08 luglio 2011

TAV: un'opera teatrale all'italiana.


Preludio: «Viva il Cemento».

Parlare adesso della Val di Susa è quasi imbarazzante. Ma voglio farlo ugualmente e partendo proprio dalle parole di Marco Cedolin, rilasciate nell'intervista di Fabio Polese e pubblicate da Rinascita martedì 28 giugno di quest'nno (titolo dellarticolo: «TAV in Val di Susa, facciamo chiarezza», pag. 10).

«La Val di Susa è una valle alpina larga mediamente 1,5 km, all'interno della quale corrono una ferrovia internazionale a doppio binario, il cui ammodernamento è terminato un anno fa, un'autostrada, la cui costruzione è stata completata nel 2000, due statali, alcune strade provinciali e un fiume.
Il fondovalle è già oggi simile a una colata di cemento senza soluzione di continuità.» Perfetto! Strade normali e ferrate sono evidenti, basta guardare. Altrettanto evidente è la profusione di calcestruzzo di cemento armato: è li da fotografare. E allora? Strada più strada meno, il danno è fatto, chi protesta può essere manganellato e se non basta pure gassato.
L'importante è non fare brutta figura con i partner dell'UE. Ma non èquesto il punto. Parrebbe che, inopinatamente, già nell'Ottocento ci si sia accorti dell'importanza archeologica della Val di Susa e lo testimonia il quinto volume pubblicato nel 1887 dalla Società di Archeologia e Belle Arti di Torino. Ma di questo non tutti ne hanno fatto tesoro.

Atto primo: «Incomodo passato sotterraneo».

Su Internet si può utilmente consultare il sito www.regione.piemonte.it e scoprire che, ad esempio, presso La Maddalena vi è un sito archeologico di grande importanza per la storia delle genti che hanno popolato l'Arco Alpino.
Magari, e perché no?, l'importanza potrebbe essere estesa a livello nazionale.
Ecco che cosa riporta tale sito: «Proprio di fronte a Chiomonte, alla base del pendio della Cappella Bianca, in Val di Susa, il terrazzo fluvio-glaciale della Maddalena ospita uno dei più importanti siti preistorici dell'arco alpino occidentale. La sua conoscenza risale alla seconda metà degli Anni '30 del secolo scorso, quando il Capello segnalò la presenza in loco di reperti indizi di un antico insediamento. Solamente molti anni dopo, negli Anni '80 a seguito dei lavoro autostradali, l'area venne "riscoperta", scavata e studiata grazie alle sinergie messe in atto tra sovrintendenza e Sitaf, la società autostradale. Per far questo si rese necessario una modifica del progetto iniziale del tunnel della Ramat e la realizzazione di un breve tratto di galleria artificiale che permettesse di salvaguardare l'area» (tratto da: www.regione.piemonte.it; il testo è di Aldo Molino).

In pratica è stato trovato un villaggio risalente a circa 6000 anni fa, inquadrabile al Paleolitico, con una gran quantità di oggetti. Poi le indagini hanno messo in luce successive frequentazioni. E si è aperto un museo. Occorre ricordare che molte case sono del tipo «sotto roccia», ovvero ipogee. E ancora molto vi è da fare per trovare il resto. Ma certamente, se lo si scava e lo si cementa, difficilmente sarà ritrovabile.

Atto secondo: «Ci mancava anche il Parco!».

Aldo Molino, autore dell'articolo informativo, così prosegue: «La zona di interesse archeologico è quindi ben più vasta di quell sconvolta dai lavori autostradali estendendosi quindi dalla Val Clarea allo scoglio roccioso della Ramat, per circa 400 m su per il versante. La superficie dell'area è di circa 3 km² ed è dissemina da un elevato numero di massi (...). Il parco archeologico è ancora in via di completamento: oltre all'antiquarium gestito dal Cesma con attività didattiche è visitabile l'area scavata dove sono state riposizionate le tombe mentre negli intorni sono state realizzate alcuni punti di sosta con tavole e panche e apposti pannelli didascalici». (tratto da: www.regione.piemonte.it; il testo è di Aldo Molino).

Ma questo non è tutto e non basterebbe un libro intero per descrivere, anche solo sommariamente, la storia e le opere d'interesse storico, archeologico e monumentale di questa stretta e impervia valle. Non ci credete? Basta che andiate a visitare il sito della Società di Ricerche e Studi Valsusini: www.segusium.org.

