01 marzo 2009

Il quadro della crisi


L’ex presdelaconfind, Montezemolo, ha proposto la convocazione degli “Stati Generali” per contrastare l’attuale crisi. Ne ha evidentemente detta un’altra delle sue; come quando era appunto  presidente degli industriali e sembrava un disco rotto con il tormentone del “fare sistema” o con “il medio è bello” in sostituzione del “piccolo è bello” dei decenni precedenti (e anche di questi ultimi tempi di crisi). Per quanto riguarda “il grande”, si accontentava più discretamente di chiedere – co-me sempre ha fatto la Fiat nel dopoguerra, e come insistentemente continua ora il suo ad Marchion-ne – aiuti e sussidi allo Stato (italiano, ma anche alla UE e a “San Obama”).

Solo che il troppo veloce pensiero dell’ex presidente industriale non ricorda che, su convocazio-ne di Louis XVI, gli Stati Generali (clero, nobiltà e terzo stato) si riunirono il 5 maggio 1789; subi-to si crearono dissidi vari, dopo la relazione di Necker che mise in luce la disastrosa situazione fi-nanziaria del Regno. Alla fine, il Terzo Stato (con alcuni settori di clero e nobiltà) dovette riunirsi, il 20 giugno, nella palestra del Jeu de Paume, dove decise di sciogliere tali Stati e di dare vita all’Assemblea Nazionale. Nemmeno un mese dopo ci fu la “presa della Bastiglia” e quasi subito cominciò a funzionare la “brillante invenzione” del dott. Guillotin (che era anche quello ad aver proposto il Jeu de Paume per la riunione del 20 giugno), con parecchie migliaia di teste dai tratti nobili e capelli fluenti “spedite per i fatti propri”.

Non sono in grado di giudicare se simile soluzione sarebbe adeguata all’Italia del XXI secolo; tendenzialmente credo ai “corsi e ricorsi storici” (cum grano salis) ma, come suol dirsi, ogni cosa a suo tempo: “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”. In realtà, il “Luca nazionale” vuol solo riamman-nirci, con terminologia più consona alla fase grave che si sta avvicinando, la solita sboba della “concertazione” tra le “parti sociali” (certo capisco che “Stati Generali” è “più figo”, proprio come il “fare sistema”). Tuttavia, mascheratura di una fregatura da darci era il leit-motiv di poco tempo fa, e altrettale mascheratura vorrebbe essere anche quest’ultima trovata. Il presdelafiat da un pezzo ha la “voglia matta” di far politica (pur se non ha lo stesso appeal di Cathérine Spaak nel film di Sal-ce). Per un periodo, dopo l’inaspettata vittoria netta di Berlusconi alle ultime elezioni (la GFeID si attendeva non un pareggio, ma comunque una vittoria di stretta misura), egli era rimasto in ombra, pur se da alcuni indizi si capiva che era sempre in agguato e scalpitava fremente. Adesso forse pen-sa che la crisi possa favorirlo. E soprattutto favorire tramite la richiesta dei soliti aiuti per i parassiti finanziario-industriali – in grado di ricattare il Governo con il pericolo di disfacimento del tessuto economico e aumento della disoccupazione (si veda l’ammorbidimento eccessivo di Tremonti verso le banche, ad esempio) – i suoi normali supporters, quelli di sempre, i “roditori” del paese.


                                               *****


Ricordiamo il passato meno recente. Il solito “incontro sul Britannia”(1992) e l’operazione mani pulite (un colpo di mano, se si considera esagerato parlare di colpo di Stato), consentita dal crollo del “socialismo reale” e soprattutto dell’Urss, ed eseguita per conto di ambienti statunitensi dai “weimariani” della GFeID, gli ambienti parassiti già nominati, lanciati – con tutto il loro filo-europeismo, una forma di vera sudditanza agli Usa e ai loro organismi tipo Nato – a divorare le ri-sorse dell’intero paese, trincerandosi dietro i “ladrocini” dei capi Dc e Psi. Gli Usa, restati superpo-tenza, erano ormai convinti di portare a compimento il loro “Impero”. Agli inizi degli anni ’90, tale disegno fu nascosto dall’ideologia del “tripolarismo” del mondo (Stati Uniti, Germania e Giappo-ne), con la variante – portata avanti perfino da ambienti sedicenti comunisti e marxisti, forse in buona fede, ma certo di scarso cervello – del Giappone che si stava trasformando in padrone degli Usa, del “toyotismo” che conquistava il mondo, insomma del “Sol Levante” in procinto di essere il nuovo centro dell’economia globale, in attesa di divenirlo, nel XXI secolo, in tutti i sensi.

