20 agosto 2010

Le vittime del collasso economico irlandese



L’Irlanda durante gli anni del boom era chiamata “la tigre celtica”. Ma ora il governo ha dovuto introdurre pesanti tagli per coprire il deficit del bilancio. Ecco come la gente comune ne è rimasta condizionata.

Quando Anne Moore è tornata per fare colazione insieme alla sua famiglia dopo un turno notturno di 12 ore in una casa di cura, ha trovato la polizia in assetto antisommossa e l’ufficiale giudiziario fuori quella che da 16 anni è stata casa sua. Lei insieme a suo marito Christy e i loro tre figli sono stati sfrattati. Nonostante fosse arrivata sul tetto della casa con una scala ed esserci rimasta per sei ore, alla fine è stata convinta a scendere per essere portata in ospedale. Alla sua casa nei sobborghi a sud di Dublino sono stati prontamente apposti i sigilli.

I Moore erano in forte ritardo con le quote e dovevano al council 10,000 euro. Per 8 anni Ann ha pagato altri 50 euro oltre ai 100 di affitto settimanale. Ma in un paese dove 300,000 case rimangono vuote, le autorità hanno deciso di lasciare i Moore senza un tetto e punirli per la loro apparente irresponsabilità. Invece sono i politici, i banchieri e i costruttori in Irlanda ad essere stati degli incapaci.

L’Irlanda ha il debito procapite più alto nella UE. Il deficit di bilancio del 14.3% è addirittura più elevato di quello greco. Per un decennio l’economia della “tigre celtica” è stata il fiore all’occhiello della globalizzazione del libero mercato. Ora questo malconcio randagio che è l’economia irlandese è diventato l’esempio neoliberista di come tagliare la strada alla ripresa. Il governo irlandese ha colpito il settore pubblico spendendo quest’anno il 7.5% del PIL con una serie di tagli drastici: il sussidio di disoccupazione del 4.1%. Altri 3 miliardi verranno tagliati l’anno prossimo, per un totale del 10% del PIL in tre anni: è come se il governo britannico avesse fatto tagli al bilancio non di 6.25 miliardi di sterline così come pianificato da George Osborne nel 2010, ma di un’incomprensibilmente enorme cifra di 150 miliardi.

Eppure nonostante i tagli, descritti come masochistici dal Financial Times, il debito dell’Irlanda continua a crescere grazie ai disperati salvataggi delle sue banche. I critici irlandesi temono che questa spirale di morte possa portare a un decennio di austerità opprimente, una generazione persa di disoccupati e, peggio ancora, il ritorno di uno spettro che perseguita l’Irlanda da due secoli: l’emigrazione di massa.

A prima vista, gli irlandesi sembrano opporsi alla situazione con uno spirito di autocommiserazione e anche un sottile orgoglio. “ Non ci abbiamo mai creduto nel boom. Durante il periodo della tigre celtica noi ci dicevamo che non sarebbe mai durata” afferma Lorcan, padre di due figli di Limerick dove la Dell ha chiuso la sede delle operazioni con la relativa perdita di 5,000 posti. “ La gente in Irlanda era abituata a case fatiscenti, a pessima educazione e pessimi ospedali. In Inghilterra c'è una cultura di cose che funzionano, cosa che non c'è in Irlanda. Il gene dell’auto flagellazione in Irlanda è molto forte – ‘fateci pure a pezzi perché siamo abituati a essere la vittima oppressa’. Ci fa sentire quasi meglio.”

Pat Ingoldsby, un poeta di strada di Dublino, sostiene che lui può farcela senza quello che ora è un sussidio pubblico decimato. “Ogni giorno io giro per la mia città con un trolley e una scatola di cartone piena di sogni e sento dei lavori che si perdono intorno a me. Il mio bene più prezioso è che non ho niente da perdere.” Ma la crisi taglia pesantemente per quasi tutti. Mentre consorzi fantasma di nuovi appartamenti invendibili rimangono vuoti per il paese, 170,000 persone si trovano nella situazione di negative equity. L’Irlanda è al quarto posto in Europa per tasso di disoccupazione ( 13,4%) e ha 432,500 persone che ricevono sussidi. Un terzo della popolazione sotto i 30 anni è disoccupata. E la disoccupazione sarebbe anche peggiore se non fosse tornata l’emigrazione.
v L’Irlanda è lacerata dai ricordi del mezzo milione che scapparono negli anni 50 e le centinaia di migliaia – molti dei quali altamente istruiti – che abbandonarono il paese negli anni 80. La perdita di una gioventù dinamica ha contribuito alla stagnazione economica per decenni. Ma i critici sostengono che la fuga è stata anche uno strumento usato dai governi per contenere la disoccupazione e mandare fuori l’opposizione all’establishment irlandese. Circa 20 mila irlandesi sono emigrati tra aprile 2008 e aprile 2009 e le stime indicano che altre 100 mila lasceranno tra quest’anno e il prossimo.

Siamo diventati un grande Surrey

Con le biciclette a noleggio per i turisti parcheggiate sotto gli alberi di lime piantati da poco lungo l’area di passeggio sul fiume, su Dublino splende ancora la luce della recente prosperità. Nelle librerie c'è un mini boom di narrativa dai titoli laceranti: Il collasso della Tigre Celtica; I banchieri – Come le banche hanno messo in ginocchio l’Irlanda; Banksters – Come una potente élite ha dissipato la ricchezza irlandese. “ Nella sua crescita e caduta, l’Irlanda ha fatto sembrare Icaro come noiosamente stabile” scrive Fintan O’Toole nel suo recente libro Ship Of Fools.