Atto terzo: «Gli Studi Scientifici proprio non ci volevano».

Ecco che cosa hanno prodotto passione, consapevolezza, competenza e impegno scientifico, civico e sociale: «La "Segusium - Società di Ricerche e Studi Valsusini", fu costituita il 7 dicembre 1963 con l'intento di promuovere e tutelare il patrimonio storico, artistico, paesaggistico e culturale delle Valli di Susa e zone limitrofe, promuovendo studi, favorendo indagini sul linguaggio e sul folklore locale, diffondendo con pubblicazioni le conoscenze acquisite. La serie completa delle opere finora edite conta ormai circa 13.000 pagine, configurandosi a tutti gli effetti come "un'enciclopedia della cultura valsusina" alla quale attingono tutti coloro che desiderano informazioni e fanno ricerche sulle Valli di Susa, Cenischia e Sangone» (tratto da: www.segusium.org). Ad esempio, un articolo di Aldo Perotto parla proprio della Maddalena: «Archeologia preistorica
dell'Alta Valle di Susa: Chiomonte «La Maddalena» (in: Segusium, Anno XXII, n° 22, dicembre 1986). Oltre alla Rivista Segusium si sono pubblicate monografie, promossi studi, ricerche sul campo e manifestazioni culturali: «In occasione del quarantennale di vita dell'Associazione, nel 2004, è stato organizzato un convegno dal titolo "Segusium. 40 anni al servizio della cultura locale" cui hanno partecipato numerosi studiosi e cultori del settore ed autorità locali».
Potete utilmente visitare anche il sito Internet www.torinomedica.com, il quale tesse giustamente le lodi di quanti si sono impegnati a livello culturale in Val di Susa.

Atto quarto: «Oltre il danno, la beffa».

Sopra Chiomonte esiste un acquedotto con un lungo tratto ipogeo che trafora la Cima Quattro Denti con un tunnel di 433 metri: è il Trou de Touilles, realizzato dal minatore delle Ramats (frazione di Chiomonte) Colombano Romeàn. Il tratto ipogeo dell'opera idraulica è stato scavato a mano in sette anni dal minatore e tutt'oggi funziona portando l'acqua di fusione di un vicino nevaio al versante segusino. Il Trou de Touilles si configura come un'opera alpina unica nel suo genere, sia per la continuità funzionale nel corso del tempo, sia per il modo in cui si colloca e si integra con discrezione nel paesaggio. L'esistenza di numerosi documenti d'epoca, la qualità culturale del territorio, nonché l'opera ipogea stessa, fanno chiaramente intendere che il Trou de Touilles e il contesto territoriale della Val di Susa debbano essere tutelati dall'UNESCO e annoverati nel patrimonio mondiale da salvaguardare (vedere utilmente la monografia degli speleologi: Basilico R., Bianchi S., Il Trou de Touilles in Val di Susa, Piemonte, Italia. Indagini Archeologiche in un Acquedotto Alpino del XVI sec., Hypogean Archaeology, British Archaeological Reports International Series 1933, Oxford 2009)

Traforo più, traforo meno, perché tanto strepito per il passaggio della TAV? Perché noi dobbiamo fermamente impegnarci a mantenere le nostre radici culturali, fatte di lavoro e d'ingegno, fatte di storia e di spirito indomito che, soprattutto in questa valle, ha reso gli abitanti indipendenti fin dal medioevo. Questo vuole essere un invito rivolto a tutti per andare a leggere la storia dei cinque «escartons», ovvero i distretti regionali che nel Trecento ottennero il diritto di autogestione. Così scrive Cavargna Bontosi nel suo recente saggio "Valle di Susa. Storia, arte e territorio": «Il riscatto dei diritti non era di per sé un fatto che comportasse particolari implicazioni giuridiche, ma è eccezionale sia l'ampiezza delle cessioni che l'alto numero delle comunità coinvolte. Questo acquisto tolse ogni ruolo alla nobiltà nelle amministrazioni locali e rese necessaria la convocazione di assemblee periodiche, che posero le basi di una partecipazione collettiva sostanzialmente democratica».

Atto quinto: «Stato di fatto».

La nostra Storia è fatta di tradizioni, di conoscenza e di consapevolezza. La nostra Storia è testimoniata dalla natura stessa in cui si è
sviluppata e dai manufatti che i nostri predecessori ci hanno lasciato. Cos'è più importante per il nostro futuro? Farci globalizzare, ovviamente!

