14 luglio 2008

Petrolio alle stalle: la colpa a chi?


Come tutti sappiamo, ormai il prezzo del petrolio, e di conseguenza della benzina, è alle stelle. Sulle cause si possono evidenziare due scuole di pensiero: chi dice che è frutto del libero gioco del mercato (USA, UE e compagnie petrolifere) e chi invece sottolinea che il gioco è truccato da una forte speculazione finanziaria (Tremonti, tanto per citarne uno su tutti).


Una delle teorie forti degli “ingenui”, che credono ancora (e almeno è quello che ci raccontano di credere) che il mercato sia il “metro” per valutare tutto, è che l’attuale crisi è dovuta all’atteggiamento dei Paesi produttori, i quali tengono bassa l’offerta per far aumentare i ricavi e con loro i guadagni.



Trovo illuminante, e derimente, l’intervista rilasciata agli organi di stampa qualche giorno fa, da Chakib Khelil, Ministro dell'Energia dell'Algeria e Presidente di turno dell'Opec, l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio.


Il Presidente ha affermato che il prezzo è destinato a salire ancora, a causa della debolezza del dollaro, ricordando che un calo di un solo punto percentuale della divisa statunitense, comporta un aumento del costo del petrolio di 4 dollari al barile!


Giova ricordare per l’ennesima volta, che questa assurda situazione, nella quale tutti i cittadini del mondo dipendono dalle scelte della Federal Reserve, è determinata dal fatto che gli Stati Uniti hanno imposto negli anni il dollaro come unica divisa per comprare il petrolio, cosa che ha dato enorme potere a Washington (visto i miliardi che entrano continuamente nelle loro casse) e sta tenendo in vita l’economia a stelle e strisce che, a causa del suo allucinante debito pubblico, sarebbe in bancarotta da un pezzo. Questo è il reale motivo della guerra in Iraq; infatti Saddam, il quale doveva il suo potere proprio agli USA che lo salvarono dall’Iran, si era messo a vendere petrolio alla Francia, grazie al programma “Oil for Food” in Euro, tanto che come ricorderete, Parigi si oppose fino all’ultimo all’invasione di Baghdad. Per lo stesso motivo, impedire che venga accettato l’Euro al posto del dollaro, si sta cercando la maniera di invadere l’Iran, il quale ha dichiarato che accetterà altre divise all’interno della sua nuova borsa del petrolio appena aperta sull’isola di Kish.



Va ulteriormente ricordato, che la crisi del dollaro è cominciata con la crisi dei mutui subprime, figlia di speculazioni finanziarie organizzate dalle lobbies newyorchesi. E’ prevista una ripresa del dollaro? Sicuramente non a breve, perché l’economia statunitense no da segni di ripresa, si guardi il caso della General Motors per farsene un’idea, ma soprattutto perché gravi colpi vengono infarti da Bruxelles e da quel “brav’ uomo” di Trichet, il Presidente della Banca Centrale Europea. Come? Semplice, i tassi della “zona Euro”, vengono tenuti molto più alti di quelli statunitensi, quasi il doppio, questo fa sì che i capitali esteri, cinesi soprattutto, si dirottino verso l’Europa, visto che si guadagna di più, col risultato che il dollaro continuerà a perdere peso e la vita per i cittadini di tutto il mondo costerà sempre di più. In particolar modo per gli Europei, i quali oltre a dover pagare di più la benzina, il che vuol dire vedere aumentare tutti i costi, dagli spostamenti alle bollette ai beni alimentari, con l’aggravante di dover pagare maggiori interessi sui soldi che prenderanno in prestito per arrivare a fine mese. Ovviamente, tutto questo è un caso, e l’aumento voluto da Bruxelles serve a frenare l’inflazione!!!!



Lo stesso Khalil ha fatto notare che i paesi produttori non godono affatto dell’attuale situazione dei prezzi, in quanto questa sta drammaticamente riducendo la domanda, annullando i teorici maggiori guadagni. Giustamente, sottolinea che l’attuale fornitura di petrolio sui mercati “sia sufficiente e che questo equilibrio sia nell'interesse di tutti e non dovrebbe essere turbato perché l'attuale rincaro del petrolio non e' nell'interesse di nessuno". Al contempo, fa presente che “tutti i paesi dell’Opec sono a favore di un incremento delle esplorazioni" ma queste sono state frenate dalle situazioni di embargo in Libia e in Iran e dalla guerra in Iraq” e che gli Stati Uniti minacciano di pesanti sanzioni chiunque investa in Iran. Nessun Paese Opec può fare investimenti in Paesi sotto embargo”. Quindi semmai sono proprio gli Stati Uniti e i loro alleati che fanno sì che l’offerta non possa essere maggiore, non certo i paesi produttori che ovviamente non ne traggono alcun vantaggio. E con la continua crisi USA-Iran, causata dai motivi suddetti, la situazione non potrà che peggiorare.


