10 aprile 2008

Il movimento del non voto UTILE


Su internet girano molte dichiarazioni di non voto con le proprie motivazioni. Vorrei elencarle tutte come un promemoria per un nuovo futuro dove la sovranità nazionale sia un bene inalienabile come l'acqua.

La farsa elettorale di Marco Cedolin

Siamo finalmente giunti all’ultima settimana di questo teatrino pietoso chiamato campagna elettorale, finalizzato a partorire la “dittatura” di due partiti fotocopia intenzionati a legittimare attraverso il voto un pensiero unico che in realtà non corrisponde alla sensibilità dei cittadini italiani.

Gli ingredienti di questa alchimia sono di una semplicità disarmante, avendo come fulcro una legge elettorale finalizzata allo scopo, condita da un ricorso smodato alla disinformazione.

Gli sbarramenti precostituiti del 4% alla Camera e dell’8% al senato ora che tutti (o quasi) corrono da soli impediranno di fatto la possibilità di essere presenti nel prossimo Parlamento a qualunque voce fuori dal coro (solo la Sinistra Arcobaleno, l’UDC e la Destra possono forse aspirare ad ottenere qualche rappresentante) concentrando le scelte degli italiani verso l’unico “voto utile” a produrre rappresentazione parlamentare ed inducendo chiunque non si riconosca nel partito unico di Veltrusconi a disertare le urne senza avere possibilità d’incidere politicamente.

Che scenda dal pullman del PD o dal palco del PDL, Veltrusconi racconta tutto ed il contrario di tutto, di fronte ad un’esposizione mediatica totalizzante costruita per trasformare in verità anche le peggiori menzogne e contraddizioni.

Veltrusconi si presenta come il più grande ambientalista, ma anche come il più grande cementificatore, come fautore dell’ecologia, ma anche degli inceneritori, come l’amico degli operai, ma anche degli industriali, come il difensore dei diritti dei precari, ma anche della legge Biagi che li rende tali, come sostenitore della pace, ma anche delle missioni di guerra, come colui che getterà altri miliardi nel buco nero del TAV ma risanerà anche il debito pubblico, come il grande riformatore ma anche conservatore, come amico dell’energia pulita ma anche del petrolio e del nucleare, come fautore della riduzione del traffico ma anche dell’incremento nelle vendite delle automobili, come sostenitore degli aumenti salariali ma anche dell’incremento della produttività aziendale, come paladino della sicurezza ma anche della libertà, come colui che diminuirà le tasse ma comunque spenderà più denaro pubblico.

Durante questa ultima settimana di farsa elettorale il carattere ed il grado della manipolazione hanno raggiunto livelli parossistici e praticamente ogni cittadino viene imbonito attraverso la “promessa” di realizzare esattamente quello che desidera, poco importa se la realizzazione risulta impossibile ed i desideri sono spesso apertamente in contrasto gli uni con gli altri. L’importante è che ciascuno si senta promettere esattamente quello che vorrebbe sentirsi promettere, non sia così curioso da domandarsi cosa è stato promesso al suo vicino e non abbia alternative, in quanto gli altri che non arriveranno alla soglia del 4% di promesse “concrete” non potranno farne nessuna.

Giunti a questo punto l’unico vero problema di Veltrusconi è costituito dal fatto che gli elettori non si confondano mettendo la croce sul simbolo sbagliato e per evitare che questo accada il Viminale sta provvedendo, a spese dei cittadini, alla stampa di migliaia di manifesti e alla messa in onda di altrettanti spot televisivi che spieghino come votare correttamente. Dopo questo ultimo sforzo sia chiaro che chi per errore non avrà messo la X su Veltrusconi non potrà poi venirsi a lamentare dicendo che la lampada di Aladino non funziona, in quanto era stato avvertito prima e uomo avvisato...

