16 agosto 2010

La globalizzazione selvaggia

http://t2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcSkwHZ2ivcoVo22w55rMOPQIbiFJlF0jb6GhLMPuUYsUnkv2Ng&t=1&usg=__-KeAR6h0nytdI3XmXG40jzYFeiU=

“Impara a farti gli affari tuoi, e vedrai che le cose cominceranno ad andarti meglio”.
È facile, parlando con qualcuno, sentirsi dare questo consiglio che viene presentato come saggezza popolare. E invece guardando le cose dall’alto è vero esattamente l’opposto.
Infatti farsi gli affari propri evitando volutamente di curarsi degli affari generali della società in cui viviamo crea grossi problemi non solo alla società, ma anche all’individuo.
Qual è il nodo centrale del problema? È che la gente ha imparato piano piano, fino a diventare larga maggioranza, che facendosi i fatti propri si hanno meno problemi e ci si guadagna. Vero, la cosa funziona molto bene finché è una piccola minoranza a ragionare in questo modo. Quando diventa maggioranza, non funziona più, perchè la società non è più una società civile bene organizzata, capace di individuare i problemi e risolverli con la forza dell’unione, della responsabilità e dell’organizzazione, ma ritorna ad essere una jungla, dove ognuno bada solo a se stesso, e i pericoli, persino per la sopravvivenza, diventano davvero molto seri.
Nel mondo non si è ancora arrivati (per ora) a quel punto estremo, ma si va in quella direzione.
Ciò che è peggio è che questa deriva si comporta proprio come una slavina: quando parte prende velocità, si ingrossa, e a quel punto niente e nessuno la può più fermare.
Nel passato di solito arrivavano le guerre a mettere ordine nello stato delle cose, oggi non è più possibile.
In ogni caso è già in atto un cambiamento epocale. Solo 100 anni fa le grandi potenze erano l’Austria, in Europa, e la Gran Bretagna nel resto del mondo (con gli Stati Uniti in crescita).
Oggi l’Austria non conta più niente e la Gran Bretagna ormai conta poco. Crescono invece a vista d’occhio le economie che solo fino a 15 anni fa tutti noi chiamavamo del terzo mondo, e cioè l’Estremo Oriente (escluso il Giappone) e il Sud America.
Tutto questo succede a causa del trionfo del capitalismo liberista, che ha dato il via al fenomeno della globalizzazione selvaggia, la quale, tra l’altro, sposta in continuazione ricchezza dai paesi industrializzati alle nuove economie.
Se la globalizzazione fosse governata correttamente sarebbe forse un fenomeno positivo, perchè consentirebbe di allargare i mercati in modo armonico facendo crescere le nuove economie senza penalizzare quelle esistenti. Con il capitalismo liberista selvaggio (cioè senza regole) succede invece che ognuno pensa al proprio profitto senza curarsi dei pesanti effetti negativi che ricadono sulla propria organizzazione sociale. Il risultato è appunto l’avvio di una crisi di sistema di cui non è possibile per ora prevedere come finirà.
È però possibile ipotizzare degli scenari. Anche perchè essendo la crisi, in termini economici, una discesa, la fine potrebbe essere esattamente quella che conclude le discese delle slavine, e cioè la catastrofe.
