13 agosto 2010

Crisi economica ed epoca di trapasso

Il mondo è in viaggio verso una destinazione instabile, attraverso un territorio sconosciuto, su una strada dissestata, e l’aspetto più preoccupante è che ha già utilizzato la ruota di scorta”. Con questa immagine PIMCO (uno dei fondi d’investimento americani più grandi al mondo), a margine dei lavori del Secular Forum 2010, ha tracciato i contorni della crisi - la più grave dopo lo storico default del 1929 - che ha fatto letteralmente saltare i pilastri del sistema economico mondiale. Ma più interessante ancora è quello che sostengono gli esperti del provider finanziario a proposito della trasfigurazione che il capitalismo (americano ed internazionale) subirà in seguito al passaggio di questa tempesta di proporzioni non ancora definite. Come dopo ogni uragano potremmo non riconoscere più il paesaggio nel quale eravamo abituati a vivere. La mano invisibile del mercato è già stata spazzata via dal pugno visibile dei governi i quali, con i loro provvedimenti anticrisi, hanno scavato la fossa ai principi, alle logiche e all’ideologia del libero scambio.


La fine della deregolamentazione, dell’autoregolamentazione e dell’indebitamento illimitato del settore privato ha scosso pesantemente le certezze di tutti e ha aperto scenari che non offrono punti di riferimento adeguati. Adam Smith è al tappeto…mentre Kyenes è già stato sepolto. Si tratta, in sostanza, di un’inversione di tendenza secolare, che ridisegna le linee dei mercati i quali, da adesso in avanti, saranno costretti ad operare portando al collo le poderose catene dei vincoli imposti dagli Stati per “risanare” le proprie finanze impazzite.



Il condizionamento crescente dei programmi statali, orientati a ristabilire livelli di debito e di deficit più accettabili, sanzionerà la morte definitiva degli animal spirits mercatisti. La “Nuova Normalità” inseguita dai decisori politici avrà, tuttavia, peculiarità non inquadrabili in profili di scelte e di governance riconoscibili e consolidati: “stiamo attraversando un’epoca di grandi cambiamenti per l’economia globale dove alcuni parametri certi stanno diventando variabili. E’ un periodo di tensioni, collisioni, e rinnovamento, un percorso verso un mondo meno indebitato e più regolamentato, con una crescita più debole nei paesi industriali, un mondo in cui la politica è meno favorevole alla globalizzazione e alla mancanza di regole sui mercati”. Resta ad ogni modo da capire chi disporrà della forza per imporre queste regole considerato che le stesse non piovono dal cielo per iniziativa dello spirito santo ma sono il portato di rapporti di forza dispiegantisi tra aree geografiche e paesi sullo scacchiere internazionale.