Non Votateli di Marino Badiale

1. Fine della politica.
Nel mondo del neoliberismo non c'è più nessuno spazio per la politica intesa come sfera in cui si confrontano idee diverse sulla direzione da imprimere allo sviluppo sociale. Lo sviluppo sociale è comandato, in ogni ambito, dall'economia e dalle sue esigenze di profitto. A cosa si riduce allora la politica, se si accetta questo mondo? A pura e semplice amministrazione dell'esistente, a competizione fra cordate di amministratori, il cui unico ruolo, ben pagato, è quello di gestire il consenso sociale alle politiche neoliberiste. Poiché tali politiche comportano la perdita di diritti e redditi, il peggioramento lento e costante della qualità della vita, tale consenso può essere ottenuto solo con la distruzione di ogni discussione pubblica razionale. Di qui la distruzione della scuola e dell'Università, e la riduzione dell'informazione a gossip.

2. Poiché le contrapposizioni interne al ceto politico non hanno più nessuno spessore politico o ideologico, e sono semplici scontri sulla distribuzione di posti e prebende fra gang contrapposte, è corretta la caratterizzazione del ceto politico come Casta. La Casta è al servizio della dinamica distruttiva del capitalismo attuale, e va combattuta come nemica della civiltà e della società. Il
fatto che essa non decida nulla (perché tutto è deciso dall'economia) non significa che essa sia irrilevante: è un'articolazione fondamentale del capitalismo neoliberista, è l'ingranaggio che deve conquistare il consensodi masse sempre più impoverite sia sul piano materiale sia su quello culturale
Poiché le contrapposizioni fra destra e sinistra non hanno nessun valore rispetto ai problemi esaminati, destra e sinistra vanno combattute assieme come espressione dello stesso male. In particolare vanno combattuti non solo i due principali raggruppamenti (PD e PdL) ma anche i loro comprimari, come i gruppi che oggi formano la Sinistra Arcobaleno. Durantei governi di centrosinistra questi ultimi hanno mostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, il loro essere totalmente funzionali (come "copertura a sinistra") ai progetti neoliberisti e imperialisti.
2. Esiste uno spazio sociale nel quale agire questa lotta contro la Casta?

3. Esso esiste, a nostro avviso, e si manifesta oggi come rifiuto generalizzato della Casta, che la Casta stessa denomina "antipolitica" (denominazione ovviamente menzognera come tutto quanto proviene dallaCasta: è la Casta a negare la politica, a rappresentare la vera antipolitica). Lo spazio in cui agire questa lotta non però è quello del"popolo di sinistra": chi crede questo ritiene che il fatto che il popolo di sinistra si richiama a ideali di giustizia e uguaglianza ne faccia una base per la lotta contro le linee di tendenza della società attuale. Ma è un errrore: il richiamo ai valori storici della sinistra non ha nessun significato concreto, per il popolo di sinistra, che infatti ha concretamente dimostrato di accettare qualsiasi violazione di tali valori, da parte dei governi di centrosinistra. Il popolo di sinistra reagisce in base a meccanismi identitari che lo portano ad accettare qualsiasi cosa, purchè la faccia un governo di sinistra, e ad aggirare con sofismi di vario tipo le contraddizioni. E' solo da una netta rottura con il popolo di sinistra che può nascere un'area sociale di opposizione alla Casta e al
capitalismo neoliberista.
3. La scelta di non votare significa per prima cosa questo: la rottura con il popolo di sinistra e la sua ossessione per il "pericolo Berlusconi", la riconquista di uno spazio di libertà e dignità intellettuale.
4. Esistono piccoli raggruppamenti, come il PCL o il movimento di Fernando Rossi, che appaiono esprimere istanze esterne alla Casta. Non ci sembra però utile votarli (a livello nazionale: diverso è il dicorso per liste locali). Da una parte personalità interessanti, appunto come Fernando Rossi o Giulietto Chiesa, non sembrano avere rotto il cordone ombelicale con il "popolo di sinistra", per cui si può dubitare che riescano ad esprimere quella netta rottura con la Casta che a noi sembra necessaria. Dall'altra, ogni riproposizione di partiti comunisti è destinata a vivere
una vita ultraminoritaria: e la cosa è talmente evidente e ovvia che sembra necessario dedurre che chi ripropone oggi un partito comunista (che finalmente sarà quello giusto, quello buono, quello vero) vuole appuntoessere una minuscola minoranza chiusa in se stessa.