Negli anni 90 l’economia di un’agricoltura stagnante si era trasformata in un terreno post-industriale altamente qualificato. I lavori nel campo tecnologico e farmaceutico erano complementati da un potente settore edilizio. Nel 1986 il PIL irlandese procapite era due terzi di quello medio europeo; nel 1999 era il 111% rispetto a quello medio e significativamente superiore a quello inglese. Tra il 1985 e il 2006, i prezzi delle case in Irlanda è cresciuto di circa il 250%, molto più che nel Regno Unito. L’emigrazione diventava immigrazione, con i polacchi e altri accorsi a dividere il sogno irlandese di una nazione euro-atlantica fiduciosa in se stessa, emancipata dalle briglie del cattolicesimo e del colonialismo. O, come afferma l’economista David McWilliams: “Siamo diventati una grossa e antiquata versione del Surrey(Contea inglese che negli anni 80 ha iniziato un forte sviluppo legato alla tecnologia e ai servizi nel settore finanziario - ndt).”

Mentre i miliardari del boom hanno goduto di una libertà sfrenata di costruire e prendere prestiti, O’Toole sostiene che la prosperità irlandese degli anni 90 non era semplicemente il trionfo del libero mercato. Per gran parte del ventesimo secolo, quasi nessuna nazione ha avuto una così lenta crescita nazionale. Gli anni 90 hanno visto uno scatto con cui l’Irlanda ha finalmente recuperato lo svantaggio. E il boom globale di quegli anni vide una crescita senza precedenti negli investimenti esteri degli Stati Uniti: gran parte dei quali arrivò in Irlanda, dati la comune lingua e le origini irlandesi di molti investitori americani e dati anche gli attraenti tassi d’interesse, molto bassi. Il socialismo europeo diede una mano: l’Irlanda incassò 8.6 miliardi di sterline irlandesi dai fondi strutturali della UE tra il 1987 e il 1998. Cosa è andato storto? Quasi tutti in Irlanda puntano il dito contro la profana trinità di politici, banchieri e costruttori per aver trasformato il boom in un flop. Il governo ha fatto scoppiare una demenziale bolla edilizia offrendo immensi tagli alle imposte per le nuove edificazioni. Il settore delle costruzioni si era gonfiato fino a contare per un quinto nell’economia del paese. I prezzi, i mutui, i compensi e i costi aumentarono. Banche sregolate si sfrenarono nel concedere prestiti. Quando giunse il collasso bancario globale, le banche irlandesi accumularono un impressionante debito (nel 2008 la Anglo Irish Bank aveva 73 miliardi di euro in prestiti, metà del PIL dell’Irlanda) e il paese è stato il primo nella eurozona a entrare in recessione.

La gente “ sta accusando uno o due banchieri ma non sono loro gli unici” afferma McWilliams. “ Dobbiamo guardare a un’intera classe di professionisti – agenti immobiliari, legislatori, revisori dei conti, investitori, politici complici – che sono rimasti intossicati dall’ambizione. Non hanno sentito il campanello d’allarme perché avevano gli orecchi otturati dal denaro.”

Secondo O’Toole, niente e nessuno in Irlanda ha mai detto “basta”. Gli elettori non hanno detto ai politici di fermarsi e i politici non hanno stabilito limiti per gli costruttori o per le banche. Ora, scrive ancora, la questione è capire se gli Irlandesi “ siano arrabbiati costruttivamente al punto giusto da spazzare via un sistema che li ha portati al fallimento e crearne uno nuovo per se stessi”.

Fin dall’indipendenza all’inizio del secolo scorso, l’Irlanda è stata dominata da due partiti di destra: Fianna Fáil e Fine Gael. Fianna Fáil ha governato per gli ultimi 13 anni (ora ha stretto un’improbabile alleanza coi verdi) e molti si dicono furiosi con un governo che non possono mandare a casa per altri due anni. Ma, come sottolineato dalle classi dirigenti irlandesi con certo orgoglio, gli irlandesi non sono come i greci o francesi, neanche come la gente dell’Islanda, dove le proteste popolari hanno portato i governi locali a rassegnare le dimissioni. Non ci sono state rivolte per le strade di Dublino.

Qualche tempo fa, si era verificato un piccolo tafferuglio alle porte del Dáil, il parlamento irlandese. Una settimana dopo, sotto una pioggia battente, mille persone si sono riunite nello stesso posto per una marcia educatamente chiamata “marcia per il diritto al lavoro”. James O’Toole dice che i greci sono molto più ribelli. “Gli irlandesi sono i bambini buoni dell’Europa, si prendono le bacchettate senza lamentarsi e alla fine sono contenti perché tutti hanno ricevuto qualche caramella”. Perché così poche proteste? “ La rabbia è un fatto privato nel nostro paese; è lì ma nessuno la esprime in pubblico” ammette Ben O’Neill, un manifestante che porta un badge con la scritta “Fuck Nama”. Nama è la “banca cattiva” creata dal governo per rimuovere i titoli tossici dall’economia. Costa al contribuente e alle generazioni a venire, una fortuna (finora 73 miliardi di denaro pubblico sono andati alle banche).

