata nel mondo, quel mondo a cui, certo colpevolmente, non aveva dato importanza alcuna, sapendo che prima o poi l'avrebbe fatto.

Non è, o non è solo, il disagio di chi vede la propria Laurea, frutto di sacrifici quanto di mitizzazioni sopratutto altrui, rivelarsi un fardello, una sorta di macigno che ti schiaccia nell'incredulità di chi credeva che essa avrebbe portato, se non, ripeto, la ricchezza, quantomeno un posto di lavoro sicuro. Non è solo questo: è iniziare a vedere che la povertà si diffonde come una piaga strisciante, dovunque, e che nessuno ammette del tutto apertamente. E' una povertà strana, è una povertà di chi riesce a mangiare 3 volte al giorno o anche più, di chi ha un telefonino e un televisore. Non è la povertà a cui la storia ci ha abituato. Ma è povertà, e sopratutto, può peggiorare.

E' vedere, per la prima vera volta, che tutto il progresso, tutta la ricchezza che abbiamo creato come popolo, come civiltà dopo decenni di fatiche e sacrifici, non basta: non basta nemmeno a dare un lavoro dignitoso. Come è possibile che il progresso, questo mito razional-capitalista ( ma anche socialista), non è in grado di assicurare alla gente nemmeno più il minimo indispensabile per vivere, laureato o no che tu sia? Com'è possibile che il progresso, il potenziamento esponenziale delle capacità produttive dei fattori economici, renda ancora la gente così schiava di lavori che impegnano l'intera giornata, lavori che spesso sono pagati in maniera indecorosa? E come mai, nonostante la produttività accresciuta, si parla di crisi, di stagnazione? Ma ancora, ancora non è solo questo: pian piano ci si rende conto che questo progresso, questo mito a cui anche il più acerrimo degli iscritti al PCI ha creduto (es. mio padre), ha portato, a conti fatti, cementificazione folle (è sconcertante la devastazione dei paesaggi, basta farsi un viaggio in treno), alla distruzione di fauna e flora, inquinamento delle acque, prosciugamento di fiumi e laghi, erosione delle coste e quant'altro.

E tutto questo per cosa? Per vivere in gabbie di cemento, ognuno isolato dall'altro, senza più quel margine di solidarietà che almeno univa i deboli? per cosa, per vedere la televisione propagandare modelli di benessere inarrivabili? Per passare ore in automobile imprecando contro il conducente maleducato? Per andare a farsi le lampade con i neon dei centri commerciali, per NON comprare cose che NON ci servono? Per andare via dalle proprie terre, a migliaia di chilometri, per lavorare in città che spesso non ci piacciono, sradicando intere famiglie, interi tessuti, intere VITE vissute? Io ho riflettuto su tutto questo e ne ho cercato, disperatamente, le ragioni.

Non sono tanto preoccupato per me: sento di avere risorse, e me la caverò; a maggio parto per

Dublino, per fare esperienze e migliorare l'inglese; poi chissà,sono disposto ad andare dovunque pur di non essere sfruttato e mal pagato. Ma quello su cui mi interrogo è il perchè di tutto questo. E di perchè ce ne sono tanti: la globalizzazione selvaggia, il dominio delle corporazioni, l'impiantamento di modelli di vita che non sono nè sostenibili nè autentici, il potere bancario.

Ammetto di essere rimasto molto, molto sorpreso, di aver sentito, in una sua conferenza immortalata su youtube, parlare, anche se indirettamente, del signoraggio. E', forse, l'unica persona 'famosa', o comunque istituzionalmente significativa, che ha parlato del fenomeno del signoraggio, a che io sappia. Lei ha giustamente rilevato come, di fatto, i governi nulla possono; perchè parte, o gran parte, del potere di intervento su una economia è detenuto, ILLEGALMENTE, dalle banche centrali (da noi dunque la BCE). Io credo di aver compreso che molti dei mali del mondo siano ascrivibili al signoraggio: questo perchè, ad esempio, gli USA sono schiavi del debito pubblico; uno schiavo deve fare qualsiasi cosa voglia il padrone: e se è uno schiavo forzuto, come gli USA, può uccidere., può seminare orrore e morte come fa da 50 anni. Ma la mia non è retorica anti americana: gli stessi americani sono vittime inconsapevoli di questo meccanismo mostruoso e letale, che sta mettendo in pericolo la nostra intera civiltà. Una civiltà che sta affogando in un mare di debiti che non potrà mai pagare.

Ora, tutto questo per chiederle una semplice cosa. Io sono da sempre stato di sinistra, ma non ho certo intenzione di assoggettarmi al ricatto veltroniano del voto utile. D'altronde, a conti fatti, destra e sinistra negli ultimi non hanno assunto politiche tanto diverse. Io voglio però sapere questo: che senso ha la politica oggi, se essa non può appropriarsi della sovranità monetaria? Ponendo il caso che la sinistra arcobaleno riesca ad avere la maggioranza (caso scolastico), cosa potrebbe mai fare, quali interventi potrebbe mai fare, essa o qualunque altra forza politica anche se teoricamente progressista, se non ha in mano le redini di una banca centrale? E' per questo che le chiedo che senso ha, ad esempio, votare la sinistra arcobaleno; per questo le chiedo che senso ha votare Lei, con tutto il rispetto e l'ammirazione che provo.