4. 5. Al solito, che fare (in questo caso, dopo le elezioni)?
Poiché da almeno trent'anni ci stiamo ritirando e il nemico sta avanzando,e non si vedono elelementi che possano far pensare ad un mutamento di questo stato di cose, l'unica prospettiva è quella della resistenza. Per capire quali possono essere le linee di resistenza, occorre capire quali
saranno le linee di attacco.Un primo punto è ovvio: il progetto di dominio globale USA, la "guerra
infinita e permanente" continuerà ad essere perseguito e continuerà a suscitare resistenze. L'appoggio alle resistenze dei popoli aggrediti dall'imperialismo è la linea di resistenza più facile da individuare.
Un secondo punto è quello della difesa dei territori da progetti invasivi, e quindi il sostegno a tutti quei movimenti (NO TAV, NO ponte sullo stretto, NO rigassificatori ecc.) che nascono in opposizione a progetti economici invasivi e devastanti per gli equilibri del territorio stesso.
Queste lotte vanno nella direzione della critica dello sviluppo, anche se i suoi attori possono non averne coscienza. Con questo intendiamo dire che la prospettiva della critica dello sviluppo è l'unica che renda coerenti queste lotte, dando ad esse un valore e una prospettiva generali. Al di fuori di questa prospettiva, esse possono essere facilmente criticate e isolate indicandole come espressione di egoismi locali che devono cedere il passo all'interesse generale. La risposta a questa critica sta appuntonell'indicare il rifiuto dello sviluppo, cioè la decrescita, come interesse generale del paese. Un terzo punto si collega al primo: il progetto di dominio globale USA comporta la messa in mora, nei paesi occidentali, della rete di diritti e garanzie che la civiltà borghese aveva elaborato come diritti del cittadino: l'habeas corpus, il diritto ad un giusto processo, l'indipendenza della magistratura. Sono tutti aspetti della civiltà giuridica borghese che la misure legislative adottate negli USA dopo l'11 settembre (dal "patriot act" in poi) hanno cominciato ad attaccare e indebolire. Analoghi fenomeni stanno avanzando negli altri paesi occidentali (si pensi al fenomeno delle "extraordinary renditions"). Non si tratta di una tendenza momentanea destinata a rientrare, ma di un
aspetto profondo e fondamentale del capitalismo e dell'imperialismo contemporanei. Se è così, allora una linea di resistenza è rappresentata dalla difesa dello Stato di diritto.
Un altro aspetto decisivo del capitalismo contemporaneo è l'ossessivaricerca del profitto senza limiti e a breve e brevissimo termine. Questo non è possibile rimanendo nell'ambito della legge (della stessa legge borghese!): di qui il carattere criminale di una parte sempre più grande dell'economia capitalistica contemporanea. Criminale nel senso di essere legata a pratiche di truffa e di corruzione, e nel senso di lasciare sempre più spazio all'economia delle grandi organizzazioni criminali, che si confonde in misura crescente con quella "legale". Ciò implica che il capitalismo ha bisogno di disattivare il controllo di legalità sui grandi crimini economici. Anche in questo caso, dunque, la richiesta di difendere lo Stato di diritto ha un carattere di resistenza e ostacolo al dispiegamento della logica del capitalismo contemporaneo.Più in generale, come abbiamo detto, l'odierno capitalismo neoliberista e globalizzato deve abbattere tutte le garanzie e i diritti conquistati nel corso dela fase riformista-socialdemocratica. In Italia quelle conquiste hanno trovato un inquadramento nell'ambito legale e istituzionale disegnato dalla Costituzione, che è nata come compromesso di alto livello fra le tradizioni liberale, cattolica e socialista-comunista. Per il pieno dispiegamento della logica distruttiva del capitalismo contemporaneo è quindi necessario abbattere o eludere i vincoli rappresentati dal dettato costituzionale. E' quanto è stato fatto finora in maniera informale (per l'impossibilità di trovare un accordo per una nuova Costituzione fra le diverse sottocaste), è quanto farà dopo le elezioni il nuovo Parlamento. Non sappiamo se ci saranno grandi riforme istituzionali o proseguirà lo svuotamento della Costituzione lasciandone formalmente vigente il dettato.In ogni caso, la difesa della Costituzione ci sembra la migliore linea di resistenza possibile: essa compendia infatti in sé la difesa dello Stato di diritto e la difesa di alcuni fondamentali conquiste della fase riformista-socialdemocratica.