Un dimostrante vestito da Maria Antonietta distribuisce tartine tra la folla. “Fuori la mafia del Fianna Fáil!” dice uno dei manifesti. “È un brutto gioco di parole sulla mafia” sottolinea qualcuno. Ci sono i soliti studenti e i lavoratori socialisti incappucciati ma anche gente che non assomiglia a un manifestante tipico, come Ray e Phyllis Carroll da Shankhill. “I tagli hanno colpito tutti” dice Phyllis mentre un costoso elicottero della Garda gira sopra di noi. “ I poveri. I disabili, i ciechi, le aiutanti. I più vulnerabili nella società.” Lei punta il dito verso il Dáil: “ Loro sono gli unici a non soffrire”.

I Carroll vivono dei loro risparmi e aiutano il loro figlio più giovane con l’università. Il sussidio di disabile di Ray non copre i loro bisogni essenziali. “ La cassa è vuota. I risparmi di anni sono andati. Ci hanno preso in giro” dice Ray. “ Ora stiamo toccando il fondo e loro ci lasciano morire”.

Nonostante i 100 mila manifestanti dopo i tagli al bilancio a dicembre, non ci sono state proteste primaverili o estive. Richard Boyd Barrett, un consulente di People Before Profit, è infuriato con i dirigenti sindacali. “ Hanno speso gran parte degli ultimi vent’anni a mangiare panini insieme a membri del governo” afferma. “Hanno assunto uno stile di vita simile a quello dei datori di lavoro con cui impiegano il loro tempo a discutere”.

Ora i sindacati sono ignorati. David Begg, rappresentante dell’ Irish Congress of Trade Unions, è diventato critico del governo a partire da alcuni mesi. “La partecipazione e l’influenza che avevamo non ci sono più” ci dice senza giri di parole. “ I motivi del collasso sono che il governo non ha ricordato i termini di 22 anni di partnership, abbandonata dal governo e dai datori di lavoro al primo cenno di difficoltà”.
v In questa terra di disoccupati, i lavoratori combattono per proteggere i loro posti. Un impiegato di Quinn Insurance, impresa nata dal boom e da poco in amministrazione controllata, ha troppa paura di dare il suo nome perché si è iscritto a un sindacato. Ha saputo che l’azienda sta cercando di mandare in cassa integrazione 900 impiegati, più di un terzo della loro forza lavoro. “ C'è da impazzire se si pensa alla situazione economica” ci dice. “ Sto rischiando il posto e sento che mi è stato intimidato di non iscrivermi al sindacato. È davvero frustrante. Mi aspetterei molta più rabbia ora”. Lui ha cercato di incoraggiare i suoi depressi e stoici colleghi a iscriversi ma senza risultati. “ Alcuni hanno paura, altri pensano che non possono farci niente.”

C'è anche chi è d’accordo con la strategia masochista del governo. “ I soldi sono diventati il nostro dio durante gli anni della tigre celtica” dice un tassista, che ora deve lavorare 7 giorni alla settimana per poter pagare il mutuo ed è indietro coi pagamenti di tre mesi. “ Tutti noi siamo in parte colpevoli”. Lui accetta i tagli. La gente sensata sa che l’ultima cosa che potevamo desiderare per questo paese è l’intervento del FMI. Perché significa non avere un governo – è il FMI a dirigere il paese”.

All’interno del governo, i consiglieri ammettono segretamente che Fianna Fáil verrà “spolpata” alle prossime elezioni. “Il governo è estremamente impopolare in questo momento.Devono fare la cosa giusta.” dice una fonte che vede questo come un governo liberato con nulla da perdere e per questo in grado di prendere decisioni dure. Sul piano internazionale, gli irlandesi ricevono applausi dalla destra: i rappresentanti del British Treasury hanno discusso con le loro controparti irlandesi sulla maniera più efficace per operare i tagli e il ministro delle finanze irlandese, Brian Lenihan (che ora combatte contro un cancro al pancreas) è stato elogiato dalla stampa finanziaria. Anche se Lenihan ha detto che il comportamento dei banchieri è stato “davvero scioccante”, il governo rimane asservito al libero mercato globale. Il boom era stato creato dal neoliberismo e lo sarà di nuovo. “ Abbiamo visto che ha funzionato 20 anni fa. Vediamo se funzionerà ancora.” sostiene un economista governativo.

Pur sedendosi su un desk circondato da migliaia di metri quadrati di uffici vuoti nella zona intorno al fiume, John FitzGerald, economista presso l’Economic and Social Research Institute, un think-tank indipendente, è molto più ottimista della UE riguardo le prospettive dell’Irlanda. Studioso che non dice nemmeno che suo padre era un primo ministro, lui prevede che ci sarà una crescita fino al 5% tra il 2012 e il 2015, prima di tornare a quelli che lui chiama i “noiosi livelli europei”.

L’Irlanda ha dovuto rivalutare la propria economia per tornare ad essere globalmente competitiva, sostiene FitzGerald. I prezzi negli affitti e nel settore privato sono caduti in seguito ai tagli drastici dei prezzi del settore pubblico. La forza del paese e la sua debolezza, è che più della metà del suo impiego e ben oltre la metà della sua manifattura viene da aziende straniere. Con la ripresa dell’economia globale c'è anche la ripresa di quella irlandese che con i servizi nel settore tecnologico, con il software e la salute sta dando vita a una nuova ‘smart economy’. FitzGerald pensa che il governo abbia fatto un’ “opera miserabile sulle banche” ma ora ha capito quali tagli fare. “ Sono stati avveduti, hanno saputo portare la popolazione ad assorbire un grande dolore. Se siamo nel giusto, sorprenderanno gli irlandesi nel 2013 comunicando la fine dei tagli”.

