03 aprile 2008

Trasmutazione interiore: una evasione virtuale


In questo giorni difficili, le elezioni e le menzogne dure da accettare, pensiamo a un "qualcosa" migliore. Un futuro, un ambiente, un sistema migliore di quello esistente. Un processo che forse... solo la trasmutazione potrebbe realizzare.

Con l’espressione "trasmutazione interiore" si intende definire l’antichissima arte della produzione e sviluppo del “corpo sottile” (detto anche “corpo astrale”, corpo di sogno”, ecc.): ovvero la possibilità, presente nell’essere umano allo stato potenziale, di suscitare in sé un’entità energetica di fatto indipendente dal corpo fisico, nella quale egli è in grado di trasferire la propria personalità cosciente per farla agire nell’ambito di "piani di realtà " alternativi al piano della realtà oggettiva, e attingere da questi conoscenze, risorse e poteri che dall’uomo comune vengono considerati soprannaturali.

Le tecniche atte a pervenire a un simile risultato sono giunte fino ai nostri giorni per mezzo di "catene" di trasmissione, più o meno segrete o clandestine, delle quali possiamo trovare traccia in seno a tutte le civiltà. Studiando le scuole trasmutatorie nei diversi paesi del mondo, è facile constatare che le tecniche da esse insegnate sono molto simili tra loro, malgrado la distanza: meditazione e consimili esercizi mentali, ripetizione autoipnotica di formule magiche (i "mantra"), tecniche di controllo dei sogni finalizzate al riaffioramento dell’inconscio, digiuni, assunzione controllata di droghe, particolari esercizi ginnici, tecniche di controllo dell’ energia sessuale, ecc.

Tramite questi metodi il praticante, sotto la guida di uno o più maestri, può pervenire al "risveglio" del corpo sottile, il quale si manifesterà alla sua coscienza dapprima durante il sonno o in stato di trance, per poi passare gradualmente ad assumere il controllo della sua personalità anche nello stato di veglia, determinando l’acquisizione di modi percettivi supplementari fino a allora sconosciuti.

Quando il lavoro di trasmutazione interiore è terminato, il "risvegliato" ha acquisito la capacità di spostarsi a piacimento dall’uno all’altro degli innumerevoli piani di realtà possibili, dai quali potrà attingere preziose energie sottili che non sarebbero altrimenti disponibili nel nostro mondo, e trasferirle sul piano della realtà oggettiva; in conseguenza di questo, le sue energie, la sua influenza sugli altri, le sue capacità di azione e di realizzazione risulteranno dilatate al di là di ogni limite immaginabile.

Dopo la morte del corpo fisico, l’"io cosciente" del risvegliato, rifugiandosi nel corpo sottile come in un’Arca, resisterà all’impatto delle forze disgreganti che fanno da corrispettivo, sul piano fisico, al fenomeno della putrefazione, riuscendo a sopravvivere, per un tempo teoricamente infinito, in uno qualsiasi dei "piani di realtà" alternativi cui ha accesso.

E’ comune esperienza di chiunque abbia incontrato personalmente esseri umani appartenenti a contesti culturali più antichi del nostro che, più si va indietro nel tempo, più risulta attenuata nell’individuo la scissione nevrotica tra realtà interiore e realtà ambientale.

L’integrità dei primitivi, spesso così trasparente da ogni loro espressione, usanza, parola o manifestazione, si ammanta di caratteristiche per noi rivelatrici nell’esame della civiltà più antica oggi esistente al mondo: quella degli Aborigeni australiani, giunta a noi sostanzialmente invariata dall’età paleolitica.

Affermava David Mcknight, antropologo della London School of Economics, in un suo saggio sugli Aborigeni: “secondo un modello generale comune alla maggior parte delle tribù, esistono un "qui" e un "adesso" che formano l’esperienza di ogni persona, mentre parallelamente scorre il "Tempo di Sogno", entro il quale la gente si trasferisce quando sta dormendo. Nel lontano passato, secondo gli aborigeni, esisteva soltanto il "Tempo di Sogno", ma a un certo punto, in qualche maniera, ebbe luogo una rottura, e la differenza fra veglia e sogno emerse alla coscienza.

Per Bruce Chatwin, la maggiore dignità dello stato di sogno rispetto allo stato di veglia è, presso gli Aborigeni, del tutto fuori discussione. E’ nel "Tempo di Sogno" che esistono gli archetipi degli animali, delle cose e di ogni forma di realtà sensibile; in sogno, l’essere umano apprende dal suo archetipo/totem le magiche canzoni che hanno il potere di far esistere il mondo.

"Certe volte - disse Arkady - mentre porto i miei vecchi in giro per il deserto, capita che si arrivi a una catena di dune e che d’improvviso tutti si mettano a cantare. Che cosa state cantando? Gli domando, e loro rispondono: un canto che fa venir fuori il paese, capo. Lo fa venir fuori più in fretta" ( Bruce Chatwin, "The Songlines").

In questa fase primordiale della vicenda umana, la trasmutazione interiore era un’esperienza intimamente e spontaneamente vissuta da ognuno. Ogni uomo e ogni donna venivano al mondo forniti di un corpo sottile perfettamente integro e "risvegliato", che consentiva loro di spaziare liberamente tra il piano di realtà da noi conosciuto come "realtà oggettiva" e gli altri innumerevoli piani cui l’essere umano può accedere.