Elezioni politiche,cittadinanza e scelta personale di non andare a votare di Carlo Gambescia

Nell’ultimo mese ci siamo imposti di non parlare di politica italiana. E soprattutto per una ragione “pregressa” di natura personale: chi scrive, infatti, aveva già deciso almeno da gennaio, che, in caso di elezioni anticipate, questa volta non sarebbe andato a votare. Basta.
Ora, se la democrazia non “fabbrica” più cittadini, attraverso l’esercizio del voto, come li “fabbrica”? Nessun problema, il circuito della legittimazione e del consenso oggi segue altre strade.
In primo luogo, va ricordata la “cittadinanza mediatica”. Gli studi sui contenuti dei programmi e delle notizie veicolate dai media, provano che viene costantemente ripetuto un solo messaggio: il nostro sistema di vita, quello italiano, europeo, occidentale, è il migliore in assoluto. E le disfunzioni, che tra l’altro non sono poche (ambientali, sociali, economiche), sono sempre presentate come fisiologiche: come un prezzo, fin troppo lieve, da pagare al giusto progresso. E il cittadino "mediatizzato" si adegua...
In secondo luogo, non può essere ignorata la “cittadinanza economica”. Il sistema produttivo, tutto sommato, finora, pur con alti e bassi, ha retto. Il che ha permesso una redistribuzione abbastanza regolare del prodotto sociale e garantito tutele sindacali, previdenziali e assistenziali. Di qui proviene il consenso delle classi lavoratrici, ma anche la trasformazione del dibattito politico in economico: la “politica” ormai ruota esclusivamente intorno ai criteri fiscali di divisione del prodotto sociale.
Il terzo luogo, va segnalata la “cittadinanza consumistica”. Assicurare a tutti (o quasi) la possibilità di acquisire beni e servizi, rappresenta la carta vincente: la “riprova” che il sistema funziona. L’iperconsumo viene giudicato dalla gente comune, che subisce l’ipnotico effetto della cittadinanza mediatica, come l’ambito traguardo della cittadinanza economica.
E così il cerchio si chiude, e si chiuderà fin quando la "macchina economica" macinerà profitti, da redistribuire a tutti o quasi, anche se in misura diversa secondo la posizione sociale.
Di conseguenza - ecco il ragionamento delle persone comuni - se si vive in una specie di Paese dei Balocchi, che senso può avere la cittadinanza politica? Perché si dovrebbe votare per cambiare? Se, nonostante i casi di corruzione e malgoverno, tutto sembra “marciare” per il meglio, perché l’elettore dovrebbe punire i corrotti ? E del resto non sono gli stessi politici, dagli sguardi rassicuranti e benevoli, a promuovere politiche centriste, presentando la realtà che ci circonda come il migliore dei mondi possibili?
Un’ultima osservazione: le cittadinanze mediatica, economica e consumistica sono inversamente proporzionali alla cittadinanza politica. Se si consolidano le prime tre, si indebolisce la seconda. Insomma, la gente non va a votare perché reputa la politica ininfluente sull'economia. Come del resto si evince dagli studi in materia, che attestano come il crescente astensionismo elettorale sia un fenomeno tipico delle democrazie opulente, tutte incentrate sui consumi, sull'economia e poco o punto sulla politica, in senso forte e alto.
Si dirà: dopo questo "dotto" ragionamento, conseguentemente, si dovrebbe andare a votare. Proprio per distinguersi, diciamo così, dalle masse amorfe del non voto (quelle del Franza o Spagna, eccetera)...

Ma per chi votare? Ecco il punto. Di qui la nostra scelta di restare domenica prossima a casa.