Più sorprendentemente, lui ritiene che l’idea diffusa che la gente stia pagando per gli errori di una élite di intoccabili è sbagliata e il bilancio masochista è stato “probabilmente il più redistributivo degli ultimi 20 anni, anche se per sbaglio”. Secondo la ricerca dell’istituto, il bilancio ha toccato il 20% delle entrate delle famiglie per il 6%, mentre il 40% in fondo hanno visto aumenti fino al 2%. “I ricchi hanno pagato un prezzo molto più elevato rispetto ai poveri. Ma tutti stanno peggio” riconosce Fitzgerald.

È ora di abbandonare l’euro?

“Avevi ragione, vero?” fa il conducente del treno per Limerick a David McWilliams. È difficile immaginare un altro paese dove un economista viene riconosicuto da un passante, ma tutti sono economisti ora in Irlanda. Mc Williams, un anticonformista che aveva previsto l’incombente conflagrazione economica, ora gira per il paese con un monologo comico sull’economia.

“Pochi di noi durante il boom hanno suggerito che quel che stava accadendo non aveva senso. In Irlanda se sei contro il consenso, la prima fase è essere ridicolizzati, poi c'è una violenta opposizione e la terza fase e la verità universale - dove tutti pretendono di essere stati d’accordo con te da sempre” dice McWilliams sorridendo.

Lui ha due soluzioni populiste e radicali: lasciamo crollare le banche e abbandoniamo l’euro. I conti correnti individuali sarebbero garantiti mentre i detentori di titoli privati perderebbero tutto, ma i mercati non avrebbero nulla da temere, anzi, guarderebbero all’economia irlandese con rinnovato interesse perché il denaro prima impegnato nel salvataggio delle banche potrebbe essere investito nella ripresa. Salvare l’Anglo Irish Bank è da economia sovietica” dice. “Gettare tutte le tue risorse per un’entità simbolica dimostra al mondo che sei un fanatico”.

McWilliams sostiene anche che l’attaccamento all’euro e alla UE nasce dalla volontà dell’establishment tradizionale di evitare i britannici che sono ancora i maggiori partner commerciali dell’Irlanda. Se l’Irlanda lasciasse l’euro tornando alla sterlina irlandese, la sua valuta avrebbe un colpo. E lasciamo che succeda, dice McWilliams: se perdesse il 40% i costi in Irlanda sarebbero del 40% più bassi di quelli dei competitori. Gli investimenti affluirebbero e le esportazioni diventerebbero estremamente competitive.

Voci più ortodosse da destra e sinistra non vorrebbero lasciar crollare le banche né abbandonare l’euro: “ Non puoi lasciar collassare una banca che è la metà del PIL del paese. Si porterebbe appresso l’intera economia” afferma un economista del governo. Fitzgerlad aggiunge: “ Se la banca centrale d’Irlanda dovesse uscire alla ricerca di decine di miliardi per sostituire l’euro è sicuro che non ce la farebbe. Ci sarebbe un crollo drammatico della valuta e una forte crescita dei tassi d’interesse e un totale crollo dell’economia. Abbandonare l’euro è un’idea da lunatici”.

Riguardo alle previsioni di FitzGerald sulla ripresa economica dell’anno prossimo, McWilliams dice: “ È un’idiozia. La visione dell’establishment è che abbiamo bisogno ancora della stessa ricetta. La cosa più importante di una crisi è che ti permette di cambiare”.

Gli irlandesi non hanno ancora individuato alternative plausibili al duopolio di Fianna Fáil e Fine Gael e, nonostante l’Irish Labour Party stia raggiungendo picchi storici nei sondaggi, McWilliams ritiene che molti stiano cercando qualcosa di diverso dalle forze tradizionali oramai screditate e che lo facciano anche nei dibattiti presso i teatri dove lui presenta il suo show. Magari questa crisi potrà sviluppare qualcosa di simile alla creatività sprigionata un secolo fa dalla lotta per l’indipendenza. “L’economia è come il resto delle cose, l’innovatore vince” dice McWilliams.

Al momento, più che lo spirito innovativo è la paura e la cupa mancanza di alternative politiche a pesare sui nuovi senzatetto Anne e Christy Moore che si sono rivolti alla corte per cercare di riavere la casa. Christy lavorava nel settore edilizio durante il boom, ora riceve il sussidio di disoccupazione. Due dei loro figli sono disoccupati, il terzo ha da poco iniziato un lavoro con contratto di 12 settimane.

Christy ora combatte la vergogna di perdere la sua casa: “Dovrei essere forte ma mi sento così giù – fatela finita con me, sparatemi in testa” dice. “E senti sempre che bisogna stringere la cinghia, ma questo è un insulto all’intelligenza. È la paura il vero motivo per cui la gente non si ribella. Ma non dobbiamo avere paura dei politici, banchieri e costruttori corrotti perché e proprio quello che loro vogliono”.

di Patrick Brakham

Fonte: www.guardian.co.uk

Nessun commento:

20 agosto 2010

Le vittime del collasso economico irlandese



L’Irlanda durante gli anni del boom era chiamata “la tigre celtica”. Ma ora il governo ha dovuto introdurre pesanti tagli per coprire il deficit del bilancio. Ecco come la gente comune ne è rimasta condizionata.

