03 settembre 2011

Zygmunt Bauman: il muro israeliano a Gerusalemme come quello del ghetto di Varsavia


Com'è malmessa, la Terra Promessa. E bellicosa. E senza pace, perché timorosa della pace. E quanto specula sulla Shoah. E quel muro che divide Israele e la Cisgiordania, poi: roba da nazisti, altroché, niente da invidiare alla muraglia che chiuse il Ghetto di Varsavia... Quante volte li avete sentiti, questi argomenti? Cose già dette, già lette. Già proclamate, già contestate. Così ripetute che nemmeno ci finiscono più, sui giornali israeliani, quando arrivano da chi se l'aspettano.
Diverso, però, se a dirle è Zygmunt Bauman, uno dei più grandi sociologi viventi, ebreo di Poznan che da bimbo visse le persecuzioni hitleriane e da adulto le purghe comuniste, che trovò rifugio a Tel Aviv per preferire poi l'Inghilterra. E che in un'intervista a un settimanale polacco, Politika, ha rovesciato sui politici di Gerusalemme la più urticante delle accuse: di fare ai palestinesi quel che fecero le Ss. «Parole inaccettabili — ha protestato formalmente il governo Netanyahu, in una lettera al giornale del suo ambasciatore in Polonia —. Sgradevoli, ingiuste e senza alcuna base di verità».
Il muro di Betlemme come il muro di Varsavia: si può paragonare l'orribile barriera antiterrorismo all'orrore che fece morire mezzo milione d'ebrei? Bauman, premio Adorno, critico dei totalitarismi e del negazionismo, a 85 anni si permette di rompere il tabù: «Israele sta traendo vantaggio dall'Olocausto per legittimare azioni inconcepibili». Pugno, ergo sum: combatto, quindi esisto? Bauman ne è stracerto: «I politici israeliani sono terrorizzati dalla pace. Tremano, col terrore della possibilità d'una pace. Perché senza guerra e senza una mobilitazione generale, non sanno come vivere. Israele non vede come un male i missili che cadono sulle cittadine lungo i confini. Al contrario: i politici sarebbero preoccupati, perfino allarmati, se non piovesse questo fuoco». E ancora, citando un suo articolo pubblicato su Haaretz, lo stesso giornale israeliano che giorni fa ha ospitato lo scrittore Günter Grass e il suo parallelo fra le vittime della Shoah e le vittime tedesche della Seconda guerra mondiale: «Sono preoccupato — dice il sociologo polacco — del fatto che gl'israeliani più giovani crescano nella convinzione che lo stato di guerra e l'allerta militare siano naturali e inevitabili».
Vite di scarto: sulle opinioni di Bauman, l'opinione pubblica israeliana ha meno certezze della classe politica. Basta leggere i commenti Web all'intervista: «Sono d'accordo, questa destra ci porta alla rovina», scrive Linda, ebrea newyorkese; «è come paragonare le mele alle arance», è perplesso Bobin, di Tel Aviv; «dategli una casa gratis a Sderot — boccia Moshe — e vada là a prendersi i missili da Gaza». Il dibattito finisce anche in tv: un po' perché è di questi giorni la storia delle scuole francesi che cancellano la Shoah dai libri di testo, e questi veleni qui fanno sempre impressione; un po' perché Bauman, atteso da oggi a Sarzana per la sua lectio al Festival della Mente, è molto conosciuto (per tre anni insegnò all'università, i suoi libri sono tradotti in ebraico) e ha posizioni che a molti ricordano un'altra bestia nera della destra, lo storico israeliano Ilan Pappé.
«Io ammiro molto il professor Bauman e la sua storia — dice al Corriere l'ambasciatore israeliano a Varsavia, Zvi Rav-Ner, 61 anni, origini polacche —. Lui è stato un esempio: dovette andarsene dalla Polonia nel '68, per i pogrom contro gli ebrei. Perciò siamo molto stupiti che abbia detto cose d'un odio così cieco. Dal '71, il professore è tornato in Israele solo tre volte: forse non sa bene che oggi è uno Stato democratico, dov'è ammessa qualsiasi critica, anche la più aspra. Ma dove queste parole sono considerate da antisemita. Le stesse che dicevano i comunisti polacchi dopo la guerra dei Sei giorni: quelli che cacciarono Bauman».