Nessun commento:

10 aprile 2008

Il movimento del non voto UTILE


Su internet girano molte dichiarazioni di non voto con le proprie motivazioni. Vorrei elencarle tutte come un promemoria per un nuovo futuro dove la sovranità nazionale sia un bene inalienabile come l'acqua.

La farsa elettorale di Marco Cedolin

Siamo finalmente giunti all’ultima settimana di questo teatrino pietoso chiamato campagna elettorale, finalizzato a partorire la “dittatura” di due partiti fotocopia intenzionati a legittimare attraverso il voto un pensiero unico che in realtà non corrisponde alla sensibilità dei cittadini italiani.

Gli ingredienti di questa alchimia sono di una semplicità disarmante, avendo come fulcro una legge elettorale finalizzata allo scopo, condita da un ricorso smodato alla disinformazione.

Gli sbarramenti precostituiti del 4% alla Camera e dell’8% al senato ora che tutti (o quasi) corrono da soli impediranno di fatto la possibilità di essere presenti nel prossimo Parlamento a qualunque voce fuori dal coro (solo la Sinistra Arcobaleno, l’UDC e la Destra possono forse aspirare ad ottenere qualche rappresentante) concentrando le scelte degli italiani verso l’unico “voto utile” a produrre rappresentazione parlamentare ed inducendo chiunque non si riconosca nel partito unico di Veltrusconi a disertare le urne senza avere possibilità d’incidere politicamente.

Che scenda dal pullman del PD o dal palco del PDL, Veltrusconi racconta tutto ed il contrario di tutto, di fronte ad un’esposizione mediatica totalizzante costruita per trasformare in verità anche le peggiori menzogne e contraddizioni.

Veltrusconi si presenta come il più grande ambientalista, ma anche come il più grande cementificatore, come fautore dell’ecologia, ma anche degli inceneritori, come l’amico degli operai, ma anche degli industriali, come il difensore dei diritti dei precari, ma anche della legge Biagi che li rende tali, come sostenitore della pace, ma anche delle missioni di guerra, come colui che getterà altri miliardi nel buco nero del TAV ma risanerà anche il debito pubblico, come il grande riformatore ma anche conservatore, come amico dell’energia pulita ma anche del petrolio e del nucleare, come fautore della riduzione del traffico ma anche dell’incremento nelle vendite delle automobili, come sostenitore degli aumenti salariali ma anche dell’incremento della produttività aziendale, come paladino della sicurezza ma anche della libertà, come colui che diminuirà le tasse ma comunque spenderà più denaro pubblico.

Durante questa ultima settimana di farsa elettorale il carattere ed il grado della manipolazione hanno raggiunto livelli parossistici e praticamente ogni cittadino viene imbonito attraverso la “promessa” di realizzare esattamente quello che desidera, poco importa se la realizzazione risulta impossibile ed i desideri sono spesso apertamente in contrasto gli uni con gli altri. L’importante è che ciascuno si senta promettere esattamente quello che vorrebbe sentirsi promettere, non sia così curioso da domandarsi cosa è stato promesso al suo vicino e non abbia alternative, in quanto gli altri che non arriveranno alla soglia del 4% di promesse “concrete” non potranno farne nessuna.

Giunti a questo punto l’unico vero problema di Veltrusconi è costituito dal fatto che gli elettori non si confondano mettendo la croce sul simbolo sbagliato e per evitare che questo accada il Viminale sta provvedendo, a spese dei cittadini, alla stampa di migliaia di manifesti e alla messa in onda di altrettanti spot televisivi che spieghino come votare correttamente. Dopo questo ultimo sforzo sia chiaro che chi per errore non avrà messo la X su Veltrusconi non potrà poi venirsi a lamentare dicendo che la lampada di Aladino non funziona, in quanto era stato avvertito prima e uomo avvisato...