Quando Anne Moore è tornata per fare colazione insieme alla sua famiglia dopo un turno notturno di 12 ore in una casa di cura, ha trovato la polizia in assetto antisommossa e l’ufficiale giudiziario fuori quella che da 16 anni è stata casa sua. Lei insieme a suo marito Christy e i loro tre figli sono stati sfrattati. Nonostante fosse arrivata sul tetto della casa con una scala ed esserci rimasta per sei ore, alla fine è stata convinta a scendere per essere portata in ospedale. Alla sua casa nei sobborghi a sud di Dublino sono stati prontamente apposti i sigilli.

I Moore erano in forte ritardo con le quote e dovevano al council 10,000 euro. Per 8 anni Ann ha pagato altri 50 euro oltre ai 100 di affitto settimanale. Ma in un paese dove 300,000 case rimangono vuote, le autorità hanno deciso di lasciare i Moore senza un tetto e punirli per la loro apparente irresponsabilità. Invece sono i politici, i banchieri e i costruttori in Irlanda ad essere stati degli incapaci.

L’Irlanda ha il debito procapite più alto nella UE. Il deficit di bilancio del 14.3% è addirittura più elevato di quello greco. Per un decennio l’economia della “tigre celtica” è stata il fiore all’occhiello della globalizzazione del libero mercato. Ora questo malconcio randagio che è l’economia irlandese è diventato l’esempio neoliberista di come tagliare la strada alla ripresa. Il governo irlandese ha colpito il settore pubblico spendendo quest’anno il 7.5% del PIL con una serie di tagli drastici: il sussidio di disoccupazione del 4.1%. Altri 3 miliardi verranno tagliati l’anno prossimo, per un totale del 10% del PIL in tre anni: è come se il governo britannico avesse fatto tagli al bilancio non di 6.25 miliardi di sterline così come pianificato da George Osborne nel 2010, ma di un’incomprensibilmente enorme cifra di 150 miliardi.

Eppure nonostante i tagli, descritti come masochistici dal Financial Times, il debito dell’Irlanda continua a crescere grazie ai disperati salvataggi delle sue banche. I critici irlandesi temono che questa spirale di morte possa portare a un decennio di austerità opprimente, una generazione persa di disoccupati e, peggio ancora, il ritorno di uno spettro che perseguita l’Irlanda da due secoli: l’emigrazione di massa.

A prima vista, gli irlandesi sembrano opporsi alla situazione con uno spirito di autocommiserazione e anche un sottile orgoglio. “ Non ci abbiamo mai creduto nel boom. Durante il periodo della tigre celtica noi ci dicevamo che non sarebbe mai durata” afferma Lorcan, padre di due figli di Limerick dove la Dell ha chiuso la sede delle operazioni con la relativa perdita di 5,000 posti. “ La gente in Irlanda era abituata a case fatiscenti, a pessima educazione e pessimi ospedali. In Inghilterra c'è una cultura di cose che funzionano, cosa che non c'è in Irlanda. Il gene dell’auto flagellazione in Irlanda è molto forte – ‘fateci pure a pezzi perché siamo abituati a essere la vittima oppressa’. Ci fa sentire quasi meglio.”

Pat Ingoldsby, un poeta di strada di Dublino, sostiene che lui può farcela senza quello che ora è un sussidio pubblico decimato. “Ogni giorno io giro per la mia città con un trolley e una scatola di cartone piena di sogni e sento dei lavori che si perdono intorno a me. Il mio bene più prezioso è che non ho niente da perdere.” Ma la crisi taglia pesantemente per quasi tutti. Mentre consorzi fantasma di nuovi appartamenti invendibili rimangono vuoti per il paese, 170,000 persone si trovano nella situazione di negative equity. L’Irlanda è al quarto posto in Europa per tasso di disoccupazione ( 13,4%) e ha 432,500 persone che ricevono sussidi. Un terzo della popolazione sotto i 30 anni è disoccupata. E la disoccupazione sarebbe anche peggiore se non fosse tornata l’emigrazione.
v L’Irlanda è lacerata dai ricordi del mezzo milione che scapparono negli anni 50 e le centinaia di migliaia – molti dei quali altamente istruiti – che abbandonarono il paese negli anni 80. La perdita di una gioventù dinamica ha contribuito alla stagnazione economica per decenni. Ma i critici sostengono che la fuga è stata anche uno strumento usato dai governi per contenere la disoccupazione e mandare fuori l’opposizione all’establishment irlandese. Circa 20 mila irlandesi sono emigrati tra aprile 2008 e aprile 2009 e le stime indicano che altre 100 mila lasceranno tra quest’anno e il prossimo.

Siamo diventati un grande Surrey

Con le biciclette a noleggio per i turisti parcheggiate sotto gli alberi di lime piantati da poco lungo l’area di passeggio sul fiume, su Dublino splende ancora la luce della recente prosperità. Nelle librerie c'è un mini boom di narrativa dai titoli laceranti: Il collasso della Tigre Celtica; I banchieri – Come le banche hanno messo in ginocchio l’Irlanda; Banksters – Come una potente élite ha dissipato la ricchezza irlandese. “ Nella sua crescita e caduta, l’Irlanda ha fatto sembrare Icaro come noiosamente stabile” scrive Fintan O’Toole nel suo recente libro Ship Of Fools.

