14 maggio 2011

La guerra in Libia, il potere degli Stati Uniti e il declino del sistema dei petrodollari

L’attuale campagna NATO contro Gheddafi in Libia ha creato molta confusione, sia tra coloro che hanno avviato questa iniziativa inefficace che tra coloro che la osservano.

La mia opinione su questa guerra, invece, è che sia mal concepita e pericolosa – una minaccia per gli interessi dei Libici, degli Americani, del Medio Oriente e, potenzialmente, del mondo intero. Dietro al dichiarato timore per l’incolumità dei civili libici vi è una preoccupazione più profonda difficilmente riconoscibile: la difesa occidentale dell’attuale economia globale dei petrodollari, ormai in declino..Nel frattempo, in paesi che sono stati di grande interesse per gli Stati Uniti, come la Giordania e lo Yemen, è difficile individuare una coerente politica americana.

Dei 28 membri della NATO, solo 14 sono coinvolti nella campagna di Libia, e solo 6 nella guerra aerea. Di questi, solo tre paesi – Stati Uniti,Gran Bretagna e Francia – stanno fornendo supporto tattico aereo ai ribelli a terra. Nel momento in cui molti paesi membri della NATO hanno congelato i conti bancari di Gheddafi e dei suoi più prossimi sostenitori, gli Stati Uniti, con una mossa poco pubblicizzata e assai dubbia, hanno congelato la totalità dei 30 miliardi di dollari dei fondi del Governo libico cui hanno avuto accesso (si veda sotto per ulteriori dettagli). La Germania, la nazione più potente nella NATO dopo gli Stati Uniti, si è astenuta dal voto alla risoluzione di Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; e il suo ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, da allora ha detto: “Noi non prospettiamo nessuna soluzione militare, bensì una soluzione politica.”[3]

Tale caos non sarebbe stato concepibile nel periodo d’oro del dominio statunitense. Obama sembra paralizzato dal distacco dall’obiettivo dichiarato – la rimozione di Gheddafi dal potere – dei mezzi a sua disposizione, dato il costoso impegno della nazione in due guerre e date le sue priorità di politica interna.

Per capire la confusione di USA e NATO in Libia è necessario tenere conto di altri fenomeni:

• L’allarme lanciato da Standard & Poor circa l’imminente perdita di valore finanziario degli Stati Uniti.

• L’aumento senza precedenti del prezzo dell’oro fino al superamento della soglia di 1.500 dollari l’oncia.

• La situazione di stallo nelle politiche degli Stati Uniti circa il deficit federale e statale, e nella ricerca di una soluzione.

Nel vivo della lotta libica contro quel che rimane dell’egemonia statunitense, e in parte come diretto risultato della confusa strategia degli Stati Uniti in Libia, il costo del petrolio ha raggiunto i 112 dollari al barile. Questo aumento dei prezzi rischia di rallentare o addirittura invertire la barcollante ripresa economica degli Stati Uniti, e mostra una delle molte ragioni per cui la guerra libica non sta favorendo gli interessi nazionali americani.

Devo confessare che il 17 marzo io stesso non avevo le idee chiare sulla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che pare aver istituito una no-fly zone in Libia per la protezione dei civili. Il Presidente Barack Obama ha grossolanamente sovrastimato il rischio umanitario per giustificare l’azione militare in Libia. Il Presidente ha sostenuto che l’intervento fosse necessario per prevenire un “bagno di sangue” a Bengasi, seconda più grande città della Libia e ultima roccaforte dei ribelli. Dei 949 feriti, solo 22 – meno del 3% – sono donne. Allo stesso modo Gheddafi non ha mai minacciato un massacro di civili a Bengasi, come ha affermato Obama. L’avvertimento “senza pietà” del 17 Marzo, era indirizzato solo ai ribelli, come è stato riportato nel New York Times , che ha notato che il leader della Libia ha promesso l’amnistia a coloro “che avrebbe gettato le armi”.

