11 giugno 2008

L'economie delle bolle speculative


“La strategia Usa dovrebbe avere come scopo, sopra ogni altra cosa, la rimozione dal potere del regime di Saddam Hussein”.... [La sua rimozione è assolutamente vitale per] “la sicurezza del mondo nella prima parte del ventunesimo secolo” e per “la sicurezza delle truppe americane nella regione, dei nostri amici e alleati come Israele e i paesi arabi moderati, e di una porzione significativa delle riserve mondiali di petrolio”.
Lettera del 26 gennaio 1998, indirizzata al presidente Bill Clinton dai neoconservatori.

[Sugli iracheni] “Se accenderanno il loro radar faremo esplodere i loro fottuti missili. Loro sanno che siamo padroni del loro paese. Possediamo il loro spazio aereo... Noi dettiamo come devono vivere e parlare. Ed è questo che è fantastico per quel che riguarda l'America ora. È una buona cosa, specialmente dato che c'è un sacco di petrolio laggiù di cui abbiamo bisogno”.
Generale di brigata aerea Usa William Looney, comandante delle operazioni di volo americane e britanniche a sud del trentaduesimo parallelo sull'Iraq (no-fly zones), intervista pubblicata dallo Washington Post, il 30 agosto 1999 [citata nel libro di William Blum Rogue State, Common Courage Press, 2005, p. 159].

“Focalizzate le vostre operazioni sul petrolio, specialmente in Iraq e nel Golfo, dato che questo significherebbe la morte [dell'Occidente]” .
Osama bin Laden, dicembre 2004

“Gli alti prezzi del greggio non hanno alcuna relazione con la produzione o il consumo”... [Sono dovuti] “alla perdita di valore del dollaro” .
Mahmoud Ahmadinejad, presidente dell'Iran, aprile 2008.


L'economia americana sembra andare di bolla in bolla: nel 2000 c'era la bolla tecnologica; nel 2005 c'è stata la bolla immobiliare; ed oggi c'è la bolla del petrolio e dei beni. Di fatto l'intero mondo degli investimenti è oggi un gigantesco casinò dove comandano gli speculatori e i governi guardano dall'altra parte. Per molte materie prime commerciabili di base (riso, grano e mais) e beni (petrolio, gas, metalli), i prezzi non hanno alcuna relazione con il valore intrinseco di quanto viene commerciato. Tali prezzi sono in gran parte guidati da cattive politiche e dalla tecnica piramidale detta del “più folle” per cui i grandi speculatori off-shore navigano tramite i derivati non regolamentati per spingere sempre più in alto i prezzi sino a che la bolla non esplode. Nel frattempo possono venire create enormi distruzioni e le vite delle persone messe in pericolo o perse. L'attuale carestia in molti paesi è il risultato finale di tali manipolazioni del mercato approvate dai governi, dall'Opec e da un pugno di altri cartelli e di cosiddetti hedge fund speculativi.

E possibile che un'economia cresca e prosperi senza essere sempre sulle montagne russe? Di fatto, l'attuale esplosione del prezzo dei beni e del petrolio riflette reali spostamenti di domanda e offerta, come distruzioni delle forniture, o è anche, o persino soprattutto, guidata da fattori geopolitici e speculazioni finanziarie che alimentano una sempre più grande e insaziabile domanda artificiale?

È mia sensazione che il crollo del dollaro Usa sta avendo conseguenze economiche serie e non volute in tutto il mondo. Infatti una tale svalutazione da panico della valuta chiave più usata sta alimentando un enorme corsa di allontanamento dai depositi in dollari verso beni più solidi, come il petrolio, l'oro e altri beni. Banche centrali, aziende e individui stanno perdendo fiducia nel dollaro cartaceo, che si è andato deprezzandosi velocemente contro altre valute, ma il cui valore intrinseco ci si aspetta venga ulteriormente eroso dall'inflazione in arrivo che seguirà inevitabilmente l'attuale creazione di liquidità voluta dalla Fed. Tutti questi problemi sono interconnessi.