Negli anni 90 l’economia di un’agricoltura stagnante si era trasformata in un terreno post-industriale altamente qualificato. I lavori nel campo tecnologico e farmaceutico erano complementati da un potente settore edilizio. Nel 1986 il PIL irlandese procapite era due terzi di quello medio europeo; nel 1999 era il 111% rispetto a quello medio e significativamente superiore a quello inglese. Tra il 1985 e il 2006, i prezzi delle case in Irlanda è cresciuto di circa il 250%, molto più che nel Regno Unito. L’emigrazione diventava immigrazione, con i polacchi e altri accorsi a dividere il sogno irlandese di una nazione euro-atlantica fiduciosa in se stessa, emancipata dalle briglie del cattolicesimo e del colonialismo. O, come afferma l’economista David McWilliams: “Siamo diventati una grossa e antiquata versione del Surrey(Contea inglese che negli anni 80 ha iniziato un forte sviluppo legato alla tecnologia e ai servizi nel settore finanziario - ndt).”

Mentre i miliardari del boom hanno goduto di una libertà sfrenata di costruire e prendere prestiti, O’Toole sostiene che la prosperità irlandese degli anni 90 non era semplicemente il trionfo del libero mercato. Per gran parte del ventesimo secolo, quasi nessuna nazione ha avuto una così lenta crescita nazionale. Gli anni 90 hanno visto uno scatto con cui l’Irlanda ha finalmente recuperato lo svantaggio. E il boom globale di quegli anni vide una crescita senza precedenti negli investimenti esteri degli Stati Uniti: gran parte dei quali arrivò in Irlanda, dati la comune lingua e le origini irlandesi di molti investitori americani e dati anche gli attraenti tassi d’interesse, molto bassi. Il socialismo europeo diede una mano: l’Irlanda incassò 8.6 miliardi di sterline irlandesi dai fondi strutturali della UE tra il 1987 e il 1998. Cosa è andato storto? Quasi tutti in Irlanda puntano il dito contro la profana trinità di politici, banchieri e costruttori per aver trasformato il boom in un flop. Il governo ha fatto scoppiare una demenziale bolla edilizia offrendo immensi tagli alle imposte per le nuove edificazioni. Il settore delle costruzioni si era gonfiato fino a contare per un quinto nell’economia del paese. I prezzi, i mutui, i compensi e i costi aumentarono. Banche sregolate si sfrenarono nel concedere prestiti. Quando giunse il collasso bancario globale, le banche irlandesi accumularono un impressionante debito (nel 2008 la Anglo Irish Bank aveva 73 miliardi di euro in prestiti, metà del PIL dell’Irlanda) e il paese è stato il primo nella eurozona a entrare in recessione.

La gente “ sta accusando uno o due banchieri ma non sono loro gli unici” afferma McWilliams. “ Dobbiamo guardare a un’intera classe di professionisti – agenti immobiliari, legislatori, revisori dei conti, investitori, politici complici – che sono rimasti intossicati dall’ambizione. Non hanno sentito il campanello d’allarme perché avevano gli orecchi otturati dal denaro.”

Secondo O’Toole, niente e nessuno in Irlanda ha mai detto “basta”. Gli elettori non hanno detto ai politici di fermarsi e i politici non hanno stabilito limiti per gli costruttori o per le banche. Ora, scrive ancora, la questione è capire se gli Irlandesi “ siano arrabbiati costruttivamente al punto giusto da spazzare via un sistema che li ha portati al fallimento e crearne uno nuovo per se stessi”.

Fin dall’indipendenza all’inizio del secolo scorso, l’Irlanda è stata dominata da due partiti di destra: Fianna Fáil e Fine Gael. Fianna Fáil ha governato per gli ultimi 13 anni (ora ha stretto un’improbabile alleanza coi verdi) e molti si dicono furiosi con un governo che non possono mandare a casa per altri due anni. Ma, come sottolineato dalle classi dirigenti irlandesi con certo orgoglio, gli irlandesi non sono come i greci o francesi, neanche come la gente dell’Islanda, dove le proteste popolari hanno portato i governi locali a rassegnare le dimissioni. Non ci sono state rivolte per le strade di Dublino.

Qualche tempo fa, si era verificato un piccolo tafferuglio alle porte del Dáil, il parlamento irlandese. Una settimana dopo, sotto una pioggia battente, mille persone si sono riunite nello stesso posto per una marcia educatamente chiamata “marcia per il diritto al lavoro”. James O’Toole dice che i greci sono molto più ribelli. “Gli irlandesi sono i bambini buoni dell’Europa, si prendono le bacchettate senza lamentarsi e alla fine sono contenti perché tutti hanno ricevuto qualche caramella”. Perché così poche proteste? “ La rabbia è un fatto privato nel nostro paese; è lì ma nessuno la esprime in pubblico” ammette Ben O’Neill, un manifestante che porta un badge con la scritta “Fuck Nama”. Nama è la “banca cattiva” creata dal governo per rimuovere i titoli tossici dall’economia. Costa al contribuente e alle generazioni a venire, una fortuna (finora 73 miliardi di denaro pubblico sono andati alle banche).