Il ruolo del petrolio e degli interessi finanziari in questa guerra

In American War Machine ho scritto come

Attraverso una dialettica apparentemente inevitabile [...]in alcune delle nazioni di maggior peso una situazione di prosperità ha incoraggiato l’espansione, e l’espansione ha creato all’interno degli Stati dominanti delle disparità nel reddito in crescita[6]. Si consideri il ruolo della cospirazione, detta Jameson Raid, nella Repubblica Boera Sudafricana alla fine del 1895; una spedizione volta a promuovere gli interessi di Cecil Rhodes e che ha contribuito a scatenare la Seconda Guerra Boera inglese.[10] Oppure si pensi al complotto anglo-francese con Israele nel 1956, nell’intento assurdamente vano di mantenere il controllo del Canale di Suez.

Si veda ora la pressante influenza delle major del petrolio come fattore determinante della guarra americana in Vietnam (1961), Afghanistan (2001) e Iraq (2003).[11] Anche se il ruolo delle compagnie petrolifere nel coinvolgimento degli Stati Uniti in Libia resta oscuro, è una virtuale certezza che gli Energy Task Force Meetings di Cheney non riguardassero solo le riserve petrolifere poco conosciute dell’Iraq, ma anche quelle della Libia, che si stima siano di circa 41 miliardi di barili, cioè un terzo di quelle dell’Iraq.[12]

In seguito, alcuni a Washington immaginavano che a una rapida vittoria in Iraq sarebbero seguiti attacchi omologhi contro Libia e Iran. Quattro anni fa, il generale Wesley Clark ha dichiarato a Amy Goodman su Democracy Now che poco dopo l’11 settembre un generale del Pentagono lo ha informato che molti paesi sarebbero stati attaccati dall’esercito degli Stati Uniti. 13] Nel maggio del 2003 John Gibson, direttore generale dell’Energy Services Group della Halliburton, ha dichiarato in un’intervista all’International Oil Daily: “Ci auguriamo che l’Iraq sarà la prima tessera a cadere, e che la Libia e l’Iran lo seguiranno. 15] Significativamente, la Cina, la Russia e l’India (uniti al loro alleato del BRICS, il Brasile) si sono astenuti riguardo alla Risoluzione ONU 1973.

La questione del petrolio è strettamente collegata con l’andamento del dollaro, perché lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale dipende in gran parte dalla decisione dell’OPEC di utilizzare il dollaro come moneta per gli acquisti di petrolio dall’OPEC. L’economia attuale dei petrodollari si basa su due accordi segreti stipulati con i sauditi negli anni settanta per riciclare petrodollari nell’economia degli Stati Uniti. Il primo di questi patti assicurava una partecipazione speciale e attiva dell’Arabia Saudita nel benessere del dollaro USA; il secondo garantiva un continuo supporto saudita per la determinazione del prezzo di tutto il petrolio dell’OPEC in dollari. Questi due accordi hanno assicurato che l’economia statunitense non sarebbe stata impoverita all’aumento dei prezzi del petrolio da parte dell’OPEC. Gheddafi ha suggerito la costituzione di un continente africano unito, i cui 200 milioni di abitanti utilizzino quest’unica moneta comune [...] L’iniziativa è stata percepita negativamente dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, e il presidente francese Nicolas Sarkozy ha definito la Libia una minaccia per la sicurezza finanziaria del genere umano; ma Gheddafi ha continuato la sua spinta per la creazione di un’Africa unita.