Ricordiamoci che il problema petrolifero negli Usa è largamente auto-inflitto dal momento che il governo Usa ha preferito allontanarsi da un'economia basata sull'autosufficienza e l'energia rinnovabile. Nel 1982, per esempio, il consumo giornaliero di petrolio negli Usa era stato abbattuto sino 9 milioni di barili al giorno, dai 14 milioni di barili al giorno precedenti allo shock petrolifero iniziato dall'Opec nel 1973. Dal momento che gli Usa stavano producendo circa 9 milioni di barili al giorno si può dire che l'economia americana allora era autosufficiente per quella forma di bisogno energetico. L'amministrazione Reagan cambiò tutto ciò: non più limiti di velocità a 55 miglia orarie; riduzione degli obblighi per i produttori di macchine di aumentare il numero di chilometri per litro; non più restrizioni, fiscali o di altro tipo, sull'acquisto di macchine divoratrici di benzina eccetera. Il risultato è che gli Stati Uniti, con meno del 5% della popolazione mondiale, consumano ora il 25% della produzione giornaliera di petrolio, circa 22 milioni di barili su 88 milioni di barili prodotti in tutto il mondo al giorno. Ed ecco il succo del problema: il 60% di quel petrolio deve essere importato. Per di più, per il mondo intero, il 60% delle importazioni di petrolio provengono dal medio oriente instabile. Questo è ciò che chiamiamo giocare col fuoco!

Perciò, dal momento che l'accesso a petrolio sotto controllo americano ha giocato una parte importante nella decisione da parte di Bush-Cheney di lanciare, nella primavera del 2003, una guerra non provocata contro l'Iraq allo scopo di trasformare quel paese sovrano in un protettorato petrolifero americano sotto la gestione di alcune grandi compagnie petrolifere anglo americane, si può dire che i semi per questa guerra illegale fossero stati sparsi durante l'amministrazione repubblicana di Reagan. Quando la filosofia della deregolamentazione era rampante e veniva salutata come un successo. Ma, come conseguenza, sono stati persi 25 preziosi anni per preparare l'economia Usa al momento in cui il petrolio sarebbe divenuto una fonte di energia scarseggiante. Ora quel momento è arrivato, ma siamo ancora nell'era dei veicoli Hummer che camminano solo grazie a grandi quantità di costoso petrolio importato con grossi rischi.


Infatti, negli Usa, vi sono tre macchine ogni quattro adulti e tali macchine sono più grandi e hanno motori più potenti che in qualunque altro paese del mondo. Se solo alcuni paesi, come Cina e India, volessero emulare gli Stati Uniti in questo, grazie alla crescita dei loro livelli di reddito, il consumo di petrolio al mondo più che raddoppierebbe. Ma senza riserve petrolifere note che vengano incontro a una tale incremento di domanda, i prezzi del petrolio salirebbero alle stelle distruggendo il potere d'acquisto dei consumatori e facendo crescere l'inflazione. Il risultato sarebbe un enorme crisi economica mondiale prima che possano essere sviluppate fonti di energia alternativa sfruttabili. Ciò richiederebbe 10 o 20 anni.

Siamo già a quel punto? Se non lo siamo ci stiamo muovendo velocemente verso il giorno del brusco risveglio, mentre governi complici che non fanno nulla sperano in un miracolo o in una qualche soluzione magica. Le maggiori conseguenze saranno la crescita dell'inflazione, guerre simili a quelle del diciannovesimo secolo per assicurarsi le risorse, e un rallentamento economico mondiale nella produzione e nel commercio. I prossimi 20 anni saranno interessanti per alcuni, ma richiederanno sacrifici per i più.