Un dimostrante vestito da Maria Antonietta distribuisce tartine tra la folla. “Fuori la mafia del Fianna Fáil!” dice uno dei manifesti. “È un brutto gioco di parole sulla mafia” sottolinea qualcuno. Ci sono i soliti studenti e i lavoratori socialisti incappucciati ma anche gente che non assomiglia a un manifestante tipico, come Ray e Phyllis Carroll da Shankhill. “I tagli hanno colpito tutti” dice Phyllis mentre un costoso elicottero della Garda gira sopra di noi. “ I poveri. I disabili, i ciechi, le aiutanti. I più vulnerabili nella società.” Lei punta il dito verso il Dáil: “ Loro sono gli unici a non soffrire”.

I Carroll vivono dei loro risparmi e aiutano il loro figlio più giovane con l’università. Il sussidio di disabile di Ray non copre i loro bisogni essenziali. “ La cassa è vuota. I risparmi di anni sono andati. Ci hanno preso in giro” dice Ray. “ Ora stiamo toccando il fondo e loro ci lasciano morire”.

Nonostante i 100 mila manifestanti dopo i tagli al bilancio a dicembre, non ci sono state proteste primaverili o estive. Richard Boyd Barrett, un consulente di People Before Profit, è infuriato con i dirigenti sindacali. “ Hanno speso gran parte degli ultimi vent’anni a mangiare panini insieme a membri del governo” afferma. “Hanno assunto uno stile di vita simile a quello dei datori di lavoro con cui impiegano il loro tempo a discutere”.

Ora i sindacati sono ignorati. David Begg, rappresentante dell’ Irish Congress of Trade Unions, è diventato critico del governo a partire da alcuni mesi. “La partecipazione e l’influenza che avevamo non ci sono più” ci dice senza giri di parole. “ I motivi del collasso sono che il governo non ha ricordato i termini di 22 anni di partnership, abbandonata dal governo e dai datori di lavoro al primo cenno di difficoltà”.
v In questa terra di disoccupati, i lavoratori combattono per proteggere i loro posti. Un impiegato di Quinn Insurance, impresa nata dal boom e da poco in amministrazione controllata, ha troppa paura di dare il suo nome perché si è iscritto a un sindacato. Ha saputo che l’azienda sta cercando di mandare in cassa integrazione 900 impiegati, più di un terzo della loro forza lavoro. “ C'è da impazzire se si pensa alla situazione economica” ci dice. “ Sto rischiando il posto e sento che mi è stato intimidato di non iscrivermi al sindacato. È davvero frustrante. Mi aspetterei molta più rabbia ora”. Lui ha cercato di incoraggiare i suoi depressi e stoici colleghi a iscriversi ma senza risultati. “ Alcuni hanno paura, altri pensano che non possono farci niente.”

C'è anche chi è d’accordo con la strategia masochista del governo. “ I soldi sono diventati il nostro dio durante gli anni della tigre celtica” dice un tassista, che ora deve lavorare 7 giorni alla settimana per poter pagare il mutuo ed è indietro coi pagamenti di tre mesi. “ Tutti noi siamo in parte colpevoli”. Lui accetta i tagli. La gente sensata sa che l’ultima cosa che potevamo desiderare per questo paese è l’intervento del FMI. Perché significa non avere un governo – è il FMI a dirigere il paese”.

All’interno del governo, i consiglieri ammettono segretamente che Fianna Fáil verrà “spolpata” alle prossime elezioni. “Il governo è estremamente impopolare in questo momento.Devono fare la cosa giusta.” dice una fonte che vede questo come un governo liberato con nulla da perdere e per questo in grado di prendere decisioni dure. Sul piano internazionale, gli irlandesi ricevono applausi dalla destra: i rappresentanti del British Treasury hanno discusso con le loro controparti irlandesi sulla maniera più efficace per operare i tagli e il ministro delle finanze irlandese, Brian Lenihan (che ora combatte contro un cancro al pancreas) è stato elogiato dalla stampa finanziaria. Anche se Lenihan ha detto che il comportamento dei banchieri è stato “davvero scioccante”, il governo rimane asservito al libero mercato globale. Il boom era stato creato dal neoliberismo e lo sarà di nuovo. “ Abbiamo visto che ha funzionato 20 anni fa. Vediamo se funzionerà ancora.” sostiene un economista governativo.

Pur sedendosi su un desk circondato da migliaia di metri quadrati di uffici vuoti nella zona intorno al fiume, John FitzGerald, economista presso l’Economic and Social Research Institute, un think-tank indipendente, è molto più ottimista della UE riguardo le prospettive dell’Irlanda. Studioso che non dice nemmeno che suo padre era un primo ministro, lui prevede che ci sarà una crescita fino al 5% tra il 2012 e il 2015, prima di tornare a quelli che lui chiama i “noiosi livelli europei”.

L’Irlanda ha dovuto rivalutare la propria economia per tornare ad essere globalmente competitiva, sostiene FitzGerald. I prezzi negli affitti e nel settore privato sono caduti in seguito ai tagli drastici dei prezzi del settore pubblico. La forza del paese e la sua debolezza, è che più della metà del suo impiego e ben oltre la metà della sua manifattura viene da aziende straniere. Con la ripresa dell’economia globale c'è anche la ripresa di quella irlandese che con i servizi nel settore tecnologico, con il software e la salute sta dando vita a una nuova ‘smart economy’. FitzGerald pensa che il governo abbia fatto un’ “opera miserabile sulle banche” ma ora ha capito quali tagli fare. “ Sono stati avveduti, hanno saputo portare la popolazione ad assorbire un grande dolore. Se siamo nel giusto, sorprenderanno gli irlandesi nel 2013 comunicando la fine dei tagli”.