Il capitalismo liberista selvaggio sta spostando grandissime quantità di ricchezza dalle (ex) sette potenze industriali alle nuove economie emergenti. Già oggi ci sono più miliardari in Cina, India, Russia, Brasile e persino Messico (che ha in Carlos Slim Helù l’attuale uomo più ricco del mondo) che non negli Stati Uniti e in Europa.
Visto quello che è successo in questi 15 anni (progressiva disgregazione dello stato sociale in Europa ed esaltazione della globalizzazione selvaggia negli Usa e nel mondo), come sarà il mondo fra 15 anni?
Dato che non possiamo (o non vogliamo) ipotizzare una guerra, quali forze potranno fermare la slavina iper-liberista che ci sta impoverendo sempre più rapidamente?
La spaventosa crisi di due anni fa aveva già fatto suonare molti campanelli d’allarme, ma la falsa speranza che il mondo capitalista si potesse svegliare dalla ubriacatura iper-liberista, grazie anche all’avvento di Obama al gradino numero uno degli Usa, sta ormai svanendo miseramente, sommersa dagli egoismi incrociati dei politici e degli uomini d’affari. Si parla già irresponsabilmente di fine della crisi, solo perché qualche indice economico presenta minimi segnali di ripresa. Ma quale ripresa ci può essere se non si mettono regole internazionali che fermino la slavina finché si è in tempo? Senza nuove norme, trattati, capaci di regolare adeguatamente il flusso della ricchezza da e verso gli ex paesi del terzo mondo, quando arriverà per davvero la ripresa dell’economia globale porterà ancor più ricchezza a quei paesi, e ciò avverrà ancora totalmente a scapito nostro.
Fra una quindicina di anni, con l’espulsione di Usa ed Europa dalla guida dell’economia, cosa succederà?
Tutti quei paesi emergenti aumenteranno il loro potere economico, ma occorre ricordare che essi non hanno una forte e consolidata tradizione civile. Anzi, la Cina addirittura è tuttora un regime comunista e alquanto strano, visto che si arricchiscono smisuratamente in pochi, rispetto alla massa della popolazione che rimane estremamente povera.
Continuando questo trend abbiamo solo due scenari possibili. Il primo scenario è quello tradizionale di una guerra che riequilibri il tutto e proponga un nuovo ordine mondiale.
Il secondo scenario è quello di un progressivo ma rapido sgretolamento delle potenze economiche attuali, che verranno sostituite dalle nuove potenze emergenti.
Con il corollario di forti e gravi tensioni sociali in tutti e due questi mondi.
Storicamente è già accaduto agli Egizi, ai Greci, ai Romani, alla Gran Bretagna, e non è mai successo a causa di una guerra persa, perchè non dovrebbe accadere ancora?
Eppure questi cambiamenti epocali si potrebbero, almeno in parte, controllare. Organizzando meglio le società per indirizzarle ad una crescita e ad uno sviluppo più armonioso.
Ovvero rinunciando agli egoismi e ai liberismi di parte esasperati. Cioè facendo il contrario di quello che il mondo sta facendo adesso.