Nello sforzo riorientativo occorrerà pertanto liberarsi, il prima possibile, delle zavorre ideologiche, nonché dei paradigmi economici, politici, sociali dell’epoca storica appena trascorsa, poiché questi non aiutano a comprendere le modificazioni in atto né le traiettorie delle dinamiche a venire. La “Nuova Normalità”, di cui parla PIMCO, è solo un possibile punto d’attracco che sarà comunque caratterizzato da una crescita mondiale sotto tono, dalla costante necessità di un risanamento patrimoniale, dalla costante migrazione della crescita, e dalla ricchezza verso le economie emergenti di importanza sistemica e da una governance globale relativamente debole. La Nuova normalità è anche caratterizzata da un forte coinvolgimento governativo nella convergenza tra i paesi importanti da un punto di vista sistemico che conduce a quel che potremo definire un “capitalismo di stato”. Approdo estemporaneo dunque, ma non porto riparato e sicuro. In questo ragionamento, che è centrale nell’analisi finanziaria di PIMCO, c’è quanto da noi immaginato e teorizzato circa il passaggio dal capitalismo dei funzionari del capitale di matrice americana ad un altro tipo di configurazione sociale, attualmente in gestazione. Il Centro regolatore statunitense ha esaurito la spinta e la capacità di sintetizzare, secondo le proprie convenienze, le istanze dei diversi protagonisti mondiali. Questa crisi è l’avvisaglia di un sisma ben più profondo che non scombina esclusivamente i circuiti mercantili e quelli finanziari ma che metamorfosa, in maniera decisamente più cogente, la stessa natura del sistema capitalistico globale. Le risposte che i diversi player nazionali daranno alla crisi faranno crescere differenziazioni e divaricazioni tra singole formazioni particolari componenti la formazione capitalistica mondiale. Di tutte queste trasformazioni palingenetiche saremo testimoni (ed anche vittime) nei prossimi anni. L’accentuamento delle lotte per l'egemonia tra gruppi dominanti di paesi e aree più o meno omogenee approfondirà lo sviluppo ineguale di dette società. I barbagli all’orizzonte segnalano la presenza di queste inevitabili tendenze storiche. E’ iniziata l’era multipolare che sta portando in auge potenze a lungo restate ai margini del consesso mondiale (Cina, India, Brasile) e potenze troppo precocemente escluse dalla stanza dei bottoni planetaria (Russia). Tale caotica scenografia è solo l’antipasto di un prossimo periodo di maggiori tumulti che cortocircuiterà irrimediabilmente i meccanismi economici sul piano finanziario e su quello “reale”; e ciò finché non emergerà un altro centro gravitazionale in grado di rimettere ordine nel mondo. Del resto, è una sequenza evenemenziale, che mutatis mutandis, abbiamo già riscontrato in età di transizione anteriori alla nostra (come nel periodo di dissoluzione del capitalismo borghese, nato in Inghilterra nell'800 ed estesosi in tutto l'occidente, ma successivamente surclassato dalla migliore performatività del capitalismo statunitense).



Nonostante qualcuno continui a confondere fenomeni ed epifenomeni, cause ed effetti, l’origine di tutto il caos dei nostri tempi è da rinvenirsi, in primo luogo, nel riacutizzarsi, sul palcoscenico mondiale, della disputa tra potenze che puntano all’allargamento della propria sfera egemonica dopo il collasso della leadership stellestrice. Questo conflitto per la predominanza, attraversando più stadi, condurrà ad una ridefinizione degli stessi rapporti sociali e di forza tra gruppi di potere, tanto all’esterno che all’interno dei singoli paesi. Sulle ceneri del predominio americano sta nascendo qualcosa di inedito sul quale non possiamo dire molto, se non appunto che la politica e gli Stati hanno preso in mano il comando delle operazioni.



Quindi, la crisi economica è esito di questi processi indicanti il persistere di un passaggio d’epoca che sarà ancora duro e laborioso. L’elaborazione di PIMCO, pur essendo ancorata ad una visione economicistica, si incontra con le nostre previsioni circa il dilatamento temporale della debacle sistemica che si risolverà, tra alti e bassi, riprese e ricadute, solo allorquando il mondo avrà trovato un perno di stabilizzazione geopolitica (un’area con uno o due paesi guida). Questo polo potrebbe avere particolarità politiche, sociali, economiche e persino culturali opposte a quelle del regime occidentale che ha improntato di sé novecento e primo scorcio di XXI secolo. Tornando alla metafora iniziale di PIMCO si può ben dire che il mondo viaggia ormai lungo strade impervie senza ruota di scorta, ma occorrerebbe anche aggiungere dell’altro. Per esempio che il mezzo di locomozione utilizzato potrebbe essere inadatto allo scopo. Le distanze da coprire saranno fuori dalla portata di veicoli che non hanno un adeguato propulsore politico e che non sono capaci di proiettarsi nello spazio planetario proteggendo i propri interessi nazionali. Parafrasando una frase del Film di Zemeckis Ritorno al futuro potremmo dire che dove stiamo andando forse non ci sono strade né segnaletica, ma comunque arrivare alla meta prima degli altri e con le idee un po' più chiare sarà questione di vita o di morte.