Punti sul vivo, gli yankees hanno lanciato in avanscoperta i loro amichetti sauditi e kuwaitini, i quali hanno annunciato di voler aumentare la loro produzione di greggio portandola a 9,7 milioni di barili il giorno entro il mese di Luglio, per l’Arabia Saudita, mentre da Kuwait City si sosteneva che “non esiteremo ad alzare la nostra produzione se fosse necessario per il mercato”, cercando quindi di spostare la palla nel campo dell’Opec.


Che la mossa sia esclusivamente propagandistica, e probabilmente teleguidata da Washington, lo si capisce dalla risposta fornita dallo stesso Khelil, il quale ha affermato che è perfettamente inutile aumentare la produzione del greggio se poi “non la si può poi raffinare”.



Ultima prova che il prezzo è dovuto da speculazioni finanziarie, è data dalla offerta dei cosiddetti “bio-carburanti”. Secondo Khelil, questi sono responsabili almeno per il 40% della crisi attuale, in quanto rappresentano la “causa di una reale deviazione dell’offerta, perchè allontanano i produttori dal diesel, molto richiesto ad esempio dalla Cina”. Che gli speculatori della globalizzazione siano dietro al bio-etanolo, è cosa ormai accertata, visto che in molti paesi le multinazionali pagano gli agricoltori affinché convertano i loro campi alla sua produzione, invece che a produrre cibo, col risultato di ottenere una doppia speculazione: relativa alle risorse energetiche e alimentari.



In definitiva, è assolutamente evidente, che non c’è proprio nulla di implicito nel gioco del libero mercato, nell’attuale situazione del prezzo del petrolio, ma che tutti noi, tutti gli abitanti del pianeta, continuano ad impoverirsi perché sono al centro di una spaventosa, quanto inumana, speculazione finanziaria delle lobbies mondialiste, sorrette dagli Stati Uniti e dall’Unione Europa.


Manuel Zanarini

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14 luglio 2008

Petrolio alle stalle: la colpa a chi?


Come tutti sappiamo, ormai il prezzo del petrolio, e di conseguenza della benzina, è alle stelle. Sulle cause si possono evidenziare due scuole di pensiero: chi dice che è frutto del libero gioco del mercato (USA, UE e compagnie petrolifere) e chi invece sottolinea che il gioco è truccato da una forte speculazione finanziaria (Tremonti, tanto per citarne uno su tutti).


Una delle teorie forti degli “ingenui”, che credono ancora (e almeno è quello che ci raccontano di credere) che il mercato sia il “metro” per valutare tutto, è che l’attuale crisi è dovuta all’atteggiamento dei Paesi produttori, i quali tengono bassa l’offerta per far aumentare i ricavi e con loro i guadagni.



Trovo illuminante, e derimente, l’intervista rilasciata agli organi di stampa qualche giorno fa, da Chakib Khelil, Ministro dell'Energia dell'Algeria e Presidente di turno dell'Opec, l’organizzazione dei paesi produttori di petrolio.


Il Presidente ha affermato che il prezzo è destinato a salire ancora, a causa della debolezza del dollaro, ricordando che un calo di un solo punto percentuale della divisa statunitense, comporta un aumento del costo del petrolio di 4 dollari al barile!


Giova ricordare per l’ennesima volta, che questa assurda situazione, nella quale tutti i cittadini del mondo dipendono dalle scelte della Federal Reserve, è determinata dal fatto che gli Stati Uniti hanno imposto negli anni il dollaro come unica divisa per comprare il petrolio, cosa che ha dato enorme potere a Washington (visto i miliardi che entrano continuamente nelle loro casse) e sta tenendo in vita l’economia a stelle e strisce che, a causa del suo allucinante debito pubblico, sarebbe in bancarotta da un pezzo. Questo è il reale motivo della guerra in Iraq; infatti Saddam, il quale doveva il suo potere proprio agli USA che lo salvarono dall’Iran, si era messo a vendere petrolio alla Francia, grazie al programma “Oil for Food” in Euro, tanto che come ricorderete, Parigi si oppose fino all’ultimo all’invasione di Baghdad. Per lo stesso motivo, impedire che venga accettato l’Euro al posto del dollaro, si sta cercando la maniera di invadere l’Iran, il quale ha dichiarato che accetterà altre divise all’interno della sua nuova borsa del petrolio appena aperta sull’isola di Kish.