E’ opinione di molti che la prima significativa alterazione di tale equilibrio abbia avuto luogo come conseguenza di una glaciazione. Le inasprite condizioni di vita costrinsero i nostri antenati a concentrare più attenzione e maggiori energie sul piano della realtà oggettiva, col risultato che gli altri piani di realtà presero a indietreggiare, lentamente ma inesorabilmente, verso l’inconscio. Si entra così nella fase detta dello sciamanesimo, quando gli uomini delegarono a specialisti - gli sciamani, appunto - il compito de intrattenere i contatti con gli altri piani di realtà a nome dell’intera tribù.

L’etnologo ed esoterista Carlos Castaneda (1925-1998) ha dedicato una dozzina di famosi libri alla cosmologia retrostante l’universo sciamanico degli Indiani d’America, al quale egli stesso sembra fosse stato iniziato. La sua opera è stata duramente attaccata, forse non a torto, sul piano della attendibilità scientifica; ma ha il pregio di ricostruire alla perfezione, con grande abbondanza di dettagli, le probabili fasi del regresso dalla condizione di "Uomo Primordiale" pre-sciamanico all’uomo contemporaneo, che ha perso completamente la capacità di utilizzare il proprio corpo sottile e può riacquistarla solo tramite un duro lavoro di trasmutazione.

Secondo gli sciamani di Castaneda, l’aspetto dell’essere umano considerato nella sua totalità è quello di un "uovo luminoso" attraversato in ogni direzione da filamenti di energia. Sulla superficie esterna dell’uovo è presente il "punto d’unione": una tacca semisferica delle dimensioni di una palla da tennis, dalla cui posizione, ovvero dai filamenti che la attraversano, pervengono alla mente le svariate correnti energetiche che la mente riordina in termini di percezioni sensoriali.

Mentre gli antichi uomini erano in grado di spostare il proprio "punto d’unione" a volontà, trasferendo il corpo sottile (che Castaneda definisce "corpo energetico") dall’uno all’altro di innumerevoli mondi diversi, l’uomo moderno è pervenuto progressivamente a fissare il "punto d’unione" in una sola posizione, che è la stessa per tutta la collettività umana: quella che ci fornisce la percezione della realtà oggettiva. Soltanto durante il sonno, in seguito all’allentarsi dell’ attenzione, il punto d’unione di ciascuno scivola spontaneamente in altre posizioni, e il corpo sottile si trasferisce in altri mondi.

Il modesto livello di intensità percettiva, la brevità e l’incoscienza che caratterizzano i sogni dipendono principalmente da due fattori: 1) l’uomo moderno non è a conoscenza delle tecniche necessarie per fissare stabilmente il punto d’unione nelle nuove posizioni raggiunte; 2) la volontà comune di miliardi di esseri umani che mantengono il punto d’unione fisso sulla posizione della realtà oggettiva crea un campo d’attrazione difficilmente contrastabile dal singolo individuo, il cui punto d’unione viene costantemente e inesorabilmente riportato alla posizione di partenza.

Dalla "spiegazione del mondo" fornitaci da Castaneda risulta chiaro che la fissazione del punto d’unione sulla realtà oggettiva è avanzata storicamente di pari passo con lo sviluppo del pensiero razionale. Al tramonto dell’età sciamanica, il passaggio graduale di buona parte dell’umanità dall’esistenza nomade alla vita sedentaria genera l’evolversi del pensiero razionale disorganizzato nel "pensiero lineare": un ulteriore passo avanti lungo il cammino della percezione oggettiva, che il mediologo Marshall McLuhan sintetizzò con queste parole:

"La storia occidentale si e’ modellata per circa tremila anni sull’introduzione dell’alfabeto fonetico (…). L’alfabeto è una costruzione fatta di parti frammentarie, senza significato semantico proprio, che devono essere disposte in riga, a guisa di cordoncino e in un ordine prestabilito. Il suo uso fece nascere e incoraggiò l’abitudine di percepire tutto l’ambiente in termini visivi e spaziali, e soprattutto in termini di uno spazio e un tempo uniformi, continui e connessi. La riga, ossia il continuo, divenne il principio organizzatore della vita".

Con gli occhi ben spalancati sul mondo, il nuovo uomo "visivo", sedentario e alfabeta salda definitivamente il proprio punto d’unione al piano della realtà oggettiva.

Si concentra sul dominio della materia: sorgono grandi città di pietra, sfilano eserciti. Il ricordo degli altri piani di realtà scivola nell’oblio. La percezione lineare di un “unico tempo possibile” lo soggioga ormai senza rimedio al decadimento fisico e alla morte: nemici che solo il controllo del corpo sottile gli consentiva di vincere, in un passato remoto.

Il processo della civiltà sedentaria ha ormai scavato un fossato di incomprensione tra quanti si ostinano a fare ancora uso del corpo sottile e la maggioranza degli uomini. I trasmutanti devono nascondersi; l’arte trasmutatoria comincia proprio in quei lontani giorni il suo lunghissimo cammino nel segreto, che si perpetua a tutt’oggi.

Alcuni sciamani divengono sacerdoti. Per secoli, forse millenni il superiore livello di conoscenza conferito loro dal controllo del corpo sottile gli consente di controllare e dirigere lo sviluppo materiale dell’uomo.