Il Giappone fu presto distrutto (e non si è ancora ripreso), il tripolarismo pure. Restò il progetto imperiale statunitense, cui credemmo in molti, però non oltre il 2003 o poco più (almeno per quanto mi riguarda). In seguito a quel progetto, la nostra GFeID (consolidatasi e svendutasi sul Britannia; non solo in quell’incontro, ben s’intende, che indico soltanto come punto di condensazione e di par-tenza) decise di attaccare a fondo la finanza e industria “pubbliche” con un piano di “privatizzazio-ni”, che erano svendite e un divorare famelico, di fronte al quale i “ladroni” Dc e Psi erano di “scar-so appetito”. Per attuare tale piano – in ottemperanza a quello ben più consistente degli Usa, che vo-levano rendere il nostro paese un sicario sicuro senza più quegli sfizi “filoarabi” e un po’ indipen-dentisti di Mattei, eliminato (come più tardi Moro), e di certi dirigenti diccì e piesseì – bisognava far fuori il regime esistente durante la “guerra fredda”, regime che si fondava largamente su Iri, Eni, ecc.: insomma su finanza e industria “pubbliche”. Si passò sul “cadavere” – talvolta non metaforico – dei suddetti dirigenti del vecchio regime e si cercò di formarne un altro, i cui migliori esecutori non potevano che essere dei rinnegati, costretti così a obbedire ciecamente, senza poter rifiutare più nulla.

I nostri “comunisti” – che cambiarono subito nome e casacca (da lacchè) – furono gli unici ad essere salvati in tutta Europa. Si sperò in un sussulto di quelli che divennero i presunti “rifondatori”, ma anche qui la deriva è stata infine totale, ed è meglio nemmeno farne la storia; l’importante è sa-pere che tutti i vari gruppetti di “estrema” sono dei disperati che, al massimo (ma credo e spero di no), potrebbero trasformarsi, in date congiunture di sfascio, in autentici “manipoli” o “squadracce”. Si salverà, si e no, il 10% di quest’area; ma, se non saprà capire in brevissimo tempo (mesi) che va buttato nella pattumiera tutto il vecchio bagaglio ideologico, non servirà più a nulla, salvo che ad aggiungere danno al danno maggiore procurato dalla “sinistra” pidieista, italvalorista, margheritista.

Dopo aver devastato il campo con le privatizzazioni, i “britannisti” ci hanno portato nella UE (che viene chiamata Europa unita da questi imbroglioni e veri “ladroni”) accettando, ai fini dell’unica vera innovazione apportata con simile scelta – quella dell’area a moneta unica – un cam-bio lira/euro da sballo inflazionistico, che adesso si raffredda sol perché siamo in una diversa fase ancora più negativa. Intendiamoci; non è che sono contro l’Europa, in sé e per sé, ma per com’è sta-ta realizzata al solo scopo di servire l’egemonia imperiale degli Usa. Oggi che questa è in impasse, la UE, lo ripeto, è divenuta non un’area veramente integrata in senso europeo, ma solo una duplica-zione, con peggioramento, degli apparati burocratici degli Stati membri; gli apparati europei battono spesso in inefficienza quelli italiani (non certo brillanti a tal proposito), oltre ad essere solo la longa manus dei predominanti statunitensi. Nel periodo di massimo fulgore del tentativo imperiale di que-sti ultimi, culminato nella seconda aggressione all’Irak, la GFeID portò a fondo con i vari Ciampi, Prodi, Amato – ma con precedenti aiutini di diccì tipo Scalfaro & C. e con il “coniglismo” dei diri-genti democristiani “stracciati”, perfino di Andreotti (e altri), che lasciarono solo Craxi con la sua rabbia impotente – la conquista e spartizione della finanza-industria “pubblica”, spazzando pure via il debole, forse troppo maldestro e non “pulito”, tentativo di opporsi (non però alle privatizzazioni, ormai realizzate, precisiamo) compiuto da Fazio, appoggiato (ma fino al limite del possibile) dal Vaticano; tentativo sfociato nella sua sostituzione con chi ben sappiamo, e di cui conosciamo la ca-rica ricoperta nella finanza d’assalto americana, quella detta “ad alta leva”, liquefattasi con il falli-mento del progetto imperiale.

In tutto questo bailamme, l’intervento di Berlusconi – un “fascista” che ha accettato per ben due volte, e di questo gliene faccio colpa e non merito (“mancanza di palle”!), di essere sbalzato di sella – ha ingrippato l’azione della nostra GFeID, asservita agli Usa, avendo anch’essa a disposizione i suoi servi in quelli dell’ex Pci e di settori “sinistri” (nel vero significato del termine) dell’ex Dc. Per nostra fortuna – questo non è però affatto un risultato dell’azione politica di Berlusconi, “fascista” senza decisionismo – l’azione della suddetta accolita finanziario-industriale, divoratrice delle nostre risorse, è entrata in sofferenza per la crisi grave degli Stati Uniti, apparente causa e reale effetto dell’impasse in cui si è trovata la loro spinta imperiale. Va ancora ricordato però, per comprendere il passato e stare con gli occhi aperti in futuro, che nel frattempo si erano sviluppati tentativi di por-tare fino in fondo il “sacco” dell’apparato economico “pubblico”.