E questo ci riporta all’enigma della banca centrale libica. In un articolo pubblicato sul Market Oracle, Eric Encina ha osservato:

Un fatto raramente menzionato dai politici e dagli esperti della comunicazione occidentali: la Banca Centrale della Libia è al 100% di proprietà dello Stato [...] Al momento, il governo libico produce la propria valuta, il dinaro libico, attraverso i servizi della sua stessa banca centrale. [17]

La Libia non ha solo il petrolio. 20]

La scommessa della Francia per porre fine alle iniziative africane di Gheddafi

L’iniziativa di un attacco aereo è stata presa in primo luogo dalla Francia, che ha ottenuto supporto immediato dalla Gran Bretagna. Se Gheddafi avesse avuto successo nella creazione di un’Unione Africana, sostenuta dalla moneta e dalle riserve d’oro della Libia, la Francia, attualmente il potere economico predominante nella maggior parte delle sue ex colonie in centrafrica, sarebbe la prima a rimetterci. del governo della Libia, le sue agenzie, i suoi mezzi, e le entità sotto il suo controllo, oltre alla Banca Centrale di Libia”[23]). Siccome gli Stati Uniti hanno usato attivamente armi finanziarie negli ultimi anni, il blocco dei 30 miliardi di dollari, “la più grande quantità di sempre ad essere congelata da un ordine di sanzione degli Stati Uniti”, ha un precedente, il blocco, dalla contestabile legalità e dalla certa natura cospiratoria, dei beni iraniani nel 1979 per conto della Chase Manhattan Bank, minacciata dalle iniziative iraniane.[24]

Le conseguenze per l’Africa, come per la Libia, del congelamento dei 30 milioni di dollarI, sono state messe in luce da un’osservatrice Africana:

I 30 milioni di dollari americani congelati da Obama appartengono alla Banca Centrale di Libia ed erano stati contrassegnati come un contributo libico a tre progetti chiave che avrebbero dato il tocco finale alla federazione africana – l’African Investment Bank a Sirte, in Libia, l’istituzione nel 2011 dell’African Monetary Fund, che avrebbe dovuto avere sede a Yaounde con un fondo di 42 milioni di dollari americani, e la Africa Central Bank, con base ad Abuja, in Nigeria, la quale, qualora avesse iniziato a stampare la valuta africana, avrebbe inferto il colpo mortale al franco CFA, con il quale Parigi è stata in grado di mantenere la sua presa su alcuni Stati africani negli ultimi cinquant’anni. È facile intuire il motivo della collera francese contro Gheddafi.[Questo nel momento in cui le chiamate telefoniche dirette in Africa o provenienti dal continente erano le più costose al mondo per via della tassa di 500 milioni di dollari americani imposta dall’Europa per l’uso dei suoi satelliti come Intelsat per le conversazioni telefoniche, comprese quelle nazionali.

Quale banchiere non finanzierebbe un progetto del genere? Ma il problema rimase – come possono degli schiavi, alla ricerca di libertà dallo sfruttamento del proprio padrone, chiedere l’aiuto del padrone stesso per raggiungere tale libertà? Non sorprende quindi che la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, gli USA, l’Europa si siano limitati a fare vaghe promesse per quattordici anni. Gheddafi ha posto fine ai futili pretesti dei “benefattori” occidentali per i loro esorbitanti tassi d’interesse. Vorrei far notare che, anche se solo per stabilizzare e ridurre i prezzi del greggio, è nell’interesse degli USA unirsi a Ban Ki-Moon e al Papa nel fare pressione per un immediato cessate il fuoco in Libia. Negoziare una tregua presenterebbe sicuramente dei problemi, ma la probabile alternativa alla conclusione del conflitto è l’incubo di vederlo inesorabilmente crescere. L’intera Africa è un’area in cui sia le nazioni occidentali che quelle del BRIC si ritroveranno ad investire. Precedenti transizioni della supremazia globale sono state segnate da guerre, rivoluzioni, o da entrambe contemporaneamente. The Road to 9 / 11 è stato oggetto di una recensione elogiativa da parte del generale dell’aria (5 stelle) Bernard Norlain nella prestigiosa rivista National Defense Magazine, nel numero del marzo 2011.

Traduzione a cura di Alessandro Parodi

1 commento:

Anonimo ha detto...

farneticante ed estremamente fuorviante, classico editoriale di regime, ah.... il franco non esiste più da almeno 10 anni.
tanti saluti a tutti gli attori citati e anche a quelli non menzionati.... il teatro sta per essere demolito.