Essi usano trasmettere l’arte trasmutatoria di padre in figlio, nel massimo segreto, entro i limiti della propria casta. Ma quanto più, con gli anni, aumenta la difficoltà per la classe sacerdotale di mantenere sotto controllo strutture sociali sempre più complesse, tanto più gli stessi sacerdoti saranno costretti a dedicare meno tempo alla trasmutazione, ed energie sempre maggiori al piano della realtà oggettiva.

Questa è la nascita delle religioni, in seno alle quali l’originaria matrice trasmutatoria è destinata a sopravvivere sempre più clandestinamente e a fatica, trasferendosi poco a poco dalla pratica rituale di ogni giorno entro i ristretti confini di miti, allegorie e simboli il cui senso profondo verrà progressivamente dimenticato.

Dalla più antica dottrina sacerdotale scritta, il Vedanta , l’originale insegnamento trasmutatorio traspare ancora evidente. Secondo i Veda, l’essere umano considerato nella sua integrità comporta:

un certo numero di "possibilità" (in termini castanediani: posizioni del punto d’unione) che costituiscono la sua modalità corporea o grossolana;
una moltitudine di possibilità che, prolungandosi in diversi sensi al di là della modalità corporea, costituiscono le sue modalità sottili.
Una simile concezione denota piena consapevolezza, da parte dei suoi creatori, di quelle che sono le "possibilità" del corpo sottile; ma, sottolineando oltremisura la distinzione tra modalità "corporee" e "sottili", ci segnala che queste ultime hanno ormai perso d’importanza rispetto alle prime, perché il dominio del piano della realtà oggettiva si è ormai affermato. All’opposto della concezione aborigena, la dignità dello stato di veglia è considerata nei Veda ben superiore a quella del sogno.

Soltanto un piccolo ulteriore passo ci separa dal sorgere dei grandi monoteismi, che dal sistema vedantino possono considerarsi derivati; concezioni del tutto estranee alla tradizione sciamanica originaria, nelle quali un "dio unico" trascendente (cioè esterno all’uomo) viene proposto all’uomo stesso come destinatario della sua attenzione, sottraendo energie sottili alla concentrazione del lavoro trasmutatorio a tutto vantaggio della sua integrazione nella compagine sociale.

Per quanto le condizioni esteriori fossero ormai del tutto avverse, le scuole trasmutatorie riuscirono a perpetuarsi tanto in seno all’Ebraismo (scuole qabbaliste) che al Cristianesimo (esicasmo) che all’ Islam (sufismo). Potendo usufruire dell’egida protettiva delle religioni, le pratiche operative di queste scuole si sono tramandate fino ai giorni nostri, ma zavorrate perlopiù da sovrastrutture para-religiose talmente astruse e complesse da pregiudicarne gravemente tanto la comprensione quanto l’efficacia.

Niente affatto più invidiabile, d’altra parte, fu la sorte toccata alle scuole che si illusero di sopravvivere rigettando apertamente ogni contatto con la religione: dopo parecchi secoli di stentata sopravvivenza lontano dalla civiltà, nelle campagne e nei luoghi isolati, le loro ultime rimanenze vennero infine spazzate via nelle persecuzioni accese dalla controriforma e divampate nei roghi dell’Inquisizione. E’ questo il caso, per esempio, delle gilde stregonesche del nord Europa, i cui rituali sono stati parzialmente ricostruiti (pur senza cogliere le valenze trasmutatorie in essi adombrate) dall’antropologa Margaret Murray ne "Il dio delle Streghe”.

A mezza strada tra il mimetismo para-religioso e il suo aperto rifiuto, migliore destino ebbero le scuole di indirizzo ermetico e alchemico, diffusesi nel Medioevo in tutte le nazioni islamiche e cristiane. I complessi rituali di trasmutazione interiore da esse tramandati derivano direttamente dalle arti metallurgiche di età sciamanica; dalle quali, in tempi protostorici, ebbe origine la "filosofia ermetica", ovvero la trasposizione della "grande opera" degli alchimisti dal piano dell’attività artigiana a quello filosofico-speculativo.

Da tempi precristiani divampa furiosa la querelle tra ermetisti e alchimisti operativi, se sia possibile o meno pervenire alla trasmutazione interiore basandosi esclusivamente sulle forze dell’intelletto, senza bisogno di sporcarsi le mani col pesante lavoro della fucina; in più di due millenni la questione non è stata risolta, e prosegue ancora oggi senza la minima speranza di soluzione.

In ogni epoca storica fu sempre facile, per gli alchimisti operativi, conquistarsi la protezione dei potenti con il miraggio della produzione dell’oro (che poi miraggio non era, se è vero che nel 1925 l’alchimista francese Fulcanelli ne pubblicò nei minimi dettagli il procedimento), e quanto agli ermetisti, la loro dimestichezza con le scienze filosofiche consentì loro quasi sempre di mantenersi in buoni rapporti con la Chiesa, verso cui palesavano la massima devozione (sorvolando sul fatto che il più efficace dei rituali trasmutatori da essi tramandati consiste essenzialmente in una sequela di accoppiamenti contro natura).

Agli albori del Rinascimento, alchimisti ed ermetisti erano dunque rimasti i soli a tramandare la fiaccola della trasmutazione interiore in Occidente; ad essi possiamo forse aggiungere minoranze di qabbalisti di indirizzo magico, le cui scuole si erano da tempo distaccate dal corpo della tradizione religiosa ebraica.