Non Votateli di Marino Badiale

1. Fine della politica.
Nel mondo del neoliberismo non c'è più nessuno spazio per la politica intesa come sfera in cui si confrontano idee diverse sulla direzione da imprimere allo sviluppo sociale. Lo sviluppo sociale è comandato, in ogni ambito, dall'economia e dalle sue esigenze di profitto. A cosa si riduce allora la politica, se si accetta questo mondo? A pura e semplice amministrazione dell'esistente, a competizione fra cordate di amministratori, il cui unico ruolo, ben pagato, è quello di gestire il consenso sociale alle politiche neoliberiste. Poiché tali politiche comportano la perdita di diritti e redditi, il peggioramento lento e costante della qualità della vita, tale consenso può essere ottenuto solo con la distruzione di ogni discussione pubblica razionale. Di qui la distruzione della scuola e dell'Università, e la riduzione dell'informazione a gossip.

2. Poiché le contrapposizioni interne al ceto politico non hanno più nessuno spessore politico o ideologico, e sono semplici scontri sulla distribuzione di posti e prebende fra gang contrapposte, è corretta la caratterizzazione del ceto politico come Casta. La Casta è al servizio della dinamica distruttiva del capitalismo attuale, e va combattuta come nemica della civiltà e della società. Il
fatto che essa non decida nulla (perché tutto è deciso dall'economia) non significa che essa sia irrilevante: è un'articolazione fondamentale del capitalismo neoliberista, è l'ingranaggio che deve conquistare il consensodi masse sempre più impoverite sia sul piano materiale sia su quello culturale
Poiché le contrapposizioni fra destra e sinistra non hanno nessun valore rispetto ai problemi esaminati, destra e sinistra vanno combattute assieme come espressione dello stesso male. In particolare vanno combattuti non solo i due principali raggruppamenti (PD e PdL) ma anche i loro comprimari, come i gruppi che oggi formano la Sinistra Arcobaleno. Durantei governi di centrosinistra questi ultimi hanno mostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, il loro essere totalmente funzionali (come "copertura a sinistra") ai progetti neoliberisti e imperialisti.
2. Esiste uno spazio sociale nel quale agire questa lotta contro la Casta?

3. Esso esiste, a nostro avviso, e si manifesta oggi come rifiuto generalizzato della Casta, che la Casta stessa denomina "antipolitica" (denominazione ovviamente menzognera come tutto quanto proviene dallaCasta: è la Casta a negare la politica, a rappresentare la vera antipolitica). Lo spazio in cui agire questa lotta non però è quello del"popolo di sinistra": chi crede questo ritiene che il fatto che il popolo di sinistra si richiama a ideali di giustizia e uguaglianza ne faccia una base per la lotta contro le linee di tendenza della società attuale. Ma è un errrore: il richiamo ai valori storici della sinistra non ha nessun significato concreto, per il popolo di sinistra, che infatti ha concretamente dimostrato di accettare qualsiasi violazione di tali valori, da parte dei governi di centrosinistra. Il popolo di sinistra reagisce in base a meccanismi identitari che lo portano ad accettare qualsiasi cosa, purchè la faccia un governo di sinistra, e ad aggirare con sofismi di vario tipo le contraddizioni. E' solo da una netta rottura con il popolo di sinistra che può nascere un'area sociale di opposizione alla Casta e al
capitalismo neoliberista.
3. La scelta di non votare significa per prima cosa questo: la rottura con il popolo di sinistra e la sua ossessione per il "pericolo Berlusconi", la riconquista di uno spazio di libertà e dignità intellettuale.
4. Esistono piccoli raggruppamenti, come il PCL o il movimento di Fernando Rossi, che appaiono esprimere istanze esterne alla Casta. Non ci sembra però utile votarli (a livello nazionale: diverso è il dicorso per liste locali). Da una parte personalità interessanti, appunto come Fernando Rossi o Giulietto Chiesa, non sembrano avere rotto il cordone ombelicale con il "popolo di sinistra", per cui si può dubitare che riescano ad esprimere quella netta rottura con la Casta che a noi sembra necessaria. Dall'altra, ogni riproposizione di partiti comunisti è destinata a vivere
una vita ultraminoritaria: e la cosa è talmente evidente e ovvia che sembra necessario dedurre che chi ripropone oggi un partito comunista (che finalmente sarà quello giusto, quello buono, quello vero) vuole appuntoessere una minuscola minoranza chiusa in se stessa.