Rodrigue Tremblay è professore emerito di economia alla University of Montreal, può essere contattato all’indirizzo rodrigue.tremblay@yahoo.com. Visitate il suo blog www.thenewamericanempire.com/blog e il suo sito www.thenewamericanempire.com/ : E’ autore del libro 'The New American Empire' . Potete avere informazioni sul suo prossimo libro, “The Code for Global Ethics” sul sito www.TheCodeForGlobalEthics.com/

Titolo originale: " In a Casino Mentality, The Economy Goes From Bubble to Bubble"

Fonte: http://www.globalresearch.ca

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11 giugno 2008

L'economie delle bolle speculative


“La strategia Usa dovrebbe avere come scopo, sopra ogni altra cosa, la rimozione dal potere del regime di Saddam Hussein”.... [La sua rimozione è assolutamente vitale per] “la sicurezza del mondo nella prima parte del ventunesimo secolo” e per “la sicurezza delle truppe americane nella regione, dei nostri amici e alleati come Israele e i paesi arabi moderati, e di una porzione significativa delle riserve mondiali di petrolio”.
Lettera del 26 gennaio 1998, indirizzata al presidente Bill Clinton dai neoconservatori.

[Sugli iracheni] “Se accenderanno il loro radar faremo esplodere i loro fottuti missili. Loro sanno che siamo padroni del loro paese. Possediamo il loro spazio aereo... Noi dettiamo come devono vivere e parlare. Ed è questo che è fantastico per quel che riguarda l'America ora. È una buona cosa, specialmente dato che c'è un sacco di petrolio laggiù di cui abbiamo bisogno”.
Generale di brigata aerea Usa William Looney, comandante delle operazioni di volo americane e britanniche a sud del trentaduesimo parallelo sull'Iraq (no-fly zones), intervista pubblicata dallo Washington Post, il 30 agosto 1999 [citata nel libro di William Blum Rogue State, Common Courage Press, 2005, p. 159].

“Focalizzate le vostre operazioni sul petrolio, specialmente in Iraq e nel Golfo, dato che questo significherebbe la morte [dell'Occidente]” .
Osama bin Laden, dicembre 2004

“Gli alti prezzi del greggio non hanno alcuna relazione con la produzione o il consumo”... [Sono dovuti] “alla perdita di valore del dollaro” .
Mahmoud Ahmadinejad, presidente dell'Iran, aprile 2008.


L'economia americana sembra andare di bolla in bolla: nel 2000 c'era la bolla tecnologica; nel 2005 c'è stata la bolla immobiliare; ed oggi c'è la bolla del petrolio e dei beni. Di fatto l'intero mondo degli investimenti è oggi un gigantesco casinò dove comandano gli speculatori e i governi guardano dall'altra parte. Per molte materie prime commerciabili di base (riso, grano e mais) e beni (petrolio, gas, metalli), i prezzi non hanno alcuna relazione con il valore intrinseco di quanto viene commerciato. Tali prezzi sono in gran parte guidati da cattive politiche e dalla tecnica piramidale detta del “più folle” per cui i grandi speculatori off-shore navigano tramite i derivati non regolamentati per spingere sempre più in alto i prezzi sino a che la bolla non esplode. Nel frattempo possono venire create enormi distruzioni e le vite delle persone messe in pericolo o perse. L'attuale carestia in molti paesi è il risultato finale di tali manipolazioni del mercato approvate dai governi, dall'Opec e da un pugno di altri cartelli e di cosiddetti hedge fund speculativi.

E possibile che un'economia cresca e prosperi senza essere sempre sulle montagne russe? Di fatto, l'attuale esplosione del prezzo dei beni e del petrolio riflette reali spostamenti di domanda e offerta, come distruzioni delle forniture, o è anche, o persino soprattutto, guidata da fattori geopolitici e speculazioni finanziarie che alimentano una sempre più grande e insaziabile domanda artificiale?

È mia sensazione che il crollo del dollaro Usa sta avendo conseguenze economiche serie e non volute in tutto il mondo. Infatti una tale svalutazione da panico della valuta chiave più usata sta alimentando un enorme corsa di allontanamento dai depositi in dollari verso beni più solidi, come il petrolio, l'oro e altri beni. Banche centrali, aziende e individui stanno perdendo fiducia nel dollaro cartaceo, che si è andato deprezzandosi velocemente contro altre valute, ma il cui valore intrinseco ci si aspetta venga ulteriormente eroso dall'inflazione in arrivo che seguirà inevitabilmente l'attuale creazione di liquidità voluta dalla Fed. Tutti questi problemi sono interconnessi.