di Gianni Petrosillo

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13 agosto 2010

Crisi economica ed epoca di trapasso

Il mondo è in viaggio verso una destinazione instabile, attraverso un territorio sconosciuto, su una strada dissestata, e l’aspetto più preoccupante è che ha già utilizzato la ruota di scorta”. Con questa immagine PIMCO (uno dei fondi d’investimento americani più grandi al mondo), a margine dei lavori del Secular Forum 2010, ha tracciato i contorni della crisi - la più grave dopo lo storico default del 1929 - che ha fatto letteralmente saltare i pilastri del sistema economico mondiale. Ma più interessante ancora è quello che sostengono gli esperti del provider finanziario a proposito della trasfigurazione che il capitalismo (americano ed internazionale) subirà in seguito al passaggio di questa tempesta di proporzioni non ancora definite. Come dopo ogni uragano potremmo non riconoscere più il paesaggio nel quale eravamo abituati a vivere. La mano invisibile del mercato è già stata spazzata via dal pugno visibile dei governi i quali, con i loro provvedimenti anticrisi, hanno scavato la fossa ai principi, alle logiche e all’ideologia del libero scambio.


La fine della deregolamentazione, dell’autoregolamentazione e dell’indebitamento illimitato del settore privato ha scosso pesantemente le certezze di tutti e ha aperto scenari che non offrono punti di riferimento adeguati. Adam Smith è al tappeto…mentre Kyenes è già stato sepolto. Si tratta, in sostanza, di un’inversione di tendenza secolare, che ridisegna le linee dei mercati i quali, da adesso in avanti, saranno costretti ad operare portando al collo le poderose catene dei vincoli imposti dagli Stati per “risanare” le proprie finanze impazzite.



Il condizionamento crescente dei programmi statali, orientati a ristabilire livelli di debito e di deficit più accettabili, sanzionerà la morte definitiva degli animal spirits mercatisti. La “Nuova Normalità” inseguita dai decisori politici avrà, tuttavia, peculiarità non inquadrabili in profili di scelte e di governance riconoscibili e consolidati: “stiamo attraversando un’epoca di grandi cambiamenti per l’economia globale dove alcuni parametri certi stanno diventando variabili. E’ un periodo di tensioni, collisioni, e rinnovamento, un percorso verso un mondo meno indebitato e più regolamentato, con una crescita più debole nei paesi industriali, un mondo in cui la politica è meno favorevole alla globalizzazione e alla mancanza di regole sui mercati”. Resta ad ogni modo da capire chi disporrà della forza per imporre queste regole considerato che le stesse non piovono dal cielo per iniziativa dello spirito santo ma sono il portato di rapporti di forza dispiegantisi tra aree geografiche e paesi sullo scacchiere internazionale.