4. 5. Al solito, che fare (in questo caso, dopo le elezioni)?
Poiché da almeno trent'anni ci stiamo ritirando e il nemico sta avanzando,e non si vedono elelementi che possano far pensare ad un mutamento di questo stato di cose, l'unica prospettiva è quella della resistenza. Per capire quali possono essere le linee di resistenza, occorre capire quali
saranno le linee di attacco.Un primo punto è ovvio: il progetto di dominio globale USA, la "guerra
infinita e permanente" continuerà ad essere perseguito e continuerà a suscitare resistenze. L'appoggio alle resistenze dei popoli aggrediti dall'imperialismo è la linea di resistenza più facile da individuare.
Un secondo punto è quello della difesa dei territori da progetti invasivi, e quindi il sostegno a tutti quei movimenti (NO TAV, NO ponte sullo stretto, NO rigassificatori ecc.) che nascono in opposizione a progetti economici invasivi e devastanti per gli equilibri del territorio stesso.
Queste lotte vanno nella direzione della critica dello sviluppo, anche se i suoi attori possono non averne coscienza. Con questo intendiamo dire che la prospettiva della critica dello sviluppo è l'unica che renda coerenti queste lotte, dando ad esse un valore e una prospettiva generali. Al di fuori di questa prospettiva, esse possono essere facilmente criticate e isolate indicandole come espressione di egoismi locali che devono cedere il passo all'interesse generale. La risposta a questa critica sta appuntonell'indicare il rifiuto dello sviluppo, cioè la decrescita, come interesse generale del paese. Un terzo punto si collega al primo: il progetto di dominio globale USA comporta la messa in mora, nei paesi occidentali, della rete di diritti e garanzie che la civiltà borghese aveva elaborato come diritti del cittadino: l'habeas corpus, il diritto ad un giusto processo, l'indipendenza della magistratura. Sono tutti aspetti della civiltà giuridica borghese che la misure legislative adottate negli USA dopo l'11 settembre (dal "patriot act" in poi) hanno cominciato ad attaccare e indebolire. Analoghi fenomeni stanno avanzando negli altri paesi occidentali (si pensi al fenomeno delle "extraordinary renditions"). Non si tratta di una tendenza momentanea destinata a rientrare, ma di un
aspetto profondo e fondamentale del capitalismo e dell'imperialismo contemporanei. Se è così, allora una linea di resistenza è rappresentata dalla difesa dello Stato di diritto.
Un altro aspetto decisivo del capitalismo contemporaneo è l'ossessivaricerca del profitto senza limiti e a breve e brevissimo termine. Questo non è possibile rimanendo nell'ambito della legge (della stessa legge borghese!): di qui il carattere criminale di una parte sempre più grande dell'economia capitalistica contemporanea. Criminale nel senso di essere legata a pratiche di truffa e di corruzione, e nel senso di lasciare sempre più spazio all'economia delle grandi organizzazioni criminali, che si confonde in misura crescente con quella "legale". Ciò implica che il capitalismo ha bisogno di disattivare il controllo di legalità sui grandi crimini economici. Anche in questo caso, dunque, la richiesta di difendere lo Stato di diritto ha un carattere di resistenza e ostacolo al dispiegamento della logica del capitalismo contemporaneo.Più in generale, come abbiamo detto, l'odierno capitalismo neoliberista e globalizzato deve abbattere tutte le garanzie e i diritti conquistati nel corso dela fase riformista-socialdemocratica. In Italia quelle conquiste hanno trovato un inquadramento nell'ambito legale e istituzionale disegnato dalla Costituzione, che è nata come compromesso di alto livello fra le tradizioni liberale, cattolica e socialista-comunista. Per il pieno dispiegamento della logica distruttiva del capitalismo contemporaneo è quindi necessario abbattere o eludere i vincoli rappresentati dal dettato costituzionale. E' quanto è stato fatto finora in maniera informale (per l'impossibilità di trovare un accordo per una nuova Costituzione fra le diverse sottocaste), è quanto farà dopo le elezioni il nuovo Parlamento. Non sappiamo se ci saranno grandi riforme istituzionali o proseguirà lo svuotamento della Costituzione lasciandone formalmente vigente il dettato.In ogni caso, la difesa della Costituzione ci sembra la migliore linea di resistenza possibile: essa compendia infatti in sé la difesa dello Stato di diritto e la difesa di alcuni fondamentali conquiste della fase riformista-socialdemocratica.

