Di recente, a noi pochi che a Vicenza da un pezzo sosteniamo che la democrazia è un’oligarchia mascherata, si è aggiunto un illustre uomo chiesa e di cultura, don Giuseppe Dal Ferro. Oggi a Recoaro si apre una tre giorni di convegni, organizzata dal vicentino Istituto di Scienze Sociali “Rezzara” di cui il monsignore è direttore, dedicata alle “Democrazie a confronto”. In un’intervista rilasciata al Giornale di Vicenza domenica 28 agosto, Dal Ferro ha fatto alcune affermazioni che meritano di essere citate per intero: «La tradizione dei Paesi occidentali è quella della democrazia quantitativa, che però ha i suoi limiti. Ci sono altre forme: nel mondo islamico, ad esempio, ci sono alcuni principi non negoziabili, cioè che non possono essere decisi dal 50 percento più uno. Nasce quindi il problema di una revisione critica di cosa è democrazia. (…) la democrazia quantitativa è ormai anacronistica. Il singolo cittadino non conta più niente. Un tempo i partiti veicolavano le esigenze dei cittadini, ora non più. C'è un grande problema di partecipazione e rappresentanza. Chi esprime oggi le emergenze problematiche della rappresentanza? Anche i mass media sono soggetti alla manipolazione da parte dei poteri forti. Ci stiamo avviando verso una democrazia di stile americano. (…) Insisto sull'importanza della partecipazione, che fa emergere i problemi, mentre la rappresentanza li generalizza e tenta di risolverli. In pochi, pochissimi si sono accorti che nel 2001 la modifica all'articolo 118 della Costituzione ha introdotto il concetto di sussidiarietà orizzontale. (…) Gli enti pubblici, dallo Stato ai Comuni, devono favorire l'iniziativa dei cittadini, anche in forma associata, per svolgere attività di interesse generale. Questo ridefinisce in modo nuovo la partecipazione e la cittadinanza: gruppi e associazioni possono far emergere dal basso alcune istanze, questo è un nuovo tipo di democrazia. (…) La democrazia è già schiacciata dai poteri forti, dall'economia».
Esaminiamo quanto dice il prelato, partendo dal fondo. Sostiene che è il potere del denaro la causa dello svuotamento del sistema democratico, per così dire, dall’interno: ogni persona dotata di occhi orecchie e cervello non può che sottoscriverne la palese evidenza. Suggerisce, parafrasando Giorgio Gaber, che “democrazia è partecipazione”, e questo è indiscutibilmente vero se si pensa chi ne ha inventato il concetto e lo ha applicato, il Greco antico, la concepiva esclusivamente come esercizio diretto della sovranità da parte dei “molti” (il “popolo”), altrimenti il rischio è cadere nel suo contrario, che è appunto l’oligarchia (“governo dei pochi”, intesi come privilegiati per ricchezza e lignaggio). Dal Ferro ricorda che, inserita nella Costituzione vigente, è già a disposizione un’arma che è la sussidiarietà, principio che favorisce la partecipazione riavvicinando il cittadino al potere. Infine, boccia la democrazia rappresentativa, che lui chiama “quantitativa”, in quanto la delega è facilmente manipolabile dalle lobby politico-economiche, specialmente attraverso i media da loro controllati. Da cattolico auspica, poi, che la democrazia possa riformularsi secondo valori etici validi per tutti, come succede nell’Islam (fra parentesi: questo accade nel tanto vituperato Iran, dove ognuno può avere ed esprimere le opinioni che vuole a condizione di non mettere in discussione neanche per sbaglio il Corano e la sua interpretazione sciita).
Ora, a parte l’ultima nota che non condivido ma che, in bocca a un prete, posso capire, mi trovo d’accordo con quanto detto da monsignor Dal Ferro dalla prima all’ultima parola. Concordo sull’analisi del problema, e anche su quella che mi pare la direzione d’uscita: partecipazione dal basso, cioè democrazia diretta su base locale. Mi sento un po’ meno solo, oggi, in questa città.
di Alessio Mannino
di Alessio Mannino
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