La situazione era tale quando vennero a manifestarsi i primi segni di un’ inversione di tendenza, propiziata dal crollo delle anguste prospettive culturali e geografiche che fino ad allora avevano costretto la civiltà occidentale entro i confini del bacino mediterraneo.

Da un lato il collasso del potere temporale religioso, dall’altro il contatto della nuova civiltà mercantilista con nazioni lontane, in seno alle quali le memorie dell’età sciamanica erano più fresche e certo più vive che in occidente, tutto questo forniva nuovi margini all’esigenza sia culturale che politica del sorgere di una spiritualità alternativa, affrancata dal giogo delle religioni ufficiali.

Nel 1717 nasce a Londra la massoneria, enigmatica associazione che coniuga elementi di provata origine sufica e qabbalista alle tradizioni ermetizzanti degli antichi edificatori di cattedrali; i rituali dei suoi "gradi azzurri", considerati in successione, forniscono forse la più perfetta allegoria del lavoro di trasmutazione interiore mai tracciata al mondo.

Il successo della massoneria è immenso: in pochi decenni si diffonde in ogni angolo della terra. Sotto le volte stellate dei templi massonici si raccoglie ben presto la quasi totalità dei seguaci delle scuole trasmutatorie superstiti in occidente, che trovano nuovo ossigeno nel dibattito e nel confronto reciproco, nonché nell’incontro con i sempre più numerosi appassionati delle riscoperte tradizioni trasmutatorie orientali.

I limiti della massoneria, che emergeranno ben chiaramente nei secoli seguenti, consistono essenzialmente nell’eccessivo coinvolgimento nelle lotte politiche e nell’inguaribile tendenza alla verbosità delle sue "tornate": questo le impedirà sempre di portare a compimento la sintesi tra i numerosi codici espressivi diversi elaborati dalle scuole trasmutatorie nel corso di molti secoli di convivenza col "pensiero lineare".

Ma è suo merito indiscutibile l’aver ricreato in occidente un ambiente propizio alla riscoperta dell’ABC della trasmutazione: nell’arco di tempo che va dal diciottesimo al ventunesimo secolo è impossibile censire le iniziative e le associazioni, sparse ovunque nel mondo, che - dapprima a tastoni, con ingenuo idealismo o grossolani errori, poi con approccio sempre più competente e disincantato rovistano tra i frammenti delle tradizioni trasmutatorie superstiti, nel tentativo di rielaborare un sistema adatto a riproporre la trasmutazione interiore nel mondo di oggi.

Citiamone alcune a caso: l’Ordine Martinista, di origine qabbalista, e l’Ordine degli Eletti Cohen che ne costituiva i gradi superiori; La Golden Dawn inglese, di ispirazione ermetica, e l’Ordo Templi Orientis coi suoi rituali di magia sessuale; i movimenti ispirati alla figura di Aleister Crowley e le "scuole" informali di Gurdjieff, mutuate dal sufismo; i movimenti neo-gnostici, la “Fratellanza di Myriam” napoletana…

Se tutti questi hanno fallito, o perlomeno non sono riusciti a esorbitare da cerchie ristrette, lasciando ancora oggi la maggior parte dell’ umanità nell’ignoranza della trasmutazione interiore, la causa prima a nostro giudizio è molto semplice: la struttura psicologica dell’uomo moderno cambia molto alla svelta, tenendo dietro al ritmo di un progresso sempre più vertiginoso. I metodi elaborati per l’uomo del Medioevo o del Rinascimento non sono più adatti a lui, e neppure è opportuno riproporglieli tramite la struttura gerarchica e sclerotizzata che caratterizza, senza eccezioni, le antiche "scuole".

Marshall McLuhan suddivideva il cammino dell’umanità in tre periodi. Nel primo, corrispondente alla fase del nomadismo, la trasmissione orale della cultura determinava la prevalenza nell’attività mentale dell’uomo delle impressioni ricevute per mezzo dell’udito (civiltà auditiva). Nel secondo periodo, corrispondente al sedentarismo, la diffusione della scrittura si accompagnava al graduale affermarsi del senso della vista come vettore privilegiato di informazioni (civiltà visiva). Infine, ai nostri giorni, il sorpasso operato sulla cultura alfabetica da parte dei media elettrici (radio, tv, pc) ha di fatto inaugurato un terzo periodo, caratterizzato da forme di comunicazione multisensoriali: la principale conseguenza può essere identificata nella possibilità di una partecipazione emotiva dell’individuo alle vicende collettive del pianeta - il cosiddetto "villaggio globale".

Questo significa innanzitutto che la percezione oggettiva della realtà sta andando in crisi: i nostri "punti d’unione" stanno rimettendosi in movimento. Lo stanno facendo spontaneamente, senza bisogno di trattamenti particolari: dopo migliaia di anni, gli stimoli multisensoriali che avvolgono e compenetrano l’uomo contemporaneo stanno risvegliando in noi l’attività di zone del cervello rimaste dormienti, nel cervello dei nostri antenati, fin dai giorni perduti del tramonto della civiltà auditiva.

Ma il cammino rimane lungo: è ancora molto difficile, per l’uomo di oggi, realizzare mentalmente la portata della metamorfosi che un lavoro di trasmutazione ben condotto può generare, non solo disintegrando i limiti che lo imprigionano dalla nascita entro una visione del mondo parziale e limitata, ma anche conferendogli potere personale e modelli relazionali adeguati alla indescrivibile completezza del suo nuovo rapporto con la realtà.

Daniele Mansuino

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03 aprile 2008

Trasmutazione interiore: una evasione virtuale


In questo giorni difficili, le elezioni e le menzogne dure da accettare, pensiamo a un "qualcosa" migliore. Un futuro, un ambiente, un sistema migliore di quello esistente. Un processo che forse... solo la trasmutazione potrebbe realizzare.

Con l’espressione "trasmutazione interiore" si intende definire l’antichissima arte della produzione e sviluppo del “corpo sottile” (detto anche “corpo astrale”, corpo di sogno”, ecc.): ovvero la possibilità, presente nell’essere umano allo stato potenziale, di suscitare in sé un’entità energetica di fatto indipendente dal corpo fisico, nella quale egli è in grado di trasferire la propria personalità cosciente per farla agire nell’ambito di "piani di realtà " alternativi al piano della realtà oggettiva, e attingere da questi conoscenze, risorse e poteri che dall’uomo comune vengono considerati soprannaturali.

Le tecniche atte a pervenire a un simile risultato sono giunte fino ai nostri giorni per mezzo di "catene" di trasmissione, più o meno segrete o clandestine, delle quali possiamo trovare traccia in seno a tutte le civiltà. Studiando le scuole trasmutatorie nei diversi paesi del mondo, è facile constatare che le tecniche da esse insegnate sono molto simili tra loro, malgrado la distanza: meditazione e consimili esercizi mentali, ripetizione autoipnotica di formule magiche (i "mantra"), tecniche di controllo dei sogni finalizzate al riaffioramento dell’inconscio, digiuni, assunzione controllata di droghe, particolari esercizi ginnici, tecniche di controllo dell’ energia sessuale, ecc.

Tramite questi metodi il praticante, sotto la guida di uno o più maestri, può pervenire al "risveglio" del corpo sottile, il quale si manifesterà alla sua coscienza dapprima durante il sonno o in stato di trance, per poi passare gradualmente ad assumere il controllo della sua personalità anche nello stato di veglia, determinando l’acquisizione di modi percettivi supplementari fino a allora sconosciuti.

Quando il lavoro di trasmutazione interiore è terminato, il "risvegliato" ha acquisito la capacità di spostarsi a piacimento dall’uno all’altro degli innumerevoli piani di realtà possibili, dai quali potrà attingere preziose energie sottili che non sarebbero altrimenti disponibili nel nostro mondo, e trasferirle sul piano della realtà oggettiva; in conseguenza di questo, le sue energie, la sua influenza sugli altri, le sue capacità di azione e di realizzazione risulteranno dilatate al di là di ogni limite immaginabile.

Dopo la morte del corpo fisico, l’"io cosciente" del risvegliato, rifugiandosi nel corpo sottile come in un’Arca, resisterà all’impatto delle forze disgreganti che fanno da corrispettivo, sul piano fisico, al fenomeno della putrefazione, riuscendo a sopravvivere, per un tempo teoricamente infinito, in uno qualsiasi dei "piani di realtà" alternativi cui ha accesso.

E’ comune esperienza di chiunque abbia incontrato personalmente esseri umani appartenenti a contesti culturali più antichi del nostro che, più si va indietro nel tempo, più risulta attenuata nell’individuo la scissione nevrotica tra realtà interiore e realtà ambientale.

L’integrità dei primitivi, spesso così trasparente da ogni loro espressione, usanza, parola o manifestazione, si ammanta di caratteristiche per noi rivelatrici nell’esame della civiltà più antica oggi esistente al mondo: quella degli Aborigeni australiani, giunta a noi sostanzialmente invariata dall’età paleolitica.

Affermava David Mcknight, antropologo della London School of Economics, in un suo saggio sugli Aborigeni: “secondo un modello generale comune alla maggior parte delle tribù, esistono un "qui" e un "adesso" che formano l’esperienza di ogni persona, mentre parallelamente scorre il "Tempo di Sogno", entro il quale la gente si trasferisce quando sta dormendo. Nel lontano passato, secondo gli aborigeni, esisteva soltanto il "Tempo di Sogno", ma a un certo punto, in qualche maniera, ebbe luogo una rottura, e la differenza fra veglia e sogno emerse alla coscienza.

Per Bruce Chatwin, la maggiore dignità dello stato di sogno rispetto allo stato di veglia è, presso gli Aborigeni, del tutto fuori discussione. E’ nel "Tempo di Sogno" che esistono gli archetipi degli animali, delle cose e di ogni forma di realtà sensibile; in sogno, l’essere umano apprende dal suo archetipo/totem le magiche canzoni che hanno il potere di far esistere il mondo.

"Certe volte - disse Arkady - mentre porto i miei vecchi in giro per il deserto, capita che si arrivi a una catena di dune e che d’improvviso tutti si mettano a cantare. Che cosa state cantando? Gli domando, e loro rispondono: un canto che fa venir fuori il paese, capo. Lo fa venir fuori più in fretta" ( Bruce Chatwin, "The Songlines").

In questa fase primordiale della vicenda umana, la trasmutazione interiore era un’esperienza intimamente e spontaneamente vissuta da ognuno. Ogni uomo e ogni donna venivano al mondo forniti di un corpo sottile perfettamente integro e "risvegliato", che consentiva loro di spaziare liberamente tra il piano di realtà da noi conosciuto come "realtà oggettiva" e gli altri innumerevoli piani cui l’essere umano può accedere.