Elezioni politiche,cittadinanza e scelta personale di non andare a votare di Carlo Gambescia

Nell’ultimo mese ci siamo imposti di non parlare di politica italiana. E soprattutto per una ragione “pregressa” di natura personale: chi scrive, infatti, aveva già deciso almeno da gennaio, che, in caso di elezioni anticipate, questa volta non sarebbe andato a votare. Basta.
Ora, se la democrazia non “fabbrica” più cittadini, attraverso l’esercizio del voto, come li “fabbrica”? Nessun problema, il circuito della legittimazione e del consenso oggi segue altre strade.
In primo luogo, va ricordata la “cittadinanza mediatica”. Gli studi sui contenuti dei programmi e delle notizie veicolate dai media, provano che viene costantemente ripetuto un solo messaggio: il nostro sistema di vita, quello italiano, europeo, occidentale, è il migliore in assoluto. E le disfunzioni, che tra l’altro non sono poche (ambientali, sociali, economiche), sono sempre presentate come fisiologiche: come un prezzo, fin troppo lieve, da pagare al giusto progresso. E il cittadino "mediatizzato" si adegua...
In secondo luogo, non può essere ignorata la “cittadinanza economica”. Il sistema produttivo, tutto sommato, finora, pur con alti e bassi, ha retto. Il che ha permesso una redistribuzione abbastanza regolare del prodotto sociale e garantito tutele sindacali, previdenziali e assistenziali. Di qui proviene il consenso delle classi lavoratrici, ma anche la trasformazione del dibattito politico in economico: la “politica” ormai ruota esclusivamente intorno ai criteri fiscali di divisione del prodotto sociale.
Il terzo luogo, va segnalata la “cittadinanza consumistica”. Assicurare a tutti (o quasi) la possibilità di acquisire beni e servizi, rappresenta la carta vincente: la “riprova” che il sistema funziona. L’iperconsumo viene giudicato dalla gente comune, che subisce l’ipnotico effetto della cittadinanza mediatica, come l’ambito traguardo della cittadinanza economica.
E così il cerchio si chiude, e si chiuderà fin quando la "macchina economica" macinerà profitti, da redistribuire a tutti o quasi, anche se in misura diversa secondo la posizione sociale.
Di conseguenza - ecco il ragionamento delle persone comuni - se si vive in una specie di Paese dei Balocchi, che senso può avere la cittadinanza politica? Perché si dovrebbe votare per cambiare? Se, nonostante i casi di corruzione e malgoverno, tutto sembra “marciare” per il meglio, perché l’elettore dovrebbe punire i corrotti ? E del resto non sono gli stessi politici, dagli sguardi rassicuranti e benevoli, a promuovere politiche centriste, presentando la realtà che ci circonda come il migliore dei mondi possibili?
Un’ultima osservazione: le cittadinanze mediatica, economica e consumistica sono inversamente proporzionali alla cittadinanza politica. Se si consolidano le prime tre, si indebolisce la seconda. Insomma, la gente non va a votare perché reputa la politica ininfluente sull'economia. Come del resto si evince dagli studi in materia, che attestano come il crescente astensionismo elettorale sia un fenomeno tipico delle democrazie opulente, tutte incentrate sui consumi, sull'economia e poco o punto sulla politica, in senso forte e alto.
Si dirà: dopo questo "dotto" ragionamento, conseguentemente, si dovrebbe andare a votare. Proprio per distinguersi, diciamo così, dalle masse amorfe del non voto (quelle del Franza o Spagna, eccetera)...

Ma per chi votare? Ecco il punto. Di qui la nostra scelta di restare domenica prossima a casa.

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