Per la prima volta credo di non andare a votare: non Le chiedo di farmi cambiare idea; le chiedo di dirmi quello che sente di dirmi, come un padre a un figlio. E' una domanda di una persona smarrita, che ha visto tutte, o molte, convinzioni crollare addosso a sè, sgomento. E' una domanda che giunge dal cuore, a una persona che stimo e rispetto profondamente, più di chiunque altro in Italia. Perdoni la prolissità. Con affetto
Dario Leggiero.

Caro Dario,
prima di tutto vorrei la tua approvazione alla pubblicazione. Della tua lettera e della mia risposta. Che ti mando comunque, ma che - soprattutto la tua lettera - merita di essere letta non solo da me. La tua descrizione, infatti, è "universale", nel senso molto preciso che contiene criteri che valgono per tutti e esperienze che moltissimi provano, ed è la puntuale caratterizzazione del momento critico che tutti attraversiamo.

Sì, siamo tutti smarriti. E la ragione mi è chiara: perchè non abbiamo più un criterio d'interpretazione della realtà che ci circonda. La sinistra, anche quella Arcobaleno, ha accettato la "narrazione" del mondo del capitalismo in espansione globale, del Prodotto Interno Lordo, dello sviluppo. Il cui risultato è quello che descrivi.

Dentro questa narrazione non c'è spazio che per una ritirata complessiva. Per vedere cosa fare bisogna "uscire" da essa, guardarla dall'esterno. Solo così si può, prima di tutto, vederne la caducità. E poi trovare i modi per combatterla.

Marx fu cruciale non solo per la sua grandezza intellettuale e scientifica, ma perchè seppe dare un'interpretazione del mondo, individuò il punto di rottura della formazione sociale capitalistica e le cause intrinseche della fine di quel sistema. Sbagliò in alcuni punti essenziali (non vide, per esempio, che la quantità di plusvalore che il capitalismo era in grado di produrre sarebbe stata sufficiente per permettergli di sopravvivere molto più a lungo di quanto non apparisse guardando la sua crisi solo dal punto di vista sociale). Ma è un discorso troppo lungo qui. Qui l'essenziale è capire dove sta la via d'uscita. E essa sta nel dato, irrevocabile, che il capitalismo globale è arrivato al suo limite, cioè si sta ormai scontrando con l'impossibilità dell'ulteriore sviluppo geometrico della crescita. Impossibilità che si può esprimere con questa formula semplicissima, molto più attinente alla fisica che non all'economia: "non si può realizzare uno sviluppo infinito all'interno di un sistema finito di risorse".

Questo è il punto di avvio di una nuova riflessione teorica, che sta appena cominciando e che sarà il nucleo concettuale di una nuova opposizione allo stato effettuale delle cose, che io concepisco non come un nuovo partito di sinistra, ma come un movimento di popolo "per il Bene Comune". Come voti adesso è importante (io voterò per l'Arcobaleno, anche se so che queste idee là dentro non ci sono ancora, anzi sono molto più fuori che dentro quel contenitore)), ma più importante è cosa possiamo fare insieme "dopo" il 15 aprile.

Sarà una battaglia tremenda, perchè i sostenitori dell'attuale stato di cose sono assolutamente incapaci di rispondere in termini di attenuazione delle tensioni e delle turbolenze che sono già cominciate (esplicitate dall'11 settembre). Non possono più farlo. Eserciteranno dunque una repressione violenta. Tanto più violenta quanto più apparirà evidente che i limiti dello sviluppo diventeranno catastrofici. Dunque bisogna costruire un movimento organizzato, grande, per resistere. E, prima di tutto, costruire una nuova "narrazione", che corrisponda alla crisi epocale verso la quale stiamo andando. Una teoria per una transizione pacifica verso una trasformazione radicale del modo di vivere di sei miliardi di persone.

Non spaventarti. Una volta compreso esso diventa reale, cioè teoricamente affrontabile e risolvibile. Il compito è immenso ed è tuo, è vostro. Noi, della generazione passata, cominciamo appena a capire. Voi ci dovrete vivere dentro, a questa transizione. E' indispensabile che sappiate governarla, pima che i folli che ci hanno portato a questo punto possano tentare di risolverla con la guerra e la repressione generalizzata.

Vedi, è l'intero sistema economico, sociale, organizzativo, che sarà messo in discussione. L'indipendenza delle Banche centrali, che oggi è un dogma, contestare il quale significa essere definiti terroristi, non è che uno dei meccanismi con i quali il denaro (i suoi proprietari) ha imposto le sue leggi schiaviste alla società intera. Non è "illegale", come tu scrivi, semplicemente perchè loro l'hanno legalizzato, con le loro leggi. la banca d'Inghilterra è divenuta "indipendente" dal potere politico (cioè dal potere della democrazia) solo nel 1997. In Italia è avvenuto prima, negli USA molto prima. E come è avvenuto può anche essere rovesciato. Ma per porre queste questioni all'ordine del giorno della lotta politica occorre un grande movimento organizzato, che porti queste questioni sui tavoli del parlamento, del sindacato, della società civile in tutte le sue forme. Cioè occorre che queste cose siano comprese da molti. Per questo occorre cambiare democraticamente l'informazione e la comunicazione. Ecco perchè considero questa la battaglia centrale, quella dove si vincerà o si perderà ogni scontro successivo.

Stai in contatto con noi , partecipa a questa impresa. Lo puoi fare dovunque tu sia. Almeno fino a che non spegneranno la luce.
Cordiali saluti
Giulietto Chiesa

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