Va ulteriormente ricordato, che la crisi del dollaro è cominciata con la crisi dei mutui subprime, figlia di speculazioni finanziarie organizzate dalle lobbies newyorchesi. E’ prevista una ripresa del dollaro? Sicuramente non a breve, perché l’economia statunitense no da segni di ripresa, si guardi il caso della General Motors per farsene un’idea, ma soprattutto perché gravi colpi vengono infarti da Bruxelles e da quel “brav’ uomo” di Trichet, il Presidente della Banca Centrale Europea. Come? Semplice, i tassi della “zona Euro”, vengono tenuti molto più alti di quelli statunitensi, quasi il doppio, questo fa sì che i capitali esteri, cinesi soprattutto, si dirottino verso l’Europa, visto che si guadagna di più, col risultato che il dollaro continuerà a perdere peso e la vita per i cittadini di tutto il mondo costerà sempre di più. In particolar modo per gli Europei, i quali oltre a dover pagare di più la benzina, il che vuol dire vedere aumentare tutti i costi, dagli spostamenti alle bollette ai beni alimentari, con l’aggravante di dover pagare maggiori interessi sui soldi che prenderanno in prestito per arrivare a fine mese. Ovviamente, tutto questo è un caso, e l’aumento voluto da Bruxelles serve a frenare l’inflazione!!!!



Lo stesso Khalil ha fatto notare che i paesi produttori non godono affatto dell’attuale situazione dei prezzi, in quanto questa sta drammaticamente riducendo la domanda, annullando i teorici maggiori guadagni. Giustamente, sottolinea che l’attuale fornitura di petrolio sui mercati “sia sufficiente e che questo equilibrio sia nell'interesse di tutti e non dovrebbe essere turbato perché l'attuale rincaro del petrolio non e' nell'interesse di nessuno". Al contempo, fa presente che “tutti i paesi dell’Opec sono a favore di un incremento delle esplorazioni" ma queste sono state frenate dalle situazioni di embargo in Libia e in Iran e dalla guerra in Iraq” e che gli Stati Uniti minacciano di pesanti sanzioni chiunque investa in Iran. Nessun Paese Opec può fare investimenti in Paesi sotto embargo”. Quindi semmai sono proprio gli Stati Uniti e i loro alleati che fanno sì che l’offerta non possa essere maggiore, non certo i paesi produttori che ovviamente non ne traggono alcun vantaggio. E con la continua crisi USA-Iran, causata dai motivi suddetti, la situazione non potrà che peggiorare.


Punti sul vivo, gli yankees hanno lanciato in avanscoperta i loro amichetti sauditi e kuwaitini, i quali hanno annunciato di voler aumentare la loro produzione di greggio portandola a 9,7 milioni di barili il giorno entro il mese di Luglio, per l’Arabia Saudita, mentre da Kuwait City si sosteneva che “non esiteremo ad alzare la nostra produzione se fosse necessario per il mercato”, cercando quindi di spostare la palla nel campo dell’Opec.


Che la mossa sia esclusivamente propagandistica, e probabilmente teleguidata da Washington, lo si capisce dalla risposta fornita dallo stesso Khelil, il quale ha affermato che è perfettamente inutile aumentare la produzione del greggio se poi “non la si può poi raffinare”.



Ultima prova che il prezzo è dovuto da speculazioni finanziarie, è data dalla offerta dei cosiddetti “bio-carburanti”. Secondo Khelil, questi sono responsabili almeno per il 40% della crisi attuale, in quanto rappresentano la “causa di una reale deviazione dell’offerta, perchè allontanano i produttori dal diesel, molto richiesto ad esempio dalla Cina”. Che gli speculatori della globalizzazione siano dietro al bio-etanolo, è cosa ormai accertata, visto che in molti paesi le multinazionali pagano gli agricoltori affinché convertano i loro campi alla sua produzione, invece che a produrre cibo, col risultato di ottenere una doppia speculazione: relativa alle risorse energetiche e alimentari.



In definitiva, è assolutamente evidente, che non c’è proprio nulla di implicito nel gioco del libero mercato, nell’attuale situazione del prezzo del petrolio, ma che tutti noi, tutti gli abitanti del pianeta, continuano ad impoverirsi perché sono al centro di una spaventosa, quanto inumana, speculazione finanziaria delle lobbies mondialiste, sorrette dagli Stati Uniti e dall’Unione Europa.


Manuel Zanarini

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