E’ opinione di molti che la prima significativa alterazione di tale equilibrio abbia avuto luogo come conseguenza di una glaciazione. Le inasprite condizioni di vita costrinsero i nostri antenati a concentrare più attenzione e maggiori energie sul piano della realtà oggettiva, col risultato che gli altri piani di realtà presero a indietreggiare, lentamente ma inesorabilmente, verso l’inconscio. Si entra così nella fase detta dello sciamanesimo, quando gli uomini delegarono a specialisti - gli sciamani, appunto - il compito de intrattenere i contatti con gli altri piani di realtà a nome dell’intera tribù.

L’etnologo ed esoterista Carlos Castaneda (1925-1998) ha dedicato una dozzina di famosi libri alla cosmologia retrostante l’universo sciamanico degli Indiani d’America, al quale egli stesso sembra fosse stato iniziato. La sua opera è stata duramente attaccata, forse non a torto, sul piano della attendibilità scientifica; ma ha il pregio di ricostruire alla perfezione, con grande abbondanza di dettagli, le probabili fasi del regresso dalla condizione di "Uomo Primordiale" pre-sciamanico all’uomo contemporaneo, che ha perso completamente la capacità di utilizzare il proprio corpo sottile e può riacquistarla solo tramite un duro lavoro di trasmutazione.

Secondo gli sciamani di Castaneda, l’aspetto dell’essere umano considerato nella sua totalità è quello di un "uovo luminoso" attraversato in ogni direzione da filamenti di energia. Sulla superficie esterna dell’uovo è presente il "punto d’unione": una tacca semisferica delle dimensioni di una palla da tennis, dalla cui posizione, ovvero dai filamenti che la attraversano, pervengono alla mente le svariate correnti energetiche che la mente riordina in termini di percezioni sensoriali.

Mentre gli antichi uomini erano in grado di spostare il proprio "punto d’unione" a volontà, trasferendo il corpo sottile (che Castaneda definisce "corpo energetico") dall’uno all’altro di innumerevoli mondi diversi, l’uomo moderno è pervenuto progressivamente a fissare il "punto d’unione" in una sola posizione, che è la stessa per tutta la collettività umana: quella che ci fornisce la percezione della realtà oggettiva. Soltanto durante il sonno, in seguito all’allentarsi dell’ attenzione, il punto d’unione di ciascuno scivola spontaneamente in altre posizioni, e il corpo sottile si trasferisce in altri mondi.

Il modesto livello di intensità percettiva, la brevità e l’incoscienza che caratterizzano i sogni dipendono principalmente da due fattori: 1) l’uomo moderno non è a conoscenza delle tecniche necessarie per fissare stabilmente il punto d’unione nelle nuove posizioni raggiunte; 2) la volontà comune di miliardi di esseri umani che mantengono il punto d’unione fisso sulla posizione della realtà oggettiva crea un campo d’attrazione difficilmente contrastabile dal singolo individuo, il cui punto d’unione viene costantemente e inesorabilmente riportato alla posizione di partenza.

Dalla "spiegazione del mondo" fornitaci da Castaneda risulta chiaro che la fissazione del punto d’unione sulla realtà oggettiva è avanzata storicamente di pari passo con lo sviluppo del pensiero razionale. Al tramonto dell’età sciamanica, il passaggio graduale di buona parte dell’umanità dall’esistenza nomade alla vita sedentaria genera l’evolversi del pensiero razionale disorganizzato nel "pensiero lineare": un ulteriore passo avanti lungo il cammino della percezione oggettiva, che il mediologo Marshall McLuhan sintetizzò con queste parole:

"La storia occidentale si e’ modellata per circa tremila anni sull’introduzione dell’alfabeto fonetico (…). L’alfabeto è una costruzione fatta di parti frammentarie, senza significato semantico proprio, che devono essere disposte in riga, a guisa di cordoncino e in un ordine prestabilito. Il suo uso fece nascere e incoraggiò l’abitudine di percepire tutto l’ambiente in termini visivi e spaziali, e soprattutto in termini di uno spazio e un tempo uniformi, continui e connessi. La riga, ossia il continuo, divenne il principio organizzatore della vita".

Con gli occhi ben spalancati sul mondo, il nuovo uomo "visivo", sedentario e alfabeta salda definitivamente il proprio punto d’unione al piano della realtà oggettiva.

Si concentra sul dominio della materia: sorgono grandi città di pietra, sfilano eserciti. Il ricordo degli altri piani di realtà scivola nell’oblio. La percezione lineare di un “unico tempo possibile” lo soggioga ormai senza rimedio al decadimento fisico e alla morte: nemici che solo il controllo del corpo sottile gli consentiva di vincere, in un passato remoto.

Il processo della civiltà sedentaria ha ormai scavato un fossato di incomprensione tra quanti si ostinano a fare ancora uso del corpo sottile e la maggioranza degli uomini. I trasmutanti devono nascondersi; l’arte trasmutatoria comincia proprio in quei lontani giorni il suo lunghissimo cammino nel segreto, che si perpetua a tutt’oggi.

Alcuni sciamani divengono sacerdoti. Per secoli, forse millenni il superiore livello di conoscenza conferito loro dal controllo del corpo sottile gli consente di controllare e dirigere lo sviluppo materiale dell’uomo.