14 maggio 2011

La guerra in Libia, il potere degli Stati Uniti e il declino del sistema dei petrodollari

L’attuale campagna NATO contro Gheddafi in Libia ha creato molta confusione, sia tra coloro che hanno avviato questa iniziativa inefficace che tra coloro che la osservano.

La mia opinione su questa guerra, invece, è che sia mal concepita e pericolosa – una minaccia per gli interessi dei Libici, degli Americani, del Medio Oriente e, potenzialmente, del mondo intero. Dietro al dichiarato timore per l’incolumità dei civili libici vi è una preoccupazione più profonda difficilmente riconoscibile: la difesa occidentale dell’attuale economia globale dei petrodollari, ormai in declino..Nel frattempo, in paesi che sono stati di grande interesse per gli Stati Uniti, come la Giordania e lo Yemen, è difficile individuare una coerente politica americana.

Dei 28 membri della NATO, solo 14 sono coinvolti nella campagna di Libia, e solo 6 nella guerra aerea. Di questi, solo tre paesi – Stati Uniti,Gran Bretagna e Francia – stanno fornendo supporto tattico aereo ai ribelli a terra. Nel momento in cui molti paesi membri della NATO hanno congelato i conti bancari di Gheddafi e dei suoi più prossimi sostenitori, gli Stati Uniti, con una mossa poco pubblicizzata e assai dubbia, hanno congelato la totalità dei 30 miliardi di dollari dei fondi del Governo libico cui hanno avuto accesso (si veda sotto per ulteriori dettagli). La Germania, la nazione più potente nella NATO dopo gli Stati Uniti, si è astenuta dal voto alla risoluzione di Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; e il suo ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, da allora ha detto: “Noi non prospettiamo nessuna soluzione militare, bensì una soluzione politica.”[3]

Tale caos non sarebbe stato concepibile nel periodo d’oro del dominio statunitense. Obama sembra paralizzato dal distacco dall’obiettivo dichiarato – la rimozione di Gheddafi dal potere – dei mezzi a sua disposizione, dato il costoso impegno della nazione in due guerre e date le sue priorità di politica interna.

Per capire la confusione di USA e NATO in Libia è necessario tenere conto di altri fenomeni:

• L’allarme lanciato da Standard & Poor circa l’imminente perdita di valore finanziario degli Stati Uniti.

• L’aumento senza precedenti del prezzo dell’oro fino al superamento della soglia di 1.500 dollari l’oncia.

• La situazione di stallo nelle politiche degli Stati Uniti circa il deficit federale e statale, e nella ricerca di una soluzione.

Nel vivo della lotta libica contro quel che rimane dell’egemonia statunitense, e in parte come diretto risultato della confusa strategia degli Stati Uniti in Libia, il costo del petrolio ha raggiunto i 112 dollari al barile. Questo aumento dei prezzi rischia di rallentare o addirittura invertire la barcollante ripresa economica degli Stati Uniti, e mostra una delle molte ragioni per cui la guerra libica non sta favorendo gli interessi nazionali americani.

Devo confessare che il 17 marzo io stesso non avevo le idee chiare sulla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che pare aver istituito una no-fly zone in Libia per la protezione dei civili. Il Presidente Barack Obama ha grossolanamente sovrastimato il rischio umanitario per giustificare l’azione militare in Libia. Il Presidente ha sostenuto che l’intervento fosse necessario per prevenire un “bagno di sangue” a Bengasi, seconda più grande città della Libia e ultima roccaforte dei ribelli. Dei 949 feriti, solo 22 – meno del 3% – sono donne. Allo stesso modo Gheddafi non ha mai minacciato un massacro di civili a Bengasi, come ha affermato Obama. L’avvertimento “senza pietà” del 17 Marzo, era indirizzato solo ai ribelli, come è stato riportato nel New York Times , che ha notato che il leader della Libia ha promesso l’amnistia a coloro “che avrebbe gettato le armi”.