La cosa più importante per il nostro futuro è innanzitutto ricordare che l'Italia ha una Costituzione. E la Costituzione della Repubblica Italiana all'Articolo 9 recita: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». E qui ci vuole un plauso a tutti coloro i quali si sono impegnati nelle varie attività culturali in Val di Susa. L'Articolo 11 mette, invece, un po' a disagio, almeno in questo frangente storico: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; etc.». Gli abitanti della Val di Susa che hanno recentemente protestato contro la TAV sono stati attaccati usando anche gas lacrimogeni. Però, in effetti, non si tratta di stranieri appartenenti ad un altro popolo. Sul luogo sono stati trovati numerosi involucri metallici recanti la seguente scritta «Cartuccia cal. 40 mm. a frammentazione per lanciatore a caricamento lacrimogeno al CS», dove CS sta per: Orto-clorobenziliden malononitrile. Ora, questi considerano dannosa la TAV anche e soprattutto per il loro territorio e, posso immaginare, anche per il mantenimento del loro patrimonio naturalistico, artistico e culturale (fin troppo provato). Perché si fa loro la guerra, attaccandoli con armi chimiche vietate dalle convenzioni internazionali? Forse solo perché, come già detto, non appartengono ad un altro popolo, ma sono Italiani. Ma la TAV vale la perdita di una fetta del nostro patrimonio nazionale e l'avvilimento dei suoi abitanti? Ci si deve arrestare innanzi alla sensazione che in questo inizio di nuovo millennio conti solo il profitto ad ogni costo?

Egoisticamente, da speleologo, debbo pensare che si possano barattare alcuni chilometri di grotte naturali con una manciata di gallerie artificiali?

Un popolo senza storia e privato della propria memoria non è un popolo, ma una massa globalizzata e priva di connotati, su cui graveranno parassiti d'ogni genere. Chi applica la Costituzione deve ricordarselo. Occorre impegnarsi per mantenere, per documentare, per rendere onore a noi e a chi ci ha preceduto vivendo consapevolmente il suolo di questa nostra Terra. Bisogna tornare a vivere in una dimensione umana e consapevole: tutto il resto è superfluo.

di Gianluca Padovan -

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08 luglio 2011

TAV: un'opera teatrale all'italiana.


Preludio: «Viva il Cemento».

Parlare adesso della Val di Susa è quasi imbarazzante. Ma voglio farlo ugualmente e partendo proprio dalle parole di Marco Cedolin, rilasciate nell'intervista di Fabio Polese e pubblicate da Rinascita martedì 28 giugno di quest'nno (titolo dellarticolo: «TAV in Val di Susa, facciamo chiarezza», pag. 10).

«La Val di Susa è una valle alpina larga mediamente 1,5 km, all'interno della quale corrono una ferrovia internazionale a doppio binario, il cui ammodernamento è terminato un anno fa, un'autostrada, la cui costruzione è stata completata nel 2000, due statali, alcune strade provinciali e un fiume.
Il fondovalle è già oggi simile a una colata di cemento senza soluzione di continuità.» Perfetto! Strade normali e ferrate sono evidenti, basta guardare. Altrettanto evidente è la profusione di calcestruzzo di cemento armato: è li da fotografare. E allora? Strada più strada meno, il danno è fatto, chi protesta può essere manganellato e se non basta pure gassato.
L'importante è non fare brutta figura con i partner dell'UE. Ma non èquesto il punto. Parrebbe che, inopinatamente, già nell'Ottocento ci si sia accorti dell'importanza archeologica della Val di Susa e lo testimonia il quinto volume pubblicato nel 1887 dalla Società di Archeologia e Belle Arti di Torino. Ma di questo non tutti ne hanno fatto tesoro.

Atto primo: «Incomodo passato sotterraneo».