di Francesco Battistini

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03 settembre 2011

Zygmunt Bauman: il muro israeliano a Gerusalemme come quello del ghetto di Varsavia


Com'è malmessa, la Terra Promessa. E bellicosa. E senza pace, perché timorosa della pace. E quanto specula sulla Shoah. E quel muro che divide Israele e la Cisgiordania, poi: roba da nazisti, altroché, niente da invidiare alla muraglia che chiuse il Ghetto di Varsavia... Quante volte li avete sentiti, questi argomenti? Cose già dette, già lette. Già proclamate, già contestate. Così ripetute che nemmeno ci finiscono più, sui giornali israeliani, quando arrivano da chi se l'aspettano.
Diverso, però, se a dirle è Zygmunt Bauman, uno dei più grandi sociologi viventi, ebreo di Poznan che da bimbo visse le persecuzioni hitleriane e da adulto le purghe comuniste, che trovò rifugio a Tel Aviv per preferire poi l'Inghilterra. E che in un'intervista a un settimanale polacco, Politika, ha rovesciato sui politici di Gerusalemme la più urticante delle accuse: di fare ai palestinesi quel che fecero le Ss. «Parole inaccettabili — ha protestato formalmente il governo Netanyahu, in una lettera al giornale del suo ambasciatore in Polonia —. Sgradevoli, ingiuste e senza alcuna base di verità».
Il muro di Betlemme come il muro di Varsavia: si può paragonare l'orribile barriera antiterrorismo all'orrore che fece morire mezzo milione d'ebrei? Bauman, premio Adorno, critico dei totalitarismi e del negazionismo, a 85 anni si permette di rompere il tabù: «Israele sta traendo vantaggio dall'Olocausto per legittimare azioni inconcepibili». Pugno, ergo sum: combatto, quindi esisto? Bauman ne è stracerto: «I politici israeliani sono terrorizzati dalla pace. Tremano, col terrore della possibilità d'una pace. Perché senza guerra e senza una mobilitazione generale, non sanno come vivere. Israele non vede come un male i missili che cadono sulle cittadine lungo i confini. Al contrario: i politici sarebbero preoccupati, perfino allarmati, se non piovesse questo fuoco». E ancora, citando un suo articolo pubblicato su Haaretz, lo stesso giornale israeliano che giorni fa ha ospitato lo scrittore Günter Grass e il suo parallelo fra le vittime della Shoah e le vittime tedesche della Seconda guerra mondiale: «Sono preoccupato — dice il sociologo polacco — del fatto che gl'israeliani più giovani crescano nella convinzione che lo stato di guerra e l'allerta militare siano naturali e inevitabili».
Vite di scarto: sulle opinioni di Bauman, l'opinione pubblica israeliana ha meno certezze della classe politica. Basta leggere i commenti Web all'intervista: «Sono d'accordo, questa destra ci porta alla rovina», scrive Linda, ebrea newyorkese; «è come paragonare le mele alle arance», è perplesso Bobin, di Tel Aviv; «dategli una casa gratis a Sderot — boccia Moshe — e vada là a prendersi i missili da Gaza». Il dibattito finisce anche in tv: un po' perché è di questi giorni la storia delle scuole francesi che cancellano la Shoah dai libri di testo, e questi veleni qui fanno sempre impressione; un po' perché Bauman, atteso da oggi a Sarzana per la sua lectio al Festival della Mente, è molto conosciuto (per tre anni insegnò all'università, i suoi libri sono tradotti in ebraico) e ha posizioni che a molti ricordano un'altra bestia nera della destra, lo storico israeliano Ilan Pappé.
«Io ammiro molto il professor Bauman e la sua storia — dice al Corriere l'ambasciatore israeliano a Varsavia, Zvi Rav-Ner, 61 anni, origini polacche —. Lui è stato un esempio: dovette andarsene dalla Polonia nel '68, per i pogrom contro gli ebrei. Perciò siamo molto stupiti che abbia detto cose d'un odio così cieco. Dal '71, il professore è tornato in Israele solo tre volte: forse non sa bene che oggi è uno Stato democratico, dov'è ammessa qualsiasi critica, anche la più aspra. Ma dove queste parole sono considerate da antisemita. Le stesse che dicevano i comunisti polacchi dopo la guerra dei Sei giorni: quelli che cacciarono Bauman».

di Francesco Battistini

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