Ricordiamoci che il problema petrolifero negli Usa è largamente auto-inflitto dal momento che il governo Usa ha preferito allontanarsi da un'economia basata sull'autosufficienza e l'energia rinnovabile. Nel 1982, per esempio, il consumo giornaliero di petrolio negli Usa era stato abbattuto sino 9 milioni di barili al giorno, dai 14 milioni di barili al giorno precedenti allo shock petrolifero iniziato dall'Opec nel 1973. Dal momento che gli Usa stavano producendo circa 9 milioni di barili al giorno si può dire che l'economia americana allora era autosufficiente per quella forma di bisogno energetico. L'amministrazione Reagan cambiò tutto ciò: non più limiti di velocità a 55 miglia orarie; riduzione degli obblighi per i produttori di macchine di aumentare il numero di chilometri per litro; non più restrizioni, fiscali o di altro tipo, sull'acquisto di macchine divoratrici di benzina eccetera. Il risultato è che gli Stati Uniti, con meno del 5% della popolazione mondiale, consumano ora il 25% della produzione giornaliera di petrolio, circa 22 milioni di barili su 88 milioni di barili prodotti in tutto il mondo al giorno. Ed ecco il succo del problema: il 60% di quel petrolio deve essere importato. Per di più, per il mondo intero, il 60% delle importazioni di petrolio provengono dal medio oriente instabile. Questo è ciò che chiamiamo giocare col fuoco!

Perciò, dal momento che l'accesso a petrolio sotto controllo americano ha giocato una parte importante nella decisione da parte di Bush-Cheney di lanciare, nella primavera del 2003, una guerra non provocata contro l'Iraq allo scopo di trasformare quel paese sovrano in un protettorato petrolifero americano sotto la gestione di alcune grandi compagnie petrolifere anglo americane, si può dire che i semi per questa guerra illegale fossero stati sparsi durante l'amministrazione repubblicana di Reagan. Quando la filosofia della deregolamentazione era rampante e veniva salutata come un successo. Ma, come conseguenza, sono stati persi 25 preziosi anni per preparare l'economia Usa al momento in cui il petrolio sarebbe divenuto una fonte di energia scarseggiante. Ora quel momento è arrivato, ma siamo ancora nell'era dei veicoli Hummer che camminano solo grazie a grandi quantità di costoso petrolio importato con grossi rischi.


Infatti, negli Usa, vi sono tre macchine ogni quattro adulti e tali macchine sono più grandi e hanno motori più potenti che in qualunque altro paese del mondo. Se solo alcuni paesi, come Cina e India, volessero emulare gli Stati Uniti in questo, grazie alla crescita dei loro livelli di reddito, il consumo di petrolio al mondo più che raddoppierebbe. Ma senza riserve petrolifere note che vengano incontro a una tale incremento di domanda, i prezzi del petrolio salirebbero alle stelle distruggendo il potere d'acquisto dei consumatori e facendo crescere l'inflazione. Il risultato sarebbe un enorme crisi economica mondiale prima che possano essere sviluppate fonti di energia alternativa sfruttabili. Ciò richiederebbe 10 o 20 anni.

Siamo già a quel punto? Se non lo siamo ci stiamo muovendo velocemente verso il giorno del brusco risveglio, mentre governi complici che non fanno nulla sperano in un miracolo o in una qualche soluzione magica. Le maggiori conseguenze saranno la crescita dell'inflazione, guerre simili a quelle del diciannovesimo secolo per assicurarsi le risorse, e un rallentamento economico mondiale nella produzione e nel commercio. I prossimi 20 anni saranno interessanti per alcuni, ma richiederanno sacrifici per i più.

Rodrigue Tremblay è professore emerito di economia alla University of Montreal, può essere contattato all’indirizzo rodrigue.tremblay@yahoo.com. Visitate il suo blog www.thenewamericanempire.com/blog e il suo sito www.thenewamericanempire.com/ : E’ autore del libro 'The New American Empire' . Potete avere informazioni sul suo prossimo libro, “The Code for Global Ethics” sul sito www.TheCodeForGlobalEthics.com/

Titolo originale: " In a Casino Mentality, The Economy Goes From Bubble to Bubble"

Fonte: http://www.globalresearch.ca

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