Su Internet si può utilmente consultare il sito www.regione.piemonte.it e scoprire che, ad esempio, presso La Maddalena vi è un sito archeologico di grande importanza per la storia delle genti che hanno popolato l'Arco Alpino.
Magari, e perché no?, l'importanza potrebbe essere estesa a livello nazionale.
Ecco che cosa riporta tale sito: «Proprio di fronte a Chiomonte, alla base del pendio della Cappella Bianca, in Val di Susa, il terrazzo fluvio-glaciale della Maddalena ospita uno dei più importanti siti preistorici dell'arco alpino occidentale. La sua conoscenza risale alla seconda metà degli Anni '30 del secolo scorso, quando il Capello segnalò la presenza in loco di reperti indizi di un antico insediamento. Solamente molti anni dopo, negli Anni '80 a seguito dei lavoro autostradali, l'area venne "riscoperta", scavata e studiata grazie alle sinergie messe in atto tra sovrintendenza e Sitaf, la società autostradale. Per far questo si rese necessario una modifica del progetto iniziale del tunnel della Ramat e la realizzazione di un breve tratto di galleria artificiale che permettesse di salvaguardare l'area» (tratto da: www.regione.piemonte.it; il testo è di Aldo Molino).

In pratica è stato trovato un villaggio risalente a circa 6000 anni fa, inquadrabile al Paleolitico, con una gran quantità di oggetti. Poi le indagini hanno messo in luce successive frequentazioni. E si è aperto un museo. Occorre ricordare che molte case sono del tipo «sotto roccia», ovvero ipogee. E ancora molto vi è da fare per trovare il resto. Ma certamente, se lo si scava e lo si cementa, difficilmente sarà ritrovabile.

Atto secondo: «Ci mancava anche il Parco!».

Aldo Molino, autore dell'articolo informativo, così prosegue: «La zona di interesse archeologico è quindi ben più vasta di quell sconvolta dai lavori autostradali estendendosi quindi dalla Val Clarea allo scoglio roccioso della Ramat, per circa 400 m su per il versante. La superficie dell'area è di circa 3 km² ed è dissemina da un elevato numero di massi (...). Il parco archeologico è ancora in via di completamento: oltre all'antiquarium gestito dal Cesma con attività didattiche è visitabile l'area scavata dove sono state riposizionate le tombe mentre negli intorni sono state realizzate alcuni punti di sosta con tavole e panche e apposti pannelli didascalici». (tratto da: www.regione.piemonte.it; il testo è di Aldo Molino).

Ma questo non è tutto e non basterebbe un libro intero per descrivere, anche solo sommariamente, la storia e le opere d'interesse storico, archeologico e monumentale di questa stretta e impervia valle. Non ci credete? Basta che andiate a visitare il sito della Società di Ricerche e Studi Valsusini: www.segusium.org.

Atto terzo: «Gli Studi Scientifici proprio non ci volevano».

Ecco che cosa hanno prodotto passione, consapevolezza, competenza e impegno scientifico, civico e sociale: «La "Segusium - Società di Ricerche e Studi Valsusini", fu costituita il 7 dicembre 1963 con l'intento di promuovere e tutelare il patrimonio storico, artistico, paesaggistico e culturale delle Valli di Susa e zone limitrofe, promuovendo studi, favorendo indagini sul linguaggio e sul folklore locale, diffondendo con pubblicazioni le conoscenze acquisite. La serie completa delle opere finora edite conta ormai circa 13.000 pagine, configurandosi a tutti gli effetti come "un'enciclopedia della cultura valsusina" alla quale attingono tutti coloro che desiderano informazioni e fanno ricerche sulle Valli di Susa, Cenischia e Sangone» (tratto da: www.segusium.org). Ad esempio, un articolo di Aldo Perotto parla proprio della Maddalena: «Archeologia preistorica
dell'Alta Valle di Susa: Chiomonte «La Maddalena» (in: Segusium, Anno XXII, n° 22, dicembre 1986). Oltre alla Rivista Segusium si sono pubblicate monografie, promossi studi, ricerche sul campo e manifestazioni culturali: «In occasione del quarantennale di vita dell'Associazione, nel 2004, è stato organizzato un convegno dal titolo "Segusium. 40 anni al servizio della cultura locale" cui hanno partecipato numerosi studiosi e cultori del settore ed autorità locali».
Potete utilmente visitare anche il sito Internet www.torinomedica.com, il quale tesse giustamente le lodi di quanti si sono impegnati a livello culturale in Val di Susa.

Atto quarto: «Oltre il danno, la beffa».

Sopra Chiomonte esiste un acquedotto con un lungo tratto ipogeo che trafora la Cima Quattro Denti con un tunnel di 433 metri: è il Trou de Touilles, realizzato dal minatore delle Ramats (frazione di Chiomonte) Colombano Romeàn. Il tratto ipogeo dell'opera idraulica è stato scavato a mano in sette anni dal minatore e tutt'oggi funziona portando l'acqua di fusione di un vicino nevaio al versante segusino. Il Trou de Touilles si configura come un'opera alpina unica nel suo genere, sia per la continuità funzionale nel corso del tempo, sia per il modo in cui si colloca e si integra con discrezione nel paesaggio. L'esistenza di numerosi documenti d'epoca, la qualità culturale del territorio, nonché l'opera ipogea stessa, fanno chiaramente intendere che il Trou de Touilles e il contesto territoriale della Val di Susa debbano essere tutelati dall'UNESCO e annoverati nel patrimonio mondiale da salvaguardare (vedere utilmente la monografia degli speleologi: Basilico R., Bianchi S., Il Trou de Touilles in Val di Susa, Piemonte, Italia. Indagini Archeologiche in un Acquedotto Alpino del XVI sec., Hypogean Archaeology, British Archaeological Reports International Series 1933, Oxford 2009)

Traforo più, traforo meno, perché tanto strepito per il passaggio della TAV? Perché noi dobbiamo fermamente impegnarci a mantenere le nostre radici culturali, fatte di lavoro e d'ingegno, fatte di storia e di spirito indomito che, soprattutto in questa valle, ha reso gli abitanti indipendenti fin dal medioevo. Questo vuole essere un invito rivolto a tutti per andare a leggere la storia dei cinque «escartons», ovvero i distretti regionali che nel Trecento ottennero il diritto di autogestione. Così scrive Cavargna Bontosi nel suo recente saggio "Valle di Susa. Storia, arte e territorio": «Il riscatto dei diritti non era di per sé un fatto che comportasse particolari implicazioni giuridiche, ma è eccezionale sia l'ampiezza delle cessioni che l'alto numero delle comunità coinvolte. Questo acquisto tolse ogni ruolo alla nobiltà nelle amministrazioni locali e rese necessaria la convocazione di assemblee periodiche, che posero le basi di una partecipazione collettiva sostanzialmente democratica».

Atto quinto: «Stato di fatto».

La nostra Storia è fatta di tradizioni, di conoscenza e di consapevolezza. La nostra Storia è testimoniata dalla natura stessa in cui si è
sviluppata e dai manufatti che i nostri predecessori ci hanno lasciato. Cos'è più importante per il nostro futuro? Farci globalizzare, ovviamente!

La cosa più importante per il nostro futuro è innanzitutto ricordare che l'Italia ha una Costituzione. E la Costituzione della Repubblica Italiana all'Articolo 9 recita: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». E qui ci vuole un plauso a tutti coloro i quali si sono impegnati nelle varie attività culturali in Val di Susa. L'Articolo 11 mette, invece, un po' a disagio, almeno in questo frangente storico: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; etc.». Gli abitanti della Val di Susa che hanno recentemente protestato contro la TAV sono stati attaccati usando anche gas lacrimogeni. Però, in effetti, non si tratta di stranieri appartenenti ad un altro popolo. Sul luogo sono stati trovati numerosi involucri metallici recanti la seguente scritta «Cartuccia cal. 40 mm. a frammentazione per lanciatore a caricamento lacrimogeno al CS», dove CS sta per: Orto-clorobenziliden malononitrile. Ora, questi considerano dannosa la TAV anche e soprattutto per il loro territorio e, posso immaginare, anche per il mantenimento del loro patrimonio naturalistico, artistico e culturale (fin troppo provato). Perché si fa loro la guerra, attaccandoli con armi chimiche vietate dalle convenzioni internazionali? Forse solo perché, come già detto, non appartengono ad un altro popolo, ma sono Italiani. Ma la TAV vale la perdita di una fetta del nostro patrimonio nazionale e l'avvilimento dei suoi abitanti? Ci si deve arrestare innanzi alla sensazione che in questo inizio di nuovo millennio conti solo il profitto ad ogni costo?

Egoisticamente, da speleologo, debbo pensare che si possano barattare alcuni chilometri di grotte naturali con una manciata di gallerie artificiali?

Un popolo senza storia e privato della propria memoria non è un popolo, ma una massa globalizzata e priva di connotati, su cui graveranno parassiti d'ogni genere. Chi applica la Costituzione deve ricordarselo. Occorre impegnarsi per mantenere, per documentare, per rendere onore a noi e a chi ci ha preceduto vivendo consapevolmente il suolo di questa nostra Terra. Bisogna tornare a vivere in una dimensione umana e consapevole: tutto il resto è superfluo.

di Gianluca Padovan -

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