07 marzo 2009

UK: buonuscita generosa

Per tanto, troppo tempo, le banche inglesi sono state gestite da avventurieri che, complici la mancanza di controlli pubblici degni di questo nome e un’assurda fede nella sostenibilità di un sistema affidabile quanto una bicicletta in equilibrio su una corda a 50 metri da terra, sono quasi riusciti a mandare un intero Paese a gambe all’aria. Risultato? Il Governo britannico, nell’ambito del piano di salvataggio delle banche del valore di 37 miliardi di sterline, ha acquisito il controllo di Northern Rock, Bradford&Bingley e di Royal Bank of Scotland. Detiene inoltre il 58% di Hbos e il 30% di Lloyds Tsb, ovvero il 43,4% del Lloyds Banking Group, gruppo nato il 13 gennaio scorso dall’acquisizione di HBOS da parte della concorrente Lloyds TSB.

L’operazione, annunciata già a settembre dello scorso anno, si è svolta sotto la regia del Governo britannico, che ha dribblato qualsiasi obiezione antitrust invocando l’interesse nazionale: il collasso di un gigante come HBOS (20% dei conti correnti inglesi) avrebbe infatti avuto conseguenze devastanti sul Paese. La HSBO è stata una banca gestita in un modo talmente demenziale che il suo modello organizzativo potrebbe essere studiato nelle università come la “summa” di tutte le pratiche viziose nel mercato del credito: rilevante esposizione sull’immobiliare, prestiti rischiosi a costruttori edili, a fondi di private equity traballanti e, ciliegina sulla torta, assunzione di rischi importanti nel mercato azionario. Quest’ultimo elemento, rischio di perdite capitali a parte, ha finito per danneggiare gravemente la capacità della banca di valutare accuratamente il rischio di credito dei suoi clienti, “drogata” come era dalle irrazionali quanto irresponsabili attese di lauti e “certi” guadagni sul mercato azionario.

L’altro ieri HSBO ha pubblicato i suoi risultati per il 2008, da cui emerge il terrificante numero di 10,8 miliardi di sterline di perdite; perdite, è bene ricordarlo, registrate prima che la recessione cominciasse a colpire la capacità di ripagare i debiti di clienti privati ed imprese debitrici. Il 2009, è chiaro, sarà anche peggiore, mentre la debolezza della soluzione Lloyds TSB sta emergendo in tutta la sua drammaticità: il nuovo azionista, che già al momento dell’acquisizione aveva una stazza molto minore della banca acquistata (8% del mercato contro oltre il 20% di HSBO), semplicemente non ha le spalle robuste abbastanza per coprire il bagno di sangue atteso per quest’anno. Per avere un’idea della gravità del problema è sufficiente sapere che il gruppo nel suo complesso detiene un quarto dei conti bancari e poco meno di un terzo dei mutui in Gran Bretagna. Per questa ragione Lloyds TSB sta discutendo con il Governo britannico un piano di garanzia pubblica su ben 250 miliardi di sterline dell’attivo (si fa per dire) della banca.

Il governo sta inoltre studiando un simile schema di garanzia sulle attività di Royal Bank of Scotland, che dovrebbe coprire i 325 miliardi di sterline di attività “tossiche” sui suoi libri: secondo la BBC, l’assicurazione pubblica dovrebbe costare alla banca circa 6,5 miliardi di sterline di commissioni e prevedere una rilevante franchigia; infatti i primi 19,5 miliardi di sterline di perdite resteranno comunque sul conto economico della banca. Anche Royal Bank of Scotland ha pubblicato qualche giorno fa i suoi risultati economici: 24,1 miliardi di sterline di perdite, di cui 16,2 causati da rettifiche sul valore di attività “non performanti” effettuate anche sulle controllate estere ABN AMRO e Charter One; le perdite “vere”, attribuibili alla sola banca inglese, sono circa 7,9 miliardi. I numeri di Royal Bank of Scotland sono un record negativo in grado di surclassare Vodafone, che nel 2006 e nel 2002 presentò conti economici da brivido (rispettivamente -14,9 e -13,5 miliardi di sterline); in questo podio della vergogna, il quarto posto spetta a HBOS, con i suoi –10,8 miliardi del 2008.

Insomma, il comportamento irresponsabile dei direttori delle grandi banche inglesi non solo hanno finito per distruggere valore, ma è riuscito a produrre una situazione paradossale che sovverte qualsiasi ortodossia liberista: banche che presentano bilanci con rossi grandi quanto una manovra di governo, il governo costretto a scendere in campo mettendo sul piatto soldi contanti (33 miliardi di sterline pompate nella sola Royal Bank of Scotland in due tranche) e/o per garantire attività bancarie per centinaia di milioni di sterline (le sole fideiussioni prestate per Royal Bank of Scotland e HBOS valgono 600 miliardi di sterline).

Ci si aspetterebbe che i direttori delle banche nazionalizzate, ovviamente tutti silurati, mostrassero un atteggiamento dimesso e contrito. Gli esempi che seguono mostrano invece che la loro arroganza non è stata intaccata nemmeno dal manifesto disastro globale prodotto dalla loro disinvolta assunzione di rischi colossali. Ad esempio, Sir Fred Goodwin, ex CEO di Royal Bank of Scotland, quando è stato cortesemente accompagnato all’uscita, aveva in tasca un accordo che gli ha riconosciuto una somma di 16 milioni di sterline, fruibile nella forma di un vitalizio di 650.000 sterline all’anno. Stephen Hester, il nuovo capo della banca ha dichiarato che il trattamento del suo predecessore è stato regolato da un contratto di anche il Governo era parte.

Una bella tegola in testa per l’esecutivo di Gordon Brown, che, come nota correttamente il ministro ombra delle finanze conservatore, “o sapeva e non ha reagito, oppure non sapeva e non è stato in grado di porre le domande giuste; comunque si guardi alla faccenda, questa pensione oscena è inaccettabile e il governo deve renderne conto”. Di fronte all’ennesima dimostrazione di insipienza, Gordon Brown ha tuonato: “Il comportamento di Royal Bank of Scotland mi fa arrabbiare e fa arrabbiare il paese: faremo pulizia nelle banche, in modo che non niente di simile accada in futuro”. Di fronte all’insistenza di Goodwin, che apertamente rifiuta di mollare l’osso, assistiamo anche all’imbarazzante boutade di Brown, che minaccia il banchiere di fargli revocare il titolo di baronetto…

Del resto, Goodwin non è il solo: sembra infatti che anche Peter Cummings, uno dei boss della HBOS, noto per concludere affari con una semplice stretta di mano e responsabile degli investimenti immobiliari che hanno affondato la banca, ha lasciato il suo impiego con una buonuscita di 600.000 sterline più un accordo pensionistico del valore attuale di 5,9 milioni di sterline. Tutto questo per dire che il governo inglese non riesce a tenere sotto controllo il demonio che si nasconde dietro le banche d’affari nemmeno una volta divenutone il padrone.
di Mario Braconi

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07 marzo 2009

UK: buonuscita generosa

Per tanto, troppo tempo, le banche inglesi sono state gestite da avventurieri che, complici la mancanza di controlli pubblici degni di questo nome e un’assurda fede nella sostenibilità di un sistema affidabile quanto una bicicletta in equilibrio su una corda a 50 metri da terra, sono quasi riusciti a mandare un intero Paese a gambe all’aria. Risultato? Il Governo britannico, nell’ambito del piano di salvataggio delle banche del valore di 37 miliardi di sterline, ha acquisito il controllo di Northern Rock, Bradford&Bingley e di Royal Bank of Scotland. Detiene inoltre il 58% di Hbos e il 30% di Lloyds Tsb, ovvero il 43,4% del Lloyds Banking Group, gruppo nato il 13 gennaio scorso dall’acquisizione di HBOS da parte della concorrente Lloyds TSB.

L’operazione, annunciata già a settembre dello scorso anno, si è svolta sotto la regia del Governo britannico, che ha dribblato qualsiasi obiezione antitrust invocando l’interesse nazionale: il collasso di un gigante come HBOS (20% dei conti correnti inglesi) avrebbe infatti avuto conseguenze devastanti sul Paese. La HSBO è stata una banca gestita in un modo talmente demenziale che il suo modello organizzativo potrebbe essere studiato nelle università come la “summa” di tutte le pratiche viziose nel mercato del credito: rilevante esposizione sull’immobiliare, prestiti rischiosi a costruttori edili, a fondi di private equity traballanti e, ciliegina sulla torta, assunzione di rischi importanti nel mercato azionario. Quest’ultimo elemento, rischio di perdite capitali a parte, ha finito per danneggiare gravemente la capacità della banca di valutare accuratamente il rischio di credito dei suoi clienti, “drogata” come era dalle irrazionali quanto irresponsabili attese di lauti e “certi” guadagni sul mercato azionario.

L’altro ieri HSBO ha pubblicato i suoi risultati per il 2008, da cui emerge il terrificante numero di 10,8 miliardi di sterline di perdite; perdite, è bene ricordarlo, registrate prima che la recessione cominciasse a colpire la capacità di ripagare i debiti di clienti privati ed imprese debitrici. Il 2009, è chiaro, sarà anche peggiore, mentre la debolezza della soluzione Lloyds TSB sta emergendo in tutta la sua drammaticità: il nuovo azionista, che già al momento dell’acquisizione aveva una stazza molto minore della banca acquistata (8% del mercato contro oltre il 20% di HSBO), semplicemente non ha le spalle robuste abbastanza per coprire il bagno di sangue atteso per quest’anno. Per avere un’idea della gravità del problema è sufficiente sapere che il gruppo nel suo complesso detiene un quarto dei conti bancari e poco meno di un terzo dei mutui in Gran Bretagna. Per questa ragione Lloyds TSB sta discutendo con il Governo britannico un piano di garanzia pubblica su ben 250 miliardi di sterline dell’attivo (si fa per dire) della banca.

Il governo sta inoltre studiando un simile schema di garanzia sulle attività di Royal Bank of Scotland, che dovrebbe coprire i 325 miliardi di sterline di attività “tossiche” sui suoi libri: secondo la BBC, l’assicurazione pubblica dovrebbe costare alla banca circa 6,5 miliardi di sterline di commissioni e prevedere una rilevante franchigia; infatti i primi 19,5 miliardi di sterline di perdite resteranno comunque sul conto economico della banca. Anche Royal Bank of Scotland ha pubblicato qualche giorno fa i suoi risultati economici: 24,1 miliardi di sterline di perdite, di cui 16,2 causati da rettifiche sul valore di attività “non performanti” effettuate anche sulle controllate estere ABN AMRO e Charter One; le perdite “vere”, attribuibili alla sola banca inglese, sono circa 7,9 miliardi. I numeri di Royal Bank of Scotland sono un record negativo in grado di surclassare Vodafone, che nel 2006 e nel 2002 presentò conti economici da brivido (rispettivamente -14,9 e -13,5 miliardi di sterline); in questo podio della vergogna, il quarto posto spetta a HBOS, con i suoi –10,8 miliardi del 2008.

Insomma, il comportamento irresponsabile dei direttori delle grandi banche inglesi non solo hanno finito per distruggere valore, ma è riuscito a produrre una situazione paradossale che sovverte qualsiasi ortodossia liberista: banche che presentano bilanci con rossi grandi quanto una manovra di governo, il governo costretto a scendere in campo mettendo sul piatto soldi contanti (33 miliardi di sterline pompate nella sola Royal Bank of Scotland in due tranche) e/o per garantire attività bancarie per centinaia di milioni di sterline (le sole fideiussioni prestate per Royal Bank of Scotland e HBOS valgono 600 miliardi di sterline).

Ci si aspetterebbe che i direttori delle banche nazionalizzate, ovviamente tutti silurati, mostrassero un atteggiamento dimesso e contrito. Gli esempi che seguono mostrano invece che la loro arroganza non è stata intaccata nemmeno dal manifesto disastro globale prodotto dalla loro disinvolta assunzione di rischi colossali. Ad esempio, Sir Fred Goodwin, ex CEO di Royal Bank of Scotland, quando è stato cortesemente accompagnato all’uscita, aveva in tasca un accordo che gli ha riconosciuto una somma di 16 milioni di sterline, fruibile nella forma di un vitalizio di 650.000 sterline all’anno. Stephen Hester, il nuovo capo della banca ha dichiarato che il trattamento del suo predecessore è stato regolato da un contratto di anche il Governo era parte.

Una bella tegola in testa per l’esecutivo di Gordon Brown, che, come nota correttamente il ministro ombra delle finanze conservatore, “o sapeva e non ha reagito, oppure non sapeva e non è stato in grado di porre le domande giuste; comunque si guardi alla faccenda, questa pensione oscena è inaccettabile e il governo deve renderne conto”. Di fronte all’ennesima dimostrazione di insipienza, Gordon Brown ha tuonato: “Il comportamento di Royal Bank of Scotland mi fa arrabbiare e fa arrabbiare il paese: faremo pulizia nelle banche, in modo che non niente di simile accada in futuro”. Di fronte all’insistenza di Goodwin, che apertamente rifiuta di mollare l’osso, assistiamo anche all’imbarazzante boutade di Brown, che minaccia il banchiere di fargli revocare il titolo di baronetto…

Del resto, Goodwin non è il solo: sembra infatti che anche Peter Cummings, uno dei boss della HBOS, noto per concludere affari con una semplice stretta di mano e responsabile degli investimenti immobiliari che hanno affondato la banca, ha lasciato il suo impiego con una buonuscita di 600.000 sterline più un accordo pensionistico del valore attuale di 5,9 milioni di sterline. Tutto questo per dire che il governo inglese non riesce a tenere sotto controllo il demonio che si nasconde dietro le banche d’affari nemmeno una volta divenutone il padrone.
di Mario Braconi

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