Ci si ricorderà del “piano Rovati”, uomo di Prodi (allora al Governo), contro la Telecom. L’azienda era già privata, ma in mani non del tutto gradite al nocciolo duro della GFeID; per cui, in tal caso, si cercò di riportarla sotto controllo “pubblico”, solo però perché governava il fiduciario del solito gruppo di parassiti. Soprattutto, vanno comunque duramente riprovati i reiterati tentativi di indebolire l’Eni, togliendole la rete di distribuzione per darla alle municipalizzate, piovra di clientelismo, finanziamento (e altro) a favore della sinistra (e anche della destra meno nazionale; cioè della parte più corrotta di tale schieramento, il cui nazionalismo è puramente di facciata, ma non difende per nulla gli interessi italiani). Tentativo che provocò perfino un duro intervento del vicepresidente della Gazprom, partner decisivo dell’Eni, con lettera indirizzata, guarda un po’, al Giornale; anche in tal caso, la nostra azienda si è finora ben difesa, e speriamo salvata, per il più volte segnalato insuccesso della politica imperiale statunitense. Gli atteggiamenti positivi di Berlu-sconi su Eni-Gazprom e sulla Russia in generale – timidamente iniziati durante l’incontro in Sarde-gna con Putin nel 2003 – sono, ancora una volta, effetto di tale insuccesso; in assenza del quale, l’uomo “senza palle” non avrebbe lanciato nemmeno la più piccola sfida all’amica, e tuttora co-munque “padrona”, America.

Oggi, si aprirebbe per l’Italia, se vi fosse un autentico gruppo politico decisionista, una stagione nuova, poiché la crisi inficia a fondo il comportamento “padronale” del polo comunque ancora più forte. E tuttavia, si sbaglia chi crede che il polo europeo – in realtà virtuale, perche esistono solo le singole nazioni, ridotte a “nazioncine” balbettanti, mentre si muovono a casaccio i filoamericani or-ganismi UE (insisto: nulla a che vedere con una Europa Unita!) – uscirà meglio dalla crisi. Ne usci-rà peggio; economicamente però, e tale insuccesso economico potrebbe essere rovesciato in succes-so dal punto di vista politico, con svolte decisioniste in alcuni suoi paesi (sciocco sperare in tutta Europa; soprattutto nell’est, dove l’unica prospettiva positiva risiede in una ri-crescita, basata su ben altri punti di forza che non quelli dell’Urss, dell’influenza russa).

Siamo sulla linea divisoria tra i creodi del ben noto modello waddingtoniano; la perturbazione e le oscillazioni saranno sempre più forti nel prossimo futuro, e dunque possiamo cascare di qua o di là. Deciderà la politica, assieme alle strategie delle poche grandi imprese di punta che abbiamo: in piena evidenza, ormai, le aziende energetiche con l’Eni, ancora una volta, in primo piano. Ci sareb-be bisogno però di un “nuovo Mattei”, e tuttavia di un Governo non democristiano; ripeto per l’ennesima volta, estremamente decisionista.


                                              *****


Ecco allora che si reinserisce l’ex presdelaconfind, vuoto di progetti concreti, che però tenta di sfruttare la debolezza e l’indecisione di un Governo diviso al suo interno tra fazioni, di cui quelle che fanno capo a vari settori di An e Lega, e anche a parte dei “berluscones”, non hanno a cuore gli interessi dell’intero paese; mentre soltanto un piccolo gruppo, stretto (quanto?) attorno al leader, è appena più deciso, ma scende a eccessivi compromessi con i settori parassitari, pur oggi non troppo saldi e che hanno mostrato tutta la loro insipienza. In particolare, mi riferisco proprio al settore ban-cario, in cui si contano i maggiori elettori del signor “yes, we can”, quelli che più ci hanno tenuto a farsi vedere mentre lo votavano alle “primarie”. Il Montezemolo – colui che fu tra principali avver-sari di Fazio e promotori della nostra finanza “dragona” e “weimariana”, cioè succube di quella a-mericana – per darsi l’importanza di uno che ha capito il momento particolarmente grave, ha ribat-tezzato “Stati Generali” la banalissima “concertazione”, fonte di disagio per tutte le cosiddette parti sociali (non parlo dei dirigenti, i “divoratori di ricchezza”, bensì delle basi di queste grandi parti-zioni della società) e di inviluppo dell’intero paese così tanto degradato dal 1993.

Nel momento in cui si sta sfasciando la sinistra, si riduce al lumicino quella “estrema”, le forze economiche più reazionarie del paese si aggrappano alla Cgil, e alla Fiom, per resistere al Governo non decisionista e cercare di invertire la tendenza al possibile declino definitivo della loro influen-za, solo che si desse loro una piccola spinta verso la “fossa”. La finanza dovrebbe essere ricondotta, con estrema rudezza, alla sua funzione di ancella dell’industria; ma quest’ultima, oltre a certamente servirsi anche della gran massa dei piccolo-medi imprenditori (se non altro per la loro importanza numerica e quale collante sociale), ha necessità di basarsi su grandi progetti strategici, comportanti nuove alleanze internazionali. Soprattutto, pur senza scontri frontali con gli Usa, come ho già scritto ultimamente, si deve giostrare con abilità, ma soprattutto con energia e senza esitazioni e “ritorni all’indietro”, nell’ambito dell’avanzante multipolarismo; ricordando inoltre che uno dei settori più rilevanti, per la lotta diretta a conquistare nuove supremazie e sfere di influenza, sarà precisamente quello energetico.

Obama gioca (per copertura ideologica, ma anche come si fa quando si “bluffa” a poker) con la green economy e le “energie alternative”; alla resa dei conti, come ha ricordato G.P., “ha affidato l’incarico di architetto della politica estera all’ex generale dei Marines James Jones, il quale, in li-nea con quanto dichiarato da altre teste d’uovo statunitensi, ritiene che la sicurezza nazionale passa dal controllo delle aree dove vi è maggior presenza di risorse energetiche, come il Golfo di Guinea, in Africa. Quindi l’Africa, ma anche Georgia o Ucraina, solo per citare altri paesi nell’orbita di Wa-shington, rappresentano per gli Usa ‘aree di interesse vitale’ che hanno a che fare direttamente con la sua ‘sicurezza nazionale’”. Cadere nei trucchi del nuovo “santino” della sinistra è nel pieno inte-resse dei nostri capitalisti, quelli parassiti e che godono di vantaggi (oggi però sempre minori) solo se fanno da “maggiordomo” agli Stati Uniti; non è invece affatto nell’interesse dei nostri settori più vitali e che più possono aiutarci ad uscire dalla crisi, come sostengo da tanto tempo, nelle meno peggiori condizioni.

Montezemolo sta giocando la sua solita partita a profitto delle “mignatte” della GFeID, le cui fi-nalità sono sempre più in antagonismo con quelle dell’intero paese. Ed è sintomatico che tale partita la voglia ricominciare dall’appoggio alla sinistra in piena défaillance. Ormai non potrebbe essere più chiaro di così: la nuova “concertazione” (mascherata ridicolmente da “Stati Generali”; si sver-gogni e sputtani senza remissione chi infanga così un grande momento della Storia per i suoi bassi fini da “sanguisuga”) mira a ripescare la Cgil, onde rimettere un po’ in sesto la sinistra e renderla ancora più schiava che non nel 1993 (perché tale schieramento non potrebbe sopravvivere un istante senza più l’ossigeno del nostro capitalismo parassitario e dei suoi mass media e catene editoriali, ecc.), in modo da usarla come ariete per schiantare il “sistema-paese” e riuscire infine in quell’attività di spoliazione non perfezionata del tutto con le manovre coadiuvate da mani pulite. L’incompiuta transizione dalla prima alla seconda Repubblica ha avuto una ben precisa causa im-mediata: l’incapacità della sinistra di conquistare – salvo che presso una intellettualità ormai marcia, lurida, sfatta, putrescente – l’egemonia su settori decisivi della società, e anche industria, italiana. Ma la causa prima è nella non riuscita operazione di egemonia imperiale americana.

Vogliamo perdere l’occasione di dare un colpo definitivo alla GFeID, e a quell’etereo, vacuo, personaggio che tenta di riproporsi alla sua testa? Cadiamo in questo errore di omissione e saremo “morti divorati” per un paio di generazioni almeno! Come ho però già scritto in altra occasione, i primi da colpire “a morte” sono i sicari, i “bravi”, di questi novelli “Don Rodrigo”. Purtroppo, e non lo dico con piacere, i più “bravi” di tutti, e da ormai quindici anni, sembrano i “sinistri”: sono per il momento allo sfascio, ma sarebbe bene, per il paese, che vi restassero a tempo indeterminato. Non è però detto, anzi continuo a ritenerlo improponibile, che questa destra sia in grado di mettere termine alla nostra agonia di “eterno passaggio” alla Seconda Repubblica. Occorre il decisionismo; e qual-siasi gruppo sociale, economico e politico sia in grado di sprigionarlo, costituendone altresì la “base di massa”, avrà risolto un gran problema per l’insieme della società italiana.  


di Gianfranco La Grassa

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01 marzo 2009

Il quadro della crisi


L’ex presdelaconfind, Montezemolo, ha proposto la convocazione degli “Stati Generali” per contrastare l’attuale crisi. Ne ha evidentemente detta un’altra delle sue; come quando era appunto  presidente degli industriali e sembrava un disco rotto con il tormentone del “fare sistema” o con “il medio è bello” in sostituzione del “piccolo è bello” dei decenni precedenti (e anche di questi ultimi tempi di crisi). Per quanto riguarda “il grande”, si accontentava più discretamente di chiedere – co-me sempre ha fatto la Fiat nel dopoguerra, e come insistentemente continua ora il suo ad Marchion-ne – aiuti e sussidi allo Stato (italiano, ma anche alla UE e a “San Obama”).

Solo che il troppo veloce pensiero dell’ex presidente industriale non ricorda che, su convocazio-ne di Louis XVI, gli Stati Generali (clero, nobiltà e terzo stato) si riunirono il 5 maggio 1789; subi-to si crearono dissidi vari, dopo la relazione di Necker che mise in luce la disastrosa situazione fi-nanziaria del Regno. Alla fine, il Terzo Stato (con alcuni settori di clero e nobiltà) dovette riunirsi, il 20 giugno, nella palestra del Jeu de Paume, dove decise di sciogliere tali Stati e di dare vita all’Assemblea Nazionale. Nemmeno un mese dopo ci fu la “presa della Bastiglia” e quasi subito cominciò a funzionare la “brillante invenzione” del dott. Guillotin (che era anche quello ad aver proposto il Jeu de Paume per la riunione del 20 giugno), con parecchie migliaia di teste dai tratti nobili e capelli fluenti “spedite per i fatti propri”.

Non sono in grado di giudicare se simile soluzione sarebbe adeguata all’Italia del XXI secolo; tendenzialmente credo ai “corsi e ricorsi storici” (cum grano salis) ma, come suol dirsi, ogni cosa a suo tempo: “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”. In realtà, il “Luca nazionale” vuol solo riamman-nirci, con terminologia più consona alla fase grave che si sta avvicinando, la solita sboba della “concertazione” tra le “parti sociali” (certo capisco che “Stati Generali” è “più figo”, proprio come il “fare sistema”). Tuttavia, mascheratura di una fregatura da darci era il leit-motiv di poco tempo fa, e altrettale mascheratura vorrebbe essere anche quest’ultima trovata. Il presdelafiat da un pezzo ha la “voglia matta” di far politica (pur se non ha lo stesso appeal di Cathérine Spaak nel film di Sal-ce). Per un periodo, dopo l’inaspettata vittoria netta di Berlusconi alle ultime elezioni (la GFeID si attendeva non un pareggio, ma comunque una vittoria di stretta misura), egli era rimasto in ombra, pur se da alcuni indizi si capiva che era sempre in agguato e scalpitava fremente. Adesso forse pen-sa che la crisi possa favorirlo. E soprattutto favorire tramite la richiesta dei soliti aiuti per i parassiti finanziario-industriali – in grado di ricattare il Governo con il pericolo di disfacimento del tessuto economico e aumento della disoccupazione (si veda l’ammorbidimento eccessivo di Tremonti verso le banche, ad esempio) – i suoi normali supporters, quelli di sempre, i “roditori” del paese.


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Ricordiamo il passato meno recente. Il solito “incontro sul Britannia”(1992) e l’operazione mani pulite (un colpo di mano, se si considera esagerato parlare di colpo di Stato), consentita dal crollo del “socialismo reale” e soprattutto dell’Urss, ed eseguita per conto di ambienti statunitensi dai “weimariani” della GFeID, gli ambienti parassiti già nominati, lanciati – con tutto il loro filo-europeismo, una forma di vera sudditanza agli Usa e ai loro organismi tipo Nato – a divorare le ri-sorse dell’intero paese, trincerandosi dietro i “ladrocini” dei capi Dc e Psi. Gli Usa, restati superpo-tenza, erano ormai convinti di portare a compimento il loro “Impero”. Agli inizi degli anni ’90, tale disegno fu nascosto dall’ideologia del “tripolarismo” del mondo (Stati Uniti, Germania e Giappo-ne), con la variante – portata avanti perfino da ambienti sedicenti comunisti e marxisti, forse in buona fede, ma certo di scarso cervello – del Giappone che si stava trasformando in padrone degli Usa, del “toyotismo” che conquistava il mondo, insomma del “Sol Levante” in procinto di essere il nuovo centro dell’economia globale, in attesa di divenirlo, nel XXI secolo, in tutti i sensi.

Il Giappone fu presto distrutto (e non si è ancora ripreso), il tripolarismo pure. Restò il progetto imperiale statunitense, cui credemmo in molti, però non oltre il 2003 o poco più (almeno per quanto mi riguarda). In seguito a quel progetto, la nostra GFeID (consolidatasi e svendutasi sul Britannia; non solo in quell’incontro, ben s’intende, che indico soltanto come punto di condensazione e di par-tenza) decise di attaccare a fondo la finanza e industria “pubbliche” con un piano di “privatizzazio-ni”, che erano svendite e un divorare famelico, di fronte al quale i “ladroni” Dc e Psi erano di “scar-so appetito”. Per attuare tale piano – in ottemperanza a quello ben più consistente degli Usa, che vo-levano rendere il nostro paese un sicario sicuro senza più quegli sfizi “filoarabi” e un po’ indipen-dentisti di Mattei, eliminato (come più tardi Moro), e di certi dirigenti diccì e piesseì – bisognava far fuori il regime esistente durante la “guerra fredda”, regime che si fondava largamente su Iri, Eni, ecc.: insomma su finanza e industria “pubbliche”. Si passò sul “cadavere” – talvolta non metaforico – dei suddetti dirigenti del vecchio regime e si cercò di formarne un altro, i cui migliori esecutori non potevano che essere dei rinnegati, costretti così a obbedire ciecamente, senza poter rifiutare più nulla.

I nostri “comunisti” – che cambiarono subito nome e casacca (da lacchè) – furono gli unici ad essere salvati in tutta Europa. Si sperò in un sussulto di quelli che divennero i presunti “rifondatori”, ma anche qui la deriva è stata infine totale, ed è meglio nemmeno farne la storia; l’importante è sa-pere che tutti i vari gruppetti di “estrema” sono dei disperati che, al massimo (ma credo e spero di no), potrebbero trasformarsi, in date congiunture di sfascio, in autentici “manipoli” o “squadracce”. Si salverà, si e no, il 10% di quest’area; ma, se non saprà capire in brevissimo tempo (mesi) che va buttato nella pattumiera tutto il vecchio bagaglio ideologico, non servirà più a nulla, salvo che ad aggiungere danno al danno maggiore procurato dalla “sinistra” pidieista, italvalorista, margheritista.

Dopo aver devastato il campo con le privatizzazioni, i “britannisti” ci hanno portato nella UE (che viene chiamata Europa unita da questi imbroglioni e veri “ladroni”) accettando, ai fini dell’unica vera innovazione apportata con simile scelta – quella dell’area a moneta unica – un cam-bio lira/euro da sballo inflazionistico, che adesso si raffredda sol perché siamo in una diversa fase ancora più negativa. Intendiamoci; non è che sono contro l’Europa, in sé e per sé, ma per com’è sta-ta realizzata al solo scopo di servire l’egemonia imperiale degli Usa. Oggi che questa è in impasse, la UE, lo ripeto, è divenuta non un’area veramente integrata in senso europeo, ma solo una duplica-zione, con peggioramento, degli apparati burocratici degli Stati membri; gli apparati europei battono spesso in inefficienza quelli italiani (non certo brillanti a tal proposito), oltre ad essere solo la longa manus dei predominanti statunitensi. Nel periodo di massimo fulgore del tentativo imperiale di que-sti ultimi, culminato nella seconda aggressione all’Irak, la GFeID portò a fondo con i vari Ciampi, Prodi, Amato – ma con precedenti aiutini di diccì tipo Scalfaro & C. e con il “coniglismo” dei diri-genti democristiani “stracciati”, perfino di Andreotti (e altri), che lasciarono solo Craxi con la sua rabbia impotente – la conquista e spartizione della finanza-industria “pubblica”, spazzando pure via il debole, forse troppo maldestro e non “pulito”, tentativo di opporsi (non però alle privatizzazioni, ormai realizzate, precisiamo) compiuto da Fazio, appoggiato (ma fino al limite del possibile) dal Vaticano; tentativo sfociato nella sua sostituzione con chi ben sappiamo, e di cui conosciamo la ca-rica ricoperta nella finanza d’assalto americana, quella detta “ad alta leva”, liquefattasi con il falli-mento del progetto imperiale.

In tutto questo bailamme, l’intervento di Berlusconi – un “fascista” che ha accettato per ben due volte, e di questo gliene faccio colpa e non merito (“mancanza di palle”!), di essere sbalzato di sella – ha ingrippato l’azione della nostra GFeID, asservita agli Usa, avendo anch’essa a disposizione i suoi servi in quelli dell’ex Pci e di settori “sinistri” (nel vero significato del termine) dell’ex Dc. Per nostra fortuna – questo non è però affatto un risultato dell’azione politica di Berlusconi, “fascista” senza decisionismo – l’azione della suddetta accolita finanziario-industriale, divoratrice delle nostre risorse, è entrata in sofferenza per la crisi grave degli Stati Uniti, apparente causa e reale effetto dell’impasse in cui si è trovata la loro spinta imperiale. Va ancora ricordato però, per comprendere il passato e stare con gli occhi aperti in futuro, che nel frattempo si erano sviluppati tentativi di por-tare fino in fondo il “sacco” dell’apparato economico “pubblico”.

Ci si ricorderà del “piano Rovati”, uomo di Prodi (allora al Governo), contro la Telecom. L’azienda era già privata, ma in mani non del tutto gradite al nocciolo duro della GFeID; per cui, in tal caso, si cercò di riportarla sotto controllo “pubblico”, solo però perché governava il fiduciario del solito gruppo di parassiti. Soprattutto, vanno comunque duramente riprovati i reiterati tentativi di indebolire l’Eni, togliendole la rete di distribuzione per darla alle municipalizzate, piovra di clientelismo, finanziamento (e altro) a favore della sinistra (e anche della destra meno nazionale; cioè della parte più corrotta di tale schieramento, il cui nazionalismo è puramente di facciata, ma non difende per nulla gli interessi italiani). Tentativo che provocò perfino un duro intervento del vicepresidente della Gazprom, partner decisivo dell’Eni, con lettera indirizzata, guarda un po’, al Giornale; anche in tal caso, la nostra azienda si è finora ben difesa, e speriamo salvata, per il più volte segnalato insuccesso della politica imperiale statunitense. Gli atteggiamenti positivi di Berlu-sconi su Eni-Gazprom e sulla Russia in generale – timidamente iniziati durante l’incontro in Sarde-gna con Putin nel 2003 – sono, ancora una volta, effetto di tale insuccesso; in assenza del quale, l’uomo “senza palle” non avrebbe lanciato nemmeno la più piccola sfida all’amica, e tuttora co-munque “padrona”, America.

Oggi, si aprirebbe per l’Italia, se vi fosse un autentico gruppo politico decisionista, una stagione nuova, poiché la crisi inficia a fondo il comportamento “padronale” del polo comunque ancora più forte. E tuttavia, si sbaglia chi crede che il polo europeo – in realtà virtuale, perche esistono solo le singole nazioni, ridotte a “nazioncine” balbettanti, mentre si muovono a casaccio i filoamericani or-ganismi UE (insisto: nulla a che vedere con una Europa Unita!) – uscirà meglio dalla crisi. Ne usci-rà peggio; economicamente però, e tale insuccesso economico potrebbe essere rovesciato in succes-so dal punto di vista politico, con svolte decisioniste in alcuni suoi paesi (sciocco sperare in tutta Europa; soprattutto nell’est, dove l’unica prospettiva positiva risiede in una ri-crescita, basata su ben altri punti di forza che non quelli dell’Urss, dell’influenza russa).

Siamo sulla linea divisoria tra i creodi del ben noto modello waddingtoniano; la perturbazione e le oscillazioni saranno sempre più forti nel prossimo futuro, e dunque possiamo cascare di qua o di là. Deciderà la politica, assieme alle strategie delle poche grandi imprese di punta che abbiamo: in piena evidenza, ormai, le aziende energetiche con l’Eni, ancora una volta, in primo piano. Ci sareb-be bisogno però di un “nuovo Mattei”, e tuttavia di un Governo non democristiano; ripeto per l’ennesima volta, estremamente decisionista.


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Ecco allora che si reinserisce l’ex presdelaconfind, vuoto di progetti concreti, che però tenta di sfruttare la debolezza e l’indecisione di un Governo diviso al suo interno tra fazioni, di cui quelle che fanno capo a vari settori di An e Lega, e anche a parte dei “berluscones”, non hanno a cuore gli interessi dell’intero paese; mentre soltanto un piccolo gruppo, stretto (quanto?) attorno al leader, è appena più deciso, ma scende a eccessivi compromessi con i settori parassitari, pur oggi non troppo saldi e che hanno mostrato tutta la loro insipienza. In particolare, mi riferisco proprio al settore ban-cario, in cui si contano i maggiori elettori del signor “yes, we can”, quelli che più ci hanno tenuto a farsi vedere mentre lo votavano alle “primarie”. Il Montezemolo – colui che fu tra principali avver-sari di Fazio e promotori della nostra finanza “dragona” e “weimariana”, cioè succube di quella a-mericana – per darsi l’importanza di uno che ha capito il momento particolarmente grave, ha ribat-tezzato “Stati Generali” la banalissima “concertazione”, fonte di disagio per tutte le cosiddette parti sociali (non parlo dei dirigenti, i “divoratori di ricchezza”, bensì delle basi di queste grandi parti-zioni della società) e di inviluppo dell’intero paese così tanto degradato dal 1993.

Nel momento in cui si sta sfasciando la sinistra, si riduce al lumicino quella “estrema”, le forze economiche più reazionarie del paese si aggrappano alla Cgil, e alla Fiom, per resistere al Governo non decisionista e cercare di invertire la tendenza al possibile declino definitivo della loro influen-za, solo che si desse loro una piccola spinta verso la “fossa”. La finanza dovrebbe essere ricondotta, con estrema rudezza, alla sua funzione di ancella dell’industria; ma quest’ultima, oltre a certamente servirsi anche della gran massa dei piccolo-medi imprenditori (se non altro per la loro importanza numerica e quale collante sociale), ha necessità di basarsi su grandi progetti strategici, comportanti nuove alleanze internazionali. Soprattutto, pur senza scontri frontali con gli Usa, come ho già scritto ultimamente, si deve giostrare con abilità, ma soprattutto con energia e senza esitazioni e “ritorni all’indietro”, nell’ambito dell’avanzante multipolarismo; ricordando inoltre che uno dei settori più rilevanti, per la lotta diretta a conquistare nuove supremazie e sfere di influenza, sarà precisamente quello energetico.

Obama gioca (per copertura ideologica, ma anche come si fa quando si “bluffa” a poker) con la green economy e le “energie alternative”; alla resa dei conti, come ha ricordato G.P., “ha affidato l’incarico di architetto della politica estera all’ex generale dei Marines James Jones, il quale, in li-nea con quanto dichiarato da altre teste d’uovo statunitensi, ritiene che la sicurezza nazionale passa dal controllo delle aree dove vi è maggior presenza di risorse energetiche, come il Golfo di Guinea, in Africa. Quindi l’Africa, ma anche Georgia o Ucraina, solo per citare altri paesi nell’orbita di Wa-shington, rappresentano per gli Usa ‘aree di interesse vitale’ che hanno a che fare direttamente con la sua ‘sicurezza nazionale’”. Cadere nei trucchi del nuovo “santino” della sinistra è nel pieno inte-resse dei nostri capitalisti, quelli parassiti e che godono di vantaggi (oggi però sempre minori) solo se fanno da “maggiordomo” agli Stati Uniti; non è invece affatto nell’interesse dei nostri settori più vitali e che più possono aiutarci ad uscire dalla crisi, come sostengo da tanto tempo, nelle meno peggiori condizioni.

Montezemolo sta giocando la sua solita partita a profitto delle “mignatte” della GFeID, le cui fi-nalità sono sempre più in antagonismo con quelle dell’intero paese. Ed è sintomatico che tale partita la voglia ricominciare dall’appoggio alla sinistra in piena défaillance. Ormai non potrebbe essere più chiaro di così: la nuova “concertazione” (mascherata ridicolmente da “Stati Generali”; si sver-gogni e sputtani senza remissione chi infanga così un grande momento della Storia per i suoi bassi fini da “sanguisuga”) mira a ripescare la Cgil, onde rimettere un po’ in sesto la sinistra e renderla ancora più schiava che non nel 1993 (perché tale schieramento non potrebbe sopravvivere un istante senza più l’ossigeno del nostro capitalismo parassitario e dei suoi mass media e catene editoriali, ecc.), in modo da usarla come ariete per schiantare il “sistema-paese” e riuscire infine in quell’attività di spoliazione non perfezionata del tutto con le manovre coadiuvate da mani pulite. L’incompiuta transizione dalla prima alla seconda Repubblica ha avuto una ben precisa causa im-mediata: l’incapacità della sinistra di conquistare – salvo che presso una intellettualità ormai marcia, lurida, sfatta, putrescente – l’egemonia su settori decisivi della società, e anche industria, italiana. Ma la causa prima è nella non riuscita operazione di egemonia imperiale americana.

Vogliamo perdere l’occasione di dare un colpo definitivo alla GFeID, e a quell’etereo, vacuo, personaggio che tenta di riproporsi alla sua testa? Cadiamo in questo errore di omissione e saremo “morti divorati” per un paio di generazioni almeno! Come ho però già scritto in altra occasione, i primi da colpire “a morte” sono i sicari, i “bravi”, di questi novelli “Don Rodrigo”. Purtroppo, e non lo dico con piacere, i più “bravi” di tutti, e da ormai quindici anni, sembrano i “sinistri”: sono per il momento allo sfascio, ma sarebbe bene, per il paese, che vi restassero a tempo indeterminato. Non è però detto, anzi continuo a ritenerlo improponibile, che questa destra sia in grado di mettere termine alla nostra agonia di “eterno passaggio” alla Seconda Repubblica. Occorre il decisionismo; e qual-siasi gruppo sociale, economico e politico sia in grado di sprigionarlo, costituendone altresì la “base di massa”, avrà risolto un gran problema per l’insieme della società italiana.  


di Gianfranco La Grassa

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