Più sorprendentemente, lui ritiene che l’idea diffusa che la gente stia pagando per gli errori di una élite di intoccabili è sbagliata e il bilancio masochista è stato “probabilmente il più redistributivo degli ultimi 20 anni, anche se per sbaglio”. Secondo la ricerca dell’istituto, il bilancio ha toccato il 20% delle entrate delle famiglie per il 6%, mentre il 40% in fondo hanno visto aumenti fino al 2%. “I ricchi hanno pagato un prezzo molto più elevato rispetto ai poveri. Ma tutti stanno peggio” riconosce Fitzgerald.

È ora di abbandonare l’euro?

“Avevi ragione, vero?” fa il conducente del treno per Limerick a David McWilliams. È difficile immaginare un altro paese dove un economista viene riconosicuto da un passante, ma tutti sono economisti ora in Irlanda. Mc Williams, un anticonformista che aveva previsto l’incombente conflagrazione economica, ora gira per il paese con un monologo comico sull’economia.

“Pochi di noi durante il boom hanno suggerito che quel che stava accadendo non aveva senso. In Irlanda se sei contro il consenso, la prima fase è essere ridicolizzati, poi c'è una violenta opposizione e la terza fase e la verità universale - dove tutti pretendono di essere stati d’accordo con te da sempre” dice McWilliams sorridendo.

Lui ha due soluzioni populiste e radicali: lasciamo crollare le banche e abbandoniamo l’euro. I conti correnti individuali sarebbero garantiti mentre i detentori di titoli privati perderebbero tutto, ma i mercati non avrebbero nulla da temere, anzi, guarderebbero all’economia irlandese con rinnovato interesse perché il denaro prima impegnato nel salvataggio delle banche potrebbe essere investito nella ripresa. Salvare l’Anglo Irish Bank è da economia sovietica” dice. “Gettare tutte le tue risorse per un’entità simbolica dimostra al mondo che sei un fanatico”.

McWilliams sostiene anche che l’attaccamento all’euro e alla UE nasce dalla volontà dell’establishment tradizionale di evitare i britannici che sono ancora i maggiori partner commerciali dell’Irlanda. Se l’Irlanda lasciasse l’euro tornando alla sterlina irlandese, la sua valuta avrebbe un colpo. E lasciamo che succeda, dice McWilliams: se perdesse il 40% i costi in Irlanda sarebbero del 40% più bassi di quelli dei competitori. Gli investimenti affluirebbero e le esportazioni diventerebbero estremamente competitive.

Voci più ortodosse da destra e sinistra non vorrebbero lasciar crollare le banche né abbandonare l’euro: “ Non puoi lasciar collassare una banca che è la metà del PIL del paese. Si porterebbe appresso l’intera economia” afferma un economista del governo. Fitzgerlad aggiunge: “ Se la banca centrale d’Irlanda dovesse uscire alla ricerca di decine di miliardi per sostituire l’euro è sicuro che non ce la farebbe. Ci sarebbe un crollo drammatico della valuta e una forte crescita dei tassi d’interesse e un totale crollo dell’economia. Abbandonare l’euro è un’idea da lunatici”.

Riguardo alle previsioni di FitzGerald sulla ripresa economica dell’anno prossimo, McWilliams dice: “ È un’idiozia. La visione dell’establishment è che abbiamo bisogno ancora della stessa ricetta. La cosa più importante di una crisi è che ti permette di cambiare”.

Gli irlandesi non hanno ancora individuato alternative plausibili al duopolio di Fianna Fáil e Fine Gael e, nonostante l’Irish Labour Party stia raggiungendo picchi storici nei sondaggi, McWilliams ritiene che molti stiano cercando qualcosa di diverso dalle forze tradizionali oramai screditate e che lo facciano anche nei dibattiti presso i teatri dove lui presenta il suo show. Magari questa crisi potrà sviluppare qualcosa di simile alla creatività sprigionata un secolo fa dalla lotta per l’indipendenza. “L’economia è come il resto delle cose, l’innovatore vince” dice McWilliams.

Al momento, più che lo spirito innovativo è la paura e la cupa mancanza di alternative politiche a pesare sui nuovi senzatetto Anne e Christy Moore che si sono rivolti alla corte per cercare di riavere la casa. Christy lavorava nel settore edilizio durante il boom, ora riceve il sussidio di disoccupazione. Due dei loro figli sono disoccupati, il terzo ha da poco iniziato un lavoro con contratto di 12 settimane.

Christy ora combatte la vergogna di perdere la sua casa: “Dovrei essere forte ma mi sento così giù – fatela finita con me, sparatemi in testa” dice. “E senti sempre che bisogna stringere la cinghia, ma questo è un insulto all’intelligenza. È la paura il vero motivo per cui la gente non si ribella. Ma non dobbiamo avere paura dei politici, banchieri e costruttori corrotti perché e proprio quello che loro vogliono”.

di Patrick Brakham

Fonte: www.guardian.co.uk

Nessun commento: