26 luglio 2010

Fiat: cavallo di troia degli americani





La Fiat sta bluffando e pratica la ritorsione contro il governo italiano dopo che quest’ultimo si è rifiutato di estendere gli incentivi sulla rottamazione anche per il 2010.
Da un punto di vista oggettivo si materializza quella funzione antinazionale del Gruppo torinese della quale abbiamo sempre detto e che ora genera danni anche sui livelli occupazionali e sulla gestione delle relazioni industriali nel nostro paese. Del resto, nonostante si faccia un gran parlare di ritorno alle logiche del libero scambio e di un ripristino di competitività non assistita dallo Stato, attraverso innovazioni e razionalizzazione dei processi, sono ancora gli aiuti pubblici a tenere in piedi il Lingotto. E’ questa la vera ed unica delocalizzazione realizzata da Fiat nel mercato globale: se prima era l’Italia a foraggiare direttamente Torino adesso ci pensano Obama e gli Stati dell’UE che godono delle agevolazioni comunitarie. Anche in Serbia, dove l’azienda ha annunciato che produrrà la nuova Musa sottraendola a Mirafiori, l’impegno fattivo di Fiat sarà di circa 1/3 dei fondi, il resto lo metterà il governo serbo e la BEI. C’è poi la questione dei bassi salari e dei vantaggi fiscali ma qui Marchionne, come giustamente ricordato da Luciano Gallino, ha fatto la figura dello smemorato poiché quattro anni fa aveva detto che "il costo del lavoro rappresenta il 7-8 per cento, dunque è inutile picchiare su chi sta alla linea di montaggio pensando di risolvere i problemi”. Già, il manager italo - canadese ci avrà ripensato guardando ai dati del mercato europeo del primo semestre 2010 che mettono Fiat con le spalle al muro. Torino perde in Europa il 20,8%, nessuno ha fatto peggio. La sua quota di mercato è appena del 7,4%, sesta Casa automobilistica nel vecchio continente. I numeri impietosi testimoniano che le macchine dell’azienda italiana non sono all’altezza di quelle prodotte dai suoi competitors e addirittura sono molto al di sotto degli standard di qualità delle altre case automobilistiche. “A Torino sono poco competitivi in termini di capacità progettuale e commerciale. Da anni, lo sanno tutti”, dice Bankomat su Dagospia. Ed è un fatto che abbiamo rimarcato anche noi riportando più volte le statistiche su ricerca e sviluppo, con Fiat che spende poco e male su questo versante. Renault, Volkswagen, Toyota lavorano meglio della Fabbrica Italiana Automobili Torino per questo trovano consensi tra i consumatori e riescono a mantenere un livello di vendite accettabili. E persino Ford produce autovetture di migliori caratteristiche pur concedendo poco allo stile e al design. Non dimentichiamo inoltre che la Ford ha deciso di camminare sulle proprie gambe da molto tempo, rifiutando di accedere ai finanziamenti statali che pure Obama aveva messo a sua disposizione per affrontare la crisi, proprio mentre le omologhe GM e Chrysler si attaccavano come idrovore alla mammella pubblica. Resta da valutare con attenzione questo ruolo di pedina che la Fiat americanizzata gioca nel contesto italiano. Il suo potere di ricatto è elevato e può agire su qualsiasi governo non allineato ai diktat occidentali semplicemente innescando una caduta occupazionale, preludio ad una successiva quanto indotta crisi sociale. Il caos è lo strumento attraverso il quale i nemici della nazione, ovvero quei poteri internazionali che vogliono il paese succube di precisi orientamenti filo-atlantici, s’insinueranno maggiormente nella vita politica e istituzionale del paese per irretirlo nella maglie di una predominanza sempre più asfissiante e debilitante. Nonchè per privarlo di qualsivoglia autonomia decisionale. La Fiat è uno dei cavalli di troia per soggiogare il nostro Stato e solo per questa finalità gli americani l’hanno “comprata”.

