29 maggio 2008

Bush sull'Iraq ha ingannato gli Usa


Quando i vari blogger portavano avanti articoli che affermavano che la guerra in Iraq era solo un pretesto, quell'informazione non valeva nulla. Adesso che tutti lo dicono, anche il vice di Bush, allora diventa materiale per un libro, forse per un best-seller. Ma come siamo messi con l'informazione? Chi giudica Chi?

WASHINGTON (Stati Uniti) - Le motivazioni per muovere guerra all'Iraq furono un colossale inganno ordito da Karl Rove, da Dick Cheney e dalla Cia con la compiacenza - o quantomeno il silenzio - di George W. Bush e Condoleezza Rice. Ad affermarlo è Scott McClellan, ex capo ufficio stampa della Casa Bianca, un uomo che per sei anni ha vissuto all'interno di quelli che oggi chiama «meccanismo di propaganda».

LE ACCUSE - Nel libro intitolato Cosa è successo: all'interno della Casa Bianca di Bush e della cultura washingtoniana dell'inganno, McClellan non risparmia nessuno: accusa Rove, l'ex stratega di Bush, di avergli mentito sulla vicenda della fuga di notizie dalla Cia; la Rice di essere sorda alle critiche e Cheney di essere «il mago» che manovra la politica da dietro le quinte senza lasciare tracce. L'ex portavoce della Casa Bianca non arriva fino ad accusare Bush di aver volutamente mentito sulle vere ragioni per invadere l'Iraq, ma afferma che lu e il suo staff oscurarono la verità e fecero in modo che «la crisi fosse gestita così da far apparire la guerra come l'unica opzione praticabile». Quella messa in piedi dalla Casa Bianca nell'estate del 2000, aggiunge McClellan, fu una «campagna di propaganda politica» mirata a «manipolare le fonti alle quali attinge l'opinione pubblica» e a «minimizzare le reali ragioni della guerra».


IL RIMPASTO E L'ADDIO - McClellan lasciò la Casa Bianca il 19 aprile del 2006 dopo che il nuovo capo di gabinetto Joshua Bolten, avviò un radicale rimpasto di cui fece le spese anche Karl Rove. «Ammiro ancora Bush» scrive McClellan nelle 341 pagine del libro, anticipato dal Washington Post, «ma lui e i suoi consiglieri hanno confuso la propaganda con l'onestà e il candore necessari a costruire e mantenere il supporto dell'opinione pubblica in tempo di guerra. Da questo punto di vista Bush è stato terribilmente malconsigliato, specie per quanto riguarda la sicurezza nazionale».

STAFF NEL MIRINO - L'ex capo ufficio stampa ha anche accusato lo staff della Casa Bianca di aver gestito in maniera disastrosa la comunicazione durante la devastazione portata dall'uragano Katrina nel 2005. «Per tutta la prima settimana non hanno fatto altro che negare» scrive McClellan, «così uno dei più gravi disastri della storia del nostro Paese è diventato il più grave disastro della presidenza Bush».

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29 maggio 2008

Bush sull'Iraq ha ingannato gli Usa


Quando i vari blogger portavano avanti articoli che affermavano che la guerra in Iraq era solo un pretesto, quell'informazione non valeva nulla. Adesso che tutti lo dicono, anche il vice di Bush, allora diventa materiale per un libro, forse per un best-seller. Ma come siamo messi con l'informazione? Chi giudica Chi?

WASHINGTON (Stati Uniti) - Le motivazioni per muovere guerra all'Iraq furono un colossale inganno ordito da Karl Rove, da Dick Cheney e dalla Cia con la compiacenza - o quantomeno il silenzio - di George W. Bush e Condoleezza Rice. Ad affermarlo è Scott McClellan, ex capo ufficio stampa della Casa Bianca, un uomo che per sei anni ha vissuto all'interno di quelli che oggi chiama «meccanismo di propaganda».

LE ACCUSE - Nel libro intitolato Cosa è successo: all'interno della Casa Bianca di Bush e della cultura washingtoniana dell'inganno, McClellan non risparmia nessuno: accusa Rove, l'ex stratega di Bush, di avergli mentito sulla vicenda della fuga di notizie dalla Cia; la Rice di essere sorda alle critiche e Cheney di essere «il mago» che manovra la politica da dietro le quinte senza lasciare tracce. L'ex portavoce della Casa Bianca non arriva fino ad accusare Bush di aver volutamente mentito sulle vere ragioni per invadere l'Iraq, ma afferma che lu e il suo staff oscurarono la verità e fecero in modo che «la crisi fosse gestita così da far apparire la guerra come l'unica opzione praticabile». Quella messa in piedi dalla Casa Bianca nell'estate del 2000, aggiunge McClellan, fu una «campagna di propaganda politica» mirata a «manipolare le fonti alle quali attinge l'opinione pubblica» e a «minimizzare le reali ragioni della guerra».


IL RIMPASTO E L'ADDIO - McClellan lasciò la Casa Bianca il 19 aprile del 2006 dopo che il nuovo capo di gabinetto Joshua Bolten, avviò un radicale rimpasto di cui fece le spese anche Karl Rove. «Ammiro ancora Bush» scrive McClellan nelle 341 pagine del libro, anticipato dal Washington Post, «ma lui e i suoi consiglieri hanno confuso la propaganda con l'onestà e il candore necessari a costruire e mantenere il supporto dell'opinione pubblica in tempo di guerra. Da questo punto di vista Bush è stato terribilmente malconsigliato, specie per quanto riguarda la sicurezza nazionale».

STAFF NEL MIRINO - L'ex capo ufficio stampa ha anche accusato lo staff della Casa Bianca di aver gestito in maniera disastrosa la comunicazione durante la devastazione portata dall'uragano Katrina nel 2005. «Per tutta la prima settimana non hanno fatto altro che negare» scrive McClellan, «così uno dei più gravi disastri della storia del nostro Paese è diventato il più grave disastro della presidenza Bush».

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