Essi usano trasmettere l’arte trasmutatoria di padre in figlio, nel massimo segreto, entro i limiti della propria casta. Ma quanto più, con gli anni, aumenta la difficoltà per la classe sacerdotale di mantenere sotto controllo strutture sociali sempre più complesse, tanto più gli stessi sacerdoti saranno costretti a dedicare meno tempo alla trasmutazione, ed energie sempre maggiori al piano della realtà oggettiva.

Questa è la nascita delle religioni, in seno alle quali l’originaria matrice trasmutatoria è destinata a sopravvivere sempre più clandestinamente e a fatica, trasferendosi poco a poco dalla pratica rituale di ogni giorno entro i ristretti confini di miti, allegorie e simboli il cui senso profondo verrà progressivamente dimenticato.

Dalla più antica dottrina sacerdotale scritta, il Vedanta , l’originale insegnamento trasmutatorio traspare ancora evidente. Secondo i Veda, l’essere umano considerato nella sua integrità comporta:

un certo numero di "possibilità" (in termini castanediani: posizioni del punto d’unione) che costituiscono la sua modalità corporea o grossolana;
una moltitudine di possibilità che, prolungandosi in diversi sensi al di là della modalità corporea, costituiscono le sue modalità sottili.
Una simile concezione denota piena consapevolezza, da parte dei suoi creatori, di quelle che sono le "possibilità" del corpo sottile; ma, sottolineando oltremisura la distinzione tra modalità "corporee" e "sottili", ci segnala che queste ultime hanno ormai perso d’importanza rispetto alle prime, perché il dominio del piano della realtà oggettiva si è ormai affermato. All’opposto della concezione aborigena, la dignità dello stato di veglia è considerata nei Veda ben superiore a quella del sogno.

Soltanto un piccolo ulteriore passo ci separa dal sorgere dei grandi monoteismi, che dal sistema vedantino possono considerarsi derivati; concezioni del tutto estranee alla tradizione sciamanica originaria, nelle quali un "dio unico" trascendente (cioè esterno all’uomo) viene proposto all’uomo stesso come destinatario della sua attenzione, sottraendo energie sottili alla concentrazione del lavoro trasmutatorio a tutto vantaggio della sua integrazione nella compagine sociale.

Per quanto le condizioni esteriori fossero ormai del tutto avverse, le scuole trasmutatorie riuscirono a perpetuarsi tanto in seno all’Ebraismo (scuole qabbaliste) che al Cristianesimo (esicasmo) che all’ Islam (sufismo). Potendo usufruire dell’egida protettiva delle religioni, le pratiche operative di queste scuole si sono tramandate fino ai giorni nostri, ma zavorrate perlopiù da sovrastrutture para-religiose talmente astruse e complesse da pregiudicarne gravemente tanto la comprensione quanto l’efficacia.

Niente affatto più invidiabile, d’altra parte, fu la sorte toccata alle scuole che si illusero di sopravvivere rigettando apertamente ogni contatto con la religione: dopo parecchi secoli di stentata sopravvivenza lontano dalla civiltà, nelle campagne e nei luoghi isolati, le loro ultime rimanenze vennero infine spazzate via nelle persecuzioni accese dalla controriforma e divampate nei roghi dell’Inquisizione. E’ questo il caso, per esempio, delle gilde stregonesche del nord Europa, i cui rituali sono stati parzialmente ricostruiti (pur senza cogliere le valenze trasmutatorie in essi adombrate) dall’antropologa Margaret Murray ne "Il dio delle Streghe”.

A mezza strada tra il mimetismo para-religioso e il suo aperto rifiuto, migliore destino ebbero le scuole di indirizzo ermetico e alchemico, diffusesi nel Medioevo in tutte le nazioni islamiche e cristiane. I complessi rituali di trasmutazione interiore da esse tramandati derivano direttamente dalle arti metallurgiche di età sciamanica; dalle quali, in tempi protostorici, ebbe origine la "filosofia ermetica", ovvero la trasposizione della "grande opera" degli alchimisti dal piano dell’attività artigiana a quello filosofico-speculativo.

Da tempi precristiani divampa furiosa la querelle tra ermetisti e alchimisti operativi, se sia possibile o meno pervenire alla trasmutazione interiore basandosi esclusivamente sulle forze dell’intelletto, senza bisogno di sporcarsi le mani col pesante lavoro della fucina; in più di due millenni la questione non è stata risolta, e prosegue ancora oggi senza la minima speranza di soluzione.

In ogni epoca storica fu sempre facile, per gli alchimisti operativi, conquistarsi la protezione dei potenti con il miraggio della produzione dell’oro (che poi miraggio non era, se è vero che nel 1925 l’alchimista francese Fulcanelli ne pubblicò nei minimi dettagli il procedimento), e quanto agli ermetisti, la loro dimestichezza con le scienze filosofiche consentì loro quasi sempre di mantenersi in buoni rapporti con la Chiesa, verso cui palesavano la massima devozione (sorvolando sul fatto che il più efficace dei rituali trasmutatori da essi tramandati consiste essenzialmente in una sequela di accoppiamenti contro natura).

Agli albori del Rinascimento, alchimisti ed ermetisti erano dunque rimasti i soli a tramandare la fiaccola della trasmutazione interiore in Occidente; ad essi possiamo forse aggiungere minoranze di qabbalisti di indirizzo magico, le cui scuole si erano da tempo distaccate dal corpo della tradizione religiosa ebraica.