di Roberto Marchesi

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16 agosto 2010

La globalizzazione selvaggia

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“Impara a farti gli affari tuoi, e vedrai che le cose cominceranno ad andarti meglio”.
È facile, parlando con qualcuno, sentirsi dare questo consiglio che viene presentato come saggezza popolare. E invece guardando le cose dall’alto è vero esattamente l’opposto.
Infatti farsi gli affari propri evitando volutamente di curarsi degli affari generali della società in cui viviamo crea grossi problemi non solo alla società, ma anche all’individuo.
Qual è il nodo centrale del problema? È che la gente ha imparato piano piano, fino a diventare larga maggioranza, che facendosi i fatti propri si hanno meno problemi e ci si guadagna. Vero, la cosa funziona molto bene finché è una piccola minoranza a ragionare in questo modo. Quando diventa maggioranza, non funziona più, perchè la società non è più una società civile bene organizzata, capace di individuare i problemi e risolverli con la forza dell’unione, della responsabilità e dell’organizzazione, ma ritorna ad essere una jungla, dove ognuno bada solo a se stesso, e i pericoli, persino per la sopravvivenza, diventano davvero molto seri.
Nel mondo non si è ancora arrivati (per ora) a quel punto estremo, ma si va in quella direzione.
Ciò che è peggio è che questa deriva si comporta proprio come una slavina: quando parte prende velocità, si ingrossa, e a quel punto niente e nessuno la può più fermare.
Nel passato di solito arrivavano le guerre a mettere ordine nello stato delle cose, oggi non è più possibile.
In ogni caso è già in atto un cambiamento epocale. Solo 100 anni fa le grandi potenze erano l’Austria, in Europa, e la Gran Bretagna nel resto del mondo (con gli Stati Uniti in crescita).
Oggi l’Austria non conta più niente e la Gran Bretagna ormai conta poco. Crescono invece a vista d’occhio le economie che solo fino a 15 anni fa tutti noi chiamavamo del terzo mondo, e cioè l’Estremo Oriente (escluso il Giappone) e il Sud America.
Tutto questo succede a causa del trionfo del capitalismo liberista, che ha dato il via al fenomeno della globalizzazione selvaggia, la quale, tra l’altro, sposta in continuazione ricchezza dai paesi industrializzati alle nuove economie.
Se la globalizzazione fosse governata correttamente sarebbe forse un fenomeno positivo, perchè consentirebbe di allargare i mercati in modo armonico facendo crescere le nuove economie senza penalizzare quelle esistenti. Con il capitalismo liberista selvaggio (cioè senza regole) succede invece che ognuno pensa al proprio profitto senza curarsi dei pesanti effetti negativi che ricadono sulla propria organizzazione sociale. Il risultato è appunto l’avvio di una crisi di sistema di cui non è possibile per ora prevedere come finirà.
È però possibile ipotizzare degli scenari. Anche perchè essendo la crisi, in termini economici, una discesa, la fine potrebbe essere esattamente quella che conclude le discese delle slavine, e cioè la catastrofe.
Il capitalismo liberista selvaggio sta spostando grandissime quantità di ricchezza dalle (ex) sette potenze industriali alle nuove economie emergenti. Già oggi ci sono più miliardari in Cina, India, Russia, Brasile e persino Messico (che ha in Carlos Slim Helù l’attuale uomo più ricco del mondo) che non negli Stati Uniti e in Europa.
Visto quello che è successo in questi 15 anni (progressiva disgregazione dello stato sociale in Europa ed esaltazione della globalizzazione selvaggia negli Usa e nel mondo), come sarà il mondo fra 15 anni?
Dato che non possiamo (o non vogliamo) ipotizzare una guerra, quali forze potranno fermare la slavina iper-liberista che ci sta impoverendo sempre più rapidamente?
La spaventosa crisi di due anni fa aveva già fatto suonare molti campanelli d’allarme, ma la falsa speranza che il mondo capitalista si potesse svegliare dalla ubriacatura iper-liberista, grazie anche all’avvento di Obama al gradino numero uno degli Usa, sta ormai svanendo miseramente, sommersa dagli egoismi incrociati dei politici e degli uomini d’affari. Si parla già irresponsabilmente di fine della crisi, solo perché qualche indice economico presenta minimi segnali di ripresa. Ma quale ripresa ci può essere se non si mettono regole internazionali che fermino la slavina finché si è in tempo? Senza nuove norme, trattati, capaci di regolare adeguatamente il flusso della ricchezza da e verso gli ex paesi del terzo mondo, quando arriverà per davvero la ripresa dell’economia globale porterà ancor più ricchezza a quei paesi, e ciò avverrà ancora totalmente a scapito nostro.
Fra una quindicina di anni, con l’espulsione di Usa ed Europa dalla guida dell’economia, cosa succederà?
Tutti quei paesi emergenti aumenteranno il loro potere economico, ma occorre ricordare che essi non hanno una forte e consolidata tradizione civile. Anzi, la Cina addirittura è tuttora un regime comunista e alquanto strano, visto che si arricchiscono smisuratamente in pochi, rispetto alla massa della popolazione che rimane estremamente povera.
Continuando questo trend abbiamo solo due scenari possibili. Il primo scenario è quello tradizionale di una guerra che riequilibri il tutto e proponga un nuovo ordine mondiale.
Il secondo scenario è quello di un progressivo ma rapido sgretolamento delle potenze economiche attuali, che verranno sostituite dalle nuove potenze emergenti.
Con il corollario di forti e gravi tensioni sociali in tutti e due questi mondi.
Storicamente è già accaduto agli Egizi, ai Greci, ai Romani, alla Gran Bretagna, e non è mai successo a causa di una guerra persa, perchè non dovrebbe accadere ancora?
Eppure questi cambiamenti epocali si potrebbero, almeno in parte, controllare. Organizzando meglio le società per indirizzarle ad una crescita e ad uno sviluppo più armonioso.
Ovvero rinunciando agli egoismi e ai liberismi di parte esasperati. Cioè facendo il contrario di quello che il mondo sta facendo adesso.

di Roberto Marchesi

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