Il ruolo del petrolio e degli interessi finanziari in questa guerra

In American War Machine ho scritto come

Attraverso una dialettica apparentemente inevitabile [...]in alcune delle nazioni di maggior peso una situazione di prosperità ha incoraggiato l’espansione, e l’espansione ha creato all’interno degli Stati dominanti delle disparità nel reddito in crescita[6]. Si consideri il ruolo della cospirazione, detta Jameson Raid, nella Repubblica Boera Sudafricana alla fine del 1895; una spedizione volta a promuovere gli interessi di Cecil Rhodes e che ha contribuito a scatenare la Seconda Guerra Boera inglese.[10] Oppure si pensi al complotto anglo-francese con Israele nel 1956, nell’intento assurdamente vano di mantenere il controllo del Canale di Suez.

Si veda ora la pressante influenza delle major del petrolio come fattore determinante della guarra americana in Vietnam (1961), Afghanistan (2001) e Iraq (2003).[11] Anche se il ruolo delle compagnie petrolifere nel coinvolgimento degli Stati Uniti in Libia resta oscuro, è una virtuale certezza che gli Energy Task Force Meetings di Cheney non riguardassero solo le riserve petrolifere poco conosciute dell’Iraq, ma anche quelle della Libia, che si stima siano di circa 41 miliardi di barili, cioè un terzo di quelle dell’Iraq.[12]

In seguito, alcuni a Washington immaginavano che a una rapida vittoria in Iraq sarebbero seguiti attacchi omologhi contro Libia e Iran. Quattro anni fa, il generale Wesley Clark ha dichiarato a Amy Goodman su Democracy Now che poco dopo l’11 settembre un generale del Pentagono lo ha informato che molti paesi sarebbero stati attaccati dall’esercito degli Stati Uniti. 13] Nel maggio del 2003 John Gibson, direttore generale dell’Energy Services Group della Halliburton, ha dichiarato in un’intervista all’International Oil Daily: “Ci auguriamo che l’Iraq sarà la prima tessera a cadere, e che la Libia e l’Iran lo seguiranno. 15] Significativamente, la Cina, la Russia e l’India (uniti al loro alleato del BRICS, il Brasile) si sono astenuti riguardo alla Risoluzione ONU 1973.

La questione del petrolio è strettamente collegata con l’andamento del dollaro, perché lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale dipende in gran parte dalla decisione dell’OPEC di utilizzare il dollaro come moneta per gli acquisti di petrolio dall’OPEC. L’economia attuale dei petrodollari si basa su due accordi segreti stipulati con i sauditi negli anni settanta per riciclare petrodollari nell’economia degli Stati Uniti. Il primo di questi patti assicurava una partecipazione speciale e attiva dell’Arabia Saudita nel benessere del dollaro USA; il secondo garantiva un continuo supporto saudita per la determinazione del prezzo di tutto il petrolio dell’OPEC in dollari. Questi due accordi hanno assicurato che l’economia statunitense non sarebbe stata impoverita all’aumento dei prezzi del petrolio da parte dell’OPEC. Gheddafi ha suggerito la costituzione di un continente africano unito, i cui 200 milioni di abitanti utilizzino quest’unica moneta comune [...] L’iniziativa è stata percepita negativamente dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, e il presidente francese Nicolas Sarkozy ha definito la Libia una minaccia per la sicurezza finanziaria del genere umano; ma Gheddafi ha continuato la sua spinta per la creazione di un’Africa unita.