La situazione era tale quando vennero a manifestarsi i primi segni di un’ inversione di tendenza, propiziata dal crollo delle anguste prospettive culturali e geografiche che fino ad allora avevano costretto la civiltà occidentale entro i confini del bacino mediterraneo.

Da un lato il collasso del potere temporale religioso, dall’altro il contatto della nuova civiltà mercantilista con nazioni lontane, in seno alle quali le memorie dell’età sciamanica erano più fresche e certo più vive che in occidente, tutto questo forniva nuovi margini all’esigenza sia culturale che politica del sorgere di una spiritualità alternativa, affrancata dal giogo delle religioni ufficiali.

Nel 1717 nasce a Londra la massoneria, enigmatica associazione che coniuga elementi di provata origine sufica e qabbalista alle tradizioni ermetizzanti degli antichi edificatori di cattedrali; i rituali dei suoi "gradi azzurri", considerati in successione, forniscono forse la più perfetta allegoria del lavoro di trasmutazione interiore mai tracciata al mondo.

Il successo della massoneria è immenso: in pochi decenni si diffonde in ogni angolo della terra. Sotto le volte stellate dei templi massonici si raccoglie ben presto la quasi totalità dei seguaci delle scuole trasmutatorie superstiti in occidente, che trovano nuovo ossigeno nel dibattito e nel confronto reciproco, nonché nell’incontro con i sempre più numerosi appassionati delle riscoperte tradizioni trasmutatorie orientali.

I limiti della massoneria, che emergeranno ben chiaramente nei secoli seguenti, consistono essenzialmente nell’eccessivo coinvolgimento nelle lotte politiche e nell’inguaribile tendenza alla verbosità delle sue "tornate": questo le impedirà sempre di portare a compimento la sintesi tra i numerosi codici espressivi diversi elaborati dalle scuole trasmutatorie nel corso di molti secoli di convivenza col "pensiero lineare".

Ma è suo merito indiscutibile l’aver ricreato in occidente un ambiente propizio alla riscoperta dell’ABC della trasmutazione: nell’arco di tempo che va dal diciottesimo al ventunesimo secolo è impossibile censire le iniziative e le associazioni, sparse ovunque nel mondo, che - dapprima a tastoni, con ingenuo idealismo o grossolani errori, poi con approccio sempre più competente e disincantato rovistano tra i frammenti delle tradizioni trasmutatorie superstiti, nel tentativo di rielaborare un sistema adatto a riproporre la trasmutazione interiore nel mondo di oggi.

Citiamone alcune a caso: l’Ordine Martinista, di origine qabbalista, e l’Ordine degli Eletti Cohen che ne costituiva i gradi superiori; La Golden Dawn inglese, di ispirazione ermetica, e l’Ordo Templi Orientis coi suoi rituali di magia sessuale; i movimenti ispirati alla figura di Aleister Crowley e le "scuole" informali di Gurdjieff, mutuate dal sufismo; i movimenti neo-gnostici, la “Fratellanza di Myriam” napoletana…

Se tutti questi hanno fallito, o perlomeno non sono riusciti a esorbitare da cerchie ristrette, lasciando ancora oggi la maggior parte dell’ umanità nell’ignoranza della trasmutazione interiore, la causa prima a nostro giudizio è molto semplice: la struttura psicologica dell’uomo moderno cambia molto alla svelta, tenendo dietro al ritmo di un progresso sempre più vertiginoso. I metodi elaborati per l’uomo del Medioevo o del Rinascimento non sono più adatti a lui, e neppure è opportuno riproporglieli tramite la struttura gerarchica e sclerotizzata che caratterizza, senza eccezioni, le antiche "scuole".

Marshall McLuhan suddivideva il cammino dell’umanità in tre periodi. Nel primo, corrispondente alla fase del nomadismo, la trasmissione orale della cultura determinava la prevalenza nell’attività mentale dell’uomo delle impressioni ricevute per mezzo dell’udito (civiltà auditiva). Nel secondo periodo, corrispondente al sedentarismo, la diffusione della scrittura si accompagnava al graduale affermarsi del senso della vista come vettore privilegiato di informazioni (civiltà visiva). Infine, ai nostri giorni, il sorpasso operato sulla cultura alfabetica da parte dei media elettrici (radio, tv, pc) ha di fatto inaugurato un terzo periodo, caratterizzato da forme di comunicazione multisensoriali: la principale conseguenza può essere identificata nella possibilità di una partecipazione emotiva dell’individuo alle vicende collettive del pianeta - il cosiddetto "villaggio globale".

Questo significa innanzitutto che la percezione oggettiva della realtà sta andando in crisi: i nostri "punti d’unione" stanno rimettendosi in movimento. Lo stanno facendo spontaneamente, senza bisogno di trattamenti particolari: dopo migliaia di anni, gli stimoli multisensoriali che avvolgono e compenetrano l’uomo contemporaneo stanno risvegliando in noi l’attività di zone del cervello rimaste dormienti, nel cervello dei nostri antenati, fin dai giorni perduti del tramonto della civiltà auditiva.

Ma il cammino rimane lungo: è ancora molto difficile, per l’uomo di oggi, realizzare mentalmente la portata della metamorfosi che un lavoro di trasmutazione ben condotto può generare, non solo disintegrando i limiti che lo imprigionano dalla nascita entro una visione del mondo parziale e limitata, ma anche conferendogli potere personale e modelli relazionali adeguati alla indescrivibile completezza del suo nuovo rapporto con la realtà.

Daniele Mansuino

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