Nello sforzo riorientativo occorrerà pertanto liberarsi, il prima possibile, delle zavorre ideologiche, nonché dei paradigmi economici, politici, sociali dell’epoca storica appena trascorsa, poiché questi non aiutano a comprendere le modificazioni in atto né le traiettorie delle dinamiche a venire. La “Nuova Normalità”, di cui parla PIMCO, è solo un possibile punto d’attracco che sarà comunque caratterizzato da una crescita mondiale sotto tono, dalla costante necessità di un risanamento patrimoniale, dalla costante migrazione della crescita, e dalla ricchezza verso le economie emergenti di importanza sistemica e da una governance globale relativamente debole. La Nuova normalità è anche caratterizzata da un forte coinvolgimento governativo nella convergenza tra i paesi importanti da un punto di vista sistemico che conduce a quel che potremo definire un “capitalismo di stato”. Approdo estemporaneo dunque, ma non porto riparato e sicuro. In questo ragionamento, che è centrale nell’analisi finanziaria di PIMCO, c’è quanto da noi immaginato e teorizzato circa il passaggio dal capitalismo dei funzionari del capitale di matrice americana ad un altro tipo di configurazione sociale, attualmente in gestazione. Il Centro regolatore statunitense ha esaurito la spinta e la capacità di sintetizzare, secondo le proprie convenienze, le istanze dei diversi protagonisti mondiali. Questa crisi è l’avvisaglia di un sisma ben più profondo che non scombina esclusivamente i circuiti mercantili e quelli finanziari ma che metamorfosa, in maniera decisamente più cogente, la stessa natura del sistema capitalistico globale. Le risposte che i diversi player nazionali daranno alla crisi faranno crescere differenziazioni e divaricazioni tra singole formazioni particolari componenti la formazione capitalistica mondiale. Di tutte queste trasformazioni palingenetiche saremo testimoni (ed anche vittime) nei prossimi anni. L’accentuamento delle lotte per l'egemonia tra gruppi dominanti di paesi e aree più o meno omogenee approfondirà lo sviluppo ineguale di dette società. I barbagli all’orizzonte segnalano la presenza di queste inevitabili tendenze storiche. E’ iniziata l’era multipolare che sta portando in auge potenze a lungo restate ai margini del consesso mondiale (Cina, India, Brasile) e potenze troppo precocemente escluse dalla stanza dei bottoni planetaria (Russia). Tale caotica scenografia è solo l’antipasto di un prossimo periodo di maggiori tumulti che cortocircuiterà irrimediabilmente i meccanismi economici sul piano finanziario e su quello “reale”; e ciò finché non emergerà un altro centro gravitazionale in grado di rimettere ordine nel mondo. Del resto, è una sequenza evenemenziale, che mutatis mutandis, abbiamo già riscontrato in età di transizione anteriori alla nostra (come nel periodo di dissoluzione del capitalismo borghese, nato in Inghilterra nell'800 ed estesosi in tutto l'occidente, ma successivamente surclassato dalla migliore performatività del capitalismo statunitense).



Nonostante qualcuno continui a confondere fenomeni ed epifenomeni, cause ed effetti, l’origine di tutto il caos dei nostri tempi è da rinvenirsi, in primo luogo, nel riacutizzarsi, sul palcoscenico mondiale, della disputa tra potenze che puntano all’allargamento della propria sfera egemonica dopo il collasso della leadership stellestrice. Questo conflitto per la predominanza, attraversando più stadi, condurrà ad una ridefinizione degli stessi rapporti sociali e di forza tra gruppi di potere, tanto all’esterno che all’interno dei singoli paesi. Sulle ceneri del predominio americano sta nascendo qualcosa di inedito sul quale non possiamo dire molto, se non appunto che la politica e gli Stati hanno preso in mano il comando delle operazioni.



Quindi, la crisi economica è esito di questi processi indicanti il persistere di un passaggio d’epoca che sarà ancora duro e laborioso. L’elaborazione di PIMCO, pur essendo ancorata ad una visione economicistica, si incontra con le nostre previsioni circa il dilatamento temporale della debacle sistemica che si risolverà, tra alti e bassi, riprese e ricadute, solo allorquando il mondo avrà trovato un perno di stabilizzazione geopolitica (un’area con uno o due paesi guida). Questo polo potrebbe avere particolarità politiche, sociali, economiche e persino culturali opposte a quelle del regime occidentale che ha improntato di sé novecento e primo scorcio di XXI secolo. Tornando alla metafora iniziale di PIMCO si può ben dire che il mondo viaggia ormai lungo strade impervie senza ruota di scorta, ma occorrerebbe anche aggiungere dell’altro. Per esempio che il mezzo di locomozione utilizzato potrebbe essere inadatto allo scopo. Le distanze da coprire saranno fuori dalla portata di veicoli che non hanno un adeguato propulsore politico e che non sono capaci di proiettarsi nello spazio planetario proteggendo i propri interessi nazionali. Parafrasando una frase del Film di Zemeckis Ritorno al futuro potremmo dire che dove stiamo andando forse non ci sono strade né segnaletica, ma comunque arrivare alla meta prima degli altri e con le idee un po' più chiare sarà questione di vita o di morte.

di Gianni Petrosillo

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