E questo ci riporta all’enigma della banca centrale libica. In un articolo pubblicato sul Market Oracle, Eric Encina ha osservato:

Un fatto raramente menzionato dai politici e dagli esperti della comunicazione occidentali: la Banca Centrale della Libia è al 100% di proprietà dello Stato [...] Al momento, il governo libico produce la propria valuta, il dinaro libico, attraverso i servizi della sua stessa banca centrale. [17]

La Libia non ha solo il petrolio. 20]

La scommessa della Francia per porre fine alle iniziative africane di Gheddafi

L’iniziativa di un attacco aereo è stata presa in primo luogo dalla Francia, che ha ottenuto supporto immediato dalla Gran Bretagna. Se Gheddafi avesse avuto successo nella creazione di un’Unione Africana, sostenuta dalla moneta e dalle riserve d’oro della Libia, la Francia, attualmente il potere economico predominante nella maggior parte delle sue ex colonie in centrafrica, sarebbe la prima a rimetterci. del governo della Libia, le sue agenzie, i suoi mezzi, e le entità sotto il suo controllo, oltre alla Banca Centrale di Libia”[23]). Siccome gli Stati Uniti hanno usato attivamente armi finanziarie negli ultimi anni, il blocco dei 30 miliardi di dollari, “la più grande quantità di sempre ad essere congelata da un ordine di sanzione degli Stati Uniti”, ha un precedente, il blocco, dalla contestabile legalità e dalla certa natura cospiratoria, dei beni iraniani nel 1979 per conto della Chase Manhattan Bank, minacciata dalle iniziative iraniane.[24]

Le conseguenze per l’Africa, come per la Libia, del congelamento dei 30 milioni di dollarI, sono state messe in luce da un’osservatrice Africana:

I 30 milioni di dollari americani congelati da Obama appartengono alla Banca Centrale di Libia ed erano stati contrassegnati come un contributo libico a tre progetti chiave che avrebbero dato il tocco finale alla federazione africana – l’African Investment Bank a Sirte, in Libia, l’istituzione nel 2011 dell’African Monetary Fund, che avrebbe dovuto avere sede a Yaounde con un fondo di 42 milioni di dollari americani, e la Africa Central Bank, con base ad Abuja, in Nigeria, la quale, qualora avesse iniziato a stampare la valuta africana, avrebbe inferto il colpo mortale al franco CFA, con il quale Parigi è stata in grado di mantenere la sua presa su alcuni Stati africani negli ultimi cinquant’anni. È facile intuire il motivo della collera francese contro Gheddafi.[Questo nel momento in cui le chiamate telefoniche dirette in Africa o provenienti dal continente erano le più costose al mondo per via della tassa di 500 milioni di dollari americani imposta dall’Europa per l’uso dei suoi satelliti come Intelsat per le conversazioni telefoniche, comprese quelle nazionali.

Quale banchiere non finanzierebbe un progetto del genere? Ma il problema rimase – come possono degli schiavi, alla ricerca di libertà dallo sfruttamento del proprio padrone, chiedere l’aiuto del padrone stesso per raggiungere tale libertà? Non sorprende quindi che la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, gli USA, l’Europa si siano limitati a fare vaghe promesse per quattordici anni. Gheddafi ha posto fine ai futili pretesti dei “benefattori” occidentali per i loro esorbitanti tassi d’interesse. Vorrei far notare che, anche se solo per stabilizzare e ridurre i prezzi del greggio, è nell’interesse degli USA unirsi a Ban Ki-Moon e al Papa nel fare pressione per un immediato cessate il fuoco in Libia. Negoziare una tregua presenterebbe sicuramente dei problemi, ma la probabile alternativa alla conclusione del conflitto è l’incubo di vederlo inesorabilmente crescere. L’intera Africa è un’area in cui sia le nazioni occidentali che quelle del BRIC si ritroveranno ad investire. Precedenti transizioni della supremazia globale sono state segnate da guerre, rivoluzioni, o da entrambe contemporaneamente. The Road to 9 / 11 è stato oggetto di una recensione elogiativa da parte del generale dell’aria (5 stelle) Bernard Norlain nella prestigiosa rivista National Defense Magazine, nel numero del marzo 2011.

Traduzione a cura di Alessandro Parodi

1 commento:

Anonimo ha detto...

farneticante ed estremamente fuorviante, classico editoriale di regime, ah.... il franco non esiste più da almeno 10 anni.
tanti saluti a tutti gli attori citati e anche a quelli non menzionati.... il teatro sta per essere demolito.