Italia e banche: l'onestà non paga
C’è un filo sottile che lega la crisi dei mercati a quella italiana: chi sgarra non paga mai e il conto viene sempre presentato a chi rispetta le regole ed è in buone condizioni finanziarie.
Prendiamo i mercati: sono state le grandi banche americane ma anche europee a provocare la crisi del 2008 adottando politiche di investimento (subprime) altamente speculative, rischiosissime, incompatibili con i criteri della buona gestione a cui una grande banca dovrebbe sempre attenersi. Risultato: il tracollo del 2008. Cos’è successo nel frattempo? Che le stesse grandi banche hanno impedito, con il loro potere di lobby, vere riforme e una chiara separazione di ruoli tra banche d’affari e banche commerciali. Hanno beneficiato un paio d’anni abbondanti di ripresa e ora siamo daccapo. Si scopre che le grandi banche non sono così solide e che l’andazzo non è cambiato.
Chi paga? Le piccole banche, d’affari o commerciali, che hanno i conti a posto, il giusto profilo di rischio, un rapporto fiduciario consolidato con i clienti; pagano perché vengono vessate da nuove norme assurde, imposte dalle grandi banche, e perché subiscono senza colpa una crisi che trova origine proprio nel loro settore.
E l’Italia? Lo spettacolo sulla manovra a cui assistiamo in questi giorni è indecoroso, non solo per i continui cambiamenti di rotta ma per la natura profondamente immorale e ingiusta di gran parte dei provvedimenti. Pubblicare online i redditi di tutti é un incitamento alla delazione semplicemente inaccettabile, in quanto incivile, diseducativo e dunque incompatibile con un Paese moderno. Come primo passo il governo dovrebbe tagliare i fondi a chi li riceve in eccesso e li spreca, ma anche a chi gode di benefici oggi ingiustificati. Prima riforma: la Sicilia, pozzo senza fine ed esempio di malgoverno. Non viene mai toccata dai provvedimenti, perché ragione a statuo speciale. Ma anche il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta, che non sprecano, ma che beneficiano di trattamenti fiscali e trasferimenti di denaro pubblico ormai ingiustificati. Se gli italiani devono soffrire, tutti devono contribuire. Anche queste regioni, a cominciare dalla Sicilia perché incassa molto e spreca tutto, ma chiedendo sacrifici anche alle altre due regioni in nome della solidarietà e nella consapevolezza che le regioni debbano diventare tutte uguali.
Invece: questo governo, che ha perso il filo con i propri elettori e con la propria identità, inventa balzelli strani, si puniscono tutti i comuni senza differenziare tra quelli in buone condizioni finanziarie e quelli che sprecano, si sbanda su prelievi Irpef, riforma delle pensioni, trasferimenti agli enti locali, si punta sulla delazione e magari domani sul condono. Risutato, come per le banche: chi già paga ed è un buon cittadino viene ulteriormente vessato, chi sgarra, chi elude la legge, chi evade ha molte più chances di farla franca. E non soffre, contribuisce marginalmente al risanamento del Paese
Io la chiamo ingiustizia. E con l’ingustizia non si risolvono i problemi… O no?
di Marcello Foa
Italia e banche: l'onestà non paga
C’è un filo sottile che lega la crisi dei mercati a quella italiana: chi sgarra non paga mai e il conto viene sempre presentato a chi rispetta le regole ed è in buone condizioni finanziarie.
Prendiamo i mercati: sono state le grandi banche americane ma anche europee a provocare la crisi del 2008 adottando politiche di investimento (subprime) altamente speculative, rischiosissime, incompatibili con i criteri della buona gestione a cui una grande banca dovrebbe sempre attenersi. Risultato: il tracollo del 2008. Cos’è successo nel frattempo? Che le stesse grandi banche hanno impedito, con il loro potere di lobby, vere riforme e una chiara separazione di ruoli tra banche d’affari e banche commerciali. Hanno beneficiato un paio d’anni abbondanti di ripresa e ora siamo daccapo. Si scopre che le grandi banche non sono così solide e che l’andazzo non è cambiato.
Chi paga? Le piccole banche, d’affari o commerciali, che hanno i conti a posto, il giusto profilo di rischio, un rapporto fiduciario consolidato con i clienti; pagano perché vengono vessate da nuove norme assurde, imposte dalle grandi banche, e perché subiscono senza colpa una crisi che trova origine proprio nel loro settore.
E l’Italia? Lo spettacolo sulla manovra a cui assistiamo in questi giorni è indecoroso, non solo per i continui cambiamenti di rotta ma per la natura profondamente immorale e ingiusta di gran parte dei provvedimenti. Pubblicare online i redditi di tutti é un incitamento alla delazione semplicemente inaccettabile, in quanto incivile, diseducativo e dunque incompatibile con un Paese moderno. Come primo passo il governo dovrebbe tagliare i fondi a chi li riceve in eccesso e li spreca, ma anche a chi gode di benefici oggi ingiustificati. Prima riforma: la Sicilia, pozzo senza fine ed esempio di malgoverno. Non viene mai toccata dai provvedimenti, perché ragione a statuo speciale. Ma anche il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta, che non sprecano, ma che beneficiano di trattamenti fiscali e trasferimenti di denaro pubblico ormai ingiustificati. Se gli italiani devono soffrire, tutti devono contribuire. Anche queste regioni, a cominciare dalla Sicilia perché incassa molto e spreca tutto, ma chiedendo sacrifici anche alle altre due regioni in nome della solidarietà e nella consapevolezza che le regioni debbano diventare tutte uguali.
Invece: questo governo, che ha perso il filo con i propri elettori e con la propria identità, inventa balzelli strani, si puniscono tutti i comuni senza differenziare tra quelli in buone condizioni finanziarie e quelli che sprecano, si sbanda su prelievi Irpef, riforma delle pensioni, trasferimenti agli enti locali, si punta sulla delazione e magari domani sul condono. Risutato, come per le banche: chi già paga ed è un buon cittadino viene ulteriormente vessato, chi sgarra, chi elude la legge, chi evade ha molte più chances di farla franca. E non soffre, contribuisce marginalmente al risanamento del Paese
Io la chiamo ingiustizia. E con l’ingustizia non si risolvono i problemi… O no?
di Marcello Foa
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