di Gianni Petrosillo

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26 luglio 2010

Fiat: cavallo di troia degli americani





La Fiat sta bluffando e pratica la ritorsione contro il governo italiano dopo che quest’ultimo si è rifiutato di estendere gli incentivi sulla rottamazione anche per il 2010.
Da un punto di vista oggettivo si materializza quella funzione antinazionale del Gruppo torinese della quale abbiamo sempre detto e che ora genera danni anche sui livelli occupazionali e sulla gestione delle relazioni industriali nel nostro paese. Del resto, nonostante si faccia un gran parlare di ritorno alle logiche del libero scambio e di un ripristino di competitività non assistita dallo Stato, attraverso innovazioni e razionalizzazione dei processi, sono ancora gli aiuti pubblici a tenere in piedi il Lingotto. E’ questa la vera ed unica delocalizzazione realizzata da Fiat nel mercato globale: se prima era l’Italia a foraggiare direttamente Torino adesso ci pensano Obama e gli Stati dell’UE che godono delle agevolazioni comunitarie. Anche in Serbia, dove l’azienda ha annunciato che produrrà la nuova Musa sottraendola a Mirafiori, l’impegno fattivo di Fiat sarà di circa 1/3 dei fondi, il resto lo metterà il governo serbo e la BEI. C’è poi la questione dei bassi salari e dei vantaggi fiscali ma qui Marchionne, come giustamente ricordato da Luciano Gallino, ha fatto la figura dello smemorato poiché quattro anni fa aveva detto che "il costo del lavoro rappresenta il 7-8 per cento, dunque è inutile picchiare su chi sta alla linea di montaggio pensando di risolvere i problemi”. Già, il manager italo - canadese ci avrà ripensato guardando ai dati del mercato europeo del primo semestre 2010 che mettono Fiat con le spalle al muro. Torino perde in Europa il 20,8%, nessuno ha fatto peggio. La sua quota di mercato è appena del 7,4%, sesta Casa automobilistica nel vecchio continente. I numeri impietosi testimoniano che le macchine dell’azienda italiana non sono all’altezza di quelle prodotte dai suoi competitors e addirittura sono molto al di sotto degli standard di qualità delle altre case automobilistiche. “A Torino sono poco competitivi in termini di capacità progettuale e commerciale. Da anni, lo sanno tutti”, dice Bankomat su Dagospia. Ed è un fatto che abbiamo rimarcato anche noi riportando più volte le statistiche su ricerca e sviluppo, con Fiat che spende poco e male su questo versante. Renault, Volkswagen, Toyota lavorano meglio della Fabbrica Italiana Automobili Torino per questo trovano consensi tra i consumatori e riescono a mantenere un livello di vendite accettabili. E persino Ford produce autovetture di migliori caratteristiche pur concedendo poco allo stile e al design. Non dimentichiamo inoltre che la Ford ha deciso di camminare sulle proprie gambe da molto tempo, rifiutando di accedere ai finanziamenti statali che pure Obama aveva messo a sua disposizione per affrontare la crisi, proprio mentre le omologhe GM e Chrysler si attaccavano come idrovore alla mammella pubblica. Resta da valutare con attenzione questo ruolo di pedina che la Fiat americanizzata gioca nel contesto italiano. Il suo potere di ricatto è elevato e può agire su qualsiasi governo non allineato ai diktat occidentali semplicemente innescando una caduta occupazionale, preludio ad una successiva quanto indotta crisi sociale. Il caos è lo strumento attraverso il quale i nemici della nazione, ovvero quei poteri internazionali che vogliono il paese succube di precisi orientamenti filo-atlantici, s’insinueranno maggiormente nella vita politica e istituzionale del paese per irretirlo nella maglie di una predominanza sempre più asfissiante e debilitante. Nonchè per privarlo di qualsivoglia autonomia decisionale. La Fiat è uno dei cavalli di troia per soggiogare il nostro Stato e solo per questa finalità gli americani l’hanno “comprata”.

di Gianni Petrosillo

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